Categoria: Magazine Didattico

  • Convegno su “Acqua, fondamento di vita”: le religioni punto di unione e di forza nella lotta per la vita

    Convegno su “Acqua, fondamento di vita”: le religioni punto di unione e di forza nella lotta per la vita


      


       Sensibilizzare le nuove generazioni alla tutela  della risorsa acqua. Sarà questo l’impegno dei docenti che hanno partecipato al Convegno che si è tenuto il 9 ottobre, nella sala convegni del Pime di Milano,  sul tema “Acqua, fondamento di vita: una risorsa vitale, emozionale e spirituale da conservare per le generazioni future”, organizzato da Acea e dal sindacato Snadir. Ad aprire i lavori il saluto di Michele Papagna, responsabile di Acea, Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir e Massimo Oldrini, della segreteria Snadir di Milano. A moderare erano presenti Teresa Isenburg, docente dell’Università Statale di Milano, e Josè Luiz Del Roio, presidente di Accesso Coop sociale.
       Molte le relazioni che hanno animato i lavori del Convegno. Il professor Gabriele Mandel Khàn, vicario generale della Confraternita Sufi Jerrahi Halveti,  ha parlato del concetto di acqua espresso nel Corano (termine citato 86 volte), ribadendo come “nell’Islam il simbolo acqua gioca un ruolo molto importante anche nella vita pratica, poiché viene utilizzata per l’abluzione prima della preghiera, nonché un’importanza storico-scientifica dovuta al fatto che i medici musulmani furono i primi ad utilizzare l’idroterapia per la cura del corpo e della mente”.
       L’intervento di don Raffaello Ciccone, responsabile della pastorale del lavoro della Diocesi di Milano, ha preso in esame l’acqua come simbolo biblico. Sin dall’inizio, nella creazione, lo spirito di Dio aleggia sulle acque, le divide fra cielo e terra e le rende dono, “segno concreto del suo amore per le sue creature”. I cristiani tramite l’acqua si purificano e ricevono un “cuore nuovo” (Ezechiele). Dal Salmo 63 si evince come la ricerca di Dio sia paragonata alla sete: “A te anela la mia carne come terra deserta, arida, senz’acqua”. Inoltre nella fuga degli ebrei dall’Egitto, l’acqua diventa il prezzo della libertà e la sua assenza è il motivo che spinge il popolo a lamentarsi e a rimpiangere quasi di essere fuggito, poiché quantomeno da schiavi avevano di che bere. Questo spinge alla riflessione, in un tempo in cui molta gente crede che sia più semplice assoggettarsi e accontentarsi dei benefici che si possono ricevere dal proprio “padrone”, anziché mettersi alla ricerca di soluzioni nuove.
      La Pastora Lidia Maggi, dell’Unione delle Chiese Evangeliche e Battiste in Italia, ha fatto notare come l’acqua sia molto usata nell’esprimere concetti di fede, nonché centrale nella vita dei cristiani, poiché elemento fondamentale nel battesimo nonché importantissimo strumento che scorrendo fra le pagine della Bibbia diventa indispensabile per poterla interpretare. Inoltre ha evidenziato come tramite l’acqua si potrebbe narrare tutta la vicenda di Gesù, inclusa fra “2 seti”: la sete espressa alla samaritana presso il pozzo e la sete sulla croce, in punto di morte. L’acqua è, nel Libro dei libri, protagonista e sfondo presso che onnipresente, per il suo esserci o non esserci, per il suo essere  aiuto o ostacolo. La proposta è stata quella di creare percorsi didattici basati sull’acqua, poiché nonostante la sua grande forza simbolica è un concetto che non perde mai concretezza, traducendo dal linguaggio sapienziale al linguaggio concreto-didattico il grande valore veicolato dall’acqua, che è vita, unione, uguaglianza e incontro.
