Appunti per la comprensione
del linguaggio didattico
ad uso degli Insegnanti di Religione
di ogni ordine e grado.
(a cura di Giuseppe Morante)
Il presente volume è concesso gratuitamente dall’ADR – Associazione Docenti di Religione di Modica (RG).
Il materiale di questo volume può essere liberamente riprodotto purché ne sia citata la fonte.
Adierre Editrice
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INDICE
AI PROGRAMMI ALLA PROGETTAZIONE DIDATTICA NELL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA
PRIMA PARTE: LA LEGISLAZIONE UFFICIALE
1. I PROGRAMMI I.R.C. DELLA SCUOLA MATERNA
2. I PROGRAMMI I.R.C. DELLA SCUOLA ELEMENTARE
4. I PROGRAMMI I.R.C. NELLA SCUOLA SUPERIORE
SECONDA PARTE: LE DIMENSIONI DELL’I.R.C.
1. LA DIMENSIONE BIBLICA
1.1. Il valore scolastico del documento biblico
1.2. Il ruolo della bibbia nell’I.R.C.
1.3. Le vie di approccio al documento
1.4. Gli obiettivi educativi e didattici
1.4.1. Obiettivi relativi alle conoscenze bibliche come documento storico:
1.4.2. Obiettivi relativi al rapporto tra esperienza biblica ed esperienza umana:
1.4.3. Obiettivi relativi alle espressioni linguistiche e all’uso del testo biblico:
1.5. Il rapporto bibbia-esperienza
1.5.1. Situazioni esistenziali dell’uomo in dialogo con l’umano biblico.
1.5.2. Cura del linguaggio
1.5.3. L’attenzione alle componenti in gioco: gruppo, chiesa, Spirito Santo
1.5.4. Suggerimenti didattici
1.6. Difetti da evitare:
1.7. Esigenze da rispettare:
2. LA DIMENSIONE STORICO-CULTURALE
2.1. Premessa
2.2. Storia, cultura e maturazione della persona
2.3. La fondamentale dimensione storica del cristianesimo
3. LA DIMENSIONE ANTROPOLOGICA
3.1. Premessa
3.2. I termini che ne descrivono la dimensione costitutiva
3.3. I ritmi temporali della vita umana
3.4. Il mondo dell’uomo e la trama delle sue relazioni
3.5. Le conseguenze didattiche
3.5.1. Una sensibilità maturata lentamente
3.5.2. Svolta antropologica o attenzione nuova ai problemi della esperienza: orientamenti didattici
3.6. Rilevanza antropologica della bibbia
4. LA DIMENSIONE PEDAGOGICA E METODOLOGICA
4.1. Rapporto tra IR e Premesse pedagogiche ai programmi
4.1.1. Scuola della formazione dell’uomo e del cittadino
4.1.2. Scuola che colloca nel mondo
4.1.3.Una scuola in funzione orientativa
4.1.4. Una scuola secondaria… obbligatoria
4.1.5. Un servizio educativo
4.1.6. Momento di ricerca e di conoscenza documentata
4.1.7. Un servizio originale
4.2. L’I.R.C. e la programmazione educativa
4.3. Prendere sul serio il ragazzo
4.4. La programmazione educativa e didattica
4.5. Le discipline come educazione
4.6. Quale uomo?
4.7. Quale metodo?
TERZA PARTE: DAI PROGRAMMI ALLA PROGETTAZIONE DIDATTICA
1. Alcune precisazioni terminologiche
1.1. DISCIPLINA
1.2. MULTIDISCIPLINARITA’
1.3. PLURlDISCIPLlNARlTA’
1.4. INTERDISCIPLlNARITA’
1.5. TRANSDISCIPLINARITA’
1.6. PROGRAMMA
1.7. CURRICOLO
1.8. PROGRAMMAZIONE
1.9. PROGETTAZIONE
1.10.DIDATTICA
1.11. UNITA’ DIDATTICA
2. Le fasi della programmazione curricolare
2.1. PRIMA FASE – L’ANALISI DELLA SITUAZIONE DI PARTENZA
2.1.1. LA CONOSCENZA DEGLI ALUNNI
2.1.2. LA CONOSCENZA DELL’AMBIENTE FAMILIARE
2.1.3. ANALISI DELL’AMBIENTE SCOLASTICO
2.1.4. L’ANALISI DELL’AMBIENTE SOCIO-ECONOMICO E CULTURALE
2.2. SECONDA FASE – DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
2.2.1. Definizione degli obiettivi
