Categoria: Scrutini, Credito ed Esami

  • IL TAR DEL LAZIO PENALIZZA LA DIGNITA’ FORMATIVA E CULTURALE DELL’IRC

    IL TAR DEL LAZIO PENALIZZA LA DIGNITA’ FORMATIVA E CULTURALE DELL’IRC


     


    Una sentenza che confonde ancora la catechesi parrocchiale con l’insegnamento scolastico della religione. Occorre tutelare l’insegnamento della religione, i loro insegnanti e gli studenti-cittadini che scelgono di lavorare di più, impegnandosi ad incontrare nella scuola una disciplina non meno importante della filosofia e della scienza,  che è la religione.  Si aprono oggi due percorsi importanti che lo Snadir seguirà con particolare determinazione: il ricorso al Consiglio di Stato e un’azione politico-amministrativa affinché l’insegnamento della religione concorra, assieme alle altre discipline, a determinare la media aritmetica dei voti.


       


       La sezione terza “quater” del Tar Lazio, che annulla l’ordinanza dell’ex Ministro dell’Istruzione Fioroni inerente le modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, esclude l’insegnamento della religione cattolica dalla valutazione ai fini dell’attribuzione del credito scolastico.


       A seguito del ricorso, presentato da 24 soggetti (associazioni di varia estrazione, sia laica che religiosa), la frequenza dell’ora di religione cattolica non concorrerà alla “attribuzione del credito scolastico per gli esami di maturità” e “i docenti di religione cattolica non potranno partecipare a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”.


       E’ una sentenza che non tiene conto delle decisioni della Corte Costituzionale, che più volte ha ribadito che l’insegnamento della religione cattolica è legittimato nelle scuole della Repubblica italiana a seguito delle nuove motivazioni dichiarate all’art.9, numero 2 delle legge 121/1985. Questi dati significativi sono riassumibili nel riconoscimento del valore della cultura religiosa,  nella considerazione che i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano e nell’inserimento dell’insegnamento della religione cattolica nel quadro delle finalità della scuola. Queste motivazioni sono – afferma la Corte Costituzionale (sentenza n.203 del 1989) – coerenti con la forma di Stato laico della Repubblica italiana.


       La decisione della sezione “quater” del Tar disattende quanto la legge 121/1985 stabilisce riguardo all’insegnamento della religione cattolica, e cioè che tale insegnamento è impartito nel “quadro delle finalità della scuola” ed è “compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale”. Inoltre non considera che anche la Corte Costituzionale ha affermato (sent. 203/1989) e più volte ribadito  (sent. 13/1991; sent. 290/1992) che l’insegnamento della religione cattolica è inserito nel quadro delle finalità della scuola ed ha pari dignità culturale con le altre discipline; tutto ciò NON E’ – afferma ancora la Corte – causa di discriminazione.


       Di conseguenza per la Corte la libertà di religione è garantita dall’esercizio di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica e  “le varie forme di impegno scolastico presentate alla libera scelta dei non avvalentisi non hanno più alcun rapporto con la libertà di religione” (sent. 13/1991).


       E’ una sentenza – quella del TAR – che, in dispregio ai pronunciamenti della Corte Costituzionale, non tiene conto del valore culturale e del carattere non confessionale dell’insegnamento della religione cattolica e ignora che tale disciplina  è facoltativa nella scelta ma obbligatoria nella sua collocazione curriculare. Ed è chiaro che il suo inserimento nel piano didattico richiede che i programmi siano definiti a livello ministeriale, le lezioni tenute da docenti (di ruolo e non di ruolo) cui la legge richiede precisi requisiti (culturali e concorsuali), e in orario scolastico. 


       Quindi l’insegnamento della religione cattolica a scuola è modulato secondo le finalità della scuola. Inoltre, i docenti di religione non presentano la religione a dei cristiani ma a degli italiani, cioè non ad una categoria di persone che si qualificano per una adesione ad una confessione religiosa, ma a degli studenti che si presentano a scuola per ricevere dei contenuti culturali.


       Quando uno studente ha liberamente deciso di avvalersi dell’insegnamento della religione, che è una materia scolastica con dignità formativa e culturale identica a quella delle altre materie, ha DIRITTO a vedersi riconosciuto l’impegno con cui frequenta le lezioni di religione e il profitto che ne trae (vedi sentenze Corte Costituzionale n.13 del 1991; Corte Costituzionale n.290 del 1992;  Tar Lazio n.7101 del 15 settembre 2000).


       A seguito di ricorso, la suddetta sezione del Tar Lazio, contraddicendo un’altra sezione (la terza bis) dello stesso Tar, sospese, nel 2007, gli effetti della Ordinanza Ministeriale n.26/2007 (commi 13 e 14 dell’art. 8) che confermava la valutazione dell’insegnamento della religione nella determinazione del credito scolastico. Il 12 giugno 2007 il Consiglio di Stato, cui il Ministero dell’Istruzione e lo Snadir si erano rivolti in appello, aveva invece confermato che l’insegnamento della religione concorre a pieno diritto alla determinazione del credito scolastico, definendo il ricorso – che oggi la sezione quater ha sostenuto – privo di “sufficiente consistenza”.


       Già con l’ordinanza n.128 del 1999 (quando era ministro della P.I. Berlinguer) venne stabilito che avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica concorreva alla formazione del credito. Il Ministro Fioroni, proprio per porre tutti gli alunni sullo stesso piano circa il momento della valutazione, previde, nella citata ordinanza n. 26/2007, che fosse attribuito il credito anche agli studenti che seguono una disciplina alternativa e a coloro che avessero optato per lo studio assistito.


       Addirittura l’ordinanza di Fioroni prevedeva la “valutazione dello studio individuale”, a condizione che il relativo tempo risultasse impegnato in iniziative formative certificate dalla scuola secondo modalità deliberate dalla istituzione scolastica medesima.


