La FLC-Cgil sceglie il disimpegno. Gli studenti che lavorano a scuola vanno penalizzati


La FLC-Cgil sceglie il disimpegno


Gli studenti che lavorano a scuola vanno penalizzati


 


   La nota di Panini pubblicata il  26 aprile scorso sul sito della CGIl Scuola esige delle precisazioni, perché altrimenti si rischia di non centrare il vero nocciolo della questione.


   Panini, in sintesi, non condividendo le diverse sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, dichiara che il voto  di religione e, ovviamente,  anche quello della materia alternativa, qualora determinante per la promozione o bocciatura, debba essere escluso dal conteggio per diventare un giudizio motivato a verbale.


   Ora, diversi Tribunali amministrativi regionali (anche se  Panini ritiene prive di fondamento o illegittime tutte quelle sentenze che non coincidono con il pensiero della Cgilscuola) hanno stabilito che il voto sì diviene un giudizio motivato a verbale, ma non per questo perde la sua efficacia nella determinazione della maggioranza. Anzi, una eventuale determinazione del Consiglio di classe adottata senza il voto determinante dell’insegnante di religione o di quello della materia alternativa è ritenuta illegittima.


   Ma in realtà la Cgil scuola cosa propone? Qual è il suo vero obiettivo? Eccolo:  se uno studente sceglie religione o materia alternativa, questi va penalizzato rispetto allo studente che decide di non frequentare né religione  né materia alternativa.


   Vediamo come:  per l’insegnamento della religione o della materia alternativa la norma scolastica stabilisce (art. 309 D.L.vo 297/1994) che in luogo di voti ed esami  debba essere redatta una nota “riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue l’insegnamento e il profitto che ne ritrae”; quindi – si badi bene – non solo l’interesse, ma anche il profitto che lo studente trae dall’insegnamento della religione o della materia alternativa deve essere inserito nella nota.


   Ed è chiaro che lo studente che si avvale della religione o che sceglie la materia alternativa ha il diritto a vedersi riconosciuto, proprio in sede di scrutinio finale o di ammissione agli esamini Stato, il profitto scolastico che ha tratto dalla frequenza e dallo studio di una delle suddette  discipline scolastiche.


   Ma chi decide di non fare nulla durante l’anno scolastico non può lamentarsi se alla fine non può vantare un ulteriore elemento di valutazione finale! Il disimpegno non può essere premiato.


   Ora il ragionamento della Cgil scuola è questo: siccome a chi lavora di più è riconosciuto un ulteriore elemento di valutazione rispetto a chi lavora di meno, togliamo agli studenti che lavorano di più il giusto riconoscimento dell’impegno e del profitto derivante dalla frequenza di una ulteriore disciplina scolastica.


   Insomma la Cgil scuola vuole premiare chi è disimpegnato, chi sceglie di non fare nulla durante l’anno scolastico, e bacchettare invece gli studenti che mostrano nei fatti di lavorare di più.


   Certo è strano che la Cgil scuola invece di sollecitare gli studenti a coniugare “libertà e disciplina” li istighi soltanto ed unicamente al disimpegno, spezzando così il diritto di ogni studente ad una formazione integrale della propria personalità.


   Il bene dei nostri studenti deve condurci a proporre  loro un serio percorso perché  possano trovare  soddisfazione ed intima felicità “nella coscienza di aver esplorato l’esplorabile e di aver venerato silenziosamente l’inesplorabile“.


   Non vorremmo che l’incapacità a proporre una cultura alternativa sia un modo per inneggiare alla cultura del “nulla”. La Cgil scuola che da sempre ha proposto una “scuola pensante” ha forse “pensato” di arzigogolare sull’insegnamento della religione e della materia alternativa per non “far pensare” sulla scuola”?


 


Orazio Ruscica


 


 



 


Snadir – venerdì 27 aprile 2007

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