Blog

  • Stato_Giuridico_due/Odg_Aula_S_3_06_2003.asp


    SENATO della REPUBBLICA

    Martedì 3 giugno 2003
    406a e 407a Seduta Pubblica

    —————————————————————————–

    ORDINE DEL GIORNO
    alle ore 10

    Seguito delle discussioni generali dei disegni
    di legge:

    1. Omissis
    2. Omissis
    3. Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
      cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine
      e grado (Approvato dalla Camera dei deputati). (1877)
      – EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
      e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica.
      (202)
      – BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
      e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
      (259)
      – BEVILACQUA. – Norme sullo stato giuridico
      degli insegnanti di religione cattolica. (554)
      – SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
      giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
      cattolica. (560)
      – BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
      e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica.
      (564)
      – MONTICONE ed altri. – Norme sullo stato giuridico
      degli insegnanti di religione cattolica. (575)
      – MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato giuridico
      e di reclutamento dei docenti di religione cattolica.
      (659)
      – COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
      degli insegnanti di religione cattolica. (811)
      – TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
      e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
      (1345)
      – ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
      e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
      (1909)
      – Relatore Brignone

    Omissis

  • Stato_Giuridico_due/resoconto_aula_S_03_06_2003.asp

    SENATO DELLA REPUBBLICA
    —————— XIV LEGISLATURA
    ——————

    406a SEDUTA PUBBLICA

    VIDEO
    (Formato RealPlayer)

    RESOCONTO 4

    SOMMARIO E STENOGRAFICO

    MARTEDÌ 3 GIUGNO 2003

    (Antimeridiana)

    _________________

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

    indi del vice presidente SALVI

    ———————————————————————

    RESOCONTO SOMMARIO

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA

    La seduta inizia alle ore 10,02.

    Il Senato approva il processo verbale della seduta antimeridiana
    del 29 maggio.

    Comunicazioni all’Assemblea

    PRESIDENTE. Dà comunicazione dei senatori che risultano
    in congedo o assenti per incarico avuto dal Senato. (v.
    Resoconto stenografico).

    Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

    PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 10,05 decorre il termine
    regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante
    procedimento elettronico.

    Inversione dell’ordine del giorno

    PRESIDENTE. In relazione all’andamento dei lavori delle
    Commissioni 1a e 2a, dispone l’inversione dell’ordine
    del giorno ed il passaggio al seguito della discussione
    dei disegni di legge nn. 1877 e connessi. Sospende brevemente
    i lavori in attesa dell’arrivo dei rappresentanti del
    Governo.

    La seduta viene sospesa alle ore 10,07.

    ——————————————————————————–

    RESOCONTO STENOGRAFICO

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA

    PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,02).

    Si dia lettura del processo verbale.

    MUZIO, segretario, dà lettura del processo verbale
    della seduta antimeridiana del 29 maggio.

    PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale
    è approvato.

    Congedi e missioni

    PRESIDENTE. Sono in congedo i senatori: Amato, Antonione,
    Baio Dossi, Baldini, Bobbio Norbeerto, Bosi, Callegaro,
    Collino, Cozzolino, Cursi, Cutrufo, D’Alì, Mantica,
    Saporito, Sestini, Vegas e Ventucci.

    Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Budin,
    Crema, Danieli Franco, De Zulueta, Gaburro, Giovanelli,
    Greco, Gubert, Iannuzzi, Manzella, Mulas, Nessa, Provera,
    Rigoni e Tirelli, per attività dell’Assemblea
    parlamentare dell’Unione dell’Europa Occidentale.

    Comunicazioni della Presidenza

    PRESIDENTE. Le comunicazioni all’Assemblea saranno pubblicate
    nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.

    Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

    PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno
    essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento
    elettronico.

    Pertanto decorre da questo momento il termine di venti
    minuti dal preavviso previsto dall’articolo 119, comma 1,
    del Regolamento (ore 10,05).

    Inversione dell’ordine del giorno

    PRESIDENTE. Colleghi, in relazione all’andamento dei lavori
    nelle Commissioni 1a e 2a, dispongo l’inversione dell’ordine
    del giorno, nel senso di passare al seguito della discussione
    del disegno di legge n. 1877 e connessi, recante norme sullo
    stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado.

    In attesa del rappresentante del Governo, sospendo la seduta
    per qualche minuto.

    (La seduta, sospesa alle ore 10,07, è ripresa alle
    ore 10,20).

    Seguito della discussione dei disegni di legge:

    (1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)

    (202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica

    (564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica (659)
    MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito
    della discussione dei disegni di legge nn. 1877, già
    approvato dalla Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560,
    564, 575, 659, 811, 1345 e 1909.

    Ricordo che nella seduta antimeridiana del 29 maggio il
    relatore ha integrato la relazione scritta ed è stata
    dichiarata aperta la discussione generale.

    È iscritto a parlare il senatore Monticone. Ne ha
    facoltà.
    MONTICONE
    (Mar-DL-U). Signor Presidente, credo sia opportuno innanzitutto
    esprimere una valutazione positiva in merito alla relazione
    svolta dal senatore Brignone. Egli che è già
    stato nella passata legislatura protagonista della ricerca
    di una strada opportuna per realizzare un migliore ordinamento
    dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
    italiane ha sinteticamente ripreso il tema, spiegando con
    chiarezza alcuni punti essenziali di valore di questa disciplina
    e, nello stesso tempo, l’opportunità per la
    scuola italiana di provvedere ad una stabilizzazione parziale,
    non totale, del personale docente di questa materia.

    Vorrei toccare qui semplicemente quattro brevi punti, che
    poi ovviamente potranno essere sviluppati negli interventi
    durante la discussione degli emendamenti.

    Innazitutto, vorrei riflettere sul fatto che in questa
    sede non mettiamo in discussione la questione dei rapporti
    tra la Santa Sede e l’Italia sull’insegnamento
    della religione, né possiamo mettere in discussione
    gli accordi che sono intervenuti dopo il rinnovato Concordato
    del 1984; si tratta di una questione già definita
    nei suoi termini di rapporti tra la Conferenza episcopale
    italiana e lo Stato italiano e quindi mi pare opportuno
    non procedere, di nuovo, ad una valutazione delle modifiche
    che si devono apportare a questi accordi che è stata
    già oggetto di dibattiti nell’opinione pubblica
    anche cattolica.

    Vorrei osservare che c’è stato per un lungo
    periodo, e tuttora c’è, un filone di pensiero
    anche del mondo cattolico che ritiene che si debba possibilmente
    operare una trasformazione di tale insegnamento nei suoi
    contenuti, nel suo metodo, orientandosi prevalentemente
    verso un insegnamento di storia delle religioni o comunque
    di cultura delle religioni. Se è vero che questa
    corrente è tuttora presente e viva nell’ambito
    cattolico, oltre che in varie forme di pensiero di diversa
    impostazione, credo però che essa non possa esimerci
    dall’affrontare sul piano legislativo la situazione
    quale essa si presenta non solo nella scuola italiana, ma
    anche nel contesto di questo momento storico dell’Europa.

    Mi permetto pertanto di esprimere un parere negativo su
    quelli che sono già stati i dibattiti nella scorsa
    legislatura, ma soprattutto in questa, anche nella nostra
    7a Commissione, concernenti il significato ed il valore
    dell’accordo tra le due parti stipulato, appunto, nel
    1984. Vorrei invece toccare rapidamente gli aspetti culturali
    di questa disciplina, così come essa attualmente
    si presenta.

    Siamo già piuttosto avanti nell’elaborazione
    culturale, da parte del mondo degli insegnanti della religione
    cattolica, oltre che della comunità ecclesiale italiana
    nel suo complesso, per quanto attiene l’indicazione
    di alcune linee di fondo dell’insegnamento della religione
    cattolica nelle scuole. Siamo già avanti, perché
    se si scorrono i testi che vengono utilizzati dagli insegnanti
    di religione – scritti da studiosi importanti, ed anche,
    tra di essi, da alcuni dei migliori e più apprezzati
    insegnanti di religione cattolica – notiamo che tale insegnamento
    rappresenta tutt’altro che una catechesi, un’appendice
    del catechismo che viene offerto dalle comunità ecclesiali
    italiane.

    Si tratta invece di un approccio culturale, certo, all’interno
    della dottrina cattolica (ma, oserei dire più che
    della dottrina cattolica, della cultura cattolica e della
    teologia cattolica) che non esime l’insegnante, e quindi
    gli studenti nelle diverse fasce di età, dal mettersi
    nella linea che il Concilio Vaticano II ha additato nei
    rapporti tra Chiesa e mondo, quindi tra realtà della
    fede cattolica oggi e mondo contemporaneo nella sua evoluzione,
    anche nei suoi atteggiamenti di secolarizzazione, un mondo
    che è ricco di umanità, che è la via
    maestra per ogni religione, in particolare, ovviamente,
    per la religione cattolica.

    Credo cioè che il livello culturale (certo, poi
    ci saranno degli aspetti di singole persone, di particolari
    ambienti) dell’insegnamento della religione cattolica nel
    nostro Paese, almeno come impostazione di fondo, sia di
    tutto rispetto; esso ha perduto o ha accantonato quello
    che poteva essere un atteggiamento clericale, un atteggiamento
    di apostolato, come veniva detto nel mondo cattolico italiano,
    per affrontare invece più in profondità il
    problema della costruzione culturale dei giovani. Mi pare
    che questo sia il primo aspetto che, se ben considerato,
    possa aiutare anche a ridimensionare alcune osservazioni,
    che pure vengono fatte con molta dignità da parte
    di importanti osservatori laici, e cioè che si dia
    poco spazio alla cultura nell’insegnamento della religione
    e troppo, invece, all’attività di tipo catechistico-parrochiale
    della Chiesa cattolica.

    Il secondo punto che credo sia opportuno toccare in apertura
    di questo dibattito per arrivare alla formulazione di una
    legge adeguata ed opportuna, è quello che riguarda
    l’aspetto scolastico dell’insegnamento della religione cattolica.
    Noi abbiamo già discusso molto a lungo in questa
    Camera nella legislatura passata proprio sul rapporto non
    tra l’ora di religione nel senso temporale e ordinamentale,
    ma tra l’insegnamento della religione cattolica ed il programma,
    il progetto della scuola. Io credo che siano emersi già
    da alcuni anni anche dal dibattito parlamentare degli indirizzi
    molto chiari, da un lato su taluni difetti del sistema dell’insegnamento
    della religione cattolica (difetti legati in certo modo
    all’ordinamento, e per altri versi legati ad una prassi
    che si è stabilita), ma per altri verso si è
    rilevato come, nell’ambito del progetto formativo della
    persona (che è all’origine delle riforme, sia quella
    che portava il nome del ministro Berlinguer, sia quella
    che porta il nome del ministro Moratti), una formazione
    che vorrei definire laicamente integrale, ritengo che l’insegnamento
    della religione cattolica possa essere una parte importante,
    rilevante, nel nostro ordinamento scolastico; anche se,
    come è noto, il mio Gruppo politico non condivide
    parte notevole della riforma scolastica, almeno nella formulazione
    espressa nel disegno di legge proposto dall’attuale Ministro
    della pubblica istruzione.

    Vorrei anche dire che, dal punto di vista della formazione
    del cittadino italiano, ma anche di quello europeo (e lo
    dico nel contesto di questi giorni, della Convenzione europea,
    del dibattito anche sull’inserimento o meno del riferimento
    ai valori cristiani nella Convenzione dell’Unione),
    credo davvero che la scuola possa avvalersi in maniera positiva
    dell’insegnamento della religione cattolica, pur con
    tutti i limiti che esso possa presentare. Semmai, si può
    cercare di comprendere meglio il valore etico, nel senso
    non di una tavola di indicazioni morali cattoliche, ma di
    valore etico anche civile, che ha una religione come il
    cattolicesimo italiano e su questo anche fondare una cittadinanza
    alla quale tanto si fa riferimento come moralità
    pubblica in questi tempi.

    Ecco pertanto che, se c’è da osservare qualche
    difetto, semmai si deve cercare di migliorare gli aspetti
    di cittadinanza, e io auspicherei che negli emendamenti
    fossero accolti anche alcuni spunti di miglioramento in
    questo senso che alcuni di noi hanno presentato.

    L’ultimo punto a mio avviso è quello sindacale.
    Certo, non è un punto secondario, ma è l’ultimo
    nel senso che viene come corollario alle indicazioni di
    valore che dovremmo scorgere nell’insegnamento della
    religione cattolica. Certamente, non è a mio avviso
    la difficile situazione degli insegnanti laici della religione
    cattolica a spingerci ad un intervento legislativo, non
    è il punto principale, è semplicemente il
    corollario, la conseguenza per dare un respiro, una sicurezza
    alle persone che scelgono questo percorso di insegnamento
    e quindi per agevolare le indicazioni culturali, scolastiche
    e di cittadinanza della materia stessa.

    Per quanto riguarda gli aspetti proprio della tutela degli
    insegnanti di religione cattolica, qui è stato ampiamente
    già ricordato nel lavoro preparatorio quanto sia
    necessario provvedere, tenendo conto della variabilità
    del diritto di avvalersi o di non avvalersi, a una sistemazione
    almeno di una parte fondamentale degli insegnanti, che sono
    per più del 70 per cento laici, cioè non appartengono
    al ceto ecclesiastico e pertanto hanno anche tutta una loro
    professionalità da orientare e da sostenere per un
    lungo periodo del loro lavoro e non possono essere lasciati
    alle vicende che, volutamente o no, sono correlate all’andamento
    della politica di insegnamento delle diocesi.

    Il testo che ci è pervenuto dalla Camera, che è
    stato abbinato ad altri testi ma è rimasto sostanzialmente
    invariato, non è totalmente, a mio avviso, accettabile,
    nel senso che presenta persino, direi, qualche abbassamento
    di tono proprio rispetto al testo che era stato approvato
    dal Senato tre anni fa, nel senso che in quel testo del
    Senato a mio avviso c’era una maggiore capacità
    di correlare l’aspetto culturale e scolastico con la
    preparazione e i diritti degli insegnanti di religione,
    pur con qualche difficoltà anche dal punto di vista
    sindacale, come era riconosciuto nel dibattito.

    Credo che il testo per qualche aspetto potrebbe essere
    migliorato, tuttavia ritengo che nel suo complesso sia sostanzialmente
    accettabile e dunque da licenziare positivamente dal nostro
    Senato. È troppo tempo che non si addiviene ad una
    valorizzazione sindacale degli insegnanti di religione e
    soprattutto alla vera interpretazione degli accordi culturali
    e scolastici intercorsi tra la Conferenza Episcopale Italiana
    e lo Stato italiano. Tali accordi, infatti, non contraddicono
    la libertà religiosa, la laicità della scuola,
    anzi, a mio avviso, quanto più una cultura religiosa
    e una cittadinanza vengono sostenute da un vero spirito
    religioso obiettivato e reso parte della formazione della
    persona, tanto più si è laici. È soltanto
    la mancanza di profondità della cultura religiosa
    che porta agli aspetti clericali.

    Credo che nel nostro Paese il cattolicesimo possa aiutare
    la scuola italiana più che essere aiutato da una
    legge scolastica che lo riguardi. Ritengo infatti che la
    laicità cristiana sia promossa da una capacità
    di vedere i valori religiosi e in questa prospettiva tale
    visione può essere estesa anche alla Carta fondativa
    dell’Unione Europea.

    Durante il dibattito sugli emendamenti, mi permetterò
    di sostenere qualche possibile variante, nel caso il testo
    dovesse tornare anche solo per ragioni tecniche a seguito
    di un brevissimo passaggio alla Camera dei deputati. Il
    mio atteggiamento, comunque, resta di sostegno deciso al
    provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U)

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Tessitore. Ne ha facoltà.

    TESSITORE
    (DS-U). Signor Presidente, intervengo nella discussione
    generale sui disegni di legge che concernono l’insegnamento
    della religione per un dovere di etica politica, se mi è
    consentito dirlo, prima ancora che per cercare di arrecare
    il contributo tecnico di cui sono capace alla configurazione
    definitiva della legge, che certamente affronta una questione
    importante e delicata come tutte le questioni importanti.

    Di questo argomento presumo di avere chiari i profili di
    ordine costituzionale e pattizio, ossia concernenti gli
    accordi tra Stato e Chiesa cattolica insieme con la dimensione
    contingente di dare sistemazione ad una consistente, a quanto
    pare consistentissima, sacca di precariato docente, un grande
    mare purtroppo assai diffuso nella nostra scuola di ogni
    ordine e grado, dalla scuola materna all’università.
    Ma soprattutto mi è chiara – almeno presumo – la
    rilevanza culturale e formativa della questione, destinata
    ad avere incidenza rilevante sul modo d’essere della
    nostra scuola, anche per i profili di una corretta e rigorosa
    parità scolastica e dunque sulla cultura media del
    nostro Paese. Un tema perciò da affrontare con trepido
    rispetto, senza baldanza, da qualsiasi parte questa possa
    provenire.

    Per tutto questo ritengo che le norme destinate ad affrontare
    – e sperabilmente risolvere – la questione contingente del
    precariato, non devono pregiudicare la definizione di un
    serio e rigorosissimo sistema normativo in materia, tenendo
    ben presente che, se così non si fa, non si risolve
    neppure il precariato, destinato a ricomporsi in altre forme
    e in altri settori.

    Dico perciò subito che non sono favorevole all’inserimento
    puro e semplice nei ruoli ordinari di docenti quali quelli
    di religione, che sono reclutati e sono stati reclutati
    in forme e modi diversi da quelli di tutti gli altri docenti.
    Ovviamente sono del tutto d’accordo sulla necessità,
    e direi sul dovere, di assicurare a questi docenti una condizione
    di stabilità, ciò per dare certezza di lavoro
    a questi precari, però senza ledere i principi generali
    dell’ordinamento didattico nazionale secondo il quale
    nei ruoli si entra in seguito a concorso, uguale per tutti
    e a condizione di possedere i requisiti richiesti, ossia
    ben precisati titoli di studio in relazione al tipo e al
    grado di scuola in cui si intende accedere. Se si intaccano
    questi princìpi si ledono i diritti dei cittadini
    che hanno sostenuto regolare concorso, dopo aver conseguito
    i titoli di studio secondari e universitari richiesti, ma
    si ledono anche i diritti a venire di altri cittadini, ossia
    di quelli che vorranno – domani o dopodomani – accedere
    all’insegnamento.

    Tutto questo, continuo a dire, non ha alcun elemento di
    contrasto con il rispetto degli accordi con la Chiesa Cattolica.
    Per la stessa ragione sono ancora più contrario ad
    un regime di mobilità che si configuri come una vera
    e propria scorciatoia quale quella che prevede, in caso
    di esuberi o di revoca della idoneità rilasciata
    dall’ordinario diocesano, il possibile passaggio su
    qualsivoglia altra cattedra di insegnamento, un vero e proprio
    assurdo logico, giuridico e morale.

    Ripeto, bisogna garantire la stabilità ai docenti
    di religione estendendo norme generali, ma senza ledere
    i principi fondanti dell’ordinamento. A mio giudizio
    e, se posso dirlo, per mia esperienza di vecchio uomo di
    scuola, la lesione di questi princìpi non risolve
    alcun problema, conserva i vecchi e ne crea di nuovi perché
    si intacca la sistematicità di una struttura, come
    quella della scuola, che è un mosaico in cui tutte
    le tessere si tengono e solo così brillano ed assicurano
    l’ordinata evoluzione.

    Aggiungo che, procedendo sulla linea del disegno di legge
    che ci è pervenuto dalla Camera e di altri simili,
    non sarei sicuro di fare neppure cosa gradita alla Conferenza
    Episcopale Italiana, in ogni modo all’insegnamento
    della religione cattolica, se preoccupazione di questa è
    assicurare la qualità dell’insegnamento della
    religione senza scorciatoie e senza scappatoie.

    Da laico – e vengo a qualche profilo meno contingente –
    ho profonda consapevolezza della rilevanza dell’insegnamento
    della religione e dello studio delle religioni, ad iniziare
    dallo studio della religione cattolica data la tradizione
    culturale del nostro Paese, del nostro popolo, per il quale
    l’unità di fede è stata ed è uno
    dei non numerosi fattori di aggregazione, di formazione
    e di sostegno della nostra identità culturale e morale.

    Sono convinto – lo ripeto ancora una volta in quest’Aula
    – che la nostra identità nazionale non è debole
    come si ritiene, anzi, è forte, mentre debole è
    la nostra identità statale. Ecco perché ancora
    una volta ritengo che non si debbano intaccare i princìpi
    generali del nostro ordinamento, della nostra struttura
    scolastica se non si vuole ulteriormente indebolire la nostra
    identità statale fino a coinvolgere l’identità
    nazionale.

    In ragione di questi convincimenti sono molto preoccupato
    quando vedo proposte surrettizie le quali, ritenendo di
    favorire la diffusione e la penetrazione dell’insegnamento
    della religione, ad iniziare da quella cattolica, tra i
    nostri giovani, in realtà propongono soluzioni riduttive
    e in sostanza scarsamente rispettose della rilevanza dello
    stesso fattore religioso nella sua libertà di configurazione,
    scambiando tutto ciò con il proselitismo e la propaganda.

    Proselitismo e propaganda, in un Paese colto ed avanzato
    quale ritengo sia il nostro, specialmente oggi non servono
    e non aiutano a garantire i valori che anche la religione
    può e deve assicurare e rafforzare: i valori dell’individualità
    dell’individuo – se così posso esprimermi -,
    il valore della vita, veramente insidiato dai regimi di
    propaganda, i quali creano l’etica dello stordimento
    e della stravaganza, non certo l’etica della convinzione
    e della responsabilità, non a caso così intrise
    di valori religiosi liberamente concepiti.

    Per fare un solo esempio, sono favorevole all’inserimento
    dell’insegnamento obbligatorio della storia delle religioni
    accanto a quello della storia, della filosofia e della letteratura,
    purché sia impartito a livello di rigorosa, sicura
    serietà. Dirò di più. Se le facoltà
    di teologia nella prima metà dell’Ottocento
    italiano non avessero raggiunto un livello indegno quanto
    a rigore di studi e a serietà di metodi, non giudicherei
    positivamente, come in realtà giudico da storico,
    l’abolizione di queste facoltà, decretata al
    realizzarsi della rivoluzione liberale, che assicurò
    l’unità politica del nostro Paese accanto all’unità
    culturale ed etica; quell’unità che oggi irresponsabilmente
    e ignorantemente si vuole rompere senza capirne neppure
    il carattere e il valore pluralistico.

    Aggiungo che oggi sarei disponibile ad esaminare la possibilità
    della ricostituzione di queste facoltà, caso mai
    nel quadro di una grande riforma dei corsi di laurea in
    filosofia e in storia, purché considerata su basi
    di libertà di fede e di pluralismo culturale, di
    rigore scientifico e di serietà didattica. Tutte
    queste possibilità, ed altre a cui qui non desidero
    neppure accennare, non debbono essere pregiudicate dal disegno
    di legge in discussione, come in realtà credo possa
    avvenire.

    Per tutte queste ragioni, e per altre a cui in questa sede
    e in questo momento non accenno, riservandomi di valutare
    l’efficacia normativa dei disegni di legge in discussione,
    in linea di principio sono favorevole alla proposta che
    ha come prima firmataria la senatrice Acciarini. (Applausi
    dai Gruppi DS-U e Misto-SDI e del senatore Zavoli. Congratulazioni).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Malabarba. Ne ha facoltà.

    MALABARBA
    (Misto-RC). Signor Presidente, indubbiamente, nell’esaminare
    questo disegno di legge, Rifondazione Comunista si trova
    di fronte ad un conflitto fra due ragioni.

    Da una parte, vi è l’esigenza di una soluzione
    al problema della condizione precaria di coloro che, in
    ogni caso, possono definirsi lavoratori nel campo dell’istruzione,
    qualunque sia la materia del loro insegnamento; dall’altra
    (non me ne vogliano i colleghi di area cattolica, non c’è
    affatto ostilità al riguardo, tantomeno dal mio personale
    punto di vista, considerato che mi sono accasato con una
    persona che per anni ha svolto la professione di insegnante
    di religione cattolica), vi è la nostra radicale
    opposizione alla scelta di privilegiare l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane,
    opposizione che è bene torni a risuonare in quest’Aula.

    L’insegnamento della religione cattolica nella nostra
    scuola pubblica è regolamentato da un Accordo fra
    lo Stato italiano e la Santa Sede sulla base di un Concordato
    e di un Protocollo addizionale. Inoltre, le modalità
    di insegnamento sono regolamentate da un accordo fra il
    Ministro della pubblica istruzione e la Conferenza Episcopale
    Italiana.

    Vorrei qui ricordare che, sulla base di quest’Accordo,
    del Concordato e della riforma dello stesso, l’insegnamento
    della religione cattolica è subordinato ad una scelta
    operata dallo studente, ed è quindi assolutamente
    non obbligatorio ma facoltativo. È del tutto evidente,
    allora, che se tale insegnamento è subordinato ad
    una scelta esplicita da parte dello studente, ci troviamo
    di fronte al problema di determinare l’assunzione in
    ruolo di un certo numero di insegnanti, in modo permanente
    e stabile, all’interno dell’ordinamento scolastico;
    ciò perché non si è in grado, se non
    anno per anno, di stabilire quali siano gli studenti che
    opereranno la scelta e accederanno, quindi, all’insegnamento
    della religione cattolica. Potremmo anche affrontare l’esigenza
    di assumere stabilmente ulteriori figure nell’ambito
    scolastico in relazione ad altre attività non obbligatorie
    per gli studenti.

    Chi propone questa legge si trincera dietro la necessità
    di garantire una stabilità agli insegnanti di religione.
    Ebbene, non possiamo che ammettere che si tratta di una
    esigenza vera. Tuttavia, la scelta che è stata compiuta
    – introdurre in ruolo, creando un apposito organico, gli
    insegnanti di religione cattolica – confligge con la natura
    pattizia dell’insegnamento, come formulata nel Concordato
    rivisitato.

    Ciò è talmente evidente che una considerazione
    si impone ed è assolutamente razionale: se si volessero
    inserire in organico gli insegnanti di religione cattolica
    coerentemente al dettato costituzionale, si dovrebbe impedire
    qualunque forma di interferenza della Santa Sede, equiparata
    ad uno Stato estero, per quanto concerne la scelta degli
    insegnanti, la verifica di idoneità degli stessi,
    la possibilità di revoca da parte della Conferenza
    Episcopale dell’insegnante che venisse ritenuto indegno
    secondo criteri canonici, estranei all’ordinamento
    del nostro Paese. Gli insegnanti verrebbero selezionati
    a seguito di un esame che prevede solo l’accertamento
    della preparazione culturale generale, con l’esclusione
    dei contenuti specifici dell’insegnamento della religione
    cattolica, ma la nomina avverrebbe solo a seguito della
    designazione dell’autorità diocesana.

    Non basta. Vi è anche un giudizio di idoneità
    di questi insegnanti che costituisce una condizione imprescindibile
    per l’insegnamento. Anche tale giudizio di idoneità
    è insindacabilmente assegnato dall’autorità
    ecclesiastica. Il giudizio di idoneità, infatti,
    può essere concesso e parallelamente revocato dall’autorità
    ecclesiastica.

    Non possiamo non riflettere su queste caratteristiche e
    del tutto serenamente giudicare se esse sono compatibili
    con l’assunzione degli insegnanti di religione cattolica
    nei ruoli dello Stato.

    Noi riteniamo che sia dal punto di vista costituzionale
    che da quello dell’opzione politica (per quello che
    ci compete) tale compatibilità sia assolutamente
    insussistente. Vorrei ricordare che neppure quando l’insegnamento
    della religione cattolica era obbligatorio nessuno ha mai
    pensato di ricorrere all’accoglimento degli insegnanti
    di religione cattolica nei ruoli e negli organici della
    scuola italiana. Questi insegnanti, selezionati e graditi
    al potere ecclesiastico cattolico, vengono oggi permanentemente
    assunti come se lo Stato avesse l’obbligo di garantire
    a tutti l’insegnamento della religione cattolica, mentre
    tale insegnamento non fa parte del programma scolastico,
    non fa parte del curriculum formativo degli studenti ed
    è subordinato alla scelta di questi ultimi.

    Noi pensiamo che l’insegnamento della religione cattolica
    si debba organizzare in funzione della scelta degli studenti
    e non viceversa e se l’autorità ecclesiastica
    ha, sulla base degli accordi di natura pattizia, poteri
    di interferenza così marcati sulla scelta di questi
    insegnanti e sulla loro revoca, allora non si può
    pretendere di avere la garanzia dell’inserimento permanente
    nei ruoli senza mettere coerentemente in discussione quei
    poteri.

    Ci vuole coerenza quando si fanno le leggi ma la coerenza
    mi sembra non sia più una virtù praticata
    in questo ultimo scorcio della legislatura. Questa coerenza
    viene sistematicamente sacrificata sull’altare della
    politica praticata come scelta di sopravvivenza di una maggioranza.
    Credo però che ai princìpi fondamentali del
    nostro Stato laico, così come delineato dalla Carta
    costituzionale, questi compromessi siano estremamente dannosi
    e deleteri.

    E nella scuola che cosa succederà concretamente?
    Uno scenario possibile è che non appena la legge
    stabilirà che gli insegnanti di religione, in caso
    di revoca dell’idoneità, debbono essere ricollocati,
    a gran parte di quelli che abbiano i titoli per un altro
    insegnamento potrebbe essere revocata tale idoneità,
    ottenendo così il risultato di rinnovare la classe
    docente, di creare posti per scalpitanti giovani provenienti
    dalle scuole cattoliche, con buona pace delle migliaia di
    giovani che hanno sostenuto i mastodontici concorsi per
    accedere all’insegnamento e sono ancora in attesa di
    essere collocati.

    Per concludere, bisogna sottolineare comunque che non si
    può sorvolare sull’innegabile problema della
    tutela degli insegnanti di religione in quanto lavoratori
    e lavoratrici, privi di sicurezze in un rapporto di lavoro
    in cui si è sottoposti a due autorità, quella
    statale e quella, certamente più influente, ecclesiastica.

    La precarietà e la ricattabilità di questi
    insegnanti non dipendono però dallo Stato italiano
    e non sono sanabili con una legge quale quella proposta
    che, anzi, le norma e le ribadisce; dipendono dal Concordato
    e dalle caratteristiche che si sono volute dare all’insegnamento
    della religione cattolica i cui docenti ottengono il posto
    di lavoro in una istituzione pubblica sulla base di criteri
    e requisiti insindacabili, per chiamata diretta da parte
    di un’autorità esterna che è e resta
    l’unica cui sono tenuti a fare riferimento.

    Se il Governo volesse realmente risolvere il problema relativo
    alla condizione di precariato in cui versano migliaia di
    insegnanti di religione, dovrebbe spogliarsi dal servilismo
    ipocrita nei confronti della Chiesa per vestire i panni
    di chi debba legiferare onestamente per uno Stato laico
    e per la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare la senatrice
    Vittoria Franco. Ne ha facoltà.

    FRANCO
    Vittoria
    (DS-U). Signor Presidente, nella valutazione
    del disegno di legge in discussione siamo ispirati da due
    convinzioni: che la qualità dell’istruzione, della
    scuola e del sistema formativo nel suo complesso sia un
    bene irrinunciabile e che non vi sia niente che possa giustificare
    deroghe; in secondo luogo che debba essere rispettato il
    principio della laicità dello Stato della separazione
    fra Stato e Chiesa, della sovranità dello Stato.
    Non credo, perciò, che si possa considerare la materia
    che stiamo trattando, concernente lo stato giuridico degli
    insegnanti, un mero strumento di regolarizzazione di docenti
    precari, quasi fosse una semplice questione sindacale, e
    senza tener conto dello stato particolare di tali docenti.

    Non possiamo non cogliere anche questa occasione, la discussione
    in Parlamento, per svolgere riflessioni più ampie.
    Conosciamo bene il ruolo delle religioni nella formazione
    delle civiltà e spesso nella formazione delle coscienze
    individuali. Tocchiamo anche con mano – e i nostri giovani
    più di noi – che si vanno costruendo ed espandendo
    in ogni parte del Paese spazi di convivenza fra diverse
    etnie, spazi di multireligiosità e di multiculturalismo.
    Compito della scuola, dunque, è favorire spazi di
    convivenza nei quali bambini, adolescenti con storie culturali
    e religiose diverse possano convivere ed essere educati
    alla tolleranza e al riconoscimento dell’altro nella diversità.
    Direi che la scuola è il luogo per eccellenza di
    tirocinio per acquisire un sentimento di cittadinanza in
    uno spazio laico e tollerante; vorrei dire che è
    il luogo dell’educazione al dialogo.

    Per entrare più direttamente nel merito del testo
    di legge che stiamo discutendo, voglio dire anch’io con
    chiarezza – come ha già fatto il senatore Tessitore
    – che siamo a favore di una legge che assicuri diritti e
    tutele agli insegnanti di religione, riconoscendo loro uno
    stato giuridico che risolva il problema della loro precarietà,
    tanto che diversi senatori del mio Gruppo hanno presentato
    disegni di legge in materia. Noi proponiamo, tuttavia, modalità
    diverse, più rispettose della qualità dell’istruzione
    e del principio di eguaglianza.

    Direi che il passaggio più problematico del testo
    che ci è pervenuto dalla Camera riguarda la possibilità
    – già richiamata da altri colleghi – della mobilità
    professionale che si riconosce e si concede agli insegnanti
    di religione assunti a tempo indeterminato, cioè
    la possibilità, in caso di revoca dell’autorizzazione
    da parte dell’Autorità ecclesiastica, di passare
    all’insegnamento di altra disciplina anche quando l’insegnante
    sia sprovvisto di una laurea riconosciuta dallo Stato.

    La revisione del Concordato del 1984 ha segnato un passo
    avanti in fatto di laicità riconoscendo alle famiglie
    la facoltà di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole, pur mantenendo l’obbligo
    di impartirlo in capo allo Stato. Con questo disegno di
    legge rischiamo, tuttavia, qualche passo indietro. Certamente
    questa materia è regolata dalle norme concordatarie
    e dall’Intesa tra il Ministero della pubblica istruzione
    e la Conferenza episcopale del 1985, ma lo Stato italiano
    ha anche il dovere di essere attento a mantenere la legislazione
    entro i confini di quell’Intesa, preservando il rispetto
    di ogni parte della Costituzione, come l’eguaglianza dei
    cittadini e la sovranità dello Stato. A noi sembra,
    infatti, che in alcuni passaggi del testo in discussione
    si vada oltre l’Intesa. Ci si dimentica che lo status dei
    precari di religione cattolica deriva dalle norme concordatarie
    che prevedono una duplice dipendenza giuridica, quella statale
    e quella ecclesiastica, con il diritto di idoneità
    e di revoca riconosciuto all’autorità ecclesiastica.

    Non possiamo, inoltre, sottacere, un’ulteriore anomalia,
    una condizione paradossale che si viene a creare in caso
    di contrazione dei posti o di revoca dell’autorizzazione
    da parte della Diocesi e se non è possibile la mobilità.
    Lo Stato può licenziare, e può farlo non in
    ragione della violazione di norme del nostro ordinamento
    ma per decisioni insindacabili di una diversa autorità,
    quella ecclesiastica. Più preoccupante, però,
    è che, divenendo possibile la mobilità professionale,
    si creino situazioni di diseguaglianze rispetto agli insegnanti
    di altre materie e che si prefiguri un canale privilegiato
    di reclutamento, proprio in un momento peraltro nel quale
    il Governo, attraverso le ultime due leggi finanziarie,
    ha avviato una stagione di contenimento dell’organico fino
    a ridurre a zero le assunzioni, come è accaduto quest’anno.
    Noi abbiamo presentato emendamenti che mirano a ridurre
    il danno di tali anomalie, come sarebbe l’istituzione
    di un canale parallelo senza un pubblico concorso, e prevediamo
    che il passaggio ad altre classi di concorso sia condizionato
    da alcuni requisiti, ad esempio la laurea, l’obbligo
    di permanenza nell’insegnamento per almeno 5 anni,
    le modifiche delle caratteristiche concorsuali che riguardino
    la qualità delle prove. Ecco, signor Presidente,
    mi auguro che quest’Aula voglia svolgere una discussione
    serena, riconoscendo almeno alcune delle nostre ragioni.
    (Applausi dal Gruppo Misto-RC).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Eufemi. Ne ha facoltà

    EUFEMI
    (UDC). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo,
    il Gruppo UDC esprime consenso al testo del provvedimento
    relativo alla disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione cattolica. Il senatore Brignone ha ampliamente
    illustrato nella relazione scritta, integrata da considerazioni
    introduttive al dibattito, il lungo iter parlamentare concernente
    questo delicato tema.

    Il provvedimento in esame rappresenta un ulteriore momento
    dell’azione riformatrice del Governo e della sua maggioranza,
    che va dalla riforma dei cicli scolastici al riconoscimento
    della funzione sociale degli oratori, dal nuovo stato giuridico
    degli insegnanti di religione alla auspicata, prossima,
    disciplina della fecondazione artificiale. Sono questioni
    che rappresentano altrettante precise scelte culturali e
    programmatiche.

    Realizziamo completamente, nei diversi campi, ciò
    che il centro-sinistra, nella scorsa legislatura, è
    stato incapace di fare. Si tratta di un passaggio fondamentale
    rispetto al quale rivendichiamo, come Unione Democristiana
    e di Centro, l’iniziativa legislativa, l’azione
    parlamentare, i contenuti legislativi e il risultato conclusivo.
    Ci riconosciamo in questa scelta perché muove nella
    direzione da noi fortemente auspicata.

    Con questo provvedimento legislativo si definisce una situazione
    fortemente attesa; si sconta positivamente, certo, il lavoro
    svolto nella passata legislatura, come ha riconosciuto il
    relatore, un lavoro che non ha potuto essere portato a compimento
    per le divisioni della passata maggioranza di Governo, per
    i veti paralizzanti che hanno impedito l’approvazione
    del disegno di legge. Oggi questa maggioranza si assume
    il coraggio di una scelta che consente di raggiungere un
    preciso obiettivo.

    Riteniamo che il testo licenziato dalla Commissione istruzione
    debba restare immutato rispetto ai suoi caratteri essenziali,
    fatte salve le cosiddette correzioni tecniche relative alla
    copertura e agli anni di riferimento, così da renderlo
    pienamente efficace e propedeutico ai successivi passaggi
    operativi.

    Oggi siamo chiamati a dare, a quasi 20 anni dalla revisione
    dei Patti lateranensi, attuazione completa e definitiva
    a quegli accordi e alle attese della categoria. Non si comprenderebbero
    né troverebbero giustificazione ulteriori manovre
    delatorie tese a ridurre, come abbiamo ascoltato poco fa,
    un presunto danno, né tentativi di modificazione
    di un testo che trova larghi e diffusi consensi, venendo
    incontro alle attese della categoria degli insegnanti di
    religione che – non dimentichiamolo – rappresentano, con
    oltre 20.000 docenti di cui tre quarti laici e un quarto
    religiosi, l’ultima frangia di precariato presente
    nella scuola italiana.

    Sarebbe tuttavia un errore valutare tale provvedimento
    solo come il raggiungimento di un obiettivo sindacale, pure
    importante, negando quello di un intervento migliorativo
    della qualità della scuola. La Repubblica italiana
    ha legittimato la presenza dell’insegnamento della
    religione cattolica nel quadro delle finalità della
    scuola con l’articolo 9, comma 2, dell’Accordo
    con il Protocollo addizionale firmato a Roma il 18 febbraio
    1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense
    dell’11 febbraio 1929, ratificato ai sensi della legge
    25 marzo 1985, n. 121, e nella successiva Intesa tra la
    Conferenza Episcopale Italiana e l’autorità
    scolastica (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre
    1985, n. 751) è stato sancito che gli insegnanti
    incaricati di religione cattolica fanno parte della componente
    docente degli organi scolastici con gli stessi diritti e
    doveri (punti 2 e 7 della citata Intesa) e che lo Stato
    avrebbe dato una nuova disciplina dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione.

    Essendo trascorsi quasi vent’anni da questo accordo,
    è opportuno dare una sistemazione definitiva ai docenti
    di religione non venendo mai meno al dialogo interreligioso,
    così come sarà poi necessario riconsiderare
    anche i programmi della religione cattolica adeguandoli
    alla riforma dei cicli del ministro Moratti, realizzando
    un’offerta formativa più completa e radicata
    nella storia e nella tradizione del Paese.

    La sperimentazione in atto è segno positivo dell’adeguamento
    alla nuova scuola da parte della categoria. Sono stati stabiliti
    alcuni princìpi che meritano di essere richiamati:
    rispetto dello spirito della revisione degli accordi concordatari
    e delle successive intese; razionalizzazione del reclutamento
    dei docenti di religione cattolica secondo la normativa
    vigente per gli altri insegnanti; salvaguardia dei diritti
    degli insegnanti di religione in servizio da oltre quattro
    anni negli ultimi dieci anni; restituzione di una certezza
    e di un rapporto di lavoro stabile con la pubblica amministrazione;
    introduzione di regole di mobilità territoriale e
    professionale degli insegnanti, subordinata al riconoscimento
    di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano
    ed al possesso del requisito di idoneità a determinate
    condizioni.

    Una novità sul piano dei provvedimenti è
    costituita dal fatto che nel sistema scolastico si sta mettendo
    ordine anche attraverso una semplificazione burocratica
    che non può che aiutare il cammino della scuola e
    delle istituzioni scolastiche. Per quanto può riguardare
    gli insegnanti di religione, non resta che citare, oltre
    alla circolare ministeriale n. 2 del 2001, relativa a ricostruzione
    di carriera e trattamento economico, la circolare ministeriale
    n. 6 del 12 gennaio 2001, che si riferisce al decreto ministeriale
    n. 271 del 7 dicembre 2000, relativamente alle indicazioni
    operative sulla cessazione dal servizio e sul trattamento
    di quiescenza.

    L’impegno dell’UDC sta nell’avere fortissimamente
    voluto questo disegno di legge, nell’aver spinto per
    la sua calendarizzazione e oggi per il suo esame d’Aula,
    e ne auspichiamo una pronta approvazione. Come sottolineato
    dal relatore, senatore Brignone, cui va il nostro ringraziamento,
    la Commissione è stata a lungo impegnata sul tema
    nella scorsa legislatura fino alla discussione di una bozza
    di risoluzione da lui stesso presentata in qualità
    di relatore. Dopo l’accordo del 1985, con cui fu modificato
    il concordato del 1929 e raggiunta un’intesa fra l’autorità
    scolastica italiana e la Conferenza episcopale, il dibattito
    si è infatti incentrato proprio su tale aspetto e
    in particolare sulla facoltà degli studenti di avvalersi
    o meno dell’insegnamento della religione cattolica
    nonché sulla tutela da assicurare a coloro che optavano
    per il non avvalersene. Nella scorsa legislatura ha preso
    sostanza l’esigenza di definire lo stato giuridico
    dei docenti, anche in considerazione del fatto che si andava
    definendo l’inquadramento degli altri insegnanti precari.
    A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 124
    del 1999, la condizione di inferiorità tipica del
    precariato riguarda ormai solo gli insegnanti di religione
    cattolica.

    Come Gruppo UDC ci riconosciamo nel testo licenziato dalla
    Commissione, già approvato dalla Camera dei deputati,
    cui sono stati abbinati altri dieci disegni di legge di
    iniziativa parlamentare che in prevalenza seguono il medesimo
    impianto. Si tratta ora di approvare rapidamente questo
    progetto di riforma. Non è venuto meno un aperto
    confronto tra le forze politiche su una materia così
    delicata per le implicazioni che determina tra lo Stato
    italiano e la Santa Sede, per i riflessi derivanti dal raccordo
    tra ordinamento canonico e ordinamento statuale.

    Auspichiamo che questa legislatura possa essere ricordata
    come quella che ha dato soluzione ad un problema che si
    trascinava da così tanto tempo.

    Sono queste le ragioni che ci inducono a condividere le
    finalità del provvedimento, nonché le soluzioni
    adottate, e a sostenere con convinzione il progetto di riforma,
    su cui il Gruppo UDC esprimerà, naturalmente, il
    proprio voto favorevole. (Applausi dai senatori Valditara
    e Bevilacqua).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Bevilacqua. Ne ha facoltà.

    BEVILACQUA
    (AN). Signor Presidente signor Sottosegretario, colleghi,
    il disegno di legge all’esame riprende gran parte dei risultati
    a cui si era giunti due anni fa con l’approvazione da parte
    del Senato di analogo progetto di iniziativa parlamentare.
    Rispetto a quel disegno di legge si recuperano il 70 per
    cento dei posti di ruolo da mettere a concorso ed i titoli
    da esibire nei concorsi, che tornano ad essere quelli previsti
    dall’intesa, senza richiesta ingiustificata di seconde lauree.

    Qualche perplessità la desta l’istituzione di due
    ruoli regionali, corrispondenti ai cicli scolastici previsti
    dall’ordinamento. Forse sarebbe stato meglio precisare l’effettiva
    ripartizione del personale docente tra i cicli della scuola
    nuova. C’è infatti da chiedersi se gli insegnanti
    della scuola dell’infanzia saranno assimilati a quelli della
    scuola elementare, e se quelli della scuola media manterranno
    un trattamento analogo a quelli della scuola superiore,
    pur appartenendo al primo ciclo del progetto Moratti.

    Questo provvedimento consente di porre fine, comunque,
    ad un inaccettabile precariato per circa 15.000 docenti,
    in grandissima parte laici, ultima categoria di precari
    del pubblico impiego. Finalmente anch’essi godranno dei
    diritti riconosciuti a tutti i cittadini italiani in materia
    di diritti del lavoro. È evidente che la definizione
    dello stato giuridico degli insegnanti di religione faccia
    riaffiorare qualche desiderio di azzerare il Concordato,
    o di eliminare del tutto l’insegnamento della cattolica
    nelle scuole italiane. Forse sarebbe stato necessario, o
    sarà necessario in un prossimo futuro, rivedere gli
    accordi concordatari, in sintonia, però, con il Vaticano.
    L’Italia è diventato un Paese multietnico e la presenza
    di un insegnamento religioso, in qualche modo confessionale,
    potrebbe dar luogo a incresciosi episodi di divisione di
    alunni.

    A proposito poi dell’accesso ai ruoli, vi è la previsione
    che ciò avvenga per concorso, così come previsto
    dall’articolo 97 della Costituzione. Qualche dubbio lo solleva
    la previsione di un semplice elenco in luogo della graduatoria,
    che normalmente classifica i candidati che hanno superato
    le prove d’esame. Ferme restando le prerogative dell’ordinario
    diocesano, forse sarebbe stato possibile individuare un
    percorso diverso, senza rinunciare alla graduatoria.

    Questi pochi elementi di perplessità non inficiano,
    comunque, il parere positivo di Alleanza Nazionale nel merito
    del provvedimento, e quindi il voto favorevole del nostro
    Gruppo. (Applausi del senatore Valditara).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Soliani. Ne ha facoltà.

    SOLIANI
    (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario,
    onorevoli colleghi, due legislature e due diverse proposte
    di iniziativa parlamentare, come ha ricordato il relatore
    Brignone, che ringrazio anch’io per l’ampia e circostanziata
    relazione, hanno portato le norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica negli istituti e
    nelle scuole di ogni ordine e grado oggi in quest’Aula al
    nostro esame nel testo del disegno di legge del Governo
    che la Camera ha approvato sei mesi fa.

    Fu l’Ulivo nella passata legislatura ad avviare a soluzione
    il problema, portando all’approvazione in questa medesima
    Aula il 19 luglio 2000 un testo unificato. Era necessario,
    è necessario, un provvedimento di tale natura, dopo
    l’intesa del 1985 tra lo Stato italiano e la Conferenza
    episcopale italiana. Sono passati da allora 17 anni, un
    tempo storico troppo limitato per un’evoluzione positiva
    dei rapporti tra Stato e Chiesa, che l’intesa aveva manifestato;
    un tempo che ha ritardato anche una possibile, ulteriore
    definizione dell’intesa stessa, per meglio corrispondere
    alle esigenze della società, della scuola e anche
    della Chiesa; certamente un tempo troppo lungo per l’attesa
    di insegnanti che hanno diritto, come altri, alla stabilizzazione
    del loro rapporto di lavoro. La necessità, dunque,
    è l’urgenza.

    E tuttavia non possiamo non rilevare come il disegno di
    legge del Governo non abbia raccolto il frutto maturo della
    precedente legislatura, volto a riconoscere e a promuovere
    la qualificazione culturale dei docenti di religione cattolica,
    evitando anche possibili forme parallele e dequalificate
    di reclutamento del personale tutto della scuola.

    In realtà la scelta del Governo lascia più
    povero e debole, anche da questo punto di vista, il quadro
    politico e culturale della scuola italiana, mentre non v’è
    dubbio che uno stato giuridico di parità degli insegnanti
    di religione cattolica in un contesto di qualità
    dell’azione riformatrice per tutto il sistema scolastico,
    non solo avrebbe favorito un passaggio parlamentare del
    provvedimento più significativo, ma avrebbe costituito
    un fattore positivo per tutto il sistema.

    Si poteva, dunque, fare meglio. Si poteva e si può
    ancora qui, ora, tener conto degli emendamenti da noi presentati,
    volti, da un lato, ad assicurare con una maggiore stabilità
    un’azione didattica più significativa e, dall’altro,
    ad evitare nella pratica che permangano zone incerte, soluzioni
    pasticciate di non facile gestione.

    Si doveva – e noi lo facciamo – raccogliere tutta intera
    la forza del contesto costituzionale, nel quale dovremmo
    iscrivere sia la presenza degli insegnanti di religione
    cattolica nelle scuole pubbliche, sia il profilo e la missione
    della scuola italiana, un contesto indubitabile di laicità.
    Penso ai princìpi fondamentali della Costituzione
    e agli articoli successivi relativi in particolare al Titolo
    II sui rapporti etico-sociali e al novellato Titolo V, con
    il ruolo chiave delle istituzioni scolastiche autonome.

    È all’altezza di questo contesto che doveva
    collocarsi il provvedimento. Penso all’articolo 7 della
    Costituzione, una scelta storica e politica che ha chiuso
    questioni secolari e ha consolidato la vita civile della
    nazione. Di lì è disceso l’Accordo del
    1984 tra la Santa Sede e la Repubblica, ciascuno nel proprio
    ordine indipendenti e sovrani, impegnati nella – cito l’Accordo
    – "reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo
    e il bene del Paese". È in questa finalità
    che si iscrive il nostro tema. Riconoscendo il valore della
    cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi
    del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
    popolo italiano, la Repubblica si è impegnata, al
    comma 2 dell’articolo 9 della legge n. 121 del 1985
    che ha recepito l’accordo, "ad assicurare, nel
    quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche (…)
    di ogni ordine e grado". Dunque, stabilizzazione degli
    insegnanti di religione non tanto e non solo come questione
    sindacale, pur rilevante, ma come collocazione stabile dell’insegnamento
    nel quadro delle finalità del sistema, conferendo
    dignità culturale alla disciplina che ha natura culturale-formativa.

    Dunque, qualificazione dell’insegnante di religione
    cattolica quale contributo alla qualificazione dell’intero
    sistema; e in questa direzione va il parere della 1a Commissione,
    che invita a inserire nel programma di esame del primo concorso
    l’accertamento della preparazione culturale generale
    dei candidati.

    Ma qual è oggi il quadro delle finalità della
    scuola? In quale stagione politica e culturale per la scuola
    italiana si iscrive oggi questo provvedimento? E in quale
    temperie storico-culturale-politica per l’Italia e
    per l’Europa? Ecco, il dibattito che il Governo e la
    maggioranza hanno prodotto sul provvedimento si è
    come fermato ad una sorta di atto dovuto, quasi per una
    sanatoria, uno sguardo sempre rivolto al passato.

    Che ne è oggi, dopo gli interventi finanziari e
    legislativi del Governo in questi due anni, della missione
    della scuola, dei suoi valori di riferimento? Che ne è
    della sua cultura costituzionale? In quale riorganizzazione
    strutturale, in quale tempo-scuola vanno a inserirsi le
    previste ore di religione cattolica? E in quale rapporto
    si inserisce questo insegnamento con gli indirizzi culturali
    ed educativi che in questi due anni sono stati espressi
    dal Governo, che smentiscono la scuola come comunità,
    assumono il principio economico-funzionalista, irrigidiscono
    e frantumano il processo formativo delle persone? In quale
    ristrutturazione del personale docente e del suo profilo
    professionale va a inserirsi ora questo stato giuridico?

    Non sono domande fuori luogo; ne va del futuro stesso degli
    insegnanti di religione e della loro disciplina. In un contesto
    di ombre, di incertezze, di malessere, di sfiducia verso
    il futuro che riguarda l’intera scuola italiana, lo
    stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    non prende certo né la luce né la vita che
    esso si attende.

    Che ne sarà dell’insegnamento della religione
    cattolica se è la scuola stessa che può perdere,
    a causa dell’azione del Governo, il suo senso? Non
    passa anche di qui il rapporto delle istituzioni con la
    società e della Chiesa stessa con la società
    italiana, nella lunga stagione post conciliare? Noi avremmo
    operato diversamente sulla scuola, sul contesto appunto,
    mentre la nostra proposta nel merito era già uscita
    da quest’Aula. Vogliamo infatti favorire il rapporto
    reciproco, non l’allontanamento, non lo scontro ma
    l’incontro tra parti diverse del sistema che per il
    bene del Paese e per la promozione dell’uomo debbono
    lavorare insieme, favorendo infine un contesto più
    ricco e vivace di iniziativa su un terreno che la scuola
    spesso da sé sola presidia e non di rado per l’apporto
    degli insegnanti di religione cattolica sui quali sta nascendo
    la nuova società italiana ed europea fondata sul
    dialogo tra le religioni.

