I S T R U Z I O N E (7a)
GIOVEDI’ 11 NOVEMBRE 1999
365a Seduta (pomeridiana)
Presidenza del Presidente
OSSICINI
La seduta inizia alle ore 15,15.
AFFARE ASSEGNATO
La politica del Governo in ordine all’insegnamento della
religione cattolica previsto dal Concordato tra l’Italia
e la Santa Sede
(Esame, ai sensi dell’articolo 50, comma 2, del Regolamento
e rinvio)
Il relatore BRIGNONE premette una duplice avvertenza,
precisando che la materia oggetto della sua relazione concerne
l’insegnamento di religione cattolica – non gi il distinto
profilo dello stato giuridico degli insegnanti di quella
disciplina, oggetto di apposite iniziative legislative di
cui la Commissione ha avviato l’esame in sede referente
| e che si atterr esclusivamente, nella sua ricostruzione
storica, ai fatti e alle norme, cos come interpretati nel
corso del tempo.
Menziona quindi succintamente la configurazione giuridica
dell’insegnamento della religione in Europa, anche alla
luce dei progressivi rivolgimenti politici che hanno investito
l’area dei regimi comunisti, risoluti nell’escludere tale
insegnamento. Da uno sguardo d|insieme sui vari sistemi
di insegnamento religioso vigenti in Europa, si evince che
in buona parte del sistema educativo pubblico non universitario
previsto uno spazio all|interno della scuola (all|interno
o fuori dall|orario scolastico) destinato all|insegnamento
della religione, che investe tutte le confessioni e comincia
a considerare anche le religioni extraeuropee. In alcuni
Stati esiste un fondamento costituzionale che garantisce
l|insegnamento religioso nella scuola, sia pure in forme
diverse. Soprattutto, in quasi tutti i sistemi sono presenti
la libert di scelta riconosciuta ai genitori e agli alunni
e l|equiparazione dell|insegnamento della religione alle
altre discipline (fa eccezione la Francia, il cui sistema
non prevede l|insegnamento della religione tra le materie
curriculari, ma soltanto il prestito dei locali scolastici
per tale attivit). E| frequente, inoltre, anche il rinvio
all|autorit ecclesiastica di alcune competenze (accompagnate
da meccanismi di collaborazione tra Stato e autorit religiose
mediante la stipulazione di accordi), quali la nomina degli
insegnanti, la definizione dei programmi e la scelta dei
libri di testo.
Procede indi a una ricognizione storico-giuridica dell’insegnamento
di religione cattolica in Italia, dalla legge Casati al
Concordato del ’29.
La legge Casati del 1859 (rimasta in vigore sostanzialmente
fino al 1923) assolse il compito di unificare l|ordinamento
dell|istruzione sottraendo le scuole alla dipendenza dall|autorit
ecclesiastica. L|insegnamento della religione, obbligatorio
anche nelle secondarie, vi figurava al primo posto nell|elenco
delle materie di studio; il parroco competente per territorio
esaminava semestralmente gli allievi ed era prevista la
dispensa previa domanda scritta dei genitori e con firma
autenticata. Programmi e orari dell|insegnamento della religione
(in orario di lezione) erano fissati da regolamenti e ordinanze.
Dopo l|unificazione e l|assunzione da parte dello Stato
del compito dell|istruzione pubblica, emerse in Italia il
problema giuridico dell|insegnamento della religione, poich
la Chiesa contestava sia la competenza esclusiva dello Stato
nella scuola, sia l|intento di sottrarla alla sua influenza,
realizzando un sistema educativo privo di componenti religiose.
Negli anni dei Governi della Destra storica si susseguirono
i provvedimenti tendenti a ridurre il peso dell|insegnamento
della religione nelle scuole di Stato. Nel 1862 una legge
escluse dagli aumenti stipendiali i professori delle facolt
teologiche, i quali l|anno successivo non vennero pi sostituiti
man mano che lasciavano l|insegnamento. Il regolamento del
1865 per le scuole secondarie configurava la disciplina
pi come un esercizio di culto che come una materia vera
e propria e pertanto, pur confermando l|insegnamento della
religione, ne demandava l|attuazione a norme piuttosto generiche.
Nei programmi e istruzioni del 1867 il ministro Coppino,
pur senza abrogare l|insegnamento della religione cattolica,
non ne fece pi espressa menzione; di conseguenza alcuni
Comuni interpretarono il silenzio come abolizione. Il 29
settembre 1870 (nove giorni dopo la breccia di Porta Pia)
la circolare Correnti rese facoltativo l|insegnamento religioso
nelle scuole elementari.
Negli anni fra il 1876 e il 1908, nella legge Coppino (che
rendeva obbligatoria l|istruzione primaria), nei regolamenti
e nei regi decreti, pur tra nebulosit (poich nulla nella
legge Coppino veniva esplicitamente detto dell|insegnamento
della religione cattolica) e contraddizioni regolamentari
e giurisprudenziali, comparve, quasi in sostituzione dell|insegnamento
della religione cattolica, l|insegnamento delle |prime nozioni
dei doveri dell|uomo e del cittadino|. Ai comuni rimaneva
comunque l|obbligo di fornire l|insegnamento di religione
cattolica se richiesto dai genitori.