       Altro errore della sezione quater del Tar Lazio è quello di considerare il credito scolastico e il credito formativo come due valutazioni diverse. Ma come invece – giustamente – afferma il Consiglio di Stato (sent. 3290/2005), il credito scolastico ha “valenza onnicomprensiva e, dunque, anche del credito formativo”.  Nel credito scolastico sono individuabili quattro elementi: l’insegnamento della religione cattolica (ovvero la materia alternativa o lo studio individuale assistito), l’impegno ed interesse nella partecipazione al dialogo educativo e alle attività complementari ed integrative, l’assiduità della frequenza scolastica e il credito formativo. Ci si rende facilmente conto che una valutazione positiva, in tre ambiti su quattro, permette di vedersi assegnato il credito scolastico. Quindi se uno studente meritevole ha partecipato al dialogo educativo, ha frequentato con assiduità le lezioni e ha svolto delle attività valutabili nel credito formativo, potrà vedersi assegnato il massimo del credito scolastico definito nella banda di oscillazione a seguito della media dei voti.


       Risulta allora veramente difficile capire in cosa si concretizzi la discriminazione da tante parti paventata. 


       Questa sentenza, invece, avrà come conseguenza quella di premiare e incentivare il disimpegno, penalizzando gli studenti che scelgono di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini abbiano vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò abbia lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura: nella pittura, nella musica, nella letteratura, nella filosofia, nelle religioni, nel cristianesimo.


       La sentenza del Tar afferma che “sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico”.  Ma è proprio tale premessa – come abbiamo già abbondantemente chiarito – che risulta oggettivamente infondata in quanto confonde la catechesi parrocchiale con l’insegnamento scolastico della religione: quest’ultimo non attiene alla fede individuale né ha lo scopo di generarla. E’ un insegnamento che lo Stato garantisce a tutti coloro che non vogliono restare in una condizione di analfabetismo circa i fatti e i “significati” religiosi, a partire dai testi sacri del monoteismo fino agli eventi dei giorni nostri.


       Occorre assolutamente tutelare il diritto degli studenti a vedere riconosciuto il profitto conseguito a seguito del loro impegno di studio nel corso di un intero anno scolastico, sia che si tratti di religione cattolica che di materia alternativa (quindi la quasi totalità degli studenti) oppure di studio individuale assistito, affinché non debbano subire loro una grave discriminazione nei confronti degli studenti che hanno scelto il nulla, ovvero  uscire da scuola per andare al bar o in sala giochi.


        E’ questa la scuola che vogliamo?  


       Noi, avendo a cuore la formazione dei nostri studenti e la dignità professionale degli insegnanti, vogliamo impegnarci per una scuola non selettiva ma esigente, aperta al dialogo ed al confronto, capace di essere spazio culturale e di crescita umana.


        In questa disputa ferragostana abbiamo accolto con favore le dichiarazioni, come quella di Massimo Cacciari, che vorrebbero obbligatorio l’insegnamento della religione, ma non possiamo accettare che i docenti di tale disciplina siano sottratti alla verifica dell’idoneità canonica. Se siamo convinti assieme a Cacciari che la religione è un linguaggio fondamentale e che “è indecente che un giovane esca dalla maturità sapendo magari malamente chi è Manzoni, chi è Platone e non chi è Gesù Cristo”, allora occorre intervenire sul 10% che non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica offrendo loro un insegnamento alternativo che esponga almeno le visioni delle grandi religioni monoteistiche. Insomma, chi oggi sceglie l’insegnamento della religione cattolica ha la certezza che il docente è qualificato, in quanto è doppiamente verificato: da parte dell’Ordinario diocesano e dal parte dello Stato (infatti dal 2005 sono in servizio circa 15.000 insegnanti di religione a seguito di superamento di concorso pubblico). Chi sceglie la religione sa che gli sarà impartito un insegnamento rispettoso delle finalità della scuola e correttamente inserito nella tradizione cattolica. Ma è altrettanto vero che coloro che non scelgono l’insegnamento della religione hanno il diritto di avere strumenti adeguati per comprendere una cultura che è profondamente intrisa di motivi “non terreni”.


        Infine, mi sembra che continuare a difendere la presenza dell’insegnamento della religione nell’attribuzione  del credito scolastico sia in fondo poca cosa per una disciplina alla quale è già stata riconosciuta ampiamente piena dignità formativa. Occorre eliminare il riferimento all’art.4 della legge 824/1930 e all’art.309, comma 4 del D.L.vo 16 aprile 1994 n.297, dove si afferma che per “l’insegnamento della religione cattolica, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, per gli alunni che di esso si sono avvalsi, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue l’insegnamento e il profitto che ne ritrae”. Siamo convinti che occorre superare tale disparità e dare piena dignità disciplinare all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Auspichiamo che presto tale disciplina curriculare concorra, assieme alle altre, a determinare la media aritmetica dei voti.


       Occorre quindi tutelare l’insegnamento della religione, i loro insegnanti e gli studenti-cittadini che scelgono di lavorare di più, impegnandosi ad incontrare nella scuola una disciplina non meno importante della filosofia e della scienza,  che è la religione.  Si aprono oggi due percorsi importanti che lo Snadir seguirà con particolare determinazione: il ricorso al Consiglio di Stato e un’azione politico-amministrativa.