    Ecco il rammarico per il ritardo, perché altre cose
    in questi anni dovremmo pensare ad affrontare. Abbiamo di
    fronte a noi la Costituzione europea. Stiamo cercando di
    riconoscere le radici della nostra storia. Ci stiamo confrontando
    con le sfide del mondo: il Cristianesimo nelle radici dell’Europa,
    il Cristianesimo nell’universalismo dei popoli della
    terra. Quale cultura per la scuola italiana? Quale insegnamento
    della religione cattolica di fronte a queste sfide? Quale
    ruolo ai docenti? Quale ruolo agli insegnanti di religione
    cattolica e quale la formazione di entrambi? Qui è
    attesa la scuola italiana. Qui sono attesi i suoi insegnanti,
    compresi quelli di religione cattolica. Qui è attesa
    la Repubblica e qui è attesa anche la Chiesa italiana.
    Noi ne siamo consapevoli. Non è così, ci pare,
    per il Governo e la sua maggioranza.

    Questo provvedimento, davvero, meritava un diverso approccio
    e una più larga visione. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U,
    DS-U e dei senatori Zavoli e Manieri)

    CONTESTABILE (FI). Domando di parlare.

    PRESIDENTE. A che titolo?

    CONTESTABILE (FI). Per svolgere una dichiarazione
    in dissenso.

    PRESIDENTE. Senatore Contestabile, in questa fase
    della discussione non può intervenire per fare una
    dichiarazione in dissenso. Questa la può fare in
    sede di dichiarazione di voto. Se vuole intervenire in discussione
    generale può farlo, ma dopo che avrò dato
    la parola ai colleghi che si sono iscritti prima di lei.

    CONTESTABILE (FI). Signor Presidente, preferirei
    intervenire in sede di discussione generale.

    PRESIDENTE. Ne prendo atto.

    È iscritto a parlare il senatore Bastianoni. Ne
    ha facoltà.

    BASTIANONI
    (Mar-DL-U). Signor Presidente, signor rappresentante
    del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge al
    nostro esame è volto a sanare una situazione annosa
    di precariato subita dagli insegnanti di religione cattolica
    ed è teso ad eliminare la disparità di trattamento
    finora in essere nei confronti di tali docenti rispetto
    ai loro colleghi di altre discipline.

    È opportuno qui ricordare il lavoro svolto nella
    scorsa legislatura, avviato dal precedente Governo di centro
    sinistra proprio in questo ramo del Parlamento dove un analogo
    disegno di legge fu approvato e trasmesso alla Camera dei
    deputati e in cui l’esame del provvedimento fu interrotto
    presso la Commissione lavoro per la fine della legislatura.

    In sostanza questo provvedimento finisce con l’accorpare
    disegni di legge presentati nella scorsa legislatura, in
    quella precedente, nonché nell’attuale a firma
    di parlamentari di diversi schieramenti politici.

    Si tratta, dunque, di un testo di legge molto atteso che,
    è bene precisare ancora una volta, ha per oggetto
    non l’insegnamento della religione cattolica, bensì
    lo stato giuridico dei lavoratori insegnanti la religione
    cattolica. Attualmente questi lavoratori percepiscono una
    retribuzione in linea con gli altri insegnanti ma non hanno
    un uguale trattamento previdenziale e di carriera. Si tratta
    di lavoratori precari che da lunghissimi anni attendono
    di vedere definito il loro stato giuridico nel comparto
    della scuola, settore in cui il legislatore già è
    intervenuto affrontando le problematiche del precariato.

    Pertanto, nel predisporre un’adeguata normativa di
    definizione dello stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica, noi compiamo un atto di giustizia che è
    anche finalizzato a dare dignità a questi insegnanti
    che nel tempo hanno acquisito una specifica professionalità.
    Infatti, se è vero che in passato tale disparità
    con gli altri insegnanti era meno avvertita in quanto gli
    insegnanti di religione cattolica erano sacerdoti o religiosi,
    nel tempo la presenza dei laici è andata via via
    aumentando fino a superare l’ottanta per cento del
    corpo docente nell’ultimo biennio.

    Il fenomeno della progressiva laicizzazione degli insegnanti
    di religione appare destinato a crescere anche per via della
    maggiore disponibilità di tempo che la scuola richiede
    agli insegnanti, mentre il carico pastorale complessivo
    dei sacerdoti, che talvolta devono seguire anche più
    parrocchie, finisce con l’assorbirne in maniera esclusiva
    l’attività.

    Occorre poi considerare che nelle nostre scuole italiane
    vi è una notevolissima adesione all’insegnamento
    della religione cattolica che, nell’anno scolastico
    2001-2002, è stata del 93,2 per cento, a conferma
    del fatto che la religione cattolica è parte integrante
    delle matrici culturali del nostro Paese.

    Il testo al nostro esame si pone l’obiettivo – come
    abbiamo ricordato – di stabilire lo stato giuridico di questi
    lavoratori, ma anche le procedure di reclutamento che sono
    particolari in quanto questa categoria di lavoratori, questi
    docenti hanno un duplice rapporto professionale con lo Stato
    da un lato e con la Chiesa cattolica dall’altro.

    Quindi è opportuno ricordare che tali insegnanti
    dovranno sostenere un concorso per esami e titoli; concorso
    che prevede debbano sostenere una prova che dovrà
    tener conto della loro preparazione non nelle materie che
    sono di competenza religiosa, trattandosi di accertare la
    preparazione culturale e dialettica su materie che afferiscono
    all’ordinamento scolastico complessivo. Quindi, saranno
    valutati, saranno esaminati e dovranno entrare negli appositi
    elenchi.

    C’è un problema relativo a questo impianto
    legislativo sul quale noi abbiamo soffermato la nostra attenzione
    che crediamo non possa essere sottaciuto: non possiamo ignorare
    il problema riguardante la mobilità del personale
    nel caso in cui venga meno il presupposto per insegnare
    la religione, o perché a seguito della libertà
    individuale che ha portato a modificare i propri convincimenti
    e le proprie opinioni, si sia nella posizione in cui manca
    il presupposto riconosciuto dall’ordinario diocesano
    e quindi vi è la revoca, o perché non c’è
    la richiesta di tale insegnamento da parte degli alunni
    (crediamo che questa sia un’ipotesi più remota).

    Parlando di dipendenti pubblici dobbiamo preoccuparci di
    fare in modo che essi conservino il posto di lavoro. Si
    tratta infatti di persone che hanno una famiglia, che hanno
    determinate esigenze. Dobbiamo però evitare che questa
    diventi una forma surrettizia attraverso la quale si è
    abilitati ad insegnare altre materie seguendo un percorso
    che, nei fatti, diventa privilegiato e va a ledere interessi
    e aspettative di altre persone che, sul territorio nazionale,
    hanno seguito percorsi personali e familiari per acquisire
    un punteggio al fine di essere incardinati nei ruoli organici
    dello Stato. Dobbiamo far si che ciò non possa accadere
    per evitare una palese ingiustizia.

    Quindi, invito il Governo a compiere nel medio periodo
    opportune verifiche e controlli sul campo circa il funzionamento
    di tale normativa. Non sarebbe, infatti, accettabile questo
    doppio canale, qualora si verificasse un utilizzo dell’ingresso
    nei ruoli del personale docente non conforme allo spirito
    della legge. Nell’ipotesi in cui si registrassero incongruenze
    e scostamenti rispetto allo spirito della normativa, credo
    che il Parlamento dovrebbe intervenire a correggere eventuali
    distorsioni.

    Presidenza del vice presidente SALVI

    (Segue BASTIANONI). Nel complesso, signor Presidente, esprimo
    un giudizio positivo sull’impianto del provvedimento,
    ancorché necessiti di alcuni correttivi che nel corso
    dell’esame in Aula riteniamo potranno essere accolti
    dai colleghi senatori. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del
    senatore Zavoli).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Favaro. Ne ha facoltà.

    FAVARO
    (FI). Signor Presidente, la questione dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica era già stata
    affrontata nella passata legislatura con la presentazione
    al Senato della Repubblica di un provvedimento, sostenuto
    dall’allora maggioranza di centro-sinistra, che venne
    approvato in un testo unificato da un solo ramo del Parlamento,
    poiché la fine della legislatura non ne consentì
    il varo definitivo.

    Il disegno di legge presentato dal Governo (Atto Camera
    n. 2480) tiene conto del testo licenziato dal Senato nella
    scorsa legislatura e si inserisce nell’opera di riforma,
    di riqualificazione e di riordino della scuola italiana
    che è fra le azioni più qualificanti dell’attuale
    maggioranza di Governo.

    Esso mira a risolvere un problema particolare della scuola
    all’interno di un problema più vasto. Il problema
    particolare consiste nel reclutamento e nella regolamentazione
    dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica;
    il problema generale sta nella valenza, nel significato
    – qualcuno direbbe anche nella possibilità – dell’insegnamento
    della religione cattolica in uno Stato che è, e che
    noi vogliamo, laico.

    La questione, come ho già detto, è stata
    affrontata nella passata legislatura, ma nel frattempo la
    sua soluzione è diventata ancora più urgente,
    atteso che dopo l’Accordo del 1985 tra lo Stato italiano
    e la CEI, che ha reso tale insegnamento facoltativo, comunque
    più del 90 per cento degli studenti italiani sceglie
    di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.

    Oggi, inoltre, si è ridotto notevolmente il numero
    dei sacerdoti e dei religiosi che insegnano la religione
    cattolica, tanto che circa l’80 per cento dei docenti
    è costituito da laici, che assolvono un compito educativo
    all’interno della scuola italiana.

    Il terzo argomento è che la legge n. 124 del 1999
    ha individuato un itinerario specifico per gli insegnanti
    precari che questo disegno di legge intende estendere anche
    agli insegnanti di religione cattolica, unici esclusi. Il
    provvedimento in esame tende quindi ad eliminare dalla scuola
    una categoria di insegnanti stabilmente precari, dando loro
    la dignità di tutti gli altri lavoratori. Ne guadagna
    anche la considerazione della materia insegnata e si creano
    le condizioni per la qualificazione di una categoria di
    docenti all’interno di una scuola che noi vogliamo
    qualificata.

    Bisogna precisare che l’insegnamento della religione
    cattolica di cui stiamo parlando si svolge come attività
    scolastica di cultura religiosa, che è cosa ben diversa
    dalla catechesi, in un luogo laico di cui nessuno vuole
    mettere in dubbio la laicità: la scuola. Vi è
    assoluta libertà di partecipazione e quest’ultima
    non comporta alcuna adesione alla fede cristiana.

    Il vecchio Concordato lateranense prevedeva che nella scuola
    pubblica si potesse svolgere un insegnamento della religione
    in funzione catechistica; in base al nuovo Accordo, lo Stato
    si impegna ad assicurare nella scuola pubblica un insegnamento
    della religione cattolica inserito nel quadro delle finalità
    della scuola, riconoscendo il valore che rappresentano,
    soprattutto in Occidente, la cultura religiosa ed il cristianesimo.

    Io credo non possa esistere formazione completa della persona
    che non sia legata alla propria cultura, e la nostra cultura
    ha profonde radici cristiane e cattoliche. Insomma, senza
    conoscere la religione e la cultura cattolica sarà
    più difficile e probabilmente incompleta per un italiano
    e per ogni europeo la risposta alla domanda: chi siamo?
    Sarà altresì incerto il riferimento ad un
    sistema di valori che hanno consentito una grande crescita
    civile alle nostre comunità e a princìpi che
    fanno parte del nostro patrimonio culturale.

    E quanto più saremo coscienti del nostro patrimonio
    culturale, tanto più sarà facile il dialogo
    con le altre culture, dialogo inevitabile in una società
    multietnica e multiculturale.

    Nessuna chiusura, quindi, nei riguardi delle altre culture;
    anzi, noi vogliamo creare le condizioni per un’apertura,
    per un dialogo.

    Vi è da dire, inoltre, che l’insegnamento della
    religione appartiene all’area delle cosiddette materie
    miste, in quanto vi è compresenza di interessi dello
    Stato e della Chiesa.

    La vigente disciplina concordataria prevede che l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole è impartito
    da insegnanti che sono riconosciuti idonei dall’autorità
    ecclesiastica, ovvero dall’ordinario diocesano. Trattandosi
    di un insegnamento non sulla religione ma della religione
    cattolica, dichiarare l’idoneità degli insegnanti
    spetta senz’altro alla Chiesa, mentre per quanto concerne
    la qualificazione professionale, ovvero il titolo di studio,
    essa è regolata da intesa tra Stato e Chiesa.

    Attualmente è l’autorità ecclesiastica
    che dichiara l’idoneità all’insegnamento
    e l’eventuale revoca dell’idoneità stessa.
    In quest’ultima ipotesi, ovvero nel caso di revoca
    dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano,
    oggi l’insegnante cessa dall’impiego di ruolo
    e gli viene precluso il passaggio ad altro insegnamento
    scolastico, pur essendo in possesso di abilitazione, creando
    una condizione di precarietà.

    Il disegno di legge in esame si propone di porre fine allo
    stato di disagio nel quale si trovano gli insegnanti di
    religione, consentendo loro, purché dotati dei necessari
    requisiti, l’equiparazione agli altri docenti scolastici,
    sul piano giuridico e amministrativo, e consentendo anche
    agli insegnanti dichiarati in mobilità di restare
    nella scuola purché ne abbiano i titoli.

    Proprio l’articolo 4 del disegno di legge relativo
    alla mobilità ha rappresentato uno dei punti controversi
    e oggetto di un dibattito intenso. Ci sembra che la soluzione
    trovata sia molto equilibrata e rispettosa della dignità
    e dei diritti degli insegnanti. Vi si prevede la mobilità
    per l’insegnante cui sia stata revocata l’idoneità
    o che si trovi comunque in esubero, mobilità che
    viene concessa in base alle modalità previste dalle
    disposizioni vigenti e subordinatamente al possesso dei
    requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto.
    Si esce in tal modo da una sostanziale posizione giuridica
    di precariato che non garantisce la dignità del lavoro
    professionale degli insegnanti di religione e si dà
    finalmente attuazione al dettato delle norme concordatarie.

    Forza Italia si riconosce nel disegno di legge in esame
    che voterà nel testo così come presentato.

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Contestabile. Ne ha facoltà.

    CONTESTABILE
    (FI). Signor Presidente, il mio giudizio sul disegno di
    legge in esame non è negativo, tant’è
    vero che non mi asterrò dalla votazione perché,
    come è noto, tale astensione all’interno del
    Senato equivale ad un voto contrario ed io non voglio esprimere
    un voto in tal senso. In dissenso dal Gruppo quindi non
    parteciperò alla votazione.

    Mi riconosco nell’intervento svolto dall’amico
    e collega di partito senatore Favaro che ha più volte
    ribadito la sostanziale laicità di questo provvedimento.
    È vero, è una legge sostanzialmente laica,
    se non fosse per una questione che pone un grave problema
    di principio e che forse è sfuggita ai più.

    Sono rispettoso delle religioni, sono rispettosissimo della
    religione cattolica. Mi riconosco nel titolo del celebre
    saggio di Benedetto Croce "Perché non possiamo
    non dirci cristiani".

    Certo, ha ragione la senatrice Soliani quando afferma che
    la nostra storia è anche storia della religione cattolica,
    io direi che è anche storia della Chiesa Cattolica:
    ha ragione. È una storia che ha avuto luci ed ombre:
    le luci sono molto splendenti, basta fare i nomi di Agostino
    d’Ippona e di Tommaso d’Aquino, le ombre, sono, per esempio,
    quelle della controriforma, i due cugini Borromei e Roberto
    Bellarmino; aveva ragione Delio Cantimori, grande storico
    degli eretici italiani del ‘500 quando diceva che uno dei
    problemi di questo Paese è aver avuto la controriforma
    senza aver avuto la riforma.

    La legge, però, che è – ripeto – una legge
    laica e posso perfino spingermi a definire una buona legge,
    pone una questione grave di principio: nella nomina degli
    insegnanti di religione vi è un forte intervento
    dell’ordinario diocesano. Ora, si pone il problema di un
    dipendente dello Stato, pagato dallo Stato, che è
    in parte nominato da una autorità, che io rispetto
    moltissimo, il vescovo, ma che non è lo Stato, anzi
    è di un altro Stato. Tale questione pone un problema
    di principio grave che si poteva risolvere: la nomina dell’insegnante
    di religione poteva essere riservata all’ordinario diocesano
    ma l’insegnante di religione non diventava dipendente dello
    Stato, era a carico dell’ordinario diocesano e della Chiesa
    Cattolica, o, in alternativa, l’insegnante di religione
    veniva pagato dallo Stato e diventava dipendente dello Stato
    ma non vi era alcuna ingerenza nella nomina da parte dell’ordinario
    diocesano.

    Il mio non è un discorso contro la Chiesa cattolica,
    tutt’altro; più mi faccio vecchio e più rispetto
    la funzione che la Chiesa cattolica ha avuto nella nostra
    storia, pur con delle punte critiche: ripeto, l’Inquisizione
    e la Controriforma. Le questioni di principio sono, però,
    essenziali e ad esse non si può contravvenire.

    Questo equivoco ha una nascita lontana nell’accordo tra
    i cattolici e i comunisti a proposito dell’articolo 7, un
    accordo che, a mio parere, non ha portato bene al nostro
    Paese. Per fortuna, ora nessuno mette più in discussione
    la laicità dello Stato, la formula recepita è
    ancora una volta quella cavouriana della "Libera Chiesa
    in libero Stato".

    Io rispetto moltissimo la libertà della Chiesa,
    non potrò votare questa legge perché contravviene
    ad una questione di principio. (Applausi del senatore Malabarba).

    PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei
    disegni di legge in titolo ad altra seduta.

    Sull’ordine dei lavori

    PRESIDENTE. Comunico che, in relazione ai concomitanti
    impegni delle Commissioni riunite 1a e 2a, la discussione
    dei disegni di legge sul patteggiamento e sulla semplificazione
    è rinviata ad altra seduta.

    Interpellanze e interrogazioni, annunzio

    PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
    un’interpellanza e interrogazioni, pubblicate nell’allegato
    B al Resoconto della seduta odierna.

    Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
    pubblica oggi, alle ore 17,30, con l’ordine del giorno
    già stampato e distribuito.

    La seduta è tolta (ore 11,45).

     

  • Stato_Giuridico_due/Odg_Aula_S_10_06_2003.asp

    Senato della Repubblica

    Martedì 10 giugno
    2003
    411a e 412a Seduta Pubblica

    —————————————————————————–

    ORDINE DEL GIORNO
    alle ore 10
    Seguito delle discussioni generali dei disegni di
    legge:
    Deputati PISAPIA; PALMA ed altri; VITALI. – Modifiche
    al codice di procedura penale in materia di applicazione
    della pena su richiesta delle parti (Approvato dalla Camera
    dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato
    dalla Camera dei deputati). – Relatore Ziccone (Relazione
    orale). (1577-B )
    Interventi in materia di qualità della regolazione,
    riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione
    2001 (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera dei
    deputati e nuovamente approvato dal Senato. Rinviato dal
    Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo
    74 della Costituzione. (Voto finale con la presenza del
    numero legale) – Relatore Pastore. (776-B-bis )
    Norme sullo stato giuridico degli
    insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle
    scuole di ogni ordine e grado (Approvato dalla Camera dei
    deputati). (1877 )
    – EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica. (202
    )
    – BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
    (259 )
    – BEVILACQUA. – Norme sullo stato giuridico degli
    insegnanti di religione cattolica. (554 )
    – SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica. (560 )
    – BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica.
    (564 )
    – MONTICONE ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica. (575 )
    – MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento dei docenti di religione cattolica.
    (659 )
    – COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica. (811 )
    – TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
    (1345 )
    – ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica.
    (1909 )

    – Relatore Brignone.

  • Stato_Giuridico_due/resoconto_aula_S_10_06_2003.asp

    SENATO DELLA REPUBBLICA
    —————— XIV LEGISLATURA ——————

    411a SEDUTA PUBBLICA

    RESOCONTO

    SOMMARIO E STENOGRAFICO

    MARTEDÌ 10 GIUGNO 2003

    (Antimeridiana)

    _________________

    Presidenza del vice presidente CALDEROLI

    —————————————————————————–

    RESOCONTO SOMMARIO

    Presidenza del vice presidente CALDEROLI
    indi del vice presidente FISICHELLA

    La seduta inizia alle ore 10,02.

    Il Senato approva il processo verbale della seduta del 5
    giugno.
    Omissis

    Seguito della discussione dei disegni di legge:

    (1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)

    (202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica

    (564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica (659)
    MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento dei docenti di religione cattolica (811)
    COSTA. – Norme in materia di stato giuridico degli
    insegnanti di religione cattolica (1345) TONINI ed altri.
    – Norme sullo stato giuridico e sul reclutamento degli
    insegnanti di religione cattolica (1909) ACCIARINI ed altri.
    – Norme sullo stato giuridico e sul reclutamento degli
    insegnanti di religione cattolica

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito
    della discussione dei disegni di legge nn. 1877, già
    approvato dalla Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560,
    564, 575, 659, 811, 1345 e 1909.

    Ricordo che nella seduta antimeridiana del 3 giugno ha
    avuto inizio la discussione generale.

    È iscritto a parlare il senatore Gubert. Ne ha facoltà.

    GUBERT
    (UDC)
    . Signor Presidente, onorevoli rappresentanti
    del Governo, onorevoli colleghi, è con viva soddisfazione
    che dopo i tentativi delle scorse legislature ci si avvia,
    con il disegno di legge in esame, a dare soluzione al problema
    dell’inquadramento in ruolo e della carriera degli
    insegnanti della religione cattolica.

    Molti sono stati gli apporti uno dei quali, il primo disegno
    di legge presentato, l’Atto Senato n. 202, vede la
    firma di alcuni senatori dell’UDC tra i quali anche
    la mia.

    La soluzione proposta per rimuovere l’ingiusta discriminazione
    cui erano e sono sottoposti gli insegnanti di religione
    cattolica mi sembra equanime, migliore di quella che quest’Aula
    aveva approvato nella scorsa legislatura. Il fatto che ad
    attestare la capacità di insegnare la religione cattolica
    fosse l’ordinario diocesano e che tale attestazione
    fosse revocabile, veniva e viene assunto come condizione
    che imponeva e impone la precarietà del rapporto
    di lavoro. L’insegnante di religione cattolica, nonostante
    le forti affermazioni circa l’importanza della cultura
    e della tradizione cattolica contenute nel concordato fra
    Stato e Chiesa cattolica, era di fatto pesantemente discriminato:
    un insegnante di classe B.

    Finalmente si è trovato il modo di conciliare lo
    speciale regime di idoneità con la stabilità
    del rapporto di lavoro e la possibilità di carriera.

    Si tratta di un atto di giustizia. Proprio la laicità
    dello Stato italiano lo priva della capacità di giudicare
    se quanto insegnato da un candidato docente di religione
    cattolica rappresenti i contenuti di questa in modo adeguato,
    con particolare attenzione alla capacità pedagogica
    e didattica. Chi volete, se non chi ha l’autorità
    sull’ortodossia religiosa, che possa giudicare di questo?
    Servirebbe agli studenti un insegnamento della religione
    cattolica che non ne rappresentasse i contenuti, o che li
    deformasse, o che li contraddicesse? Se, allora, proprio
    la laicità dello Stato postula l’intervento dell’autorità
    ecclesiastica, come riconosciuto dal Concordato, perché
    considerare ciò la premessa per uno svantaggio nel
    rapporto di lavoro di chi insegna la religione cattolica?

    Giustamente eliminate le discriminazioni attinenti al rapporto
    di lavoro, restano da eliminare le discriminazioni a cui
    è sottoposto l’insegnamento stesso, e indirettamente
    l’insegnante. È assai frequente che la collocazione
    oraria dell’insegnamento della religione cattolica, nonostante
    le norme contrarie, sia nelle fasce marginali, nelle ultime
    ore, quando l’affaticamento degli studenti è maggiore.
    Qualche insegnamento per forza dovrà essere collocato
    in fasce sfavorevoli, ma il fatto che ciò accada
    più di frequente per la religione cattolica non testimonia
    certo dell’attenzione positiva per esso.

    Anche per quanto riguarda la valutazione, l’importanza
    ad esso attribuita è secondaria, trascurabile, ed
    il fatto è aggravato se vengono attuate discriminazioni
    circa la piena partecipazione dei docenti di religione cattolica
    alla valutazione espressa collettivamente dai consigli di
    classe. Sono venuto direttamente a conoscenza del ricatto
    che i docenti di un consiglio di classe hanno posto all’insegnante
    di religione: se egli non avesse acceduto alle loro richieste
    di collocazione oraria, essi avrebbero provveduto ad escluderlo
    dalle valutazioni del consiglio stesso. Spesso proprio il
    tipo di materia insegnata consente al docente di religione,
    invece, di conoscere meglio elementi che consentano una
    più adeguata valutazione dell’alunno. La radice forse
    principale di questa scarsa considerazione, in molti casi,
    dell’insegnamento della religione cattolica sta probabilmente
    nella sua opzionabilità.

    Lo Stato italiano, la scuola, devono prevedere l’insegnamento
    della religione cattolica, ma proprio il fatto che i genitori
    prima e gli studenti poi siano richiesti di una specifica
    opzione per poterla poi frequentare, testimonia che la conoscenza
    degli elementi principali della religione cattolica non
    è poi ritenuta importante, non fa parte della conoscenza
    di base, non è parte integrante di una adeguata educazione
    delle nuove generazioni. Chi ritiene utile tale conoscenza
    la scelga, ma per lo Stato alla collettività nazionale
    che la si scelga o meno nulla importa. È evidente
    come siano prevalenti in questo atteggiamento considerazioni
    circa la libertà religiosa, anziché quelle
    di una formazione adeguata alla comprensione della realtà
    socio-culturale nella quale i giovani si inseriscono. Ma
    proprio la revisione del Concordato ha precisato come l’insegnamento
    della religione cattolica non debba essere catechetico,
    cioè quello tipico dell’attività di socializzazione
    della comunità religiosa nella sua autonomia, bensì
    debba assumere la funzione di trasmissione delle conoscenze,
    circa credenze e valori, appropriato alla natura della scuola,
    ossia valorizzandone la natura culturale. Non si tratta,
    quindi, di un’attività di proselitismo, di indottrinamento,
    bensì di fornire la conoscenza degli elementi culturali,
    conoscitivi e valutativi della religione cristiana cattolica.

    Se si pensa al cadenzamento del calendario settimanale
    e annuale, se si pensa alla grande ricchezza del patrimonio
    artistico e architettonico, se si pensa ad alcuni principi
    contenuti nella Costituzione, se si pensa a molti elementi
    della lingua, se si pensa alla storia italiana ed europea,
    non si può non riconoscere l’importanza dell’esperienza
    cristiana, cattolica, fino a poter dire che è impossibile
    comprendere la cultura locale, regionale, nazionale ed europea
    se non si conoscono credenze e valori del cristianesimo,
    così come interpretato in Italia e in Europa.

    Se questo è vero, ed è stato riconosciuto
    anche da non credenti come Benedetto Croce, e se l’insegnamento
    della religione cattolica, come previsto, è trasmissione
    del cristianesimo come parte della cultura, è mai
    possibile che lo Stato non debba proporre tale insegnamento
    a tutti? Se in qualche caso esso fosse vissuto come violazione
    della libertà religiosa, si potrebbe prevedere qualche
    forma di esonero, ma tale assetto testimonierebbe di una
    ben più adeguata considerazione della valenza formativa
    per tutti, cristiani cattolici e non, della conoscenza della
    religione cristiana cattolica, e ciò sarebbe valido
    soprattutto per chi di questa cultura non fa parte, perché
    proviene da altre culture e da altri mondi, con la crescente
    immigrazione.

    In Italia tale più adeguata considerazione è
    prevista e attuata in provincia di Bolzano, mentre è
    prevista e non attuata in provincia di Trento.

    Oltre ad attuarlo in provincia di Trento, superando le
    resistenze che tuttora si frappongono (e al riguardo, onorevole
    Sottosegretario, richiamo due interrogazioni che ho presentato,
    prive finora di risposta), nonostante i rilievi formulati
    dal difensore civico e la testimonianza di alcune famiglie,
    sarebbe il caso di estendere tale regime, previsto per le
    Regioni di confine dal Concordato, a tutto il territorio
    nazionale.

    La questione è certamente delicata, affronta temi
    sensibili, occorre tener conto dei processi storici di cambiamento,
    ma a mio avviso è indubbio che faremo un servizio
    ai giovani dando più rilievo all’insegnamento
    della religione cattolica che non considerandolo una materia
    meramente opzionale.

    Per ora famiglie e studenti lo scelgono in massa, ma fino
    a quando ciò potrà supplire alla carenza di
    impegno nelle proposte educative da parte dello Stato?

    Ecco, vorrei offrire queste riflessioni per un ulteriore
    avanzamento in materia e mi complimento con le forze politiche
    di maggioranza di cui faccio parte per aver condotto avanti
    questo provvedimento. (Applausi del senatore Ciccanti).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Cortiana. Ne ha facoltà.

    CORTIANA
    (Verdi-U)
    .
    Signor Presidente, colleghi, nel proporre
    alcune riflessioni in discussione generale rilevo che io,
    proprio nel rispetto dell’Aula e del dialogo, ho ascoltato
    con attenzione ciò che ha detto il senatore Gubert
    e poi vorrei provare a dialogare anche con lui e quindi
    con tutti quelli che sono presenti, a partire dal Governo,
    perché egli ha posto alcune questioni che guardano
    oltre il merito specifico del disegno di legge.

    Circa il disegno di legge, noi apprezziamo la volontà
    delle amministrazioni dello Stato di tradurre un impegno
    concordatario registrato nella Costituzione e che già
    aveva visto quest’Aula impegnata nella scorsa legislatura
    (ha fatto bene a ricordarlo il collega Gubert). Abbiamo
    l’impressione però che vi siano alcuni elementi
    di criticità, che ci trovano dissenzienti.

    Il primo riguarda la qualificazione di questi insegnanti,
    la loro preparazione, la loro formazione, proprio per ciò
    che ha ricordato prima il collega Gubert, quindi per l’importanza
    di riuscire a rendere anche un retroterra culturale, non
    soltanto un ordinamento di tipo religioso. C’è
    una questione di preparazione, di competenze e di professionalità
    specifica.

    L’altro elemento di criticità che a noi appare
    evidente è quello di una sorta di sanatoria-scambio,
    che diventa ancora più preoccupante perché
    si propone poi nell’ambito della mobilità, laddove
    si riscontrano esuberi, come possibilità di insegnamento
    anche in altre discipline. Questa è una questione
    molto delicata. La prima questione è quella del rispetto
    per la fatica e per il tirocinio di tutti gli altri colleghi
    insegnanti, e ben fa il collega Gubert a richiamare la necessità
    di un rispetto della dignità personale dell’insegnante
    nell’ambito del collegio; è bene che tutto questo
    si fondi su un percorso e un vissuto comuni anche nel tirocinio
    che li porta all’abilitazione.

    L’altro elemento di criticità, a nostro avviso,
    proprio in riferimento a quei limiti sul piano della formazione,
    della preparazione, è l’idea che, laddove venga
    a trovarsi in esubero, un insegnante può entrare
    in un ambito di mobilità anche occupandosi di altre
    materie, il che diventa ancora più preoccupante.

    Questi sono, diciamo, i giudizi negativi, gli elementi
    per noi assolutamente problematici rispetto al disegno di
    legge.

    Voglio però entrare in relazione con ciò
    che il collega precedentemente ha detto, che sarà
    oggetto di un ordine del giorno nostro e riguarda anche
    lo sforzo che, in modo particolare nell’ultimo anno,
    sull’incedere della tragedia della guerra, la Chiesa
    cattolica, il Papa in prima persona, ha cercato di proporre:
    l’idea del dialogo interreligioso, della comprensione
    e del rispetto reciproco, il non far sì che diverse
    credenze religiose possano diventare strumento, maschera
    per integralismi, per scontri di potere di natura politico-economica.

    Su questo per fortuna la Chiesa si è spesa molto,
    per ora sembra bene, e al di là delle uscite dell’imam
    di Roma è apprezzabile la reazione che hanno avuto
    tutti gli altri imam, tutte le altre esperienze musulmane
    in Italia in questi giorni; credo che i colleghi abbiano
    seguito.

    Ebbene, anche noi pensiamo che sia importante la comprensione
    reciproca ed è bene quindi che già oggi, nell’ambito
    delle possibilità delle scuole, si faccia un lavoro
    sulla storia delle religioni. In futuro, nell’ambito
    della riorganizzazione dei programmi, indubbiamente storia
    delle religioni va fatta anche perché abbiamo di
    fronte un’integrazione europea importante e non possiamo
    non vedere che il nostro retroterra comune europeo è
    quello cristiano. Uso volutamente il termine "cristiano",
    che poi si declina per gli italiani in modo particolare
    con un’esperienza significativa in ambito cattolico,
    per altri in ambito protestante. È una chiave di
    lettura molto importante: noi parliamo di storia delle religioni
    non solo in termini di articolazioni della cristianità,
    ma come storia di tutte le religioni monoteiste. È
    evidente infatti che l’immigrazione ed anche il processo
    di estensione dell’Europa, tendente ad inglobare anche
    una serie di paesi dell’Est, ci porta e ci porterà
    al confronto con altre religioni monoteiste, innanzitutto
    quella musulmana.

    È bene quindi che proprio in chiave storica, di
    cultura e di cultura delle religioni, per quelle implicazioni
    storico-sociali che il collega Gubert richiamava prima,
    vi sia un insegnamento di storia delle religioni. A mio
    avviso, però, collega Gubert, ciò va realizzato
    però nei termini seguenti: non tanto relativamente
    alla materia di storia della religione cattolica, proprio
    per quelle implicazioni, proprio perché chiunque
    di noi, credente o non credente, non può disconoscere
    le radici e l’entroterra particolare che ha il nostro
    Paese nell’Europa. Si tratta di un aspetto che va conosciuto
    e apprezzato fino in fondo, così come vanno conosciute
    le altre religioni, il loro modo di proporsi, le loro radici,
    che danno luogo a consumi e costumi particolari nell’ambito
    delle dinamiche relazionali e sociali, ed è molto
    importante conoscerle, se non vogliamo che la diversità
    diventi alterità, pagandone poi il prezzo. Credo
    quindi che la chiave di lettura debba essere questa.

    La religione è un dono, un’illuminazione. Ho
    grande rispetto per chi ce l’ha; personalmente non
    ce l’ho, sento molta tensione spirituale ma non in
    chiave religiosa, non credo che una diversa educazione in
    materie scolastiche quando ho frequentato le scuole elementari,
    medie e superiori, così come l’università,
    mi avrebbe dato come istruzione ciò che non ho avuto
    nella mia vita come dono, come illuminazione. Si tratta
    di una questione molto delicata su cui inviterei il collega
    Gubert a riflettere.

    In conclusione, annuncio la presentazione di un ordine
    del giorno, che è agli atti, ma su cui ho già
    lavorato per modificarlo, cercando di dialogare con la curia
    di Milano e con quella romana perché venisse rispettato
    questo spirito, che non è quello di disconoscere
    l’attuazione concordataria che si fa con questa legge,
    ma proprio di riuscire nello scambio di conoscenze sulle
    varie religioni a capire meglio anche altre esperienze ed
    altre culture.

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Tonini. Ne ha facoltà.

    TONINI
    (DS-U)
    .
    Signor Presidente, onorevoli rappresentanti
    del Governo, colleghi senatori, la revisione del concordato
    fra Italia e Santa Sede del 18 febbraio 1984 nell’ambito
    dei Patti Lateranensi recepiti dall’articolo 7 della
    Costituzione repubblicana ha inteso confermare l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e
    grado, esplicitandone peraltro lo status di disciplina facoltativa.

    Il nuovo Concordato prevede quindi che, nel rispetto della
    libertà di coscienza e della responsabilità
    educativa dei genitori, sia garantito a ciascun alunno il
    diritto di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento
    della religione cattolica.

    Il Concordato prevede che l’insegnamento sia confessionale.
    L’insegnamento confessionale – lo diceva prima il collega
    Gubert – non va confuso con la catechesi: quest’ultima
    presuppone infatti l’adesione di fede sia del docente
    che del discente. L’insegnamento confessionale non
    implica invece l’adesione di fede da parte del discente,
    ma presuppone comunque quella del docente: ed è per
    questo che il Concordato prevede che l’idoneità
    del docente all’insegnamento della religione cattolica
    sia attestata dall’autorità ecclesiastica. Si
    può condividere o meno questa impostazione ma è
    questa l’impostazione alla quale, attraverso il Concordato,
    la Repubblica italiana si è impegnata.

    Il nuovo Concordato del 1984 ha dato peraltro una nuova
    configurazione dell’insegnamento della religione cattolica
    nella scuola pubblica: a differenza di quanto stabilito
    del 1929, secondo il quale l’insegnamento della religione
    era una opportunità offerta alla Chiesa, che rimaneva
    – questa opportunità – tuttavia estranea all’istituzione
    scolastica e alle relative attività formative, il
    nuovo Concordato stabilisce che l’insegnamento della
    religione concorra al perseguimento degli obiettivi formativi
    della scuola pubblica.

    Mentre si chiarisce lo status di disciplina facoltativa
    dell’insegnamento della religione cattolica, si supera
    la visione ideologica, di stampo idealistico, che considerava
    la religione come uno stadio primitivo e infantile della
    coscienza, in favore di una visione pluralista delle vie
    al sapere: la via scientifica, quella filosofica, quella
    artistica e quella religiosa. E in favore di una visione
    che enfatizza anche il ruolo civile della religione, di
    quella cattolica in specie. Pur restando nell’alveo
    dell’insegnamento confessionale, il nuovo Concordato
    dilata quindi la funzione culturale e la responsabilità
    anche civica dell’insegnante di religione nella formazione
    degli allievi, pur mantenendo ed anzi irrobustendo le garanzie
    alla libertà di coscienza di allievi e famiglie attraverso
    il principio della facoltatività.

    In altra sede sarà opportuno e necessario ragionare
    sulla necessità di arricchire ulteriormente l’offerta
    formativa della scuola italiana nel campo sempre più
    attuale – a dispetto di ogni superficiale lettura della
    secolarizzazione – della fenomenologia religiosa, del suo
    complesso intrecciarsi con il passato, il presente e il
    futuro della civiltà umana. Così come sarà
    tutt’altro che peregrino interrogarsi sulla possibilità
    di corrispondere a questa crescente domanda, tipica di una
    società come la nostra che vive la sfida per molti
    versi inedita del pluralismo religioso, con il solo strumento
    dell’insegnamento confessionale e sulla connessa necessità
    che esso sia completato da più ampi spazi di confronto
    interconfessionale e di insegnamento laico.

    Su questi temi la 7a Commissione avviò nella scorsa
    legislatura una riflessione ad ampio raggio, della quale
    fu intelligente e appassionato relatore il collega Brignone,
    e che suscitò l’attenzione e l’interesse
    dei ministri Berlinguer e De Mauro e della stessa Conferenza
    episcopale: una riflessione che sarebbe bene riprendere
    e rilanciare.

    Oggi è alla nostra attenzione una questione più
    circoscritta, anche se tutt’altro che svincolata dai
    temi di sfondo fin qui evocati: è la questione che
    riguarda lo stato giuridico dei docenti di religione, cittadini
    italiani, ormai nell’80 per cento dei casi laici, cioè
    né sacerdoti né religiosi, lavoratori pubblici,
    dipendenti dello Stato e tuttavia fin qui soggetti ad una
    anacronistica condizione di licenziabilità ad nutum,
    a seguito della loro insuperabile – almeno nell’ambito
    dell’attuale Concordato – dipendenza dal "nulla
    osta" ecclesiastico che, in ragione del carattere confessionale
    dell’insegnamento, non può non essere revocabile.

    Nel firmare l’intesa con la Conferenza episcopale
    italiana, lo Stato italiano si impegnava, quasi venti anni
    fa, a definire lo stato giuridico degli insegnanti di religione.
    A questo ritardo voleva porre fine il disegno di legge presentato
    nella scorsa legislatura dalle forze politiche del centro-sinistra
    e approvato dall’Assemblea del Senato del 19 luglio
    del 2000.

    La fine della legislatura non consentì di completare
    l’iter col voto della Camera. Tuttavia, avvalendosi
    del lavoro iniziato nella scorsa legislatura dall’Ulivo
    – come ha correttamente riconosciuto il relatore, senatore
    Brignone -, l’attuale Governo ha approvato un nuovo
    disegno di legge al quale il centro-sinistra, che nella
    scorsa legislatura aveva votato quell’analogo provvedimento,
    non può non guardare, almeno a mio avviso, con apertura
    e simpatia. È buona norma, nella democrazia dell’alternanza,
    non dismettere dall’opposizione i panni della cultura
    di Governo, se al Governo si intenda tornare e se si consideri
    l’opposizione una condizione e non un principio identitario.

    Al tempo stesso, non si possono non rilevare nell’attuale
    testo governativo, così come è stato licenziato
    dalla Camera dei deputati, modifiche all’impostazione
    da noi proposta nella scorsa legislatura che, a mio avviso,
    rischiano di turbare il riconoscimento di un diritto e la
    promozione di un’importante figura professionale.

    Se si vuole evitare questo rischio, è a mio modo
    di vedere opportuno che il testo all’esame dell’Aula
    sia emendato in tre punti circoscritti, ma qualificanti,
    accomunati dalla medesima preoccupazione che si affermi,
    nel testo di legge e nel suo recepimento vivente, nella
    comunità scolastica e in quella civile nel suo complesso,
    una visione lungimirante dell’interesse degli insegnanti
    e dell’insegnamento della religione cattolica.

    In primo luogo, è necessario che la mobilità
    verso altro insegnamento per i docenti di religione cattolica
    che abbiano avuto la revoca del nulla osta ecclesiastico
    sia consentita solo dopo un congruo periodo di tempo (sono
    stati proposti cinque anni, ma si può discutere su
    questo) dall’assunzione in ruolo e che i posti vacanti
    per revoca non siano messi a concorso per un periodo altrettanto
    congruo. Si tratta di porre un vincolo ragionevole che eviti
    anche il solo sospetto che la nuova disciplina sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica possa
    prestarsi a dar vita ad un sistema parallelo di reclutamento,
    rispetto a quello previsto per legge per tutti gli insegnanti.

    In secondo luogo, per la partecipazione alle procedure
    concorsuali – beninteso, a regime, non in prima applicazione
    – deve essere richiesto, a nostro avviso, il possesso di
    un diploma di laurea, per non derogare al principio che
    tutto il corpo docente della scuola italiana sia munito
    di questo requisito qualitativo.

    È un’esigenza in qualche modo riconosciuta
    anche dalla Chiesa cattolica. Ricordo un’intervista
    rilasciata al quotidiano "l’Unità"
    del 12 aprile 2000 da monsignor Attilio Nicora, allora delegato
    della presidenza della Conferenza episcopale italiana per
    le questioni giuridiche, il quale diceva: "Anche noi"
    – intendendo i vescovi – "siamo interessati ad elevare
    la qualificazione professionale. I maestri, per esempio,
    dovranno essere dotati di una laurea. Così i professori
    del ciclo secondario delle scuole superiori, oltre alla
    laurea, devono seguire e superare corsi di specializzazione.
    Riteniamo, perciò, che in prospettiva vada innalzato
    anche il livello culturale dell’insegnante di religione
    per essere alla pari con i colleghi di altre materie".
    Questi erano i termini del dibattito di allora. Si possono
    trovare modi diversi per innalzare il livello culturale
    dell’insegnante di religione, ma l’obiettivo va
    posto esplicitamente.

    Noi aggiungiamo che dal riconoscimento dell’insegnamento
    della religione cattolica quale disciplina dalla natura
    culturale e formativa, e non catechistica, non può
    non derivare la necessità di una maggiore qualificazione
    culturale del corpo docente preposto a tale insegnamento.
    Ciò in una visione non miope dello stesso interesse
    degli insegnanti di religione: una categoria che spesso
    si è sentita emarginata e non adeguatamente valorizzata,
    all’interno dello stesso collegio dei docenti.

    Infine, a nostro avviso va stabilito che nel primo concorso,
    accanto alla verifica della conoscenza dell’ordinamento
    scolastico, vi sia una prova di cultura generale. Anche
    qui si vuole rafforzare la valenza culturale del provvedimento
    in esame, che in nessun caso deve poter essere visto come
    una misura di favore, a vantaggio o addirittura a privilegio
    di una categoria contro altre categorie di insegnanti.

    Riteniamo che la prova di cultura generale, in particolare
    nel settore delle discipline storiche e filosofiche, accanto
    a quella in campo didattico e pedagogico, rappresenti un’ulteriore
    modalità di verifica delle competenze in possesso
    degli aspiranti all’ammissione in ruolo, ai quali,
    a seguito del superamento del concorso, si assicurano finalmente
    – e sottolineo "finalmente" – una posizione giuridica
    e diritti pari a quelli del corpo docente nel suo complesso.
    (Applausi dei senatori Zavoli e Soliani).

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Ciccanti. Ne ha facoltà.

    CICCANTI
    (UDC)
    .
    Signor Presidente, onorevole rappresentante
    del Governo, onorevoli colleghi, come è stato da
    più parti ricordato il disegno di legge in esame
    persegue l’obiettivo del superamento della condizione
    di precariato degli insegnanti di religione cattolica. Questo
    avviene attraverso l’attribuzione dello stato giuridico
    del personale docente di ruolo dello Stato e la regolarizzazione
    con apposite procedure concorsuali delle modalità
    di reclutamento.

    Ad alcune critiche sollevate dal centro-sinistra, qualcuna
    anche polemica, va fatto osservare, come ricordavano i colleghi
    Gubert e Tonini, che già nel luglio del 2000 la maggioranza
    di centro sinistra di allora approvava un disegno di legge
    analogo che non chiudeva il proprio corso a causa della
    fine della XIII legislatura. Non si tratta quindi di una
    legislazione di favore ma del riconoscimento di un ruolo
    e di una funzione che trae origine dal rispetto della laicità
    dello Stato.

    La Corte costituzionale, nella sentenza n. 203 del 1989,
    ha riaffermato il principio supremo della laicità
    dello Stato quale uno dei profili della forma di Stato delineata
    dalla Costituzione che ha valenza superiore rispetto ad
    altre norme e leggi, anche di rango costituzionale, come
    per esempio il ricordato articolo 7 della Costituzione.
    Il principio di laicità dello Stato si desume dall’ordito
    di principi e valori contenuti nella inviolabilità
    dei diritti della persona, prevista già dall’articolo
    2; dal principio di uguglianza, previsto dall’articolo
    3; dalla libertà religiosa, prevista dall’articolo
    19 oltre ad altri valori che si rilevano negli articoli
    7, 8 e 20 della Costituzione per annessa materia.

    Laicità dello Stato non significa però indifferenza
    dello Stato alla religione; anzi, il principio di laicità
    dello Stato implica la garanzia della salvaguardia della
    libertà religiosa in un pluralismo confessionale
    e religioso. L’insegnamento della religione cattolica
    nelle scuole di Stato di ogni ordine e grado, esclusa l’università,
    è impartito, secondo la legge n. 121 del 1985, sulla
    scorta di una scelta che non è ideologica e non è
    confessionale. Due sono gli ordini di valutazione che la
    rendono compatibile con gli articoli 3 e 19 della Costituzione
    dianzi ricordati. Il primo è il valore formativo
    della cultura religiosa, quindi non una religione ma un
    pluralismo religioso della società civile. Il secondo
    è l’acquisizione dei principi del cattolicesimo
    al patrimonio storico del popolo italiano, alla pari del
    riconoscimento del cristianesimo come patrimonio storico-spirituale
    da inserire nella convenzione europea che è dibattito
    di questi giorni.

    Tale insegnamento, secondo la Corte, è al servizio
    di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei
    cittadini, quindi valore della cultura religiosa come genus
    e appartenenza dei principi del cattolicesimo al patrimonio
    storico del popolo italiano come species.

    È su questo sfondo di lettura politica che va quindi
    inquadrato il provvedimento legislativo, dove l’insegnamento
    della religione cattolica è insegnamento di principi
    che permeano la coscienza civile del popolo italiano. La
    coscienza civile degli italiani, però, non è
    intesa in termini totalizzanti, essa si inquadra – come
    dicevamo – in una trama di diritti soggettivi costituzionalmente
    garantiti. Sicché la libertà di coscienza
    ed educativa dei genitori e degli studenti delle scuole
    superiori si concretizza con la libera scelta, quindi con
    l’autodeterminazione di avvalersi o meno di tale insegnamento,
    come è stato ricordato.

    Pertanto, c’è l’obbligo per lo Stato di
    assicurare l’insegnamento della religione cattolica,
    derivante anche dagli accordi con la Santa Sede, ma la facoltà
    per gli studenti di avvalersene.

    La stessa Corte, con la sentenza n. 13 del 1991, ha sancito
    quindi il non obbligo degli studenti di avvalersi dell’insegnamento.

    Risolto il problema dell’obbligatorietà per lo Stato
    di assicurare l’insegnamento della religione cattolica,
    va chiarito il problema di chi deve insegnare. Attualmente
    è il Capo di istituto che conferisce incarichi annuali
    d’intesa con l’Ordinario diocesano. Perché "d’intesa
    con l’Ordinario diocesano"? Perché l’idoneità
    all’insegnamento religioso è riconosciuta dall’autorità
    ecclesiastica, in quanto come ha sintetizzato la Corte,
    esso è impartito in conformità alla dottrina
    della Chiesa.

    Ha fatto discutere qualche tempo fa la revoca dell’idoneità
    per un’insegnante di religione in quanto ragazza madre.
    Va però fatto osservare che tale idoneità
    è riconosciuta – e quindi revocata – dal canone n.804
    del codice di diritto canonico; quindi: retta dottrina,
    testimonianza di vita cristiana, abilità pedagogica.

    Tale ricezione nel nostro ordinamento positivo di altro
    ordinamento giuridico è perfettamente in linea con
    la norma pattizia di cui all’articolo 7 della Costituzione;
    sul riconoscimento di questi ordinamenti autonomi si spese
    il Santi Romano, che rimane una delle pietre miliari del
    nostro diritto.

    Tale tesi è stata riaffermata dalla Corte anche
    nella recente sentenza n. 343 del 1999. Quindi, l’unico
    problema che rimaneva aperto è quello del rapporto
    di lavoro: a tempo determinato con incarichi annuali, o
    a tempo indeterminato?

    Questo disegno di legge, ferme ed acquisite tutte le altre
    valutazioni che ho richiamato, risolve quest’ultima questione
    relativa al rapporto di lavoro: finisce il precariato.

    L’onorevole La Malfa, alla Camera, nel dichiararsi contro
    si è posto problemi non di principio ma di funzionalità
    della legge: la disparità di trattamento (e quindi
    la violazione del principio di uguaglianza) nel caso di
    revoca dell’idoneità da parte dell’Ordinario diocesano.

    Mentre l’onorevole Villetti, nel dichiararsi contro per
    conto dei socialisti, si è posto il problema pure
    della funzionalità della legge, in riferimento all’interferenza
    di una costola educativa di tipo confessionale, così
    ha dichiarato, nella struttura della scuola pubblica.

    Ritengo che le questioni da loro sollevate siano reali,
    ma porle per dichiarare un voto contrario, rischiano una
    valutazione sproporzionata rispetto ai problemi che invece
    vengono risolti con questo disegno di legge.

    Abbiamo assistito troppe volte alla diversità di
    trattamento di questi insegnanti, ai quali è stata
    preclusa l’ammissione alle sessioni riservate degli esami
    di abilitazione in concorsi riservati, pur avendo durata
    di servizio e titolo di studio richiesto, alla pari di altri
    docenti, solo perché il servizio prestato è
    basato su specifici profili di qualificazione professionale
    che non costituiscono titolo di accesso ad altri insegnamenti.
    Così il giudice amministrativo.

    Ebbene, con il doppio ruolo regionale di cui all’articolo
    1, comma 1, e con il comma 3 dell’articolo 4 di questo disegno
    di legge finalmente si supererà questa preclusione,
    così come si supererà anche la precarietà
    rappresentata dalla spada di Damocle della revoca dell’idoneità,
    utilizzando la mobilità di cui al ricordato comma
    3 dell’articolo 4. Anche questo era un problema di libertà.

    Dovrebbe pertanto esserne più felice che preoccupato
    l’onorevole La Malfa di questo istituto normativo che salvaguarda
    il rapporto di lavoro nonostante il venir meno del rapporto
    fiduciario con l’Ordinario diocesano; ossia il prevalere
    del nostro ordinamento rispetto a quello canonico recepito
    per via pattizia.
    Così come dovrebbero tranquillizzarsi coloro che
    temono l’interferenza della Chiesa nell’organizzazione
    scolastica. La Corte, con la ricordata sentenza n. 390 nel
    1999, ha ben ragionato, ritenendo che "l’intervento
    dell’Autorità ecclesiastica nel procedimento
    di conferimento dell’incarico costituirebbe una forma
    di partecipazione all’organizzazione di un servizio
    che è reso nella scuola e nel quadro delle finalità
    della scuola, ma che non sarebbe interamente della scuola".
    Infatti, "la Chiesa, concorrendo a determinare i programmi,
    le modalità di organizzazione, i criteri per la scelta
    dei libri di testo e i profili della qualificazione professionale
    degli insegnanti, secondo il protocollo addizionale dell’Accordo
    di revisione del Concordato, assumerebbe le responsabilità
    di un insegnamento confessionale nei riguardi del quale
    lo Stato rimane aperto e disponibile, giacché riconosce
    la cultura religiosa e i princìpi della religione
    cattolica come parte del patrimonio storico del popolo italiano".
    Così ha ragionato la Corte, che non è una
    sezione distaccata della Santa Sede!

    Nel momento in cui si riconosce questo, non si può
    negare alla Chiesa di disciplinare tale insegnamento secondo
    una propria autonomia che garantisce la coerenza con la
    dottrina della Chiesa stessa. Potrebbe questa coerenza essere
    definita da altri, magari atei o di altra religione, come
    qualcuno ha invocato? In tal modo verrebbero meno le garanzie
    in merito sia al riconoscimento del comune patrimonio culturale
    della Nazione sia ai princìpi pattizi dianzi ricordati.

