Giornata della memoria:
rito o moto del cuore?
Nella scuola italiana corriamo molti rischi: il rischio della dispersione, della superficialità, del super-attivismo…
A tutti questi aggiungerei quello della ritualità!
Rischiamo, cioè, di svilire ogni proposta, anche rilevante, che ogni istituto si trovi a vivere, fino a far diventare tutto adempimento burocratico, noia da rivivere, tassa da pagare e far pagare ai nostri alunni.
Questo è il rischio che si profila all’orizzonte per la giornata della memoria del 27 gennaio.
Mano a mano che anche la abilità e le conoscenze stesse dei docenti crescono e si affinano (conoscenze fatte di contatti con organizzazioni, comunità o singole e significative individualità) si vede proporzionalmente svanire l’entusiasmo, trattare il già vissuto, ripetere il già fatto.
E, di conseguenza, dove manca la riflessione, l’elaborazione, il porsi i problemi, la preparazione preliminare insomma, il risultato finale assume lo spessore appunto del rito non significativo, incapace di incidere nella vita di chi l’ha vissuto. Una attività scolastica come tante altre!
“Oggi mettiamo in scena la Shoah!”
E, cospargendo di melassa i banchi e le cattedre dei nostri incontri e delle nostre celebrazioni, attingendo ad un linguaggio afflitto sempre più da autoreferenzialità e superfetazione terminologica, per mascherare la vuotezza dei contenuti, rischiamo di dimenticare l’unicità dell’evento.
Non dell’evento Shoah (anche se, com’è noto, su questo aspetto la discussione è ancora aperta), ma dell’evento uomo!
“Chiunque salva una vita, salva un mondo intero!”
Questa frase del Talmud, nota ormai a molti per la sua utilizzazione nel film sulla Shoah di Spielberg, rivela una prospettiva universalistica di grande portata.
Non solo, come forse è nell’intenzione dell’autore antico, perché uccidendo una persona si uccidono contemporaneamente tutti quelli che, da lui, potrebbero ancora nascere, ma soprattutto perché noi tutti oggi sappiamo, dopo Husserl e Pirandello, che esiste un “luogo” dove ogni persona vive la sua molteplicità più autentica, il suo “mondo”: il cuore, la mente, la conoscenza che gli altri hanno di lui.
Nella morte di ciascuno è implicitamente contenuta anche la morte del suo “mondo”, nella vita di chi lo ha conosciuto, di chi, con lui, ha condiviso esperienze ed emozioni, di chi ha visto, in lui,una luce.
Ecco: la giornata del 27 gennaio, depauperata di esperienze ed emozioni, rischia di non far accendere nessuna luce, di non creare nessun “mondo”, di lasciar davvero spente, nei cuori e nelle menti dei nostri alunni, quelle riserve di emozionalità che la nostra scuola attuale lascia quasi del tutto intoccate.
Ed a questo punto un’immagine: c’è un luogo, su questa terra, dove delle luci sono rimaste accese, delle piccole luci nel buoi accompagnate da una voce.
Si tratta della galleria dei bambini allo Yad-vashem (http://www.yadvashem.org), il memoriale sulla Shoah di Gerusalemme.
In un percorso obbligato, il visitatore è semplicemente avvolto da piccole fiammelle, simbolo di ogni bambino che ha trovato la morte durante il nazismo; la voce registrata ne riporta nome e cognome, età e luogo di origine.
Per completare l’elenco la voce registrata impiega sei anni!
Qui il rito finisce!
Qui il mondo sa ancora contemplare, nell’abisso del dolore, delle piccole luci di speranza, la speranza del ricordo.
Quelle luci che, spente durante l’oppressione, rimarranno accese finché l’abisso dell’odio e della malvagità del mondo non riuscirà a sopraffarle.
Quello è il luogo dove, dicono gli ebrei,”anche Dio piange!”
Se anche Dio piange di fronte all’immensità del male, abituarsi ad esso diventa complice superficialità, danno educativo, colpevole mancanza.
So perfettamente quanto sia difficile trovare ogni volta modi per incontrare il cuore dei nostri alunni, ma so altrettanto bene che l’unica strada per arrivarci passa per la nostra capacità di emozionarci e di condividere.
Allora forse, anche per noi, come per loro, il 27 gennaio diventerà “giorno di memoria”.
Luigi Cioni
Per la didattica: Unità di apprendimento sul silenzio di Dio e sull’olocausto
giovedì 11 gennaio 2007
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