Il regio decreto 6 febbraio 1908, n. 150, stabil che l|insegnamento
della religione cattolica fosse impartito nelle scuole elementari
a cura del comune se la maggioranza del consiglio era favorevole;
altrimenti che fosse a carico dei genitori in locali messi
appositamente a disposizione. Per tale motivo Bissolati
ripropose in Parlamento la seguente mozione, gi presentata
e respinta l|anno precedente: |La Camera invita il Governo
ad assicurare il carattere laico della scuola elementare,
vietando che in essa venga impartito, sotto qualsiasi forma,
l|insegnamento religioso|. Tale mozione fu dibattuta lungamente
(dal 18 al 27 febbraio) con l|intervento di ben 44 deputati
di varie appartenenze politiche. La mozione fu nuovamente
respinta, fu per approvato un ordine del giorno che confermava
il su citato regio decreto del 1908.
Il primo serio confronto tra cattolici e socialisti sui
problemi della scuola avvenne nel 1911 (in quell’anno, tra
l’altro, il Consiglio di Stato escluse che l|insegnamento
di religione cattolica potesse essere svolto durante l|orario
scolastico). Soprattutto, la legge 4 giugno 1911, n. 417
Daneo-Credaro (Ministri della pubblica istruzione fra gli
anni 1909 e 1911), sanc il passaggio della scuola elementare
dai comuni allo Stato, sottraendo di fatto l|insegnamento
della religione cattolica al controllo dei consigli comunali,
gi previsto dal citato regio decreto. L|itinerario parlamentare
di questa legge si protrasse per circa un anno, anche perch
in sostanza essa contrapponeva la difesa della laicit della
scuola di Stato negli anni in cui i cattolici si riaffacciavano
alla vita politica. Infatti, pur essendo rimasto in vigore
nelle elezioni del 1909 il non expedit, i cattolici
ebbero ugualmente una ventina di candidati eletti e contribuirono
inoltre, in molti collegi, al successo dei candidati conservatori
o moderati che dimostrassero, tra l’altro, di essere contrari
ad una scuola |essenzialmente ed assolutamente laica|. Si
noti altres che il non expedit vietava il voto e
la candidatura politica e non gi il voto e la candidatura
amministrativa; di qui, anche, la battaglia sulla legge
Daneo-Credaro, poich nei consigli comunali erano presenti
molti cattolici i quali, fin dagli inizi dell|attivit dell|Opera
dei Congressi, rivendicavano il diritto naturale delle famiglie
a scegliere l|indirizzo educativo dei loro figli.
Erano comunque gli anni del tramonto della visione puramente
laicista della scuola. E’ significativo che, alla vigilia
delle elezioni del 1913, due dei sette punti del Patto Gentiloni
fossero esplicitamente dedicati alla scuola. I risultati
di quella tornata elettorale rafforzarono l’impegno dei
cattolici per porre riparo alla sconfitta subita con l|approvazione
della legge Daneo-Credaro. Del resto, non risultavano regolamenti
o provvedimenti che avessero esplicitamente abolito gli
articoli della legge Casati che prevedevano l|istruzione
religiosa sia nella scuola elementare sia in quella secondaria.
Tale attenzione alla scuola sar confermata dal Partito
popolare, fin dalla sua costituzione nel 1919: nel documento
in cui erano sintetizzate le premesse ideologiche, era presente
un paragrafo dedicato a |libert religiosa ed insegnamento|.
Giovanni Gentile, appena chiamato da Mussolini al Ministero
della pubblica istruzione, deline prontamente l|impostazione
del suo progetto di riforma scolastica dichiarando, il 28
dicembre 1922, che intendeva fare dell|insegnamento religioso
il principio fondamentale del sistema di educazione pubblica
e della restaurazione morale degli italiani. Conseguentemente
l|insegnamento di religione sarebbe stato introdotto nelle
scuole elementari non solo per gli alunni che ne avessero
fatto richiesta, ma per tutti gli alunni i cui genitori
non avessero richiesto motivatamente l|esenzione. Le assicurazioni
gentiliane furono seguite da incontri fra il Governo fascista
e la Santa Sede, la quale desiderava che fosse accolta l|esigenza
della Chiesa che l|idoneit dei maestri a impartire l|insegnamento
della religione non fosse riconosciuta da altri che dall|autorit
ecclesiastica.
La riforma scolastica di Gentile fu promulgata con regio
decreto 1 ottobre 1923, n. 2185. In esso veniva posto |a
fondamento e coronamento dell|istruzione elementare l|insegnamento
della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla
tradizione cattolica da insegnanti reputati idonei dall|autorit
ecclesiastica|. Intervennero successive norme applicative,
a riprova dell|interesse dello Stato per l|insegnamento
di religione, in un ruolo peraltro di |Stato educatore|
(suffragato anche da autorevoli pareri, quale quello di
Croce in |La critica|, 1923, |Sull|insegnamento religioso|).
E’ inoltre a segnalare il Testo unico 5 febbraio 1928, n.
577, che prevedeva all|articolo 27 l|esenzione su richiesta
dei genitori che dichiaravano per iscritto di provvedervi
personalmente.
Fu infine stipulato il Concordato dell|11 febbraio 1929,
reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810, che riprendeva
l’affermazione, sull’insegnamento della religione cattolica
quale "fondamento e coronamento" dell’istruzione
pubblica. Sue disposizioni attuative (recate dalla legge
5 giugno 1930, n. 824) estesero l|insegnamento della religione
dalle elementari alle medie e alle superiori (seppure con
perplessit dello stesso Gentile), con facolt di dispensa.
Non si era tuttavia delineato un esplicito riconoscimento
dell|esonero.
