Un leone d’oro alle donne dell’Iran

Un leone d’oro alle donne dell’Iran


Di: Maria De Falco Marotta & Elisa Marotta


 


JAFAR PANAHI, autore del film Leone d’oro 2000, alla 57.ma Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, che aveva come interlocutori circa 15 giornalisti (o simpatizzanti), durante la sua conferenza stampa sul suo “Dayereh” ( “l cerchio”), non un tipo molto loquace, specie quando si tenta di strappargli dichiarazioni politiche sul  regime tuttora teocratico di Teheran. Nato a Mianch (Iran) nel 1960, ha studiato regia all’Universit del Cinema e della Televisione di Teheran. Prima di esordire nel lungometraggio ha girato diversi cortometraggi e mediometraggi per la televisione iraniana, ed stato aiuto regista di Abbas Kiarostami per Sotto gli ulivi. li suo debutto alla regia, “l palloncino bianco” del 1995, ha riscosso un buon successo di pubblico e critica, vincendo consistenti premi, fra cui la Camera d’or al Festival di Cannes. Nel 1997 “Lo specchio” ha ricevuto il Pardo d’oro al Festival di Locarno, confermando la sua fama di cineasta innovativo e intuitivo.


Mehmet Nuri Yilmaz, presidente degli Affari religiosi della Turchia, ultimamente ha dichiarato: “Sono gli arabi e i persiani che hanno fatto arretrare i diritti delle donne in terra d’islam” Lei cosa ne pensa?


L’Iran per molte donne, una grande prigione a cielo aperto. “l cerchio” un film duro, di denuncia sociale che si limita a raccontare quello che si vede abitualmente. L’Iran un paese turpemente maschilista, pieno di blocchi di polizia, dove le donne per fumare una sigaretta devono nascondersi e dove partorire una femmina considerata una disgrazia. Quando mi nacque mia figlia, mia madre mi annunci la sua nascita come se ci fosse capitata una disgrazia. Rimasi molto sconvolto e pensai che le persone debbono essere valutate per quello che sono, non per il sesso. Ancora oggi, la vita delle nostre donne regolata ,in modo capillare, da norme, leggi, abitudini di un sistema teocratico islamico, fondato su di una struttura religiosa rigidissima che risale ai discendenti di Fatima(la figlia di Maometto) e di Ali (nipote e genero del Profeta).


Il suo film raggelante. l presidente Khatami che pure sembra orientato ad un governo democratico e le varie presenze femminili del vostro Paese in Occidente, offrivano una visione pi aperta della posizione sociale della donna. Non cos?


A modo suo, l’islam, tutela la donna con valutazioni etiche, religiose e sociali completamente differenti dalle vostre e con un concetto diverso di dignit e di libert. Le mie donne, quelle raccontate dal mio film, sono vincolate alle leggi dell’Iran e del Corano, che non permettono a nessuna di girare da sola in citt, di andare all’estero senza il consenso del padre, del marito o di un maschio della famiglia cui appartiene, di indossare vestiti dissimili dalla “divisa” imposta, di vivere, insomma, in modo autonomo. La donna in Iran, considerata un’eterna minorenne.


Perch ha chiamato il suo film “l cerchio”?


 Le otto donne del mio film che vivono storie diverse, nella societ si trovano rinchiuse in un recinto, in un cerchio. I loro punti di partenza e di arrivo sono spesso tragicamente simili.


Il loro mondo fatto di sorveglianza costante, burocrazia e vecchie discriminazioni. Ma questo mondo a loro cos ostile, non pu spegnere lo spirito, la forza e il coraggio del cerchio delle donne, che si passano tra loro il testimone della loro esperienza e che vogliono essere meno discriminate. La loro libert tanto limitata che mi sembrano essere in una grande prigione. Ci non riguarda solo una particolare classe sociale di donne, ma tutte. Come se ogni donna potesse sostituire l’altra in un cerchio che le rende tutte uguali.


Pensa che il suo film di cui ha avuto il visto dalla censura solo 3 giorni prima che si aprisse la 57.ma Mostra di Venezia, possa essere proiettato anche in Iran?