    Sono queste le ragioni, laiche e di diritto positivo, di
    tutela dei lavoratori e della loro dignità professionale,
    troppe volte discriminata e resa precaria, che ci muovono
    politicamente, come UDC, ad esprimere un voto favorevole.
    Non sono logiche elettoralistiche o di parte, che qualcuno
    ha ingiustamente voluto far prevalere.

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
    Pedrizzi. Stante la sua assenza, si intende che abbia rinunciato
    all’intervento.

    È iscritto a parlare il senatore Passigli. Ne ha
    facoltà.

    PASSIGLI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’obiettivo del
    disegno di legge è chiaro: si tratta di introdurre
    una parificazione degli insegnanti di religione cattolica
    rispetto agli altri insegnanti con riguardo allo status
    giuridico ed economico.

    L’obiettivo è sicuramente condivisibile, ma
    l’articolato non lo è perché, a nostro
    avviso, lede alcuni princìpi costituzionali che richiamerò
    – malgrado quanto detto ora dai colleghi, mi sembra che
    la lesione permanga -, e incontra alcuni altri possibili
    rilievi di merito.

    La prima considerazione riguarda la circostanza che la
    proposta di legge in esame, all’articolo 3, affida
    chiaramente la selezione degli insegnanti alle istituzioni
    di un altro ordinamento, molto più di quanto non
    avvenisse nel precedente disegno di legge, approvato durante
    la scorsa legislatura.

    Il testo in esame, all’articolo 3, prevede che l’accesso
    ai ruoli avvenga tramite concorsi per titoli ed esami. I
    titoli sono quelli di cui all’Intesa, cioè quelli
    previsti da norme pattizie che, ai sensi dell’articolo
    7 della Costituzione, non possono essere modificate unilateralmente,
    ma soltanto con il consenso di entrambi i contraenti.

    Il punto debole non riguarda tanto i titoli, stabiliti
    da norme pattizie, bensì l’istituto del concorso.
    Questo è in realtà una fictio perché,
    così come disciplinato dall’articolo 3, è
    limitato all’accertamento di una preparazione culturale,
    generale e didattica, con esclusione – e questo ci sembra
    più che logico – dei contenuti specifici dell’insegnamento
    della religione cattolica, la cui valutazione è rimessa
    alla autorità diocesana attraverso l’istituto
    dell’autorizzazione a svolgere l’insegnamento.

    Ma l’accertamento della preparazione culturale, generale
    e didattica, è in realtà un qualche cosa che
    poi si rivelerà molto ostativo a un possibile passaggio
    ad altra funzione nell’ambito dell’ordinamento
    didattico, qualora venga meno il gradimento da parte dell’autorità
    diocesana, cioè se avviene la revoca.

    Infatti, non si vede come questa preparazione culturale,
    generale e didattica, possa o debba essere accertata venendo
    meno il requisito, previsto nella precedente legge, del
    possesso, ad esempio, di una laurea. Addirittura, al comma
    2 dell’articolo 5, si dice che il programma di esame
    del primo concorso – ed è presumibile che il primo
    concorso immetta nei ruoli una quantità molto rilevante
    degli insegnanti di religione precari – è volto unicamente
    all’accertamento della conoscenza dell’ordinamento
    scolastico, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi
    agli ordini e ai gradi di scuola ai quali si riferisce il
    concorso e nulla più: gli elementi essenziali della
    legislazione scolastica. Come può, un concorso del
    genere, costituire la base per un accesso stabile ai ruoli
    della funzione didattica? Stiamo violando il principio costituzionale
    dell’accesso alla pubblica amministrazione per concorso.
    Questo concorso – torno a dirlo – è una fiction:
    in realtà vi è solo il possesso dei titoli
    di cui all’Intesa e quindi vi è solo la funzione
    dominante, in questo caso, per quanto riguarda l’accesso,
    dell’autorità di altro ordinamento.

    In realtà, siamo di fronte ad un chiaro caso in
    cui la reale preparazione e capacità a svolgere non
    il ruolo di insegnante di religione, ma il potenziale futuro
    ruolo di insegnante di altra materia, non viene minimamente
    accertata.

    Abbiamo uno strano mix, in questa legge. Il recepimento
    di norme pattizie è chiarissimo per quanto riguarda
    l’accesso al ruolo e la risoluzione del rapporto. Addirittura,
    l’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato
    – a valle quindi dell’esame dei titoli e dell’ottenimento
    del gradimento dell’autorità diocesana e dell’espletamento
    di questo finto concorso – avviene attraverso un disposto
    del dirigente regionale "di intesa con" l’ordinario
    diocesano. Anche questo è singolare: si entra nella
    pubblica amministrazione italiana attraverso un atto delle
    autorità italiane, che potrebbero limitarsi a recepire
    e a riscontrare l’esistenza del gradimento, non con
    un atto di intesa. Ma, soprattutto, si esce dalla funzione
    specifica di insegnante di religione esclusivamente attraverso
    un atto – che ho già detto di ritenere giusto nella
    sostanza – di un’autorità di altro ordinamento.

    Un mix, quindi, di norme pattizie che vengono recepite
    anche indebitamente, eccessivamente nell’ordinamento
    italiano, e norme esclusivamente italiane: quelle che regolano
    che cosa avviene dell’insegnante nel momento in cui
    viene a perdere l’idoneità concessagli a suo
    tempo dall’ordinario diocesano.

    A quel punto, norme esclusivamente italiane introducono
    una chiara disparità di trattamento con altri insegnanti,
    proprio perché – come ho detto – non vi è
    nessuna verifica della capacità di insegnare materie
    diverse dalla religione cattolica, e quindi vi è
    un accesso nei ruoli che poi porta ad un trasferimento ad
    un altro ruolo in sostanziale violazione di parità
    di trattamento, quindi una sostanziale violazione dell’eguaglianza
    davanti alla legge di tutti i cittadini, come prevede l’articolo
    3 della Costituzione.

    Potremmo argomentare che questa disparità di trattamento
    avviene anche nei confronti di altri culti, e qui entreremmo
    in tutt’altra problematica, cioè in una lettura degli
    articoli 8, 19 e 20 della Costituzione, che sanciscono che
    tutte le religioni sono egualmente libere. Certo, se però
    si danno i mezzi potenti della promozione dello Stato per
    una religione, chiaramente questa eguaglianza, a cui la
    Costituzione fa esplicito e ripetuto cenno, viene sicuramente
    di fatto limitata. Quindi, vi è sicuramente un problema
    interpretativo di quanto la nostra Costituzione voglia dire.
    Ma la vera violazione – torno a dire – è dell’articolo
    97 della Costituzione, che prevede l’accesso ai ruoli per
    pubblico concorso, visto che qui il pubblico concorso non
    c’è. Vi è , lo ripeto, la contraddizione profonda
    tra la risoluzione del rapporto di lavoro, che è
    affidata a norme pattizie e una mobilità professionale,
    interamente disciplinata invece da norme dell’ordinamento
    italiano, ma in violazione della parità di trattamento
    di tutti i cittadini davanti alla legge.

    Credo, quindi, che questo provvedimento non possa avere
    il voto favorevole di quanti leggono la nostra Costituzione
    non con il vecchio spirito di un laicismo che ha confinato
    storicamente, a volte, nell’anticlericlarismo. Ieri, insieme
    ad altri colleghi di formazione laica, e con la preziosa
    consulenza del senatore Tonini, abbiamo presentato un ordine
    del giorno in cui si dice che, se nel preambolo della Costituzione
    europea si farà menzione delle componenti culturali
    che hanno contribuito storicamente all’identità europea
    – ed io credo che ciò sia inopportuno -, cominciando
    con le civiltà greca e romana, proseguendo con l’umanesimo
    e con la filosofia dei lumi, è certo che non si possa
    non fare esplicita menzione del cristianesimo come radice
    profonda dell’identità comune europea. E, proprio
    per ribadire questo spirito, hanno firmato questo ordine
    del giorno, insieme al senatore Tonini, anche senatori di
    chiara origine e di cultura politica laica, come i colleghi
    Manzella, Ayala oltre a chi vi parla.

    Proprio in questo spirito, l’obiezione anche di natura
    costituzionale a questo provvedimento non verte – ho citato
    anche molte ragioni di dubbio anche da quel punto di vista
    – sul ruolo privilegiato che il Concordato ha indubbiamente
    dato alla religione cattolica rispetto ad altri culti, ma
    sulla concreta organizzazione di come tutelare gli insegnanti
    di religione e come superare il loro precariato. Sicuramente
    vi è – ripeto – una violazione dell’articolo 97 della
    Costituzione, e questo dovrebbe far riflettere anche coloro
    che sono favorevoli a questo provvedimento.

    PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

    Essendo stata fatta richiesta da parte del relatore di
    svolgere la sua replica in altra occasione, rinvio il seguito
    della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra
    seduta.

    Sospendo brevemente la seduta in attesa dellaconclusione
    della Conferenza dei Capigruppo.

    (La seduta, sospesa alle ore 12,13, è ripresa alle
    ore 12,29).

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA

    Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo sta concludendo
    i propri lavori.

    Per intanto, è già fissato l’ordine
    del giorno della seduta pomeridiana di oggi, che avrà
    inizio alle ore 16,30. Tale ordine del giorno prevede il
    seguito della discussione del disegno di legge in materia
    di applicazione della pena su richiesta delle parti; il
    seguito della discussione del disegno di legge sugli insegnanti
    di religione cattolica e il seguito del disegno di legge
    sulla sospensione condizionata della pena.

    Interpellanze e interrogazioni, annunzio

    PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
    interpellanze e interrogazioni, pubblicate nell’allegato
    B al Resoconto della seduta odierna.

    Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
    pubblica oggi, alle ore 16,30, con l’ordine del giorno
    testé annunciato.

    La seduta è tolta (ore 12,30).

     

  • Stato_Giuridico_due/resoconto_aula_S_10_06_2003_pom.asp

    SENATO DELLA REPUBBLICA
    —————— XIV LEGISLATURA ——————

    412a SEDUTA PUBBLICA

    RESOCONTO

    SOMMARIO E STENOGRAFICO

    MARTEDÌ 10 GIUGNO 2003

    (Pomeridiana)

    _________________

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

    indi del vice presidente SALVI

    —————————————————————————

    RESOCONTO SOMMARIO

    Presidenza del vice presidente FISICHELLA

    La seduta inizia alle ore 16,33.

    Il Senato approva il processo verbale della seduta pomeridiana
    del 4 giugno.

    Omissis

    Seguito della discussione dei disegni di legge:

    (1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)

    (202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica

    (564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (659) MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento dei docenti di religione cattolica

    (811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione
    dei disegni di legge nn. 1877, già approvato dalla
    Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659,
    811, 1345 e 1909.

    Ricordo che nella seduta antimeridiana si è conclusa
    la discussione generale.

    Ha facoltà di parlare il relatore.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, onorevole Sottosegretario,
    colleghi, ringrazio tutti coloro che, numerosi, sono intervenuti
    nella discussione generale esprimendo argomentazioni non
    prive di spessore ed anche di acutezza, in particolare in
    merito agli aspetti giurisprudenziali, alla storia, alla
    natura dell’insegnamento di religione cattolica.

    Il ringraziamento va anche a tutto l’impegno che è
    stato espresso sia nei lavori della 7a Commissione permanente
    del Senato, che in quelli svolti nella scorsa legislatura,
    che produssero comunque un provvedimento importante che,
    come tutti ricordiamo, si arenò però alla
    Camera dei deputati e non divenne legge soprattutto a causa
    della fine della legislatura.

    Credo che a questo impegno debba corrispondere anche una
    mia replica ampia e divisa in due parti.

    Nella prima cercherò di rispondere in modo complessivo
    alle questioni di fondo che sono state sollevate e nella
    seconda di puntualizzare alcune questioni specifiche proposte
    nei vari interventi.

    I temi trattati dai colleghi ricordo che furono anche oggetto
    nella tredicesima legislatura di un affare assegnato alla
    7a Commissione del Senato, ai sensi dell’articolo 50, comma
    2, del Regolamento e questo in seguito agli accesi dibattiti
    sorti in Parlamento e nell’opinione pubblica fra il 1999
    e il 2000, testimoniati peraltro da una cospicua rassegna
    stampa ed anche dietro richiesta avanzata da alcuni Gruppi
    politici.

    Allora, in qualità di relatore, svolsi nella seduta
    dell’11 novembre 1999 una relazione sulla natura e sulle
    vicende dell’insegnamento di religione cattolica in Italia,
    dalla legge Casati del 1859 fino ai giorni nostri e sulle
    tre sentenze pronunciate dalla Corte Costituzionale fra
    il 1989 e il 1992, soprattutto in merito alle questioni
    di legittimità costituzionale e alla condizione giuridica
    dei non avvalentisi.

    Al dibattito allora intervennero molti colleghi; purtroppo
    il lavoro svolto non si concretizzò in una risoluzione
    condivisa.

    Gli aspetti giuridici dell’insegnamento di religione cattolica
    permangono complessi perché si tratta di res mixta
    disciplinata sia dalla competenza propria dello Stato, quale
    insegnamento istituito nella scuola pubblica e nel quadro
    della pubblica funzione in materia di istruzione, ma determinata
    anche all’interno di un ordinamento canonico specifico,
    quale lo ius publicum ecclesiasticum externum. Vi convergono
    perciò la normativa concordataria, la normativa canonica
    e la normativa statale, la quale dal 1986 ad oggi, come
    ho avuto modo di verificare, ha annoverato oltre 60 ordinanze
    e circolari ministeriali che hanno cercato di regolamentare
    con istruzioni amministrative e aggiustamenti contrattuali
    un settore non privo di incertezze giuridiche.

    Anche i pronunciamenti della CEI sull’identità dell’insegnamento
    di religione cattolica, non hanno vesti di leggi, bensì
    di orientamenti in una prospettiva di servizio educativo
    e culturale, poiché tale insegnamento nella sua natura
    peculiare si pone in equilibrio delicato tra oggettività
    scientifica e soggettività delle domande e dei bisogni
    dei discenti.

    Alcuni colleghi ritengono che l’immissione in ruolo sia
    in contrasto con il carattere di non obbligatorietà
    della disciplina. Ad essi voglio sottolineare che l’insegnamento
    di religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine
    e grado è presente a pieno titolo con identità
    di disciplina scolastica collocata all’interno dei piani
    di studio. Questo in virtù dell’accordo di revisione
    del Concordato lateranense sottoscritto a Roma il 18 febbraio
    1984 e recepito con legge 25 marzo 1985 n. 121. Le sentenze
    della Corte costituzionale n. 203 del 1989, n. 13 del 1991
    e n. 290 del 1992 ne hanno riconosciuto la legittimità
    costituzionale.

    Essendo lo Stato incompetente in materia religiosa, alla
    Chiesa spetta garantire l’autenticità dei contenuti
    dell’insegnamento attraverso il controllo dei programmi
    e dei libri di testo, nonché la determinazione dell’idoneità
    dei docenti.

    In alcuni interventi la questione della idoneità
    e della facoltà di revoca da parte dell’autorità
    diocesana è stata sottolineata quale punto nodale
    e, per tale motivo, desidero, in replica, approfondire la
    questione.

    L’idoneità, quale requisito ineludibile per
    la nomina, viene citata per la prima volta nel Protocollo
    addizionale alla revisione del Concordato e soltanto nell’Intesa
    vengono, sempre per la prima volta, individuati i profili
    di qualificazione professionale degli insegnanti di religione
    cattolica, i quali devono possedere obbligatoriamente i
    titoli previsti soltanto a partire dall’anno scolastico
    1990-1991. Però, nonostante la revisione del Concordato
    lateranense, ancora oggi lo stato giuridico dei docenti
    di religione cattolica risale in sostanza alla legge n.
    824 del 1930, recante istituzione dell’insegnamento
    religioso nella scuola pubblica in attuazione del Concordato.

    Il decreto-legge n. 297 del 16 aprile 1994, cioè
    il testo unico delle disposizioni legislative in materia
    di istruzione, ha confermato agli insegnanti di religione
    cattolica lo status di incaricati annuali, e i successivi
    contratti collettivi di lavoro, riconoscendo il diritto
    alla conferma del contratto in presenza delle condizioni
    e dei requisiti prescritti, li hanno in sostanza equiparati
    ai docenti a tempo indeterminato, ma solo in materia di
    ferie, permessi, assenze e aspettative, qualora siano stati
    stabilizzati, abbiano cioè incarico a orario completo
    e almeno quattro anni di anzianità. In alcuni interventi
    dei colleghi e in alcuni emendamenti si ravvisa la volontà
    di perpetrare questa situazione di semplice stabilizzazione.

    Dopo il 1995, grazie al nuovo contratto collettivo nazionale
    di lavoro comparto scuola e alle circolari ministeriali
    degli anni 1995-1196, è aumentato il numero degli
    stabilizzati. Come tutti gli altri docenti, agli insegnanti
    di religione cattolica spettano i seguenti obblighi di servizio:
    attività di insegnamento, che si svolge ordinariamente
    per 25 ore settimanali nella scuola materna, 22 nella scuola
    primaria e 18 nella secondaria; attività funzionali
    all’insegnamento, cioè di programmazione, progettazione,
    ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione
    (l’aggiornamento sta tra l’altro particolarmente
    a cuore alla CEI), partecipazione alle riunioni collegiali,
    consigli di classe, scrutini, incontri con le famiglie.

    Appare evidente che l’alto numero di allievi di ogni
    insegnante di religione determina carichi di lavoro aggiuntivi,
    generalmente imponenti e comunque ben superiori al monte
    ore annuo previsto.

    Il punto 2, comma 7, dell’Intesa stabilisce che gli
    insegnanti di religione cattolica fanno parte della componente
    docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e
    doveri dei colleghi, quindi con diritto di elettorato attivo
    e passivo anche negli organi collegiali territoriali, istituiti
    con decreto legislativo n. 293 del 1999.

    In realtà i vincoli derivanti dalla peculiare natura
    del loro rapporto di lavoro fanno sì che non usufruiscano
    invece di alcuni diritti, quali il diritto alla mobilità,
    ai comandi, alle utilizzazioni, al completamento di orario
    se soprannumerari.

    A tutto ciò si aggiunge il rapporto con l’Autorità
    ecclesiastica. Il riconoscimento della idoneità,
    secondo il canone 804 del codice di diritto canonico, promulgato
    da Giovanni Paolo II nel 1983, è subordinato, come
    è noto, ai requisiti di retta dottrina, testimonianza
    di vita cristiana e abilità pedagogica. Ricordo che
    la revoca è un obbligo per il vescovo, come recita
    il canone 805. Gli impegni degli insegnanti di religione
    cattolica in attività pastorali non costituiscono
    un obbligo giuridico ma un rapporto libero con la comunità
    ecclesiale che, voglio sottolineare, è prioritariamente
    da collegarsi alla loro attività di docenti educatori.

    L’idoneità ha valore giuridico all’interno
    dell’ordinamento canonico; ha rilevanza civile solo
    in quanto condizione indispensabile per accedere all’insegnamento
    di religione cattolica.

    Il Consiglio di Stato, il 24 marzo 2000, però, l’ha
    qualificato come atto endoprocedimentale finalizzato all’atto
    di nomina che resta di competenza dell’autorità
    scolastica.

    In realtà, la CEI, anche in una nota pastorale del
    1991, lo considera ben più di un semplice titolo
    abilitante, sia per quanto concerne la retta dottrina, sia
    per l’aspetto delicato della testimonianza di vita
    cristiana per la quale la CEI prescrive l’assenza di
    comportamenti pubblici e notori in contrasto con la morale
    cattolica. Sottolineo che l’idoneità non è
    oggetto di valutazione scalare e per la CEI non si esaurisce
    nel superamento di un esame, ma costituisce un vincolo articolato
    e continuamente in evoluzione. L’idoneità è
    revocata dall’autorità che l’ha rilasciata
    in carenza accertata grave di almeno uno dei tre fattori
    e la revoca segue una procedura di tre gradi successivi
    secondo la delibera n. 41 della CEI del 1990.

    La mobilità in caso di revoca, come da articolo
    4 di questo disegno di legge, è già operante
    nelle province autonome di Trento e Bolzano, le cui potestà
    legislative e amministrative in materia di insegnamento
    di religione cattolica sono ribadite dal comma 5 dell’articolo
    5. Colà, come sottolineato dal collega Gubert, i
    docenti di religione cattolica sono già di ruolo
    e le ore di insegnamento settimanale della disciplina nella
    scuola secondaria più numerose.

    I miei riferimenti alla CEI, quale protagonista delle relazioni
    della Chiesa cattolica con lo Stato, richiedono però
    alcune precisazioni. La valorizzazione della CEI, prima
    sostanzialmente ignorata come istituto dalla legislazione
    italiana che non le attribuiva personalità giuridica
    agli effetti civili, risale all’accordo del 1984 in
    cui, al comma 2 dell’articolo 2, è menzionata
    subito dopo la Santa Sede quale soggetto ecclesiale cui
    viene assicurata la reciproca facoltà di comunicazione
    e di corrispondenza.

    Al punto 5 del protocollo addizionale all’accordo
    le è attribuito il compito di pervenire ad un’intesa
    con le competenti autorità scolastiche per determinare
    i profili dell’insegnamento di religione cattolica
    nelle scuole statali.

    La CEI inoltre è riconosciuta come interlocutore
    legittimo ed accreditato anche nel comma 2 dell’articolo
    13 dell’Accordo, in cui si prevede che si possa manifestare
    l’esigenza di collaborazione su ulteriori materie tra
    la Chiesa cattolica e lo Stato.

    Un’altra questione posta da alcuni colleghi nei loro
    interventi e alla quale ho già accennato in precedenza,
    riguarda la cosiddetta facoltatività dell’insegnamento
    che rappresenterebbe un vincolo ineludibile per l’equiparazione
    dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    a quello di tutti gli altri insegnanti. Premesso che scegliere
    di avvalersi o meno dell’insegnamento di religione
    cattolica non significa di per sé essere cattolico
    credente oppure praticante, ma semplicemente avvalersi liberamente
    di una disciplina scolastica che si ritiene utile per la
    propria crescita e comprensione della realtà e della
    storia del nostro Paese e non soltanto, occorre ribadire
    che questa materia facoltativa per gli studenti non lo è
    per lo Stato che ha comunque l’impegno di assicurarla.
    Per gli studenti l’esercizio del diritto di avvalersene
    crea l’obbligo scolastico di frequentarla.

    La facoltatività è quindi cosa diversa dagli
    insegnamenti opzionali, facoltativi, aggiuntivi – e riprenderò
    la questione successivamente anche nel corso dell’esame
    degli emendamenti – previsti dall’autonomia scolastica,
    in base alla quale possono essere attivati gli insegnamenti
    soprattutto su richiesta dell’utenza.

    L’insegnamento della religione cattolica appartiene infatti
    strutturalmente all’ordinamento scolastico, non è
    disciplina complementare e non può essere penalizzato
    da un’applicazione disinvolta di forme di flessibilità
    dell’orario scolastico, o più in generale dall’organizzazione
    del servizio scolastico.

    Ricordo che nella discussione della legge n. 30 del 2000
    di riordino dei cicli scolastici fu accolto dal Governo
    l’ordine del giorno n. 1, che impegnava il Governo ad emanare
    norme attuative non contrastanti con l’Accordo e l’Intesa,
    in particolare sul riconoscimento del valore della cultura
    religiosa, e che i princìpi del cattolicesimo fanno
    parte del patrimonio storico italiano. Credo che un impegno
    accettato allora debba essere valido ancora oggi.

    Come ribadito dalla Corte costituzionale con sentenza n.
    13 dell’11 gennaio 1991, la scelta di avvalersene deve essere
    alternativa, non fra avvalersene ed altre opzioni, come
    pare avere compreso qualche collega. Queste ultime devono
    essere offerte successivamente soltanto ai non avvalentisi,
    fermo restando che ogni scelta deve risultare non discriminante
    e non incidere sull’iniziale formazione delle classi. Dico
    questo per rispondere ad esempio, all’emendamento 1.100
    del senatore Cortiana ed altri.

    Voglio tuttavia aggiungere altre considerazioni, riconoscendo
    anche che la questione forse non è ancora del tutto
    risolta. Le eventuali attività alternative, come
    da sentenza n. 203 del 1989 della Corte costituzionale,
    o la possibilità di allontanarsi dall’edificio scolastico,
    come da sentenza n. 13 del 1991, ambiti questi di esclusiva
    competenza statale, hanno subito vicende alterne e contrastanti,
    anche a causa della contraddittorietà di successive
    circolari del Ministero della pubblica istruzione, discendenti
    da pronunce della Corte costituzionale e sentenze, quali
    quelle del TAR del Lazio, con successive sospensioni del
    Consiglio di Stato.

    Queste tormentate vicende si sono svolte soprattutto fra
    il 1986 e il 1991 e hanno riguardato anche la predisposizione
    della modulistica per la dichiarazione, modificata nel tempo
    dalle circolari ministeriali. Ma il problema della programmazione
    delle attività, colleghi, dato che la questione è
    stata sollevata anche con emendamenti, è complessa,
    e rimane, a mio avviso, in parte insoluta, perché
    esse, definite non già dal Ministero dell’istruzione,
    ma dal collegio docenti di ogni singola scuola, non rivestono
    il rango di disciplina scolastica costituita, pur dovendosi
    configurare, nei limiti del possibile, equivalenti o comparabili
    all’offerta formativa che gli avvalentisi ricevono con l’insegnamento
    di religione cattolica. E quindi devono recare contenuti
    che non possono risultare però discriminanti.

    Da ciò discende che, pur nell’equivalenza, le attività
    alternative non devono prevedere programmi curriculari,
    perché ciò costituirebbe un vantaggio per
    i non avvalentisi. In una situazione così complessa
    ma sostanzialmente accantonata, data l’incertezza complessiva
    delle disposizioni che dovrebbero governarla, le opzioni
    possibili permangono quattro, come da allegato alla circolare
    n.6 del 1999 recante precisazioni e chiarimenti anche in
    merito alla modulistica. La prima è costituita dalle
    attività didattiche e formative; la seconda, dallo
    studio individuale assistito; la terza, da libera attività
    senza assistenza, che comunque non fa venir meno in alcun
    modo l’obbligo di vigilanza; la quarta, l’uscita regolamentata
    dalla scuola.

    È da sottolineare che, per le attività didattiche
    alternative, pur non configurandosi come disciplina scolastica
    curriculare, si deve dar luogo a valutazione.

    Pertanto, i docenti partecipano a tale operazione limitatamente
    agli alunni di loro competenza.

    Invece lo studio individuale, sebbene non valutato, dev’essere
    comunque attestato dalla scuola e vistato dal capo d’istituto,
    ai sensi della circolare ministeriale n. 11 del 1987. Essa
    non mi risulta che sia stata superata da successive disposizioni,
    anche se riconosco la difficoltà di verifica poiché,
    tra documenti concordatari, statali e canonici, ho consultato
    oltre un centinaio di documenti.

    Queste sono le questioni di carattere generale sulle quali,
    colleghi, era mio compito recare precisazioni e approfondimenti.
    Desidero però aggiungere anche alcuni commenti sui
    singoli interventi dei colleghi.

    Ringrazio il senatore Monticone per l’apporto che sempre
    dà ai nostri lavori e particolarmente in questo,
    sia in Commissione sia in Aula. Egli giustamente ha sottolineato
    che la discussione di questo disegno di legge non può
    essere la sede della revisione critica dei rapporti fra
    Stato e Chiesa in merito all’insegnamento di religione cattolica
    e soprattutto dei suoi contenuti disciplinari, che non hanno
    comunque finalità di catechesi, ma offrono strumenti
    per una lettura della realtà storico-culturale in
    cui vivono gli allievi, vengono incontro ad esigenze di
    verità di ricerca sul senso della vita e contribuiscono
    alla formazione della coscienza morale, maturando capacità
    di confronto e di rispetto fra il cattolicesimo e le altre
    religioni.

    Queste considerazioni, peraltro, danno risposta anche a
    molti rilievi espressi da alcuni colleghi nei loro interventi
    e sono però state riprese in termini sostanzialmente
    molto simili in altri interventi. Credo che questo sia un
    riconoscimento che occorre dare alle finalità della
    disciplina.

    Si tratta, come è stato sottolineato (lo diceva
    il senatore Monticone e convengo), di un itinerario culturale
    dal piano della conoscenza al piano della consapevolezza,
    che consente anche di riconoscere il ruolo innegabile del
    cristianesimo nella crescita civile della società
    italiana ed europea. Ciò è stato riconosciuto
    da quasi tutti i colleghi, anche nell’ultimo intervento
    di ieri, seppure in dissenso, del senatore Contestabile.

    Convengo anche sul secondo punto evidenziato dal senatore
    Monticone: l’insegnamento di religione cattolica può
    portare un grande contributo etico e civile ad un progetto
    formativo laicamente integrale, sia esso, collega Monticone,
    a firma Berlinguer o a firma Moratti.

    È stato posto inoltre da alcuni senatori il confronto
    fra l’attuale testo e quello licenziato dal Senato al termine
    della scorsa legislatura. Aggiungo che molti emendamenti
    sono anche volti al ripristino del testo allora licenziato.
    In realtà, colleghi, valutando con oggettività
    e in modo approfondito le differenze, io non credo che siano
    veramente le più importanti; esse riguardano anzi
    per lo più il regime transitorio. Rimangono invece
    immutate le finalità e l’impianto, come peraltro
    espresso in quasi tutti i disegni di legge d’iniziativa
    parlamentare collegati, ben dieci.

    Il senatore Tessitore ha riconosciuto la necessità
    di affrontare e risolvere lo status di precariato degli
    insegnanti di religione cattolica, sottolineando però
    la necessità di un reclutamento non dissimile da
    quello degli altri docenti, cioè per via concorsuale.
    In realtà in questo disegno di legge l’accesso ai
    ruoli è disciplinato dall’articolo 3, che prevede
    titoli ed esami; anche nelle disposizioni transitorie è
    contemplato il concorso per titoli ed esami, diversamente,
    vi ricordo, da come è avvenuto in un passato non
    lontano, che ha visto l’immissione in ruolo di molti docenti
    previa frequenza di corsi abilitanti, dei quali, verifica
    conclusiva compresa, in alcuni o in diversi casi è
    meglio tacere.

    I requisiti richiesti per gli insegnanti di religione cattolica
    sono quelli previsti dal punto 4 dell’Intesa, non credo
    che in questa sede noi possiamo inventarne di nuovi.

    Il possibile passaggio a qualsivoglia altra cattedra in
    caso di revoca o di esuberi è subordinato, come da
    articolo 4, al possesso dei requisiti prescritti dall’insegnamento
    richiesto, come avviene per tutti gli altri docenti.

    A favore di altri docenti in passato, invece, furono attuate,
    tra gli esuberi di alcune classi di insegnamento, alcune
    norme di privilegio, per esempio prepensionamenti, e in
    ogni caso tra gli insegnanti di religione cattolica permane
    una situazione di svantaggio nella mobilità professionale
    determinato dai limiti di territorialità, di validità
    territoriale diocesana dell’idoneità. Essa,
    però, è di competenza dell’autorità
    ecclesiastica: credo che la CEI abbia interesse ad una valenza
    nazionale delle idoneità previa una verifica, un
    approfondimento, una armonizzazione dei percorsi atti a
    conseguire i titoli necessari. Tutto questo dopo l’approvazione
    di questo disegno di legge.

    Il collega Tessitore ed altri colleghi paventano, altresì,
    un possibile scadimento dell’insegnamento di religione
    cattolica in semplice proselitismo e propaganda, come è
    qualche volta, purtroppo, avvenuto – consentitemi di aggiungere
    anche per averlo personalmente constatato – per l’insegnamento
    di alcune discipline; per esempio, potrebbe avvenire per
    la storia, la filosofia. Personalmente ho sempre prediletto
    la storiografia, così come l’arte, la letteratura,
    la musica alla storia delle stesse. La storia è altra
    cosa, viene successivamente e cerca di inquadrare, purtroppo
    non sempre oggettivamente, autori, opere, pensieri, movimenti
    di un contesto storico comparandoli e dando loro spesso
    caratteri e finalità più che altro nozionistici.
    Quindi, la storia delle religioni, colleghi, è altra
    disciplina dall’insegnamento di religione cattolica;
    è altra disciplina che può essere attivata
    nella scuola eventualmente nell’ambito dei decreti
    attuativi della legge di riforma, o quale disciplina aggiuntiva
    ed opzionale, per esempio, nell’esercizio dell’autonomia
    delle istituzioni scolastiche.

    Al senatore Malabarba, che almeno per vicende personali
    accennate nel suo intervento certamente avrà avuto
    modo di consultare qualche testo scolastico di religione
    cattolica verificandone le potenzialità educative,
    vorrei sottolineare che – come detto anche da alcuni colleghi
    – in questo contesto non si discutono gli accordi tra Stato
    e Chiesa, ma allo stato giuridico di una categoria di insegnanti
    di una disciplina facoltativa ma non aggiuntiva. Ho già
    spiegato questo concetto nella prima parte del mio intervento;
    gli ricordo, inoltre, che la quota del 70 per cento tiene
    conto anche di eventuali variazioni di avvalentesi. Anche
    per altre discipline, per esempio il francese, si è
    verificato in un passato recente una rilevante contrazione
    delle cattedre: credo che il collega conosca le soluzioni
    adottate in merito, mi meraviglio, però, che in questo
    caso la difesa dei posti di lavoro sia da attuarsi con tanti
    "ma" e tanti "se". Quanto alle interferenze
    della Santa Sede per la scelta degli insegnanti, rammento
    che il disegno di legge, all’articolo 3, comma 8, prevede
    che l’assunzione con contratto a tempo indeterminato
    sia disposta dal dirigente regionale d’intesa con l’ordinario
    diocesano competente per territorio, ciò ai sensi
    del Protocollo addizionale e dell’Intesa. Anche l’idoneità
    è definita con precisione dalle norme pattizie dalle
    quali per il momento non possiamo derogare. Il collega Malabarba,
    però, può anche osservare che questo disegno
    di legge tutela il lavoro dall’eventuale revoca dell’idoneità,
    almeno su questo credo dovrebbe d’accordo.

    Aggiungo che l’auspicio di attribuire lo stato giuridico
    agli insegnanti di religione cattolica è quasi antico,
    risale alla revisione del Concordato, cioè a quando
    sono stati fissati precisi profili di qualificazione professionale
    e la componente laica dei docenti è divenuta via
    via preponderante. Come si vede, l’istanza quindi si
    è accompagnata anche ad una progressiva evoluzione
    della categoria.

    Infine, sulla coerenza legislativa di questa maggioranza
    sollevata da alcuni colleghi, rammento che stiamo portando
    a termine un provvedimento come altri che la precedente
    maggioranza non è riuscita – o non ha avuto tempo
    – a completare, come ha ben illustrato il senatore Eufemi.

    La senatrice Franco si dichiara ispirata, nel suo intervento,
    all’irrinunciabilità della qualità del
    sistema formativo e al principio della laicità dello
    Stato. Premesso che l’insegnamento della religione
    cattolica è assicurato dalla Repubblica italiana
    nel quadro delle finalità della scuola ai sensi del
    comma 2 dell’articolo 9 dell’Accordo del 1984,
    e che la nuova disciplina prevista dal disegno di legge
    di reclutamento tramite concorso per titoli ed esami, disciplina
    che coinvolge lo Stato nell’accertamento della preparazione
    culturale generale didattica come quadro di riferimento
    complessivo, come dal comma 5 dell’articolo 3, non
    può che concorrere positivamente alla qualità
    del servizio scolastico, desidero ribadire che questo provvedimento
    non mette in discussione il principio della laicità
    dello Stato in merito alla quale occorre rileggere diverse
    sentenze della Corte costituzionale.

    Brevemente, nella pronuncia n. 203 del 1989, la Corte,
    ribadendo ed ampliando le formule già utilizzate
    dal Consiglio di Stato ha indicato riferimenti costituzionali
    del principio supremo della laicità dello Stato,
    ma in secondo luogo spiegava che laicità non significa
    indifferenza dello Stato davanti alle religioni, bensì
    garanzia dello Stato stesso per la salvaguardia della libertà
    di religione nel quadro di un accordo bilaterale tra Stato
    e Chiesa cattolica.

    Una successiva sentenza della Corte costituzionale ha confermato
    che l’insegnamento di religione cattolica non è
    in contrasto con il principio di laicità, con la
    precisazione che ciò vale anche per l’aspetto
    del suo inserimento nel piano didattico. Nonostante tale
    ultima precisazione, successivi pronunciamenti giurisprudenziali
    hanno riproposto il contrasto della normativa concordataria
    con il principio di laicità sotto il profilo però
    della collocazione della disciplina nel normale orario.
    Tutti questi pronunciamenti, però, sono stati poi
    dichiarati inammissibili dalla successiva, definitiva pronuncia
    della Corte, la quale con sentenza n. 290 del 1992 ha confermato
    l’infondatezza di tutta la questione.

    Per gli altri argomenti esposti dalla senatrice Franco
    faccio riferimento alla prima parte del mio intervento e
    alla replica che ho esposto al senatore Tessitore.

    Il senatore Eufemi ha ben riassunto gli aspetti salienti
    e l’iter finalmente positivo di questo disegno di legge,
    sottolineando il tenace impegno del suo Gruppo in tutta
    la vicenda. Nel riconoscerlo, lo ringrazio altresì
    delle sagge parole con le quali ha sottolineato che non
    si tratta soltanto di un obiettivo di carattere sindacale,
    bensì di un intervento migliorativo della scuola.
    Questa, a mio avviso, deve essere la lettura del provvedimento
    anziché un immotivato timore di lesione della sovranità
    statale connesso all’insegnamento di religione cattolica,
    tale da pregiudicarne talvolta la piena integrazione nei
    percorsi formativi.

    Forse finora la rigidità del sistema scolastico,
    come rilevava già nella scorsa legislatura acutamente
    il senatore Folloni, non ha saputo assimilare del tutto
    la normativa concordataria per valorizzare l’alta valenza
    educativa e formativa della dimensione culturale e interdisciplinare
    della materia.

    Il collega Bevilacqua ha sollevato una questione relativa
    alla ripartizione del personale da immettere nei ruoli regionali
    previsti dal disegno di legge. Credo che solo il Governo
    possa dare una risposta esauriente e precisa in merito.
    In merito alla questione dell’elenco graduato, o graduatoria,
    avanzata anche da altri colleghi, risponderò nel
    corso dell’esame degli emendamenti.

    Al senatore Bevilacqua, che ringrazio per il giudizio positivo
    espresso a nome del Gruppo di Alleanza Nazionale, ricordo
    che l’auspicio di una revisione degli Accordi con la
    Santa Sede – che sia condiviso oppure no – appare comunque
    esterno a questo provvedimento. Frattanto, credo debba essere
    ancora portata a pieno compimento, come ha riconosciuto
    per certi aspetti la senatrice Soliani, la consapevolezza,
    avviata fra il 1929 e il 1984 e nelle ultime disposizioni,
    circa il nuovo ruolo della disciplina nel contesto della
    scuola e rispetto agli stessi docenti.

    Il disegno di legge in esame, più che aver raccolto
    il frutto maturo della precedente legislatura, porta a compimento
    un lavoro svolto da molti parlamentari di varie forze politiche.
    Cinque sono stati i disegni di legge presentati in Senato
    nella XIII legislatura, dieci in questa.

    Il primo testo base unificato fu adottato in 7a Commissione
    il 14 luglio 1999 ed incardinato in Aula il 4 luglio 2000.
    Evidentemente, però, le divergenze in seno al centro-sinistra
    non consentirono di portarne a compimento l’iter, nonostante
    una larga condivisione del provvedimento anche da parte
    dell’allora opposizione.

    Nel suo intervento la collega Soliani ha ben individuato
    le finalità entro le quali iscrivere questo disegno
    di legge, che – sono parole sue, ma anche di altri – non
    deve essere letto solo come questione sindacale, ma anche
    come riconoscimento della natura culturale-formativa della
    disciplina nel quadro delle finalità del sistema.
    Ne discende, però, che perde significato la sua affermazione
    che si sarebbe potuto fare meglio. Forse sì, ma non
    sulle questioni veramente importanti, e forse non con il
    corredo di un consenso trasversale.

    Hanno invece rilevanza alcuni interrogativi da lei posti,
    che rappresentano non solo un impegno per il Governo, ma
    anche una sfida per tutti noi. Mi riferisco alla necessità,
    che condivido, di una ridefinizione dello stato giuridico
    di tutti i docenti, nella quale collocare, quindi, anche
    quella degli insegnanti di religione cattolica, nonché
    alla domanda: "Quale cultura per la scuola italiana,
    quale ruolo per i docenti, anche di religione?"

    Al senatore Bastianoni, che nel suo intervento ha sottolineato
    soprattutto i punti salienti del provvedimento e la lunga
    attesa per attribuire parità e dignità ad
    un’ingente sacca di precariato, ormai in gran parte
    laico, ricordo, come già ho fatto ad altri colleghi,
    che la mobilità verso altro insegnamento è
    subordinata al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
    richiesto, come stabilito dal comma 3 dell’articolo
    4. Sono convinto che una maggiore dignità attribuita
    alla disciplina non possa che attenuare l’eventuale
    ricerca surrettizia di una diversa sistemazione. Affronteremo,
    comunque, più compiutamente il discorso durante l’esame
    degli emendamenti.

    Ringrazio il senatore Favaro, il quale ha sottolineato
    l’urgenza e la necessità di questo provvedimento,
    che da una parte risolve un ingente problema di precariato
    e dall’altra ben si inserisce nell’opera di riforma
    e di riqualificazione della scuola italiana. Egli ha altresì
    ricordato che la nostra cultura ha profonde radici cristiane
    – su ciò sono pienamente d’accordo – dalle quali
    è scaturita una grande crescita civile delle nostre
    comunità. Questa consapevolezza, peraltro, non potrà
    che appianare il dialogo con le altre culture e religioni.

    Al senatore Contestabile, con il quale condivido – ma solo
    in parte – alcuni riferimenti storici (dico "solo in
    parte", perché occorre riconoscere che nella
    storia della Chiesa le luci superano di gran lunga le ombre,
    soprattutto in quei periodi bui della storia in cui la Chiesa
    sola ha rappresentato l’unico riferimento civile, nell’assenza
    di ogni istituzione), voglio sottolineare che il suo ragionamento
    ha carattere teorico e si pone a monte del regime concordatario,
    mentre questo provvedimento scaturisce da una sua compiuta
    e consapevole attuazione. La revisione del concordato fu
    frutto di un intenso lavoro snodatosi fra il 1976 e il 1984
    sulla scorta di diverse bozze e di successive stesure, attraverso
    le quali si pervenne al testo definitivo. In realtà
    il tema predominante, anche negli anni successivi e negli
    stessi dibattiti parlamentari, non fu lo status giuridico,
    ma semplicemente la tutela dei non avvalentisi.

    La determinazione dei programmi, le modalità organizzative
    dell’insegnamento, i profili della qualificazione professionale
    dei docenti, i criteri per la scelta dei libri di testo
    venivano, nel 1984, rinviati alla successiva intesa fra
    le autorità scolastiche e la CEI. Proprio in calce
    alle premesse per l’intesa veniva allora espresso di
    comune accordo l’intento di dare una nuova disciplina
    dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    e sono passati da allora molti e molti anni.

    Anche il senatore Gubert ha riconosciuto anzitutto che
    questo disegno di legge compie un atto di giustizia verso
    la disciplina e i suoi docenti, ambedue finora emarginati
    e in alcuni casi riportati esplicitamente dal collega. È
    un atto di giustizia, ma anche il risultato di un lungo
    e sofferto dibattito, e di una raggiunta consapevolezza
    e maturazione.

    Ringrazio il collega di avere illustrato gli aspetti peculiari
    dell’insegnamento religioso nelle province di Trento
    e Bolzano e condivido i suoi auspici. Aggiungo che si possa
    dare che colà la disciplina più favorevole
    di questo insegnamento non ha prodotto le conseguenze che
    alcuni colleghi hanno più volte paventato.

    Ricordo che alle questioni sollevate dal senatore Cortiana
    è già stato risposto nella replica ad altri
    colleghi che le hanno avanzate, più o meno, negli
    stessi termini.

    Per quanto riguarda l’ordine del giorno che egli ha
    presentato, ne condivido la premessa, però sui tre
    impegni richiesti al Governo osservo quanto segue. Nel primo
    impegno, in cui chiede che "l’insegnamento della
    religione venga impartito nel rispetto della libertà
    di coscienza e delle pari dignità senza distinzione
    di religione" gli faccio notare che questo è
    un principio già ampiamente condiviso e riconosciuto.
    Circa il secondo impegno, relativo alle "attività
    complementari relative alla storia delle religioni"
    gli faccio osservare che ciò è già
    consentito come insegnamento aggiuntivo e lasciato al libero
    esercizio dell’autonomia scolastica. Per quanto concerne,
    infine, l’impegno relativo alla ridefinizione dei programmi,
    l’auspicio di introdurvi l’insegnamento "della
    storia delle religioni" che il collega Cortiana ha
    affidato altresì ad un emendamento, gli faccio notare
    che il punto 1, comma 1, punto 2 dell’intesa recita
    esattamente quanto segue: "i programmi sono adottati
    con decreto, su proposta del Ministro dell’istruzione,
    previa intesa con la CEI, fermo restando la competenza esclusiva
    di quest’ultima a definirne la conformità con
    la dottrina della Chiesa". Quindi, in questo ambito,
    le proposte ovviamente debbono essere circoscritte.

    Il senatore Tonini, che ringrazio, ha ribadito l’aderenza
    del provvedimento alle norme concordatarie, sottolineando
    la positiva evoluzione della concezione dell’insegnamento
    di religione cattolica. Concordo sulla necessità
    di approfondire e valorizzare lo studio del fatto religioso
    nella scuola, anche per venire incontro alle nuove istanze
    che provengono da una società in rapida evoluzione.

    Certo un dibattito sul fatto religioso sarebbe estremamente
    importante, lo avevo avviato ai tempi dell’affare assegnato,
    sarebbe necessario riprenderlo.

    Quanto alle proposte emendative replicherò nella
    sede appropriata, rilevando comunque che esse sono volte
    soprattutto a ripristinare il testo già licenziato
    dal Senato nella precedente legislatura.

    Anche il senatore Ciccanti ha richiamato le sentenze della
    Corte costituzionale in merito alla laicità dello
    Stato, rispondendo quindi ai rilievi avanzati dal senatore
    Tessitore e da altri colleghi. Ha ulteriormente confermato
    e approfondito con gli opportuni riferimenti giuridici alcuni
    concetti che ho espresso nella relazione scritta e in quella
    che svolsi sull’affare assegnato.

    Il collega ha giustamente sottolineato la differenza fra
    gli aspetti funzionali e i fondamenti giuridici del provvedimento
    e di ciò lo ringrazio.

    PRESIDENTE. Senatore Brignone, le segnalo che ci stiamo
    avvicinando al termine dei nostri lavori.

    BRIGNONE, relatore. Sì, signor Presidente, mi avvio
    al termine dell’intervento di replica.

    Osservo che il senatore Passigli condivide gli obiettivi
    e riconosce i precisi vincoli determinati dalle norme pattizie.

    Per quanto concerne il concorso in regime transitorio,
    che ritiene debole nell’impianto, non posso che ricordargli
    le procedure di immissione in ruolo di tanti precari nella
    scuola italiana. La mobilità verso altre discipline
    è subordinata al possesso dei requisiti e credo che
    il collega ne sia a conoscenza.

    Non ritengo che gli insegnanti di religione cattolica usufruiscano
    di situazioni di privilegio derivanti da questo provvedimento.
    Gli ricordo che per l’immissione in ruolo degli altri docenti
    precari veniva richiesto un servizio ben più breve
    dei quattro anni qui stabiliti e che comunque la mobilità
    nella disciplina rimane vincolata.

    Per i profili di costituzionalità osservo che il
    provvedimento è rispettoso delle norma pattizie,
    che stabiliscono una duplice competenza, come ho già
    detto, ma ripartita per competenze specifiche delle due
    autorità interessate. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

    PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, data l’ora rinvio il
    seguito della discussione del disegno di legge in titolo
    ad altra seduta.

    Per una precisazione in ordine
    ad un intervento svolto nel corso della seduta

    Omissis

    La seduta è tolta (ore 20,03).