Il relatore procede indi a una ricognizione storica e giuridica
a partire dal secondo dopoguerra.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65) si occup solo
incidentalmente dell’insegnamento di religione cattolica,
peraltro con un innovativo riferimento al pluralismo esistente
nella societ moderna e alla libert religiosa. Nell|et
postconciliare si possono cogliere, in alcuni documenti
emanati dalla suprema autorit ecclesiastica, un atteggiamento
di apertura e di dialogo, cos come una pi avvertita consapevolezza
da parte della Chiesa della laicit dello Stato e delle
competenze che gli sono proprie, nonch della necessit
di inquadrare l|istruzione religiosa nella tutela della
libert di scelta religiosa. Non a caso, nei lavori relativi
alla revisione del Concordato lateranense fu particolarmente
approfondita, oltre alla questione della libert di avvalersi
dell|insegnamento di religione cattolica, quella della libert
di non avvalersi.
L|avvio, dopo il 1976, delle procedure di revisione del
Concordato lateranense con l|istituzione di un|apposita
Commissione, rilanci vivacemente il dibattito sull|insegnamento
di religione cattolica, sia in Parlamento sia nell|opinione
pubblica e nel mondo della scuola. In quegli anni si venne
altres elaborando, attraverso un ampio confronto anche
nello stesso ambito cattolico, la tesi della |cultura religiosa|.
Si giunse infine alla definizione del nuovo sistema di insegnamento
di religione cattolica. Rilevano al riguardo, in primo luogo,
le disposizioni | di cui d lettura | recate dall’articolo
9, numero 2, della legge 25 marzo 1985, n. 121 (|Ratifica
ed esecuzione dell|accordo, con protocollo addizionale,
firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni
al Concordato lateranense dell|11 febbraio 1929 tra la Repubblica
italiana e la Santa Sede|), in cui sancito il riconoscimento
da parte della Repubblica del "valore della cultura
religiosa| e che |i principi del cattolicesimo fanno parte
del patrimonio storico del popolo italiano|, insieme all’impegno
a continuare ad assicurare "nel quadro delle finalit
della scuola", l’insegnamento di religione cattolica
nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine
e grado. Illustra analiticamente tali previsioni, sulla
scorta delle diverse bozze e stesure che ebbe l’accordo
primo della sua definitiva stipulazione. Illustra altres
le formulazioni succedutesi circa il diritto di scegliere
se avvalersi o meno dell|insegnamento di religione cattolica,
anch’esso sancito dall’articolo 9, numero 2, della stessa
legge.
La medesima legge n. 121 reca un Protocollo addizionale,
del quale il punto 5 | di cui d lettura | riferito all|articolo
9 sopra citato. Vi si prevede, tra l’altro, che l|insegnamento
della religione cattolica nelle scuole sia impartito – in
conformit alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della
libert di coscienza degli alunni – da insegnanti riconosciuti
idonei dall|autorit ecclesiastica, nominati, d|intesa con
essa, dall|autorit scolastica. Ivi si rinviano a una successiva
intesa tra le competenti autorit scolastiche e la Conferenza
Episcopale italiana (poi eseguita con decreto del Presidente
della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, ove compare fra
l’altro menzionato l|intento dello Stato di dare una nuova
disciplina dello stato giuridico degli insegnanti di religione)
la determinazione dei programmi d|insegnamento della religione
cattolica per i diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche;
le modalit di sua organizzazione, anche in relazione alla
collocazione nel quadro degli orari delle lezioni; i criteri
per la scelta dei libri di testo; profili della qualificazione
professionale degli insegnanti.
Da tale disciplina, emerge una concezione diversa rispetto
al passato della cultura religiosa da parte dello Stato,
il quale rende altres disponibili spazi per lo studio delle
altre religioni e pi ampiamente del fatto religioso. Sono
garantiti, a un tempo, il diritto di scegliere se avvalersi
o non avvalersi dell|insegnamento di religione cattolica
e il carattere confessionale di quell’insegnamento, il cui
contenuto specifico consiste nel fornire agli studenti la
conoscenza del cattolicesimo, della cui dottrina depositaria
la Chiesa cattolica. Peraltro l’insegnamento accessibile
a tutti indipendentemente dall|appartenenza religiosa, laddove
la precedente formulazione |fondamento e coronamento dell|istruzione
pubblica| pareva sottintendere invece una necessaria adesione
alla religione cattolica.
Il relatore ricorda poi che parallelamente all|Accordo con
la Chiesa cattolica, lo Stato ha concluso Intese con le
confessioni di minoranza (Tavola Valdese nel 1984, Unione
Italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7 giorno
e le Assemblee di Dio in Italia nel 1986 e rese esecutive
nel 1988, Unione delle Comunit Ebraiche italiane nel 1987
e resa esecutiva nel 1989, Unione Cristiana Evangelica Battista
nel 1995, Chiesa Evangelica Luterana in Italia nel 1995).
L|Intesa tra l|Autorit scolastica italiana e la CEI, resa
esecutiva dal ricordato decreto del Presidente della Repubblica
n. 751, ha determinato gli specifici contenuti per le materie
previste dal punto 5, lettera b), del Protocollo
addizionale.
I programmi devono collocarsi nel quadro delle finalit
della scuola e sono adottati per ciascun ordine e grado
di scuola con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministro della pubblica istruzione previa intesa
con la CEI, ferma restando la competenza esclusiva di quest|ultima
a definirne la conformit con la dottrina della Chiesa.
Eventuali modifiche dei programmi potranno essere determinate,
su richiesta di ciascuna delle parti, con le medesime modalit.