       Un’interessantissima parentesi sulla visione dell’acqua nel mondo orientale è stata offerta dall’intervento della dottoressa Marilia Albanese, direttore della sezione lombarda dell’Istituto IAO. Nel mondo indiano l’acqua è alla base di molte cosmogonie. Nel buddhismo la vita è “un tracciato di bastone sull’acqua” da seguire per poter giungere all’Assoluto. Il fiume Gange, luogo centralissimo nella vita degli indiani, è la grande madre (dea Ganga) a cui tutti accorrono e presso le cui sponde ogni induista desidererebbe morire affinché le sue ceneri si dissolvano in esso, permettendo così la rinascita. Le cosmogonie indiane inoltre veicolano, tramite i racconti in cui l’acqua ha un ruolo centrale, un importantissimo messaggio di amore e rispetto per la natura, che purtroppo anche in India si sta perdendo; da sempre l’acqua è stata considerata, oltre che una madre buona, una forza potentissima che in origine era discesa dal cielo, e per far si che l’impatto non fosse distruttivo per le terre indiane, quando la dea Ganga era scesa sulla terra lo aveva fatto scivolando fra i capelli di Shiva, che simboleggiano le foreste himalayane, in grado di mitigare la potenza distruttiva delle piogge monsoniche, ma poiché al giorno d’oggi le foreste sono state per lo più distrutte, ad ogni stagione delle piogge si assiste a immani distruzioni di villaggi, specialmente in Bangladesh.
       Le analogie fra i vari culti religiosi sono apparse dunque evidentissime.
       A concludere gli interventi è stato il dottor Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano Contratto Mondiale per l’Acqua, che ha fatto presente, per chi ancora non lo sapesse, come l’acqua diventa ogni giorno di più una merce di altissimo valore per la quale sono già in corso veri e propri conflitti destinati, nel giro di poche decine di anni, ad aumentare sempre più di intensità e di numero. Dal 2030-50 il 48% della richiesta d’acqua non troverà risposta e questo creerà un miliardo di profughi idrici dando luogo ad una vera e propria “geografia dell’esclusione dalla vita”, che interesserà, oltre alle zone già fortemente colpite dalla mancanza d’acqua, soprattutto il bacino mediterraneo. La religiosità, che spesso è motivo di conflitto, sarebbe in quest’ambito un ottimo punto di unione e di forza, in questa lotta per la vita, visto che l’acqua è un importantissimo elemento comune. La proposta è quella di dar vita alla battaglia del secolo, contro quella politica che fa dell’acqua una merce, per rinnovare tutto il sistema partendo proprio dalle lotte per gli elementi vitali, che devono essere gestiti dalla comunità che deve impegnarsi a curare le risorse di cui dispone, non abbandonandole nelle mani di loschi affaristi senza scrupoli. Un buon esempio viene offerto dall’America Latina, in cui il popolo sta lottando per riprendere in mano il controllo delle risorse della sua terra. In Italia siamo già in ritardo, e se non si trova presto un accordo nazionale in materia d’acqua, ben presto ci dilanieremo fra noi per avere il diritto alla vita.