  • Stato_Giuridico_due/Emendamenti_Aula_Senato_DdL.asp

    Disegno di legge n. 1877:
    Emendamenti Fascicolo 1

    BOZZE DI STAMPA
    4 giugno 2003
    N. 1
    Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
    grado (1877)

    ORDINE DEL GIORNO
    G1
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Il Senato,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1877, recante norme
    sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado,
    premesso che:
    tanto l’Italia quanto le relazioni internazionali sono caratterizzate
    da uno sforzo verso il dialogo interreligioso;
    la libertà di coscienza e di religione, quale diritto
    fondamentale della persona è garantita a tutti in
    conformità alla Costituzione e alle convenzioni internazionali
    sui diritti inviolabili dell’uomo ed ai princìpi
    del diritto internazionale generalmente riconosciuti in
    materia;
    la libertà di coscienza e di religione comprende
    il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa
    o credenza, in qualsiasi forma individuale o associata,
    di osservare i riti e di esercitare il culto in privato
    o in pubblico e comprende altresì il diritto di mutare
    religione o credenza o di non averne alcuna ed ancora di
    aderire liberamente ad una confessione o associazione religiosa
    e di recedere da essa, come anche il diritto di partecipare,
    senza ingerenza da parte dello Stato, alla vita ed all’organizzazione
    della confessione religiosa di appartenenza in conformità
    alle sue regole;
    preso atto degli orientamenti e degli sforzi intrapresi
    della Chiesa cattolica tesi a costruire con forza il dialogo
    interreligioso,
    impegna il Governo a provvedere affinchè:
    nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l’insegnamento
    della religione venga impartito nel rispetto della libertà
    di coscienza e delle pari dignità senza distinzione
    di religione;
    le istituzioni scolastiche possano organizzare, nell’ambito
    delle attività di promozione culturale, sociale e
    civile previste dall’ordinamento scolastico, libere attività
    complementari relative alla storia delle religioni, in conformità
    con i criteri e con le modalità stabilite da tale
    ordinamento;
    nell’ambito della definizione dei programmi si consideri
    l’importanza dell’insegnamento della storia delle religioni.
    EMENDAMENTI
    Art. 1.
    1.100
    Cortiana, Boco, Carella, Donati, Martone, Ripamonti, Turroni,
    Zancan
    Al comma 1, premettere il seguente:
    "01. Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado
    l’insegnamento è impartito nel rispetto della dignità
    della persona e della sua fede religiosa. Gli alunni e i
    loro genitori possono chiedere ai competenti organi della
    scuola di svolgere, nell’ambito delle attività di
    promozione culturale, sociale e civile previste dall’ordinamento
    scolastico, libere attività didattiche complementari
    relative allo studio delle religioni e della storia delle
    religioni, in conformità ai criteri e con le modalità
    stabilite da tale ordinamento.
    1.110
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    25 marzo 1985 n. 121, e dall’Intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza Episcopale
    Italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente della
    Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni,
    si applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico.".
    Conseguentemente, all’articolo 6, comma 1, sostituire le
    parole: "7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro" con le seguenti: "15.003.918 euro per l’anno
    2003 e in 45.009.053 euro".
    1.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    annualmente in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    215 marzo 1985, n. 121, e dall’intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Repubblica 16
    dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni, si applica
    il trattamento economico e di carriera previsto nel contratto
    nazionale per gli insegnamenti a tempo indeterminato in
    servizio nel corrispondente ordine scolastico".
    1.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 1, dopo le parole: "di ogni ordine e grado",
    aggiungere le seguenti: "impartito nel rispetto della
    dignità della persona e della sua fede religiosa,".
    1.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    25 marzo 1985 n. 121, e dall’Intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale
    italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente della
    Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni,
    si applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico".
    Conseguentemente, all’articolo 6, comma 1, sostituire le
    parole: "7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro" con le seguenti: "15.003.918 euro per l’anno
    2003 e in 45.009.053 euro".
    1.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.104
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole: "salvo quanto stabilito
    dalla presente legge" con le seguenti: "per quanto
    compatibili con la presente legge".
    1.3
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 2, dopo le parole: "trattamento economico
    previsti" aggiungere le seguenti: "per gli insegnanti
    a tempo indeterminato".
    1.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, dopo le parole: "trattamento economico
    previsti" aggiungere le seguenti: "per gli insegnanti
    a tempo indeterminato".
    1.4
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere il comma 3.
    1.108
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 3.
    1.109
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere il comma 3.
    Art. 2.
    2.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere l’articolo.
    2.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere l’articolo.
    2.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    2.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 2. – (Stato giuridico ed economico degli insegnanti
    di religione cattolica). – 1. Per ogni anno scolastico i
    posti di insegnamento, con orario settimanale di lezione
    inferiore a quello in vigore per gli insegnanti a tempo
    indeterminato in servizio nel corrispondente ordine scolastico,
    non possono superare il 30 per cento del totale dei posti
    di insegnamento previsti per il medesimo anno scolastico.
    2. Il trattamento economico e quello previdenziale del personale
    docente di cui al comma 1 sono rapportati all’effettivo
    orario di servizio prestato".
    Art. 3.
    3.100
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    3.101
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento). – 1. Per l’accesso ai ruoli
    di cui all’articolo 1 si applicano, per quanto compatibili
    con la presente legge, le norme sul reclutamento del personale
    docente.
    2. Per la partecipazione alle procedure concorsuali è
    richiesto il possesso di almeno uno dei titoli di qualificazione
    professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa tra il Ministero
    della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza
    episcopale italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente
    della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive
    modificazioni, unitamente ad un diploma di laurea valido
    per l’ammissione ai concorsi a posti di insegnamento".
    3.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento). – 1. Ai fini del reclutamento
    degli insegnanti di religione cattolica, le autorità
    ecclesiastiche responsabili del reclutamento del personale
    docente di cui all’articolo 1, comma 1, vi provvedono attraverso
    un procedimento concorsuale per soli titoli".
    3.1
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento) – 1. Le autorità ecclesiastiche
    responsabili del reclutamento del personale docente di cui
    all’articolo 1, comma 1, vi provvedono attraverso un procedimento
    concorsuale per soli titoli.".
    3.2
    Pagano, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Modica
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Per la partecipazione alle procedure concorsuali
    è richiesto il possesso di almeno uno dei titoli
    di qualificazione professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, unitamente a un diploma
    di laurea valido per l’ammissione ai concorsi a posti d’insegnamento."
    3.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Per la partecipazione alle procedure concorsuali
    è richiesto il possesso di almeno uno dei titoli
    di qualificazione professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, unitamente a un diploma
    di laurea valido per l’ammissione ai concorsi a posti d’insegnamento".
    3.3
    Franco Vittoria, Acciarini, Pagano, Modica, Tessitore
    Sostituire il comma 7 con il seguente:
    "7. Le Commissioni compilano la graduatoria di coloro
    che hanno superato il concorso; la graduatoria è
    approvata dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento
    del concorso".
    3.104
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 7 con il seguente:
    "7. La graduatoria di coloro che hanno superato il
    concorso è compilata dalle Commissioni giudicatrici;
    la graduatoria è approvata dal dirigente regionale
    che ha curato lo svolgimento del concorso".
    3.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole da: "valutando,
    oltre al risultato" fino alla fine del periodo.
    3.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 9, premettere le seguenti parole: "Fatto salvo
    quanto disposto dall’articolo 4, comma 3," ed in fine,
    sopprimere le parole da: "purché non si fruisca"
    fino alla fine del comma.
    3.4
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Al comma 9, sostituire le parole: "si fruisca della
    mobilità professionale o della diversa utilizzazione
    o mobilità collettiva" con le seguenti: "rientri
    nelle fattispecie".
    3.5
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Tali
    insegnanti devono essere scelti dalla graduatoria degli
    idonei non vincitori di concorso".
    3.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Tali
    insegnanti devono essere scelti dalla graduatoria degli
    idonei non vincitori di concorso".
    Art. 4.
    4.1
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 4. – (Mobilità) – 1. Agli insegnanti di
    religione cattolica si applicano, del medesimo insegnamento,
    le disposizioni vigenti in materia di mobilità territoriale
    nel comparto del personale della scuola.
    2. La mobilità territoriale è subordinata
    al possesso da parte degli insegnanti di religione cattolica
    del riconoscimento dell’idoneità dall’Ordinario diocesano
    competente per territorio e all’intesa col medesimo Ordinario".
    4.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 4. – (Mobilità). – 1. Agli insegnanti
    di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo
    1, comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia
    di mobilità territoriale nel comparto del personale
    della scuola.
    2. La mobilità territoriale degli insegnanti di religione
    cattolica è subordinata al possesso da parte degli
    stessi del riconoscimento dell’idoneità dall’Ordinario
    diocesano competente per territorio e all’intesa col medesimo
    Ordinario".
    4.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sostituire il comma 1 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica si applicano,
    nell’ambito dei rispettivi insegnamenti, le disposizioni
    vigenti in materia di mobilità territoriale nel comparto
    del personale della scuola".
    4.102
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 2.
    4.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
    "2-bis. Agli insegnanti di religione cattolica non
    si applicano le disposizioni concernenti la mobilità
    professionale verso insegnamenti diversi da quello per il
    quale sono stati assunti in virtù della idoneità
    diocesana prevista dalle norme concordatarie".
    4.104
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 3.
    4.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. L’insegnante di religione cattolica, al quale sia
    stata revocata l’idoneità, ovvero che si trovi in
    situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti
    di insegnamento, può fruire, nel caso dell’esubero,
    della mobilità professionale nel comparto del personale
    della scuola limitatamente all’insegnamento di religione
    cattolica, ed ha altresì titolo a partecipare alle
    procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo
    30 marzo 2001, n. 165".
    4.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Agli insegnanti di religione cattolica con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, ai quali non sia stata
    revocata l’idoneità, che si trovino in condizioni
    di esubero, si applicano le procedure di diversa utilizzazione
    e mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del
    decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.".
    4.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 3, dopo le parole: "a tempo indeterminato,
    al quale" aggiungere la seguente: "non" e
    sostituire la parola: "ovvero" con la seguente:
    "e".
    4.3
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 3, dopo le parole: "contrazione dei posti
    di insegnamento," aggiungere le seguenti: "ivi
    compreso il 30 per cento dei posti a tempo determinato esistenti
    nell’ambito diocesano,".
    4.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 3, dopo le parole: "per l’insegnamento richiesto"
    inserire le seguenti: ", ivi inclusa l’abilitazione
    prescritta per l’insegnamento a cui si accede,".
    4.4
    Monticone, Soliani, D’Andrea, Tonini
    Al comma 3, dopo le parole: "per l’insegnamento richiesto"
    inserire le seguenti: "ivi inclusa l’abilitazione prescritta
    per l’insegnamento a cui si accede".
    4.5
    Monticone, Acciarini, Bastianoni, Betta, Cortiana, D’Andrea,
    Franco Vittoria, Modica, Pagano, Soliani, Tessitore, Togni,
    Tonini
    Aggiungere in fine il seguente comma:
    "3-bis. La mobilità professionale verso altro
    insegnamento non è consentita prima che siano decorsi
    cinque anni di effettivo insegnamento dall’assunzione in
    ruolo. I posti rimasti vacanti a seguito di revoca dell’idoneità
    non concorrono, per un quinquennio, a determinare le dotazioni
    organiche di cui l’articolo 2 e sono coperti mediante stipula
    di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi dell’articolo
    3, comma 10".
    4.0.100
    Cortiana, Boco, Carella, Donati, Martone, Ripamonti, Bonavita,
    Turroni, Zancan, Brutti Paolo, Longhi, Flammia
    Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:
    "Art. 4-bis.
    (Insegnamento della storia delle religioni)
    1. Al fine del rispetto della dimensione multiculturale
    e multireligiosa propria della società italiana,
    con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare
    entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente
    legge, su proposta del Ministro della pubblica istruzione,
    previa intesa con la Conferenza episcopale italiana, viene
    stabilita una modifica ai programmi dell’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine
    e grado, in modo da prevedere, nel quadro delle ore di lezione
    previste dagli ordinamenti didattici per tale insegnamento,
    che un terzo dell’orario settimanale venga destinato all’insegnamento
    della storia delle religioni".
    Conseguentemente, alla rubrica, dopo le parole: "stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica"
    aggiungere le seguenti: "e sull’integrazione dei programmi
    dell’insegnamento della religione".
    4.0.101
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:
    "Art. 4-bis.
    (Regioni di confine)
    1. La presente legge si applica anche agli insegnanti di
    religione cattolica delle regioni di confine, ove essa non
    risulti in contrasto con le norme locali tutelate dalla
    disposizione del numero 5, lettera c), del Protocollo addizionale
    dell’Accordo di cui all’articolo 1, comma 1".
    Art. 5.
    5.8
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere l’articolo.
    5.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere l’articolo.
    5.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    5.14
    Monticone
    Al comma 1, sopprimere la parola: "continuativamente".
    5.102
    Boscetto
    Al comma 1, sopprimere la parola: "continuativamente".
    5.9
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Le
    commissioni compilano la graduatoria di coloro che hanno
    superato il concorso; la graduatoria è approvata
    dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento del
    concorso.".
    5.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "La
    graduatoria di coloro che hanno superato il concorso viene
    compilata dalle commissioni esaminatrici; la graduatoria
    è approvata dal dirigente regionale che ha curato
    lo svolgimento del concorso".
    5.15
    Soliani, Acciarini, Betta, Cortiana, D’Andrea, Franco Vittoria,
    Modica, Monticone, Pagano, Tessitore, Togni, Tonini
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, è volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso, nonché
    all’accertamento della cultura posseduta dal candidato nel
    campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche".
    5.10
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso, nonché
    all’accertamento della cultura posseduta dal candidato nel
    campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche.".
    5.11
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso.".
    5.104
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole da: "è volto
    unicamente" fino alla fine del comma con le seguenti:
    "consistente in una prova scritta ed una orale, sarà
    volto all’accertamento della conoscenza della legislazione
    e dell’ordinamento scolastici, degli orientamenti didattici
    e pedagogici relativi ai gradi di scuola ai quali si riferisce
    il concorso, nonché all’accertamento della cultura
    posseduta dal candidato nel campo delle scienze sociali,
    filosofiche e della storia delle religioni".

    5.12
    Franco Vittoria, Modica, Acciarini, Tessitore, Pagano
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. La graduatoria di coloro che superano il concorso
    di cui al comma 2 ha carattere permanente: da essa si attinge
    per la copertura delle cattedre da assegnare con contratto
    a tempo indeterminato e per la copertura delle cattedre
    da assegnare con contratto a tempo determinato.".
    5.13
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. I docenti inseriti nella graduatoria di cui
    al comma 7 dell’articolo 3 non destinatari di contratto
    a tempo indeterminato hanno titolo di precedenza per il
    conferimento degli incarichi di cui al comma 10 dell’articolo
    3.".
    5.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. I docenti inseriti nella graduatoria di cui
    al comma 7 dell’articolo 3 non destinatari di contratto
    a tempo indeterminato hanno titolo di precedenza per il
    conferimento degli incarichi di cui al comma 10 dell’articolo
    3".
    Art. 6.
    6.1
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Sopprimere l’articolo.
    6.100
    Acciarini, Pagano, Franco Vittoria
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede
    al monitoraggio dell’attuazione della presente legge, anche
    ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7,
    della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni,
    e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni,
    i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla
    legge, dispongano l’utilizzo del Fondo di cui all’articolo
    7 della medesima legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni.
    I decreti di cui al precedente periodo sono altresì
    elencati con separata evidenza nell’allegato di cui all’articolo
    11, comma 6-bis, della citata legge n. 468 del 1978, e successive
    modificazioni".

  • Stato_Giuridico_due/Emendamenti_Aula_Senato_DdL.asp

    Disegno di legge n. 1877:
    Emendamenti Fascicolo 1

    BOZZE DI STAMPA
    4 giugno 2003
    N. 1
    Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
    grado (1877)

    ORDINE DEL GIORNO
    G1
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Il Senato,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1877, recante norme
    sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado,
    premesso che:
    tanto l’Italia quanto le relazioni internazionali sono caratterizzate
    da uno sforzo verso il dialogo interreligioso;
    la libertà di coscienza e di religione, quale diritto
    fondamentale della persona è garantita a tutti in
    conformità alla Costituzione e alle convenzioni internazionali
    sui diritti inviolabili dell’uomo ed ai princìpi
    del diritto internazionale generalmente riconosciuti in
    materia;
    la libertà di coscienza e di religione comprende
    il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa
    o credenza, in qualsiasi forma individuale o associata,
    di osservare i riti e di esercitare il culto in privato
    o in pubblico e comprende altresì il diritto di mutare
    religione o credenza o di non averne alcuna ed ancora di
    aderire liberamente ad una confessione o associazione religiosa
    e di recedere da essa, come anche il diritto di partecipare,
    senza ingerenza da parte dello Stato, alla vita ed all’organizzazione
    della confessione religiosa di appartenenza in conformità
    alle sue regole;
    preso atto degli orientamenti e degli sforzi intrapresi
    della Chiesa cattolica tesi a costruire con forza il dialogo
    interreligioso,
    impegna il Governo a provvedere affinchè:
    nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l’insegnamento
    della religione venga impartito nel rispetto della libertà
    di coscienza e delle pari dignità senza distinzione
    di religione;
    le istituzioni scolastiche possano organizzare, nell’ambito
    delle attività di promozione culturale, sociale e
    civile previste dall’ordinamento scolastico, libere attività
    complementari relative alla storia delle religioni, in conformità
    con i criteri e con le modalità stabilite da tale
    ordinamento;
    nell’ambito della definizione dei programmi si consideri
    l’importanza dell’insegnamento della storia delle religioni.
    EMENDAMENTI
    Art. 1.
    1.100
    Cortiana, Boco, Carella, Donati, Martone, Ripamonti, Turroni,
    Zancan
    Al comma 1, premettere il seguente:
    "01. Nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado
    l’insegnamento è impartito nel rispetto della dignità
    della persona e della sua fede religiosa. Gli alunni e i
    loro genitori possono chiedere ai competenti organi della
    scuola di svolgere, nell’ambito delle attività di
    promozione culturale, sociale e civile previste dall’ordinamento
    scolastico, libere attività didattiche complementari
    relative allo studio delle religioni e della storia delle
    religioni, in conformità ai criteri e con le modalità
    stabilite da tale ordinamento.
    1.110
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    25 marzo 1985 n. 121, e dall’Intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza Episcopale
    Italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente della
    Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni,
    si applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico.".
    Conseguentemente, all’articolo 6, comma 1, sostituire le
    parole: "7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro" con le seguenti: "15.003.918 euro per l’anno
    2003 e in 45.009.053 euro".
    1.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    annualmente in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    215 marzo 1985, n. 121, e dall’intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Repubblica 16
    dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni, si applica
    il trattamento economico e di carriera previsto nel contratto
    nazionale per gli insegnamenti a tempo indeterminato in
    servizio nel corrispondente ordine scolastico".
    1.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 1, dopo le parole: "di ogni ordine e grado",
    aggiungere le seguenti: "impartito nel rispetto della
    dignità della persona e della sua fede religiosa,".
    1.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Agli insegnanti di religione cattolica nominati
    in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    25 marzo 1985 n. 121, e dall’Intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale
    italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente della
    Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni,
    si applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico".
    Conseguentemente, all’articolo 6, comma 1, sostituire le
    parole: "7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro" con le seguenti: "15.003.918 euro per l’anno
    2003 e in 45.009.053 euro".
    1.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.104
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole: "inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1" con le seguenti: "nominati
    ai sensi della legislazione vigente".
    1.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole: "salvo quanto stabilito
    dalla presente legge" con le seguenti: "per quanto
    compatibili con la presente legge".
    1.3
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 2, dopo le parole: "trattamento economico
    previsti" aggiungere le seguenti: "per gli insegnanti
    a tempo indeterminato".
    1.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, dopo le parole: "trattamento economico
    previsti" aggiungere le seguenti: "per gli insegnanti
    a tempo indeterminato".
    1.4
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere il comma 3.
    1.108
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 3.
    1.109
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere il comma 3.
    Art. 2.
    2.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere l’articolo.
    2.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere l’articolo.
    2.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    2.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 2. – (Stato giuridico ed economico degli insegnanti
    di religione cattolica). – 1. Per ogni anno scolastico i
    posti di insegnamento, con orario settimanale di lezione
    inferiore a quello in vigore per gli insegnanti a tempo
    indeterminato in servizio nel corrispondente ordine scolastico,
    non possono superare il 30 per cento del totale dei posti
    di insegnamento previsti per il medesimo anno scolastico.
    2. Il trattamento economico e quello previdenziale del personale
    docente di cui al comma 1 sono rapportati all’effettivo
    orario di servizio prestato".
    Art. 3.
    3.100
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    3.101
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento). – 1. Per l’accesso ai ruoli
    di cui all’articolo 1 si applicano, per quanto compatibili
    con la presente legge, le norme sul reclutamento del personale
    docente.
    2. Per la partecipazione alle procedure concorsuali è
    richiesto il possesso di almeno uno dei titoli di qualificazione
    professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa tra il Ministero
    della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza
    episcopale italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente
    della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive
    modificazioni, unitamente ad un diploma di laurea valido
    per l’ammissione ai concorsi a posti di insegnamento".
    3.102
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento). – 1. Ai fini del reclutamento
    degli insegnanti di religione cattolica, le autorità
    ecclesiastiche responsabili del reclutamento del personale
    docente di cui all’articolo 1, comma 1, vi provvedono attraverso
    un procedimento concorsuale per soli titoli".
    3.1
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 3. – (Reclutamento) – 1. Le autorità ecclesiastiche
    responsabili del reclutamento del personale docente di cui
    all’articolo 1, comma 1, vi provvedono attraverso un procedimento
    concorsuale per soli titoli.".
    3.2
    Pagano, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Modica
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Per la partecipazione alle procedure concorsuali
    è richiesto il possesso di almeno uno dei titoli
    di qualificazione professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, unitamente a un diploma
    di laurea valido per l’ammissione ai concorsi a posti d’insegnamento."
    3.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Per la partecipazione alle procedure concorsuali
    è richiesto il possesso di almeno uno dei titoli
    di qualificazione professionale stabiliti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, unitamente a un diploma
    di laurea valido per l’ammissione ai concorsi a posti d’insegnamento".
    3.3
    Franco Vittoria, Acciarini, Pagano, Modica, Tessitore
    Sostituire il comma 7 con il seguente:
    "7. Le Commissioni compilano la graduatoria di coloro
    che hanno superato il concorso; la graduatoria è
    approvata dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento
    del concorso".
    3.104
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 7 con il seguente:
    "7. La graduatoria di coloro che hanno superato il
    concorso è compilata dalle Commissioni giudicatrici;
    la graduatoria è approvata dal dirigente regionale
    che ha curato lo svolgimento del concorso".
    3.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole da: "valutando,
    oltre al risultato" fino alla fine del periodo.
    3.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 9, premettere le seguenti parole: "Fatto salvo
    quanto disposto dall’articolo 4, comma 3," ed in fine,
    sopprimere le parole da: "purché non si fruisca"
    fino alla fine del comma.
    3.4
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Al comma 9, sostituire le parole: "si fruisca della
    mobilità professionale o della diversa utilizzazione
    o mobilità collettiva" con le seguenti: "rientri
    nelle fattispecie".
    3.5
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Tali
    insegnanti devono essere scelti dalla graduatoria degli
    idonei non vincitori di concorso".
    3.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Tali
    insegnanti devono essere scelti dalla graduatoria degli
    idonei non vincitori di concorso".
    Art. 4.
    4.1
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 4. – (Mobilità) – 1. Agli insegnanti di
    religione cattolica si applicano, del medesimo insegnamento,
    le disposizioni vigenti in materia di mobilità territoriale
    nel comparto del personale della scuola.
    2. La mobilità territoriale è subordinata
    al possesso da parte degli insegnanti di religione cattolica
    del riconoscimento dell’idoneità dall’Ordinario diocesano
    competente per territorio e all’intesa col medesimo Ordinario".
    4.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire l’articolo con il seguente:
    "Art. 4. – (Mobilità). – 1. Agli insegnanti
    di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo
    1, comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia
    di mobilità territoriale nel comparto del personale
    della scuola.
    2. La mobilità territoriale degli insegnanti di religione
    cattolica è subordinata al possesso da parte degli
    stessi del riconoscimento dell’idoneità dall’Ordinario
    diocesano competente per territorio e all’intesa col medesimo
    Ordinario".
    4.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sostituire il comma 1 con il seguente:
    "1. Agli insegnanti di religione cattolica si applicano,
    nell’ambito dei rispettivi insegnamenti, le disposizioni
    vigenti in materia di mobilità territoriale nel comparto
    del personale della scuola".
    4.102
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 2.
    4.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
    "2-bis. Agli insegnanti di religione cattolica non
    si applicano le disposizioni concernenti la mobilità
    professionale verso insegnamenti diversi da quello per il
    quale sono stati assunti in virtù della idoneità
    diocesana prevista dalle norme concordatarie".
    4.104
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere il comma 3.
    4.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. L’insegnante di religione cattolica, al quale sia
    stata revocata l’idoneità, ovvero che si trovi in
    situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti
    di insegnamento, può fruire, nel caso dell’esubero,
    della mobilità professionale nel comparto del personale
    della scuola limitatamente all’insegnamento di religione
    cattolica, ed ha altresì titolo a partecipare alle
    procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo
    30 marzo 2001, n. 165".
    4.2
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Agli insegnanti di religione cattolica con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, ai quali non sia stata
    revocata l’idoneità, che si trovino in condizioni
    di esubero, si applicano le procedure di diversa utilizzazione
    e mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del
    decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.".
    4.106
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 3, dopo le parole: "a tempo indeterminato,
    al quale" aggiungere la seguente: "non" e
    sostituire la parola: "ovvero" con la seguente:
    "e".
    4.3
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 3, dopo le parole: "contrazione dei posti
    di insegnamento," aggiungere le seguenti: "ivi
    compreso il 30 per cento dei posti a tempo determinato esistenti
    nell’ambito diocesano,".
    4.107
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 3, dopo le parole: "per l’insegnamento richiesto"
    inserire le seguenti: ", ivi inclusa l’abilitazione
    prescritta per l’insegnamento a cui si accede,".
    4.4
    Monticone, Soliani, D’Andrea, Tonini
    Al comma 3, dopo le parole: "per l’insegnamento richiesto"
    inserire le seguenti: "ivi inclusa l’abilitazione prescritta
    per l’insegnamento a cui si accede".
    4.5
    Monticone, Acciarini, Bastianoni, Betta, Cortiana, D’Andrea,
    Franco Vittoria, Modica, Pagano, Soliani, Tessitore, Togni,
    Tonini
    Aggiungere in fine il seguente comma:
    "3-bis. La mobilità professionale verso altro
    insegnamento non è consentita prima che siano decorsi
    cinque anni di effettivo insegnamento dall’assunzione in
    ruolo. I posti rimasti vacanti a seguito di revoca dell’idoneità
    non concorrono, per un quinquennio, a determinare le dotazioni
    organiche di cui l’articolo 2 e sono coperti mediante stipula
    di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi dell’articolo
    3, comma 10".
    4.0.100
    Cortiana, Boco, Carella, Donati, Martone, Ripamonti, Bonavita,
    Turroni, Zancan, Brutti Paolo, Longhi, Flammia
    Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:
    "Art. 4-bis.
    (Insegnamento della storia delle religioni)
    1. Al fine del rispetto della dimensione multiculturale
    e multireligiosa propria della società italiana,
    con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare
    entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente
    legge, su proposta del Ministro della pubblica istruzione,
    previa intesa con la Conferenza episcopale italiana, viene
    stabilita una modifica ai programmi dell’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole statali di ogni ordine
    e grado, in modo da prevedere, nel quadro delle ore di lezione
    previste dagli ordinamenti didattici per tale insegnamento,
    che un terzo dell’orario settimanale venga destinato all’insegnamento
    della storia delle religioni".
    Conseguentemente, alla rubrica, dopo le parole: "stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica"
    aggiungere le seguenti: "e sull’integrazione dei programmi
    dell’insegnamento della religione".
    4.0.101
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:
    "Art. 4-bis.
    (Regioni di confine)
    1. La presente legge si applica anche agli insegnanti di
    religione cattolica delle regioni di confine, ove essa non
    risulti in contrasto con le norme locali tutelate dalla
    disposizione del numero 5, lettera c), del Protocollo addizionale
    dell’Accordo di cui all’articolo 1, comma 1".
    Art. 5.
    5.8
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sopprimere l’articolo.
    5.100
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Sopprimere l’articolo.
    5.101
    Malabarba, Sodano Tommaso
    Sopprimere l’articolo.
    5.14
    Monticone
    Al comma 1, sopprimere la parola: "continuativamente".
    5.102
    Boscetto
    Al comma 1, sopprimere la parola: "continuativamente".
    5.9
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Le
    commissioni compilano la graduatoria di coloro che hanno
    superato il concorso; la graduatoria è approvata
    dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento del
    concorso.".
    5.103
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "La
    graduatoria di coloro che hanno superato il concorso viene
    compilata dalle commissioni esaminatrici; la graduatoria
    è approvata dal dirigente regionale che ha curato
    lo svolgimento del concorso".
    5.15
    Soliani, Acciarini, Betta, Cortiana, D’Andrea, Franco Vittoria,
    Modica, Monticone, Pagano, Tessitore, Togni, Tonini
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, è volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso, nonché
    all’accertamento della cultura posseduta dal candidato nel
    campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche".
    5.10
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso, nonché
    all’accertamento della cultura posseduta dal candidato nel
    campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche.".
    5.11
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    "2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto all’accertamento
    della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento scolastici,
    degli orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso.".
    5.104
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Al comma 2, sostituire le parole da: "è volto
    unicamente" fino alla fine del comma con le seguenti:
    "consistente in una prova scritta ed una orale, sarà
    volto all’accertamento della conoscenza della legislazione
    e dell’ordinamento scolastici, degli orientamenti didattici
    e pedagogici relativi ai gradi di scuola ai quali si riferisce
    il concorso, nonché all’accertamento della cultura
    posseduta dal candidato nel campo delle scienze sociali,
    filosofiche e della storia delle religioni".

    5.12
    Franco Vittoria, Modica, Acciarini, Tessitore, Pagano
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. La graduatoria di coloro che superano il concorso
    di cui al comma 2 ha carattere permanente: da essa si attinge
    per la copertura delle cattedre da assegnare con contratto
    a tempo indeterminato e per la copertura delle cattedre
    da assegnare con contratto a tempo determinato.".
    5.13
    Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore, Pagano, Modica
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. I docenti inseriti nella graduatoria di cui
    al comma 7 dell’articolo 3 non destinatari di contratto
    a tempo indeterminato hanno titolo di precedenza per il
    conferimento degli incarichi di cui al comma 10 dell’articolo
    3.".
    5.105
    Cortiana, Boco, Carella, De Petris, Donati, Martone, Ripamonti,
    Turroni, Zancan
    Dopo il comma 2, inserire il seguente:
    "2-bis. I docenti inseriti nella graduatoria di cui
    al comma 7 dell’articolo 3 non destinatari di contratto
    a tempo indeterminato hanno titolo di precedenza per il
    conferimento degli incarichi di cui al comma 10 dell’articolo
    3".
    Art. 6.
    6.1
    Pagano, Modica, Acciarini, Franco Vittoria, Tessitore
    Sopprimere l’articolo.
    6.100
    Acciarini, Pagano, Franco Vittoria
    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    "3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede
    al monitoraggio dell’attuazione della presente legge, anche
    ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7,
    della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni,
    e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni,
    i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla
    legge, dispongano l’utilizzo del Fondo di cui all’articolo
    7 della medesima legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni.
    I decreti di cui al precedente periodo sono altresì
    elencati con separata evidenza nell’allegato di cui all’articolo
    11, comma 6-bis, della citata legge n. 468 del 1978, e successive
    modificazioni".

  • Stato_Giuridico_due/resoconto_aula_S_11_06_2003.asp

    SENATO DELLA REPUBBLICA
    —————— XIV LEGISLATURA ——————

    413a SEDUTA PUBBLICA

    RESOCONTO

    STENOGRAFICO

    MERCOLEDÌ 11 GIUGNO 2003

    (Antimeridiana)

    _________________

    Presidenza del presidente PERA

    —————————————————————————–

    RESOCONTO STENOGRAFICO

    Presidenza del presidente PERA

    PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,34).

    Omissis

    Seguito della discussione dei disegni di legge:

    (1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)

    (202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica

    (564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (659) MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento dei docenti di religione cattolica

    (811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione
    dei disegni di legge nn. 1877, già approvato dalla
    Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659,
    811, 1345 e 1909.

    Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto luogo
    la replica del relatore.

    Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Signor Presidente, devo innanzitutto ringraziare
    la 7a Commissione e il relatore, senatore Brignone, perché
    ancora una volta su questo tema, dopo aver dimostrato già
    nella scorsa legislatura un impegno e un’attenzione
    straordinari – tra l’altro, anche allora il provvedimento
    aveva visto il senatore Brignone impegnato come relatore
    -, hanno investito moltissimo nel portare avanti il provvedimento.
    Ringrazio quindi il presidente Asciutti, il relatore e l’intera
    Commissione.

    Non posso non far riferimento anche al livello del dibattito
    che si è svolto in Aula. Mi riferisco alla discussione
    generale che ha visto intervenire numerosi senatori e senatrici
    a testimonianza del fatto che è un provvedimento
    ormai maturo per l’approvazione.

    Come è stato ricordato siamo in seconda lettura
    e di fatto, se stamattina l’Aula del Senato approverà
    il testo, ritorneremo alla Camera probabilmente soltanto
    per alcune norme tecniche.

    Quello che mi sento di dire stamattina è che, nonostante
    sia stato richiamato anche in quest’ultimo dibattito un
    insieme di aspetti ancora critici, credo che davvero il
    Governo ed il Parlamento abbiano sul tema dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
    delle scuole di ogni ordine e grado tentato di effettuare
    la famosa quadratura del cerchio, perché la questione
    è e resta complessa anche dopo l’approvazione di
    questo provvedimento.

    Ed è per queste ragioni che io richiamo velocemente
    le norme pattizie, in particolare i due punti delle norme
    pattizie che hanno dato origine a questo provvedimento legislativo,
    peraltro richiamate anche nel dibattito; risponderò
    e ricorderò la posizione del Governo in merito a
    questi aspetti proprio per dimostrare ancora una volta che
    nessuno ha voluto sottovalutare la criticità o la
    complessità di questo aspetto, ma eravamo e siamo
    tenuti a dare delle risposte e a ricercare delle soluzioni
    sul piano legislativo.

    Il comma 2 dell’articolo 9 dell’Accordo di revisione del
    Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, come ben sa
    quest’Aula, stabilisce che la Repubblica italiana, riconoscendo
    il valore della cultura religiosa e tenendo conto del fatto
    che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio
    storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare,
    nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie
    di ogni ordine e grado.

    Questo punto del Concordato è stato riconfermato
    nel 1984, quindi in una data più vicina a noi, e
    nel Protocollo addizionale di quell’Accordo, firmato
    a Roma il 18 febbraio 1984 con l’intento di assicurare
    con opportune precisazioni la migliore applicazione delle
    norme e di evitare ogni difficoltà di interpretazione,
    fra i vari punti venne stipulato anche questo tipo di intesa:
    si dettano norme sull’insegnamento e sugli insegnanti
    della religione cattolica e si rinviano ad una successiva
    intesa tra le competenti autorità scolastiche e la
    Conferenza episcopale italiana le determinazioni riguardanti
    i programmi, le modalità di organizzazione dell’insegnamento,
    i criteri per la scelta dei libri di testo ed i profili
    della qualificazione professionale degli insegnanti di religione.
    Tutto questo è avvenuto.

    Un altro punto, invece, del Protocollo addizionale non
    ha trovato finora applicazione: si tratta di quel punto
    dello stesso Protocollo che prescrive tutto ciò,
    fermo restando l’intento dello Stato – ecco perché
    noi stiamo varando il provvedimento in esame – di dare una
    nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione. Da questo punto di vista, quindi, come è
    stato ricordato in questi mesi, lo Stato è stato
    per anni inadempiente; oggi chiudiamo pertanto una partita
    che avrebbe dovuto vedere lo Stato impegnarsi fin dal 1984,
    mentre l’insegnamento di religione cattolica è
    stato da allora garantito da accordi, che naturalmente sono
    comunque intervenuti, tra l’autorità ecclesiastica
    e l’amministrazione scolastica, nell’assenza,
    in realtà, di una cornice giuridica.

    Questa dunque è la matrice giuridica del provvedimento.
    In riferimento alle questioni che sono state sollevate,
    innanzitutto mi riconosco in tutte le posizioni ed in tutti
    i rilievi effettuati dal relatore Brignone, che ringrazio
    per l’approfondita replica che ha voluto offrire ieri
    sera qui in Aula. Mi preme solo dare alcune risposte, in
    primo luogo ai colleghi senatori che hanno voluto presentare
    eccezioni di costituzionalità, chiedendosi come sia
    possibile che docenti scelti da un’altra autorità
    diventino poi dipendenti dello Stato. Noi prevediamo – il
    disegno di legge lo dice chiaramente – all’articolo
    3 l’accesso ai ruoli previo superamento di concorsi
    per titoli ed esami pubblici, quindi la segnalazione e l’individuazione
    di questi docenti da parte della Conferenza episcopale italiana
    costituisce una sorta di requisito essenziale, di preselezione,
    come peraltro si usa fare anche in altri settori del pubblico
    impiego, ancorché con modalità diverse. Pertanto,
    possono accedere a detti concorsi solo coloro che possiedono
    certi titoli, tra cui l’idoneità, che rappresenta
    il titolo imprescindibile. Successivamente interviene il
    concorso, che è la modalità di reclutamento
    del pubblico impiego per eccellenza; in questo senso lo
    Stato non va a violare nessuna legge riferita al reclutamento
    dei propri dipendenti.

    Quindi, c’è un reclutamento attraverso un concorso
    regolare. Altra questione, poi, è il primo concorso,
    proprio perché lo Stato è inadempiente e deve
    quindi riconoscere un servizio prestato in assenza di questa
    cornice giuridica che pure avrebbe dovuto garantire. Rispondo
    quindi in questo senso alle eccezioni presentate dai senatori
    Contestabile, Passigli, Malabarba e da tutti coloro che
    hanno voluto rimarcare questo aspetto.

    Ci sono poi ancora tre questioni che hanno animato il dibattito
    e che restano un po’ sullo sfondo come aspetti che
    in parte dividono le forze politiche, soprattutto di opposizione.
    Per esempio, il senatore Tonini diceva che sarebbe stato
    meglio garantire la mobilità verso altri insegnamenti
    dopo cinque anni, questo per evitare che insegnanti di religione
    inseriti poi nei ruoli possano richiedere immediatamente
    il passaggio su altri insegnamenti. Allora, confermo anche
    qui in Aula ciò che ho detto in Commissione: questa
    è materia contrattuale, per cui è una rigidità
    che non può essere prevista da una norma quadro e
    da una legge che istituisce lo stato giuridico di una categoria
    di insegnanti. Questo tipo di istituto potrà essere
    previsto nel tempo se dovessimo davvero riscontrare una
    mobilità eccessiva una volta inseriti in ruolo questi
    docenti.

    Devo anche dire, però, che non mi sento di fare
    un processo alle intenzioni, perché la nostra legislazione
    ha garantito e tutelato la libertà di insegnamento
    e anche la funzione, cioè gli insegnanti che hanno
    titolo ad effettuare passaggi possono farlo in qualsiasi
    ordine di scuola. Allora non capisco perché bisognerebbe
    privare gli insegnanti di religione in possesso di titoli
    ovviamente idonei della possibilità di effettuare
    questa mobilità. Quindi c’è anche una
    riserva personale, ma in questo momento voglio far valere
    molto di più il fatto che, essendo materia contrattuale,
    non potrebbe rientrare in una legge che stabilisce questo
    tipo di istituto.

    Rispondendo poi al senatore Tonini, ma in realtà
    si tratta di questioni che sono state sollevate un po’
    da tutti, dalla senatrice Soliani, dal senatore Monticone
    e da tutti coloro che hanno voluto evidenziare più
    di altri elementi di criticità nella legge, vengo
    alla questione dei titoli di questi insegnanti, quindi il
    possesso di diploma di laurea per essere poi abilitati all’accesso
    ai ruoli (diceva il senatore Tonini, ma credo che sia anche
    nel provvedimento presentato dalla senatrice Acciarini)
    almeno a regime. A questi colleghi mi sento di rispondere
    tranquillamente che la questione dei titoli non può
    essere unilaterale, cioè lo Stato non può
    decidere, neanche attraverso una legge quali possono essere
    i titoli di accesso all’insegnamento della religione
    cattolica perché dovremmo andare a rivedere quel
    famoso Protocollo addizionale dell’Accordo del 18 febbraio
    1984. Quindi, essendo una norma pattizia, insieme la Conferenza
    episcopale italiana e lo Stato devono rivedere i titoli
    di studio di accesso a questa materia.

    Posso già annunciare che sarà sensibilità
    della CEI compiere questo tipo di revisione. Cioè,
    la CEI è disponibile, si rende conto che è
    trascorso troppo tempo da quando sono stati indicati quei
    titoli di accesso e, poiché sono cambiate anche le
    normative che riguardano il reclutamento e l’accesso
    ai ruoli per tutti gli altri insegnamenti, non ultima la
    legge n. 53 del 2003, che prevede un percorso universitario
    specialistico e un tirocinio per l’accesso ai ruoli,
    non vi è dubbio che al più presto, chiarita
    la faccenda dello stato giuridico, CEI e Stato dovranno
    incontrarsi per rivedere tanto i titoli di accesso a questo
    tipo di insegnamento della religione cattolica, quanto poi
    l’accesso ai ruoli e quindi ai concorsi.

    Un’ultima cosa. Sempre nei discorsi che ho sentito
    e nelle obiezioni che sono state mosse si parla di rendere
    più cogente la prova generale e addirittura le prove
    d’esame. Da una parte, si è chiesto di prevedere
    una prova di cultura generale per, si dice, garantire una
    maggiore qualità di tale insegnamento e di questi
    insegnanti e, dall’altra, è stata evidenziata
    la "curvatura" sull’insegnamento della storia
    delle religioni.

    Rispetto a questa seconda questione il relatore Brignone
    ha risposto molto bene: qui non stiamo parlando della possibilità
    di modificare tale insegnamento; stiamo trattando della
    definizione dello stato giuridico di una categoria di insegnanti,
    quelli che sono chiamati a insegnare la religione cattolica,
    perché il Concordato parla di questo tipo di insegnamento
    e non di altro. Tutto il resto, e qui mi riferisco anche
    alle richieste del senatore Cortiana e all’ordine del
    giorno da lui presentato, attiene invece alle discipline,
    agli approfondimenti e al livello culturale che si può
    favorire attraverso tutti gli altri insegnamenti.

    Quindi, in virtù del fatto che stiamo riscrivendo
    le indicazioni nazionali per tutti gli ordini di scuola
    e che esiste l’autonomia delle istituzioni scolastiche,
    e quindi anche l’autonomia didattica, e poiché
    ci saranno attività opzionali facoltative che le
    famiglie e gli studenti potranno scegliere, siamo certi
    che le scuole potranno garantire anche questo tipo di approfondimento
    e di insegnamento. Si tratta, cioè, di un’attenzione
    alla storia delle religioni, qualcosa che riguarda una dimensione
    molto più culturale, che quindi rimanda ad un profilo
    più generale e non ad un insegnamento specifico,
    il quale, come abbiamo visto, trae origine da norme pattizie
    che hanno una finalità ben precisa.

    Per quanto riguarda poi gli approfondimenti da richiedere
    o le prove più ampie di concorso, ribadisco che noi
    abbiamo previsto, come scritto all’articolo 3, che
    si tratterà di prove di cultura generale; questo
    naturalmente non deve riguardare la materia, perché
    l’idoneità a questo tipo di insegnamento è
    di esclusiva competenza della Conferenza episcopale italiana.
    Non vorrei allora che conservassimo un pregiudizio nei confronti
    di questi insegnanti: siccome noi Stato non andiamo a valutare
    la competenza specifica, non saranno insegnanti di qualità.

    Il senatore Monticone, lo ricordo ancora, nel suo intervento
    in Commissione ha sottolineato alcuni percorsi di eccellenza
    di tali insegnanti.

    Come ha ricordato altrettanto bene il relatore Brignone,
    accanto a questi percorsi di eccellenza c’è
    un percorso di fede che non possiamo ignorare. Sono tutti
    elementi che possono essere considerati e valutati solo
    dalla Conferenza episcopale italiana. È questo tipo
    di valutazione che garantirà la qualità dell’insegnamento
    della religione cattolica.

    Allo stato, come è giusto che sia, resta la valutazione
    di tutte quelle competenze più generali che devono
    fare di questi insegnanti dei buoni insegnanti della scuola
    italiana. Ma noi non possiamo andare oltre nella valutazione
    e nell’espletamento delle prove concorsuali.

    Ringrazio ancora una volta tutte le forze politiche che
    hanno voluto dare segnali di attenzione e di incoraggiamento
    al Governo rispetto all’espletamento veloce del primo
    concorso, affinché si chiuda davvero presto questa
    partita. Naturalmente, il primo concorso si svolgerà
    con modalità diverse, perché deve dare risposte
    agli insegnanti che sono già in servizio.

    Auguro a tutti buon lavoro per la seduta di questa mattina.
    (Applausi dai Gruppi FI, UDC, LP e AN).

    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’ordine del
    giorno G1 (testo 2).

    Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sull’ordine del giorno in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, ieri nella mia replica ho espresso
    un parere sostanzialmente contrario sull’ordine del
    giorno nella sua formulazione originaria, in quanto – pur
    riconoscendo la validità della premessa – ritenevo
    superfluo e in parte inattuabile l’impegno che si vorrebbe
    affidare al Governo.

    Anche in questo caso ribadisco che, pur accettando quanto
    contenuto nella premessa, ritengo di non poter condividere
    l’impegno che si vorrebbe assegnare al Governo. Infatti,
    nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, l’insegnamento
    della religione è già impartito nel rispetto
    della libertà di coscienza e delle pari dignità;
    oltretutto, è un insegnamento di cui ci si può
    avvalere o meno.

    In quanto all’impegno del Governo affinché
    "le istituzioni scolastiche possano organizzare, nell’ambito
    delle attività di promozione culturale, sociale e
    civile previste dall’ordinamento scolastico, libere
    attività complementari relative alla storia delle
    religioni", non credo sia il caso di affidare tale
    previsione ad un ordine del giorno, in quanto nell’esercizio
    dell’autonomia scolastica ciò è già
    ampiamente possibile, naturalmente se richiesto dall’utenza.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Poiché i presentatori non insistono,
    l’ordine del giorno G1 (testo 2) non viene posto in
    votazione.

    Invito il senatore segretario a dare lettura del parere
    espresso dalla 5a Commissione permanente.

    PACE, segretario. "La Commissione programmazione
    economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi,
    esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo,
    ad eccezione degli emendamenti 1.110, 1.103, 1.2, 1.104,
    1.105, 1.4, 1.108, 1.109, 2.2, 2.100, 2.101, 5.8, 5.100,
    5.101, 6.1, 1.101, 6.100 e 2.102, sui quali il parere è
    contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione".

    PRESIDENTE.

    Procediamo all’esame degli articoli del disegno di legge
    n. 1877, nel testo proposto dalla Commissione.

    Passiamo all’esame dell’articolo 1, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, gli emendamenti che mi
    accingo ad illustrare riprendono i contenuti della proposta
    di legge di cui sono prima firmataria e che è stata
    condivisa anche da altri senatori. È una risposta
    più organica e più completa al problema della
    precarietà degli insegnanti di religione cattolica,
    ma al tempo stesso tiene presente la specificità
    di questa categoria di insegnanti.

    Noi diciamo con molta chiarezza che a tutti gli insegnanti
    di religione cattolica, non soltanto a quelli che occupano
    il 70 per cento dei posti, si applica il trattamento economico
    e di carriera previsto nel contratto nazionale per gli insegnanti
    a tempo indeterminato in servizio nel corrispondente anno
    scolastico.

    Questa norma così fissata e anche le articolazioni
    che riguardano i successivi emendamenti su cui poi mi soffermerò
    brevemente, si propongono di dare a questa categoria di
    insegnanti, di cui noi riconosciamo il valore e il significato,
    nessuno di noi infatti sta discutendo che siano lavoratori
    che non meritano attenzione, tutele e norme che garantiscano
    la qualità del loro rapporto di lavoro. Facciamo
    tutto quanto è possibile all’interno della normativa
    statale per dare loro questo riconoscimento, chiedendo anche
    – e vorrei che questo non sfuggisse agli interessati – una
    copertura finanziaria di questa legge ben diversa da quella
    che propongono il Governo e la maggioranza.

    Noi chiediamo che per quanto lo Stato può, siano
    assicurati il massimo della garanzia e il massimo dell’impegno
    economico e finanziario. Quello che lo Stato non può
    fare è intervenire sulle modalità di assunzione
    e di risoluzione del rapporto di lavoro.

    Do atto e ringrazio il senatore Brignone anche a nome dei
    colleghi del mio Gruppo che sono intervenuti in discussione
    generale, dell’attenzione che egli ha dedicato nella sua
    replica ieri sera alle osservazioni che sono state avanzate.
    Il senatore ha tenuto – e noi lo apprezziamo e vogliamo
    dargliene un ampio riconoscimento – a rispondere con il
    massimo di attenzione e di cura. Tuttavia, l’attenzione
    e la cura dedicate dal senatore Brignone purtroppo non hanno
    il potere di cancellare il problema alla base di questo
    sistema duale, nel quale lo Stato non ha competenza né
    sulle modalità di reclutamento, né – e questo
    è perfino più grave – sulle modalità
    di risoluzione del rapporto di lavoro. Queste sono governate,
    ci è stato ripetuto più volte ma non abbiamo
    bisogno di sentircelo dire, da norme pattizie che certamente
    intervengono proprio nella fase della costituzione del rapporto
    di lavoro e della risoluzione dello stesso.

    Al riguardo tutti i tentativi di soluzione sono destinati
    a fallire e a creare oltretutto rischi notevoli di contenzioso.
    Ci permettiamo di suggerirvi di controllare accuratamente
    questo testo che state per votare, perché in esso
    sono contenuti elementi estremamente discutibili sotto il
    profilo della costituzionalità e comunque del complesso
    di norme che regolano in generale il rapporto di lavoro
    nella nostra legislazione.

    Intervenire attraverso questo strumento vuol dire determinare
    un ulteriore aggravamento e creare ulteriore complessità.
    Vorrei sottolineare il fatto che al momento della costituzione
    del rapporto, sull’idoneità (torneremo poi sul tema
    dei titoli) lo Stato italiano nulla può e mi fa quasi
    sorridere l’esaltazione del concorso fatta dall’onorevole
    Aprea quando ha affermato che esso è lo strumento
    normale di assunzione.

    Non c’è bisogno di dirlo perché anche
    questo è un principio costituzionale; deve però
    trattarsi di un concorso in cui vi sia una valutazione completa
    dei titoli e lo Stato formuli una graduatoria di coloro
    che vuole immettere nella pubblica amministrazione. Ciò
    non avviene in base al disegno di legge: vi è una
    parte che sfugge a qualunque verifica, rispetto alla quale
    lo Stato non può che ritirarsi; tale circostanza
    impedisce la stesura di una graduatoria, conduce ad un elenco
    nel quale una graduazione è impossibile perché
    una parte riguarda un ambito in cui lo Stato non ha possibilità
    di intervento.

    Vorrei aggiungere che il tema della risoluzione del rapporto
    di lavoro per revoca dell’idoneità non è
    risolto dal disegno di legge, rimane tal quale per coloro
    che occupano il 30 per cento dei posti di insegnamento e
    per coloro in relazione ai quali si prevede il passaggio
    agli altri ruoli, con conseguenze nefaste per l’organizzazione
    del "mercato del lavoro" della scuola; mi si permetta
    questa espressione molto specifica. Vi è un’alterazione
    totale di questo meccanismo.

    Si parla inoltre di persone che possiedano i titoli ma
    nulla garantisce che essi sussistano. Ricordo che, rispetto
    all’elemento della risoluzione del rapporto di lavoro
    per revoca della idoneità, quest’Aula si è
    universalmente stupita e mobilitata al momento del licenziamento
    della professoressa che, avendo avuto un bambino, aveva
    subìto la rescissione del rapporto di lavoro. Sono
    state presentate interrogazioni e vi sono stati interventi
    anche da parte di una senatrice che appartiene al Gruppo
    parlamentare del senatore Brignone. Vorrei fosse chiaro
    che tale questione non è risolta: si turba gravemente
    la modalità di reclutamento degli insegnanti, ma
    non vi è alcuna garanzia per i docenti di religione.
    E’ del tutto casuale che vi siano i titoli per transitare
    in un altro ruolo, non è sufficiente il fatto di
    essere docente di religione cattolica; se le persone non
    hanno i titoli, sono precarie oggi così come saranno
    precarie dopo l’approvazione del disegno di legge.

    Vorrei fosse chiaro che non si fa alcunché per incidere
    realmente sullo stato giuridico di questo personale dal
    punto di vista del reclutamento e della risoluzione del
    rapporto di lavoro, mentre si realizzano alcuni pasticci
    istituzionali; non esito a definirli tali perché
    so che così saranno vissuti e sentiti dal mondo della
    scuola, ma avremo modo di tornare sull’argomento quando
    parleremo dell’accesso ai ruoli. Si crea una situazione
    ibrida, di mescolanza molto confusa e caotica di norme.

    Credo non debba sfuggire all’attenzione che noi proponiamo
    una norma destinata a questi insegnanti. La sottosegretaria
    Aprea ha parlato di una grande inadempienza dello Stato
    che viene finalmente colmata. È sempre facile pensare
    che chi ci ha preceduto non sapesse fare il suo mestiere
    ma, se per tanti anni ciò non è stato fatto,
    sarebbe corretto chiedersi se esistessero concreti problemi
    di natura giuridica e costituzionale che rendevano difficile
    pervenire ad una norma come quella che oggi l’Assemblea
    si propone di votare. Il sistema duale, la mancanza di competenza
    dello Stato sul reclutamento e sulla risoluzione del rapporto
    di lavoro, ha costituito agli occhi dei precedenti legislatori
    e dei precedenti Governi, di varie colorazioni politiche,
    un ostacolo inevitabile per giungere a questa soluzione.

    Noi, con una norma chiara e limpida, prevediamo che lo
    Stato faccia il suo mestiere, dia a questi insegnanti tutto
    ciò che è possibile dare dal punto di vista
    della legislazione italiana, senza creare una norma che
    incontrerà moltissimi problemi applicativi e sarà
    avvertita da tutto il mondo della scuola come una violazione
    dei diritti degli altri insegnanti.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, le proposte emendative
    che presentiamo – la prima in particolare – ribadiscono
    il principio della nostra contrarietà all’impianto
    del provvedimento in esame sulla immissione in ruolo dell’insegnante
    di religione; nello stesso tempo ribadiscono però
    che, nel momento in cui tali insegnanti ci sono, essi hanno
    diritto a garanzie, sebbene nutriamo obiezioni di fondo
    rispetto al fatto che la religione cattolica abbia un privilegio
    all’interno della scuola pubblica.

    Abbiamo già manifestato la nostra contrarietà
    a un meccanismo tramite il quale oltre a non risolvere il
    problema della precarietà di tutti gli insegnanti
    di religione, dal momento che non tutti sono tutelati da
    questo provvedimento, si crea una discriminazione di fondo
    nell’inserimento in ruolo degli insegnanti. Si discrimina
    infatti, con la vostra proposta di legge, tra chi per essere
    inserito in ruolo ha sostenuto i tristemente famosi "concorsoni"
    ed è tuttora costretto ad attendere un’interminabile
    graduatoria e chi potrebbe passare da insegnante di religione,
    quindi fondamentalmente nominato dalla diocesi, a insegnante
    ad esempio di storia, per il semplice fatto di aver perso
    l’idoneità all’insegnamento della sua materia.

    Certo, come ha ricordato ieri con dovizia di argomenti
    e con attenzione alle proposte delle opposizioni il senatore
    Brignone ed anche questa mattina la sottosegretario Aprea,
    ci sono le norme pattizie. Tuttavia, siamo di fronte ad
    una discriminazione palese e anche a rischi di contenzioso,
    come ha poc’anzi ricordato la collega Acciarini, sui
    quali non si può tranquillamente sorvolare. Mi permetto
    di insistere, quindi, sulla contrarietà all’inserimento
    nei due ruoli regionali proposti.

    Pur tuttavia, ci rendiamo conto che si tratta in ogni caso
    di lavoratori e lavoratrici rappresentanti di una parte
    sociale a cui siamo anche molto sensibili. Quindi, pur ribadendo
    le molteplici precisazioni sul loro status giuridico, siamo
    assolutamente favorevoli, nella costanza del loro rapporto
    di lavoro, a che il loro trattamento economico e di carriera
    sia quello previsto dal contratto nazionale degli insegnanti
    a tempo indeterminato nel corrispondente ordine scolastico.
    Mi pare un riconoscimento sufficientemente congruo.

    Sono queste le ragioni delle nostre proposte emendative,
    la cui approvazione raccomandiamo all’Assemblea.

    PRESIDENTE. Invito il relatore e la rappresentante del Governo
    a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, l’emendamento 1.100 ripropone
    sostanzialmente quanto già esposto nell’ordine
    del giorno G1, pertanto quanto ho detto al proposito vale
    anche per questo emendamento.

    Aggiungo che, comunque, la storia delle religioni è
    già in parte presente nei manuali scolastici, è
    infatti quasi impossibile accostarsi alla storia della civiltà
    umana, a partire dalle culture più antiche, senza
    studiare la storia delle religioni. Peraltro, sia negli
    interventi dei colleghi, sia nella mia replica, si è
    anche introdotto un concetto ancora più evoluto della
    storia delle religioni, cioè lo studio del fatto
    religioso.

    Ebbene, se ciò deve essere considerato come insegnamento
    aggiuntivo, può essere appunto preso in considerazione
    come attività liberamente programmata nell’esercizio
    dell’autonomia scolastica; se viene invece avanzato
    come eventuale alternativa all’insegnamento di religione
    cattolica, richiamo quanto già detto, ossia che qualsiasi
    scelta, di avvalersi o meno di tale insegnamento, deve essere
    totalmente svincolata da una scelta alternativa, così
    come recita la sentenza n. 13 della Corte costituzionale
    dell’11 gennaio 1991.

    Esprimo parere contrario sull’emendamento 1.110 perché
    sostanzialmente si limita a riconoscere agli insegnanti
    di religione cattolica il semplice trattamento economico
    e di carriera previsto dal contratto nazionale. In realtà,
    manca totalmente il riconoscimento dello stato giuridico,
    che è invece l’intento precipuo di questo disegno
    di legge. Lo stesso vale per l’emendamento 1.101, che
    è di contenuto sostanzialmente identico.

    Il parere sull’emendamento 1.102 è contrario
    in quanto è pleonastico: contiene una norma che è
    già ampiamente prevista nel Protocollo addizionale
    e nell’Intesa.

    Per quanto riguarda l’emendamento 1.103, mi richiamo alle
    considerazioni svolte sull’emendamento 1.110, che limitava
    al trattamento economico tutta la questione.

