Roma, 12 maggio 2010
Al Direttore de
"Il Corriere della Sera"
Egregio Direttore,
ancora una volta il suo giornale ci riserva una delusione per come travisa la questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico. Mi riferisco in particolare all’articolo di Pierluigi Battista dal titolo “La religione a scuola fa media: che errore”.
E’ davvero singolare il fatto che l’autore dell’articolo riconosce che “la conoscenza della religione cristiana ha un ruolo importante nel nostro patrimonio culturale”, ma poi – contraddicendo l’ assunto – afferma che l’inserimento di tale disciplina in “un curriculum scolastico non è la via maestra per valorizzarla”.
E’ evidente invece che, se la conoscenza della religione cristiana ha un significato rilevante per la nostra cultura, risulta indiscutibile che la scuola debba offrire un percorso di apprendimento per approfondire i motivi per cui i fatti e i “significati” religiosi sono iscritti nelle categorie storiche della nostra Nazione, si tratta di valori di riferimento che sono risultati determinanti nell’edificazione della vita pubblica, a partire da quelli accolti e protetti nella Costituzione italiana.
La sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso è in linea con quanto deciso nel maggio del 2007 dallo stesso Consiglio e nel 2000 dal Tar Lazio sezione terza bis; entrambe le decisioni hanno affermato la validità dell’insegnamento della religione nell’attribuzione del credito scolastico.
Quindi quest’ultima sentenza del Consiglio di Stato, fortemente rispettosa dei pronunciamenti della Corte Costituzionale (sent. n.203/1989 e n.13/1991), ribadisce con forza un principio: chi lavora, chi si impegna a frequentare un’ulteriore disciplina scolastica deve vedersi riconosciuto il diritto alla valutazione dell’interesse e del profitto che ne ha tratto. Certo non può essere valutata l’uscita da scuola, cioè non può essere premiata la decisione di chi ha scelto di impegnarsi per un tempo scolastico minore.
L’insegnamento della religione, la materia alternativa o lo studio individuale assistito contribuiscono all’attribuzione del credito scolastico (1 punto in più) e non si inseriscono, come scrive l’articolista, nel calcolo della media dei voti (questo avviene solo per le discipline la cui valutazione è espressa in forma numerica).
Insomma è una sentenza che non discrimina né favorisce chi non segue l’insegnamento della religione cattolica, ma nello stesso tempo dichiara legittima la valutazione per l’interesse e il profitto dimostrato da chi ha deciso liberamente – esercitando un proprio diritto Costituzionale – di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini abbiano vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò abbia lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura.
Cordialmente
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale Snadir
Snadir – Professione i.r. – 13 maggio 2010
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