2.2.2. Caratteristiche degli obiettivi
2.2.3. Come identificare gli obiettivi
2.2.4. Come formulare gli obiettivi (educativi e didattici)
2.2.5. Gli obiettivi dell’insegnamento religioso concordatario
2.2.5.1. SCUOLE MATERNE
– Obiettivi finali
– Obiettivi intermedi
– Obiettivi immediati
2.2.5.2. SCUOLE ELEMENTARI
* Obiettivi finali
* Obiettivi intermedi
* Obiettivi immediati
2.2.5.3. SCUOLA MEDIA INFERIORE
* Obiettivi finali
* Obiettivi intermedi
* Obiettivi immediati
2.2.5.4. SCUOLA MEDIA SUPERIORE
* Obiettivi finali
* Obiettivi intermedi
* Obiettivi immediati
2.3. TERZA FASE – ORGANIZZAZIONE DEI CONTENUTI IN SEQUENZE DI APPRENDIMENTO
a) I contenuti e la programmazione curricolare
b) Rapporto tra obiettivi e contenuti
c) Scelta dei contenuti e struttura delle discipline
c) I contenuti dell’Insegnamento Religioso Concordatario
* SCUOLA MATERNA
* SCUOLA ELEMENTARE
* SCUOLA MEDIA
a) Linee generali
Primo anno
Secondo anno
Terzo anno
SCUOLE SUPERIORl
d) Le sequenze di apprendimento
Quarta fase
INDIVIDUAZIONE DEI METODI, DEI MATERIALI E DEI SUSSIDI DIDATTICI
* La struttura conoscitiva dell’alunno
* I presupposti dell’apprendimento
* Le caratteristiche del metodo didattico
Quinta fase
IL PROCESSO DELLA VERIFICA E DELLA VALUTAZIONE
* La verifica del processo di apprendimento
* La valutazione dell’apprendimento
PRIMA PARTE: LA LEGISLAZIONE UFFICIALE
1. I PROGRAMMI I.R.C. DELLA SCUOLA MATERNA
(DPR 24 giugno 1986, n. 539)
“SPECIFICHE E AUTONOME ATTIVITA’ EDUCATIVE IN ORDINE ALL’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE PUBBLICHE MATERNE”.
1. Gli indirizzi per le specifiche e autonome attività educative in ordine all’insegnamento della religione cattolica nella scuola materna:
– si collocano nel quadro delle finalità di detta scuola che “si propone fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia” (legge 18 marzo 1968, n. 44, art. 1);
– assumono, in aderenza agli “Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali” (decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1969, n. 647), gli aspetti universali della religiosità e insieme quelli specifici dei valori cattolici che fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano;
– sono offerti alle educatrici e agli educatori, e con essi ai genitori, perché possano presentare con libertà e responsabilità nella comunità scolastica il messaggio evangelico dell’amore, della fratellanza, della pace, come risposta religiosa al bisogno di significato dei bambini, nel rispetto delle loro esperienze personali, delle responsabilità educative delle famiglie e della pedagogia della scuola materna.
2. Le scelte delle attività educative suggerite con questi indirizzi assumono come base di partenza le esigenze e gli interessi dei bambini e le esperienze che essi vivono in famiglia, nella scuola, nell’ambiente sociale e in riferimento alla comunità cristiana.
In armonia con le finalità generali della scuola materna, queste attività concorrono ad aiutare i bambini nella reciproca accoglienza, nel superamento fiducioso delle difficoltà, nell’educazione all’esprimersi e al comunicare con le parole e i gesti.
Specificamente esse tendono ad educare i bambini a cogliere i segni della vita cristiana, a intuirne i significati, ad esprimere con le parole e i segni la loro incipiente esperienza religiosa.