    Serena Cannizzaro


    Adierre – martedì 14 ottobre 2008

  • Un altro passo avanti verso la nuova versione delle Indicazioni per il curricolo della Religione Cattolica

    Un altro passo avanti verso la nuova versione delle Indicazioni per il curricolo della Religione Cattolica


       La Circolare Ministeriale n. 45 del 22-4-2008 ha accolto il documento della Conferenza Episcopale Italiana per avviare la prima attuazione dei contenuti dell’Insegnamento della Religione Cattolica al fine di consentire di inserirsi nei Piani dell’Offerta Formativa della Scuola per il prossimo anno scolastico.
       La Circolare contiene in allegato lo Strumento base, la relativa Legenda e il relativo Protocollo perché tutte le Scuole ne prendano visione e ne tengano conto nella propria programmazione educativa e didattica e nella redazione dei P.O.F.
       Si deve ricordare che nell’anno scolastico 2007/08 è stata avviata l’attuazione delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione allegate al D.M. del 31-7-2007. Queste Indicazioni sono state oggetto di prima attuazione nel periodo settembre-dicembre 2007. Per quel che riguardava l’IRC nelle Indicazioni si chiariva che “l’insegnamento della Religione Cattolica è disciplinato dagli accordi concordatari in vigore. I traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento saranno definiti d’intesa con l’autorità ecclesiastica”.
       In questi primi mesi del 2008 la Presidenza della C.E.I. ha proposto al Ministero della Pubblica Istruzione un progetto di revisione delle Indicazioni didattiche già in vigore per l’Insegnamento della Religione Cattolica per armonizzare la collocazione di questa disciplina nel nuovo impianto curricolare della scuola dell’infanzia e delle scuole del primo ciclo di istruzione.
       L’azione che prende il via con la circolare ministeriale odierna si allinea a quella già in corso per il resto del curricolo e si svolgerà pienamente nell’anno scolastico 2008/09, per giungere ad un testo condiviso delle Indicazioni per l’Insegnamento della Religione Cattolica da adottare in tutte le scuole dall’anno scolastico 2009/2010.
       La C.M. allega i seguenti documenti:



       Questi allegati chiariscono che l’IRC si potrebbe collocare nell’area linguistico-artistica-espressiva nella quale trova uno spazio significativo anche l’attenzione alla dimensione religiosa dell’esperienza umana.
       Nei prossimi mesi un gruppo di formatori-sperimentari (già operativo dal 2007) continuerà a sperimentare e monitorare TSC e OA, compresi quelli di Religione Cattolica, così da giungere all’inizio del 2009 alla redazione finale della nuova versione.
       E’ un’occasione importante per far entrare anche i contenuti dell’IRC nel testo definitivo delle Indicazioni per il curricolo evitando il rischio di finire in qualche successivo allegato come avvenuto con gli OSA della Riforma “Moratti”.
       Sarebbe auspicabile che tutti gli Insegnanti di Religione della scuola dell’infanzia e delle scuole del primo ciclo  potessero, facendo riferimento all’allegato n.1 della C.M. 45, pagine da 5 a 10, cominciare a sperimentare TSC e OA proposti nella Bozza, così da poter fornire un riscontro sulla praticabilità del nuovo percorso proposto per l’Insegnamento della Religione Cattolica.


    Nicola Lofrese


     



    Snadir  – giovedì 24 aprile 2008

  • IN CERCA DI CRITERI OGGETTIVI ED UNIFORMI PER UNA SERENA VALUTAZIONE DEGLI STUDENTI

    I problemi della valutazione didattica


    IN CERCA DI CRITERI OGGETTIVI ED UNIFORMI PER UNA SERENA VALUTAZIONE DEGLI STUDENTI


    La valutazione degli alunni è uno dei compiti più delicati e complessi soprattutto nell’attuale contesto della scuola italiana, nel quale, nonostante innumerevoli proposte e dibattiti, non siamo ancora arrivati all’adozione e all’utilizzo di tassonomie, parametri e criteri uniformi e il più possibile oggettivi