Il comma 3 dell|articolo 1 dell|Intesa impegnava inoltre
le due parti a ridefinire entro due anni i programmi dell|insegnamento
della religione cattolica tenendo conto della revisione
dei programmi delle altre discipline e a definire gli orientamenti
della specifica attivit educativa in ordine all|insegnamento
della religione cattolica nella scuola materna. In tale
scuola, ricorda il relatore, sono previste sessanta ore
complessive annue |per specifiche ed autonome attivit educative
in ordine all|insegnamento della religione cattolica|, da
svolgere con modalit particolari, consone a tale tipo di
scuola.
Il decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987,
n. 204, ha stabilito, entro i nuovi programmi didattici
per la scuola primaria e recependo le proposte della CEI,
natura, finalit, obiettivi, contenuti, indicazioni metodologiche
dell|insegnamento della religione cattolica nelle scuole
elementari. Il decreto del Presidente della Repubblica 21
luglio 1987, n. 350, reca invece i programmi dell|insegnamento
in questione nella scuola media, adottando metodi, didattica,
programmazione analoghi a quelli delle altre discipline,
con le quali concorre al raggiungimento delle finalit comuni.
Nella scuola secondaria superiore i programmi di religione
formulati dalla CEI sono stati emanati con decreto del Presidente
della Repubblica 21 luglio 1987, n. 339. Pur adeguandosi
al diverso grado di studi, recano un|impostazione analoga
a quella delle medie inferiori sia negli obiettivi sia nelle
modalit. L|insegnamento della religione cattolica deve
quindi offrire contenuti e strumenti specifici per una lettura
della realt storico-culturale in cui vivono gli alunni,
venire incontro ad esigenze di verit di ricerca sul senso
della vita e contribuire alla formazione della coscienza
morale. Gli allievi dovranno inoltre maturare capacit di
confronto tra il cattolicesimo e le altre religioni, rispettando
le diverse posizioni che le persone assumono in materia
etica e religiosa, passando gradualmente dal piano delle
conoscenze a quello della consapevolezza e acquisendo capacit
di meglio riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita
civile della societ italiana ed europea. Il riordino dei
cicli scolastici, attualmente all|esame del Senato | nota
al proposito il relatore | comporter la ridefinizione dei
contenuti e conseguentemente dei programmi delle varie discipline,
fra cui anche l|insegnamento in esame.
Nel complesso | conclude sul punto | si pu affermare che
i programmi di religione, richiamando spesso le esperienze
personali degli alunni, sottolineano le finalit della scuola
in una prospettiva interdisciplinare senza invadere propriamente
il campo delle altre materie e si propongono la maturazione
degli allievi affinch siano in grado di operare scelte
responsabili.
Passando al tema della scelta dei libri di testo, il relatore
ricorda che la relativa disciplina contenuta nel comma
3 dell|Intesa. I testi per l|insegnamento della religione
cattolica sono equiparati a tutti gli altri testi scolastici,
anche per le modalit di adozione, che avviene su proposta
dell|insegnante di religione e delibera dell|organo scolastico
competente. Devono per essere provvisti preventivamente
del nulla osta della CEI e dell|approvazione dell|Ordinario
diocesano.
Il relatore si sofferma quindi sulle modalit di organizzazione
dell|insegnamento della religione cattolica, anche in relazione
alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni.
Poich su questo argomento si sono verificati intensi dibattiti
parlamentari nel corso della X Legislatura, sentenze, ricorsi,
illustra puntualmente quanto recita in merito l|Intesa,
comprese le modifiche recate dal decreto del Presidente
della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202.
Il diritto di avvalersi o meno dell|insegnamento della religione
cattolica e la conseguente tutela del diritto alla libert
religiosa senza discriminazioni | ricorda poi | determinarono
un tempestivo e approfondito dibattito parlamentare, dal
quale scatur una risoluzione (approvata dalla Camera il
15 gennaio 1986) volta ad impegnare il Governo a realizzare
detta tutela assicurando lo svolgimento di attivit didattiche
alternative e a predisporre moduli distinti dalla pagella
per la valutazione dello specifico profitto. Successivamente
le circolari del Ministero della pubblica istruzione hanno
definito dettagliatamente tutta la disciplina della tutela
del diritto di libert di scelta; tuttavia si sono verificati
contenziosi e dibattiti parlamentari, specie nel corso della
X legislatura, in particolare sull|interpretazione delle
nozioni di alternativit e facoltativit dell|insegnamento
della religione cattolica e sulle conseguenti formule organizzative
da adottare, anche in relazione alla predisposizione dell|orario
delle lezioni.
Mentre il diritto garantito a ciascuno di scegliere se avvalersi
o non avvalersi dell|insegnamento della religione cattolica
determina un|alternativa rappresentata esclusivamente dal
frequentare o non frequentare la materia in oggetto, il
diritto di non avvalersi riveste invece accenti diversi,
anche sotto il profilo sostanziale, distinguendosi a seconda
delle Intese con le altre confessioni religiose. Il relatore
osserva quindi che, nelle more di uno specifico intervento
legislativo, l|attivit alternativa riveste soprattutto
carattere scolastico e le circolari ministeriali si limitano
a suggerimenti di contenuto ai competenti organi della scuola.
Nell|attuale ordinamento scolastico e in attesa del riordino
dei cicli pare che la questione della cosiddetta attivit
alternativa abbia perso parte della sua attualit e del
suo interesse, nonostante vicende giurisprudenziali che
si accompagnarono ai vivaci dibattiti parlamentari della
X legislatura.
In materia, merita per riferire brevemente circa tre sentenze
pronunciate dalla Corte costituzionale nel 1989, nel 1991
e nel 1992, le quali hanno rigettato costantemente le questioni
di legittimit costituzionale e precisato la condizione
giuridica dei "non avvalentisi".
