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IL MINISTRO FIORONI FIRMA IL DECRETO SUL RECUPERO DEI DEBITI SCOLASTICI
IL MINISTRO FIORONI FIRMA IL DECRETO SUL RECUPERO DEI DEBITI SCOLASTICI
Per lo Snadir il reale recupero del debito formativo potrà realizzarsi soltanto con equi percorsi che consentano di elevare il livello generale di apprendimento
Manca solo il visto della Corte dei Conti al decreto firmato il 3 ottobre (Decreto n. 80 del 3 ottobre 2007) sul recupero dei debiti scolastici nella scuola secondaria di secondo grado che dovrebbe andare in vigore già da quest’anno.
Si è parlato in questi giorni di ritorno agli esami di riparazione di settembre, che, aboliti nel 1995, non tornano in realtà con questo nuovo decreto.
Il consiglio di classe dovrà, infatti, già dopo gli scrutini di metà anno scolastico, predisporre opportune attività di recupero per gli alunni che presentano insufficienze. Le famiglie non saranno lasciate sole con il problema di far recuperare le lacune accumulate, ma potranno scegliere se avvalersi delle attività di recupero organizzate dalla scuola od optare per altre forme private d’intervento.
Qualora le insufficienze dovessero permanere anche alla verifica dello scrutinio finale, la scuola informerà per iscritto sulle attività previste per il recupero e sulle modalità ed i tempi delle verifiche. Questi interventi didattici dovranno essere tassativamente conclusi entro il 31 agosto e comunque non oltre l’inizio del nuovo anno scolastico ai quali seguirà una verifica che dovrà portare ad un “giudizio definitivo: promozione o bocciatura”. Niente più, quindi, ‘”promozione con debito”.
Con questo intervento si vorrebbe evitare il trascinarsi nel tempo di debiti formativi mai recuperati per fare in modo che all’inizio delle attività del nuovo anno scolastico lo studente sia posto nelle condizioni di proseguire negli studi con un adeguato livello di preparazione.
“Il principio dell’effettivo recupero dei debiti va sostenuto,” – dice il prof. Ruscica – “le perplessità nascono circa le modalità di applicazione. In particolare tre questioni necessitano di ulteriore approfondimento: utilizzazioni di soggetti esterni; disponibilità di risorse adeguate per il personale docente e ata; reale recupero del debito formativo”. “Non condividiamo il ricorso a soggetti esterni;” – continua il prof. Ruscica – “solo i docenti che conoscono il ragazzo, la sua storia, il suo modo di affrontare lo studio e la sua effettiva preparazione, possono interagire proficuamente con lui, consentendogli un effettivo recupero. Inoltre le risorse attuali a disposizione degli istituti scolastici sono assolutamente insufficienti per organizzare corsi di recupero con un monte ore adeguato. Infine il reale recupero del debito formativo potrà realizzarsi soltanto con equi percorsi che consentano di elevare il livello generale di apprendimento. Una risposta positiva a queste prime osservazioni, permetterà di attivare in modo fruttuoso un percorso funzionale per l’effettivo recupero dei debiti formativi, permettendo così agli studenti di raggiungere più facilmente il successo scolastico”.
Sandra Fornai
Snadir – venerdì 5 ottobre 2007
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“Non nova sed nove”. Il curriculum scolastico riscopre l’importanza della Letteratura italiana
“Non nova sed nove”
Il curriculum scolastico riscopre l’importanza della Letteratura italiana
«Prof, per le vacanze non mi dia libri da leggere, perché ho già i miei: il nuovo “Harry Potter”, “Melissa P” e…» sono le parole un po’ beffarde ed un po’ ruffiane che mi rivolge G. un alunno quindicenne alla vigilia delle vacanze, altro che i sacri testi ai quali mi hanno iniziato i miei docenti ginnasiali cinque lustri fa!
In prima battuta rispondo a G. con un sorriso altrettanto beffardo, poi osservo meglio la sua postura dinoccolata, la cresta di capelli color carota artificiale ed il cellulare di ultima generazione zeppo di sms che lampeggiano in fase di loading.
