SS 2c9- L’arte ebraica

La vita e le sue domande

La storia delle religioni ci documenta come abitualmente gli uomini cerchino di raffigurarsi le divinità in cui credono, e spesso danno loro un volto umano. Ciò non accade per la religione ebraica, che evita ogni raffigurazione antropomorfica del divino. Perché?

Riferimenti ad altri ambiti e discipline

Il popolo ebraico è refrattario verso l’arte figurativa. Il tempio di Gerusalemme, massima espressione artistica dell’antico popolo di Israele, si risolve in architettura con decorazioni, quasi senza immagini (con qualche eccezione: i 12 tori del "mare di bronzo" o i due cherubini sopra l’arca dell’alleanza).

Ciò dipende dal fatto che la religione ebraica ha al centro della sua fede la Parola divina: Ebrei, Cristiani, Islamici sono detti, non a caso, i "popoli del libro". Ma per la religione ebraica e islamica avere l’immagine di Dio è in un certo senso "possedere-catturare" Dio, motivato dal fatto che nessuno mai l’ha visto. I rarissimi casi in cui Dio si mostra all’uomo (Cfr. Mosè) e i modi in cui ciò avviene, sono conferma del fatto che lo sguardo umano non può catturare Dio.

Il pensiero biblico mette in guardia l’uomo dalla sua tendenza idolatrica, che consiste nel raffigurarsi la divinità in forma creaturale, fabbricandolo con le sue mani (Cfr. Sap 13 e 14).

Contenuti specifici

La condanna dell’idolatria da parte dei profeti si rivolge esplicitamente alle immagini delle religioni pagane che tanto suggestionavano il popolo ebraico (Cfr. "hanno occhi ma non vedono": Sal 115,5; 135,16). Da qui un esplicito divieto della Legge a fare immagini della divinità.

Nella concezione cristiana "Nessuno ha mai visto Dio; l’Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, egli ce lo ha fatto conoscere" (Gv 1,18).

Per questo il cristianesimo non si ritiene, in senso stretto, una "religione del libro", ma di Cristo, icona del Padre.

La libertà di raffigurare il divino si è comunque affermata progressivamente nel cristianesimo primitivo, tra le resistenze dei cristiani di origine giudaica. Dopo una prima fase aniconica e prima di arrivare ad una piena liberalizzazione delle immagini si è avuta una fase di passaggio: la raffigurazione puramente simbolica.

La dottrina della Chiesa sull’uso delle immagini sacre è solennemente definita nel II Concilio di Nicea (787 d.C.).

Sintesi fondamentale

Il Dio che si rivela nella storia al popolo eletto è e resta il Santo, il Trascendente, e per questo non può essere rappresentato. Gli Ebrei vedono nelle raffigurazioni artistiche della divinità una pericolosa tendenza all’idolatria. Per i cristiani Dio si è rivelato nella storia in Cristo, che manifesta il Padre. Il mistero dell’incarnazione rende così possibile la rappresentazione artistica del divino.

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