Nella sentenza n. 203 del 1989 la Corte costituzionale ravvisa
tra i principi supremi dell|ordinamento costituzionale quello
della laicit dello Stato, quale uno dei profili della forma
di Stato delineata nella Costituzione. In quanto tale, esso
ha valenza superiore rispetto alle altre norme e leggi,
anche di rango costituzionale. Le disposizioni concordatarie
– pur godendo della particolare copertura costituzionale
fornita dall|articolo 7 della Costituzione – debbono risultare
conformi a tale principio.
Ne consegue altres una duplice specificazione di divieto:
che i cittadini siano discriminati per motivi di religione;
che il pluralismo religioso limiti la libert negativa di
non professare alcuna religione. Il principio di laicit
| prosegue la Corte | non implica per indifferenza dello
Stato alle religioni: piuttosto da intendere alla stregua
di garanzia dello Stato per la salvaguardia della libert
di religione, in regime di pluralismo confessionale e religioso.
A detta della Corte, l|insegnamento di religione cattolica
nelle scuole di Stato non universitarie di ogni ordine e
grado non collide con il principio di laicit dello Stato.
L|insegnamento di religione cattolica non infatti impartito
sulla scorta di scelta ideologica o confessionale dello
Stato, bens in base a due ordini di valutazioni: il valore
formativo della cultura religiosa, sotto cui s|inscrive
non pi una religione, ma il pluralismo religioso della
societ civile; l|acquisizione dei principi del cattolicesimo
al patrimonio storico del popolo italiano.
Innanzi a un insegnamento di religione positiva (impartito
in conformit alla dottrina della Chiesa, secondo quanto
recita il punto 5 del Protocollo addizionale), non pu non
rimanere fermo il rispetto della libert di coscienza e
della libert educativa dei genitori, costituzionalmente
tutelate. Lo Stato laico pertanto accoglie e garantisce
l|autodeterminazione dei cittadini, mediante il riconoscimento
di un diritto soggettivo di scelta se avvalersi o non avvalersi
del predisposto insegnamento della religione cattolica.
Si tratta di vero e proprio diritto soggettivo. Ne sono
titolari i genitori e, per le scuole secondarie superiori,
direttamente gli studenti. Per quanto concerne la non obbligatoriet
delle materie alternative, la Corte afferma testualmente
che "la previsione come obbligatoria di altra materia
per i non avvalentisi sarebbe patente discriminazione a
loro danno, perch proposta in luogo dell|insegnamento di
religione cattolica, quasi corresse tra l|una e l|altro
lo schema logico dell|obbligazione alternativa, quando dinanzi
all|insegnamento di religione cattolica si chiamati ad
esercitare un diritto di libert costituzionale non degradabile,
nella sua seriet e impegnativit di coscienza, ad opzione
tra equivalenti discipline scolastiche|. Dunque i non avvalentisi
dell|insegnamento di religione cattolica riceverebbero,
a giudizio della Corte, condizionamento nell|esercizio della
libert costituzionale di religione, ove la frequenza di
un insegnamento alternativo fosse per essi obbligatoria.
Con la sentenza n. 13 del 1991, la Corte Costituzionale
forniva una precisazione ulteriore circa lo stato di non-obbligo
degli studenti non avvalentisi dell|insegnamento della religione
cattolica. Si trattava, in particolare, di stabilire se
lo stato di non-obbligo avesse tra i suoi contenuti anche
quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola durante
l|ora di insegnamento della religione cattolica. |Alla stregua
dell|attuale organizzazione scolastica – rilevava la Corte
– innegabile che lo stato di non-obbligo pu comprendere,
tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi
o assentarsi dall|edificio della scuola|. Era dunque costituzionalmente
illegittimo un obbligo di presenza passiva imposto ai non
avvalentisi.
Inerenti al carattere facoltativo dell|insegnamento della
religione cattolica, rimanevano da chiarire i profili relativi
alla sua collocazione nell|ambito dell|orario scolastico.
Con la medesima sentenza n. 13 del 1991, la Corte doveva
dare risposta all|eccezione d|incostituzionalit (almeno
per la scuola elementare, dove il tempo-scuola predeterminato)
circa l|insegnamento nella fascia di orario obbligatorio,
da cui conseguirebbe l|impossibilit, per i non avvalentisi,
di seguire per un tempo corrispondente l|ordinaria attivit
didattica. Tale riduzione, per i non avvalentisi, del tempo
destinato all|ordinaria attivit didattica in corrispondenza
dello svolgimento dell|insegnamento della religione cattolica,
era eccepito come discriminatorio. La Corte replicava in
senso contrario, non ravvisando illegittimit della collocazione
dell|insegnamento della religione cattolica nell|ordinario
orario delle lezioni. In definitiva, la Corte costituzionale
mostrava di intendere tale materia, relativa alla collocazione
dell|insegnamento della religione cattolica nell|orario
scolastico, come rimessa alla discrezionalit del potere
esecutivo o alla valutazione dl legislatore. Tale implicito
orientamento era dalla Corte ribadito nella sentenza n.
290 del 1992.
Tornando ai dibattiti parlamentari, il relatore ricorda
che, nel corso della X legislatura, furono presentate presso
la Camera dei deputati alcune risoluzioni sulla scorta della
prima giurisprudenza amministrativa insorta in merito all|applicazione
della legge di revisione del Concordato. Tali risoluzioni
furono discusse presso la VII Commissione della Camera dei
Deputati nel settembre 1987, senza peraltro giungere ad
approvazione.