     


    Orazio Ruscica


     



     


    Snadir – Professione i.r. – lunedì 31 agosto 2009

  • Attribuzione del Credito scolastico in sede di integrazione dello scrutinio finale

    Attribuzione del Credito scolastico in sede di integrazione dello scrutinio finale



     


      


       Nell’ipotesi in cui, in sede di formulazione del giudizio finale successivo all’accertamento del recupero delle carenze formative, abbiano per assurdo ad insorgere perplessità sulla partecipazione degli insegnanti di religione cattolica alla attribuzione del punteggio per il credito scolastico, in particolare a causa della nota sentenza n. 7076/2009 del TAR-Lazio, con cui quest’ultimo (in contrasto con l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato in sede cautelare) ha annullato le OO.MM. n. 26/07 e n. 30/08 nella parte in cui prevedevano la partecipazione a pieno titolo dei docenti di religione cattolica alle deliberazioni del consiglio di classe per l’attribuzione del credito scolastico agli alunni avvalentesi dell’IRC, si invitano i docenti di religione a chiedere l’inserimento a verbale della seguente puntualizzazione:


       L’O.M. n. 26/07 e l’O.M. n. 30/08, dichiarate illegittime dal TAR-Lazio con sentenza n. 7076/2009 nella parte in cui prevedevano il concorso a pieno titolo dei docenti di religione cattolica all’attribuzione del Credito scolastico agli alunni avvalentesi del relativo insegnamento, hanno esplicato efficacia limitata rispettivamente all’a.s. 2006/2007 e 2007/2008. Per l’a.s. 2008/2009 la materia è stata regolata dalla O.M. n. 40 dell’8 aprile 2009, segnatamente all’art. 8 c. 13, che testualmente dispone: “I docenti che svolgono l’insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernente l’attribuzione del  credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”.


       La O.M. n. 40/2009 non è stata mai sospesa nè tantomeno annullata da alcun organo di giustizia e pertanto conserva piena efficacia.


       In ogni caso e comunque, con l’art. 6 c.3 del d.p.r. del 22.06.2009 n. 122 (pubblicato sulla G.U. n. 191 del 19 agosto 2009) è stata normativamente previsto, a regime, che In sede di scrutinio finale il consiglio di classe, cui partecipano tutti i docenti della classe, compresi gli insegnanti di educazione fisica, gli insegnanti tecnico-pratici nelle modalità previste dall’articolo 5, commi 1-bis e 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti di sostegno, nonchè gli insegnanti di religione cattolica limitatamente agli alunni che si avvalgono di quest’ultimo insegnamento, attribuisce il punteggio per il credito scolastico di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, e successive modificazioni.”


      


       In questo caso i colleghi, dopo aver fatto inserire a verbale il suddetta dichiarazione, sono invitati a segnalarci tempestivamente il mancato inserimento dell’insegnamento della religione nel credito scolastico per provvedere a inoltrare ricorso alle sedi competenti.


      


       Infine ricordiamo che la questione dell’attribuzione del credito scolastico da parte del docente di religione è COSA DIVERSA da quella riguardante la validità del  voto del docente di religione in sede di scrutinio e del fatto che esso può essere determinante ai fini della promozione o meno alla classe successiva; il voto dell’insegnante di religione è DETERMINANTE per stabilire l’eventuale promozione o meno alla classe successiva e, a sostegno di questo principio, si è pronunciata, come abbiamo sempre segnalato, la stragrande maggioranza della giustizia amministrativa (vedi a proposito la nota “Nota dello Snadir sugli scrutini finali: il voto dell’insegnante di religione è determinante. A.S. 2008/2009”) e la sezione quater del Tar Lazio NON HA MESSO in discussione tale orientamento giurisprudenziale.


     


    Orazio Ruscica


     


    Snadir – Professione i.r. – lunedì 31 agosto 2009

  • UNA SENTENZA CHE PREMIA IL DISIMPEGNO DEGLI STUDENTI

    UNA SENTENZA CHE PREMIA IL DISIMPEGNO DEGLI STUDENTI


    Occorre , afferma il segretario nazionale dello Snadir Orazio Ruscica,  assolutamente tutelare – cosa che hanno fatto la sezione terza del Tar Lazio e il Consiglio di Stato – il diritto degli studenti a vedere riconosciuto il profitto con cui hanno studiato e lavorato  nel corso dell’anno scolastico, sia che si tratti di religione cattolica che di materia alternativa


       Una sentenza che premia il disimpegno degli studenti. La sezione terza “quater” del Tar Lazio, che annulla l’ordinanza dell’ex Ministro dell’Istruzione Fioroni, esclude l’insegnamento della religione cattolica dalla valutazione ai fini dell’attribuzione del credito scolastico.
       Il tribunale amministrativo ha, infatti, accolto il ricorso presentato da 24 soggetti (associazioni di varia estrazione, laica e religiosa) per l’annullamento dell’ordinanza dell’allora ministro dell’Istruzione per gli esami di Stato 2007/2008. In particolare, la frequenza dell’ora di religione cattolica non concorrerà a “l’attribuzione del credito scolastico per gli esami di maturità” e “i docenti di religione cattolica” non potranno partecipare “a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”.
       Un no deciso a questa sentenza viene dal sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione Snadir, che da anni porta avanti  le rivendicazioni di questi lavoratori della scuola, sostenendo il valore fortemente culturale e non confessionale di tale disciplina. “L’insegnamento della religione cattolica – commenta il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica – è facoltativo ma curriculare. Questo significa che i programmi sono definiti a livello ministeriale, le lezioni tenute da docenti di ruolo e in orario scolastico. La decisione della sezione “quater” del Tar disattende quanto la legge 121/1985 stabilisce riguardo l’insegnamento della religione cattolica. E cioè che tale insegnamento  è impartito nel “quadro delle finalità della scuola” ed è “compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale”.   Si confonde il momento della SCELTA di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione con quello della VALUTAZIONE del profitto con cui, chi HA SCELTO tale insegnamento, segue le lezioni. Quando uno studente ha deciso di avvalersi dell’insegnamento della religione, che è una materia scolastica con dignità formativa e culturale identica a quella delle altre materie, ha DIRITTO a vedersi riconosciuto l’impegno con cui frequenta le lezioni di religione e il profitto che ne trae (vedi sentenze Corte Costituzionale n.13 del 1991; Corte Costituzionale n.290 del 1992;  Tar Lazio n.7101 del 15 settembre 2000)”.
       Orazio Ruscica sottolinea inoltre come “a tale sezione non era bastata la bocciatura da parte del Consiglio di Stato che nel 2007, con ordinanza definiva,  aveva respinto la sospensiva di questa sezione del Tar Lazio che ora pronuncia una sentenza che ha il sapore di una illogica ostinazione. Come molti ricorderanno, a seguito di un ricorso, la suddetta sezione del Tar Lazio, contraddicendo un’altra sezione (la terza bis) dello stesso Tar, sospese gli effetti della Ordinanza Ministeriale n.26 del 15 marzo scorso (commi 13 e 14 dell’art. 8) che confermava la valutazione dell’insegnamento della religione nella determinazione del credito scolastico. Il 12 giugno 2007 il Consiglio di Stato era entrato nel merito della questione ed aveva confermato la sua precedente decisione: l’insegnamento della religione concorre a pieno diritto alla determinazione del credito scolastico e, di conseguenza, fu riconfermata la validità e l’efficacia dei commi di cui sopra inseriti nell’O.M. n° 26 del 15 marzo 2007”.
       Il testo dell’allora ministro Fioroni non fa altro che riprendere l’ordinanza n.128 del 1999 (quando era ministro della P.I. Berlinguer), in cui per la prima volta venne stabilito che avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica concorreva alla possibilità di formare il credito. A differenza di allora, l’attuale ordinanza 28 del 2007 prevede che anche i non avvalentesi concorrano a crediti qualora seguano attività alternative, o facciano lo studio assistito.
       Il segretario nazionale dello Snadir ritiene che questa sentenza avrà come conseguenza quella “di premiare e incentivare il disimpegno, penalizzando gli studenti che scelgono di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini hanno vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò ha lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura”. Ruscica conclude ricordando che “il Consiglio di Stato ha definito il ricorso, che oggi la sezione “quater” ha sostenuto, privo di ‘sufficiente consistenza’”.
       La sentenza, ed è bene ricordarlo, è del febbraio 2009, pubblicata il 17 luglio e pubblicizzata la vigilia di ferragosto, quando tutti sono in ferie. Anche questo deve far riflettere.
      Lo Snadir, che ha a cuore il futuro degli studenti e la dignità professionale degli insegnanti, farà ricorso al Consiglio di Stato.