    Non si può certo trattare il tema della valutazione come misurazione degli ap-prendimenti degli alunni (in tutte le diverse fasi), né tanto meno il discusso tema della valutazione del sistema scolastico e della qualità dell’insegnamento in poche righe, ma quella dell’insegnante di religione è sicuramente una prospettiva interessante, prima di tutto per il fatto di avere molte (moltissime) classi e poi, per il rapporto di dialogo che, generalmente, instaura con gli studenti (o, forse, gli studenti instaurano con lui!).
    La valutazione degli alunni è, infatti, uno dei compiti più delicati e complessi soprattutto nell’attuale contesto della scuola italiana, nel quale, no-nostante innumerevoli proposte e dibattiti, non siamo ancora arrivati all’adozione e all’utilizzo di tassonomie, parametri e criteri uniformi e il più possibile oggettivi.
    Perciò anche all’interno di un singolo Istituto la valutazione rischia di rimanere, spesso, soggettiva e poco comprensibile per gli studenti stessi e, di conseguenza, per le loro famiglie, nonostante il moltiplicarsi di strumenti informativi e di comunicazione.
    In realtà anche questi rischiano di nascere più dall’esigenza di “tutela” del lavoro della scuola, che dalla necessità e opportunità di dialogo e di collaborazione, o dalla possibilità di offrire parametri e occasioni di auto valutazione..
    In questo senso la “debolezza” del sistema scuola, nell’attuale stagione storico-culturale, non è certo di aiuto e la sfida educativa che abbiamo davanti tende a non trovare terreno favorevole, nonostante l’esigenza di una sempre più ribadita collaborazione tra scuola, famiglia e agenzie formative.
    Chi come l’Idr partecipa a molti e diversi consigli di classe si rende conto, toccandola con mano molto frequentemente, della difficoltà di trovare criteri di valutazione condivisi e conformi.
    Questo traguardo rimane troppo spesso lontano perché richiederebbe una impostazione davvero nuova del lavoro tra docenti, che nasce non da imposizioni normative, ma da un cambio di mentalità sostanziale, per arrivare ad una vera collaborazione, ad un lavoro di equipe, a un programmare e verificare insieme, a partire dalla condivisione di risorse e competenze, in un clima di fiducia e di concreta reciprocità.
    Se è abbastanza comprensibile che questo sia difficile per docenti con molti anni di insegnamento, che hanno un’impostazione di lavoro consolidata, rimane più difficile comprenderlo nei giovani che si inseriscono nella scuola oggi.
    Per questo, forse, anche molti tentativi di lavoro diverso (interdisciplinare, a classi aperte, di recupero…), spesso, sono poi insoddisfacenti.
    A quanto detto vorrei aggiungere, come ulteriore motivo di riflessione, il disorientamento che la valutazione può creare nello studente in una fase della vita, come è quello dell’adolescenza, in cui l’autostima, la consapevolezza di sé nella relazione con gli altri, il desideri dell’accettazione e del riconoscimento…sono più forti e fanno parte di quelle tappe necessarie della crescita umana.
    Quante volte parliamo con gli studenti (consapevoli o meno) proprio di valutazione!
    Quante volte vediamo che per loro è difficile comprendere i criteri di giudizio!
    Quante volte ci rendiamo conto che è molto difficile per loro percepire la differenza tra la valutazione del loro “prodotto scolastico”(che la scuola è chiamata a dare) e la valutazione su di loro, come persone, sulle loro potenzialità…
    Può succedere che lo studente al quale sono attribuite valutazioni negative, consideri se stesso incapace o provi disagio all’interno della classe stessa.
    C’è, infatti, sempre un duplice rapporto che il ragazzo deve affrontare nella scuola: da una parte quello con il docen-te/docenti e dall’altro quello con la classe e con i compagni (senza considerare le ricadute che la valutazione scolastica e i risultati ottenuti hanno all’interno delle dinamiche e relazioni familiari!).
    In un processo di crescita e di formazione tutto questo incide notevolmente e crea delle “convinzioni”, degli atteggiamenti, anche comportamentali, determina le relazioni e…di tutto questo troppo spesso non c’è possibilità o voglia di tener conto a sufficienza.
    In una società competitiva, nella quale ciascuno deve essere forte, determinato, “avere successo e farsi strada”…è davvero una sfida difficile e affascinante quella che il docente e l’Idr ha davanti!


    Barbara Pandolfi


    Snadir – venerdì 11 aprile 2008

  • Giornata della memoria: rito o moto del cuore?

    Giornata della memoria:


    rito o moto del cuore?


     


    Nella scuola italiana corriamo molti rischi: il rischio della dispersione, della superficialità, del super-attivismo…


    27gennaio2007.jpgA tutti questi aggiungerei quello della ritualità!


    Rischiamo, cioè, di svilire ogni proposta, anche rilevante, che ogni istituto si trovi a vivere, fino a far diventare tutto adempimento burocratico, noia da rivivere, tassa da pagare e far pagare ai nostri alunni.


    Questo è il rischio che si profila all’orizzonte per la giornata della memoria del 27 gennaio.