3. Come contenuti di queste attività educative, si propongono le seguenti indicazioni:
– i segni e le esperienze della presenza di Dio nella creazione, nella natura e nelle sue stagioni, nella vita e nelle opere degli uomini;
– i significati cristiani degli avvenimenti fondamentali dell’esistenza umana, quali i bambini hanno occasione di vivere in famiglia, nell’ambiente e attraverso le immagini della comunicazione sociale;
– la paternità e la provvidenza di Dio, che è più forte del male, rende gli uomini fratelli e solidali, apre a sempre nuove speranze;
– l’accostamento graduale a passi della Bibbia, scegliendo tra gli episodi, i personaggi e i brani sapienziali che maggiormente rivelano la paternità di Dio e la fraternità universale degli uomini;
– in particolare, pagine scelte dei Vangeli che raccontano la vita, l’insegnamento, le opere, le preghiere, la Pasqua e la presenza viva di Gesù, e insieme la vita di Maria, sua Madre;
– la domenica, le feste, le preghiere, i canti, i tempi e i luoghi, gli elementi simbolici, gestuali e figurativi della vita dei cristiani, così come i bambini possono gradualmente percepire;
– episodi della vita di santi, persone e figure significative del messaggio dell’amore nel nostro tempo;
– la regola dell’amore di Dio e del prossimo, con i primi comportamenti di accoglienza e donazione, di riconciliazione, sincerità e fiducia;
– le manifestazioni della religiosità popolare, nel loro corretto significato culturale e spirituale;
– le espressioni della poesia e dell’arte cristiana più adeguate alla sensibilità dei bambini.
4. Spetta alle educatrici e agli educatori, insieme con le famiglie e sempre in dialogo con i bambini, provvedere, nel quadro del progetto educativo, a organizzare con opportune scelte queste attività, con particolare attenzione ai seguenti criteri:
– si favoriscano l’ascolto e la parola, l’espressione di sentimenti di gratitudine, di gioia, di dialogo e di preghiera;
– si cerchi di coltivare la spontaneità espressiva dei bambini contemperandola opportunamente con l’uso delle parole offerte dalla tradizione cattolica;
– si valorizzino sempre, senza alcuna discriminazione, le diverse esperienze dei bambini, nel rispetto di tutte le famiglie;
– si abbia particolare predilezione per i bambini portatori di handicap presenti nella scuola, aiutandoli perché‚ siano soggetti, con i coetanei, di queste attività;
– si curi la necessaria e corretta relazione con tutte le attività educative della scuola materna, anche quando l’insegnante impegnato nelle attività educative di religione cattolica non è il titolare della sezione.
5. Per quanto riguarda la scelta delle attività, tenuto conto che l’acquisizione dei valori religiosi viene favorita dalle capacità che il bambino matura attraverso le varie esperienze e dimensioni educative, si offrono come concrete indicazioni, da applicare gradualmente nelle diverse lezioni in cui si articola la scuola materna, quelle che riguardano: la comunicazione orale (racconti, lettura da parte dell’insegnante di brevi testi religiosi); la musica e il canto (ascolto, esecuzione di canti religiosi tratti anche dalla tradizione popolare); l’uso dell’audiovisivo; il gioco; la drammatizzazione; l’attività grafico – pittorico – plastica; l’esplorazione dell’ambiente alla ricerca dei segni della comunità cristiana.
6. L’insegnante abbia cura di far comprendere ai bambini che le specifiche ed autonome attività educative di religione cattolica concorrono a maturare il rispetto delle diverse posizioni che le persone variamente adottano in ordine alla realtà religiosa, così da porre anche le premesse di una vera convivenza umana.
Questi indirizzi di attività educative in ordine all’insegnamento della religione cattolica richiedono in ogni modo, da parte di tutti, una mentalità aperta, capace di grande comprensione per le prospettive riguardanti l’unità tra tutti i cristiani, le buone relazioni tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane, il dialogo corretto e fecondo con tutti, la promozione dell’uomo e il bene del Paese.
2. I PROGRAMMI I.R.C. DELLA SCUOLA ELEMENTARE
(DPR 8 maggio 1987, n. 204)
“SPECIFICHE E AUTONOME ATTIVITA’ D’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLE SCUOLE PUBBLICHE ELEMENTARI”.