Eppure siamo in un’aula di Liceo Classico, mi dico, con tanto di lapide marmorea a cimasa della porta d’ingresso ed in memoria di un Tenente caduto durante la Grande Guerra!
Così, mentre continuo a mantenere fisso il mio sguardo su G. che attende una mia risposta, mi chiedo chi di noi tre sia “fuori posto”, se il Tenente, il quindicenne oppure io.
In tutta onestà credo che non lo sia nessuno di noi, sebbene possa sembrare strano, sebbene i docenti si sentano sempre più “animatori”, “agenti socio-assistenziali”, insomma tuttologi.
Ma se è vero che il sistema sociale ed il sistema educativo sono stati sempre due universi osmotici, in cui ad ogni azione impressa nel primo ha fatto seguito una reazione generalmente pari, eccezionalmente contraria, nel secondo, diventa sterile indirizzare la riflessione verso un ambito singolo, quale può essere quello della didattica della Letteratura Italiana.
Non basta sventolare con fare garibaldino la bandiera con sopra scritto: «La Letteratura Italiana risorga e con essa gli Studia Humanitatis!»
Non si tratta di adottare l’ennesima ricetta del new-learning d’oltralpe o d’oltre oceano, per sancire la morte della filosofia dei Piani, dei Progetti, dei Port-folii, della interdisciplinarietà e dell’intercultura, in breve e comunque della “novitas” tout court.
Pochi, infatti, sono stati coloro che, forti di una prassi esperenziale più efficace, hanno creduto e di conseguenza applicato l’inveterato principio didattico-educativo: “Non nova sed nove”.
Non cose nuove, bensì azioni didattiche e contenuti proposti in modo nuovo, questo, a nostro avviso, il principio teorico e metodologico più funzionale ad un insegnamento motivante, interattivo e proficuo sia per i docenti, sia per i discenti. Non si tratta, infatti, di curare la confezione di un prodotto per mascherarne la scarsa gradevolezza o addirittura l’inutilità, allettando l’acquirente con un contratto capestro.
Si tratta, invece, di registrare un esito opposto in termini di stabilità e costruzione di senso dell’apprendimento stesso, operando sia sul versante superamento da parte del docente dell’inerzia da inadeguata busta paga, sia su quello della riflessione spiccatamente disciplinare relativa ai nodi concettuali forti ed agli elementi che possono fungere da sinapsi con la realtà emotiva e cognitiva del discente.
Dobbiamo sempre tener presente che l’apprendimento umano passa attraverso la relazione ed è nella relazione che esso deve essere costruito. Non è difficile da comprendere, allora, perché l’Italiano inteso come acquisizione esperta di un codice comunicativo e come conoscenza e tesaurizzazione di un patrimonio storico-letterario debba avere il giusto peso in seno al curriculum formativo di ogni discente.
Troppo spesso nel passato recente del nostro Paese abbiamo assistito ad una sua “damnatio memoriae” accettata come necessaria di fronte allo scientismo e tecnologismo imperante.
Così abbiamo veicolato ai giovani il messaggio secondo il quale il “negotium” e l’efficientismo sono l’unica garanzia di massimo profitto; peccato che il profitto di cui si può fare esperienza con una formazione non adeguatamente umanistica sia soltanto economico.
Allora, ha ancora senso parlare di qualità dell’insegnamento della Letteratura Italiana?
Direi: «Più che in passato e meglio che in passato, seguendo i suggerimenti di Seneca a Lucilio, riattivando cioè l’amore per i classici, la frequentazione degli stessi, scegliendo ciascuno di loro in modo oculato e non indiscriminato, alla ricerca di quel nutrimento e rispecchiamento idoneo al mutamento delle circostanze della vita».
Lucia Trombadore *
* Docente di Latino e Greco nel Liceo Classico “T. Campailla” di Modica
Snadir – mercoledì 3 ottobre 2007