Ho dovuto combattere otto mesi per avere il visto per l’estero. Spero che il mio film, venga visto anche nel mio Paese. Non posso dire nulla sull’accoglienza che avr. Mi auguro solo che la gente possa vederlo.


Ma i film iraniani rispecchiano la realt del Paese? Cosa ne pensa?


L’onest ci impone a riferire che tra la realt e la fiction c’ una notevole differenza. In un certo senso, noi dobbiamo creare storie che gli spettatori si aspettano. Secondo la mia opinione, il cinema deve rispettare le attese degli spettatori.


Secondo lei, c’ una relazione tra poesia e realt?


 E’ ci che devono fare i registi, a cinema. Catturare il feeling che si sprigiona dai nostri cuori, senza frode, e rifletterlo nel linguaggio delle immagini.


Qual stato il punto di partenza del suo film?


Una volta, vidi una vecchia donna seduta su di una panca, col suo portamonete stretto al petto, che guardava nello spazio, quasi in cerca ancora di un “qualcosa”.


La sua immagine , mi ha tormentato a lungo e mi ha spinto a riflettere sulla vita delle donne. Pensai che quella donna, come tutte le altre, era chiusa in un cerchio, da cui era impossibile scappare. La sua immagine mi rimasta a lungo nella mente. Ho anche dedotto che nella nostra societ ciascuno indossa una maschera sulla sua faccia, che non pu rimuovere. A meno che non sia un bambino o bambina che, crescendo, riscopra il suo ruolo e cerchi di essere se stesso.


Gi, ma come si fa in Iran?


Se dovessimo attenerci a come stato accolto “Il cerchio” al Box Office italiano, anche per il tam-tam giornalistico che- purtroppo- coglie solamente l’aspetto appariscente dell’evento, aprendogli, speriamo, una strada verso una cultura che da noi “lontana dagli occhi, lontana dal cuore”, dovremmo compiacerci della curiosit e benevolenza che ha suscitato, sebbene molti laici( ma scorrendo i vari quotidiani del 14 settembre 2000,  solo La Stampa ha gridato allo scandalo per le dichiarazioni forse esagerate del Cardinale Biffi di Bologna che richiama ad essere prudenti nell’allargare le braccia indiscriminatamente, in questo caso politicamente e socialmente, agli islamici- ma avrebbe dovuto precisare arabi e iraniani) sono sempre l a richiamare non solo il comandamento dell’amore di Cristo che nessuno si sogna di trasgredire tra i sensati cristiani, ma anche le normalissime leggi della Costituzione, entrate nel DNA di ogni lattante europeo.


Il fatto, poi, che “Dayereh”(= Il cerchio) che mostra, seppure con un linguaggio visivo diverso dal nostro le difficilissime condizioni di vita delle donne iraniane, sia stato etichettato dai maggiori quotidiani iraniani “Quods” e “Kayhan”, come “oltraggioso” nei confronti del sesso femminile, dovrebbe indurre ad alcune considerazioni(figuriamoci!).


Noi, ne vogliamo proporre almeno un paio.


1)Ci puzza di intrallazzo il fatto che alla Mostra 57 la potente casa del regista M. Makhmalbaf, la “Makhmalbaf Film School” di Teheran, abbia sfornato prima la figlia Samira premiata a Cannes con “Lavagna”, giurata della stessa 57.ma, senz’altro ricca di ingegno e poi la giovane seconda moglie( ma in Iran  non solo ci si pu permettere quattro mogli, ma anche quelle di “godimento”, quantunque le lotte femministe siano approdate ad un nullo di fatto) Marziyeh Meshkini che con il suo film “Il giorno in cui sono diventata donna” ha mietuto moltissimi premi collaterali a quelli ufficiali.


Mohsen, un “amicone”: ti abbraccia con facilit, specie se le tue domande sono in linea col suo credo. Lui stato un rivoluzionario “prima maniera”. Cio Khomeinista duro e puro, un po’ come quelli italiani che si sono addolciti con il business(e quello del cinema conviene, eccome!).