I – NATURA E FINALITA’
1. L’insegnamento della religione cattolica si colloca nel quadro delle finalità della scuola elementare in aderenza a quanto stabilito in ordine ai valori religiosi nel decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1985, n. 104.
Esso viene assicurato secondo le motivazioni e le modalità enunciate nell’accordo di revisione del Concordato lateranense (legge 25 marzo 1985. n. 121) e definite nella successiva intesa (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751).
All interno del progetto educativo della scuola, l’insegnamento della religione cattolica si realizza con specifiche e autonome attività di insegnamento-apprendimento che riguardano gli elementi essenziali della religione cattolica in conformità alla dottrina della Chiesa.
2. L’insegnamento della religione cattolica intende favorire lo sviluppo della personalità degli alunni nella dimensione religiosa. Per tanto promuove la riflessione sul loro patrimonio di esperienze e contribuisce a dare specifica risposta al bisogno di significato di cui essi sono portatori.
A tal fine l’insegnamento della religione cattolica persegue un primo accostamento, culturalmente fondato, alla storia e ai contenuti della Rivelazione cristiana; introduce alla conoscenza delle fonti, delle espressioni e delle testimonianze storico-culturali del cattolicesimo: propone la comprensione e l’apprezzamento dei valori che il messaggio cristiano porta con sè.
3. L’insegnamento della religione cattolica si realizza in un rapporto di continuità con l’azione educativa delle famiglie, di cui rispetta le scelte e gli orientamenti.
Esso inoltre si svolge secondo criteri di continuità con l’educazione religiosa della scuola materna e l’insegnamento della religione cattolica nella scuola media, in modo da stabilire, negli obiettivi, nei contenuti e nei criteri metodologici, una progressione che corrisponda ai processi di maturazione della personalità degli alunni.
II – OBIETTIVI E CONTENUTI
1. Nel corso della scuola elementare, l’alunno sarà reso capace gradualmente di:
– cogliere la dimensione religiosa nell’esistenza e nella storia, in particolare a riguardo dei grandi perché‚ della vita, e conoscere le risposte che offre il cristianesimo:
– accostarsi alla natura e alla vita come dono di Dio da accogliere e custodire con rispetto e responsabilità;
– maturare atteggiamenti di attenzione, di stupore, di domanda, di fronte alla realtà percepita nel suo significato più profondo;
– conoscere la persona, la vita e il messaggio di Gesù Cristo, centro della religione cristiana, testimoniato dalla Scrittura ed annunciato dalla Chiesa;
– riconoscere i principali segni della religione cattolica (avvenimenti, luoghi, tempi, manifestazioni, riti) e comprenderne il significato religioso ed umano;
– apprezzare la ricchezza dei valori etici cristiani nella vita della persona e della società;
– sapersi avvicinare con un metodo corretto alla Bibbia e in particolare ai Vangeli, fonte privilegiata per la conoscenza del messaggio cristiano;
– apprendere gli elementi essenziali del linguaggio religioso mediante il quale la religione cattolica esprime i suoi contenuti;
– dimostrare rispetto nei confronti delle persone che vivono scelte religiose diverse o che non aderiscono ad alcun credo religioso.
2. Fanno diretto riferimento agli obiettivi proposti alcuni nuclei tematici, qui di seguito indicati. Al centro come contenuto fondamentale e principio di interpretazione, sta la figura e l’opera di Gesù Cristo, secondo la testimonianza della Bibbia e l’intelligenza della Chiesa.
a) Gli interrogativi che anche l’alunno si pone di fronte alla realtà del mondo e ai fatti umani più significativi, la nascita, la morte, l’amore, la sofferenza, il futuro dell’uomo, aprono alla scoperta di Dio e trovano in lui piena risposta.
Gesù Cristo rivela il volto di Dio creatore e padre universale dal quale la vita e ogni cosa traggono origine, senso e speranza.