Da parte delle forze politiche di opposizione (Partito comunista,
Partito radicale, Democrazia proletaria) e di altre forze
laiche (Partito repubblicano e Partito liberale) si voleva
impegnare il Governo a dare piena applicazione al carattere
di non obbligatoriet di quell|insegnamento e ad imprimere
conseguentemente all|insegnamento della religione cattolica
una collocazione oraria aggiuntiva ed esterna al quadro
orario comune delle lezioni, onde non creare condizioni
di fatto contrastanti con la libera opzione degli studenti
e delle loro famiglie. Pu dirsi questo l|orientamento comune
alle diverse articolate risoluzioni presentate in materia.
Da parte del Movimento sociale italiano era presentata invece
una risoluzione avente orientamento opposto rispetto a quello
ora citato, proponendo che sia l|insegnamento religioso,
sia quello alternativo fossero collocati in orario curriculare,
con pari dignit con le altre discipline. Fu infine presentata
– ma nemmeno questa giunse ad approvazione – una risoluzione
sottoscritta dai Capigruppo delle forze politiche che sostenevano
il Governo pentapartito dell’epoca. In essa si impegnava
il Governo a presentare un apposito disegno di legge per
regolare la condizione degli studenti non avvalentisi dell|insegnamento
cattolico. Riguardo alla collocazione oraria dell|insegnamento,
si suggeriva, non senza cautela, |di tener conto – fatte
salve le competenze degli organi scolastici locali – delle
esigenze di coloro che se ne avvalgono e di coloro che non
se ne avvalgono|.
Ancora in quella X legislatura, furono presentate in Assemblea
presso la Camera dei deputati alcune risoluzioni, discusse
nella seduta del 10 maggio 1989, che facevano seguito alla
gi ricordata sentenza della Corte costituzionale n. 203
del 1989. In esse si riproponevano, di fatto, le diverse
ispirazioni che gi avevano presidiato alla formulazione
delle risoluzioni precedentemente discusse presso la VII
Commissione di quel ramo del Parlamento. Fu approvata la
risoluzione sottoscritta dalle forze politiche di Governo,
la quale impegnava il Governo |ad elaborare, in tempi utili
ai fini del regolare inizio del nuovo anno scolastico, la
normativa necessaria e a sottoporla al Parlamento."
Il relatore passa quindi al tema della qualificazione professionale
degli insegnanti di religione, ricordando che, mentre nell|articolo
36 dei Patti lateranensi del 1929 la materia era lasciata
alla discrezionalit dell|autorit ecclesiastica, l|Intesa
fra il Ministero della pubblica istruzione e la CEI ha determinato
con precisione i profili della qualificazione professionale
di tale personale. I titoli necessari per l|insegnamento
della religione cattolica nelle scuole statali sono quindi
i seguenti. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado
sono richiesti il titolo accademico in teologia o nelle
altre discipline ecclesiastiche conferito da una facolt
approvata dalla Santa Sede; l’attestato di compimento del
regolare corso di studi teologici in un Seminario maggiore;
il diploma accademico di magistero in scienze religiose,
rilasciato da un Istituto di scienze religiose approvato
dalla Santa Sede; il diploma di laurea valido nell|ordinamento
italiano, unitamente a un diploma rilasciato da un Istituto
di scienze religiose riconosciuto dalla CEI.
Nella scuola materna ed elementare l|insegnamento della
religione cattolica pu essere impartito dagli insegnanti
del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso
degli studi superiori l|insegnamento della religione cattolica,
o comunque siano riconosciuti idonei dall|ordinario diocesano
(successive delibere della CEI hanno stabilito la frequenza
di appositi corsi di aggiornamento). In caso alternativo
pu essere affidato a sacerdoti, diaconi, religiosi in possesso
di qualificazione riconosciuta dalla CEI come da norme precedenti.
Per l|aggiornamento professionale degli insegnanti di religione
cattolica in servizio, il Ministero della pubblica istruzione
e la CEI attuano le necessarie forme di collaborazione nell|ambito
delle rispettive competenze e disponibilit.
Nell|Intesa non sono contemplate norme vincolanti circa
la configurazione giuridica degli Istituti di scienze religiose,
la quale rimessa all|autonomia dell|autorit ecclesiastica.
Il relatore si sofferma poi sullo stato giuridico degli
insegnanti di religione cattolica. Al riguardo, ricorda
che sono all’esame della Commissione diversi disegni di
legge (atti Senato nn. 662-703-1376-1411-2965), per i quali
il relatore Occhipinti ha presentato un testo unificato,
che stato adottato quale testo base per la successiva
discussione. Poich la materia appare complementare rispetto
al tema dell’insegnamento della religione, egli si limita
ad alcune note essenziali, sottolineando per che la pi
recente attivit giurisprudenziale, chiamata precedentemente
a pronunciarsi sulla fisionomia e modalit di organizzazione
dell|insegnamento, si rivolta ora a questioni attinenti
allo stato giuridico degli insegnanti e ai loro diritti.
In particolare, egli richiama il punto 5 del Protocollo
addizionale, che ha introdotto significative differenze
rispetto al Concordato del 1929, disponendo che tutti coloro
che debbono impartire l|insegnamento di religione cattolica
(sacerdoti, religiosi, laici) siano soggetti ad una unicit
di regime consistente nel possesso della |idoneit|. Distinguendo
fra "idoneit" e "abilitazione", esso
ha cos sancito la distinzione delle competenze proprie
di due sovranit non sovrapponibili, essendo l|idoneit
inequivocabilmente un atto interno dell|ordinamento canonico,
mentre l|abilitazione un atto interno all|ordinamento
statuale.
