Indagini e ricerche sui giovani del nuovo secolo

Indagini e ricerche sui giovani del nuovo secolo


Ogni mattina in media a scuola interagiamo con duecento studenti (basta fare quattro ore di lezione)!. In una settimana la media ovviamente sale a quattrocento (e più).
Questi sono i giovani che vediamo. Non ci illuderemo di pensarli tanto diversi da quelli che non vediamo e che popolano le altre aule in Italia, in Europa e nel mondo. Certo che sono differenti. Ma sono altrettanto sicuro che sono simili a tutti gli altri. E per tutti quei motivi (e pretesti) di globalizzazione, comunicazione generazionale, massmedia…
Non solo in prospettiva ed oltre e i loro volti, le loro persone c’è il mondo, ma il mondo è dentro di loro: in un modo o nell’altro, con quella italianità territoriale e con quella territorialità italiana ed europea. Ma il mondo è lì davanti a te. Senza questo orizzonte il nostro insegnare rischia di essere senza prospettive e soprattutto educativamente miope, limitato. Pur pretendendo offrire ai nostri studenti tematiche interculturali, interreligiose, interconfessionali. Ma praticando una dicotomia tra i contenuti dell’insegnare e la qualità dell’insegnare, tra il cosa insegniamo e lo stile comunicativo, tra gli obiettivi geograficamente limitati del nostro insegnare e quelli mondialmente illimitati della realtà.
La conoscenza dei giovani del mondo (senza fare errori di parallasse statistico e pedagogico) contribuisce a conoscere i giovani che ho davanti a me. Ecco che è necessario adottare il principio attivo: tutto ciò che riguarda i giovani (e in particolare glis tudenti) e la scuola non può non interessarmi. Come professionista dell’educare. Fa parte del mio agire deontologico di qualificazione professionale. Perché l’insegnare non comincia con quell’azione che si realizza soltanto davanti agli studenti, ma inizia con lo studio personale e professionale, con la programmazione che si predispone, si prepara e si studia prima, non da soli.
Ecco perché alcune indagini statistiche sul mondo giovanile (e sulla società degli adulti) possono darci una prospettiva diagnostica (statisticamente diagnostica) dell’identità figurativa dei nostri studenti.
Perciò un osservatorio della gioventù dovrebbe essere sempre attivo. O almeno ripristinarsi.
In questi ultimi tempi ecco i risultati di due ricerche: quello dello IARD e del CENSIS. (cfr. box)
Non c’è qui lo spazio per riportare dati e rilevare indicazioni professionalmente utili. Ma nel sito di Jobtel, molto interessante e documentato (http://www.jobtel.it/rubriche/dossier/ArchivioDossier/Iard.aspx#2bis)
le due ricerche sono proposte in un dossier che presenta i punti principali del Quinto Rapporto IARD e del 36° Rapporto CENSIS (con relativi argomenti e qualche tabella di rilevazione).
Per quanto ci riguarda, una rilevazione è possibile: le indagini, pur constatando che i giovani mostrano e dichiarano uno “stretto legame tra religione e cultura”, né gli intervistati né i moduli di indagine fanno riferimento a quale contributo possa offrire l’idr e l’irc per la religiosità e l’identità culturale giovanile. Che ne dite?


Pasquale Troìa

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