    Sono inoltre contrario all’emendamento 1.2, identico agli
    emendamenti 1.104 e 1.105, perché questo provvedimento
    prevede l’emissione di ruoli per titoli e per concorso sia
    in regime transitorio, sia in regime ordinario; quindi è
    chiaro che supera la norma vigente relativa al reclutamento
    dei docenti di religione.

    L’emendamento 1.106 si basa su una logica molto sottile.
    A un primo approccio sembrerebbe una semplice riformulazione
    di quanto proposto nel testo; infatti, le parole: "salvo
    quanto stabilito dalla presente legge", si propone
    di sostituirle con le parole: "per quanto compatibili
    con la presente legge". In realtà, ad una attenta
    lettura esso intende capovolgere la questione e rendere
    subordinate le norme recate da questo disegno di legge.

    Il mio parere è contrario sull’emendamento 1.3,
    identico all’emendamento 1.107, perchè esso è
    sostanzialmente superfluo: è chiaro che il trattamento
    economico previsto per chi entra in ruolo è quello
    per gli insegnanti a tempo indeterminato.

    Parere ugualmente contrario sull’emendamento 1.4, identico
    agli emendamenti 1.108 e 1.109 perché intende sopprimere
    una norma che è contemplata con molta precisione
    nell’Intesa, e quindi inderogabile.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.100.

    Verifica del numero legale

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Chiediamo la verifica del numero legale.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
    senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza
    mediante procedimento elettronico.

    (Segue la verifica del numero legale).

    Il Senato non è in numero legale.

    Sospendo la seduta per venti minuti.

    Presidenza del vice presidente CALDEROLI

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

    Metto ai voti l’emendamento 1.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
    ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
    1.110 e 1.101 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 1.102, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
    ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
    1.103, 1.2, 1.104 e 1.105 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 1.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 1.3, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
    1.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo all’emendamento 1.4, identico agli emendamenti
    1.108 e 1.109, su cui la 5a Commissione ha espresso parere
    contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, lei riceverà veramente
    il premio per la velocità. Volevo fare una dichiarazione
    di voto sull’emendamento 1.4 e ho alzato la mano. Non
    tutti hanno la sua velocità, anche se io ho cercato
    di averla; vorrei solo pregarla per l’avvenire di guardare
    anche da questa parte.

    PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, lei può intervenire
    sull’emendamento 1.4 perché non lo abbiamo ancora
    votato.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . In questo caso, signor Presidente, vorrei
    richiamare l’attenzione dei colleghi su questo emendamento,
    soppressivo del comma 3 dell’articolo 1. È una
    norma veramente molto delicata perché – forse merita
    ricordarlo – prevede che nella scuola dell’infanzia
    e nella scuola elementare l’insegnamento della religione
    cattolica possa essere affidato a docenti della sezione
    o della classe, ovviamente se in possesso dell’idoneità.
    Da questo punto di vista, vorrei che tutti considerassero
    la posizione degli allievi, di cui qualche volta sarebbe
    anche bene occuparci; di allievi, tra l’altro, di età
    abbastanza giovanile. Essi vedrebbero in questo caso attuarsi
    una discriminazione nei loro confronti perché la
    loro maestra o il loro insegnante, per alcuni dispenserebbe
    un insegnamento facoltativo in più mentre per gli
    altri non lo farebbe. Vorrei che questo aspetto venisse
    considerato dal punto di vista dei bambini, che si trovano
    di fronte ad una figura così importante, quella del
    docente, che dà qualcosa in più ad alcuni
    di loro sulla base di una scelta che – siamo tutti d’accordo
    – ovviamente attiene alla libertà delle famiglie
    e poi degli alunni quando si va avanti negli studi e che
    è legata alla presenza di una materia facoltativa.
    In sostanza, per alcuni, in una fascia di età molto
    giovanile, si mescolano due figure, quella del docente delle
    materie curricolari e quella del docente della materia facoltativa.
    Ritengo pertanto che la soppressione di questo comma potrebbe
    essere interessante anche per quegli esponenti della maggioranza
    che rispetto al disegno di legge in esame so avere alcune
    perplessità, alcuni dubbi.

    PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, devo dedurre che lei chiede
    la votazione dell’emendamento 1.4?

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Sì, signor Presidente.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
    senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Ai sensi dell’articolo 102-bis del Regolamento,
    indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
    mediante procedimento elettronico, dell’emendamento 1.4,
    presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori,
    identico agli emendamenti 1.108, presentato dal senatore
    Malabarba e da altri senatori, e 1.109, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B)

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 1.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, noi voteremo contro l’articolo
    1 innanzitutto perché contiene un’impostazione
    che, come abbiamo sottolineato, non conduce a delle buone
    soluzioni rispetto ad un problema che, ribadisco, il mio
    Gruppo ritiene che si debba valutare in modo più
    serio e documentato. Questa soluzione, però, crea
    troppe difficoltà di applicazione e creerà
    troppe conflittualità all’interno della scuola.
    Tra l’altro, con una situazione di ruoli del tutto
    atipici perché si costituiscono dei ruoli non in
    coincidenza di quelle che sono le articolazioni della pubblica
    amministrazione ma legati agli ambiti delle diocesi. Quindi,
    anche da questo punto di vista – avrò poi occasione
    di dire qualcosa anche sul tema della mobilità –
    si crea qualcosa di particolare e di differente.

    In secondo luogo, da una parte si stabilizza con una modalità
    che rischia, tra l’altro, di precarizzare in maniera
    estrema una parte di questo personale che non viene toccato
    dal provvedimento e dall’altra si fanno alcune violazioni
    principi costituzionali legati appunto allo status particolare
    degli insegnanti di religione cattolica.

    Ribadiamo che sarebbe stato importante affrontare il tema
    del massimo delle tutele in costanza di rapporto di lavoro,
    perché su questo lo Stato ha la possibilità
    di dare di più e meglio a questi insegnanti; ripeto
    però che non si può forzare la norma in questo
    modo quando c’è una modalità di reclutamento
    ed una modalità di risoluzione del rapporto di lavoro
    che poi, da questo articolo che adesso stiamo per votare,
    provocherà a cascata una serie di conseguenze normative
    che successivamente illustrerò e che creano disparità
    nei confronti degli altri insegnanti, disparità nella
    gestione del personale della scuola e – lo diciamo senza
    paura – anche una violazione di princìpi costituzionali.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 1.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 2, sul quale
    sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
    a illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 2.2,
    di cui sono prima firmataria insieme ad altri colleghi,
    concerne la soppressione dell’articolo 2 che cui si
    stabilisce la dotazione organica su cui si fa l’operazione
    sulla quale precedentemente esprimevo alcune osservazioni.
    L’articolo 2 prevede infatti che, con decreto del Ministro
    dell’istruzione, è stabilita la consistenza
    della dotazione organica degli insegnanti di religione cattolica,
    determinata nella misura del 70 per cento dei posti di insegnamento
    complessivamente funzionanti.

    Io vorrei innanzitutto dire al Governo – l’ho già
    fatto molte volte in Commissione – che trovo sbagliato comunque
    che non ci sia un riferimento temporale di alcun tipo. Si
    parla del 70 per cento di posti disponibili, allora io chiedo:
    quando, riferiti a quale momento? Soltanto quando si parla
    di prima applicazione si fa riferimento ad un anno scolastico,
    dopo di che scende il silenzio. Si parla di un 70 per cento
    che può essere la percentuale dell’anno X, dell’anno
    Y o dell’anno Z. Questo è un piccolo rilievo
    formale che sarebbe interesse del Governo, a mio giudizio,
    risolvere visto che il provvedimento tornerà alla
    Camera. Noi sappiamo che qui il provvedimento è blindato,
    lo è in maniera fin troppo evidente, blindato perfino
    negli ordini del giorno. Pensateci bene, però, perché
    secondo me non si capisce il momento del riferimento e invece
    tutte le volte che ho visto varare leggi che facevano riferimento
    alla dotazione organica ho sempre visto, accanto a questo
    – e credo di avere una modesta esperienza di legislazione
    scolastica – l’indicazione temporale del momento in
    cui si fa il calcolo del 70 per cento.

    Dietro questo aspetto io ritengo ci possa essere una svista,
    ma potrebbe anche nascondersi un altro problema che a noi
    sta particolarmente a cuore. Qui, effettivamente, stabilendo
    le dotazioni organiche si fissano delle cifre che sono basate
    sull’ipotesi che la scelta tra l’avvalersi e il
    non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica
    in qualche modo sia susseguente allo stabilire il numero
    dei docenti che l’insegneranno. Ora questo presenta
    notevoli problemi perché è stato ribadito
    più volte – sono state citate le sentenze della Corte
    costituzionale e direi che da questo punto di vista non
    abbiamo più dubbi – che le possibilità degli
    studenti sono differenziate: innanzitutto c’è
    la scelta tra l’avvalersi della religione cattolica
    e il non avvalersi.

    Non si può dire che "a stima" riteniamo
    che comunque saranno un certo numero, perché ciò
    è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
    esercitando la loro libertà di scelta educativa,
    e gli studenti, quando giungeranno all’età per
    poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
    si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
    che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
    perché si sa che può accadere che questo valore
    incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
    quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
    convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
    della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.

    Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
    "stabilizzati"?

    Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
    quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
    la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
    così libera se la scuola disporrà comunque
    di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
    tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.

    Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
    si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
    che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.

    In secondo luogo, e questo è il dato più
    sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
    educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
    cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
    che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
    scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
    di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
    elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
    rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
    almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
    molto difficile da applicare nelle scuole.

    Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
    la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
    che ci sembra la cosa più importante, perché
    garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
    sentenze della Corte costituzionale.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, l’articolo 2
    e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
    manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
    e una possibilità concreta che chi viene immesso
    nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
    didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.

    Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
    in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
    trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
    Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
    in sostanza, della Repubblica italiana.

    Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
    che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
    vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
    d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
    quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
    multiculturale e

    multireligiosa all’interno del proprio territorio.
    Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
    di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
    altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
    l’insegnamento non è quello di una religione
    ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
    millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
    che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
    cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
    sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
    e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.

    Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
    di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
    della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
    riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
    tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
    delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
    diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
    un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.

    Aggiungo…

    PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
    in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
    volta i pareri, altrimenti non si finisce.

    BRIGNONE,
    relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
    cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
    emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 2.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Innanzitutto voglio dare atto al relatore
    dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
    di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
    coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
    e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
    corto.

    PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
    e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
    in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
    mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
    critica. (Applausi del senatore Bedin).

    Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
    frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
    che il senatore Brignone non potrà confutare tale
    mia asserzione – che questa scelta è basata su un
    qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
    precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
    e quindi alle successive votazioni parlamentari.

    Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
    ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
    la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
    che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
    di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
    sensibilità religiose. Questo dato però non
    può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
    state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
    al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
    rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
    libertà di coscienza, alla libertà educativa
    delle famiglie.

    Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
    perché ha in sé una grande approssimazione
    e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
    procedere all’applicazione della legge.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, torniamo su un argomento
    già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
    meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
    Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
    del primo emendamento riferito all’articolo 3.

    L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
    cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
    provvedimento.

    Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
    all’impostazione della discussione di questo disegno
    di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
    al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
    il male di questo disegno di legge: la possibilità
    di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
    tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
    data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
    rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
    scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
    richiamati.

    Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
    all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
    se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
    in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
    del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
    si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
    dell’ordinario diocesano competente per territorio,
    divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
    purché non si fruisca della mobilità professionale
    o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva.

    In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
    stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
    nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
    ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
    risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
    risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
    4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
    che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
    raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
    articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
    erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
    in precedenza.

    Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
    sull’emendamento 3.100.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, siamo intervenuti su
    questo articolo con emendamenti perché siamo nel
    cuore della legge, dove emergono con più evidenza
    alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.

    Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
    materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
    contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
    appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
    di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
    di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
    nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
    di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
    questione parleremo dopo.

    Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
    troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
    è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
    che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
    e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
    da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
    quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
    di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
    approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
    di più ci viene detto e ci può essere dato
    di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.

    È assai interessante sentire che il sottosegretario
    Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
    la materia una sistemazione e un’organicità, forse
    allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
    del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
    attenderci che questa sistemazione organica venga data per
    sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
    facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.

    Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
    Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
    qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
    di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
    nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
    concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
    Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
    molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
    base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
    cioè anche non essere in possesso del diploma di
    scuola secondaria superiore proprio perché in quel
    momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
    entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
    anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
    numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
    lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
    di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
    qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
    entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
    Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
    studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
    problema lo porranno e giustamente.

    Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
    sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
    delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
    del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
    aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
    diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".

    Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
    presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
    inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
    questi docenti all’interno della categoria dei docenti
    laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
    sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.

    Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
    anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
    relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
    È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
    un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
    persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
    insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
    che nessun altro insegnante può invocare.

    Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
    stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
    nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
    scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
    valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
    che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
    e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
    Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
    di questi casi.

    Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
    pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
    Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
    giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
    insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
    stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, con l’emendamento
    3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
    3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
    con la formulazione più appropriata "le Commissioni
    compilano la graduatoria". Non è una questione
    semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
    molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
    tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
    Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
    è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
    deve nominare.

    La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
    competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
    costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
    e superano il concorso, anche perché – e non è
    questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
    religione cattolica e la possibilità, in qualche
    situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
    l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
    mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
    di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
    di veri concorsi?

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Sottosegretaria, questa è
    la realtà!

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
    modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
    diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
    accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
    la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
    concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
    Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
    concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
    certezza al punto 4 dell’Intesa.

    Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
    Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
    in realtà essa non tiene conto della peculiarità
    degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
    di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.

    Non si può dire che "a stima" riteniamo
    che comunque saranno un certo numero, perché ciò
    è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
    esercitando la loro libertà di scelta educativa,
    e gli studenti, quando giungeranno all’età per
    poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
    si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
    che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
    perché si sa che può accadere che questo valore
    incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
    quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
    convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
    della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.

    Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
    "stabilizzati"?

    Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
    quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
    la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
    così libera se la scuola disporrà comunque
    di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
    tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.

    Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
    si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
    che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.

    In secondo luogo, e questo è il dato più
    sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
    educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
    cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
    che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
    scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
    di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
    elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
    rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
    almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
    molto difficile da applicare nelle scuole.

    Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
    la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
    che ci sembra la cosa più importante, perché
    garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
    sentenze della Corte costituzionale.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, l’articolo 2
    e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
    manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
    e una possibilità concreta che chi viene immesso
    nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
    didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.

    Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
    in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
    trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
    Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
    in sostanza, della Repubblica italiana.

    Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
    che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
    vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
    d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
    quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
    multiculturale e

    multireligiosa all’interno del proprio territorio.
    Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
    di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
    altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
    l’insegnamento non è quello di una religione
    ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
    millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
    che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
    cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
    sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
    e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.

    Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
    di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
    della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
    riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
    tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
    delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
    diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
    un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.

    Aggiungo…

    PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
    in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
    volta i pareri, altrimenti non si finisce.

    BRIGNONE,
    relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
    cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
    emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 2.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U).
    Innanzitutto voglio dare atto al relatore
    dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
    di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
    coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
    e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
    corto.

    PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
    e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
    in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
    mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
    critica. (Applausi del senatore Bedin).

    Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
    frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
    che il senatore Brignone non potrà confutare tale
    mia asserzione – che questa scelta è basata su un
    qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
    precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
    e quindi alle successive votazioni parlamentari.

    Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
    ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
    la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
    che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
    di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
    sensibilità religiose. Questo dato però non
    può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
    state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
    al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
    rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
    libertà di coscienza, alla libertà educativa
    delle famiglie.

    Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
    perché ha in sé una grande approssimazione
    e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
    procedere all’applicazione della legge.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, torniamo su un argomento
    già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
    meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
    Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
    del primo emendamento riferito all’articolo 3.

    L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
    cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
    provvedimento.

    Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
    all’impostazione della discussione di questo disegno
    di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
    al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
    il male di questo disegno di legge: la possibilità
    di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
    tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
    data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
    rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
    scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
    richiamati.

    Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
    all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
    se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
    in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
    del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
    si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
    dell’ordinario diocesano competente per territorio,
    divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
    purché non si fruisca della mobilità professionale
    o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva.

    In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
    stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
    nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
    ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
    risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
    risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
    4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
    che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
    raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
    articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
    erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
    in precedenza.

    Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
    sull’emendamento 3.100.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, siamo intervenuti su
    questo articolo con emendamenti perché siamo nel
    cuore della legge, dove emergono con più evidenza
    alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.

    Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
    materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
    contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
    appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
    di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
    di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
    nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
    di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
    questione parleremo dopo.

    Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
    troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
    è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
    che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
    e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
    da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
    quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
    di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
    approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
    di più ci viene detto e ci può essere dato
    di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.

    È assai interessante sentire che il sottosegretario
    Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
    la materia una sistemazione e un’organicità, forse
    allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
    del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
    attenderci che questa sistemazione organica venga data per
    sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
    facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.

    Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
    Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
    qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
    di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
    nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
    concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
    Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
    molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
    base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
    cioè anche non essere in possesso del diploma di
    scuola secondaria superiore proprio perché in quel
    momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
    entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
    anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
    numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
    lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
    di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
    qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
    entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
    Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
    studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
    problema lo porranno e giustamente.

    Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
    sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
    delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
    del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
    aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
    diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".

    Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
    presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
    inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
    questi docenti all’interno della categoria dei docenti
    laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
    sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.

    Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
    anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
    relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
    È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
    un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
    persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
    insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
    che nessun altro insegnante può invocare.

    Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
    stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
    nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
    scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
    valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
    che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
    e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
    Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
    di questi casi.

    Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
    pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
    Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
    giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
    insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
    stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, con l’emendamento
    3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
    3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
    con la formulazione più appropriata "le Commissioni
    compilano la graduatoria". Non è una questione
    semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
    molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
    tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
    Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
    è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
    deve nominare.

    La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
    competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
    costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
    e superano il concorso, anche perché – e non è
    questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
    religione cattolica e la possibilità, in qualche
    situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
    l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
    mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
    di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
    di veri concorsi?

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Sottosegretaria, questa è
    la realtà!

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
    modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
    diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
    accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
    la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
    concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
    Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
    concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
    certezza al punto 4 dell’Intesa.

    Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
    Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
    in realtà essa non tiene conto della peculiarità
    degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
    di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.

    Il fatto di sostituire un elenco con una graduatoria significherebbe
    una totale mobilità del personale. Visto che, comunque,
    l’idoneità viene attribuita dalla competente
    autorità ecclesiastica e che tale idoneità
    ha sicuramente carattere prevalente rispetto alla valutazione
    dell’autorità statuale (per il semplice motivo
    che attiene esattamente a quelle che sono le competenze
    disciplinari), non vedo perché bisognerebbe creare
    una mobilità così vasta e radicale semplicemente
    attenendoci a una parte di prove concorsuali che non sono
    veramente determinanti per lo stato giuridico e per la valutazione
    della preparazione del docente nella disciplina specifica.

    Con riferimento agli altri emendamenti, mi pare che ve
    ne siano anche alcuni contraddittori, ad esempio il 3.106
    di cui è primo firmatario il senatore Cortiana, perché
    viene criticata la revoca dell’idoneità, ma
    allo stesso tempo si chiudono tutti gli spazi per la conservazione
    del posto di lavoro.

    L’emendamento 3.5 propone di nuovo una graduatoria
    al posto di un elenco; in realtà, si parla di elenco
    esattamente al comma 7 dell’articolo 3 e da questo
    non si può derogare.

    Il parere è quindi contrario per tutti gli emendamenti
    presentati sull’articolo 3.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è
    conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente
    avanzata dal senatore Malabarba, risulta appoggiata dal
    prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 3.100, presentato dai senatori Malabarba
    e Sodano Tommaso.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 3.101, presentato
    dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.102, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori, sostanzialmente identico all’emendamento
    3.1, presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.2, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
    3.103, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.3, presentato dalla senatrice
    Vittoria Franco e da altri senatori, sostanzialmente identico
    all’emendamento 3.104, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.105, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.4, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.5, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
    3.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 3.

    TESSITORE
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    TESSITORE
    (DS-U)
    . Signor Presidente, annuncio il voto contrario
    del Gruppo DS a questo articolo che, come è stato
    rilevato, è tra i più importanti, in quanto
    concerne le procedure per l’accesso al ruolo che già
    abbiamo contestato nella critica emendativa all’articolo
    1.

    Il voto contrario è motivato dall’esigenza
    di non consentire diversità nell’accesso ai
    ruoli di insegnamento nella scuola di Stato, garantendo
    contemporaneamente agli insegnanti di religione cattolica,
    che accedono all’insegnamento in base a criteri diversi
    (quelli dell’Intesa tra Stato e Chiesa), la permanenza
    a tempo indeterminato salva l’ipotesi di revoca della
    idoneità da parte dell’ordinario diocesano.

    Nella migliore delle ipotesi, con le previsioni della legge
    in discussione, si individua un canale alternativo che è
    un vulnus nel sistema, in qualunque modo lo si voglia presentare,
    mentre si poteva evitare tutto ciò senza danneggiare
    nessuno.

    Si è preferito puntare su una specie di rendita
    concordataria anziché affrontare davvero il problema
    nei suoi termini costituzionali e pattizi. Ma in questo
    caso non si tratta soltanto di evitare una violazione della
    parità di diritto tra i cittadini, bensì anche
    di capire davvero che cosa significa l’insegnamento
    della religione e il suo ruolo culturale e formativo, lontano
    da forme surrettizie che sanno – ahimè! – di propaganda
    e di proselitismo.

    A questo proposito, devo dire che non capisco la risposta
    che mi è stata data dal relatore, il quale ha rilevato
    che nella scuola italiana propaganda o proselitismo avvengono,
    o possono avvenire, anche in altre discipline, dalla storia
    alla filosofia. E io mi domando: e con ciò? Non capisco
    l’osservazione, che porta soltanto a fare constatare che
    nella scuola italiana esistono, o esisterebbero, altre cose
    che non vanno, ma certamente non risponde al dubbio di non
    rischiare che l’insegnamento di religione si riduca ad un
    fatto di propaganda o di proselitismo.

    Non capisco questo tipo di argomentazione, che vedo molto
    diffusa; non la capisco – se così posso dire – sul
    piano etico, perché non mi rendo conto che significa
    osservare che ad un male se ne aggiunge un altro, come se
    questo comportasse la soluzione del problema. Non la capisco
    neppure sul piano logico, perché mi sembra espressione
    di una davvero riduttiva idea dell’insegnamento della religione,
    che non credo possa essere affrontato con un pur analitico
    commento di tipo burocratico (con le 60 circolari che abbiamo
    appreso essere state emanate dal Ministero dal 1984 ad oggi),
    o con qualche sentenza della Corte costituzionale, che evidentemente
    testimoniano soltanto l’inadeguatezza della legislazione
    in materia, nella cui traiettoria temo si inserisca anche
    questo provvedimento, che non mi sembra in grado di dare
    sistemazione all’importante materia dell’insegnamento della
    religione.

    Per questi motivi il nostro voto all’articolo 3 sarà
    contrario. (Applausi della senatrice Manieri).

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 3.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 4, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’articolo 4 parla della
    mobilità. Noi abbiamo cercato di intervenire con
    degli emendamenti veramente costruttivi perché –
    ripeto – dietro l’attività emendativa che è
    stata svolta dai senatori del Gruppo DS della Commissione
    istruzione pubblica c’è una visione collegata ad
    un apposito disegno di legge per gli insegnanti di religione
    cattolica. Abbiamo poi tradotto in emendamenti una visione
    organica che stiamo cercando di proporre, ritenendo in questo
    senso di rendere un buon servizio allo Stato, alla scuola
    italiana, ma anche agli insegnanti di religione cattolica.

    Qui siamo al punto più delicato, perché chiaramente
    di mobilità si parla quando si ha una situazione
    per cui l’insegnante immesso nei ruoli trova un ostacolo
    nel mantenimento del posto, o perché si trova in
    condizione di esubero, o perché gli viene revocata
    l’idoneità. In particolare, vorrei sottolineare il
    fatto che questi insegnanti possono trovarsi in posizione
    di esubero, come possono trovarsi in posizione di revoca
    dell’idoneità. La prima posizione, di essere cioè
    in esubero, può verificarsi anche per gli altri insegnanti;
    quella della revoca dell’idoneità è invece
    una particolarità propria di questa categoria di
    docenti.

    Tra l’altro, ritengo che si porrà un problema molto
    serio di costituzionalità di questo articolo. C’è
    un problema serio dal punto di vista degli insegnanti di
    religione cattolica, perché lo Stato accetta esplicitamente
    con questa legge di risolvere un rapporto di lavoro con
    un personale stabilizzato nei propri ruoli, sulla base di
    una decisione che proviene, appunto, dall’ordinario diocesano
    che revoca l’idoneità. E non si chiede sulla base
    di quali criteri questa revoca venga effettuata, la si accetta
    a scatola chiusa. Ora, evidentemente, non è che non
    si sappia su che basi possa venir revocata l’idoneità,
    perché basta leggere il codice di diritto canonico,
    che prevede che si revochi, come del resto si concede, l’idoneità
    sulla base dell’insegnamento della retta dottrina, di un
    comportamento conforme alla religione cattolica e delle
    abilità pedagogiche e didattiche. Sul terzo punto
    nulla da dire, ma è chiaro che nessuno è in
    grado di valutare quando di un insegnante si dica che non
    ha più abilità pedagogiche e didattiche.

    Quindi, anche qui siamo in un territorio in cui lo Stato
    accetta una sentenza emanata da altri.

    Ma direi che ben più gravi evidentemente sono gli
    altri due punti e devo dire che nel passato, come voi sapete,
    ci sono stati casi molto gravi di perdita del posto di lavoro:
    abbiamo ricordato prima la professoressa che aveva perso
    il posto di lavoro perché aveva avuto una bambina,
    potremmo ricordare tanti altri casi, per esempio, di insegnanti
    che hanno perduto il posto di lavoro perché avevano
    partecipato alle elezioni politiche o amministrative nelle
    liste di partiti di sinistra. Quindi queste revoche sono
    intervenute nel tempo (c’è tutta una casistica, non
    vi annoio a leggerla) per i più svariati motivi.

    D’altra parte, ripeto, nessuno di noi contesta che, sulla
    base delle norme che regolano i rapporti tra lo Stato italiano
    e la Chiesa cattolica, l’ordinario diocesano possa fare
    una sua valutazione che riguarda la sua sfera. Ma fino a
    oggi da ciò di fatto è sempre disceso che
    lo Stato non stabilizzava il rapporto di lavoro perché,
    appunto, era soggetto a una causa di risoluzione del tutto
    anomala e del tutto, direi, incontrollabile da parte dello
    Stato italiano.

    Lo Stato italiano a questo punto invece dice agli insegnanti
    di religione cattolica (a una parte, ribadisco, soltanto
    a quelli che occupano una parte dei posti, perché
    per gli altri, invece, continua totalmente l’ipotesi di
    precariato totale, senza le tutele che noi vorremmo invece
    immettere per questi insegnanti; vorrei che questi insegnanti
    cogliessero tale aspetto) anche agli stabilizzati che la
    loro stabilizzazione non è la stessa che hanno i
    docenti della scuola italiana, perché possono perdere
    il posto di lavoro, essere licenziati sulla base di valutazioni
    su cui lo Stato italiano non si pronuncia, cioè lascia
    totalmente decidere a un soggetto diverso.

    Allora, da questo punto di vista, questa revoca fa scattare
    una modalità che qui molte volte è stata presentata
    (io ovviamente come tutti sto leggendo coloro che scrivono
    su questo tema) anche come finalmente la fine della precarietà
    e invece in realtà non lo è, perché
    il testo dell’articolo 4 dice: "L’insegnante di religione
    cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato,"
    (ricordo a tutti – ma è quasi inutile – che oggi
    è la modalità con cui tutto il personale stabilizzato
    della scuola ha il proprio rapporto di lavoro) "al
    quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si
    trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione
    dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità
    professionale nel comparto del personale della scuola (…)
    subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per
    l’insegnamento richiesto". Cioè, a questo punto
    siamo di fronte alla atipicità della nomina, alla
    atipicità della perdita della possibilità
    di continuare nel proprio lavoro, e guardate che questo
    non è poco, perché io potrei come docente
    essere interessato a continuare a fare l’insegnante di religione
    cattolica; qui mi si presenta questa via che da un lato
    vìola pesantemente i diritti degli altri insegnanti,
    perché si crea un canale parallelo di reclutamento
    che sfugge alle normali procedure concorsuali dello Stato;
    dico ciò tenendo conto di tutti i limiti, per carità,
    infatti condivido quanto sostenuto da coloro che hanno detto
    che non si può basare la critica alle modalità
    di reclutamento sulla perdita di qualunque controllo sul
    reclutamento, semmai si tratterà di migliorare le
    norme sul reclutamento stesso, ma bisogna essere seri e
    quindi si deve migliorare per tutti; ma non si può
    dire, dato che non funzionano, allora qualcuno entra addirittura
    al di fuori di queste modalità di reclutamento.

    Tra l’altro guardate che non è questa una difesa,
    per esempio, della professoressa che aveva avuto il bambino
    e che è stata licenziata, perché è
    legata al caso, cioè al fatto che quella persona
    sia in possesso di titoli per transitare in un altro insegnamento.
    Ma, come mi auguro di aver dimostrato precedentemente, non
    è affatto sulla base di quello che è il reclutamento
    attuale; la configurazione dei titoli di questi insegnanti
    è probabilmente una caratteristica che riguarda soltanto
    una parte di essi.

    Quindi, lo Stato accetta il principio di risolvere il rapporto
    di lavoro per queste cause che ho detto (e credo che tutti
    ci si renda conto di quanto poco costituzionale possa essere
    una norma di questo genere, che fa perdere il posto di lavoro
    sulla base dei comportamenti, delle scelte che una persona
    compie nella propria vita personale e pubblica), ma, al
    di là di questo, si offre questo canale alternativo,
    ma solo ad alcuni.

    Vorrei quindi che i colleghi ragionassero con me su questo
    tema: ciò che ci ha scandalizzato tanto qualche giorno
    fa, qualche settimana fa, vale a dire la vicenda della signora
    che aveva avuto il bambino e che è stata licenziata,
    potrà continuare a ripetersi tranquillamente, perché
    soltanto se c’è la seconda condizione, come
    d’altra parte è normale, questa persona potrà
    avere questo canale alternativo. Quindi, il rapporto di
    lavoro comunque si può risolvere, non c’è
    nessun miglioramento da questo punto di vista e lo Stato,
    ripeto, accetta una causa di risoluzione di un rapporto
    di lavoro che a nostro giudizio è anticostituzionale.

    Al di là di questo, c’è un altro punto.
    Gli insegnanti delle classi di concorso su cui avvengono
    questi spostamenti si vedono sottratti dei posti di lavoro
    che erano destinati, nelle progressioni, a loro. Siamo di
    fronte ad un Governo che non sta applicando la legge n.
    124 del 1999, quella cioè che prevedeva un canale
    di reclutamento regolare tutti gli anni. Il ministro Moratti
    si è molto gloriato di aver effettuato delle assunzioni
    quanto è arrivata, ma si è trovata tutta la
    situazione predisposta perché il Governo dell’Ulivo
    aveva predisposto le assunzioni in ruolo; dopo di esse,
    poi, il resto è stato silenzio. Credo che a nessuno
    sfugga il problema del precariato degli insegnanti della
    scuola italiana: ebbene, che messaggio stiamo dando loro?
    Gli stiamo sottraendo una parte dei posti di lavoro per
    destinarli a coloro che sono chiamati su elenchi. Da questo
    punto di vista, i nostri emendamenti, in particolare quelli
    di cui sono prima firmataria, garantiscono la mobilità
    territoriale, che è importante, quindi la possibilità
    di spostarsi sul territorio che invece, così come
    è delineato, il testo del provvedimento non dà;
    ma non vogliamo garantire anche una modalità di passaggio
    sulle cattedre di insegnamento delle materie curricolari,
    perché ciò rappresenta veramente una lesione
    dei diritti degli insegnanti e dei precari della scuola
    e al tempo stesso non risolve la gravità di una situazione
    per cui lo Stato accetta di rescindere un rapporto di lavoro
    stabilizzato sulla base di decisioni che non attengono a
    quegli elementi di verifica che lo Stato può porre
    in atto quanto decide, come può fare, di risolvere
    un rapporto di lavoro con i propri dipendenti.

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Signor Presidente, illustro semplicemente
    i due emendamenti a mia prima firma, esattamente gli emendamenti
    4.4 e 4.5. Essi hanno la finalità di rendere migliore
    l’insegnamento della religione cattolica e di fugare
    il pericolo che questo canale d’ingresso nell’insegnamento
    possa essere un canale alternativo o comunque privilegiato
    rispetto ad altri insegnamenti.

    L’emendamento 4.4, infatti, propone una modifica al comma
    3 dell’articolo 4, già citato dalla senatrice
    Acciarini, là dove si parla della mobilità
    del personale della scuola e quindi della possibilità
    di passare ad altro insegnamento "subordinatamente
    al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
    richiesto". È una formula che comprende – già
    in Commissione mi è stato assicurato – non solo la
    laurea specifica per quell’insegnamento, ma anche l’abilitazione.
    A mio parere, però, resta una formula vaga: pertanto,
    propongo che tale requisito sia specificato con le parole:
    "ivi inclusa l’abilitazione prescritta per l’insegnamento
    a cui si accede". Credo che ciò rappresenti
    un elemento migliorativo; del resto, dovendo passare il
    provvedimento all’altro ramo del Parlamento, sia pure
    per un rapidissimo ritocco di carattere tecnico, di importazione
    di bilancio, esso potrebbe essere a mio avviso recepito
    senza troppa difficoltà.

    L’emendamento 4.5 è anche più garantista
    nei confronti di una valutazione positiva e di una continuità
    nell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta
    di un emendamento, sottoscritto anche da diverse forze dell’opposizione,
    con cui si propone un comma aggiuntivo (il 3-bis) in cui
    si stabilisce che "la mobilità professionale
    verso altro insegnamento non è consentita prima che
    siano decorsi cinque anni di effettivo insegnamento"
    della religione cattolica.

    Per converso, si propone che, qualora siano posti vacanti
    in seguito a revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
    diocesano, quei posti non concorrono per un quinquennio.
    C’è qui un vincolo che potrebbe dare una maggiore
    caratteristica di stabilità all’insegnamento
    e quindi anche valorizzare questo insegnamento nel progetto
    educativo della scuola. Queste sono le ragioni che mi inducono
    a sostenere questi due emendamenti. Faccio notare anche
    che per l’emendamento 4.5 non credo che le cose stiano
    come in qualche modo è stato spiegato in Commissione
    (non ricordo se dal Governo o dal relatore): questo non
    è un vincolo che tocca problemi sindacali o che tocca
    gli ordinamenti legati alla contrattazione, perché
    il vincolo di un certo numeri di anni a rimanere nella propria
    sede è presente in tanti concorsi dello Stato italiano.

    Pertanto raccomando l’approvazione di questi emendamenti.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario perché
    gli emendamenti o dimenticano o marginalizzano il requisito
    inderogabile dell’idoneità, oppure sopprimono
    la possibilità di mobilità verso altro insegnamento
    previo possesso dei requisiti richiesti.

    A questo proposito invito il senatore Monticone a ritirare
    gli emendamenti, perché la questione dell’idoneità
    può essere assimilata ai requisiti richiesti agli
    altri insegnamenti per la mobilità degli altri insegnanti,
    le regole devono essere le stesse. Comunque, una risposta
    precisa nel merito la deve anche dare il Governo. La soluzione
    può comunque essere affidata al regolamento attuativo.

    Quanto poi al requisito di una permanenza di almeno cinque
    anni, faccio presente che questi docenti, a differenza di
    altri precari, hanno già all’attivo un insegnamento
    di almeno quattro anni continuativi nella disciplina. In
    ogni caso ad essi per la mobilità vengono richiesti
    i titoli specifici stabiliti dall’autorità ecclesiastica
    più un’altra laurea e più ovviamente
    l’abilitazione se viene richiesta anche ai docenti
    di altre materie. Direi che gli incarichi sono aggiuntivi
    e che non vi è alcuna condizione di privilegio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Il Governo esprime parere conforme al relatore.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 4.1, presentato
    dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.101, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.102, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.103, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.104, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.105, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.2, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.3, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Sull’emendamento 4.107, identico all’emendamento
    4.4, c’è un invito al ritiro. Domando ai presentatori
    se lo accolgono.

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Chiederei di trasformare l’emendamento
    4.4 in un ordine del giorno, mantenendo comunque l’emendamento
    4.5.

    PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi sulla proposta
    avanzata dal senatore Monticone di trasformare l’emendamento
    4.4 in un ordine del giorno.

    BRIGNONE,
    relatore. Mi rimetto al Governo.

    PRESIDENTE. Onorevole Sottosegretario, il senatore Monticone
    sarebbe disponibile a trasformare l’emendamento in
    ordine del giorno, visto anche il parere del senatore Brignone
    riferito a un possibile regolamento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Purtroppo, un tale ordine del giorno non è
    accoglibile da parte del Governo.

    PRESIDENTE. Senatore Monticone, stante il parere contrario
    del Governo mantiene dunque l’emendamento 4.4?

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Sì, signor Presidente.

    PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell’emendamento
    4.107, identico all’emendamento 4.4.

    SOLIANI
    (Mar-DL-U)
    . Chiediamo la votazione nominale con
    scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Soliani, risulta appoggiata dal prescritto
    numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 4.107, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori, identico all’emendamento 4.4,
    presentato dal senatore Monticone e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento
    4.5.

    PAGANO
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    PAGANO
    (DS-U)
    . Signor Presidente, definirei questo emendamento
    di limitazione del danno. So che anche su di esso sia la
    maggioranza, che d’altra parte il Governo, avevano
    un qualche interesse a ragionare, per le ragioni esposte
    dai senatori che sono intervenuti in precedenza relativamente
    al pericolo di essere immessi in ruolo attraverso il canale
    degli insegnanti di religione.

    Credo sia interesse di tutti, del Governo in primo luogo,
    accogliere questa norma, che stabilisce l’obbligatorietà
    di permanere senza mobilità per cinque anni. Essa,
    senatore Brignone, è attinente all’articolo
    4, non all’articolo 5: il ragionamento che lei faceva
    riguardava le norme transitorie, queste sono le norme definitive;
    questa sarebbe ovviamente una regola che definisce un quadro
    di riferimento più certo per tutti.

    Capisco che c’è l’esigenza politica di
    non approvare alcun emendamento e di arrivare ad una definitiva
    votazione della legge, ma ritengo che questo sia un punto
    sul quale il Governo dovrebbe ritornare nell’ambito
    del regolamento attuativo, perché credo sia assolutamente
    condivisibile, non solo dalla nostra parte, che lo ha proposto,
    ma anche dalla maggioranza.

    Per queste ragioni chiedo che tale emendamento sia votato
    con scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Pagano, risulta appoggiata dal prescritto
    numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 4.5, presentato dal senatore Monticone
    e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 4.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, interverrò molto
    rapidamente perché dai colleghi intervenuti precedentemente
    sono già state dette le cose essenziali; ritengo
    però di dover spendere ancora una parola sul tema
    del canale alternativo rispetto all’assunzione nei
    ruoli dello Stato, stabilito appunto da questo articolo
    4 sulla mobilità degli insegnanti.

    Vorrei sottolineare che abbiamo condiviso e votato convintamente
    un emendamento che, come definito giustamente dalla senatrice
    Pagano, è di riduzione del danno. Resta tutto aperto
    il problema che ponevo, cioè che in un momento di
    difficoltà per la scuola, in un momento di contrazione
    dei posti, in un momento in cui le persone con i titoli
    e le abilitazioni, con il superamento spesso delle idoneità
    e dei concorsi, non riescono a trovare una sistemazione,
    voi vi state assumendo la grande responsabilità di
    stabilizzare una parte del personale anche sui posti destinati
    ad altro personale, stabilendo un potenziale scorrimento.
    Questo, in un momento così difficile, potrebbe diventare
    un canale surrettizio per l’assunzione nei ruoli dello
    Stato.

    L’emendamento appena votato, di cui era primo firmatario
    il senatore Monticone, aveva proprio questo valore; sono
    molto dispiaciuta che esso non sia stato accolto per questa
    blindatura del testo: era un tentativo molto serio di far
    sì che ci fosse nell’insegnamento una continuità
    per almeno cinque anni, in modo da evitare proprio quello
    che, credetemi, è un rischio latente. In un momento
    di difficoltà ci potrebbero essere persone che in
    questo modo individueranno una modalità di ingresso
    nei ruoli dello Stato in materie curricolari, attuato attraverso
    una procedura del tutto atipica, del tutto speciale.

    Quindi, è veramente molto grave questo tipo di mobilità,
    noi la riteniamo inquietante. Tra l’altro, il fatto
    che non ci sia una graduatoria di questi insegnanti (su
    tale aspetto torneremo in occasione dell’esame del
    prossimo articolo), perché è semplicemente
    un elenco non graduato, aumenta ulteriormente questa situazione
    di disparità fra gli insegnanti, danneggiando così
    il buon funzionamento e la qualità della scuola italiana,
    nonché la convinzione degli insegnanti di essere
    assunti a svolgere il proprio lavoro (che è una funzione
    di grande delicatezza ed importanza) sulla base di valutazioni
    il più possibile oggettive e condivise, in base alle
    quali lo Stato possa scegliere le persone che debbono occuparsi
    della gioventù, che – come sappiamo – rappresenta
    la prospettiva del Paese.

    Pertanto, facciamo molta attenzione su questo aspetto,
    perché si sta creando un canale surrettizio per l’assunzione
    nei ruoli.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 4.

    È approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.0.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.0.101, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 5, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 5.8,
    il primo di cui sono prima firmataria, propone la soppressione
    dell’articolo 5. Mi soffermo su questo perché
    sugli altri interverranno in sede di illustrazione o di
    dichiarazione di voto altri colleghi del Gruppo.

    Si stabilisce che nel primo concorso vi sia una riserva
    per gli insegnati di religione cattolica che abbiano prestato
    continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso
    degli ultimi dieci anni. È proprio la norma destinata
    a coloro che sono in questo momento nella scuola e – lo
    ripeto perché vorrei che fosse evidente a tutti –
    a persone che si trovano in quell’insieme di condizioni
    e di possesso di titoli che prima ho cercato di delineare.
    In sostanza, non abbiamo alcuna garanzia dal punto di vista
    del possesso anche del diploma di scuola media secondaria
    e questa è una grande disparità rispetto agli
    altri insegnanti.

    Un altro aspetto discutibile di questo tipo di reclutamento
    è che esso è legato ad una posizione non del
    tutto chiara dal punto di vista del numero delle ore di
    insegnamento svolto. La previsione di "un orario complessivamente
    non inferiore alla metà di quello d’obbligo
    anche in ordini e gradi scolastici diversi" può
    essere veramente una causa di discriminazione. Le ore assegnate
    a questi docenti – mi permetto di ricordare la normativa
    – non sono minimamente legate a scelte compiute da parte
    dello Stato che effettua la nomina. I capi d’istituto
    delineano le ore che hanno a disposizione per questa materia
    e le segnalano all’ordinario diocesano, ma non possono
    chiedere un’articolazione di queste ore. Per cui, su
    un certo numero di ore può essere effettuato un insieme
    di nomine, che in parte sono per la cattedra completa, che
    ovviamente è di 18 ore, come per gli altri insegnanti,
    ma può essere anche di nove o di cinque ore, a seconda
    di scelte su cui il capo d’istituto – che in quel momento
    rappresenta lo Stato che effettua la nomina – non ha alcuna
    competenza.

    Molte volte in passato (parlo anche per esperienza diretta,
    ma soprattutto di colleghi) capi di istituto hanno dovuto
    eccepire perché lo spezzettamento delle ore talvolta
    non era funzionale all’organizzazione del lavoro scolastico,
    ma dall’amministrazione scolastica è stato sempre
    risposto che non potevano intervenire sulla quantificazione
    delle ore assegnate a ciascun insegnante, ma avevano solo
    il diritto alla copertura completa delle ore che avevano
    segnalato. Questo può essere un problema molto delicato
    nel momento in cui lo Stato collega le ore alla possibilità
    di svolgere questo concorso.

    Faremo poi altre osservazioni per spiegare che riteniamo
    inadeguata questa parte del programma di esame del concorso,
    che è limitato a certi temi. Sarebbe auspicabile
    almeno, per il principio della riduzione del danno, che
    ci fosse una serie di criteri più rigidi e di richieste
    più fondate, più pertinenti da parte dello
    Stato nei confronti di coloro che si accinge ad assumere
    all’interno del proprio personale stabilizzato.

    SOLIANI
    (Mar-DL-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 5.15,
    a firma di tutta l’opposizione, ritengo risponda a criteri
    di razionale soluzione dei problemi della transizione.

    Su di esso invito all’attenzione la maggioranza, il Governo
    e il relatore. Si tratta, nel primo concorso, dell’accertamento
    delle competenze. Non solo titoli, non si tratta soltanto
    di accertare la conoscenza della legislazione dell’ordinamento
    scolastico in particolare il regime dell’autonomia della
    scuola, ma anche di dare valore alla conoscenza degli orientamenti
    didattici e pedagogici relativi ai diversi gradi di scuola,
    con attenzione ai soggetti.

    Vi è poi la proposta di un accertamento della cultura
    generale posseduta, non già sulla disciplina poiché
    ovviamente la preparazione culturale nel merito dell’insegnamento
    è già coperta dall’idoneità. Parliamo
    di accertamento della cultura generale poiché si
    tratta di inserire e contestualizzare l’insegnamento della
    religione nell’ambito delle domande che si pongono nel mondo
    di oggi, all’interno del contesto culturale, delle domande
    rivolte alla scuola dai giovani e quindi nel contesto dell’insegnamento
    culturale e formativo della religione cattolica, anche come
    premessa per il dialogo fra religioni.

    Poiché questo è già nei fatti dell’insegnamento
    di religione cattolica, mi sembra che l’accertamento di
    questo bagaglio di cultura generale posseduta in questa
    fase di transizione, abbia il significato di un riconoscimento
    di un profilo di qualità che già esiste e
    non certamente di qualcosa che viene posto in termini nuovi.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunciarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, la redazione di un articolo
    che concerne il regime transitorio è un lavoro sempre
    impegnativo e delicato, perché è inutile nasconderci
    il fatto che si tratta comunque di sanare in parte delle
    situazioni ormai consolidate. Per questo motivo sono state
    introdotte disposizioni differenti fra regime ordinario
    e regime transitorio nelle prove concorsuali.

    Il motivo di questo è che chi attualmente insegna
    religione, in particolare da molti anni, ovviamente può
    avere ottenuto l’insegnamento prima del 1990, quando furono
    determinati con esattezza i titoli in base agli accordi
    pattizi.

    Risulterebbe fortemente penalizzante chiedere una cultura
    nel campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche
    a chi per esempio possiede un diploma di scuola media superiore
    di indirizzo tecnico al quale necessariamente si accompagnano
    i titoli previsti dagli accordi pattizi.

    Credo che la questione possa essere presa in considerazione
    nei regolamenti attuativi e nelle norme del bando di concorso.
    Ritengo che il Governo lo farà senz’altro, così
    come verrà affrontata l’altra questione cui accennava
    precedentemente la collega Acciarini, sulla determinazione
    esatta dei posti da mettere a concorso. È prassi
    consolidata che essa venga indicata all’atto dell’emanazione
    del bando di concorso.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Condivido il parere espresso dal relatore.

    Signor Presidente, ho dato una risposta troppo frettolosa
    al senatore Monticone e alla senatrice Soliani, allorché
    hanno proposto la trasformazione di un emendamento in un
    ordine del giorno concernente una questione collegata agli
    emendamenti in esame. Desidero precisare che, in questo
    momento, non vorremmo vincolare ad eventuali passaggi la
    normativa del concorso perché essa sarà oggetto
    di successiva regolamentazione. La semplice abilitazione
    potrebbe non essere sufficiente, ma la previsione di una
    sola modalità vincolante potrebbe andare nella direzione
    opposta a quella da voi auspicata. Discutendo nuovamente
    con il relatore e con il Presidente della 7a Commissione,
    non abbiamo sottovalutato questo aspetto: diamo per scontato
    che il riferimento al possesso dei requisiti prescritti
    per l’insegnamento richiesto vada nel senso auspicato,
    ma non possiamo vincolarlo in questo momento a condizioni
    o titoli posseduti.

    Quanto all’emendamento 5.15, il campo delle scienze
    sociali, filosofiche e storiche è vastissimo e sarebbe
    un vincolo eccessivo per prove che saranno comunque tese
    ad accertare la cultura generale posseduta dal candidato.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 5.8, 5.100 e 5.101 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 5.14, presentato dal senatore
    Monticone, identico all’emendamento 5.102, presentato
    dal senatore Boscetto.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.9, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, sostanzialmente identico
    all’emendamento 5.103, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’emendamento 5.15, identico
    all’emendamento 5.10.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, voteremo a favore
    dei due emendamenti in esame perché ci sembrano quanto
    mai opportuni a rendere più rigoroso anche il primo
    concorso cui dovranno sottoporsi gli insegnanti di religione;
    più rigoroso rispetto alle conoscenze da accertare
    affinché la procedure non appaia una semplice sanatoria.

    La religione non è infatti riducibile ad un insegnamento
    tecnico e la richiesta di una preparazione più ampia,
    in materie come le scienze sociali, filosofiche e storiche,
    non ci sembra affatto peregrina, servendo invece a migliorare
    la relazione fra il docente e gli studenti. A chiunque abbia
    seguito a scuola le lezioni di religione è noto che
    agli insegnanti di religione vengono poste anche questioni
    di carattere non strettamente religioso, questioni di carattere
    esistenziale riguardanti il senso della vita, l’interculturalità
    e la multiculturalità. Dunque, l’accertamento
    di una preparazione più ampia di questi docenti aiuta
    a qualificare meglio l’ora di religione.

    Se si compie un passo avanti nello stato giuridico, non
    si può lasciare immutato il resto: cambiando il contratto
    dal tempo determinato al tempo indeterminato e venendo introdotta
    la possibilità della mobilità professionale,
    ci sembra quanto mai opportuno accertare una preparazione
    più ampia di questi insegnanti.

    Su questo emendamento, chiedo la votazione nominale con
    scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Franco Vittoria, risulta appoggiata dal
    prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 5.15, presentato dalla senatrice Soliani
    e da altri senatori, identico all’emendamento 5.10,
    presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 5.11, presentato
    dalla senatrice Pagano e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.104, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.12, presentato dalla senatrice
    Vittoria Franco e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.13, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
    5.105, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 5.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, votiamo contro
    questo articolo anche perché non è stato accolto
    alcuno dei nostri emendamenti migliorativi. Ho appena detto
    di quelli che riguardavano il primo concorso e ne avevamo
    presentati altri sul fatto che la graduatoria abbia carattere
    permanente e che da essa si attinga anche per la copertura
    delle cattedre da assegnare a tempo indeterminato e determinato.

    Erano emendamenti che miravano a ridurre il danno; non
    sono stati accolti e dunque la nostra posizione è
    negativa anche su questo articolo.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 5.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 6, sul quale
    sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
    ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 6.100,
    che a questo punto ci proponiamo di indicare, è relativo
    alla copertura finanziaria di questo provvedimento, che
    pure ci sembra alquanto incerta e frettolosa.

    Si tratta chiaramente, agli occhi della maggioranza e del
    Governo, di un provvedimento a costo zero perché
    si stabilizza una parte del personale che è già
    in servizio; si prevede quindi una minima copertura, soltanto
    per quanto riguarda lo svolgimento del primo concorso per
    titoli ed esami.

    Visto che i conti dello Stato sono una cosa seria, credo
    che forse andrebbe posta una maggiore attenzione nei confronti
    dell’applicazione di questa legge.

    Proprio perché – ed è quello che abbiamo
    ripetuto – la quantificazione non ci convince in quanto
    è fissata in maniera presuntiva, basata cioè
    su scelte operate (tra coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento
    della religione cattolica) in passato, con l’emendamento
    6.100 chiediamo che vi sia un monitoraggio dell’attuazione
    di questa legge.

    Infatti, il provvedimento al nostro esame si cala in una
    realtà che può essere soggetta a grandi modificazioni,
    per cui il rischio di avere un personale stabilizzato su
    posti inesistenti è fortissimo, soprattutto tenendo
    conto – su questo vorrei che il Governo e la maggioranza
    meditassero – delle evoluzioni che si stanno compiendo nella
    nostra società e della presenza di altri popoli portatori
    di differenti sensibilità religiose.

    Non ho condiviso né sottoscritto gli emendamenti,
    pur validi, che cercavano di introdurre il tema dell’insegnamento
    delle altre religioni, perché a mio giudizio esso
    va svolto da parte di soggetti che comunque hanno un titolo
    non rilasciato dall’autorità cattolica, bensì
    dalle regolari università italiane, con la competenza
    specifica delle lauree in storia delle religioni, che sono
    anche molte.

    In materia cominciamo ad avere anche cattedre significative
    e persone che hanno una preparazione molto valida, alle
    quali andrebbe affidato un insegnamento di storia delle
    religioni nella scuola che – mi esprimo a titolo personale
    – ritengo utilissimo e valido, però effettuato con
    i criteri della scientificità e in possesso dei titoli
    prescritti.

    Ci avviamo comunque in una situazione di grande modificazione
    del quadro delle scelte proprio perché, come sapete,
    si modifica l’universo della popolazione scolastica
    italiana, che sta compiendo in questi anni grandi trasformazioni.
    Invece, da questo punto di vista, come Stato che deve retribuire
    questo personale, non ci poniamo il problema di monitorare
    che cosa sta realmente accadendo, quali sono le scelte tra
    coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento della
    religione cattolica, quale numero di allievi corrisponda
    a questi insegnamenti e quindi di quali oneri lo Stato si
    carichi rispetto al numero degli studenti.

