L’ASPETTATIVA NON RETRIBUITA PER MOTIVI DI FAMIGLIA, PERSONALI, DI STUDIO E DI LAVORO
I casi contemplati dalla normativa
L’aspettativa per motivi di famiglia, personali, di studio e di lavoro è disposta dall’art.18 del CCNL 2006-09, la quale prevede che il dipendente possa richiederla per i seguenti motivi:
a) familiari o personali: il c.1dell’art.18 afferma che sono regolati dagli artt. 69-70 del DPR 3/1957. Ciò nondimeno, non esiste una casistica specifica di “motivi familiari o personali” a cui riferirsi per individuare esattamente cosa si intenda con tali espressioni, in sè piuttosto generiche. I motivi familiari o personali sono esigenze del dipendente che richiedono una particolare tutela da parte dello Stato in quanto afferenti alla sfera privata e che possono essere ottenute solo con la sua assenza dal lavoro. Tali esigenze sono da identificarsi con tutte quelle situazioni o interessi ritenuti di particolare rilievo (ma non necessariamente gravi) che attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso del lavoratore inteso come membro di una famiglia o anche come singolo individuo (Sentenza della Corte Conti n.1415 del 3-11-1984).
b) di studio: il c.2. dell’art.18 prevede, inoltre, che sia possibile fare richiesta di aspettativa nel caso in cui si necessiti di lungi periodi per fronte ad impegni di studio. È, dunque, possibile chiedere un periodo di aspettativa per motivi di studio e di ricerca quando, terminato lo specifico congedo per dottorato di ricerca, il dipendente deve ultimare la stesura della relazione finale (si veda in proposito la CM 15/2011).Altri motivi di studio potrebbero essere la preparazione ad un esame qualora non si fruisca degli specifici permessi studio o questi siano stati ridotti dalla contrattazione integrativa regionale sul diritto allo studio. Infine, nei motivi di studio rientra, senza dubbio, l’esigenza del lavoratore di avere a disposizione un periodo di preparazione, qualora dovesse sostenere un concorso.
c) di lavoro: il c.3 dell’art. 18 afferma, infine, che il dipendente può chiedere l’aspettativa qualora intenda realizzare l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per sostenere un periodo di prova. In tal caso il periodo massimo concesso sarebbe di un anno. Nondimeno, anche in questo caso, il dipendente è soggetto ad alcune limitazioni derivanti dal regime delle incompatibilità che vincolano tutti i pubblici dipendenti stabilite dall’art. 60 del DPR 3/1957, dall’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 e, per tutti i docenti, dal c.10 dell’art.508 del D.Lgs. 297/1994 e dalla Nota Miur 1584/2005.
Chi ha diritto a fruire dell’aspettativa
Il requisito essenziale per poter richiedere l’aspettativa è quello di risultare in costanza di rapporto di lavoro, almeno fino al 30 giugno. L’aspettativa può essere fruita, dunque, indipendentemente se a richiederla è il dipendente che ha un contratto a tempo indeterminato, determinato o in regime di part-time. La norma specifica espressamente che hanno diritto a richiedere l’aspettativa anche gli insegnanti di religione incaricati stabilizzati, cioè tutti coloro che, ai sensi dell’art. 3, cc 6-7 del DPR 399/1988, hanno diritto alla ricostruzione di carriera. A nostro parere, il diritto all’aspettativa non retribuita è estendibile anche agli altri incaricati annuali qualora essi volessero avvalersi dei casi contemplati dai commi 2-3 dell’art.18, mentre più problematica risulterebbe la concessione riguardo il comma 1 del medesimo articolo a causa della durata di fruizione.