Il relatore richiama poi la delibera CEI n. 41 del maggio
1990, che contiene disposizioni concernenti il riconoscimento
e la revoca dell|idoneit. Al riguardo, egli osserva anzitutto
che il decreto che conclude il giudizio di revoca ha natura
giudiziaria, mentre quello di riconoscimento ha natura amministrativa
( cio un atto certificativo che definisce un rapporto
stabile di comunione e fiducia – fino alla revoca – con
la comunit ecclesiale e con l|Ordinario, finalizzato all|ammissione
della persona dotata delle indicate qualit). La nomina
dell|insegnante di religione cattolica per riservata,
per comune volont, espressa nell|Intesa, alla esclusiva
competenza dell|autorit scolastica ed quindi assoggettata
alla vigente normativa statale. Peraltro, l|Accordo e l|Intesa
non considerano in modo diretto il rapporto esistente tra
insegnanti di religione e organizzazione della scuola pubblica;
sotto tale profilo emerge tuttavia con chiarezza | ad avviso
del relatore | la necessit di collocare l|insegnante di
religione, sotto il profilo giuridico, in una posizione
non emarginata anche sul piano economico.
Egli svolge poi un’accurata disamina della giurisprudenza
relativa allo stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica, con particolare riguardo alla revoca dell|idoneit
e al reclutamento.
Lo stato giuridico degli insegnanti di religione infatti
di competenza dello Stato; tuttavia esso disciplinato
in modo differente rispetto a quello degli altri docenti,
poich l|eventuale revoca dell|idoneit priva di fatto il
docente del diritto di insegnare la religione cattolica.
Sebbene ci si sia raramente verificato, ha dato luogo talvolta
a ricorsi e a pronunce giurisprudenziali, tra cui da ultimo
la sentenza n. 390 del 1999 della Corte costituzionale,
che ha dichiarato non fondata la questione di legittimit
costituzionale sollevata avverso la vigente norma che prevede
l|efficacia annuale della nomina dell|insegnante di religione
cattolica, escludendone cos l|inserimento nell|organico
dei docenti. Gli argomenti addotti dal giudice rimettente
si possono cos riassumere: il riconoscimento dell|idoneit
presuppone una particolare qualificazione professionale
degli insegnanti, attestata dal possesso dei titoli stabiliti
dall|Intesa; con le modifiche dell|Intesa si stabilito
che il riconoscimento dell|idoneit ha effetto permanente,
salvo revoca da parte dell|ordinario diocesano, che presuppone
la grave e accertata carenza dei requisiti (retta dottrina,
testimonianza di vita cristiana, abilit pedagogica) previsti
dal diritto canonico; la norma che stabilisce l|efficacia
annuale della nomina degli insegnanti di religione sarebbe
invece discriminatoria nei confronti degli insegnanti di
religione che, pur facendo parte della componente docente
negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri,
sono deprivati della stabilit, senza che le peculiari caratteristiche
della materia giustifichino un trattamento deteriore rispetto
agli altri insegnanti e dipendenti pubblici in genere; infine,
l|efficacia solo annuale dell|incarico sarebbe in contrasto
con l|esigenza di stabilit intesa come profilo connotante
il diritto al lavoro, cos come lederebbe il principio di
buon andamento dell|amministrazione, che richiede non solo
la preparazione dell|insegnante, ma anche l|esperienza e
la continuit didattica.
Nel giudizio di legittimit costituzionale | ricorda il
relatore | si costituiva l|Ordinario diocesano, chiedendo
che la questione fosse dichiarata inammissibile o manifestatamente
infondata, poich l|incarico annuale | da considerarsi confermato
se permangono le condizioni e i requisiti prescritti | non
lederebbe alcuna aspettativa di stabilit. Conseguentemente,
lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica,
secondo un’interpretazione confermata anche dall|Avvocatura
generale dello Stato, sarebbe quello dell|incarico annuale
stabilizzato, assimilabile a quello a tempo determinato.
In conclusione, la Corte ha dichiarato non fondata la questione
di legittimit costituzionale, convenendo che il conferimento
dell|insegnamento della religione cattolica per incarico
non sia discriminatorio in quanto assimilabile alle assunzioni
a tempo determinato, sempre previste dalla comune disciplina
scolastica. L|incarico annuale inoltre non configurerebbe
una assoluta precariet degli insegnanti di religione cattolica,
in quanto la disciplina vigente prevede che tale incarico
si intenda confermato qualora permangano le condizioni e
i requisiti prescritti e lo assimila al rapporto di lavoro
a tempo indeterminato anche quanto alla progressione economica
di carriera. In sostanza, la Corte ha ritenuto che la disciplina
vigente non sia lesiva del diritto al lavoro n del principio
di buon andamento dell|amministrazione.
Anche la sentenza n. 343 del 1999 | ricorda poi il relatore
| ha toccato profili relativi allo stato giuridico dei docenti
di religione cattolica, in particolare in ordine al loro
reclutamento. Con questa sentenza, la Corte si pronunciata
sulla legittimit costituzionale di norme in materia di
reclutamento del personale della scuola che richiedevano,
tra i requisiti per essere ammessi ai concorsi (per soli
titoli) di accesso ai ruoli del personale docente e per
partecipare ad una sessione riservata di esami di abilitazione
all|insegnamento, un servizio prestato negli istituti e
scuole statali per insegnamenti corrispondenti a posti di
ruolo, svolti sulla base del titolo di studio richiesto
per l|accesso ai ruoli nonch per insegnamenti relativi
a classi di concorso.