    Ricordo anche – lo dico perché gli insegnanti italiani
    meritano che si effettui questa precisazione – che spesso
    e volentieri anche il Ministro dell’istruzione cita
    il numero molto elevato di insegnanti rispetto agli allievi.
    Ebbene, uno degli elementi atipici che riguarda le statistiche
    italiane è proprio la presenza di questa categoria
    di insegnanti, che in certi casi si occupano di un numero
    molto contenuto di allievi rispetto alle realtà locali,
    che rappresentano specificità che molti colleghi
    possono aver presenti.

    E quindi questo, evidentemente, fa sì che questa
    statistica venga sempre letta contro gli insegnati italiani
    per avvalorare la tesi che sono troppi. Ecco, gli insegnanti
    italiani meritano che in questo momento, mentre stiamo chiedendo
    attenzione, monitoraggio sull’attuazione di questo provvedimento,
    che non si compia l’operazione di scaricare sulle loro spalle
    questa scelta, che viene invece compiuta senza minimamente
    tenere conto del problema che ho posto, cioè del
    rapporto docenti-allievi che fruiscono dell’insegnamento
    di religione cattolica.

    PRESIDENTE. Il restante emendamento è da considerarsi
    illustrato.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Il mio parere è contrario ad entrambi gli
    emendamenti, che sono volti, il primo alla soppressione
    dell’articolo, il secondo al ripristino del testo originario,
    testo che è stato emendato su indicazione della 5a
    Commissione.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 6.1 e 6.100 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 6.

    MALAN
    (FI)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MALAN
    (FI)
    . Signor Presidente, la mia sarà una
    dichiarazione a titolo personale, sicuramente favorevole
    su questo articolo, come il resto del mio Gruppo.

    Vorrei però evidenziare alcune perplessità
    per come si sta portando a compimento un provvedimento fondato
    su un’esigenza da tempo inderogabile. Noi sappiamo che,
    con il rinnovo del Concordato, ormai da 18 anni si sarebbe
    dovuto provvedere a risolvere questo problema, ma non lo
    si è fatto. È merito di questa legislatura
    averlo portato a soluzione, ed in particolare ringrazio
    il relatore, senatore Brignone, e la rappresentante del
    Governo, sottosegretario Aprea, per aver così ben
    lavorato a questo proposito con il contributo di tutti,
    maggioranza ed opposizione.

    Le mie perplessità riguardano un aspetto molto particolare.
    Io sono esponente, peraltro anche eletto in un collegio,
    di una forte minoranza religiosa che non è certamente
    nel suo insieme favorevole al regime concordatario. Tuttavia
    è un Trattato internazionale, e come tale va osservato,
    per cui in questo senso ritengo di esprimere comunque il
    mio voto favorevole.

    Qualche perplessità mi rimane sull’insieme della
    problematica ed anche su alcuni aspetti dell’inserimento,
    peraltro doveroso, di questa categoria di insegnanti ad
    un livello pari agli altri, ed in particolare per l’aspetto,
    ripetutamente sottolineato, della possibilità che
    ci possano essere, alla fine di un processo, forse complesso
    e speriamo raro , degli insegnanti che si trovano in situazioni
    privilegiate rispetto ad altri per aver usufruito di un
    canale del tutto particolare. Mi rendo conto della difficoltà
    di normare questa materia molto particolare; si tratta,
    infatti, di insegnanti scelti in base a requisiti non stabiliti
    dallo Stato italiano, ma da un altro organismo, la Chiesa
    cattolica. Tuttavia, ritengo si debba essere molto attenti
    anche ad evitare, proprio perché questo inserimento
    nei modi migliori possibili, eventuali situazioni di favore,
    forse persino neppure volute, a favore di insegnanti che
    entrano in un modo, grazie a questo canale, e poi potrebbero
    trovarsi ad insegnare in altri settori, in situazioni di
    disparità rispetto ad altri colleghi.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 6.

    È approvato.

    Prima di passare alle dichiarazioni di voto finale, dispongo
    una breve sospensione tecnica della seduta.

    (La seduta, sospesa alle ore 12,06, è ripresa alle
    ore 12,16).

    Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.

    Passiamo alla votazione finale.

    MARINO
    (Misto-Com)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MARINO
    (Misto-Com)
    . Signor Presidente, preannuncio il voto
    contrario dei senatori del Partito dei Comunisti Italiani
    all’approvazione del disegno di legge in esame e desidero
    chiarire che la nostra contrarietà riguarda il merito
    specifico di questo provvedimento legislativo. Noi siamo
    contrari perché riteniamo sbagliata, ma anche ingiusta
    nei confronti di tutti gli altri docenti, l’immissione
    nei ruoli dello Stato degli insegnanti di religione cattolica
    non in ragione di una professionalità riconosciuta
    attraverso concorsi, esami, scuole di specializzazione,
    ma solo grazie ad un canale diverso e privilegiato di reclutamento,
    e precisamente da parte dell’ordinario diocesano.

    Con l’entrata in vigore di questa legge la situazione
    per molte migliaia di insegnati di religione risulterà
    radicalmente mutata rispetto a quella attuale; difatti,
    essi continueranno ad essere segnalati dall’autorità
    ecclesiastica e quindi nominati, ma a differenza di quanto
    accade ora, nel momento in cui la nomina venisse revocata
    dalla stessa autorità ovvero gli insegnanti di religione
    cattolica fossero in esubero, essi rimarrebbero nei ruoli
    dello Stato, con relativa retribuzione, anche per svolgere
    attività diverse da quella dell’insegnamento
    della religione cattolica. Si finirà quindi per instaurare
    un canale di reclutamento determinato dalle autorità
    ecclesiastiche che potrebbe interessare migliaia e migliaia
    di docenti oggi, ma anche in futuro.

    Non è accettabile a nostro avviso che si stabilisca
    all’interno del corpo docente complessivo della nostra
    scuola un nucleo di insegnanti maggiormente garantito e
    privilegiato. Nello stesso tempo, poiché riteniamo
    che debba essere superata la situazione di perenne precarietà
    in cui lavorano, come del resto tanti altri, migliaia di
    insegnanti di religione, riteniamo che stanti le attuali
    norme concordatarie, la soluzione del problema deve trovarsi
    partendo dalla revisione, dalla messa in discussione dello
    stesso diritto di nomina e di revoca degli insegnanti di
    religione da parte delle autorità ecclesiastiche.
    Ci sembra che questo sia l’unico percorso praticabile
    per togliere dalla precarietà gli insegnanti di religione
    garantendo nel contempo i diritti degli altri docenti, e
    quindi norme di reclutamento trasparenti e uguali per tutti,
    il fondamentale principio di laicità e le stesse
    garanzie che devono valere per tutta la scuola pubblica.

    Non è in discussione, signor Presidente, il valore
    educativo dell’insegnamento religioso o il rispetto
    che è dovuto alla religione cattolica. Questo provvedimento
    è errato perché crea uno squilibrio enorme,
    una discriminazione nelle forme stesse di reclutamento del
    personale docente della scuola pubblica. Pone anche un problema
    serio di costituzionalità, che riguarda il principio
    di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e costituisce
    un elemento di squilibrio a nostro avviso anche nel rapporto
    tra Stato e Chiesa. Di qui il nostro voto contrario.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, le argomentazioni
    puntuali del relatore e l’attenzione che ha voluto
    dedicare a tutte le osservazioni e alle critiche delle opposizioni
    sono chiaramente apprezzabili, come pure quelle della sottosegretario
    Aprea, ma nulla cambia nella sostanza.

    Ribadiamo la nostra contrarietà al provvedimento
    in esame, sulla quale più volte abbiamo insistito.
    È una contrarietà di fondo di chi, come noi,
    è contrario all’idea e alla pratica del testo
    concordatario e non lo fa ovviamente per una guerra di religione
    – il riferimento familiare che mi riguarda e che il senatore
    Brignone ha voluto ricordare in replica qualcosa vorrà
    pur dire – ma in base a un semplice principio liberale,
    in verità assai negletto in questo nostro Paese:
    libera Chiesa in libero Stato.

    Libero Stato, appunto, nelle cui scuole pubbliche invece
    di prevedere l’insegnamento della sola religione cattolica
    dovrebbe essere inserito l’insegnamento ben più
    utile viste le trasformazioni della società che i
    nostri figli dovranno affrontare della storia delle religioni.
    Lo ribadiamo, che lo si voglia o no, legge Bossi-Fini o
    meno, questa società è destinata a diventare
    multireligiosa e multiculturale, con una presenza variegata
    di popoli del mondo. Ci troveremo anche di fronte alla necessità
    di dover affrontare altri temi, anche in materia religiosa.

    Siamo dunque di fronte a un testo che oltretutto è
    antistorico, oltre ad essere, dal mio punto di vista (cioè
    dal punto di vista del principio di una sana laicità
    dello Stato) un testo sbagliato.

    C’è poi un altro problema di fondo in questa
    proposta di legge: la modalità con la quale si è
    voluto risolvere il tema degli insegnanti di religione,
    cioè con l’immissione in ruolo. Cosa sbagliata:
    perché crea un doppio canale. Cosa grave: perché
    crea una possibilità di scavalco di altri. Cosa ancora
    più grave, dal momento che qualora venisse meno l’idoneità
    questi insegnanti potranno passare ad altro insegnamento.

    In sostanza si crea quindi una doppia autorità all’interno
    dell’ordinamento scolastico: quella che deriva appunto
    dalla responsabilità statuale in materia di pubblica
    istruzione e di organizzazione della medesima e quella che
    deriva dall’organizzazione ecclesiastica, cioè
    dalla diocesi.

    Gli insegnanti verrebbero selezionati a seguito di un esame
    farsa che prevede l’accertamento della preparazione
    culturale generale, con l’esclusione dei contenuti
    specifici dell’insegnamento della religione cattolica,
    ma la nomina avverrà solo a seguito della designazione
    dell’autorità diocesana. Vi è anche –
    come già abbiamo chiarito – un giudizio di idoneità
    di questi insegnanti che costituisce una condizione imprescindibile
    per l’insegnamento. Anche questo giudizio di idoneità
    è insindacabilmente assegnato all’autorità
    ecclesiastica. Il giudizio di idoneità, infatti,
    può essere concesso e parallelamente revocato dall’autorità
    ecclesiastica. Come a dire: alla Chiesa tutti i privilegi
    di selezione e "gestione" del personale, allo
    Stato tutti gli oneri derivanti dall’assunzione in
    ruolo di questi insegnanti. Tutto ciò è assolutamente
    inaccettabile. Il potere di intervento, che le leggi e gli
    accordi pattizi attribuiscono all’autorità ecclesiastica
    per quanto concerne l’assunzione, l’eventuale
    mobilità, la cessazione del rapporto di lavoro per
    revoca dell’idoneità, appare del tutto incompatibile
    con il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Qui noi
    vediamo una pesante limitazione permanente della sovranità
    dello Stato.

    Per concludere, vorrei sottolineare la gravità dell’operazione
    del Governo che, celandosi dietro un reale problema di lavoratrici
    e lavoratori, senza alcun rispetto lo utilizza come un cavallo
    di Troia per introdurre norme discriminanti e integraliste.

    Siamo contrari alla legge, è vero, ma siamo anche
    convinti, come abbiamo detto, del fatto che questi insegnanti
    di religione sono lavoratori a tutti gli effetti e come
    tali, sotto questo profilo, vanno tutelati. Per questo,
    pur scartando l’ipotesi dell’immissione in ruolo,
    abbiamo insistentemente chiesto che le loro condizioni,
    in base alla nomina annuale, fossero quelle degli insegnanti
    a tempo indeterminato e che essi quindi godessero delle
    stesse condizioni degli altri insegnanti, sotto ogni profilo.

    Voteremo quindi contro questa legge. Una legge che sicuramente
    costituisce una strada sbagliata per riconoscere la stabilità
    del posto di lavoro agli insegnanti di religione cattolica;
    sbagliata perché discrimina altri insegnanti; sbagliata
    perché prescinde dalle procedure del tutto particolari
    che regolano l’assunzione degli insegnanti di religione;
    sbagliata perché presta il fianco a forti obiezioni
    di costituzionalità, che rischiano, fra l’altro,
    all’indomani dell’approvazione del provvedimento,
    di produrre effetti fortemente negativi per gli stessi insegnanti
    di religione.

    Voteremo contro perché quello che ci proponete è
    un testo legislativo che manifesta la subalternità
    dello Stato italiano ad una autorità esterna, inaccettabile
    – lo ribadiamo – da un punto di vista costituzionale.

    FILIPPELLI
    (Misto-Udeur-PE)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FILIPPELLI
    (Misto-Udeur-PE)
    . Signor Presidente, pochissime
    considerazioni di carattere generale per motivare il nostro
    voto a favore di questo disegno di legge.

    I senatori dell’UDEUR votano a favore perché
    ne condividono le finalità e ritengono che sia giunto
    il momento di sanare una condizione iniqua di molti lavoratori
    che nel mondo della scuola sono pienamente inseriti.

    Ci sono, peraltro, alcune perplessità che ci accompagnano
    in questo voto e che vorremmo sottolineare.

    Per cominciare, si potrebbe dire che mentre, da un lato,
    il Governo va a sanare una situazione insostenibile, varando
    l’immissione in ruolo di questo lavoratori, dall’altro,
    destina e condanna alla precarietà migliaia di altri
    insegnanti.

    In ogni caso è giusto ricordare che sono passati
    davvero troppi anni da quando la legge n. 121 del 1985,
    di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra lo Stato
    italiano e la Chiesa cattolica del 1984, è entrata
    in vigore: questa legge già sanciva il valore della
    cultura religiosa e riconosceva i princìpi del cattolicesimo
    come parte integrante del patrimonio storico del popolo
    italiano; contemporaneamente, ribadiva l’impegno della
    Repubblica italiana ad assicurare l’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine
    e grado.

    Nella premessa alle intese del 1985 lo Stato assumeva un
    ulteriore impegno, quello di dare una nuova disciplina dello
    stato giuridico degli insegnanti di religione. È
    quello che questo disegno di legge si promette di fare.

    Dicevo che sono passati troppi anni dal 1985, ma evidentemente
    non sono passati inutilmente: non abbiamo sentito nel corso
    del dibattito quelle tensioni ideologiche particolarmente
    esasperate o radicalmente contrarie alle finalità
    del provvedimento che sarebbero state inevitabili solo pochi
    anni fa; c’è anzi ampia disponibilità
    trasversale, e i dubbi e le incertezze su alcuni punti sono
    espressi sia da parte di forze dell’opposizione che
    della maggioranza. Ma, soprattutto, fra le forze politiche
    e in particolare nel Paese si è diffusa la consapevolezza
    che gli insegnanti di religione sono pienamente inseriti
    nel quadro delle finalità della scuola, e non è
    ceto poco significativo il fatto che dagli ultimi dati rilevati
    emerga che la scelta dell’ora di religione è
    stata fatta dal 93 per cento delle famiglie.

    Questo dato non solo dimostra che le indicazioni dell’accordo
    del 1984 sono ancora completamente condivise dalla quasi
    totalità degli alunni e delle loro famiglie, ma esprime
    anche una fortissima valenza culturale, che va raccolta
    e non può essere sottovalutata.

    Queste sono considerazioni di carattere generale, ma che
    hanno un forte peso, e anzi potremmo anche dire che sono
    determinanti nell’esprimere il nostro voto positivo,
    anche a fronte degli elementi non pienamente positivi del
    testo al nostro esame: ci riferiamo in particolare al modo
    dell’inserimento, alla mobilità e alla formazione.

    È probabile che si sarebbe potuto intervenire e
    accogliere le proposte che portavano soluzioni più
    coerenti sia con il quadro costituzionale e delle leggi
    vigenti sia con le giuste aspettative di migliaia di altri
    insegnanti. C’era lo spazio per fare coincidere le
    giuste finalità di questa legge con un maggior rispetto
    per lo Stato e le sue leggi. Questo effettivamente non è
    stato fatto e se la maggioranza non fosse la solita maggioranza,
    sorda anche ai suggerimenti e alle proposte, animate spesso
    semplicemente dal buon senso, avremmo potuto votare un testo
    certamente migliore e più equilibrato. (Applausi
    dal senatore Vicini).

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Signor Presidente, nonostante la difesa
    dettagliata, appassionata e persino puntigliosa del relatore
    Brignone, al quale diamo atto del grande lavoro svolto in
    questa e nella passata legislatura, mi spiace dover confermare
    il giudizio negativo dei senatori dello SDI, non certamente
    per partito preso ma perché non ci convincono le
    motivazioni addotte a sostegno di questo provvedimento.

    Com’è possibile, colleghi, definire queste
    norme, come abbiamo sentito dire, un atto di giustizia,
    nel mentre il Governo taglia migliaia di cattedre e lascia
    irrisolto il grave problema delle nomine a tempo indeterminato
    di oltre 100.000 precari, in lettere, matematica e lingue,
    in possesso della laurea e dell’abilitazione, con anni
    ed anni di insegnamento precario nelle scuole pubbliche,
    e magari con più di un’idoneità conseguita
    in regolari concorsi, e non trova i soldi per finanziare
    una riforma della scuola, che, anche se da noi non condivisa,
    è stata approvata dal Parlamento ed è legge
    dello Stato, che il Governo ha l’obbligo di attuare
    dando delle certezze, agli studenti, ai docenti e alle famiglie?

    Come è possibile, colleghi, sostenere l’immissione
    in ruolo di una categoria particolarissima e peculiare,
    come è stato riconosciuto, introducendo norme di
    privilegio, persino in deroga agli ordinamenti generali
    che regolano il reclutamento e lo stato giuridico dei dipendenti
    pubblici, mentre il Governo si prepara ad introdurre dosi
    massicce di flessibilità nel nostro sistema, prima
    ancora di individuare le nuove necessarie tutele, e disegna
    un futuro di precarietà e di incertezza per migliaia
    di giovani? Francamente ci sfugge la logica che guida l’azione
    del Governo.

    Se qualcuno poi pensa di mettere all’incasso elettorale
    scelta di tal fatta, credo che si illuda. A Togliatti non
    bastò votare l’articolo 7 della Costituzione
    per rimanere al Governo. E questo non serve neppure oggi,
    in una situazione storica profondamente diversa, tanto più
    che è crollato il mondo cattolico come entità
    unitaria e la Chiesa va sempre più riducendo l’attenzione
    e l’interesse per il rapporto con questo o quello schieramento
    politico, persino con questo o quello Stato, e va riducendo
    l’interesse per lo stesso strumento pattizio, mentre
    va rafforzando il suo ruolo sulla scena politica planetaria.
    Non tratta più solo con gli Stati, dialoga con i
    partiti di opposizione, con i movimenti, fa mediazioni;
    insomma, la Chiesa ha ripreso la funzione di grande "enzima"
    della storia. Basta vedere il ruolo esercitato da questo
    Papa in occasione della guerra e le prese di posizione sul
    riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione
    europea.

    Per questo il dibattito sul valore dell’animazione
    religiosa e sul rapporto tra Chiesa e Stato, nel modo angusto
    in cui si è sviluppato in questa sede, attorno al
    tema dell’immissione in ruolo degli insegnanti di religione,
    rischia di essere politicamente ambiguo e culturalmente
    vecchio.

    E’ ambiguo perché esso non supera il vero ostacolo
    ad una chiara definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione, che è il vincolo posto dalle norme
    concordatarie, ossia il fatto – qui richiamato – che la
    nomina e il riconoscimento di idoneità all’insegnamento
    della religione cattolica spettano all’autorità
    ecclesiastica, la quale conserva anche la facoltà
    di revoca sulla base del diritto canonico, il cui canone
    805 recita: "È diritto dell’ordinario del
    luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare
    gli insegnanti di religione e parimenti, se lo richiedono
    motivi di religione o di costume, di rimuoverli oppure di
    esigere che siano rimossi".

    Per questo lo Stato ha qualificato il rapporto di questo
    personale come rapporto a termine, anche per evitare il
    prodursi di situazioni conflittuali, nel caso di rimozione
    di un insegnante di religione su richiesta dell’autorità
    ecclesiastica.

    Com’è noto, e come è stato più
    volte richiamato dalla senatrice Acciarini, una sentenza
    della Corte ha confermato di recente il licenziamento di
    un’insegnante a causa di una maternità fuori
    dal matrimonio, sentenza criticata da alcuni in modo ambiguo
    e in nome del valore della maternità.

    Ma non è questo il punto, perché il problema
    si sarebbe comunque posto anche in caso di aborto o di divorzio,
    che costituiscono giusta causa per la Chiesa ma non per
    la Costituzione e le leggi dello Stato italiano.

    Né fu possibile risolvere la questione in sede di
    revisione del Concordato, il cui obiettivo fondamentale
    dopo decenni di contrasti nella dottrina e nella giurisprudenza
    sui rapporti tra norme costituzionali e norme di derivazione
    lateranense fu prevalentemente quello di armonizzare le
    norme concordatarie con i princìpi fondamentali dell’ordinamento
    costituzionale italiano e di superare la logica di privilegio
    della legislazione del 1929.

    Per questo il tema prevalente, anche dopo il nuovo Concordato,
    non fu come ha riconosciuto il senatore Brignone lo stato
    giuridico di difficile se non impossibile soluzione, stante
    il quadro dei rapporti concordatari tra Stato e Chiesa,
    ma la libertà dei non avvalentisi e pertanto il carattere
    non obbligatorio dell’insegnamento della religione cattolica.

    Il nuovo Concordato, firmato dall’allora presidente del
    consiglio Craxi riconosceva l’impegno dello Stato a continuare
    ad assicurare la presenza dell’insegnamento religioso autonomo
    nelle scuole, ma al tempo stesso facendo un passo avanti
    anche sul piano dei princìpi, ha introdotto per gli
    studenti il diritto di avvalersi o meno di tale insegnamento.

    Il carattere peculiare di insegnamento autonomo inserito
    nella struttura della scuola statale e il carattere di facoltatività
    per gli studenti, collidono con l’istituzione del ruolo
    organico. Per questo, nonostante la revisione concordataria,
    si è mantenuto per gli insegnanti di religione lo
    status di incaricati annuali sul cui presupposto giuridico
    la contrattazione collettiva ha individuato un inquadramento
    specifico, riconoscendo lo stesso trattamento riservato
    al personale a tempo indeterminato purché siano in
    servizio da più di quattro anni.

    Lo Stato quindi ha già concesso il massimo di tutela
    compatibile, che non hanno gli insegnanti delle cosiddette
    materie alternative, che costituiscono una forma particolare
    di precariato cui non si applicano nemmeno lontanamente
    le disposizioni previste per gli insegnanti di religione
    stabilizzati.

    L’istituzione di un ruolo organico modifica in modo surrettizio
    il Concordato, apre un canale di reclutamento atipico e
    nel caso di revoca precostituisce il passaggio ad altri
    insegnamenti.

    Non possiamo che esprimere la nostra contrarietà.
    Non c’era una pregiudiziale ideologica neppure in Pietro
    Nenni, quando motivando nella Costituente il voto contrario
    dei socialisti all’articolo 7 affermava che la questione
    romana era comunque chiusa e che il problema dell’Italia
    era quello moderno di fondazione dello Stato, il senso di
    esso e della sua laicità, come condizione linfa dei
    processi democratici.

    A ben guardare il problema resta ancora questo, mentre
    è pienamente condiviso il sentimento del valore culturale,
    umano e civile della religione cattolica ed è comune
    la consapevolezza dell’importanza del ruolo e della presenza
    della Chiesa cattolica. Tutto ciò appartiene al nostro
    patrimonio storico, come ha ben argomentato da par suo il
    professor Tessitore, è elemento vivo e fondante dell’identità
    nazionale.

    Il punto, perciò, non è questo, il punto
    per noi è il futuro rispetto al quale il dibattito
    svolto su questo tema ci appare vecchio e rischia di essere
    superato.

    Tra meno di un decennio festeggeremo i 150 anni dell’unità
    nazionale; pensiamo che siano maturi i tempi per chiudere
    finalmente un’epoca più che secolare di rapporti
    fra lo Stato e la Chiesa. Viviamo in una società
    sempre più aperta, multietnica e multireligiosa,
    in cui il valore fondamentale è la libertà,
    il rispetto e la tutela della libertà di scelta di
    ciascuno.

    I tempi, le mutazioni sociali, l’Europa ci indicano
    che la strada da seguire è quella di una innovazione
    coraggiosa che ci consenta, lungo la pista della libertà
    religiosa aperta dal nuovo Concordato, di andare oltre di
    esso, favorendo l’evoluzione dell’insegnamento
    delle religione in modo più coerente con i princìpi
    di libertà nella scuola e, al tempo stesso, ci consenta
    di superare il vincolo "senza oneri per lo Stato"
    imposto dalla Costituzione.

    Ci rendiamo conto che è una strada difficile perché
    si gioca qui un confronto delicato con le forze cattoliche
    presenti nell’uno e nell’altro schieramento; ma
    la soluzione non può continuare ad essere ricercata
    in una rincorsa opportunistica al consenso, che il ministro
    si chiami Berlinguer o Letizia Moratti, né in compromessi
    sui princìpi. Per questi motivi i senatori dello
    SDI voteranno contro il provvedimento in esame. (Applausi
    dai Gruppi Misto-SDI e DS-U. Congratulazioni).

    BETTA
    (Aut)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    BETTA
    (Aut)
    . Signor Presidente, desidero esprimere, a
    nome del Gruppo Per le Autonomie, le ragioni per le quali
    il nostro voto sarà favorevole al provvedimento.
    Pensiamo sia giusto dare attuazione piena al secondo comma
    dell’articolo 9 dell’Accordo con protocollo addizionale
    fra Santa Sede e Italia del 18 febbraio 1984, divenuto poi
    legge n. 121 del 1985 sulla ratifica e l’esecuzione
    del nuovo Concordato.

    Si tratta di una questione aperta da molti anni, che ha
    già impegnato le Aule parlamentari anche nella scorsa
    legislatura. Ci pare vi siano ora le condizioni per addivenire
    alla definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione.

    Siamo favorevoli anche perché nelle Regioni ove
    questa tematica è già stata regolata, sia
    pure con leggi regionali, i problemi che si sono verificati
    non sono quelli paventati in quest’Aula con riguardo
    allo stato giuridico degli insegnanti e al rapporto tra
    gli insegnanti di religione e gli altri docenti. Vi è
    stata invece una forte richiesta intorno alla qualità
    dell’insegnamento, alla formazione degli insegnanti,
    al loro rapporto con la scuola.

    Avrei preferito che il dibattito parlamentare consentisse
    spazio, approfondimento e attenzione maggiori alle ragioni
    qui presentate in ordine all’insegnamento e allo studio
    delle religioni, anche per il significato di questi temi
    rispetto alla nostra civiltà.

    Mi pare che molti suggerimenti, come quelli dei colleghi
    Tonini, Monticone e Tessitore, possano essere estremamente
    utili, anche se la nostra normativa si riferisce oggi a
    questioni legate allo stato giuridico degli insegnanti e,
    nella blindatura del provvedimento, è prevalso l’aspetto
    sindacale del tema.

    Credo comunque che queste limitazioni non possano indurci
    a cambiare la nostra opinione favorevole. Vi è certamente
    ancora molto da fare intorno a queste tematiche e il Parlamento
    potrà affrontare nuovamente tale questione.

    Da ultimo ringrazio il senatore Brignone per aver saputo
    guidare con competenza e con precisione questa discussione
    e per averla caratterizzata con molti elementi personali
    e umani. È spesso difficile gestire un percorso di
    confronto politico e all’interno delle Aule parlamentari
    la politica prevale sugli aspetti più personali;
    l’attenzione e la sensibilità del senatore Brignone
    nel rispondere puntualmente a tutte le osservazioni mi hanno
    particolarmente colpito. (Applausi dal Gruppo Aut).

    GABURRO
    (UDC)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    GABURRO
    (UDC)
    . Signor Presidente, signora Sottosegretario,
    colleghi, desidero esprimere la viva soddisfazione del Gruppo
    UDC per questo provvedimento, doveroso e atteso da tempo.

    Nel corso di questi anni sono stati presentati diversi
    disegni di legge da parte di vari colleghi delle diverse
    forze politiche (ricordo, tra gli altri, il disegno di legge
    Atto Senato n. 202 a primo firmatario il collega senatore
    Eufemi).

    Con la soddisfazione, esprimiamo il nostro vivo apprezzamento
    al relatore, senatore Brignone, per l’impegno competente,
    paziente e documentato, brillantemente espresso fin dalla
    precedente legislatura.

    Se è vero che l’oggetto del provvedimento in
    esame riguarda in maniera specifica lo stato giuridico dei
    docenti, è difficile evitare ogni considerazione
    riguardante il contenuto, l’oggetto dell’insegnamento
    stesso, proprio per capire meglio i diversi aspetti del
    provvedimento in esame.

    L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
    pubbliche si pone ad uno dei crocevia della collaborazione
    tra Stato e Chiesa; luogo di confronto culturale, secondo
    l’intervento del collega Ciccanti, è stato riformulato
    dagli accordi concordatari secondo una nuova identità
    ed espressione della libertà di scelta, viene oggi
    ad essere positivamente coinvolto, in questa fase, nel processo
    di riforma di tutta la scuola che il Governo e la Casa delle
    Libertà stanno attuando – abbiamo iniziato ad attuare
    – con convinzione e senso di responsabilità.

    L’insegnamento della religione cattolica è
    liberamente richiesto dalla quasi totalità del popolo
    italiano; in questi 18 anni siamo mediamente su percentuali
    che riguardano il 90 per cento dei ragazzi, dei giovani
    e dei genitori, che ritengono importante approfondire i
    fondamenti della nostra civiltà e la religione cattolica
    come cultura. È ragionevole, come ha spiegato il
    senatore Gubert, che tale conoscenza debba rientrare a pieno
    titolo tra gli obiettivi dell’impegno educativo che
    lo Stato garantisce e sostiene a vantaggio dei propri cittadini.

    In base al nuovo Concordato, quello della religione cattolica
    è un insegnamento di natura culturale ed aiuta a
    comprendere i fondamenti della nostra civiltà. Non
    possiamo, ad esempio, muoverci nelle nostre città
    e visitare chiese senza conoscere nulla della nostra storia:
    questi messaggi simbolici resterebbero opachi e superficiali.

    Lo Stato non si esime dal dire che per la formazione culturale
    dei cittadini è necessario che si conoscano determinati
    elementi della storia, della filosofia, della letteratura.
    Come Dante, Manzoni, i poeti moderni, i filosofi, Aristotele
    e tanti altri personaggi, anche coloro che hanno diffuso
    la cultura cristiana nella nostra civiltà hanno oggettivamente
    un’importanza rilevante.

    Lo Stato non si esime dal verificare che gli insegnanti
    delle diverse materie posseggano veramente i requisiti per
    farlo, abbiano seguito determinati percorsi formativi, si
    sottopongano a verifiche e, solo dopo il loro superamento,
    vengano abilitati ad insegnare la letteratura, la storia,
    la filosofia e così via.

    Se riteniamo che l’insegnamento della religione cattolica
    come cultura in tutti i suoi aspetti risponda a un diffuso
    bisogno, non credo che dobbiamo assegnare allo Stato la
    verifica della capacità di interpretare correttamente
    ciò che è la religione cattolica.

    Quindi, proprio perché la competenza in materia
    non appartiene allo Stato, è giustificata veramente
    ed opportunamente la collaborazione con la Chiesa cattolica,
    la quale riconosce l’idoneità o meno a rappresentare
    correttamente agli alunni, ai giovani che lo hanno scelto,
    il contenuto di tale cultura cristiana che è a fondamento
    della nostra civiltà.

    Se riconosciamo che i contenuti sono importanti e che è
    importante che la verifica sia effettuata da un’autorità
    competente, è arrivato il momento che finisca la
    penalizzazione degli insegnanti che hanno dimostrato tale
    competenza e che propongono tali contenuti.

    Il disegno di legge in esame consente finalmente di rendere
    un po’ di giustizia a questa categoria di insegnanti, che
    sono sempre stati esclusi anche dai provvedimenti di consolidamento
    del precariato. La presenza di questo insegnamento nella
    scuola non è insignificante, né marginale,
    ma anzi concorre in maniera originale con le altre discipline
    a promuove il pieno sviluppo della personalità degli
    allievi, a favorirne la formazione di un più alto
    livello di conoscenze e di capacità critiche, per
    dare specifiche risposte ai bisogni di significato di cui
    gli allievi stessi sono portatori, abituandoli a comunicare
    sul piano dei valori fondamentali, sempre in dialogo con
    le differenti fedi religiose e culture.

    Proprio di fronte al processo di riforma della scuola,
    l’insegnamento religioso e l’insegnante di religione contribuiscono,
    a maggior ragione, a promuovere una scuola aperta, multiculturale,
    multietcnica e di qualità, nella consapevolezza che
    una scuola aperta non può essere privata della presenza
    di una componente culturale tanto rilevante. Garantire maggiore
    stabilità professionale agli insegnanti di religione
    cattolica significa favorire la qualità stessa del
    loro insegnamento; non è solo il riconoscimento di
    un diritto, ma anche una garanzia per la pubblica amministrazione
    e per la scuola italiana.

    Noi dell’UDC siamo soddisfatti, insieme ai colleghi della
    Casa delle Libertà e a parti non marginali della
    minoranza, che avremmo sperato ancora più ampie.
    Anche perché continuiamo a sperare che i filoni più
    moderni e innovativi della cultura laica e socialista sappiano
    confrontarsi in termini nuovi, superando il vecchio modello
    dello scontro ideologico.

    In conclusione, dopo troppi anni di precariato assurdo
    e inaccettabile per migliaia di lavoratori, noi dell’UDC
    approviamo con convinzione un provvedimento doveroso, significativo
    e atteso dalla società italiana, oltre che da migliaia
    di insegnanti che partecipano a pieno titolo all’impegno
    educativo della scuola e che in tutto questo tempo hanno
    contribuito a migliorarne la qualità dell’offerta
    formativa, con un servizio reso agli studenti e alle famiglie,
    che con libera scelta, espressa e rinnovata ogni anno, continuano
    a richiedere alla scuola pubblica italiana a stragrande
    maggioranza, quasi all’unanimità, l’insegnamento
    della religione cattolica.

    PRESIDENTE. Vista l’ora, rinvio il seguito della discussione
    del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

    Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio

    PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
    una mozione e una interpellanza e interrogazioni, pubblicate
    nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.

    Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
    pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del
    giorno.

    La seduta è tolta (ore 12,55).

  • Stato_Giuridico_due/resoconto_aula_S_11_06_2003.asp

    SENATO DELLA REPUBBLICA
    —————— XIV LEGISLATURA ——————

    413a SEDUTA PUBBLICA

    RESOCONTO

    STENOGRAFICO

    MERCOLEDÌ 11 GIUGNO 2003

    (Antimeridiana)

    _________________

    Presidenza del presidente PERA

    —————————————————————————–

    RESOCONTO STENOGRAFICO

    Presidenza del presidente PERA

    PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,34).

    Omissis

    Seguito della discussione dei disegni di legge:

    (1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)

    (202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
    (259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
    e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica

    (564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
    e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica

    (659) MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato
    giuridico e di reclutamento dei docenti di religione cattolica

    (811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica

    (1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    (1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
    e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione
    dei disegni di legge nn. 1877, già approvato dalla
    Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659,
    811, 1345 e 1909.

    Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto luogo
    la replica del relatore.

    Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Signor Presidente, devo innanzitutto ringraziare
    la 7a Commissione e il relatore, senatore Brignone, perché
    ancora una volta su questo tema, dopo aver dimostrato già
    nella scorsa legislatura un impegno e un’attenzione
    straordinari – tra l’altro, anche allora il provvedimento
    aveva visto il senatore Brignone impegnato come relatore
    -, hanno investito moltissimo nel portare avanti il provvedimento.
    Ringrazio quindi il presidente Asciutti, il relatore e l’intera
    Commissione.

    Non posso non far riferimento anche al livello del dibattito
    che si è svolto in Aula. Mi riferisco alla discussione
    generale che ha visto intervenire numerosi senatori e senatrici
    a testimonianza del fatto che è un provvedimento
    ormai maturo per l’approvazione.

    Come è stato ricordato siamo in seconda lettura
    e di fatto, se stamattina l’Aula del Senato approverà
    il testo, ritorneremo alla Camera probabilmente soltanto
    per alcune norme tecniche.

    Quello che mi sento di dire stamattina è che, nonostante
    sia stato richiamato anche in quest’ultimo dibattito un
    insieme di aspetti ancora critici, credo che davvero il
    Governo ed il Parlamento abbiano sul tema dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
    delle scuole di ogni ordine e grado tentato di effettuare
    la famosa quadratura del cerchio, perché la questione
    è e resta complessa anche dopo l’approvazione di
    questo provvedimento.

    Ed è per queste ragioni che io richiamo velocemente
    le norme pattizie, in particolare i due punti delle norme
    pattizie che hanno dato origine a questo provvedimento legislativo,
    peraltro richiamate anche nel dibattito; risponderò
    e ricorderò la posizione del Governo in merito a
    questi aspetti proprio per dimostrare ancora una volta che
    nessuno ha voluto sottovalutare la criticità o la
    complessità di questo aspetto, ma eravamo e siamo
    tenuti a dare delle risposte e a ricercare delle soluzioni
    sul piano legislativo.

    Il comma 2 dell’articolo 9 dell’Accordo di revisione del
    Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, come ben sa
    quest’Aula, stabilisce che la Repubblica italiana, riconoscendo
    il valore della cultura religiosa e tenendo conto del fatto
    che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio
    storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare,
    nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie
    di ogni ordine e grado.

    Questo punto del Concordato è stato riconfermato
    nel 1984, quindi in una data più vicina a noi, e
    nel Protocollo addizionale di quell’Accordo, firmato
    a Roma il 18 febbraio 1984 con l’intento di assicurare
    con opportune precisazioni la migliore applicazione delle
    norme e di evitare ogni difficoltà di interpretazione,
    fra i vari punti venne stipulato anche questo tipo di intesa:
    si dettano norme sull’insegnamento e sugli insegnanti
    della religione cattolica e si rinviano ad una successiva
    intesa tra le competenti autorità scolastiche e la
    Conferenza episcopale italiana le determinazioni riguardanti
    i programmi, le modalità di organizzazione dell’insegnamento,
    i criteri per la scelta dei libri di testo ed i profili
    della qualificazione professionale degli insegnanti di religione.
    Tutto questo è avvenuto.

    Un altro punto, invece, del Protocollo addizionale non
    ha trovato finora applicazione: si tratta di quel punto
    dello stesso Protocollo che prescrive tutto ciò,
    fermo restando l’intento dello Stato – ecco perché
    noi stiamo varando il provvedimento in esame – di dare una
    nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione. Da questo punto di vista, quindi, come è
    stato ricordato in questi mesi, lo Stato è stato
    per anni inadempiente; oggi chiudiamo pertanto una partita
    che avrebbe dovuto vedere lo Stato impegnarsi fin dal 1984,
    mentre l’insegnamento di religione cattolica è
    stato da allora garantito da accordi, che naturalmente sono
    comunque intervenuti, tra l’autorità ecclesiastica
    e l’amministrazione scolastica, nell’assenza,
    in realtà, di una cornice giuridica.

    Questa dunque è la matrice giuridica del provvedimento.
    In riferimento alle questioni che sono state sollevate,
    innanzitutto mi riconosco in tutte le posizioni ed in tutti
    i rilievi effettuati dal relatore Brignone, che ringrazio
    per l’approfondita replica che ha voluto offrire ieri
    sera qui in Aula. Mi preme solo dare alcune risposte, in
    primo luogo ai colleghi senatori che hanno voluto presentare
    eccezioni di costituzionalità, chiedendosi come sia
    possibile che docenti scelti da un’altra autorità
    diventino poi dipendenti dello Stato. Noi prevediamo – il
    disegno di legge lo dice chiaramente – all’articolo
    3 l’accesso ai ruoli previo superamento di concorsi
    per titoli ed esami pubblici, quindi la segnalazione e l’individuazione
    di questi docenti da parte della Conferenza episcopale italiana
    costituisce una sorta di requisito essenziale, di preselezione,
    come peraltro si usa fare anche in altri settori del pubblico
    impiego, ancorché con modalità diverse. Pertanto,
    possono accedere a detti concorsi solo coloro che possiedono
    certi titoli, tra cui l’idoneità, che rappresenta
    il titolo imprescindibile. Successivamente interviene il
    concorso, che è la modalità di reclutamento
    del pubblico impiego per eccellenza; in questo senso lo
    Stato non va a violare nessuna legge riferita al reclutamento
    dei propri dipendenti.

    Quindi, c’è un reclutamento attraverso un concorso
    regolare. Altra questione, poi, è il primo concorso,
    proprio perché lo Stato è inadempiente e deve
    quindi riconoscere un servizio prestato in assenza di questa
    cornice giuridica che pure avrebbe dovuto garantire. Rispondo
    quindi in questo senso alle eccezioni presentate dai senatori
    Contestabile, Passigli, Malabarba e da tutti coloro che
    hanno voluto rimarcare questo aspetto.

    Ci sono poi ancora tre questioni che hanno animato il dibattito
    e che restano un po’ sullo sfondo come aspetti che
    in parte dividono le forze politiche, soprattutto di opposizione.
    Per esempio, il senatore Tonini diceva che sarebbe stato
    meglio garantire la mobilità verso altri insegnamenti
    dopo cinque anni, questo per evitare che insegnanti di religione
    inseriti poi nei ruoli possano richiedere immediatamente
    il passaggio su altri insegnamenti. Allora, confermo anche
    qui in Aula ciò che ho detto in Commissione: questa
    è materia contrattuale, per cui è una rigidità
    che non può essere prevista da una norma quadro e
    da una legge che istituisce lo stato giuridico di una categoria
    di insegnanti. Questo tipo di istituto potrà essere
    previsto nel tempo se dovessimo davvero riscontrare una
    mobilità eccessiva una volta inseriti in ruolo questi
    docenti.

    Devo anche dire, però, che non mi sento di fare
    un processo alle intenzioni, perché la nostra legislazione
    ha garantito e tutelato la libertà di insegnamento
    e anche la funzione, cioè gli insegnanti che hanno
    titolo ad effettuare passaggi possono farlo in qualsiasi
    ordine di scuola. Allora non capisco perché bisognerebbe
    privare gli insegnanti di religione in possesso di titoli
    ovviamente idonei della possibilità di effettuare
    questa mobilità. Quindi c’è anche una
    riserva personale, ma in questo momento voglio far valere
    molto di più il fatto che, essendo materia contrattuale,
    non potrebbe rientrare in una legge che stabilisce questo
    tipo di istituto.

    Rispondendo poi al senatore Tonini, ma in realtà
    si tratta di questioni che sono state sollevate un po’
    da tutti, dalla senatrice Soliani, dal senatore Monticone
    e da tutti coloro che hanno voluto evidenziare più
    di altri elementi di criticità nella legge, vengo
    alla questione dei titoli di questi insegnanti, quindi il
    possesso di diploma di laurea per essere poi abilitati all’accesso
    ai ruoli (diceva il senatore Tonini, ma credo che sia anche
    nel provvedimento presentato dalla senatrice Acciarini)
    almeno a regime. A questi colleghi mi sento di rispondere
    tranquillamente che la questione dei titoli non può
    essere unilaterale, cioè lo Stato non può
    decidere, neanche attraverso una legge quali possono essere
    i titoli di accesso all’insegnamento della religione
    cattolica perché dovremmo andare a rivedere quel
    famoso Protocollo addizionale dell’Accordo del 18 febbraio
    1984. Quindi, essendo una norma pattizia, insieme la Conferenza
    episcopale italiana e lo Stato devono rivedere i titoli
    di studio di accesso a questa materia.

    Posso già annunciare che sarà sensibilità
    della CEI compiere questo tipo di revisione. Cioè,
    la CEI è disponibile, si rende conto che è
    trascorso troppo tempo da quando sono stati indicati quei
    titoli di accesso e, poiché sono cambiate anche le
    normative che riguardano il reclutamento e l’accesso
    ai ruoli per tutti gli altri insegnamenti, non ultima la
    legge n. 53 del 2003, che prevede un percorso universitario
    specialistico e un tirocinio per l’accesso ai ruoli,
    non vi è dubbio che al più presto, chiarita
    la faccenda dello stato giuridico, CEI e Stato dovranno
    incontrarsi per rivedere tanto i titoli di accesso a questo
    tipo di insegnamento della religione cattolica, quanto poi
    l’accesso ai ruoli e quindi ai concorsi.

    Un’ultima cosa. Sempre nei discorsi che ho sentito
    e nelle obiezioni che sono state mosse si parla di rendere
    più cogente la prova generale e addirittura le prove
    d’esame. Da una parte, si è chiesto di prevedere
    una prova di cultura generale per, si dice, garantire una
    maggiore qualità di tale insegnamento e di questi
    insegnanti e, dall’altra, è stata evidenziata
    la "curvatura" sull’insegnamento della storia
    delle religioni.

    Rispetto a questa seconda questione il relatore Brignone
    ha risposto molto bene: qui non stiamo parlando della possibilità
    di modificare tale insegnamento; stiamo trattando della
    definizione dello stato giuridico di una categoria di insegnanti,
    quelli che sono chiamati a insegnare la religione cattolica,
    perché il Concordato parla di questo tipo di insegnamento
    e non di altro. Tutto il resto, e qui mi riferisco anche
    alle richieste del senatore Cortiana e all’ordine del
    giorno da lui presentato, attiene invece alle discipline,
    agli approfondimenti e al livello culturale che si può
    favorire attraverso tutti gli altri insegnamenti.

    Quindi, in virtù del fatto che stiamo riscrivendo
    le indicazioni nazionali per tutti gli ordini di scuola
    e che esiste l’autonomia delle istituzioni scolastiche,
    e quindi anche l’autonomia didattica, e poiché
    ci saranno attività opzionali facoltative che le
    famiglie e gli studenti potranno scegliere, siamo certi
    che le scuole potranno garantire anche questo tipo di approfondimento
    e di insegnamento. Si tratta, cioè, di un’attenzione
    alla storia delle religioni, qualcosa che riguarda una dimensione
    molto più culturale, che quindi rimanda ad un profilo
    più generale e non ad un insegnamento specifico,
    il quale, come abbiamo visto, trae origine da norme pattizie
    che hanno una finalità ben precisa.

    Per quanto riguarda poi gli approfondimenti da richiedere
    o le prove più ampie di concorso, ribadisco che noi
    abbiamo previsto, come scritto all’articolo 3, che
    si tratterà di prove di cultura generale; questo
    naturalmente non deve riguardare la materia, perché
    l’idoneità a questo tipo di insegnamento è
    di esclusiva competenza della Conferenza episcopale italiana.
    Non vorrei allora che conservassimo un pregiudizio nei confronti
    di questi insegnanti: siccome noi Stato non andiamo a valutare
    la competenza specifica, non saranno insegnanti di qualità.

    Il senatore Monticone, lo ricordo ancora, nel suo intervento
    in Commissione ha sottolineato alcuni percorsi di eccellenza
    di tali insegnanti.

    Come ha ricordato altrettanto bene il relatore Brignone,
    accanto a questi percorsi di eccellenza c’è
    un percorso di fede che non possiamo ignorare. Sono tutti
    elementi che possono essere considerati e valutati solo
    dalla Conferenza episcopale italiana. È questo tipo
    di valutazione che garantirà la qualità dell’insegnamento
    della religione cattolica.

    Allo stato, come è giusto che sia, resta la valutazione
    di tutte quelle competenze più generali che devono
    fare di questi insegnanti dei buoni insegnanti della scuola
    italiana. Ma noi non possiamo andare oltre nella valutazione
    e nell’espletamento delle prove concorsuali.

    Ringrazio ancora una volta tutte le forze politiche che
    hanno voluto dare segnali di attenzione e di incoraggiamento
    al Governo rispetto all’espletamento veloce del primo
    concorso, affinché si chiuda davvero presto questa
    partita. Naturalmente, il primo concorso si svolgerà
    con modalità diverse, perché deve dare risposte
    agli insegnanti che sono già in servizio.

    Auguro a tutti buon lavoro per la seduta di questa mattina.
    (Applausi dai Gruppi FI, UDC, LP e AN).

    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’ordine del
    giorno G1 (testo 2).

    Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sull’ordine del giorno in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, ieri nella mia replica ho espresso
    un parere sostanzialmente contrario sull’ordine del
    giorno nella sua formulazione originaria, in quanto – pur
    riconoscendo la validità della premessa – ritenevo
    superfluo e in parte inattuabile l’impegno che si vorrebbe
    affidare al Governo.

    Anche in questo caso ribadisco che, pur accettando quanto
    contenuto nella premessa, ritengo di non poter condividere
    l’impegno che si vorrebbe assegnare al Governo. Infatti,
    nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, l’insegnamento
    della religione è già impartito nel rispetto
    della libertà di coscienza e delle pari dignità;
    oltretutto, è un insegnamento di cui ci si può
    avvalere o meno.

    In quanto all’impegno del Governo affinché
    "le istituzioni scolastiche possano organizzare, nell’ambito
    delle attività di promozione culturale, sociale e
    civile previste dall’ordinamento scolastico, libere
    attività complementari relative alla storia delle
    religioni", non credo sia il caso di affidare tale
    previsione ad un ordine del giorno, in quanto nell’esercizio
    dell’autonomia scolastica ciò è già
    ampiamente possibile, naturalmente se richiesto dall’utenza.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Poiché i presentatori non insistono,
    l’ordine del giorno G1 (testo 2) non viene posto in
    votazione.

    Invito il senatore segretario a dare lettura del parere
    espresso dalla 5a Commissione permanente.

    PACE, segretario. "La Commissione programmazione
    economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi,
    esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo,
    ad eccezione degli emendamenti 1.110, 1.103, 1.2, 1.104,
    1.105, 1.4, 1.108, 1.109, 2.2, 2.100, 2.101, 5.8, 5.100,
    5.101, 6.1, 1.101, 6.100 e 2.102, sui quali il parere è
    contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione".

    PRESIDENTE.

    Procediamo all’esame degli articoli del disegno di legge
    n. 1877, nel testo proposto dalla Commissione.

    Passiamo all’esame dell’articolo 1, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, gli emendamenti che mi
    accingo ad illustrare riprendono i contenuti della proposta
    di legge di cui sono prima firmataria e che è stata
    condivisa anche da altri senatori. È una risposta
    più organica e più completa al problema della
    precarietà degli insegnanti di religione cattolica,
    ma al tempo stesso tiene presente la specificità
    di questa categoria di insegnanti.

    Noi diciamo con molta chiarezza che a tutti gli insegnanti
    di religione cattolica, non soltanto a quelli che occupano
    il 70 per cento dei posti, si applica il trattamento economico
    e di carriera previsto nel contratto nazionale per gli insegnanti
    a tempo indeterminato in servizio nel corrispondente anno
    scolastico.

    Questa norma così fissata e anche le articolazioni
    che riguardano i successivi emendamenti su cui poi mi soffermerò
    brevemente, si propongono di dare a questa categoria di
    insegnanti, di cui noi riconosciamo il valore e il significato,
    nessuno di noi infatti sta discutendo che siano lavoratori
    che non meritano attenzione, tutele e norme che garantiscano
    la qualità del loro rapporto di lavoro. Facciamo
    tutto quanto è possibile all’interno della normativa
    statale per dare loro questo riconoscimento, chiedendo anche
    – e vorrei che questo non sfuggisse agli interessati – una
    copertura finanziaria di questa legge ben diversa da quella
    che propongono il Governo e la maggioranza.

    Noi chiediamo che per quanto lo Stato può, siano
    assicurati il massimo della garanzia e il massimo dell’impegno
    economico e finanziario. Quello che lo Stato non può
    fare è intervenire sulle modalità di assunzione
    e di risoluzione del rapporto di lavoro.

    Do atto e ringrazio il senatore Brignone anche a nome dei
    colleghi del mio Gruppo che sono intervenuti in discussione
    generale, dell’attenzione che egli ha dedicato nella sua
    replica ieri sera alle osservazioni che sono state avanzate.
    Il senatore ha tenuto – e noi lo apprezziamo e vogliamo
    dargliene un ampio riconoscimento – a rispondere con il
    massimo di attenzione e di cura. Tuttavia, l’attenzione
    e la cura dedicate dal senatore Brignone purtroppo non hanno
    il potere di cancellare il problema alla base di questo
    sistema duale, nel quale lo Stato non ha competenza né
    sulle modalità di reclutamento, né – e questo
    è perfino più grave – sulle modalità
    di risoluzione del rapporto di lavoro. Queste sono governate,
    ci è stato ripetuto più volte ma non abbiamo
    bisogno di sentircelo dire, da norme pattizie che certamente
    intervengono proprio nella fase della costituzione del rapporto
    di lavoro e della risoluzione dello stesso.

    Al riguardo tutti i tentativi di soluzione sono destinati
    a fallire e a creare oltretutto rischi notevoli di contenzioso.
    Ci permettiamo di suggerirvi di controllare accuratamente
    questo testo che state per votare, perché in esso
    sono contenuti elementi estremamente discutibili sotto il
    profilo della costituzionalità e comunque del complesso
    di norme che regolano in generale il rapporto di lavoro
    nella nostra legislazione.

    Intervenire attraverso questo strumento vuol dire determinare
    un ulteriore aggravamento e creare ulteriore complessità.
    Vorrei sottolineare il fatto che al momento della costituzione
    del rapporto, sull’idoneità (torneremo poi sul tema
    dei titoli) lo Stato italiano nulla può e mi fa quasi
    sorridere l’esaltazione del concorso fatta dall’onorevole
    Aprea quando ha affermato che esso è lo strumento
    normale di assunzione.

    Non c’è bisogno di dirlo perché anche
    questo è un principio costituzionale; deve però
    trattarsi di un concorso in cui vi sia una valutazione completa
    dei titoli e lo Stato formuli una graduatoria di coloro
    che vuole immettere nella pubblica amministrazione. Ciò
    non avviene in base al disegno di legge: vi è una
    parte che sfugge a qualunque verifica, rispetto alla quale
    lo Stato non può che ritirarsi; tale circostanza
    impedisce la stesura di una graduatoria, conduce ad un elenco
    nel quale una graduazione è impossibile perché
    una parte riguarda un ambito in cui lo Stato non ha possibilità
    di intervento.