    Emanuela Benvenuti


    RADIO VATICANA: Orazio Ruscica segretario nazionale dello Snadir, il Sindacato Autonomo degli Insegnanti di Religione, ha annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato e ha ribadisce che la quarta sezione del Tribunale amministrativo del Lazio ha già provato a marginalizzare, in passato l’insegnamento della religione. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato (file audio)


    Snadir – Professione i.r. – mercoledì 12 agosto 2009

  • ADEMPIMENTI FINE ANNO SCOLASTICO 2008/2009: CREDITI – DOCUMENTO CONSIGLIO DI CLASSE – ADOZIONI LIBRI RELIGIONE CATTOLICA VALUTAZIONE DELL’IRC E DEL COMPORTAMENTO – A.S. 2008/2009

    CREDITI – DOCUMENTO CONSIGLIO DI CLASSE – ADOZIONI LIBRI RELIGIONE CATTOLICA – SCRUTINI FINALI – VALUTAZIONE DELL’IRC E DEL COMPORTAMENTO – a.s. 2008/2009 


     


    I crediti


    I “crediti” che possono essere riconosciuti agli alunni al termine dell’anno scolastico sono: crediti formativi e crediti scolastici.


    I crediti formativi scaturiscono da esperienze “acquisite al di fuori della scuola di appartenenza, in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona ed alla crescita umana, civile e culturale …” (D.M. n. 49 del 24 febbraio 2000).


    Tali esperienze devono essere documentate e coerenti con gli obiettivi educativi e formativi del tipo di corso cui si riferisce l’esame.


    Il credito scolastico (D.P.R. 23 luglio 1998 n.286; D.M. n.42 del 22 maggio 2007), invece, consiste in un punteggio (massimo di 25 punti) attribuito a ciascun candidato. Esso scaturisce dalle votazioni assegnate per le singole discipline, utilizzando l’intera scala decimale di valutazione (O.M. n. 128 del 14 maggio 1999; O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007, art.8, comma 13 O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008; art. 8, comma 13 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009), ed entra a far parte del voto finale complessivo d’esame.


    Con specifico riferimento al credito scolastico, l’i.r.c. si colloca in modo particolare per due motivi (art. 3 n.1 O.M. n.128/1999; art. 8, comma 13 dell’O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007, art.8, comma 13 O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008; art. 8, comma 13 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009) : il primo è dato dalla valutazione, che, per tale insegnamento, è espressa da un giudizio e non da un voto numerico, con la conseguente difficoltà (ma, ovviamente, non impossibilità) ad inserirlo nel calcolo della media matematica; il secondo motivo si evidenzia nella stessa redazione dell’art. 3 dell’O.M. n.128/1999  , dell’art.8 dell’O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007 , dell’art.8 dell’O.M. n.10 prot. 2724 del 30 marzo 2008 e art. 8, comma 13 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009 nella quale si sceglie di staccare la questione insegnamento della religione dall’insieme delle altre discipline, specificandone la funzione valutativa nel successivo punto n.2. dell’art. 3 dell’O.M. n.128/1999 , al punto 13 dell’art.8 dell’O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007 , al punto 13 dell’art.8 dell’O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008 ed all’art. 8, comma 13 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009.


    Dalla lettura dei commi 13 e 14 dell’art.8 si deduce la volontà dell’Amministrazione scolastica di affermare un principio generale circa l’Insegnamento della religione cattolica: quello della sua partecipazione a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe.


    Si tratta di una affermazione di ampia portata, in quanto, enunciato come principio generale, concorre a spazzar via ogni residuo dubbio circa il diritto-dovere degli insegnanti di religione cattolica di votare nelle deliberazioni del consiglio di classe. La precedente, ambigua, specificazione la quale prevede che nelle deliberazioni da adottarsi a maggioranza, qualora tale voto risulti determinante, esso diventa un giudizio motivato da riportare a verbale (Art. 25), è stata ampiamente chiarita dalle diverse sentenze dei TAR. Infatti il voto dell’insegnante di religione “ove determinante si trasforma in giudizio motivato ma senza perciò perdere il suo carattere decisionale e costitutivo della maggioranza.” (vedi la sentenza del TAR Toscana n. 1089 del 10 dicembre 1998).