Alla luce di questa rivelazione biblico-cristiana si leggono le grandi tappe del disegno di Dio nella storia: nella creazione, il principio; nella Pasqua di Cristo, la salvezza; nella vita eterna, il compimento.
b) Di Gesù di Nazaret si pongono in risalto gli aspetti fondamentali che lo rivelano nella sua profonda umanità e suscitano, fin dalla sua nascita, l’interrogativo sul mistero della sua persona.
Uomo tra gli uomini, partecipe della storia e della vita del popolo ebraico, Gesù porta a compimento con le sue opere e le sue parole le promesse di Dio a Israele; si manifesta Figlio di Dio e Salvatore e introduce al mistero trinitario di Dio. Amico dei piccoli e dei poveri, va incontro a chi soffre e a chi ha bisogno di perdono: insegna a tutti ad amare Dio come Padre e il prossimo come se stessi.
Nella Pasqua offre la vita, risorge da morte il terzo giorno, dona lo Spirito santo alla sua Chiesa, che egli ha fondato e mandato nel mondo.
c) La vita della comunità cristiana e la sua presenza nella storia, nell’ambiente e nel mondo si coglie attraverso i segni dell’annuncio del vangelo, della celebrazione liturgica e sacramentale, del servizio di carità e della testimonianza offerta dalle figure dei Santi.
Assume, inoltre, grande importanza la conoscenza del linguaggio con cui i cristiani esprimono i contenuti della loro religione; i simboli di fede, la preghiera, le feste, l’arte, la religiosità popolare, le tradizioni religiose radicate nella cultura locale.
La Chiesa manifesta così la sua realtà di popolo di Dio, animato dallo Spirito santo, guidato dai Pastori, segno e strumento di salvezza, di unità e di pace per tutti gli uomini.
d) Il vangelo di Cristo predicato dalla Chiesa rivela il progetto di Dio sull’uomo, di cui promuove i genuini valori.
In questo ambito si evidenziano i tratti principali della morale cristiana: il comandamento dell’amore, e alla sua luce il decalogo, fondamento del rapporto dell’uomo con Dio e con gli altri; la dignità della persona e i suoi diritti fondamentali, il valore della vita, a partire dai piccoli e dai poveri, e quindi il rifiuto di ogni discriminazione; la comune convivenza nella giustizia, nella solidarietà e nella pace.
III – INDICAZIONI METODOLOGICHE
1. In coerenza con l’organizzazione didattica della scuola elementare anche l’insegnamento della religione cattolica terrà conto della scansione in due cicli. Gli obiettivi e i contenuti tematici sopra indicati riguardano comunque l’intero corso della scuola elementare e vanno pertanto globalmente considerati sia nel primo che nel secondo ciclo. La particolare accentuazione dell’uno o dell’altro tema seguirà i criteri di gradualità pedagogica propria dei ritmi di maturazione e di apprendimento degli alunni e del rapporto con i programmi delle altre discipline.
2. Alla capacità progettuale degli insegnanti è affidato il compito di definire e di attuare la programmazione secondo finalità, obbiettivi e contenuti del programma, prevedendo opportuni momenti di verifica degli itinerari percorsi.
A questo scopo si propongono i seguenti criteri:
– valorizzazione dell’esperienza personale, sociale, culturale, religiosa dell’alunno, come punto di partenza ed elemento di confronto, da cui far emergere interrogativi, sollecitazioni per un processo di ricerca che. attraverso l’osservazione, la presa di coscienza e la problematizzazione, favorisca l’ampliamento e l’approfondimento dell’esperienza stessa;
– uso graduale dei principali documenti della religione cattolica: la Bibbia quale testo fondamentale anche in relazione alla tradizione e alla cultura del nostro Paese, i più importanti documenti ecclesiali, con particolare riferimento al Vaticano II;
– lettura dei segni della vita cristiana presenti nell’ambiente: luoghi ed edifici; espressioni artistiche e letterarie, arti figurative, canto, musica; tradizioni, usi e costumi; ricorrenze e feste legate all’anno liturgico; simboli e segni liturgici;
– incontro con persone che hanno vissuto o vivono in maniera significativa i valori religiosi: Maria madre di Gesù, San Benedetto, i Santi Cirillo e Metodio patroni d’Europa, San Francesco e Santa Caterina da Siena patroni d’Italia, altre figure di Santi, particolarmente quelle locali, e di testimoni viventi.