Ad avviso di un giudice amministrativo, tali previsioni
erano discriminatorie nei confronti degli insegnanti di
religione, che non potevano partecipare alle sessioni di
abilitazione e ai concorsi riservati, giacch l|insegnamento
da essi prestato non compreso tra quelli relativi a classi
di concorso. Da ci derivava, per il giudice a quo,
la violazione dei principi di eguaglianza e di buon andamento
della pubblica amministrazione.
Anche in questo caso, tuttavia, la Corte ha ritenuto la
questione non fondata osservando che, nel quadro normativo
previgente alla impugnata legge 3 maggio 1999, n. 124 (recante
disposizioni urgenti in materia di personale scolastico),
l|insegnamento non costituiva una generica e comune esperienza
didattica da far valere in ogni settore disciplinare, ma
uno specifico elemento di qualificazione professionale per
impartire l|insegnamento corrispondente al posto di ruolo
cui si intendeva accedere. Difatti, nello stesso contesto
normativo, il legislatore disponeva che il servizio riferito
ad un insegnamento diverso da quello inerente al concorso
non fosse valutato quale titolo.
A giudizio della Corte, nel caso degli insegnanti di religione,
il servizio prestato sulla base di specifici profili di
qualificazione professionale determinati dall|Intesa tra
autorit scolastica e CEI, i quali, di per s, non costituiscono
titolo di accesso ad altri insegnamenti. E’ risultata cos
esclusa la discriminazione ipotizzata dal giudice a quo.
Il relatore si sofferma infine sull’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche delle |regioni di confine|,
ricordando che la lettera c) del punto 5 del Protocollo
addizionale ha inteso espressamente mantenere impregiudicato
il regime vigente in tali regioni, nelle quali la materia
disciplinata da norme particolari. Si tratterebbe del
Trentino-Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia, territori
appartenenti all|Impero austro-ungarico | indi acquisiti
ai confini nazionali a seguito della Prima guerra mondiale
| nei quali, sin dai tempi dell|imperatrice Maria Teresa,
l|insegnamento della religione cattolica era disciplinato
da norme speciali, che ne dettavano l|obbligatoriet salvo
esonero. Le disposizioni vigenti furono mantenute in vigore
anche dopo il Trattato di San Germano del 1919, bench quell|insegnamento
non fosse obbligatorio nello Stato italiano fino alla riforma
Gentile del 1923 per le scuole elementari e al Concordato
del 1929 per le scuole medie.
Pur nell|uniformit cos raggiunta in tutto il territorio
nazionale, rimanevano vigenti nel Trentino-Alto Adige le
disposizioni speciali sulla materia, difformi ad esempio
per quanto riguardava l|orario delle lezioni e la posizione
giuridica degli insegnanti, col di ruolo.
In tempi pi recenti, e di poco precedenti la revisione
del Concordato del 1985, furono emanate le norme di attuazione
dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige riguardanti
la provincia di Bolzano, con disposizioni relative all|ordinamento
scolastico, tra cui in particolare l|obbligatoriet (salvo
esonero) in quella provincia dell|insegnamento di religione
cattolica. Tale previsione venne fatta salva dal menzionato
successivo Protocollo addizionale. Rimane tuttavia dubbio
il regime vigente nella provincia di Trento, per la quale
non erano state emanate, al momento dell|entrata in vigore
della legge del 1985, le norme di attuazione dello Statuto
regionale.
Il relatore ricorda infine che, con la legge del 1962 che
introduceva la scuola media unificata, all|insegnamento
della religione venne assicurata per ogni classe un|ora
settimanale; nel 1965 una circolare ministeriale consentiva
per ai Provveditori di Trento e di Bolzano la possibilit
di fruire nelle scuole medie di due ore settimanali |tenuto
conto della situazione preesistente|. La deroga venne successivamente
confermata nel 1972 ma, a differenza della Diocesi di Bressanone,
quella di Trento non si avvalse di detta possibilit.
Alla stregua di tale ricostruzione, in Alto Adige l’insegnamento
della religione cattolica sembrerebbe rimasto obbligatorio.
Per quanto concerne Trento, nel dibattito politico svoltosi
nel corso della IX legislatura, siffatta interpretazione
fu peraltro recessiva, ritenendosi che gi la disciplina
conseguente al Concordato del 1929 avesse abrogato ogni
norma precedente.
Il PRESIDENTE, a nome dell’intera Commissione, ringrazia
vivamente il senatore Brignone per l’esaustiva relazione
svolta, di straordinario valore culturale. Annuncia altres
che, in considerazione del suo elevato profilo, sar sua
cura inviare il testo integrale al Presidente del Senato
e a tutti i componenti della Commissione.
I senatori OCCHIPINTI e MONTICONE si associano alle parole
di apprezzamento del Presidente.
Il seguito dell’esame quindi rinviato.
SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE
Il PRESIDENTE illustra un calendario dei lavori per le
settimane dal 23 al 26 novembre e dal 30 novembre al 3 dicembre
che, tenuto conto della sospensione dell’attivit del Senato
disposta dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi per
il periodo dal 15 al 19 novembre, assicura priorit di trattazione
ai disegni di legge nn. 4216 e abbinati, di riforma dei
cicli scolastici, e prevede poi il prosieguo dell’esame
dell’affare assegnato relativo all’insegnamento della religione
cattolica, nonch l’espressione del parere, in sede consultiva
su atti del Governo, sulla proposta di nomina del presidente
dell’Istituto geofisico di Trieste e sullo schema di regolamento
recante le caratteristiche dei libri di testo.
Conviene la Commissione.
La seduta termina alle ore 16,45.
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