    Riepilogando:


    – tutte le discipline (quelle che utilizzano il voto espresso in valore numerico) concorrono alla definizione del credito scolastico ed alla individuazione della banda di oscillazione.


    – anche l’I.r.c. (a pieno titolo) concorre alla definizione del credito scolastico, ma non contribuisce alla determinazione della media dei voti, in quanto la valutazione, per questo insegnamento è espressa attraverso un giudizio.


    Il punto centrale della questione lo rileviamo dalla lettura del punto n. 3 dello stesso art. 3 dell’O.M. n.128/1999 , dal punto 14 dell’art.8 dell’O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007 , dal punto 14 dell’art.8 dell’O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008 e dal comma 14 dell’art. 8 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009. L’ I.r.c. concorre alla determinazione del credito scolastico, influenzando, con il proprio giudizio, la misura del credito tra i due o tre valori posti nella banda di oscillazione. Un esempio: la media dei voti espressi dalle discipline (quelle col voto numerico, quindi escluso l’I.r.c.) dà come risultato 6 e colloca l’alunno in una banda di oscillazione (per l’ultimo anno) che va da 4 a 5 (il credito scolastico).


    Quali sono gli elementi che determinano la scelta tra un credito di 4 o 5 all’interno della banda di oscillazione ?


    Sono :


    a – valutazione formulata dal docente di religione (attività alternativa ovvero altre attività, ivi compreso lo studio individuale che si sia tradotto in un arricchimento culturale o disciplinare specifico, purché certificato e valutato dalla scuola secondo modalità deliberate dalla istituzione scolastica medesima).


    b – assiduità della frequenza scolastica.


    c – interesse e impegno nella partecipazione al dialogo educativo (vale per tutte le discipline, anche per l’I.r.c.).


    d – partecipazione alle attività complementari ed integrative.


    e – eventuali crediti formativi documentati.


    L’attribuzione del credito scolastico ad ogni alunno spetta a tutti i docenti componenti il consiglio di classe: essa va deliberata e verbalizzata (O.M. n. 31 del 4 febbraio 2000, art. 8 n.6; O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007, art.8, punto 6; O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008, art. 8, punto 6; comma 6 dell’art.8 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009).


    Da questo quadro emerge lo spazio dell’insegnamento della religione cattolica nell’ambito dell’attribuzione del credito scolastico, ma non riveste minore importanza la questione dei crediti formativi. Negli spazi extrascolastici i docenti hanno, infatti, la possibilità di proporre un progetto educativo religioso (da attuare anche su reti di scuole), che si può attuare attraverso esperienze di “crescita umana, civile e culturale” della persona (D.M. n. 49 del 24 febbraio 2000).


    I docenti, magari costituendosi in associazione, possono realizzare attività culturali, di educazione all’ambiente, al volontariato ed alla solidarietà che, adeguatamente organizzate e documentate, possono offrire un ulteriore spazio di formazione e di recupero (o approfondimento) di valori.


     


    Il Documento del Consiglio di classe


    Alla commissione degli esami di Stato dev’essere consegnato il documento elaborato dal Consiglio di classe entro il 15 maggio relativo all’azione educativa e didattica realizzata nell’ultimo anno di corso. In esso vengono illustrati i metodi, i mezzi, gli spazi e i tempi del percorso formativo, i criteri, gli strumenti di valutazione adottati, gli obiettivi raggiunti ed ogni altro elemento ritenuto utile per lo svolgimento degli esami. Prima della elaborazione del testo definitivo del Documento. i consigli di classe possono consultare, per eventuali proposte ed osservazioni, la componente studentesca e quella dei genitori, facenti parte dei consigli stessi.


    Il docente di religione, quale membro del consiglio di classe, ha l’obbligo di contribuire alla stesura del Documento, in particolar modo per la parte inerente all’azione educativa e didattica realizzata durante l’anno scolastico (O.M. n. 31 del 4 febbraio 2000, art. 6 n.1; O.M. n.29 del 13 febbraio 2001; O.M. n.43 dell’11 aprile 2002; O.M. n.21 del 9 febbraio 2004; OM n.32 del 21 febbraio 2005; O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007; O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008, art. 6 dell’O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009 ). Il docente di religione interviene anche nei casi in cui abbia attuato iniziative i cui contenuti siano riferibili all’esame di Stato, e interviene sempre nella fase in cui si descrive il livello di partecipazione degli alunni ai sensi del Regolamento recante le norme dello Statuto delle studentesse e degli studenti (O.M. n. 31 del 4 febbraio 2000, art. 6 n.5; O.M. n.29 del 13 febbraio 2001; O.M. n.43 dell’11 aprile 2002; O.M. n.21 del 9 febbraio 2004; OM n.32 del 21 febbraio 2005; O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007; O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008; O.M. n. 40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009).


     


    Adozioni libri di testo


    Le adozioni dei testi, che le scuole renderanno pubbliche, dovranno essere effettuate entro il 15 aprile 2009 per le classi di scuola secondaria di I grado (scuole medie) ed entro la fine di maggio 2009 per tutte le classi di scuola primaria (scuola elementare) e secondaria di II grado (scuola superiore).
    Per tutte le classi in cui sono presenti alunni con disabilità visiva, invece, le adozioni dovranno essere effettuate entro il 31 marzo 2009.


    La circolare ministeriale n.16 prot. 1236 del 10 febbraio 2009 richiama i criteri e le modalità operative che presiedono a tale adempimento nella scuola secondaria. Le adozioni dei libri di testo devono essere coerenti con gli obiettivi generali previsti dall’ordinamento e con le finalità educative del Piano dell’Offerta Formativa (POF) dell’istituzione scolastica in cui il docente presta servizio“. Ricordando subito dopo che “le adozioni costituiscono, non a caso, nell’esercizio responsabile e consapevole dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, un momento molto importante che impegna sia la professionalità dei singoli insegnanti, sia il ruolo del consiglio di classe e del collegio dei docenti, sia l’azione di coordinamento del dirigente scolastico. Vanno anche considerate parte di una strategia di medio e lungo periodo, in relazione alle ripercussioni che le scelte producono negli anni.


    b) Le adozioni chiamano in causa per livelli diversi di responsabilità tra di loro collegati, il docente proponente e il consiglio di classe, il collegio dei docenti, il dirigente scolastico e il consiglio di istituto, nel contesto della piena collaborazione tra docenti, genitori e studenti“.


