I CONGEDI PARENTALI NEI CASI DI ADOZIONE O AFFIDAMENTO DI MINORE

 I CONGEDI PARENTALI NEI CASI DI ADOZIONE O AFFIDAMENTO DI MINORE

 

I congedi parentali, previsti dall’art. 12 del CCNL 2006-09 (congedo di maternità, congedo parentale p.d., congedo per malattia del figlio e riposi giornalieri),  sono riconosciuti – secondo quanto disposto dalla normativa vigente – anche ai lavoratori che intendono adottare o prendere in affidamento un minore. La principale fonte normativa è il D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (T.U. sulla maternità e paternità), il quale ha subito, nel corso degli anni, molte modifiche ed integrazioni a causa di vari interventi legislativi e giurisdizionali. Gli stessi articoli del T.U. che regolano i congedi parentali nei casi di adozione e affidamento, presentano tracce di ripetute modifiche apportate dal legislatore (Legge 24 dicembre 2007, n. 244 e D.Lgs 15 giugno 2015, n.80).

 

Congedo di maternità

A chi spetta – Il congedo di maternità può essere richiesto dalle lavoratrici che abbiano adottato o ottenuto l’affidamento di un minore. Qualora non venga richiesto dalla madre, il congedo è riconosciuto anche al padre, alle medesime condizioni. Il padre lavoratore può fruire del suddetto congedo anche in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

La durata del congedo – In caso di adozione o affidamento pre-adottivo internazionale la durata massima del congedo è di cinque mesi, mentre per l’affidamento è previsto un periodo massimo di tre mesi.

Quando può essere fruito – In caso di adozione nazionale e affidamento, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia. Nei casi di adozione internazionale o affidamenti pre-adottivi internazionali, ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito, parzialmente, anche prima dell’ingresso del minore in Italia, allo scopo di assicurare periodi di permanenza all’estero necessari per conoscere il minore ed espletare i relativi adempimenti burocratici. La certificazione della durata del periodo di permanenza all’estero è di competenza dell’ente che ha ricevuto l’incarico di seguire la procedura di adozione.

Come può essere fruito – La fruizione può avvenire in modalità frazionata o continuativa. Secondo quanto disposto dall’art.32 c.1 del D.lgs 15172001, come novellato dall’art. 7 c.1. lett.b) D.lgs 80/2015, è possibile scegliere anche tra la fruizione giornaliera e quella oraria. In quest’ultimo caso il lavoratore avrà diritto alla fruizione del congedo nella misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero (per il personale docente si calcola la metà dell’orario della giornata in cui si presta servizio).

In caso di ricovero del neonato, in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto a chiedere la sospensione  del congedo  di maternità fino alla data di dimissioni del bambino. Questo diritto – al pari di quello riconosciuto alla madre naturale – può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione  di attestazione medica.

L’indennità retributiva – Si ha diritto ad un’indennità pari al 100% della retribuzione. E’ previsto anche un congedo non retribuito qualora non si intenda utilizzare o utilizzare solo in parte il congedo di maternità.

 

Congedo parentale

A chi spetta – Il congedo parentale spetta alle lavoratrici e ai lavoratori nel caso di adozione e di affidamento di minore.

La durata del congedo – Il congedo parentale può essere fruito, dal genitore adottivo e affidatario, per un periodo di sei mesi, elevabile a sette per il padre che ne usufruisca per almeno sei mesi. Complessivamente, il periodo di congedo parentale goduti dai due genitori non può superare i dieci mesi (undici nel caso in cui il padre ne usufruisca per almeno tre mesi). La fruizione del congedo deve avvenire entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, qualunque sia l’età del minore e, comunque, non oltre il raggiungimento della maggiore età.

Come può essere fruito – In modalità frazionata o continuativa.

L’indennità retributiva – Da un punto di vista retributivo, ai dipendenti pubblici è dovuta un’indennità pari al 100% della retribuzione per i primi trenta giorni, al 30 % per i successivi cinque mesi, il periodo restante non è retribuito.

 

Congedo per la malattia del figlio

A chi spetta – Il congedo per la malattia del figlio spetta ad entrambi i genitori adottivi o affidatari. Lo stato di malattia deve essere provato da certificazione medica; il decorso patologico non deve essere necessariamente nella fase acuta o grave, includendo anche quella della cosiddetta “convalescenza”. Nei giorni di congedo non sono previsti controlli medico-legali e non sussiste l’obbligo di rispetto delle fasce di reperibilità, che sono stabilite per la malattia del dipendente (Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica del 16 novembre 2000, n. 14).

Quando può essere fruito – Il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, ma la fruizione non può avvenire congiuntamente. Si può fruirne senza limiti temporali fino all’età di sei anni del bambino. Qualora, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra i sei anni e la maggiore età, il congedo per la malattia del figlio è fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, nei limiti di cinque giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore. 

L’indennita retributiva – Sono retribuiti per intero trenta giorni per i primi tre anni di vita del figlio, calcolati a partire dall’ingresso in famiglia del figlio. Non è prevista alcuna retribuzione per il restante periodo, ma è possibile una contribuzione figurativa ai fini previdenziali.

 

Riposi giornalieri                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

A chi spetta – I riposi giornalieri (già permessi per allattamento) spettano anche nel caso delle adozioni e degli affidamenti. La madre adottiva o affidataria può beneficiare dei riposi giornalieri durante il congedo parentale del padre adottivo o affidatario, ma non durante il congedo di paternità di quest’ultimo. Il padre adottivo o affidatario non può invece godere dei riposi durante il congedo di maternità, il congedo parentale della madre e nei periodi di sospensione del rapporto di lavoro della madre stessa. Nel caso in cui i genitori abbiano fruito dei riposi giornalieri durante l’affidamento pre-adottivo, non avranno diritto ad ulteriori periodi dopo l’adozione.

La durata del congedo – I riposi giornalieri possono essere fruiti entro il primo anno, a partire dal giorno successivo all’ingresso in famiglia del minore (Sentenza della Corte Costituzionale del 1 aprile 2003, n. 104).

Quando può essere fruito – Si ha diritto a due periodi di riposo al giorno, di un’ora ciascuno, anche cumulabili. Tuttavia, se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore alle sei ore si ha diritto ad una sola ora al giorno. Nel caso in cui il figlio sia affidato solo al padre (o nei casi in cui la madre adottiva o affidataria sia deceduta, affetta da grave infermità o non si avvalga di questi riposi), i riposi giornalieri spettano al padre adottivo o affidatario.

Nell’ipotesi di adozione o affidamento di due o più minori nella stessa data è previsto il raddoppio dei riposi come nel caso di parto plurimo.

Claudio Guidobaldi

 

 

 

 

 

 

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