Come si richiede l’aspettativa
Colui che è interessato ad ottenere l’aspettativa deve produrre, ai sensi dell’art. 69 del DPR 3/1957, motivata domanda,. Essa dovrà essere redatta per iscritto in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico, contenere la data di decorrenza, la durata dell’assenza e la motivazione per cui è richiesta l’aspettativa. Circa quest’ultimo aspetto, l’esplicitazione delle motivazioni è condizione indispensabile per la sua concessione (Sentenza del Consiglio di Stato n.444 del 29-1-2003). Tale richiesta, inoltre, dovrà essere corredata da idonea documentazione oppure da autocertificazione, pena il rifiuto dell’atto amministrativo di concessione o il suo successivo annullamento (Sentenza del Consiglio di Stato n.720 del 11-2-1993). E’ bene ricordare, infine, che l’aspettativa in questione sarà oggetto di fruizione solamente dopo l’emissione del decreto da parte dell’amministrazione di appartenenza (Sentenza del Consiglio di Stato n.739 del 12-4-1978).
Quale potere è riservato al dirigente scolastico
Ai sensi dell’art. 69 citato, il datore di lavoro nella figura del dirigente scolastico, pur non potendo entrare nel merito delle ragioni addotte dal dipendente, ha facoltà di respingere la domanda, di differire il suo accoglimento o di ridurre la durata della aspettativa, in quanto essa non rappresenta mai un diritto del dipendente, ma è soggetta ad una valutazione discrezionale con riferimento sia all’ “an” sia al “quantum”delle esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione. (Sentenza del Consiglio di Stato n. 275 del 11-3-1993; Sentenza del Consiglio di Stato n. 5384 del 27-9-2011).
L’eventuale diniego, ritardo di accoglimento, riduzione della durata o revoca dell’aspettativa dovrà comunque essere sempre riportato nel decreto emesso dal dirigente, per evitare ogni dubbio circa l’obiettività e l’opportunità delle determinazioni adottate (art.3 c.1 Lg 241/90 e succ.mod. e int).
In che modo può essere fruita l’aspettativa
L’aspettativa può essere fruita senza soluzione di continuità o per periodi frazionati. Nel primo caso non può avere di norma una durata superiore a 12 mesi (agli effetti della determinazione del limite massimo dei 12 mesi due periodi di aspettativa si sommano quando tra essi non interceda un periodo di servizio attivo superiore a sei mesi); qualora venisse fruita per periodi frazionati non può superare in ogni caso, nell’arco temporale di un quinquennio, la durata massima di due anni e mezzo (30 mesi). Il dipendente che abbia raggiunto i limiti massimi di aspettativa può ottenere per motivi di particolare gravità, un ulteriore periodo di aspettativa, della durata massima di 6 mesi.
Circa la vexata questio, sollevata a seguito di diverse interpretazioni del comma 3 dell’art.18, poiché il senso letterale della norma fa riferimento esclusivo ad “un anno scolastico”, la durata di un anno è da intendere ad un determinato anno scolastico e non ad un periodo massimo di durata comprensivo della sommatoria di più mesi fino alla concorrenza di un anno (Orientamenti Applicativi Aran SCU40 del 14-12-2011).
Una volta indicata e accettata la durata di godimento, l’aspettativa non può essere interrotta se non per gravi patologie che determinano lunghi periodi di assenza di malattia (Orientamenti Applicativi Aran SCU25 del 4-6-2010 e SCU39 del 7-12-2011).
Nessuna normativa prevede che il dipendente, già collocato in altra aspettativa debba rientrare in servizio per poter poi usufruire dell’aspettativa prevista dall’art.18. Inoltre eventuali aspettative già fruite non rientrano nei “due anni e mezzo in un quinquennio” in quanto tale arco temporale si riferisce esclusivamente all’”aspettativa per motivi di famiglia e per infermità”.
Quali effetti giuridici ed economici sono prodotti dalla fruizione dell’aspettativa
Durante tutto il periodo di fruizione dell’aspettativa il dipendente non ha diritto alla retribuzione, nonché della tredicesima mensilità, della maturazione delle ferie e delle festività soppresse.
Il tempo trascorso in aspettativa, inoltre, interrompe l’anzianità di servizio e non si computa ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescenza. Tale periodo, in ogni caso, può essere valutato ai fini della pensione previo riscatto da parte dell’interessato nella misura massima di tre anni, purché successivi al 31-12-1996.
Claudio Guidobaldi
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