I CONGEDI BIENNALI RETRIBUITI PER ASSISTERE PARENTI DISABILI
Normativa e disposizioni dopo l’ultimo pronunciamento
della corte costituzionale
INTRODUZIONE
I congedi retribuiti biennali sono stati definiti inizialmente dall’art. 80 c.2 della Lg 388/2000, ripreso dall’art. 42, c. 5 del D.Lgs 151/2001 che ha integrato le disposizioni previste dall’art.15 della Lg 53/2000. Queste disposizioni originarie avevano un campo di applicazione molto ristretto, che escludevano dai benefici alcune categorie di persone e nel corso del tempo varie pronunce della Corte Costituzione hanno progressivamente sanato tale limitazione. Un tentativo di circoscrivere tali interventi additivi della Consulta, si è verificato però nel 2011, quando il citato art.42 c.5 è stato modificato dall’art.4 c.1 lett.b) del D.Lgs 119/2001 con l’introduzione di diversi commi (da 5 a 5 quinquies). Nonostante ciò, lo scorso 18 luglio la Corte Costituzionale si è pronunciata di nuovo, emettendo la Sentenza n.203 che recepisce i dubbi di costituzionalità dell’art.42, c.5 “nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario” estendendo ulteriormente le categorie dei beneficiari, in mancanza di altri, anche ai parenti o affini conviventi entro il terzo grado.
LA DISCIPLINA ATTUALE
Gli aventi diritto
Come abbiamo accennato nell’introduzione, le varie sentenze della Consulta hanno ampliato la platea dei beneficiari e le novità intervenute recentemente hanno stabilito un preciso ordine di priorità per l’accesso al beneficio. Possono richiedere il congedo in ordine: 1° coniuge convivente con la persona con disabilità grave (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 158 del 18.4.2007); 2° genitori anche adottivi; 3° figli conviventi (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 19 del 26.1.2009); 4° fratelli conviventi (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 233 del 6.6.2005); 5° parenti o affini di terzo grado (cfr.Corte costituzionale, sentenza n. 203 del 16 luglio 2013). Possono, dunque, farne richiesta tutti i lavoratori dipendenti che rientrano nelle categorie e nell’ordine suddetti, anche se con contratto a tempo determinato.
Le condizioni per la fruizione del congedo
Condizione previa per la concessione del congedo biennale è che il parente oggetto di assistenza sia stato accertato quale persona con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art.3 della Lg.104/92. Tale condizione viene riconosciuta, ad eccezione dei soggetti con sindrome di Down ed i grandi invalidi di guerra per i quali è prevista una direttiva particolare, dopo aver attivato la specifica procedura per l’accertamento all’INPS1. Una condizione indispensabile, ma non assoluta in via di principio, per richiedere il congedo è che il soggetto disabile non sia ricoverato in una struttura sanitaria a tempo pieno; in taluni casi è possibile una deroga per venire incontro alle esigenze del familiare. Controversa la questione se debba essere negato il congedo qualora il parente disabile assistito svolga un’attività lavorativa. Su questo aspetto, dopo alcuni pronunciamenti in senso negativo dell’INPS, la Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro ha affermato che si proceda con una valutazione “caso per caso” (Risoluzione n.30 del 6 luglio 2010).
Ulteriore elemento da prendere in considerazione è quello della “convivenza” tra il lavoratore e il parente assistito. Purtroppo tale espressione non è stata oggetto di interpretazione normativa da parte del legislatore e non trova definizione neppure nel Codice Civile. A chiarire in modo derimente il concetto è stato il Ministero del Lavoro con la Nota 3884 del 18 febbraio 2010, nella quale si afferma testualmente che “si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assistite abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi.”.
Per quanto riguarda l’espressione "mancanti", presente nella normativa, è bene precisare che essa sta ad indicare tutte le forme di assenza giuridica naturale (esempio: celibato/nubilato o figlio naturale) e giuridicamente assimilabili (esempio: divorzio, separazione legale, ecc.), risultanti da apposita documentazione che ne attesti lo stato di continuità2.
Infine, come nel caso dei permessi, troviamo l’espressione “referente unico”, che impedisce a più soggetti di fruire del congedo contemporaneamente. Secondo quanto espresso dal Consiglio di Stato si ravvisa tale referente unico nel soggetto che svolge “il ruolo e la connessa responsabilità di porsi come punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito" (Parere Consiglio di Stato n.5078/2008). Tuttavia, è opportuno sottolineare che tale principio trova un’eccezione nel caso dei genitori che assistono il figlio disabile. Ad entrambi, infatti, viene riconosciuto il diritto a fruire del congedo, anche se alternativamente ed a condizione che esso non venga utilizzato contestualmente al permesso mensile normato dall’art.33 c.3 della Lg. 104/92.
La durata del congedo e la sua frazionabilità
L’art.42 c.5 bis, come novellato dal D.lgs 119/2011, stabilisce che il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa. Non è previsto il “raddoppio” del periodo di congedo in caso di figli entrambi portatori di handicap e nel periodo “complessivo”di due anni deve essere incluso anche quello di un eventuale congedo non retribuito.
Inoltre, lo stesso articolo prevede che i due anni possono essere fruiti in modo continuativo o frazionato (frazionabile anche a giorni interi, ma non ad ore). In questo ultimo caso, ossia qualora si opti per la fruizione frazionata, sarà necessaria l’effettiva ripresa del servizio onde evitare che vengano computati nel periodo di congedo anche i giorni festivi.
Da precisare, che il congedo deve essere utilizzato entro 60 giorni dalla sua richiesta. Il dirigente scolastico, non disponendo di nessun potere discrezionale se non quello di appurare le condizioni previste dalla legge ed verificare la correttezza della documentazione, è obbligato a concedere il congedo ad ogni richiesta inoltrata dall’interessato.
Il Trattamento economico durante il congedo
L’art.42 c.5 ter prevede che durante il periodo di congedo si ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’importo dell’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento.
L’indennità viene erogata secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. Qualora il congedo è richiesto per periodi frazionati, l’indennità e il contributo figurativo vengono rapportati a mesi e giorni in misura proporzionale.
Complessa la questione della tredicesima mensilità: di fatto non viene erogata pur essendo previsto il suo rateo nell’ultima retribuzione dell’indennità corrisposta nel mese che precede il congedo.
Valutazione del periodo ai fini pensionistici e delle ferie
Il periodo di congedo è utile ai fini del trattamento pensionistico in quanto coperto interamente da contribuzione figurativa, ma non è valutabile ai fini del TFS (Trattamento di fine servizio) e del TFR (Trattamento di fine rapporto).
L’art. 42 c.5 quinquies precisa, infine, che durante la fruizione del congedo biennale non si ha maturazione delle ferie.
Claudio Guidobaldi
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1. Per l’individuazione delle patologie invalidanti si rimanda al Decreto interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000. Nella Circ.Inps 32/2012 vengono indicate le modalità di presentazione della documentazione sanitaria.
2. La circolare INPS 32/2012 avverte che la "mancanza" sarà oggetto di verifiche e che le eventuali dichiarazioni mendaci saranno perseguite dall’autorità giudiziaria. A tal proposito si chiede al richiedente di fornire tutti gli elementi necessari per permettere l’individuazione dei provvedimenti giudiziari attraverso una dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art.46 DPR 445/2000
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