3. L’adozione di questi criteri consente una costante correlazione tra esperienza dei fanciulli e dato cristiano. Tale correlazione, rivelando la dimensione religiosa dell’esperienza, permette di cogliere la portata umanizzante della proposta cristiana.
4. Nella programmazione e nell’organizzazione delle attività didattiche, si deve tener conto delle indicazioni contenute nella premessa ai programmi, concernenti gli alunni in difficoltà di apprendimento e portatori di handicap.
5. L’acquisizione delle conoscenze e dei valori religiosi verrà favorita dall’uso di metodologie di lavoro e dalle attività tipiche dell’esperienza scolastica (lettura dei testi, conversazioni, esplorazione dell’ambiente, drammatizzazione, attività di ricerca personale e di gruppo, ecc.) e prevede l’uso di diversi tipi di linguaggio (verbale, iconico, musicale, ecc.). Particolare attenzione sarà dedicata al linguaggio simbolico per l’importanza che esso assume nell’esplorazione e nell’espressione della dimensione religiosa.
6. Sia l’insegnante di classe sia quello eventualmente incaricato dell’insegnamento di religione cattolica, nel quadro degli obiettivi educativi e didattici indicati dai nuovi programmi della scuola elementare, procureranno che lo specifico insegnamento di religione cattolica trovi coordinazione formativa con gli altri insegnamenti del curricolo primario.
3. I PROGRAMMI I.R.C. NELLA SCUOLA MEDIA
(DPR 21 luglio 1987, N. 350)
“PROGRAMMA Dl INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLA SCUOLA MEDIA”
I – NATURA E FINALITA’
1. L’insegnamento della religione cattolica si inserisce nel quadro delle finalità della scuola media e concorre, in modo originale e specifico, alla formazione dell’uomo e del cittadino, favorendo lo sviluppo della personalità dell’alunno nella dimensione religiosa, secondo i principi enunciati nell’accordo di revisione del Concordato Lateranense (legge n. 121/1985), e nella successiva Intesa tra autorità scolastica e Conferenza Episcopale Italiana (decreto del Presidente della Repubblica n. 75I/1985), e nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dalle leggi dello Stato e in particolare dalle leggi specifiche per la scuola media (legge 31 dicembre 1962, n. 1859 e successivi interventi legislativi e amministrativi).
2. L’insegnamento della religione cattolica si svolge in conformità alla dottrina della Chiesa e si pone in stretta correlazione con lo sviluppo psicologico, culturale e spirituale dell’alunno, e con il suo contesto storico e ambientale. Esso sollecita nel preadolescente il risveglio degli interrogativi profondi sul senso della vita, sulla concezione del mondo e gli ideali che ispirano l’agire dell’uomo nella storia: nello stesso tempo offre all’alunno i riferimenti religiosi e culturali essenziali, perché‚ a quegli interrogativi egli possa trovare una consapevole risposta personale.
3. Attraverso la gradualità delle mete educative, l’insegnamento della religione promuove il superamento dei modelli infantili, l’accostamento oggettivo al fatto cristiano, l’apprezzamento dei valori morali e religiosi e la ricerca della verità, in vista di una personale elaborazione della propria identità in rapporto a Dio, creatore e padre universale, e in rapporto alle realtà culturali e sociali.
4. L’insegnamento della religione cattolica favorisce gli atteggiamenti che aiutano l’alunno ad affrontare la problematica religiosa: l’attenzione al problema di Dio e ai valori dello spirito, il gusto del vero e del bene, il superamento di ogni forma di intolleranza e di fanatismo, il rispetto per chi professa altre religioni e per i non credenti, la solidarietà con tutti e particolarmente con chi Š fisicamente o socialmente svantaggiato.
5. La stessa educazione linguistica del preadolescente trae vantaggio dall’insegnamento della religione cattolica, in quanto attraverso l’acquisizione delle forme e delle categorie proprie del linguaggio religioso l’alunno è abilitato a comunicare sul piano dei valori fondamentali e ad esprimere la sua realtà interiore, anche in dialogo con differenti credenze e culture.