E’ sicuramente in atto una strategia politica, orientata alla democrazia e le “donne” che l sono ancora le pi oppresse, fanno spettacolo in occidente, con le loro storie umane, prive di sesso e violenza, ma piene di tenacia e di costanza. Tant’ che il Presidente della Giuria Internazionale, il regista statunitense Milos Forman(“Qualcuno vol sul nido del cuculo”), alla fine della vorticosa Kermesse cinematografica ha dichiarato che “nessuna delle opere presentate aveva quei caratteri di originalit e creativit da meritare il Leone d’oro”.


Tanto, valeva assegnarlo ad una storia di donne, ritenuto anche che l’occidente per “camminare”, ha bisogno del medioriente petrolifero(e l’Iran, potentissimo, con la sua alta gerarchia religiosa, un po’ come il Papa ).


Secondo, vorremmo riportare una dichiarazione di un famoso giurista internazionale, SAMI ALDEEB ABU SAHLIEH,PROF. DI DIRITTO ISLAMICO, ISTITUTO SVIZZERO DI DIRITTO COMPARATO, LOSANNA, sulla posizione delle donne nell’Islam che sia pure nella sua variegata espressione legale, immutabile.


A meno che non si modifichi il Corano.


Eccola:


In pi occasioni, abbiamo conosciuto delle donne musulmane(F. Ashemi che in Iran potentissima e ultimamente, le figlie del regista M.Makhmabalf che fanno cinema e la sua  stessa seconda moglie; Assia Djabar .) che stanno lottando nei loro Paesi per raggiungere l’uguaglianza con l’uomo, quindi presumibile che anche le norme giuridiche che le riguardano, saranno aggiornate. Cosa ne pensa?


In occidente e anche in altri paesi, compresi alcuni musulmani, la donna ha lottato e lotta per avere gli stessi diritti dell’uomo. In altri come il Kuwait ,l’Afghanistan, l’Iran, ne viene privata nel nome delle norme religiose islamiche. Nel Corano che il libro sacro ed inviolabile dell’intera Umma ( la comunit di tutti i musulmani del mondo, circa un miliardo e mezzo di persone), perch Parola increata di Dio, assolutamente immodificabile, istituita l’autorit dell’uomo sulla donna: “Gli uomini hanno autorit sulle donne , in virt della preferenza che Dio ha accordato loro e a causa delle spese sostenute per assicurarsene la compagnia”(Corano 4:34). Cos da figlia la donna sottomessa all’autorit del padre che pu darla in matrimonio senza il suo consenso, mentre per sposarsi il consenso paterno o del tutore maschio, necessario. Da sposata, sottomessa all’autorit del marito che pu impedirle di uscire di casa, lavorare e obbligarla a portare il velo, essendo considerata oggetto di tentazione suprema( pare che Maometto abbia detto: Non ho lasciato dopo di me una tentazione pi nociva per gli uomini delle donne”. Infatti, ne spos una decina).Il padre, o il marito o un tutore maschio, pu vietarle di andare a cinema, a ballare, sulla spiaggia e di praticare attivit sportive. Pu opporsi al fatto che i figli seguano certi corsi (es: educazione sessuale, anatomia.) e frequentino classi miste, pu iscriverli a scuole adeguate alla sua religione, senza che la moglie possa consigliare diversamente.. Spesso, nelle case musulmane, la moglie e le figlie, non mangiano, n parlano con ospiti stranieri e per andare all’estero, hanno bisogno dell’assenso legale del marito o del padre.


Difatti, a Venezia, dove si svolge il festival del cinema pi romantico ed affascinante del mondo, Samira e Marziyeh, le due donne iraniane pi popolari della fiction, vestite severamente di nero( ma questo ha un fascino indescrivibile), acclamatissime, festeggiatissime con il Leone d’oro, Jafar Panahi, erano “controllate” a vista.


E provate a dimostrare il contrario.


 


Maria de falco Marotta & Elisa Marotta


 

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