Precariato: i primi passi del Governo

Il 23 aprile scorso è stata raggiunta un’intesa tra il Governo e le organizzazioni sindacali del comparto “Istruzione e ricerca” che ha posto in evidenza le questioni urgenti per le quali si vuole, a breve, trovare una soluzione.
 
È stata sollecitata l’apertura delle trattative per il rinnovo contrattuale (scaduto a dicembre 2018) e il Governo si è impegnato a garantire il recupero, nel triennio, del potere d’acquisto delle retribuzioni del personale con un avvicinamento alla media dei livelli retributivi degli altri Paesi europei. Ovviamente ci si augura che non si tratterà del solo recupero dell’inflazione ma che si proceda ad una effettiva valorizzazione delle accresciute competenze professionali che la scuola italiana oggi richiede.
 
Circa il precariato, premesso l’impegno del Governo a una regolare indizione dei concorsi per il personale docente, è stato comunque ribadito che saranno individuate adeguate e semplificate modalità per agevolare l’immissione in ruolo del personale docente che abbia maturato almeno 36 mesi di servizio. Tali modalità, tuttavia, non escludono “percorsi selettivi” che lo Snadir/FGU ritiene penalizzanti per gli insegnanti di religione che hanno già superato un pubblico concorso e per coloro che hanno 36 mesi di servizio.
 
Un impegno più netto sembra essere stato assunto dal Governo, al momento, solo sul tema della “regionalizzazione”, con l’intento “a salvaguardare l’unità e l’identità culturale del sistema nazionale di istruzione e ricerca, garantendo un sistema di reclutamento uniforme, lo status giuridico di tutto il personale regolato dal CCNL, e la tutela dell’unitarietà degli ordinamenti statali, dei curricoli e del sistema di governo delle istituzioni scolastiche autonome”.
 
Il Ministro dell’Istruzione, facendo seguito ai contenuti dell’intesa del 23 aprile, ha specificato che si attiveranno tavoli di discussione a partire dal 6 maggio sul reclutamento e sul precariato, seguirà Il 14 maggio il confronto circa le funzioni dei dirigenti scolastici, il 20 si parlerà di nuovo contratto e il 28 di Università e Ricerca e Alta formazione artistica, musicale e coreutica.
 
Il primo incontro (6 maggio 2019), sul tema del precariato (riferito in generale a tutto il personale della scuola), si prospetta non risolutivo: l’idea di attivare dei PAS (percorsi abilitanti speciali)  gestiti dalle Università, ma questa procedura non potrebbe applicarsi agli insegnanti di religione la cui “abilitazione” è da rinvenirsi nella pronuncia del Consiglio di Stato del 1958 che ha equiparato i docenti di religione cattolica agli altri docenti abilitati in virtù dell’idoneità rilasciata dal vescovo competente per territorio, come abilitazione all’insegnamento.
 
Ancora più problematica è la prospettiva di una quota riservata ai precari nelle prossime procedure concorsuali, principio che, se applicato anche agli insegnanti precari di religione lascerebbe il problema del tutto irrisolto considerato che già la quota di organico è limitata al 70% dei posti complessivamente disponibili (legge n.186/2003). Dunque una doppia e discriminate limitazione con la quale, come abbiamo ribadito più volte, le immissioni in ruolo si potranno contare in poche decine per ogni Regione.
 
Risulta evidente che per la condizione precaria degli insegnanti di religione è indispensabile uno stralcio normativo che, come nel caso di altre recenti procedure straordinarie concorsuali legittimamente confermati dalla Corte Costituzionale il 7 u.s., tenga conto che da quindici anni non viene bandito un nuovo concorso e che, riconosciuta la situazione “straordinaria”, si operi con interventi di reclutamento altrettanto straordinari.
 
Si continua, con tutti i mezzi a disposizione delle OO.SS., ad assicurare il nostro impegno affinché tutti gli insegnanti incaricati di religione, che in maniera meritoria hanno profuso la loro professionalità nelle scuole, possano veder soddisfatta la loro esigenza di stabilità lavorativa. Tollerare la condizione di precariato di oltre 15.000 docenti non è più possibile: è una condizione inaccettabile che, come afferma anche Papa Francesco, “uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia”.
 
È tempo allora di riprendere con vigore il percorso avviato su diversi fronti per rimettere al centro della vita politica il tema del lavoro e l’eliminazione del precariato. Non ci stancheremo mai di dirlo: il lavoro precario è espressione di una società soggetta all’arbitrio del potere economico che mortifica la dignità della persona e in quanto tale va combattuto e annientato con tutte le nostre forze.
 
Orazio Ruscica
 
 
Snadir – Editoriale Professione i.r. 5/2019 – 14 maggio 2019, h.19,10

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