    Il decreto ministeriale n.41 dell’8 aprile 2009 fissa il tetto massimo complessivo di spesa per i libri di testo per la scuola primaria, per la scuola secondaria di primo grado e per la scuola secondaria di secondo grado, nonché  definisce le caratteristiche tecniche e tecnologiche dei libri di testo.


    I collegi dei docenti devono pertanto contenere il costo dell’intera dotazione libraria entro il previsto tetto di spesa. All’interno di una equilibrata programmazione didattica va attentamente valutata la distinzione tra testi obbligatori e testi consigliati considerando che, come è noto, soltanto i


    primi concorrono alla determinazione dei tetti di spesa. Per i testi consigliati si raccomanda un’adeguata valutazione sulla opportunità della scelta e dei conseguenti costi che possono gravare a carico delle famiglie; è da evitare in ogni modo di veicolare attraverso tali testi consigliati contenuti fondamentali che finiscono per rendere di fatto obbligato l’acquisto. In ogni caso, al fine di limitare l’onere di spesa per le famiglie, le istituzioni scolastiche avranno cura di dotare le biblioteche scolastiche dei testi consigliati adottati dal collegio dei docenti, mettendoli a disposizione degli alunni richiedenti” (C.M. n.16 del 10 febbraio2009).


    In ogni caso il testo di religione va adottato e non semplicemente consigliato. La C.M. n. 46 del 22 aprile 2005, la C.M. n.15 del 20 febbraio 2006 e la C.M. n.39 del 23 aprile 2007 prot.3966 hanno  indicato le novità che riguardano l’insegnamento della religione cattolica nella primaria e nella scuola secondaria di 1° grado. Nulla è, invece, cambiato circa la scelta dei testi scolastici per la classe terza della scuola secondaria di primo grado e per l’intero corso dell’istruzione secondaria di secondo grado cattolica.


     


    Scrutini finali


    E’ importante fare una distinzione: la questione dell’attribuzione del credito scolastico da parte dell’idr è COSA DIVERSA da quella riguardante la validità del  voto del docente di religione in sede di scrutinio e del fatto che esso può essere determinante ai fini della promozione o meno alla classe successiva; il voto dell’insegnante di religione è DETERMINANTE per stabilire l’eventuale promozione o meno alla classe successiva oppure ammissione o meno agli esami e, a sostegno di questo principio, si è pronunciata, come abbiamo sempre segnalato,  la stragrande maggioranza della giustizia amministrativa (vedi a proposito la nota sottoriportata “Nota dello Snadir sugli scrutini finali: il voto dell’insegnante di religione è determinante. A.S. 2008/2009”).


     


    Valutazione dell’insegnamento della religione cattolica e del comportamento


    La Circolare Ministeriale n.10 prot. 636 del 23 gennaio 2009 ha fatto chiarezza sul metodo da utilizzare nella valutazione degli studenti; infatti si afferma che “le espressioni valutative siano riportate con voti numerici espressi in decimi”; tutto ciò, però, non si utilizza per le valutazioni degli insegnanti di religione, per i quali si specifica che “continuano ad applicarsi le specifiche norme vigenti in materia”; nell’insegnamento della religione, infatti, la valutazione riprende ancora oggi una procedura di derivazione concordataria (art.4 della legge n.824/1930) recepita dall’art. 309 del Testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n.296.


    Quanto alla possibilità per gli insegnanti di religione di esprimere una propria valutazione sul comportamento degli alunni, ribadiamo che non è cambiato nulla rispetto agli anni precedenti.


    L’art.2, comma 8 dello schema di regolamento concernente “Coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia, ai sensi degli artt. 2 e 3 del D.L. 1 settembre 2008 n.137, convertito con modificazioni dalla L. 30 ottobre 2008, n. 169” approvato dal Consiglio dei Ministri in data 13/03/2009, ribadisce che la valutazione del comportamento degli studenti viene espresso collegialmente dal Consiglio di classe, così come già precedentemente asseriva il D.M. n. 5 sulla “valutazione del comportamento degli studenti” del 16 gennaio 2009.


    Si ricorda inoltre che ai sensi del D.P.R. 751/85 e del D.Lgs. 296/94 l’insegnante di Religione Cattolica fa parte a pieno titolo del Consiglio di classe; pertanto eventuali delibere di collegi dei docenti che escludano il docente di religione dalla valutazione del comportamento degli alunni sono da ritenere illegittime.


     


    La Redazione


     


     


     



    Snadir – Professione i.r. – lunedì 20 aprile 2009

  • Nota dello Snadir sugli scrutini finali: il voto dell’insegnante di religione è determinante. A.S. 2008/2009

    SCRUTINI FINALI:il voto dell’insegnante di religione è determinante


    Avviso affinché non sia discriminato il voto dell’insegnante di religione.


     


       Ogni insegnante di religione in sede di scrutinio si ricordi che, l’art. 309 del Testo Unico sulla scuola (D.Lgs. n.297/194) gli riconosce gli stessi diritti e doveri degli altri docenti.  Egli partecipa alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica:  per questi ultimi, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue l’insegnamento e il profitto che ne ritrae.


     


       E’ utile ricordare che:


    1.      la valutazione dell’IRC va trascritta nel registro generale, sul pagellino e sui prospetti da affiggere all’albo di istituto (art.4 legge 5 giugno 1930, n.824; C.M. 117/1930; C.M. 11/1987; C.M. 156/1987).