    Vorrei aggiungere che il tema della risoluzione del rapporto
    di lavoro per revoca dell’idoneità non è
    risolto dal disegno di legge, rimane tal quale per coloro
    che occupano il 30 per cento dei posti di insegnamento e
    per coloro in relazione ai quali si prevede il passaggio
    agli altri ruoli, con conseguenze nefaste per l’organizzazione
    del "mercato del lavoro" della scuola; mi si permetta
    questa espressione molto specifica. Vi è un’alterazione
    totale di questo meccanismo.

    Si parla inoltre di persone che possiedano i titoli ma
    nulla garantisce che essi sussistano. Ricordo che, rispetto
    all’elemento della risoluzione del rapporto di lavoro
    per revoca della idoneità, quest’Aula si è
    universalmente stupita e mobilitata al momento del licenziamento
    della professoressa che, avendo avuto un bambino, aveva
    subìto la rescissione del rapporto di lavoro. Sono
    state presentate interrogazioni e vi sono stati interventi
    anche da parte di una senatrice che appartiene al Gruppo
    parlamentare del senatore Brignone. Vorrei fosse chiaro
    che tale questione non è risolta: si turba gravemente
    la modalità di reclutamento degli insegnanti, ma
    non vi è alcuna garanzia per i docenti di religione.
    E’ del tutto casuale che vi siano i titoli per transitare
    in un altro ruolo, non è sufficiente il fatto di
    essere docente di religione cattolica; se le persone non
    hanno i titoli, sono precarie oggi così come saranno
    precarie dopo l’approvazione del disegno di legge.

    Vorrei fosse chiaro che non si fa alcunché per incidere
    realmente sullo stato giuridico di questo personale dal
    punto di vista del reclutamento e della risoluzione del
    rapporto di lavoro, mentre si realizzano alcuni pasticci
    istituzionali; non esito a definirli tali perché
    so che così saranno vissuti e sentiti dal mondo della
    scuola, ma avremo modo di tornare sull’argomento quando
    parleremo dell’accesso ai ruoli. Si crea una situazione
    ibrida, di mescolanza molto confusa e caotica di norme.

    Credo non debba sfuggire all’attenzione che noi proponiamo
    una norma destinata a questi insegnanti. La sottosegretaria
    Aprea ha parlato di una grande inadempienza dello Stato
    che viene finalmente colmata. È sempre facile pensare
    che chi ci ha preceduto non sapesse fare il suo mestiere
    ma, se per tanti anni ciò non è stato fatto,
    sarebbe corretto chiedersi se esistessero concreti problemi
    di natura giuridica e costituzionale che rendevano difficile
    pervenire ad una norma come quella che oggi l’Assemblea
    si propone di votare. Il sistema duale, la mancanza di competenza
    dello Stato sul reclutamento e sulla risoluzione del rapporto
    di lavoro, ha costituito agli occhi dei precedenti legislatori
    e dei precedenti Governi, di varie colorazioni politiche,
    un ostacolo inevitabile per giungere a questa soluzione.

    Noi, con una norma chiara e limpida, prevediamo che lo
    Stato faccia il suo mestiere, dia a questi insegnanti tutto
    ciò che è possibile dare dal punto di vista
    della legislazione italiana, senza creare una norma che
    incontrerà moltissimi problemi applicativi e sarà
    avvertita da tutto il mondo della scuola come una violazione
    dei diritti degli altri insegnanti.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, le proposte emendative
    che presentiamo – la prima in particolare – ribadiscono
    il principio della nostra contrarietà all’impianto
    del provvedimento in esame sulla immissione in ruolo dell’insegnante
    di religione; nello stesso tempo ribadiscono però
    che, nel momento in cui tali insegnanti ci sono, essi hanno
    diritto a garanzie, sebbene nutriamo obiezioni di fondo
    rispetto al fatto che la religione cattolica abbia un privilegio
    all’interno della scuola pubblica.

    Abbiamo già manifestato la nostra contrarietà
    a un meccanismo tramite il quale oltre a non risolvere il
    problema della precarietà di tutti gli insegnanti
    di religione, dal momento che non tutti sono tutelati da
    questo provvedimento, si crea una discriminazione di fondo
    nell’inserimento in ruolo degli insegnanti. Si discrimina
    infatti, con la vostra proposta di legge, tra chi per essere
    inserito in ruolo ha sostenuto i tristemente famosi "concorsoni"
    ed è tuttora costretto ad attendere un’interminabile
    graduatoria e chi potrebbe passare da insegnante di religione,
    quindi fondamentalmente nominato dalla diocesi, a insegnante
    ad esempio di storia, per il semplice fatto di aver perso
    l’idoneità all’insegnamento della sua materia.

    Certo, come ha ricordato ieri con dovizia di argomenti
    e con attenzione alle proposte delle opposizioni il senatore
    Brignone ed anche questa mattina la sottosegretario Aprea,
    ci sono le norme pattizie. Tuttavia, siamo di fronte ad
    una discriminazione palese e anche a rischi di contenzioso,
    come ha poc’anzi ricordato la collega Acciarini, sui
    quali non si può tranquillamente sorvolare. Mi permetto
    di insistere, quindi, sulla contrarietà all’inserimento
    nei due ruoli regionali proposti.

    Pur tuttavia, ci rendiamo conto che si tratta in ogni caso
    di lavoratori e lavoratrici rappresentanti di una parte
    sociale a cui siamo anche molto sensibili. Quindi, pur ribadendo
    le molteplici precisazioni sul loro status giuridico, siamo
    assolutamente favorevoli, nella costanza del loro rapporto
    di lavoro, a che il loro trattamento economico e di carriera
    sia quello previsto dal contratto nazionale degli insegnanti
    a tempo indeterminato nel corrispondente ordine scolastico.
    Mi pare un riconoscimento sufficientemente congruo.

    Sono queste le ragioni delle nostre proposte emendative,
    la cui approvazione raccomandiamo all’Assemblea.

    PRESIDENTE. Invito il relatore e la rappresentante del Governo
    a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, l’emendamento 1.100 ripropone
    sostanzialmente quanto già esposto nell’ordine
    del giorno G1, pertanto quanto ho detto al proposito vale
    anche per questo emendamento.

    Aggiungo che, comunque, la storia delle religioni è
    già in parte presente nei manuali scolastici, è
    infatti quasi impossibile accostarsi alla storia della civiltà
    umana, a partire dalle culture più antiche, senza
    studiare la storia delle religioni. Peraltro, sia negli
    interventi dei colleghi, sia nella mia replica, si è
    anche introdotto un concetto ancora più evoluto della
    storia delle religioni, cioè lo studio del fatto
    religioso.

    Ebbene, se ciò deve essere considerato come insegnamento
    aggiuntivo, può essere appunto preso in considerazione
    come attività liberamente programmata nell’esercizio
    dell’autonomia scolastica; se viene invece avanzato
    come eventuale alternativa all’insegnamento di religione
    cattolica, richiamo quanto già detto, ossia che qualsiasi
    scelta, di avvalersi o meno di tale insegnamento, deve essere
    totalmente svincolata da una scelta alternativa, così
    come recita la sentenza n. 13 della Corte costituzionale
    dell’11 gennaio 1991.

    Esprimo parere contrario sull’emendamento 1.110 perché
    sostanzialmente si limita a riconoscere agli insegnanti
    di religione cattolica il semplice trattamento economico
    e di carriera previsto dal contratto nazionale. In realtà,
    manca totalmente il riconoscimento dello stato giuridico,
    che è invece l’intento precipuo di questo disegno
    di legge. Lo stesso vale per l’emendamento 1.101, che
    è di contenuto sostanzialmente identico.

    Il parere sull’emendamento 1.102 è contrario
    in quanto è pleonastico: contiene una norma che è
    già ampiamente prevista nel Protocollo addizionale
    e nell’Intesa.

    Per quanto riguarda l’emendamento 1.103, mi richiamo alle
    considerazioni svolte sull’emendamento 1.110, che limitava
    al trattamento economico tutta la questione.

    Sono inoltre contrario all’emendamento 1.2, identico agli
    emendamenti 1.104 e 1.105, perché questo provvedimento
    prevede l’emissione di ruoli per titoli e per concorso sia
    in regime transitorio, sia in regime ordinario; quindi è
    chiaro che supera la norma vigente relativa al reclutamento
    dei docenti di religione.

    L’emendamento 1.106 si basa su una logica molto sottile.
    A un primo approccio sembrerebbe una semplice riformulazione
    di quanto proposto nel testo; infatti, le parole: "salvo
    quanto stabilito dalla presente legge", si propone
    di sostituirle con le parole: "per quanto compatibili
    con la presente legge". In realtà, ad una attenta
    lettura esso intende capovolgere la questione e rendere
    subordinate le norme recate da questo disegno di legge.

    Il mio parere è contrario sull’emendamento 1.3,
    identico all’emendamento 1.107, perchè esso è
    sostanzialmente superfluo: è chiaro che il trattamento
    economico previsto per chi entra in ruolo è quello
    per gli insegnanti a tempo indeterminato.

    Parere ugualmente contrario sull’emendamento 1.4, identico
    agli emendamenti 1.108 e 1.109 perché intende sopprimere
    una norma che è contemplata con molta precisione
    nell’Intesa, e quindi inderogabile.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.100.

    Verifica del numero legale

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Chiediamo la verifica del numero legale.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
    senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza
    mediante procedimento elettronico.

    (Segue la verifica del numero legale).

    Il Senato non è in numero legale.

    Sospendo la seduta per venti minuti.

    Presidenza del vice presidente CALDEROLI

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

    Metto ai voti l’emendamento 1.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
    ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
    1.110 e 1.101 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 1.102, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
    ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
    1.103, 1.2, 1.104 e 1.105 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 1.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 1.3, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
    1.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo all’emendamento 1.4, identico agli emendamenti
    1.108 e 1.109, su cui la 5a Commissione ha espresso parere
    contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, lei riceverà veramente
    il premio per la velocità. Volevo fare una dichiarazione
    di voto sull’emendamento 1.4 e ho alzato la mano. Non
    tutti hanno la sua velocità, anche se io ho cercato
    di averla; vorrei solo pregarla per l’avvenire di guardare
    anche da questa parte.

    PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, lei può intervenire
    sull’emendamento 1.4 perché non lo abbiamo ancora
    votato.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . In questo caso, signor Presidente, vorrei
    richiamare l’attenzione dei colleghi su questo emendamento,
    soppressivo del comma 3 dell’articolo 1. È una
    norma veramente molto delicata perché – forse merita
    ricordarlo – prevede che nella scuola dell’infanzia
    e nella scuola elementare l’insegnamento della religione
    cattolica possa essere affidato a docenti della sezione
    o della classe, ovviamente se in possesso dell’idoneità.
    Da questo punto di vista, vorrei che tutti considerassero
    la posizione degli allievi, di cui qualche volta sarebbe
    anche bene occuparci; di allievi, tra l’altro, di età
    abbastanza giovanile. Essi vedrebbero in questo caso attuarsi
    una discriminazione nei loro confronti perché la
    loro maestra o il loro insegnante, per alcuni dispenserebbe
    un insegnamento facoltativo in più mentre per gli
    altri non lo farebbe. Vorrei che questo aspetto venisse
    considerato dal punto di vista dei bambini, che si trovano
    di fronte ad una figura così importante, quella del
    docente, che dà qualcosa in più ad alcuni
    di loro sulla base di una scelta che – siamo tutti d’accordo
    – ovviamente attiene alla libertà delle famiglie
    e poi degli alunni quando si va avanti negli studi e che
    è legata alla presenza di una materia facoltativa.
    In sostanza, per alcuni, in una fascia di età molto
    giovanile, si mescolano due figure, quella del docente delle
    materie curricolari e quella del docente della materia facoltativa.
    Ritengo pertanto che la soppressione di questo comma potrebbe
    essere interessante anche per quegli esponenti della maggioranza
    che rispetto al disegno di legge in esame so avere alcune
    perplessità, alcuni dubbi.

    PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, devo dedurre che lei chiede
    la votazione dell’emendamento 1.4?

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Sì, signor Presidente.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
    senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Ai sensi dell’articolo 102-bis del Regolamento,
    indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
    mediante procedimento elettronico, dell’emendamento 1.4,
    presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori,
    identico agli emendamenti 1.108, presentato dal senatore
    Malabarba e da altri senatori, e 1.109, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B)

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 1.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, noi voteremo contro l’articolo
    1 innanzitutto perché contiene un’impostazione
    che, come abbiamo sottolineato, non conduce a delle buone
    soluzioni rispetto ad un problema che, ribadisco, il mio
    Gruppo ritiene che si debba valutare in modo più
    serio e documentato. Questa soluzione, però, crea
    troppe difficoltà di applicazione e creerà
    troppe conflittualità all’interno della scuola.
    Tra l’altro, con una situazione di ruoli del tutto
    atipici perché si costituiscono dei ruoli non in
    coincidenza di quelle che sono le articolazioni della pubblica
    amministrazione ma legati agli ambiti delle diocesi. Quindi,
    anche da questo punto di vista – avrò poi occasione
    di dire qualcosa anche sul tema della mobilità –
    si crea qualcosa di particolare e di differente.

    In secondo luogo, da una parte si stabilizza con una modalità
    che rischia, tra l’altro, di precarizzare in maniera
    estrema una parte di questo personale che non viene toccato
    dal provvedimento e dall’altra si fanno alcune violazioni
    principi costituzionali legati appunto allo status particolare
    degli insegnanti di religione cattolica.

    Ribadiamo che sarebbe stato importante affrontare il tema
    del massimo delle tutele in costanza di rapporto di lavoro,
    perché su questo lo Stato ha la possibilità
    di dare di più e meglio a questi insegnanti; ripeto
    però che non si può forzare la norma in questo
    modo quando c’è una modalità di reclutamento
    ed una modalità di risoluzione del rapporto di lavoro
    che poi, da questo articolo che adesso stiamo per votare,
    provocherà a cascata una serie di conseguenze normative
    che successivamente illustrerò e che creano disparità
    nei confronti degli altri insegnanti, disparità nella
    gestione del personale della scuola e – lo diciamo senza
    paura – anche una violazione di princìpi costituzionali.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 1.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 2, sul quale
    sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
    a illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 2.2,
    di cui sono prima firmataria insieme ad altri colleghi,
    concerne la soppressione dell’articolo 2 che cui si
    stabilisce la dotazione organica su cui si fa l’operazione
    sulla quale precedentemente esprimevo alcune osservazioni.
    L’articolo 2 prevede infatti che, con decreto del Ministro
    dell’istruzione, è stabilita la consistenza
    della dotazione organica degli insegnanti di religione cattolica,
    determinata nella misura del 70 per cento dei posti di insegnamento
    complessivamente funzionanti.

    Io vorrei innanzitutto dire al Governo – l’ho già
    fatto molte volte in Commissione – che trovo sbagliato comunque
    che non ci sia un riferimento temporale di alcun tipo. Si
    parla del 70 per cento di posti disponibili, allora io chiedo:
    quando, riferiti a quale momento? Soltanto quando si parla
    di prima applicazione si fa riferimento ad un anno scolastico,
    dopo di che scende il silenzio. Si parla di un 70 per cento
    che può essere la percentuale dell’anno X, dell’anno
    Y o dell’anno Z. Questo è un piccolo rilievo
    formale che sarebbe interesse del Governo, a mio giudizio,
    risolvere visto che il provvedimento tornerà alla
    Camera. Noi sappiamo che qui il provvedimento è blindato,
    lo è in maniera fin troppo evidente, blindato perfino
    negli ordini del giorno. Pensateci bene, però, perché
    secondo me non si capisce il momento del riferimento e invece
    tutte le volte che ho visto varare leggi che facevano riferimento
    alla dotazione organica ho sempre visto, accanto a questo
    – e credo di avere una modesta esperienza di legislazione
    scolastica – l’indicazione temporale del momento in
    cui si fa il calcolo del 70 per cento.

    Dietro questo aspetto io ritengo ci possa essere una svista,
    ma potrebbe anche nascondersi un altro problema che a noi
    sta particolarmente a cuore. Qui, effettivamente, stabilendo
    le dotazioni organiche si fissano delle cifre che sono basate
    sull’ipotesi che la scelta tra l’avvalersi e il
    non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica
    in qualche modo sia susseguente allo stabilire il numero
    dei docenti che l’insegneranno. Ora questo presenta
    notevoli problemi perché è stato ribadito
    più volte – sono state citate le sentenze della Corte
    costituzionale e direi che da questo punto di vista non
    abbiamo più dubbi – che le possibilità degli
    studenti sono differenziate: innanzitutto c’è
    la scelta tra l’avvalersi della religione cattolica
    e il non avvalersi.

    Non si può dire che "a stima" riteniamo
    che comunque saranno un certo numero, perché ciò
    è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
    esercitando la loro libertà di scelta educativa,
    e gli studenti, quando giungeranno all’età per
    poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
    si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
    che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
    perché si sa che può accadere che questo valore
    incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
    quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
    convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
    della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.

    Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
    "stabilizzati"?

    Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
    quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
    la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
    così libera se la scuola disporrà comunque
    di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
    tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.

    Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
    si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
    che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.

    In secondo luogo, e questo è il dato più
    sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
    educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
    cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
    che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
    scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
    di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
    elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
    rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
    almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
    molto difficile da applicare nelle scuole.

    Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
    la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
    che ci sembra la cosa più importante, perché
    garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
    sentenze della Corte costituzionale.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, l’articolo 2
    e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
    manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
    e una possibilità concreta che chi viene immesso
    nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
    didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.

    Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
    in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
    trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
    Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
    in sostanza, della Repubblica italiana.

    Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
    che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
    vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
    d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
    quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
    multiculturale e

    multireligiosa all’interno del proprio territorio.
    Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
    di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
    altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
    l’insegnamento non è quello di una religione
    ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
    millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
    che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
    cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
    sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
    e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.

    Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
    di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
    della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
    riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
    tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
    delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
    diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
    un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.

    Aggiungo…

    PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
    in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
    volta i pareri, altrimenti non si finisce.

    BRIGNONE,
    relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
    cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
    emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 2.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Innanzitutto voglio dare atto al relatore
    dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
    di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
    coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
    e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
    corto.

    PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
    e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
    in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
    mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
    critica. (Applausi del senatore Bedin).

    Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
    frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
    che il senatore Brignone non potrà confutare tale
    mia asserzione – che questa scelta è basata su un
    qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
    precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
    e quindi alle successive votazioni parlamentari.

    Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
    ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
    la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
    che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
    di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
    sensibilità religiose. Questo dato però non
    può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
    state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
    al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
    rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
    libertà di coscienza, alla libertà educativa
    delle famiglie.

    Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
    perché ha in sé una grande approssimazione
    e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
    procedere all’applicazione della legge.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, torniamo su un argomento
    già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
    meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
    Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
    del primo emendamento riferito all’articolo 3.

    L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
    cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
    provvedimento.

    Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
    all’impostazione della discussione di questo disegno
    di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
    al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
    il male di questo disegno di legge: la possibilità
    di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
    tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
    data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
    rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
    scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
    richiamati.

    Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
    all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
    se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
    in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
    del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
    si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
    dell’ordinario diocesano competente per territorio,
    divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
    purché non si fruisca della mobilità professionale
    o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva.

    In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
    stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
    nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
    ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
    risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
    risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
    4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
    che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
    raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
    articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
    erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
    in precedenza.

    Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
    sull’emendamento 3.100.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, siamo intervenuti su
    questo articolo con emendamenti perché siamo nel
    cuore della legge, dove emergono con più evidenza
    alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.

    Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
    materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
    contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
    appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
    di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
    di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
    nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
    di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
    questione parleremo dopo.

    Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
    troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
    è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
    che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
    e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
    da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
    quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
    di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
    approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
    di più ci viene detto e ci può essere dato
    di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.

    È assai interessante sentire che il sottosegretario
    Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
    la materia una sistemazione e un’organicità, forse
    allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
    del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
    attenderci che questa sistemazione organica venga data per
    sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
    facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.

    Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
    Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
    qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
    di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
    nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
    concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
    Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
    molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
    base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
    cioè anche non essere in possesso del diploma di
    scuola secondaria superiore proprio perché in quel
    momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
    entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
    anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
    numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
    lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
    di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
    qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
    entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
    Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
    studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
    problema lo porranno e giustamente.

    Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
    sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
    delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
    del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
    aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
    diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".

    Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
    presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
    inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
    questi docenti all’interno della categoria dei docenti
    laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
    sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.

    Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
    anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
    relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
    È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
    un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
    persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
    insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
    che nessun altro insegnante può invocare.

    Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
    stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
    nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
    scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
    valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
    che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
    e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
    Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
    di questi casi.

    Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
    pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
    Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
    giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
    insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
    stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, con l’emendamento
    3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
    3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
    con la formulazione più appropriata "le Commissioni
    compilano la graduatoria". Non è una questione
    semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
    molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
    tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
    Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
    è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
    deve nominare.

    La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
    competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
    costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
    e superano il concorso, anche perché – e non è
    questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
    religione cattolica e la possibilità, in qualche
    situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
    l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
    mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
    di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
    di veri concorsi?

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Sottosegretaria, questa è
    la realtà!

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
    modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
    diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
    accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
    la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
    concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
    Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
    concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
    certezza al punto 4 dell’Intesa.

    Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
    Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
    in realtà essa non tiene conto della peculiarità
    degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
    di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.

    Non si può dire che "a stima" riteniamo
    che comunque saranno un certo numero, perché ciò
    è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
    esercitando la loro libertà di scelta educativa,
    e gli studenti, quando giungeranno all’età per
    poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
    si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
    che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
    perché si sa che può accadere che questo valore
    incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
    quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
    convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
    della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.

    Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
    "stabilizzati"?

    Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
    quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
    la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
    così libera se la scuola disporrà comunque
    di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
    tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.

    Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
    si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
    che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.

    In secondo luogo, e questo è il dato più
    sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
    educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
    cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
    che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
    scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
    di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
    elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
    rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
    almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
    molto difficile da applicare nelle scuole.

    Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
    la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
    che ci sembra la cosa più importante, perché
    garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
    sentenze della Corte costituzionale.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, l’articolo 2
    e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
    manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
    e una possibilità concreta che chi viene immesso
    nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
    didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.

    Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
    in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
    trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
    Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
    in sostanza, della Repubblica italiana.

    Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
    che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
    vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
    d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
    quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
    multiculturale e

    multireligiosa all’interno del proprio territorio.
    Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
    di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
    altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
    l’insegnamento non è quello di una religione
    ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
    millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
    che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
    cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
    sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
    e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.

    Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
    di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
    della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
    riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
    tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
    delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
    diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
    un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.

    Aggiungo…

    PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
    in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
    volta i pareri, altrimenti non si finisce.

    BRIGNONE,
    relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
    cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
    emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 2.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U).
    Innanzitutto voglio dare atto al relatore
    dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
    di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
    coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
    e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
    corto.

    PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
    e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
    in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
    mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
    critica. (Applausi del senatore Bedin).

    Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
    frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
    che il senatore Brignone non potrà confutare tale
    mia asserzione – che questa scelta è basata su un
    qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
    precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
    e quindi alle successive votazioni parlamentari.

    Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
    ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
    la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
    che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
    di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
    sensibilità religiose. Questo dato però non
    può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
    state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
    al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
    rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
    libertà di coscienza, alla libertà educativa
    delle famiglie.

    Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
    perché ha in sé una grande approssimazione
    e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
    procedere all’applicazione della legge.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, torniamo su un argomento
    già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
    meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
    Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
    del primo emendamento riferito all’articolo 3.

    L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
    cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
    provvedimento.

    Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
    all’impostazione della discussione di questo disegno
    di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
    al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
    il male di questo disegno di legge: la possibilità
    di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
    tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
    data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
    rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
    scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
    richiamati.

    Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
    all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
    se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
    in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
    del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
    si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
    dell’ordinario diocesano competente per territorio,
    divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
    purché non si fruisca della mobilità professionale
    o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva.

    In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
    stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
    nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
    ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
    risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
    della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
    risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
    tipo di insegnamento.

    La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
    4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
    che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
    raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
    articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
    erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
    in precedenza.

    Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
    sull’emendamento 3.100.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, siamo intervenuti su
    questo articolo con emendamenti perché siamo nel
    cuore della legge, dove emergono con più evidenza
    alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.

    Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
    materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
    contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
    appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
    di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
    di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
    nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
    di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
    questione parleremo dopo.

    Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
    troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
    è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
    che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
    e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
    da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
    quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
    di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
    approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
    di più ci viene detto e ci può essere dato
    di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.

    È assai interessante sentire che il sottosegretario
    Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
    la materia una sistemazione e un’organicità, forse
    allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
    del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
    attenderci che questa sistemazione organica venga data per
    sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
    facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.

    Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
    Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
    qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
    di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
    nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
    concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
    Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
    molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
    base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
    cioè anche non essere in possesso del diploma di
    scuola secondaria superiore proprio perché in quel
    momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
    entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
    anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
    numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
    lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
    di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
    qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
    entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
    Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
    studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
    problema lo porranno e giustamente.

    Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
    sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
    delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
    del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
    aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
    diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".

    Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
    presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
    inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
    questi docenti all’interno della categoria dei docenti
    laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
    sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.

    Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
    anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
    relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
    È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
    un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
    persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
    insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
    che nessun altro insegnante può invocare.

    Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
    stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
    nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
    scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
    valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
    che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
    e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
    Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
    di questi casi.

    Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
    pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
    Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
    giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
    insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
    stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, con l’emendamento
    3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
    3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
    con la formulazione più appropriata "le Commissioni
    compilano la graduatoria". Non è una questione
    semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
    molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
    tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
    Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
    è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
    deve nominare.

    La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
    competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
    costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
    e superano il concorso, anche perché – e non è
    questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
    religione cattolica e la possibilità, in qualche
    situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
    l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
    mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
    di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
    di veri concorsi?

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Sottosegretaria, questa è
    la realtà!

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
    modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
    diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
    accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
    la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
    concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
    Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
    concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
    certezza al punto 4 dell’Intesa.

    Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
    Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
    in realtà essa non tiene conto della peculiarità
    degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
    di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.

    Il fatto di sostituire un elenco con una graduatoria significherebbe
    una totale mobilità del personale. Visto che, comunque,
    l’idoneità viene attribuita dalla competente
    autorità ecclesiastica e che tale idoneità
    ha sicuramente carattere prevalente rispetto alla valutazione
    dell’autorità statuale (per il semplice motivo
    che attiene esattamente a quelle che sono le competenze
    disciplinari), non vedo perché bisognerebbe creare
    una mobilità così vasta e radicale semplicemente
    attenendoci a una parte di prove concorsuali che non sono
    veramente determinanti per lo stato giuridico e per la valutazione
    della preparazione del docente nella disciplina specifica.

    Con riferimento agli altri emendamenti, mi pare che ve
    ne siano anche alcuni contraddittori, ad esempio il 3.106
    di cui è primo firmatario il senatore Cortiana, perché
    viene criticata la revoca dell’idoneità, ma
    allo stesso tempo si chiudono tutti gli spazi per la conservazione
    del posto di lavoro.

    L’emendamento 3.5 propone di nuovo una graduatoria
    al posto di un elenco; in realtà, si parla di elenco
    esattamente al comma 7 dell’articolo 3 e da questo
    non si può derogare.

    Il parere è quindi contrario per tutti gli emendamenti
    presentati sull’articolo 3.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è
    conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente
    avanzata dal senatore Malabarba, risulta appoggiata dal
    prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 3.100, presentato dai senatori Malabarba
    e Sodano Tommaso.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 3.101, presentato
    dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.102, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori, sostanzialmente identico all’emendamento
    3.1, presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.2, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
    3.103, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.3, presentato dalla senatrice
    Vittoria Franco e da altri senatori, sostanzialmente identico
    all’emendamento 3.104, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.105, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.4, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 3.5, presentato dalla senatrice
    Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
    3.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 3.

    TESSITORE
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    TESSITORE
    (DS-U)
    . Signor Presidente, annuncio il voto contrario
    del Gruppo DS a questo articolo che, come è stato
    rilevato, è tra i più importanti, in quanto
    concerne le procedure per l’accesso al ruolo che già
    abbiamo contestato nella critica emendativa all’articolo
    1.

    Il voto contrario è motivato dall’esigenza
    di non consentire diversità nell’accesso ai
    ruoli di insegnamento nella scuola di Stato, garantendo
    contemporaneamente agli insegnanti di religione cattolica,
    che accedono all’insegnamento in base a criteri diversi
    (quelli dell’Intesa tra Stato e Chiesa), la permanenza
    a tempo indeterminato salva l’ipotesi di revoca della
    idoneità da parte dell’ordinario diocesano.

    Nella migliore delle ipotesi, con le previsioni della legge
    in discussione, si individua un canale alternativo che è
    un vulnus nel sistema, in qualunque modo lo si voglia presentare,
    mentre si poteva evitare tutto ciò senza danneggiare
    nessuno.

    Si è preferito puntare su una specie di rendita
    concordataria anziché affrontare davvero il problema
    nei suoi termini costituzionali e pattizi. Ma in questo
    caso non si tratta soltanto di evitare una violazione della
    parità di diritto tra i cittadini, bensì anche
    di capire davvero che cosa significa l’insegnamento
    della religione e il suo ruolo culturale e formativo, lontano
    da forme surrettizie che sanno – ahimè! – di propaganda
    e di proselitismo.

    A questo proposito, devo dire che non capisco la risposta
    che mi è stata data dal relatore, il quale ha rilevato
    che nella scuola italiana propaganda o proselitismo avvengono,
    o possono avvenire, anche in altre discipline, dalla storia
    alla filosofia. E io mi domando: e con ciò? Non capisco
    l’osservazione, che porta soltanto a fare constatare che
    nella scuola italiana esistono, o esisterebbero, altre cose
    che non vanno, ma certamente non risponde al dubbio di non
    rischiare che l’insegnamento di religione si riduca ad un
    fatto di propaganda o di proselitismo.

    Non capisco questo tipo di argomentazione, che vedo molto
    diffusa; non la capisco – se così posso dire – sul
    piano etico, perché non mi rendo conto che significa
    osservare che ad un male se ne aggiunge un altro, come se
    questo comportasse la soluzione del problema. Non la capisco
    neppure sul piano logico, perché mi sembra espressione
    di una davvero riduttiva idea dell’insegnamento della religione,
    che non credo possa essere affrontato con un pur analitico
    commento di tipo burocratico (con le 60 circolari che abbiamo
    appreso essere state emanate dal Ministero dal 1984 ad oggi),
    o con qualche sentenza della Corte costituzionale, che evidentemente
    testimoniano soltanto l’inadeguatezza della legislazione
    in materia, nella cui traiettoria temo si inserisca anche
    questo provvedimento, che non mi sembra in grado di dare
    sistemazione all’importante materia dell’insegnamento della
    religione.

    Per questi motivi il nostro voto all’articolo 3 sarà
    contrario. (Applausi della senatrice Manieri).

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 3.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 4, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’articolo 4 parla della
    mobilità. Noi abbiamo cercato di intervenire con
    degli emendamenti veramente costruttivi perché –
    ripeto – dietro l’attività emendativa che è
    stata svolta dai senatori del Gruppo DS della Commissione
    istruzione pubblica c’è una visione collegata ad
    un apposito disegno di legge per gli insegnanti di religione
    cattolica. Abbiamo poi tradotto in emendamenti una visione
    organica che stiamo cercando di proporre, ritenendo in questo
    senso di rendere un buon servizio allo Stato, alla scuola
    italiana, ma anche agli insegnanti di religione cattolica.

    Qui siamo al punto più delicato, perché chiaramente
    di mobilità si parla quando si ha una situazione
    per cui l’insegnante immesso nei ruoli trova un ostacolo
    nel mantenimento del posto, o perché si trova in
    condizione di esubero, o perché gli viene revocata
    l’idoneità. In particolare, vorrei sottolineare il
    fatto che questi insegnanti possono trovarsi in posizione
    di esubero, come possono trovarsi in posizione di revoca
    dell’idoneità. La prima posizione, di essere cioè
    in esubero, può verificarsi anche per gli altri insegnanti;
    quella della revoca dell’idoneità è invece
    una particolarità propria di questa categoria di
    docenti.

    Tra l’altro, ritengo che si porrà un problema molto
    serio di costituzionalità di questo articolo. C’è
    un problema serio dal punto di vista degli insegnanti di
    religione cattolica, perché lo Stato accetta esplicitamente
    con questa legge di risolvere un rapporto di lavoro con
    un personale stabilizzato nei propri ruoli, sulla base di
    una decisione che proviene, appunto, dall’ordinario diocesano
    che revoca l’idoneità. E non si chiede sulla base
    di quali criteri questa revoca venga effettuata, la si accetta
    a scatola chiusa. Ora, evidentemente, non è che non
    si sappia su che basi possa venir revocata l’idoneità,
    perché basta leggere il codice di diritto canonico,
    che prevede che si revochi, come del resto si concede, l’idoneità
    sulla base dell’insegnamento della retta dottrina, di un
    comportamento conforme alla religione cattolica e delle
    abilità pedagogiche e didattiche. Sul terzo punto
    nulla da dire, ma è chiaro che nessuno è in
    grado di valutare quando di un insegnante si dica che non
    ha più abilità pedagogiche e didattiche.

    Quindi, anche qui siamo in un territorio in cui lo Stato
    accetta una sentenza emanata da altri.

    Ma direi che ben più gravi evidentemente sono gli
    altri due punti e devo dire che nel passato, come voi sapete,
    ci sono stati casi molto gravi di perdita del posto di lavoro:
    abbiamo ricordato prima la professoressa che aveva perso
    il posto di lavoro perché aveva avuto una bambina,
    potremmo ricordare tanti altri casi, per esempio, di insegnanti
    che hanno perduto il posto di lavoro perché avevano
    partecipato alle elezioni politiche o amministrative nelle
    liste di partiti di sinistra. Quindi queste revoche sono
    intervenute nel tempo (c’è tutta una casistica, non
    vi annoio a leggerla) per i più svariati motivi.

    D’altra parte, ripeto, nessuno di noi contesta che, sulla
    base delle norme che regolano i rapporti tra lo Stato italiano
    e la Chiesa cattolica, l’ordinario diocesano possa fare
    una sua valutazione che riguarda la sua sfera. Ma fino a
    oggi da ciò di fatto è sempre disceso che
    lo Stato non stabilizzava il rapporto di lavoro perché,
    appunto, era soggetto a una causa di risoluzione del tutto
    anomala e del tutto, direi, incontrollabile da parte dello
    Stato italiano.

    Lo Stato italiano a questo punto invece dice agli insegnanti
    di religione cattolica (a una parte, ribadisco, soltanto
    a quelli che occupano una parte dei posti, perché
    per gli altri, invece, continua totalmente l’ipotesi di
    precariato totale, senza le tutele che noi vorremmo invece
    immettere per questi insegnanti; vorrei che questi insegnanti
    cogliessero tale aspetto) anche agli stabilizzati che la
    loro stabilizzazione non è la stessa che hanno i
    docenti della scuola italiana, perché possono perdere
    il posto di lavoro, essere licenziati sulla base di valutazioni
    su cui lo Stato italiano non si pronuncia, cioè lascia
    totalmente decidere a un soggetto diverso.

    Allora, da questo punto di vista, questa revoca fa scattare
    una modalità che qui molte volte è stata presentata
    (io ovviamente come tutti sto leggendo coloro che scrivono
    su questo tema) anche come finalmente la fine della precarietà
    e invece in realtà non lo è, perché
    il testo dell’articolo 4 dice: "L’insegnante di religione
    cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato,"
    (ricordo a tutti – ma è quasi inutile – che oggi
    è la modalità con cui tutto il personale stabilizzato
    della scuola ha il proprio rapporto di lavoro) "al
    quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si
    trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione
    dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità
    professionale nel comparto del personale della scuola (…)
    subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per
    l’insegnamento richiesto". Cioè, a questo punto
    siamo di fronte alla atipicità della nomina, alla
    atipicità della perdita della possibilità
    di continuare nel proprio lavoro, e guardate che questo
    non è poco, perché io potrei come docente
    essere interessato a continuare a fare l’insegnante di religione
    cattolica; qui mi si presenta questa via che da un lato
    vìola pesantemente i diritti degli altri insegnanti,
    perché si crea un canale parallelo di reclutamento
    che sfugge alle normali procedure concorsuali dello Stato;
    dico ciò tenendo conto di tutti i limiti, per carità,
    infatti condivido quanto sostenuto da coloro che hanno detto
    che non si può basare la critica alle modalità
    di reclutamento sulla perdita di qualunque controllo sul
    reclutamento, semmai si tratterà di migliorare le
    norme sul reclutamento stesso, ma bisogna essere seri e
    quindi si deve migliorare per tutti; ma non si può
    dire, dato che non funzionano, allora qualcuno entra addirittura
    al di fuori di queste modalità di reclutamento.

    Tra l’altro guardate che non è questa una difesa,
    per esempio, della professoressa che aveva avuto il bambino
    e che è stata licenziata, perché è
    legata al caso, cioè al fatto che quella persona
    sia in possesso di titoli per transitare in un altro insegnamento.
    Ma, come mi auguro di aver dimostrato precedentemente, non
    è affatto sulla base di quello che è il reclutamento
    attuale; la configurazione dei titoli di questi insegnanti
    è probabilmente una caratteristica che riguarda soltanto
    una parte di essi.

    Quindi, lo Stato accetta il principio di risolvere il rapporto
    di lavoro per queste cause che ho detto (e credo che tutti
    ci si renda conto di quanto poco costituzionale possa essere
    una norma di questo genere, che fa perdere il posto di lavoro
    sulla base dei comportamenti, delle scelte che una persona
    compie nella propria vita personale e pubblica), ma, al
    di là di questo, si offre questo canale alternativo,
    ma solo ad alcuni.

    Vorrei quindi che i colleghi ragionassero con me su questo
    tema: ciò che ci ha scandalizzato tanto qualche giorno
    fa, qualche settimana fa, vale a dire la vicenda della signora
    che aveva avuto il bambino e che è stata licenziata,
    potrà continuare a ripetersi tranquillamente, perché
    soltanto se c’è la seconda condizione, come
    d’altra parte è normale, questa persona potrà
    avere questo canale alternativo. Quindi, il rapporto di
    lavoro comunque si può risolvere, non c’è
    nessun miglioramento da questo punto di vista e lo Stato,
    ripeto, accetta una causa di risoluzione di un rapporto
    di lavoro che a nostro giudizio è anticostituzionale.

    Al di là di questo, c’è un altro punto.
    Gli insegnanti delle classi di concorso su cui avvengono
    questi spostamenti si vedono sottratti dei posti di lavoro
    che erano destinati, nelle progressioni, a loro. Siamo di
    fronte ad un Governo che non sta applicando la legge n.
    124 del 1999, quella cioè che prevedeva un canale
    di reclutamento regolare tutti gli anni. Il ministro Moratti
    si è molto gloriato di aver effettuato delle assunzioni
    quanto è arrivata, ma si è trovata tutta la
    situazione predisposta perché il Governo dell’Ulivo
    aveva predisposto le assunzioni in ruolo; dopo di esse,
    poi, il resto è stato silenzio. Credo che a nessuno
    sfugga il problema del precariato degli insegnanti della
    scuola italiana: ebbene, che messaggio stiamo dando loro?
    Gli stiamo sottraendo una parte dei posti di lavoro per
    destinarli a coloro che sono chiamati su elenchi. Da questo
    punto di vista, i nostri emendamenti, in particolare quelli
    di cui sono prima firmataria, garantiscono la mobilità
    territoriale, che è importante, quindi la possibilità
    di spostarsi sul territorio che invece, così come
    è delineato, il testo del provvedimento non dà;
    ma non vogliamo garantire anche una modalità di passaggio
    sulle cattedre di insegnamento delle materie curricolari,
    perché ciò rappresenta veramente una lesione
    dei diritti degli insegnanti e dei precari della scuola
    e al tempo stesso non risolve la gravità di una situazione
    per cui lo Stato accetta di rescindere un rapporto di lavoro
    stabilizzato sulla base di decisioni che non attengono a
    quegli elementi di verifica che lo Stato può porre
    in atto quanto decide, come può fare, di risolvere
    un rapporto di lavoro con i propri dipendenti.

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Signor Presidente, illustro semplicemente
    i due emendamenti a mia prima firma, esattamente gli emendamenti
    4.4 e 4.5. Essi hanno la finalità di rendere migliore
    l’insegnamento della religione cattolica e di fugare
    il pericolo che questo canale d’ingresso nell’insegnamento
    possa essere un canale alternativo o comunque privilegiato
    rispetto ad altri insegnamenti.

    L’emendamento 4.4, infatti, propone una modifica al comma
    3 dell’articolo 4, già citato dalla senatrice
    Acciarini, là dove si parla della mobilità
    del personale della scuola e quindi della possibilità
    di passare ad altro insegnamento "subordinatamente
    al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
    richiesto". È una formula che comprende – già
    in Commissione mi è stato assicurato – non solo la
    laurea specifica per quell’insegnamento, ma anche l’abilitazione.
    A mio parere, però, resta una formula vaga: pertanto,
    propongo che tale requisito sia specificato con le parole:
    "ivi inclusa l’abilitazione prescritta per l’insegnamento
    a cui si accede". Credo che ciò rappresenti
    un elemento migliorativo; del resto, dovendo passare il
    provvedimento all’altro ramo del Parlamento, sia pure
    per un rapidissimo ritocco di carattere tecnico, di importazione
    di bilancio, esso potrebbe essere a mio avviso recepito
    senza troppa difficoltà.

    L’emendamento 4.5 è anche più garantista
    nei confronti di una valutazione positiva e di una continuità
    nell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta
    di un emendamento, sottoscritto anche da diverse forze dell’opposizione,
    con cui si propone un comma aggiuntivo (il 3-bis) in cui
    si stabilisce che "la mobilità professionale
    verso altro insegnamento non è consentita prima che
    siano decorsi cinque anni di effettivo insegnamento"
    della religione cattolica.

    Per converso, si propone che, qualora siano posti vacanti
    in seguito a revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
    diocesano, quei posti non concorrono per un quinquennio.
    C’è qui un vincolo che potrebbe dare una maggiore
    caratteristica di stabilità all’insegnamento
    e quindi anche valorizzare questo insegnamento nel progetto
    educativo della scuola. Queste sono le ragioni che mi inducono
    a sostenere questi due emendamenti. Faccio notare anche
    che per l’emendamento 4.5 non credo che le cose stiano
    come in qualche modo è stato spiegato in Commissione
    (non ricordo se dal Governo o dal relatore): questo non
    è un vincolo che tocca problemi sindacali o che tocca
    gli ordinamenti legati alla contrattazione, perché
    il vincolo di un certo numeri di anni a rimanere nella propria
    sede è presente in tanti concorsi dello Stato italiano.

    Pertanto raccomando l’approvazione di questi emendamenti.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario perché
    gli emendamenti o dimenticano o marginalizzano il requisito
    inderogabile dell’idoneità, oppure sopprimono
    la possibilità di mobilità verso altro insegnamento
    previo possesso dei requisiti richiesti.

    A questo proposito invito il senatore Monticone a ritirare
    gli emendamenti, perché la questione dell’idoneità
    può essere assimilata ai requisiti richiesti agli
    altri insegnamenti per la mobilità degli altri insegnanti,
    le regole devono essere le stesse. Comunque, una risposta
    precisa nel merito la deve anche dare il Governo. La soluzione
    può comunque essere affidata al regolamento attuativo.

    Quanto poi al requisito di una permanenza di almeno cinque
    anni, faccio presente che questi docenti, a differenza di
    altri precari, hanno già all’attivo un insegnamento
    di almeno quattro anni continuativi nella disciplina. In
    ogni caso ad essi per la mobilità vengono richiesti
    i titoli specifici stabiliti dall’autorità ecclesiastica
    più un’altra laurea e più ovviamente
    l’abilitazione se viene richiesta anche ai docenti
    di altre materie. Direi che gli incarichi sono aggiuntivi
    e che non vi è alcuna condizione di privilegio.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Il Governo esprime parere conforme al relatore.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 4.1, presentato
    dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.101, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.102, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.103, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.104, presentato dai senatori
    Malabarba e Sodano Tommaso.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.105, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.2, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.106, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.3, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Sull’emendamento 4.107, identico all’emendamento
    4.4, c’è un invito al ritiro. Domando ai presentatori
    se lo accolgono.

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Chiederei di trasformare l’emendamento
    4.4 in un ordine del giorno, mantenendo comunque l’emendamento
    4.5.

    PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi sulla proposta
    avanzata dal senatore Monticone di trasformare l’emendamento
    4.4 in un ordine del giorno.

    BRIGNONE,
    relatore. Mi rimetto al Governo.

    PRESIDENTE. Onorevole Sottosegretario, il senatore Monticone
    sarebbe disponibile a trasformare l’emendamento in
    ordine del giorno, visto anche il parere del senatore Brignone
    riferito a un possibile regolamento.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Purtroppo, un tale ordine del giorno non è
    accoglibile da parte del Governo.

    PRESIDENTE. Senatore Monticone, stante il parere contrario
    del Governo mantiene dunque l’emendamento 4.4?

    MONTICONE
    (Mar-DL-U)
    . Sì, signor Presidente.

    PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell’emendamento
    4.107, identico all’emendamento 4.4.

    SOLIANI
    (Mar-DL-U)
    . Chiediamo la votazione nominale con
    scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Soliani, risulta appoggiata dal prescritto
    numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 4.107, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori, identico all’emendamento 4.4,
    presentato dal senatore Monticone e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento
    4.5.

    PAGANO
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    PAGANO
    (DS-U)
    . Signor Presidente, definirei questo emendamento
    di limitazione del danno. So che anche su di esso sia la
    maggioranza, che d’altra parte il Governo, avevano
    un qualche interesse a ragionare, per le ragioni esposte
    dai senatori che sono intervenuti in precedenza relativamente
    al pericolo di essere immessi in ruolo attraverso il canale
    degli insegnanti di religione.

    Credo sia interesse di tutti, del Governo in primo luogo,
    accogliere questa norma, che stabilisce l’obbligatorietà
    di permanere senza mobilità per cinque anni. Essa,
    senatore Brignone, è attinente all’articolo
    4, non all’articolo 5: il ragionamento che lei faceva
    riguardava le norme transitorie, queste sono le norme definitive;
    questa sarebbe ovviamente una regola che definisce un quadro
    di riferimento più certo per tutti.

    Capisco che c’è l’esigenza politica di
    non approvare alcun emendamento e di arrivare ad una definitiva
    votazione della legge, ma ritengo che questo sia un punto
    sul quale il Governo dovrebbe ritornare nell’ambito
    del regolamento attuativo, perché credo sia assolutamente
    condivisibile, non solo dalla nostra parte, che lo ha proposto,
    ma anche dalla maggioranza.

    Per queste ragioni chiedo che tale emendamento sia votato
    con scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Pagano, risulta appoggiata dal prescritto
    numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 4.5, presentato dal senatore Monticone
    e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 4.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione di
    voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, interverrò molto
    rapidamente perché dai colleghi intervenuti precedentemente
    sono già state dette le cose essenziali; ritengo
    però di dover spendere ancora una parola sul tema
    del canale alternativo rispetto all’assunzione nei
    ruoli dello Stato, stabilito appunto da questo articolo
    4 sulla mobilità degli insegnanti.

    Vorrei sottolineare che abbiamo condiviso e votato convintamente
    un emendamento che, come definito giustamente dalla senatrice
    Pagano, è di riduzione del danno. Resta tutto aperto
    il problema che ponevo, cioè che in un momento di
    difficoltà per la scuola, in un momento di contrazione
    dei posti, in un momento in cui le persone con i titoli
    e le abilitazioni, con il superamento spesso delle idoneità
    e dei concorsi, non riescono a trovare una sistemazione,
    voi vi state assumendo la grande responsabilità di
    stabilizzare una parte del personale anche sui posti destinati
    ad altro personale, stabilendo un potenziale scorrimento.
    Questo, in un momento così difficile, potrebbe diventare
    un canale surrettizio per l’assunzione nei ruoli dello
    Stato.

    L’emendamento appena votato, di cui era primo firmatario
    il senatore Monticone, aveva proprio questo valore; sono
    molto dispiaciuta che esso non sia stato accolto per questa
    blindatura del testo: era un tentativo molto serio di far
    sì che ci fosse nell’insegnamento una continuità
    per almeno cinque anni, in modo da evitare proprio quello
    che, credetemi, è un rischio latente. In un momento
    di difficoltà ci potrebbero essere persone che in
    questo modo individueranno una modalità di ingresso
    nei ruoli dello Stato in materie curricolari, attuato attraverso
    una procedura del tutto atipica, del tutto speciale.

    Quindi, è veramente molto grave questo tipo di mobilità,
    noi la riteniamo inquietante. Tra l’altro, il fatto
    che non ci sia una graduatoria di questi insegnanti (su
    tale aspetto torneremo in occasione dell’esame del
    prossimo articolo), perché è semplicemente
    un elenco non graduato, aumenta ulteriormente questa situazione
    di disparità fra gli insegnanti, danneggiando così
    il buon funzionamento e la qualità della scuola italiana,
    nonché la convinzione degli insegnanti di essere
    assunti a svolgere il proprio lavoro (che è una funzione
    di grande delicatezza ed importanza) sulla base di valutazioni
    il più possibile oggettive e condivise, in base alle
    quali lo Stato possa scegliere le persone che debbono occuparsi
    della gioventù, che – come sappiamo – rappresenta
    la prospettiva del Paese.

    Pertanto, facciamo molta attenzione su questo aspetto,
    perché si sta creando un canale surrettizio per l’assunzione
    nei ruoli.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 4.

    È approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.0.100, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 4.0.101, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 5, sul quale sono stati
    presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 5.8,
    il primo di cui sono prima firmataria, propone la soppressione
    dell’articolo 5. Mi soffermo su questo perché
    sugli altri interverranno in sede di illustrazione o di
    dichiarazione di voto altri colleghi del Gruppo.

    Si stabilisce che nel primo concorso vi sia una riserva
    per gli insegnati di religione cattolica che abbiano prestato
    continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso
    degli ultimi dieci anni. È proprio la norma destinata
    a coloro che sono in questo momento nella scuola e – lo
    ripeto perché vorrei che fosse evidente a tutti –
    a persone che si trovano in quell’insieme di condizioni
    e di possesso di titoli che prima ho cercato di delineare.
    In sostanza, non abbiamo alcuna garanzia dal punto di vista
    del possesso anche del diploma di scuola media secondaria
    e questa è una grande disparità rispetto agli
    altri insegnanti.

    Un altro aspetto discutibile di questo tipo di reclutamento
    è che esso è legato ad una posizione non del
    tutto chiara dal punto di vista del numero delle ore di
    insegnamento svolto. La previsione di "un orario complessivamente
    non inferiore alla metà di quello d’obbligo
    anche in ordini e gradi scolastici diversi" può
    essere veramente una causa di discriminazione. Le ore assegnate
    a questi docenti – mi permetto di ricordare la normativa
    – non sono minimamente legate a scelte compiute da parte
    dello Stato che effettua la nomina. I capi d’istituto
    delineano le ore che hanno a disposizione per questa materia
    e le segnalano all’ordinario diocesano, ma non possono
    chiedere un’articolazione di queste ore. Per cui, su
    un certo numero di ore può essere effettuato un insieme
    di nomine, che in parte sono per la cattedra completa, che
    ovviamente è di 18 ore, come per gli altri insegnanti,
    ma può essere anche di nove o di cinque ore, a seconda
    di scelte su cui il capo d’istituto – che in quel momento
    rappresenta lo Stato che effettua la nomina – non ha alcuna
    competenza.

    Molte volte in passato (parlo anche per esperienza diretta,
    ma soprattutto di colleghi) capi di istituto hanno dovuto
    eccepire perché lo spezzettamento delle ore talvolta
    non era funzionale all’organizzazione del lavoro scolastico,
    ma dall’amministrazione scolastica è stato sempre
    risposto che non potevano intervenire sulla quantificazione
    delle ore assegnate a ciascun insegnante, ma avevano solo
    il diritto alla copertura completa delle ore che avevano
    segnalato. Questo può essere un problema molto delicato
    nel momento in cui lo Stato collega le ore alla possibilità
    di svolgere questo concorso.

    Faremo poi altre osservazioni per spiegare che riteniamo
    inadeguata questa parte del programma di esame del concorso,
    che è limitato a certi temi. Sarebbe auspicabile
    almeno, per il principio della riduzione del danno, che
    ci fosse una serie di criteri più rigidi e di richieste
    più fondate, più pertinenti da parte dello
    Stato nei confronti di coloro che si accinge ad assumere
    all’interno del proprio personale stabilizzato.

    SOLIANI
    (Mar-DL-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 5.15,
    a firma di tutta l’opposizione, ritengo risponda a criteri
    di razionale soluzione dei problemi della transizione.

    Su di esso invito all’attenzione la maggioranza, il Governo
    e il relatore. Si tratta, nel primo concorso, dell’accertamento
    delle competenze. Non solo titoli, non si tratta soltanto
    di accertare la conoscenza della legislazione dell’ordinamento
    scolastico in particolare il regime dell’autonomia della
    scuola, ma anche di dare valore alla conoscenza degli orientamenti
    didattici e pedagogici relativi ai diversi gradi di scuola,
    con attenzione ai soggetti.

    Vi è poi la proposta di un accertamento della cultura
    generale posseduta, non già sulla disciplina poiché
    ovviamente la preparazione culturale nel merito dell’insegnamento
    è già coperta dall’idoneità. Parliamo
    di accertamento della cultura generale poiché si
    tratta di inserire e contestualizzare l’insegnamento della
    religione nell’ambito delle domande che si pongono nel mondo
    di oggi, all’interno del contesto culturale, delle domande
    rivolte alla scuola dai giovani e quindi nel contesto dell’insegnamento
    culturale e formativo della religione cattolica, anche come
    premessa per il dialogo fra religioni.