    Mano a mano che anche la abilità e le conoscenze stesse dei docenti crescono e si affinano (conoscenze fatte di contatti con organizzazioni, comunità o singole e significative individualità) si vede proporzionalmente svanire l’entusiasmo, trattare il già vissuto, ripetere il già fatto.


    E, di conseguenza, dove manca la riflessione, l’elaborazione, il porsi i problemi, la preparazione preliminare insomma, il risultato finale assume lo spessore appunto del rito non significativo, incapace di incidere nella vita di chi l’ha vissuto. Una attività scolastica come tante altre!


    “Oggi mettiamo in scena la Shoah!”


    E, cospargendo di melassa i banchi e le cattedre dei nostri incontri e delle nostre celebrazioni, attingendo ad un linguaggio afflitto sempre più da autoreferenzialità e superfetazione terminologica, per mascherare la vuotezza dei contenuti, rischiamo di dimenticare l’unicità dell’evento.


    Non dell’evento Shoah (anche se, com’è noto, su questo aspetto la discussione è ancora aperta), ma dell’evento uomo!


    “Chiunque salva una vita, salva un mondo intero!”


    Questa frase del Talmud, nota ormai a molti per la sua utilizzazione nel film sulla Shoah di Spielberg, rivela una prospettiva universalistica di grande portata.


    Non solo, come forse è nell’intenzione dell’autore antico, perché uccidendo una persona si uccidono contemporaneamente tutti quelli che, da lui, potrebbero ancora nascere, ma soprattutto perché noi tutti oggi sappiamo, dopo Husserl e Pirandello, che esiste un “luogo” dove ogni persona vive la sua molteplicità più autentica, il suo “mondo”: il cuore, la mente, la conoscenza che gli altri hanno di lui.


    Nella morte di ciascuno è implicitamente contenuta anche la morte del suo “mondo”, nella vita di chi lo ha conosciuto, di chi, con lui, ha condiviso esperienze ed emozioni, di chi ha visto, in lui,una luce.


    Ecco: la giornata del 27 gennaio, depauperata di esperienze ed emozioni, rischia di non far accendere nessuna luce, di non creare nessun “mondo”, di lasciar davvero spente, nei cuori e nelle menti dei nostri alunni, quelle riserve di emozionalità che la nostra scuola attuale lascia quasi del tutto intoccate.


    Ed a questo punto un’immagine: c’è un luogo, su questa terra, dove delle luci sono rimaste accese, delle piccole luci nel buoi accompagnate da una voce.


    Si tratta della galleria dei bambini allo Yad-vashem (http://www.yadvashem.org), il memoriale sulla Shoah di Gerusalemme.


    In un percorso obbligato, il visitatore è semplicemente avvolto da piccole fiammelle, simbolo di ogni bambino che ha trovato la morte durante il nazismo; la voce registrata ne riporta nome e cognome, età e luogo di origine.


    Per completare l’elenco la voce registrata impiega sei anni!


    Qui il rito finisce!


    Qui il mondo sa ancora contemplare, nell’abisso del dolore, delle piccole luci di speranza, la speranza del ricordo.


    Quelle luci che, spente durante l’oppressione, rimarranno accese finché l’abisso dell’odio  e della malvagità del mondo non riuscirà a sopraffarle.


    Quello è il luogo dove, dicono gli ebrei,”anche Dio piange!”


    Se anche Dio piange di fronte all’immensità del male, abituarsi ad esso diventa complice superficialità, danno educativo, colpevole mancanza.


    So perfettamente quanto sia difficile trovare ogni volta modi per incontrare il cuore dei nostri alunni, ma so altrettanto bene che  l’unica strada per arrivarci passa per la nostra capacità di emozionarci e di condividere.


    Allora forse, anche per noi, come per loro, il 27 gennaio diventerà “giorno di memoria”.


     


    Luigi Cioni


     


    Per la didattica: Unità di apprendimento sul silenzio di Dio e sull’olocausto


     


    giovedì 11 gennaio 2007