Delineato il nuovo assetto dell'obbligo scolastico

Il 21 maggio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema del decreto legislativo concernente il "Diritto-dovere all'istruzione e alla formazione", che delinea il nuovo assetto dell'obbligo scolastico.
Il decreto, emanato ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c) della legge 28 marzo 2003, n°53, indica in nove articoli i modi per assolvere tale diritto-dovere, attraverso il sistema scolastico, attraverso il percorso della formazione professionale e attraverso l'apprendistato.
Il testo dichiara di voler "ampliare" l'obbligo scolastico sancito dall'art. 34 della Costituzione, nonché l'obbligo formativo (legge 144/99) introducendo il "diritto all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o comunque sino al compimento di una qualifica entro il 18° anno d'età".
Lo scopo dichiarato è quello di far acquisire agli alunni competenze e qualifiche finalizzate alla realizzazione della cittadinanza attiva, che si sostanzia con il diritto all'occupazione resa possibile dalla differenziazione dei percorsi, dalle certificazioni che devono riconoscere le competenze effettivamente acquisite in un sistema flessibile.
Il decreto non prevede alcuna forma di sanzione e quindi nessuna esigibilità pratica per l'assolvimento, considerando il concetto di obbligo una categoria superata, un "ferrovecchio" di altri tempi e riscrivendolo nel senso di un diritto individuale.
Non ci sono dubbi che il contesto normativo del "diritto-dovere" si basa su una matura e responsabile cultura sociale, per cui in un paese in cui tutta la popolazione adulta abbia raggiunto alti livelli culturali di istruzione, il concetto di obbligo debba essere rivisto. Molte ricerche confermano che quanto più alto è il livello di istruzione delle famiglie, tanto più cresce la frequenza scolastica dei figli. Ma non dobbiamo dimenticare che l'Italia paga uno scarto generazionale con altri paesi europei che hanno conosciuto l'obbligo di istruzione già dal 1700. I dati italiani sono inquietanti: un quarto della popolazione adulta ha abbandonato la scuola con la sola licenza elementare e appena il 42% della popolazione 25-64 anni ha conseguito un diploma di istruzione secondaria. In un contesto generale di questo tipo, l'annullamento dell'intervento pubblico rischia di condannare il nostro paese ad un modello "basso" di competitività in Europa. Alla dispersione e all'abbandono va contrapposto un sistema di vigilanza, di controllo e sanzioni che veda coinvolte le competenze di più ministeri (MIUR, Lavoro e Politiche Sociali, Sanità e Interni). Nei contesti che vedono un basso livello culturale, con fenomeni di devianza, micro e macro criminalità, il sistema normativo del diritto-dovere potrebbe risultare assai insufficiente.
Il decreto sul diritto-dovere lascia irrisolti altri problemi, come quello dell'anno vuoto che intercorre tra la fine del primo ciclo e l'inizio dell'apprendistato. Le imprese diventano soggetti formativi senza che si sia stabilita ancora nessuna norma per la costruzione di un vero sistema integrato con precise garanzie definite a livello centrale. Tutto questo dovrebbe essere garantito con i successivi decreti di riassetto dell'istruzione secondaria. Mancano ancora gli standard nazionali (livelli d'istruzione) pertanto nella formazione professionale le Regioni decidono in modo autonomo, delineando quindi, in questa fase transitoria, una diversificazione a livello locale.
Si auspicano urgenti provvedimenti per assicurare in tutta Italia gli stessi livelli d'istruzione, intrecciando, in un percorso integrato, il ruolo delle regioni con l'attività delle scuole.

Sandra Fornai