    Poiché questo è già nei fatti dell’insegnamento
    di religione cattolica, mi sembra che l’accertamento di
    questo bagaglio di cultura generale posseduta in questa
    fase di transizione, abbia il significato di un riconoscimento
    di un profilo di qualità che già esiste e
    non certamente di qualcosa che viene posto in termini nuovi.

    PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunciarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Signor Presidente, la redazione di un articolo
    che concerne il regime transitorio è un lavoro sempre
    impegnativo e delicato, perché è inutile nasconderci
    il fatto che si tratta comunque di sanare in parte delle
    situazioni ormai consolidate. Per questo motivo sono state
    introdotte disposizioni differenti fra regime ordinario
    e regime transitorio nelle prove concorsuali.

    Il motivo di questo è che chi attualmente insegna
    religione, in particolare da molti anni, ovviamente può
    avere ottenuto l’insegnamento prima del 1990, quando furono
    determinati con esattezza i titoli in base agli accordi
    pattizi.

    Risulterebbe fortemente penalizzante chiedere una cultura
    nel campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche
    a chi per esempio possiede un diploma di scuola media superiore
    di indirizzo tecnico al quale necessariamente si accompagnano
    i titoli previsti dagli accordi pattizi.

    Credo che la questione possa essere presa in considerazione
    nei regolamenti attuativi e nelle norme del bando di concorso.
    Ritengo che il Governo lo farà senz’altro, così
    come verrà affrontata l’altra questione cui accennava
    precedentemente la collega Acciarini, sulla determinazione
    esatta dei posti da mettere a concorso. È prassi
    consolidata che essa venga indicata all’atto dell’emanazione
    del bando di concorso.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Condivido il parere espresso dal relatore.

    Signor Presidente, ho dato una risposta troppo frettolosa
    al senatore Monticone e alla senatrice Soliani, allorché
    hanno proposto la trasformazione di un emendamento in un
    ordine del giorno concernente una questione collegata agli
    emendamenti in esame. Desidero precisare che, in questo
    momento, non vorremmo vincolare ad eventuali passaggi la
    normativa del concorso perché essa sarà oggetto
    di successiva regolamentazione. La semplice abilitazione
    potrebbe non essere sufficiente, ma la previsione di una
    sola modalità vincolante potrebbe andare nella direzione
    opposta a quella da voi auspicata. Discutendo nuovamente
    con il relatore e con il Presidente della 7a Commissione,
    non abbiamo sottovalutato questo aspetto: diamo per scontato
    che il riferimento al possesso dei requisiti prescritti
    per l’insegnamento richiesto vada nel senso auspicato,
    ma non possiamo vincolarlo in questo momento a condizioni
    o titoli posseduti.

    Quanto all’emendamento 5.15, il campo delle scienze
    sociali, filosofiche e storiche è vastissimo e sarebbe
    un vincolo eccessivo per prove che saranno comunque tese
    ad accertare la cultura generale posseduta dal candidato.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 5.8, 5.100 e 5.101 sono improcedibili.

    Metto ai voti l’emendamento 5.14, presentato dal senatore
    Monticone, identico all’emendamento 5.102, presentato
    dal senatore Boscetto.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.9, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, sostanzialmente identico
    all’emendamento 5.103, presentato dal senatore Cortiana
    e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’emendamento 5.15, identico
    all’emendamento 5.10.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, voteremo a favore
    dei due emendamenti in esame perché ci sembrano quanto
    mai opportuni a rendere più rigoroso anche il primo
    concorso cui dovranno sottoporsi gli insegnanti di religione;
    più rigoroso rispetto alle conoscenze da accertare
    affinché la procedure non appaia una semplice sanatoria.

    La religione non è infatti riducibile ad un insegnamento
    tecnico e la richiesta di una preparazione più ampia,
    in materie come le scienze sociali, filosofiche e storiche,
    non ci sembra affatto peregrina, servendo invece a migliorare
    la relazione fra il docente e gli studenti. A chiunque abbia
    seguito a scuola le lezioni di religione è noto che
    agli insegnanti di religione vengono poste anche questioni
    di carattere non strettamente religioso, questioni di carattere
    esistenziale riguardanti il senso della vita, l’interculturalità
    e la multiculturalità. Dunque, l’accertamento
    di una preparazione più ampia di questi docenti aiuta
    a qualificare meglio l’ora di religione.

    Se si compie un passo avanti nello stato giuridico, non
    si può lasciare immutato il resto: cambiando il contratto
    dal tempo determinato al tempo indeterminato e venendo introdotta
    la possibilità della mobilità professionale,
    ci sembra quanto mai opportuno accertare una preparazione
    più ampia di questi insegnanti.

    Su questo emendamento, chiedo la votazione nominale con
    scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
    la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
    dalla senatrice Franco Vittoria, risulta appoggiata dal
    prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

    (La richiesta risulta appoggiata).

    Votazione nominale con scrutinio simultaneo

    PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
    di senatori è stata chiesta la votazione nominale
    con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
    dell’emendamento 5.15, presentato dalla senatrice Soliani
    e da altri senatori, identico all’emendamento 5.10,
    presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.

    Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
    simultaneo, mediante procedimento elettronico.

    I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
    voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
    di conseguenza.

    Dichiaro aperta la votazione.

    (Segue la votazione).

    Il Senato non approva. (v. Allegato B).

    Ripresa della discussione dei disegni di legge
    nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
    1909

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 5.11, presentato
    dalla senatrice Pagano e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.104, presentato dal senatore
    Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.12, presentato dalla senatrice
    Vittoria Franco e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Metto ai voti l’emendamento 5.13, presentato dalla senatrice
    Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
    5.105, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.

    Non è approvato.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 5.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FRANCO
    Vittoria (DS-U)
    . Signor Presidente, votiamo contro
    questo articolo anche perché non è stato accolto
    alcuno dei nostri emendamenti migliorativi. Ho appena detto
    di quelli che riguardavano il primo concorso e ne avevamo
    presentati altri sul fatto che la graduatoria abbia carattere
    permanente e che da essa si attinga anche per la copertura
    delle cattedre da assegnare a tempo indeterminato e determinato.

    Erano emendamenti che miravano a ridurre il danno; non
    sono stati accolti e dunque la nostra posizione è
    negativa anche su questo articolo.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 5.

    È approvato.

    Passiamo all’esame dell’articolo 6, sul quale
    sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
    ad illustrare.

    ACCIARINI
    (DS-U)
    . Signor Presidente, l’emendamento 6.100,
    che a questo punto ci proponiamo di indicare, è relativo
    alla copertura finanziaria di questo provvedimento, che
    pure ci sembra alquanto incerta e frettolosa.

    Si tratta chiaramente, agli occhi della maggioranza e del
    Governo, di un provvedimento a costo zero perché
    si stabilizza una parte del personale che è già
    in servizio; si prevede quindi una minima copertura, soltanto
    per quanto riguarda lo svolgimento del primo concorso per
    titoli ed esami.

    Visto che i conti dello Stato sono una cosa seria, credo
    che forse andrebbe posta una maggiore attenzione nei confronti
    dell’applicazione di questa legge.

    Proprio perché – ed è quello che abbiamo
    ripetuto – la quantificazione non ci convince in quanto
    è fissata in maniera presuntiva, basata cioè
    su scelte operate (tra coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento
    della religione cattolica) in passato, con l’emendamento
    6.100 chiediamo che vi sia un monitoraggio dell’attuazione
    di questa legge.

    Infatti, il provvedimento al nostro esame si cala in una
    realtà che può essere soggetta a grandi modificazioni,
    per cui il rischio di avere un personale stabilizzato su
    posti inesistenti è fortissimo, soprattutto tenendo
    conto – su questo vorrei che il Governo e la maggioranza
    meditassero – delle evoluzioni che si stanno compiendo nella
    nostra società e della presenza di altri popoli portatori
    di differenti sensibilità religiose.

    Non ho condiviso né sottoscritto gli emendamenti,
    pur validi, che cercavano di introdurre il tema dell’insegnamento
    delle altre religioni, perché a mio giudizio esso
    va svolto da parte di soggetti che comunque hanno un titolo
    non rilasciato dall’autorità cattolica, bensì
    dalle regolari università italiane, con la competenza
    specifica delle lauree in storia delle religioni, che sono
    anche molte.

    In materia cominciamo ad avere anche cattedre significative
    e persone che hanno una preparazione molto valida, alle
    quali andrebbe affidato un insegnamento di storia delle
    religioni nella scuola che – mi esprimo a titolo personale
    – ritengo utilissimo e valido, però effettuato con
    i criteri della scientificità e in possesso dei titoli
    prescritti.

    Ci avviamo comunque in una situazione di grande modificazione
    del quadro delle scelte proprio perché, come sapete,
    si modifica l’universo della popolazione scolastica
    italiana, che sta compiendo in questi anni grandi trasformazioni.
    Invece, da questo punto di vista, come Stato che deve retribuire
    questo personale, non ci poniamo il problema di monitorare
    che cosa sta realmente accadendo, quali sono le scelte tra
    coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento della
    religione cattolica, quale numero di allievi corrisponda
    a questi insegnamenti e quindi di quali oneri lo Stato si
    carichi rispetto al numero degli studenti.

    Ricordo anche – lo dico perché gli insegnanti italiani
    meritano che si effettui questa precisazione – che spesso
    e volentieri anche il Ministro dell’istruzione cita
    il numero molto elevato di insegnanti rispetto agli allievi.
    Ebbene, uno degli elementi atipici che riguarda le statistiche
    italiane è proprio la presenza di questa categoria
    di insegnanti, che in certi casi si occupano di un numero
    molto contenuto di allievi rispetto alle realtà locali,
    che rappresentano specificità che molti colleghi
    possono aver presenti.

    E quindi questo, evidentemente, fa sì che questa
    statistica venga sempre letta contro gli insegnati italiani
    per avvalorare la tesi che sono troppi. Ecco, gli insegnanti
    italiani meritano che in questo momento, mentre stiamo chiedendo
    attenzione, monitoraggio sull’attuazione di questo provvedimento,
    che non si compia l’operazione di scaricare sulle loro spalle
    questa scelta, che viene invece compiuta senza minimamente
    tenere conto del problema che ho posto, cioè del
    rapporto docenti-allievi che fruiscono dell’insegnamento
    di religione cattolica.

    PRESIDENTE. Il restante emendamento è da considerarsi
    illustrato.

    Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
    sugli emendamenti in esame.

    BRIGNONE,
    relatore. Il mio parere è contrario ad entrambi gli
    emendamenti, che sono volti, il primo alla soppressione
    dell’articolo, il secondo al ripristino del testo originario,
    testo che è stato emendato su indicazione della 5a
    Commissione.

    APREA,
    sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
    e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.

    PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
    Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
    gli emendamenti 6.1 e 6.100 sono improcedibili.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 6.

    MALAN
    (FI)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MALAN
    (FI)
    . Signor Presidente, la mia sarà una
    dichiarazione a titolo personale, sicuramente favorevole
    su questo articolo, come il resto del mio Gruppo.

    Vorrei però evidenziare alcune perplessità
    per come si sta portando a compimento un provvedimento fondato
    su un’esigenza da tempo inderogabile. Noi sappiamo che,
    con il rinnovo del Concordato, ormai da 18 anni si sarebbe
    dovuto provvedere a risolvere questo problema, ma non lo
    si è fatto. È merito di questa legislatura
    averlo portato a soluzione, ed in particolare ringrazio
    il relatore, senatore Brignone, e la rappresentante del
    Governo, sottosegretario Aprea, per aver così ben
    lavorato a questo proposito con il contributo di tutti,
    maggioranza ed opposizione.

    Le mie perplessità riguardano un aspetto molto particolare.
    Io sono esponente, peraltro anche eletto in un collegio,
    di una forte minoranza religiosa che non è certamente
    nel suo insieme favorevole al regime concordatario. Tuttavia
    è un Trattato internazionale, e come tale va osservato,
    per cui in questo senso ritengo di esprimere comunque il
    mio voto favorevole.

    Qualche perplessità mi rimane sull’insieme della
    problematica ed anche su alcuni aspetti dell’inserimento,
    peraltro doveroso, di questa categoria di insegnanti ad
    un livello pari agli altri, ed in particolare per l’aspetto,
    ripetutamente sottolineato, della possibilità che
    ci possano essere, alla fine di un processo, forse complesso
    e speriamo raro , degli insegnanti che si trovano in situazioni
    privilegiate rispetto ad altri per aver usufruito di un
    canale del tutto particolare. Mi rendo conto della difficoltà
    di normare questa materia molto particolare; si tratta,
    infatti, di insegnanti scelti in base a requisiti non stabiliti
    dallo Stato italiano, ma da un altro organismo, la Chiesa
    cattolica. Tuttavia, ritengo si debba essere molto attenti
    anche ad evitare, proprio perché questo inserimento
    nei modi migliori possibili, eventuali situazioni di favore,
    forse persino neppure volute, a favore di insegnanti che
    entrano in un modo, grazie a questo canale, e poi potrebbero
    trovarsi ad insegnare in altri settori, in situazioni di
    disparità rispetto ad altri colleghi.

    PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 6.

    È approvato.

    Prima di passare alle dichiarazioni di voto finale, dispongo
    una breve sospensione tecnica della seduta.

    (La seduta, sospesa alle ore 12,06, è ripresa alle
    ore 12,16).

    Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.

    Passiamo alla votazione finale.

    MARINO
    (Misto-Com)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MARINO
    (Misto-Com)
    . Signor Presidente, preannuncio il voto
    contrario dei senatori del Partito dei Comunisti Italiani
    all’approvazione del disegno di legge in esame e desidero
    chiarire che la nostra contrarietà riguarda il merito
    specifico di questo provvedimento legislativo. Noi siamo
    contrari perché riteniamo sbagliata, ma anche ingiusta
    nei confronti di tutti gli altri docenti, l’immissione
    nei ruoli dello Stato degli insegnanti di religione cattolica
    non in ragione di una professionalità riconosciuta
    attraverso concorsi, esami, scuole di specializzazione,
    ma solo grazie ad un canale diverso e privilegiato di reclutamento,
    e precisamente da parte dell’ordinario diocesano.

    Con l’entrata in vigore di questa legge la situazione
    per molte migliaia di insegnati di religione risulterà
    radicalmente mutata rispetto a quella attuale; difatti,
    essi continueranno ad essere segnalati dall’autorità
    ecclesiastica e quindi nominati, ma a differenza di quanto
    accade ora, nel momento in cui la nomina venisse revocata
    dalla stessa autorità ovvero gli insegnanti di religione
    cattolica fossero in esubero, essi rimarrebbero nei ruoli
    dello Stato, con relativa retribuzione, anche per svolgere
    attività diverse da quella dell’insegnamento
    della religione cattolica. Si finirà quindi per instaurare
    un canale di reclutamento determinato dalle autorità
    ecclesiastiche che potrebbe interessare migliaia e migliaia
    di docenti oggi, ma anche in futuro.

    Non è accettabile a nostro avviso che si stabilisca
    all’interno del corpo docente complessivo della nostra
    scuola un nucleo di insegnanti maggiormente garantito e
    privilegiato. Nello stesso tempo, poiché riteniamo
    che debba essere superata la situazione di perenne precarietà
    in cui lavorano, come del resto tanti altri, migliaia di
    insegnanti di religione, riteniamo che stanti le attuali
    norme concordatarie, la soluzione del problema deve trovarsi
    partendo dalla revisione, dalla messa in discussione dello
    stesso diritto di nomina e di revoca degli insegnanti di
    religione da parte delle autorità ecclesiastiche.
    Ci sembra che questo sia l’unico percorso praticabile
    per togliere dalla precarietà gli insegnanti di religione
    garantendo nel contempo i diritti degli altri docenti, e
    quindi norme di reclutamento trasparenti e uguali per tutti,
    il fondamentale principio di laicità e le stesse
    garanzie che devono valere per tutta la scuola pubblica.

    Non è in discussione, signor Presidente, il valore
    educativo dell’insegnamento religioso o il rispetto
    che è dovuto alla religione cattolica. Questo provvedimento
    è errato perché crea uno squilibrio enorme,
    una discriminazione nelle forme stesse di reclutamento del
    personale docente della scuola pubblica. Pone anche un problema
    serio di costituzionalità, che riguarda il principio
    di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e costituisce
    un elemento di squilibrio a nostro avviso anche nel rapporto
    tra Stato e Chiesa. Di qui il nostro voto contrario.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MALABARBA
    (Misto-RC)
    . Signor Presidente, le argomentazioni
    puntuali del relatore e l’attenzione che ha voluto
    dedicare a tutte le osservazioni e alle critiche delle opposizioni
    sono chiaramente apprezzabili, come pure quelle della sottosegretario
    Aprea, ma nulla cambia nella sostanza.

    Ribadiamo la nostra contrarietà al provvedimento
    in esame, sulla quale più volte abbiamo insistito.
    È una contrarietà di fondo di chi, come noi,
    è contrario all’idea e alla pratica del testo
    concordatario e non lo fa ovviamente per una guerra di religione
    – il riferimento familiare che mi riguarda e che il senatore
    Brignone ha voluto ricordare in replica qualcosa vorrà
    pur dire – ma in base a un semplice principio liberale,
    in verità assai negletto in questo nostro Paese:
    libera Chiesa in libero Stato.

    Libero Stato, appunto, nelle cui scuole pubbliche invece
    di prevedere l’insegnamento della sola religione cattolica
    dovrebbe essere inserito l’insegnamento ben più
    utile viste le trasformazioni della società che i
    nostri figli dovranno affrontare della storia delle religioni.
    Lo ribadiamo, che lo si voglia o no, legge Bossi-Fini o
    meno, questa società è destinata a diventare
    multireligiosa e multiculturale, con una presenza variegata
    di popoli del mondo. Ci troveremo anche di fronte alla necessità
    di dover affrontare altri temi, anche in materia religiosa.

    Siamo dunque di fronte a un testo che oltretutto è
    antistorico, oltre ad essere, dal mio punto di vista (cioè
    dal punto di vista del principio di una sana laicità
    dello Stato) un testo sbagliato.

    C’è poi un altro problema di fondo in questa
    proposta di legge: la modalità con la quale si è
    voluto risolvere il tema degli insegnanti di religione,
    cioè con l’immissione in ruolo. Cosa sbagliata:
    perché crea un doppio canale. Cosa grave: perché
    crea una possibilità di scavalco di altri. Cosa ancora
    più grave, dal momento che qualora venisse meno l’idoneità
    questi insegnanti potranno passare ad altro insegnamento.

    In sostanza si crea quindi una doppia autorità all’interno
    dell’ordinamento scolastico: quella che deriva appunto
    dalla responsabilità statuale in materia di pubblica
    istruzione e di organizzazione della medesima e quella che
    deriva dall’organizzazione ecclesiastica, cioè
    dalla diocesi.

    Gli insegnanti verrebbero selezionati a seguito di un esame
    farsa che prevede l’accertamento della preparazione
    culturale generale, con l’esclusione dei contenuti
    specifici dell’insegnamento della religione cattolica,
    ma la nomina avverrà solo a seguito della designazione
    dell’autorità diocesana. Vi è anche –
    come già abbiamo chiarito – un giudizio di idoneità
    di questi insegnanti che costituisce una condizione imprescindibile
    per l’insegnamento. Anche questo giudizio di idoneità
    è insindacabilmente assegnato all’autorità
    ecclesiastica. Il giudizio di idoneità, infatti,
    può essere concesso e parallelamente revocato dall’autorità
    ecclesiastica. Come a dire: alla Chiesa tutti i privilegi
    di selezione e "gestione" del personale, allo
    Stato tutti gli oneri derivanti dall’assunzione in
    ruolo di questi insegnanti. Tutto ciò è assolutamente
    inaccettabile. Il potere di intervento, che le leggi e gli
    accordi pattizi attribuiscono all’autorità ecclesiastica
    per quanto concerne l’assunzione, l’eventuale
    mobilità, la cessazione del rapporto di lavoro per
    revoca dell’idoneità, appare del tutto incompatibile
    con il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Qui noi
    vediamo una pesante limitazione permanente della sovranità
    dello Stato.

    Per concludere, vorrei sottolineare la gravità dell’operazione
    del Governo che, celandosi dietro un reale problema di lavoratrici
    e lavoratori, senza alcun rispetto lo utilizza come un cavallo
    di Troia per introdurre norme discriminanti e integraliste.

    Siamo contrari alla legge, è vero, ma siamo anche
    convinti, come abbiamo detto, del fatto che questi insegnanti
    di religione sono lavoratori a tutti gli effetti e come
    tali, sotto questo profilo, vanno tutelati. Per questo,
    pur scartando l’ipotesi dell’immissione in ruolo,
    abbiamo insistentemente chiesto che le loro condizioni,
    in base alla nomina annuale, fossero quelle degli insegnanti
    a tempo indeterminato e che essi quindi godessero delle
    stesse condizioni degli altri insegnanti, sotto ogni profilo.

    Voteremo quindi contro questa legge. Una legge che sicuramente
    costituisce una strada sbagliata per riconoscere la stabilità
    del posto di lavoro agli insegnanti di religione cattolica;
    sbagliata perché discrimina altri insegnanti; sbagliata
    perché prescinde dalle procedure del tutto particolari
    che regolano l’assunzione degli insegnanti di religione;
    sbagliata perché presta il fianco a forti obiezioni
    di costituzionalità, che rischiano, fra l’altro,
    all’indomani dell’approvazione del provvedimento,
    di produrre effetti fortemente negativi per gli stessi insegnanti
    di religione.

    Voteremo contro perché quello che ci proponete è
    un testo legislativo che manifesta la subalternità
    dello Stato italiano ad una autorità esterna, inaccettabile
    – lo ribadiamo – da un punto di vista costituzionale.

    FILIPPELLI
    (Misto-Udeur-PE)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    FILIPPELLI
    (Misto-Udeur-PE)
    . Signor Presidente, pochissime
    considerazioni di carattere generale per motivare il nostro
    voto a favore di questo disegno di legge.

    I senatori dell’UDEUR votano a favore perché
    ne condividono le finalità e ritengono che sia giunto
    il momento di sanare una condizione iniqua di molti lavoratori
    che nel mondo della scuola sono pienamente inseriti.

    Ci sono, peraltro, alcune perplessità che ci accompagnano
    in questo voto e che vorremmo sottolineare.

    Per cominciare, si potrebbe dire che mentre, da un lato,
    il Governo va a sanare una situazione insostenibile, varando
    l’immissione in ruolo di questo lavoratori, dall’altro,
    destina e condanna alla precarietà migliaia di altri
    insegnanti.

    In ogni caso è giusto ricordare che sono passati
    davvero troppi anni da quando la legge n. 121 del 1985,
    di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra lo Stato
    italiano e la Chiesa cattolica del 1984, è entrata
    in vigore: questa legge già sanciva il valore della
    cultura religiosa e riconosceva i princìpi del cattolicesimo
    come parte integrante del patrimonio storico del popolo
    italiano; contemporaneamente, ribadiva l’impegno della
    Repubblica italiana ad assicurare l’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine
    e grado.

    Nella premessa alle intese del 1985 lo Stato assumeva un
    ulteriore impegno, quello di dare una nuova disciplina dello
    stato giuridico degli insegnanti di religione. È
    quello che questo disegno di legge si promette di fare.

    Dicevo che sono passati troppi anni dal 1985, ma evidentemente
    non sono passati inutilmente: non abbiamo sentito nel corso
    del dibattito quelle tensioni ideologiche particolarmente
    esasperate o radicalmente contrarie alle finalità
    del provvedimento che sarebbero state inevitabili solo pochi
    anni fa; c’è anzi ampia disponibilità
    trasversale, e i dubbi e le incertezze su alcuni punti sono
    espressi sia da parte di forze dell’opposizione che
    della maggioranza. Ma, soprattutto, fra le forze politiche
    e in particolare nel Paese si è diffusa la consapevolezza
    che gli insegnanti di religione sono pienamente inseriti
    nel quadro delle finalità della scuola, e non è
    ceto poco significativo il fatto che dagli ultimi dati rilevati
    emerga che la scelta dell’ora di religione è
    stata fatta dal 93 per cento delle famiglie.

    Questo dato non solo dimostra che le indicazioni dell’accordo
    del 1984 sono ancora completamente condivise dalla quasi
    totalità degli alunni e delle loro famiglie, ma esprime
    anche una fortissima valenza culturale, che va raccolta
    e non può essere sottovalutata.

    Queste sono considerazioni di carattere generale, ma che
    hanno un forte peso, e anzi potremmo anche dire che sono
    determinanti nell’esprimere il nostro voto positivo,
    anche a fronte degli elementi non pienamente positivi del
    testo al nostro esame: ci riferiamo in particolare al modo
    dell’inserimento, alla mobilità e alla formazione.

    È probabile che si sarebbe potuto intervenire e
    accogliere le proposte che portavano soluzioni più
    coerenti sia con il quadro costituzionale e delle leggi
    vigenti sia con le giuste aspettative di migliaia di altri
    insegnanti. C’era lo spazio per fare coincidere le
    giuste finalità di questa legge con un maggior rispetto
    per lo Stato e le sue leggi. Questo effettivamente non è
    stato fatto e se la maggioranza non fosse la solita maggioranza,
    sorda anche ai suggerimenti e alle proposte, animate spesso
    semplicemente dal buon senso, avremmo potuto votare un testo
    certamente migliore e più equilibrato. (Applausi
    dal senatore Vicini).

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Domando di parlare per dichiarazione
    di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    MANIERI
    (Misto-SDI)
    . Signor Presidente, nonostante la difesa
    dettagliata, appassionata e persino puntigliosa del relatore
    Brignone, al quale diamo atto del grande lavoro svolto in
    questa e nella passata legislatura, mi spiace dover confermare
    il giudizio negativo dei senatori dello SDI, non certamente
    per partito preso ma perché non ci convincono le
    motivazioni addotte a sostegno di questo provvedimento.

    Com’è possibile, colleghi, definire queste
    norme, come abbiamo sentito dire, un atto di giustizia,
    nel mentre il Governo taglia migliaia di cattedre e lascia
    irrisolto il grave problema delle nomine a tempo indeterminato
    di oltre 100.000 precari, in lettere, matematica e lingue,
    in possesso della laurea e dell’abilitazione, con anni
    ed anni di insegnamento precario nelle scuole pubbliche,
    e magari con più di un’idoneità conseguita
    in regolari concorsi, e non trova i soldi per finanziare
    una riforma della scuola, che, anche se da noi non condivisa,
    è stata approvata dal Parlamento ed è legge
    dello Stato, che il Governo ha l’obbligo di attuare
    dando delle certezze, agli studenti, ai docenti e alle famiglie?

    Come è possibile, colleghi, sostenere l’immissione
    in ruolo di una categoria particolarissima e peculiare,
    come è stato riconosciuto, introducendo norme di
    privilegio, persino in deroga agli ordinamenti generali
    che regolano il reclutamento e lo stato giuridico dei dipendenti
    pubblici, mentre il Governo si prepara ad introdurre dosi
    massicce di flessibilità nel nostro sistema, prima
    ancora di individuare le nuove necessarie tutele, e disegna
    un futuro di precarietà e di incertezza per migliaia
    di giovani? Francamente ci sfugge la logica che guida l’azione
    del Governo.

    Se qualcuno poi pensa di mettere all’incasso elettorale
    scelta di tal fatta, credo che si illuda. A Togliatti non
    bastò votare l’articolo 7 della Costituzione
    per rimanere al Governo. E questo non serve neppure oggi,
    in una situazione storica profondamente diversa, tanto più
    che è crollato il mondo cattolico come entità
    unitaria e la Chiesa va sempre più riducendo l’attenzione
    e l’interesse per il rapporto con questo o quello schieramento
    politico, persino con questo o quello Stato, e va riducendo
    l’interesse per lo stesso strumento pattizio, mentre
    va rafforzando il suo ruolo sulla scena politica planetaria.
    Non tratta più solo con gli Stati, dialoga con i
    partiti di opposizione, con i movimenti, fa mediazioni;
    insomma, la Chiesa ha ripreso la funzione di grande "enzima"
    della storia. Basta vedere il ruolo esercitato da questo
    Papa in occasione della guerra e le prese di posizione sul
    riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione
    europea.

    Per questo il dibattito sul valore dell’animazione
    religiosa e sul rapporto tra Chiesa e Stato, nel modo angusto
    in cui si è sviluppato in questa sede, attorno al
    tema dell’immissione in ruolo degli insegnanti di religione,
    rischia di essere politicamente ambiguo e culturalmente
    vecchio.

    E’ ambiguo perché esso non supera il vero ostacolo
    ad una chiara definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione, che è il vincolo posto dalle norme
    concordatarie, ossia il fatto – qui richiamato – che la
    nomina e il riconoscimento di idoneità all’insegnamento
    della religione cattolica spettano all’autorità
    ecclesiastica, la quale conserva anche la facoltà
    di revoca sulla base del diritto canonico, il cui canone
    805 recita: "È diritto dell’ordinario del
    luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare
    gli insegnanti di religione e parimenti, se lo richiedono
    motivi di religione o di costume, di rimuoverli oppure di
    esigere che siano rimossi".

    Per questo lo Stato ha qualificato il rapporto di questo
    personale come rapporto a termine, anche per evitare il
    prodursi di situazioni conflittuali, nel caso di rimozione
    di un insegnante di religione su richiesta dell’autorità
    ecclesiastica.

    Com’è noto, e come è stato più
    volte richiamato dalla senatrice Acciarini, una sentenza
    della Corte ha confermato di recente il licenziamento di
    un’insegnante a causa di una maternità fuori
    dal matrimonio, sentenza criticata da alcuni in modo ambiguo
    e in nome del valore della maternità.

    Ma non è questo il punto, perché il problema
    si sarebbe comunque posto anche in caso di aborto o di divorzio,
    che costituiscono giusta causa per la Chiesa ma non per
    la Costituzione e le leggi dello Stato italiano.

    Né fu possibile risolvere la questione in sede di
    revisione del Concordato, il cui obiettivo fondamentale
    dopo decenni di contrasti nella dottrina e nella giurisprudenza
    sui rapporti tra norme costituzionali e norme di derivazione
    lateranense fu prevalentemente quello di armonizzare le
    norme concordatarie con i princìpi fondamentali dell’ordinamento
    costituzionale italiano e di superare la logica di privilegio
    della legislazione del 1929.

    Per questo il tema prevalente, anche dopo il nuovo Concordato,
    non fu come ha riconosciuto il senatore Brignone lo stato
    giuridico di difficile se non impossibile soluzione, stante
    il quadro dei rapporti concordatari tra Stato e Chiesa,
    ma la libertà dei non avvalentisi e pertanto il carattere
    non obbligatorio dell’insegnamento della religione cattolica.

    Il nuovo Concordato, firmato dall’allora presidente del
    consiglio Craxi riconosceva l’impegno dello Stato a continuare
    ad assicurare la presenza dell’insegnamento religioso autonomo
    nelle scuole, ma al tempo stesso facendo un passo avanti
    anche sul piano dei princìpi, ha introdotto per gli
    studenti il diritto di avvalersi o meno di tale insegnamento.

    Il carattere peculiare di insegnamento autonomo inserito
    nella struttura della scuola statale e il carattere di facoltatività
    per gli studenti, collidono con l’istituzione del ruolo
    organico. Per questo, nonostante la revisione concordataria,
    si è mantenuto per gli insegnanti di religione lo
    status di incaricati annuali sul cui presupposto giuridico
    la contrattazione collettiva ha individuato un inquadramento
    specifico, riconoscendo lo stesso trattamento riservato
    al personale a tempo indeterminato purché siano in
    servizio da più di quattro anni.

    Lo Stato quindi ha già concesso il massimo di tutela
    compatibile, che non hanno gli insegnanti delle cosiddette
    materie alternative, che costituiscono una forma particolare
    di precariato cui non si applicano nemmeno lontanamente
    le disposizioni previste per gli insegnanti di religione
    stabilizzati.

    L’istituzione di un ruolo organico modifica in modo surrettizio
    il Concordato, apre un canale di reclutamento atipico e
    nel caso di revoca precostituisce il passaggio ad altri
    insegnamenti.

    Non possiamo che esprimere la nostra contrarietà.
    Non c’era una pregiudiziale ideologica neppure in Pietro
    Nenni, quando motivando nella Costituente il voto contrario
    dei socialisti all’articolo 7 affermava che la questione
    romana era comunque chiusa e che il problema dell’Italia
    era quello moderno di fondazione dello Stato, il senso di
    esso e della sua laicità, come condizione linfa dei
    processi democratici.

    A ben guardare il problema resta ancora questo, mentre
    è pienamente condiviso il sentimento del valore culturale,
    umano e civile della religione cattolica ed è comune
    la consapevolezza dell’importanza del ruolo e della presenza
    della Chiesa cattolica. Tutto ciò appartiene al nostro
    patrimonio storico, come ha ben argomentato da par suo il
    professor Tessitore, è elemento vivo e fondante dell’identità
    nazionale.

    Il punto, perciò, non è questo, il punto
    per noi è il futuro rispetto al quale il dibattito
    svolto su questo tema ci appare vecchio e rischia di essere
    superato.

    Tra meno di un decennio festeggeremo i 150 anni dell’unità
    nazionale; pensiamo che siano maturi i tempi per chiudere
    finalmente un’epoca più che secolare di rapporti
    fra lo Stato e la Chiesa. Viviamo in una società
    sempre più aperta, multietnica e multireligiosa,
    in cui il valore fondamentale è la libertà,
    il rispetto e la tutela della libertà di scelta di
    ciascuno.

    I tempi, le mutazioni sociali, l’Europa ci indicano
    che la strada da seguire è quella di una innovazione
    coraggiosa che ci consenta, lungo la pista della libertà
    religiosa aperta dal nuovo Concordato, di andare oltre di
    esso, favorendo l’evoluzione dell’insegnamento
    delle religione in modo più coerente con i princìpi
    di libertà nella scuola e, al tempo stesso, ci consenta
    di superare il vincolo "senza oneri per lo Stato"
    imposto dalla Costituzione.

    Ci rendiamo conto che è una strada difficile perché
    si gioca qui un confronto delicato con le forze cattoliche
    presenti nell’uno e nell’altro schieramento; ma
    la soluzione non può continuare ad essere ricercata
    in una rincorsa opportunistica al consenso, che il ministro
    si chiami Berlinguer o Letizia Moratti, né in compromessi
    sui princìpi. Per questi motivi i senatori dello
    SDI voteranno contro il provvedimento in esame. (Applausi
    dai Gruppi Misto-SDI e DS-U. Congratulazioni).

    BETTA
    (Aut)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    BETTA
    (Aut)
    . Signor Presidente, desidero esprimere, a
    nome del Gruppo Per le Autonomie, le ragioni per le quali
    il nostro voto sarà favorevole al provvedimento.
    Pensiamo sia giusto dare attuazione piena al secondo comma
    dell’articolo 9 dell’Accordo con protocollo addizionale
    fra Santa Sede e Italia del 18 febbraio 1984, divenuto poi
    legge n. 121 del 1985 sulla ratifica e l’esecuzione
    del nuovo Concordato.

    Si tratta di una questione aperta da molti anni, che ha
    già impegnato le Aule parlamentari anche nella scorsa
    legislatura. Ci pare vi siano ora le condizioni per addivenire
    alla definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione.

    Siamo favorevoli anche perché nelle Regioni ove
    questa tematica è già stata regolata, sia
    pure con leggi regionali, i problemi che si sono verificati
    non sono quelli paventati in quest’Aula con riguardo
    allo stato giuridico degli insegnanti e al rapporto tra
    gli insegnanti di religione e gli altri docenti. Vi è
    stata invece una forte richiesta intorno alla qualità
    dell’insegnamento, alla formazione degli insegnanti,
    al loro rapporto con la scuola.

    Avrei preferito che il dibattito parlamentare consentisse
    spazio, approfondimento e attenzione maggiori alle ragioni
    qui presentate in ordine all’insegnamento e allo studio
    delle religioni, anche per il significato di questi temi
    rispetto alla nostra civiltà.

    Mi pare che molti suggerimenti, come quelli dei colleghi
    Tonini, Monticone e Tessitore, possano essere estremamente
    utili, anche se la nostra normativa si riferisce oggi a
    questioni legate allo stato giuridico degli insegnanti e,
    nella blindatura del provvedimento, è prevalso l’aspetto
    sindacale del tema.

    Credo comunque che queste limitazioni non possano indurci
    a cambiare la nostra opinione favorevole. Vi è certamente
    ancora molto da fare intorno a queste tematiche e il Parlamento
    potrà affrontare nuovamente tale questione.

    Da ultimo ringrazio il senatore Brignone per aver saputo
    guidare con competenza e con precisione questa discussione
    e per averla caratterizzata con molti elementi personali
    e umani. È spesso difficile gestire un percorso di
    confronto politico e all’interno delle Aule parlamentari
    la politica prevale sugli aspetti più personali;
    l’attenzione e la sensibilità del senatore Brignone
    nel rispondere puntualmente a tutte le osservazioni mi hanno
    particolarmente colpito. (Applausi dal Gruppo Aut).

    GABURRO
    (UDC)
    . Domando di parlare per dichiarazione di voto.

    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

    GABURRO
    (UDC)
    . Signor Presidente, signora Sottosegretario,
    colleghi, desidero esprimere la viva soddisfazione del Gruppo
    UDC per questo provvedimento, doveroso e atteso da tempo.

    Nel corso di questi anni sono stati presentati diversi
    disegni di legge da parte di vari colleghi delle diverse
    forze politiche (ricordo, tra gli altri, il disegno di legge
    Atto Senato n. 202 a primo firmatario il collega senatore
    Eufemi).

    Con la soddisfazione, esprimiamo il nostro vivo apprezzamento
    al relatore, senatore Brignone, per l’impegno competente,
    paziente e documentato, brillantemente espresso fin dalla
    precedente legislatura.

    Se è vero che l’oggetto del provvedimento in
    esame riguarda in maniera specifica lo stato giuridico dei
    docenti, è difficile evitare ogni considerazione
    riguardante il contenuto, l’oggetto dell’insegnamento
    stesso, proprio per capire meglio i diversi aspetti del
    provvedimento in esame.

    L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
    pubbliche si pone ad uno dei crocevia della collaborazione
    tra Stato e Chiesa; luogo di confronto culturale, secondo
    l’intervento del collega Ciccanti, è stato riformulato
    dagli accordi concordatari secondo una nuova identità
    ed espressione della libertà di scelta, viene oggi
    ad essere positivamente coinvolto, in questa fase, nel processo
    di riforma di tutta la scuola che il Governo e la Casa delle
    Libertà stanno attuando – abbiamo iniziato ad attuare
    – con convinzione e senso di responsabilità.

    L’insegnamento della religione cattolica è
    liberamente richiesto dalla quasi totalità del popolo
    italiano; in questi 18 anni siamo mediamente su percentuali
    che riguardano il 90 per cento dei ragazzi, dei giovani
    e dei genitori, che ritengono importante approfondire i
    fondamenti della nostra civiltà e la religione cattolica
    come cultura. È ragionevole, come ha spiegato il
    senatore Gubert, che tale conoscenza debba rientrare a pieno
    titolo tra gli obiettivi dell’impegno educativo che
    lo Stato garantisce e sostiene a vantaggio dei propri cittadini.

    In base al nuovo Concordato, quello della religione cattolica
    è un insegnamento di natura culturale ed aiuta a
    comprendere i fondamenti della nostra civiltà. Non
    possiamo, ad esempio, muoverci nelle nostre città
    e visitare chiese senza conoscere nulla della nostra storia:
    questi messaggi simbolici resterebbero opachi e superficiali.

    Lo Stato non si esime dal dire che per la formazione culturale
    dei cittadini è necessario che si conoscano determinati
    elementi della storia, della filosofia, della letteratura.
    Come Dante, Manzoni, i poeti moderni, i filosofi, Aristotele
    e tanti altri personaggi, anche coloro che hanno diffuso
    la cultura cristiana nella nostra civiltà hanno oggettivamente
    un’importanza rilevante.

    Lo Stato non si esime dal verificare che gli insegnanti
    delle diverse materie posseggano veramente i requisiti per
    farlo, abbiano seguito determinati percorsi formativi, si
    sottopongano a verifiche e, solo dopo il loro superamento,
    vengano abilitati ad insegnare la letteratura, la storia,
    la filosofia e così via.

    Se riteniamo che l’insegnamento della religione cattolica
    come cultura in tutti i suoi aspetti risponda a un diffuso
    bisogno, non credo che dobbiamo assegnare allo Stato la
    verifica della capacità di interpretare correttamente
    ciò che è la religione cattolica.

    Quindi, proprio perché la competenza in materia
    non appartiene allo Stato, è giustificata veramente
    ed opportunamente la collaborazione con la Chiesa cattolica,
    la quale riconosce l’idoneità o meno a rappresentare
    correttamente agli alunni, ai giovani che lo hanno scelto,
    il contenuto di tale cultura cristiana che è a fondamento
    della nostra civiltà.

    Se riconosciamo che i contenuti sono importanti e che è
    importante che la verifica sia effettuata da un’autorità
    competente, è arrivato il momento che finisca la
    penalizzazione degli insegnanti che hanno dimostrato tale
    competenza e che propongono tali contenuti.

    Il disegno di legge in esame consente finalmente di rendere
    un po’ di giustizia a questa categoria di insegnanti, che
    sono sempre stati esclusi anche dai provvedimenti di consolidamento
    del precariato. La presenza di questo insegnamento nella
    scuola non è insignificante, né marginale,
    ma anzi concorre in maniera originale con le altre discipline
    a promuove il pieno sviluppo della personalità degli
    allievi, a favorirne la formazione di un più alto
    livello di conoscenze e di capacità critiche, per
    dare specifiche risposte ai bisogni di significato di cui
    gli allievi stessi sono portatori, abituandoli a comunicare
    sul piano dei valori fondamentali, sempre in dialogo con
    le differenti fedi religiose e culture.

    Proprio di fronte al processo di riforma della scuola,
    l’insegnamento religioso e l’insegnante di religione contribuiscono,
    a maggior ragione, a promuovere una scuola aperta, multiculturale,
    multietcnica e di qualità, nella consapevolezza che
    una scuola aperta non può essere privata della presenza
    di una componente culturale tanto rilevante. Garantire maggiore
    stabilità professionale agli insegnanti di religione
    cattolica significa favorire la qualità stessa del
    loro insegnamento; non è solo il riconoscimento di
    un diritto, ma anche una garanzia per la pubblica amministrazione
    e per la scuola italiana.

    Noi dell’UDC siamo soddisfatti, insieme ai colleghi della
    Casa delle Libertà e a parti non marginali della
    minoranza, che avremmo sperato ancora più ampie.
    Anche perché continuiamo a sperare che i filoni più
    moderni e innovativi della cultura laica e socialista sappiano
    confrontarsi in termini nuovi, superando il vecchio modello
    dello scontro ideologico.

    In conclusione, dopo troppi anni di precariato assurdo
    e inaccettabile per migliaia di lavoratori, noi dell’UDC
    approviamo con convinzione un provvedimento doveroso, significativo
    e atteso dalla società italiana, oltre che da migliaia
    di insegnanti che partecipano a pieno titolo all’impegno
    educativo della scuola e che in tutto questo tempo hanno
    contribuito a migliorarne la qualità dell’offerta
    formativa, con un servizio reso agli studenti e alle famiglie,
    che con libera scelta, espressa e rinnovata ogni anno, continuano
    a richiedere alla scuola pubblica italiana a stragrande
    maggioranza, quasi all’unanimità, l’insegnamento
    della religione cattolica.

    PRESIDENTE. Vista l’ora, rinvio il seguito della discussione
    del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

    Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio

    PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
    una mozione e una interpellanza e interrogazioni, pubblicate
    nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.

    Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
    pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del
    giorno.

    La seduta è tolta (ore 12,55).

  • Stato_Giuridico_due/Disegno_di_legge_Moratti_approvato_Senato.asp

    DISEGNO DI LEGGE

    Norme sullo stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli
    istituti e delle scuole di ogni ordine e grado (1877)

    Art. 1.

    (Ruoli degli insegnanti di religione cattolica)

    1. Ai fini dell’insegnamento della religione cattolica
    nelle scuole statali di ogni ordine e grado, quale previsto
    dall’Accordo che apporta modificazioni al Concordato
    lateranense e relativo Protocollo addizionale, reso esecutivo
    ai sensi della legge 25 marzo 1985, n. 121, e dall’Intesa
    tra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente
    della Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva con
    decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985,
    n. 751, e successive modificazioni, sono istituiti due distinti
    ruoli regionali, articolati per ambiti territoriali corrispondenti
    alle diocesi, del personale docente e corrispondenti ai
    cicli scolastici previsti dall’ordinamento.

    2. Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei
    ruoli di cui al comma 1 si applicano, salvo quanto stabilito
    dalla presente legge, le norme di stato giuridico e il trattamento
    economico previsti dal testo unico delle disposizioni legislative
    vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
    ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile
    1994, n. 297, e successive modificazioni, di seguito denominato
    "testo unico", e dalla contrattazione collettiva.

    3. Nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare
    l’insegnamento della religione cattolica può
    essere affidato ai docenti di sezione o di classe riconosciuti
    idonei dalla competente autorità ecclesiastica, ai
    sensi del punto 2.6 della Intesa di cui al comma 1, e successive
    modificazioni, che siano disposti a svolgerlo.

    Art. 2.

    (Dotazioni organiche dei posti per l’insegnamento
    della religione cattolica)

    1. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia
    e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica,
    è stabilita la consistenza della dotazione organica
    degli insegnanti di religione cattolica, articolata su base
    regionale, determinata nella misura del 70 per cento dei
    posti d’insegnamento complessivamente funzionanti.

    2. Le dotazioni organiche per l’insegnamento della
    religione cattolica nella scuola secondaria sono stabilite
    dal dirigente dell’ufficio scolastico regionale, nell’ambito
    dell’organico complessivo di ciascuna regione, nella
    misura del 70 per cento dei posti funzionanti nel territorio
    di pertinenza di ciascuna diocesi.

    3. Le dotazioni organiche per l’insegnamento della
    religione cattolica nella scuola dell’infanzia e nella
    scuola elementare sono stabilite dal dirigente dell’ufficio
    scolastico regionale, nell’ambito dell’organico
    complessivo di ciascuna regione, nella misura del 70 per
    cento dei posti funzionanti nel territorio di pertinenza
    di ciascuna diocesi, tenuto conto di quanto previsto all’articolo
    1, comma 3. In sede di prima applicazione della presente
    legge, le predette dotazioni organiche sono stabilite nella
    misura del 70 per cento dei posti funzionanti nell’anno
    scolastico precedente quello in corso alla data di entrata
    in vigore della medesima legge.

    Art. 3.

    (Accesso ai ruoli)

    1. L’accesso ai ruoli di cui all’articolo 1
    avviene, previo superamento di concorsi per titoli ed esami,
    intendendo per titoli quelli previsti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, e successive modificazioni,
    per i posti annualmente disponibili nelle dotazioni organiche
    di cui all’articolo 2, commi 2 e 3.

    2. I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base
    regionale, con frequenza triennale, dal Ministero dell’istruzione,
    dell’università e della ricerca, con possibilità
    di svolgimento in più sedi decentrate, in relazione
    al numero dei concorrenti, ai sensi dell’articolo 400,
    comma 01, del testo unico, e successive modificazioni. Qualora,
    in ragione dell’esiguo numero dei candidati, si ponga
    l’esigenza di contenere gli oneri relativi al funzionamento
    delle commissioni giudicatrici, il Ministero dispone l’aggregazione
    territoriale dei concorsi, indicando l’ufficio scolastico
    regionale che deve curare l’espletamento dei concorsi
    così accorpati.

    3. I titoli di qualificazione professionale per partecipare
    ai concorsi sono quelli stabiliti al punto 4 dell’Intesa
    di cui all’articolo 1, comma 1, e successive modificazioni.

    4. Ciascun candidato deve inoltre essere in possesso del
    riconoscimento di idoneità di cui al numero 5, lettera
    a), del Protocollo addizionale di cui all’articolo
    1, comma 1, rilasciato dall’ordinario diocesano competente
    per territorio e può concorrere soltanto per i posti
    disponibili nel territorio di pertinenza della diocesi.

    5. Relativamente alle prove di esame, fatto salvo quanto
    stabilito dall’articolo 5, comma 2, della presente
    legge, si applicano le disposizioni dell’articolo 400,
    comma 6, del testo unico, che prevedono l’accertamento
    della preparazione culturale generale e didattica come quadro
    di riferimento complessivo, e con esclusione dei contenuti
    specifici dell’insegnamento della religione cattolica.

    6. Le commissioni giudicatrici dei concorsi per titoli
    ed esami sono presiedute da un professore universitario
    o da un dirigente scolastico o da un ispettore tecnico,
    e composte da due docenti a tempo indeterminato, con almeno
    cinque anni di anzianità, titolari di insegnamento
    pertinente con l’accertamento di cui al comma 5. Il
    presidente e i componenti delle commissioni giudicatrici
    sono nominati dal dirigente regionale e scelti nell’ambito
    della regione in cui si svolgono i concorsi.

    7. Le commissioni compilano l’elenco di coloro che
    hanno superato il concorso, valutando, oltre al risultato
    delle prove, esclusivamente i titoli di cui al comma 3.
    Il dirigente regionale approva l’elenco ed invia all’ordinario
    diocesano competente per territorio i nominativi di coloro
    che si trovano in posizione utile per occupare i posti delle
    dotazioni organiche di cui all’articolo 2, commi 2
    e 3. Dall’elenco dei docenti che hanno superato il
    concorso il dirigente regionale attinge per segnalare all’ordinario
    diocesano i nominativi necessari per coprire i posti che
    si rendano eventualmente vacanti nelle dotazioni organiche
    durante il periodo di validità del concorso.

    8. L’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato
    è disposta dal dirigente regionale, d’intesa
    con l’ordinario diocesano competente per territorio,
    ai sensi del numero 5, lettera a), del Protocollo addizionale
    di cui all’articolo 1, comma 1, e del punto 2.5 dell’Intesa
    di cui al medesimo articolo 1, comma 1, nell’ambito
    del regime autorizzatorio in materia di assunzioni previsto
    dall’articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre
    1997, n. 449, e successive modificazioni.

    9. Ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti
    dalle disposizioni vigenti si aggiunge la revoca dell’idoneità
    da parte dell’ordinario diocesano competente per territorio
    divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
    purché non si fruisca della mobilità professionale
    o della diversa utilizzazione o mobilità collettiva,
    di cui all’articolo 4, comma 3.

    10. Per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, si provvede mediante contratti
    di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici,
    su indicazione del dirigente regionale, d’intesa con
    l’ordinario diocesano competente per territorio.

    Art. 4.

    (Mobilità)

    1. Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei
    ruoli di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano
    le disposizioni vigenti in materia di mobilità professionale
    nel comparto del personale della scuola limitatamente ai
    passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo ad altro
    di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata
    all’inclusione nell’elenco di cui all’articolo
    3, comma 7, relativo al ciclo di scuola richiesto, al riconoscimento
    di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano
    competente per territorio ed all’intesa con il medesimo
    ordinario.

    2. La mobilità territoriale degli insegnanti di
    religione cattolica è subordinata al possesso del
    riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario
    diocesano competente per territorio e all’intesa con
    il medesimo ordinario.

    3. L’insegnante di religione cattolica con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, al quale sia stata revocata
    l’idoneità, ovvero che si trovi in situazione
    di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento,
    può fruire della mobilità professionale nel
    comparto del personale della scuola, con le modalità
    previste dalle disposizioni vigenti e subordinatamente al
    possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
    richiesto, ed ha altresì titolo a partecipare alle
    procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo
    30 marzo 2001, n. 165.

    Art. 5.

    (Disposizioni transitorie e finali)

    1. Il primo concorso per titoli ed esami, intendendo per
    titolo anche il servizio prestato nell’insegnamento
    della religione cattolica, che sarà bandito dopo
    la data di entrata in vigore della presente legge, è
    riservato agli insegnanti di religione cattolica che abbiano
    prestato continuativamente servizio per almeno quattro anni
    nel corso degli ultimi dieci anni e per un orario complessivamente
    non inferiore alla metà di quello d’obbligo
    anche in ordini e gradi scolastici diversi, e siano in possesso
    dei requisiti previsti dall’articolo 3, commi 3 e 4.

    2. Il programma di esame del primo concorso è volto
    unicamente all’accertamento della conoscenza dell’ordinamento
    scolastico, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi
    agli ordini e ai gradi di scuola ai quali si riferisce il
    concorso e degli elementi essenziali della legislazione
    scolastica.

    3. Per l’attuazione del presente articolo è
    autorizzata una spesa pari a 261.840 euro per l’anno
    2003. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente
    riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
    triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità
    previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale"
    dello stato di previsione del Ministero dell’economia
    e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente
    utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero
    dell’istruzione, dell’università e della
    ricerca.

    4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
    autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
    variazioni di bilancio.

    5. Restano ferme le potestà legislative e amministrative
    delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia
    di scuola dell’infanzia e di istruzione elementare
    e secondaria, ai sensi dello Statuto speciale della regione
    Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione.
    Resta altresì fermo quanto previsto dal numero 5,
    lettera c), del Protocollo addizionale di cui all’articolo
    1, comma 1, della presente legge.

    Art. 6.

    (Copertura finanziaria)

    1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente
    legge, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 5,
    valutati in 7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante
    corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
    fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito
    dell’unità previsionale di base di parte corrente
    "Fondo speciale" dello stato di previsione del
    Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno
    2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
    relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca.

    2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
    autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
    variazioni di bilancio.

    3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede
    al monitoraggio dell’attuazione della presente legge,
    anche ai fini dell’applicazione dell’articolo
    11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
    modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite
    relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo
    7 comma 2, n. 2), della medesima legge n. 468 del 1978,
    e successive modificazioni.