    2.      La mancata partecipazione dei docenti di R.C. agli scrutini degli alunni che si sono avvalsi dell’IRC invalida gli scrutini (artt.1-3-31-40 dell’O.M. n.80 del 9 marzo 1995 integrata dall’O.M. n.117 del 22 marzo 1996, dall’O.M n.266 del 21 aprile 1997, dall’O.M. n.330 del 27 maggio 1997, dall’O.M. n.65 del 20 febbraio 1998, prot.3111, dall’O.M. n.128 del 14 maggio 1999, dall’O.M. 126/00, dall’O.M. n.90 del 21 maggio 2001; O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007; O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008; O.M. n.40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009).


    3.    L’esclusione del voto dei docenti di religione (alcuni capi d’istituto “illuminati” non fanno neppure votare i docenti di religione) dà luogo alla invalidità degli scrutini.


     


       Qualora, in sede di scrutinio finale, vi sia una deliberazione da adottarsi a maggioranza, l’idr deve far inserire a verbale il proprio giudizio motivato e far conteggiare il proprio voto ai fini della costituzione della maggioranza.


       Il giudizio formulato dall’insegnante di religione deve esprimere “la valutazione positiva o negativa del grado di preparazione di ciascun candidato, con riguardo al profitto e, quindi, agli obiettivi didattici e formativi previsti dai programmi, al comportamento (inteso come interesse e partecipazione attiva al dialogo educativo), alla capacità e alle attitudini” (comma 3, art.40 dell’O.M. n.80 del 9 marzo 1995 integrata dall’O.M n.266 del 21 aprile 1997, dall’O.M n.266 del 21 aprile 1997, dall’O.M. n.330 del 27 maggio 1997, dall’O.M. n.65 del 20 febbraio 1998, prot.3111, dall’O.M. n.128 del 14 maggio 1999, dall’O.M. 126/00, dall’O.M. n.90 del 21 maggio 2001, dall’O.M. n.56/2002, O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007;O.M. n.30 prot. 2724 del 10 marzo 2008; O.M. n.40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009).


     


       Per comodità riportiamo un esempio di nota che, durante gli scrutini, i colleghi, nel caso di deliberazioni da adottarsi a maggioranza, potranno inserire nel verbale .


    L’alunno/a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ha tratto dal percorso formativo un profitto complessivo . . . . . . . .  . . . . (inserire tutto il giudizio positivo o negativo), egli infatti ha seguito le attività didattiche in maniera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , ha evidenziato un interesse . . . . . . ..  . . . . . e capacità . . . .  . . . . . . .  Il presente giudizio, inserito a verbale ai sensi del D.P.R. 202/90, è valido a tutti gli effetti giuridici per la determinazione dell’ammissione ( o non ammissione) dell’alunno/a ………………………. alla classe ……………. (o agli esami di licenza media / qualifica / stato), come previsto dall’art.7 della legge n.824/1930, dal D.P.R. n.751 del 16/12/1985, dalla C.M. n.316 del 28/10/1987, capo IV, dal citato D.P.R. 202/90, dal D.P.R. 417/74 e dall’art.31 dell’O.M. n.80 del 9 marzo 1995 integrata dall’O.M. n.117 del 22 marzo 1996, dall’O.M n.266 del 21 aprile 1997, dall’O.M. n.330 del 27 maggio 1997, dall’O.M. n.65 del 20 febbraio 1998, prot.3111, dall’O.M. n.128 del 14 maggio 1999, dall’O.M. n.26 prot.2578 del 15 marzo 2007, dalla sentenza n.5 del 5/1/1994 del TAR – Puglia sez. Lecce, dall’ordinanza n.2307/95 del 19/09/1995 del Tar – Sicilia sez. Catania, dall’ordinanza n.130/96 del 14/02/1996 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, dalla sentenza TAR – Veneto n.2466 del 11/12/1998, dalla sentenza n.1089 del 20/12/1999 del TAR – Toscana, dall’O.M. 126/00, dall’O.M. n.90/2001 e dall’O.M. 56/2002, dall’ O.M. n.40 prot. 3744 dell’8 aprile 2009“.


     


       Nel caso che dopo tale dichiarazione il capo d’istituto o qualche collega insista per non far valere il voto dei docenti di religione aggiungete alla precedente nota: “Poiché si insiste a non voler tener conto della validità giuridica del voto espresso dal docente di religione in questo consiglio della classe ……. del ……..(data), ore………., DICHIARO che, per palese violazione delle norme citate, l’ammissione (o non ammissione) dell’alunno/a ……………………… alla classe ……… ( o agli esami di licenza media / qualifica / stato) è da ritenersi nulla.  Dichiaro, inoltre, che mi riservo di impugnare il presente atto del consiglio di classe nelle sedi competenti per vizio di legittimità “.


       In quest’ultimo caso i colleghi, dopo aver fatto inserire a verbale il suddetto giudizio, sono invitati a segnalarci tempestivamente la mancata valutazione del voto per provvedere a inoltrare ricorso alle sedi competenti.


     


                                                          La Redazione


     


    ·    Tar Toscana – Sent. 5528 del 3 novembre 2005 – La decisione del CdC adottata senza il voto determinate dell’IdR è illegittima


    ·    TAR VENETO-Sentenza n. 2829/05 del 10-2-2005. L’insegnante di religione deve partecipare alla votazione in sede di scrutinio e il suo voto vale


    ·    Consiglio di stato, Ordinanza cautelare, n. 5822 in data 3 dicembre 2004. Non ritiene che il voto del docente di religione perda ogni rilevanza ai fini della votazione finale


    ·    TAR TRENTO – Sentenza del 27 ottobre 2000, pubblicata il 21-12-2000. L’IdR rientra a pieno titolo fra i componenti del Consiglio di classe, con voto equivalente a quello degli altri docenti


    ·    TAR Lombardia – Sentenza del 7 maggio 1999 n. 3064. E’ illegittima l’omessa considerazione dell’insegnante di religione ai fini del computo per la determinazone della maggioranza


    ·    Tar Toscana – Sent. 1089 del 10 dicembre 1998 – La decisione del CdC adottata senza il voto determinate dell’IdR è illegittima


