Repubblica e Unità: il solito monotono attacco ai docenti di religione
La Repubblica e l’Unità dell’8 ottobre scorso hanno riproposto la questione dell’accesso nella scuola pubblica degli insegnanti di religione, già sollevata tempo fa da un deputato del partito radicale.
A nostro giudizio la Legge n. 186 del 2003, a seguito della quale è stato bandito, da parte del Ministero dell’Istruzione, il concorso pubblico per l’accesso in ruolo, definisce e chiude ogni perplessità. In Italia per diventare insegnante di religione occorre oggi una doppia formazione, quella relativa agli studi di scienze religiose, accompagnata da un’ attestazione da parte del vescovo, e quella relativa alla legislazione scolastica, accertata dalle commissioni di concorso di nomina ministeriale.
D’altra parte anche le norme pattizie inerenti ai rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica, riferite ai principi di indipendenza e sovranità affermati dall’art. 7 della Costituzione, sono a pieno titolo nel quadro dell’ordinamento giuridico.
L’articolo ripiega poi, in maniera piuttosto confusa, su una ulteriore questione: la disparità di trattamento retributivo. Il nostro sindacato da sempre ha auspicato una revisione del trattamento economico di tutti i precari, affinché, anche per loro, sia resa possibile una prima forma di progressione economica di carriera.
Ufficio Stampa Snadir
Snadir – giovedì 9 ottobre 2008
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