    ·    CGA SICILIA, Ordinanza n. 130 del 14 febbraio 1996. Respinta l’istanza di sospensiva. Nello strutinio finale Il voto dell’IdR vale


    ·    TAR SICILIA, Sezione Catania, Ordinanza n.2304 del 19 settembre 1995. Il voto dell’insegnante di religione deve essere conteggiato ai fini della determinazione della maggioranza


    ·    TAR PUGLIA-LECCE-Sezione I Sentenza n.5 del 5 gennaio 1994. In sede di esami e scrutini il voto del docente di religione, ove determinante, ha carattere decisionale e costitutivo della maggioranza


     


     


    Snadir -Professione i.r. – lunedì 20 aprile 2009

  • Chiarimenti sulla valutazione dell’insegnamento della religione cattolica e sul comportamento

    Chiarimenti sulla valutazione dell’insegnamento della religione cattolica e sul comportamento



       Il Ministero ha fatto chiarezza sul metodo da utilizzare nella valutazione degli studenti; è stata emanata infatti stamani (23 gennaio 2009) la circolare n° 10, prot. n° 636, con la quale si afferma che “le espressioni valutative siano riportate con voti numerici espressi in decimi”; tutto ciò, però, non si applica  alle valutazioni degli insegnanti di religione, per i quali si specifica che  “continuano ad applicarsi le specifiche norme vigenti in materia”;  nell’insegnamento della religione, infatti, la valutazione riprende ancora oggi  una procedura di derivazione concordataria (art. 4 della  legge n° 824/1930) recepita all’art. 309 del Testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 296.
       Quanto alla possibilità per gli insegnanti di religione di esprimere una propria valutazione sul comportamento degli alunni, ribadiamo che non è cambiato nulla rispetto agli anni precedenti; inutili allarmismi sono stati artatamente diffusi a proposito dello “Schema di regolamento per la valutazione degli alunni”, che all’art. 3 comma 6, recita “la votazione sul comportamento, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre, come il voto delle altre discipline, alla determinazione della media complessiva dei voti in ogni situazione in tutti i casi previsti dalla norma. Da tale votazione complessiva è escluso l’insegnamento della religione cattolica, ai sensi dell’art. 309 del Testo Unico….”.
       Fermo restando il fatto che tale “Schema di regolamento” è solo una “bozza” che va ancora rivista e corretta e non ha quindi nessun carattere applicativo, è comunque opportuno sottolineare che la frase “da tale votazione complessiva è escluso l’insegnamento della religione ” è riferita alla “determinazione della media complessiva dei voti ” e NON alla votazione sul comportamento; infatti all’art. 7 del predetto schema la formulazione chiarisce in modo inequivocabile che “l’insegnamento della religione è utile ai fini del voto del comportamento, dei crediti scolastici e all’ammissione alla classe successiva o all’esame finale di ciclo” .
       Proprio per chiarire al meglio questi concetti e per evitare che tali frasi vengano utilizzate nella loro accezione negativa nei confronti dell’insegnamento della religione, lo Snadir ha scritto una lettera (di cui si riporta il testo) ai Presidenti della VII Commissione di Camera e Senato, nonché al Dott. Dutto del Ministero dell’istruzione, perché nella  stesura definitiva  dello “schema di regolamento” il comma in questione venga riscritto in modo più comprensibile.


    La Redazione



    Snadir – Professione i.r. – venerdì 23 gennaio 2009

  • Decreto sul voto in condotta: curare i sani e respingere i malati

    Decreto sul voto in condotta: curare i sani e respingere i malati


       Il traguardo è raggiunto: gli alunni “cattivi” potranno essere bocciati grazie al voto in condotta e la scuola, finalmente, si libererà dei  “bulli”. E’ questo lo spirito che sottostà al decreto sulla valutazione del comportamento firmato nei giorni scorsi dal ministro dell’istruzione. Il provvedimento ripristina il voto in condotta. Con un voto inferiore al 6 la bocciatura diventa obbligatoria. Ma forse il ministro dimentica (ci chiediamo se l’abbia mai saputo!) che bulli non si nasce ma si diventa. Per molti anni le indagini sul bullismo hanno rivolto la loro attenzione sulle prepotenze che avvengono nella scuola dell’obbligo, in realtà le prevaricazioni continuano nella scuola superiore e al di fuori di essa, nei bar, nelle feste, sui luoghi del lavoro, prendendo nomi diversi, nonnismo, mobbing e con modalità sempre più sofisticate e violente.  Con un atto burocratico si pensa di aver risolto il problema. Niente di tutto questo è vero, e lo sa bene chi nella scuola ogni giorno vive la sua esperienza. Prima di tutto occorre educare, poi vigilare. E’ di questi giorni la notizia che la Gelmini ha dato il suo ok ad un preside romano (dopo atti di violenza nel suo istituto) di installare delle telecamere negli ambienti scolastici al fine di creare un deterrente in più per prevenire i crescenti episodi di bullismo. «La scuola deve riappropriarsi del suo ruolo – commenta il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica – che è quello di agenzia educativa. Il ritorno al voto di condotta determinante per il proseguimento dell’iter scolastico ci porta indietro nel tempo: un guardare indietro che non fa bene a chi nella scuola opera e nemmeno alla società, anche lei coinvolta nella crescita violenta di molti giovani. Mi viene in mente il motto che don Milani adottò per la scuola di Barbiana  “I care”, letteralmente “m’importa, ho a cuore” (in dichiarata contrapposizione al ‘Me ne frego’ (del tempo fascista), motto che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Questa frase scritta su un cartello all’ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale.  E ci deve far riflettere l’attualità di quanto detto da don Milani a riguardo della scuola: ‘è un ospedale che cura i sani e respinge i malati e crea differenze a volte irrimediabili». Secondo Ruscica, allora, «la scuola deve recuperare questa sua dimensione, che non è paternalismo o buonismo, ma semplicemente attenzione verso tutti».


    Emanuela Benvenuti


    Snadir – Professione i.r. -martedì 20 gennaio 2009