II – OBIETTIVI E CONTENUTI
1. L’attività didattica si svolge tenendo sempre presente il nucleo essenziale del cristianesimo: la figura e l’opera di Gesù Cristo secondo la testimonianza della Bibbia e l’intelligenza di fede della Chiesa.
2. Attorno a questo essenziale nucleo unificatore, si presentano con serietà critica le verità e i valori che sono patrimonio della tradizione cristiana: la vita dell’uomo come risposta a una vocazione personale di Dio creatore e padre; la Chiesa segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e tra loro; i valori etico-religiosi del messaggio cristiano per una libertà dell’uomo che è dono di Dio e impegno personale; il compimento della vita umana e della storia “nei cicli nuovi e nella terra nuova”.
3. Nell’ambito del programma annuale e dell’intero ciclo, l’insegnamento svolge un piano secondo alcune direttrici costanti, che si riferiscono in modo sistematico:
– alle tappe fondamentali della storia biblica, e, in particolare al Nuovo Testamento;
– alla storia della diffusione del cristianesimo dalle origini al nostro tempo;
– ai “segni” che testimoniano oggi la fede, e la esprimono nella comunità cristiana e nel mondo;
– agli orientamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Tale accostamento alle fonti e alla tradizione cristiana si sviluppa tenendo conto dell’esperienza viva del preadolescente e della sua esigenza di confrontarsi soprattutto con valori vissuti, con persone ed eventi storici.
III – INDICAZIONI METODOLOGICHE
1. L’insegnamento della religione cattolica si svolge a partire dall’esperienza vissuta, in risposta ad esigenze fondamentali del preadolescente, come documentazione diretta sulle fonti della tradizione cristiana, come ricerca storica sul cristianesimo nella propria regione, in Italia e in Europa, come confronto aperto e dialogo con altre forme e tradizioni religiose culturalmente rilevanti.
2. Anche per l’insegnamento della religione cattolica vale la regola didattica generale che considera importante il coinvolgimento personale di ciascun alunno, la sollecitazione a rilevare i problemi, la preoccupazione di sviluppare le capacità conoscitive, l’ascolto, l’intuizione e la contemplazione.
3. L’insegnamento della religione cattolica si avvale a tal fine, delle tecniche e dei sussidi didattici ritenuti pi- validi, tenuto conto delle finalità e delle metodologie proprie della scuola.
IV – SCANSIONE ANNUALE
1. Le indicazioni programmatiche per i singoli anni hanno valore di orientamento e comportano sempre alcune esigenze, quali: la necessità che la programmazione didattica tenga presenti ogni anno gli obiettivi e la visione globale dell’intero ciclo; che si tenga conto delle fasi della significativa evoluzione fisiopsicologica e spirituale del preadolescente; che vengano valorizzati interessi ed esperienze emergenti dalla vita dell’alunno, anche in connessione con i programmi delle altre discipline.
I anno:
2. Agli alunni del primo anno si propone come nucleo centrale la conoscenza della figura e dell’opera di Gesù Cristo.
3. Tra le risposte che le grandi religioni danno alle domande fondamentali dell’uomo, la testimonianza religiosa documentata nella Bibbia presenta caratteri di assoluta originalità.
La storia dell’antico popolo di Israele, accostata nelle sue tappe fondamentali, e le speranze di salvezza proprie dell’uomo di ogni tempo trovano in Gesù di Nazaret il loro compimento.
4. Nel proporre la vita di Gesù, si pongono in luce i lineamenti della sua personalità che meglio ne rivelano la perfetta umanità e si dia risalto all’interrogativo inquietante: “Chi è mai costui?”, che conduce alla scoperta del suo mistero di uomo-Dio.
5. Documento fondamentale di studio Š uno dei tre Vangeli sinottici, con opportuni riferimenti agli altri libri del Nuovo Testamento e secondo i criteri di una corretta esegesi.
6. Si richiamano altresì i segni e le testimonianze della fede in Cristo presenti nella Chiesa, con particolare riguardo alla storia e alla tradizione religiosa della propria regione.
2 anno:
7. Agli alunni del secondo anno si propone, come nucleo centrale, di approfondire il significato, la vita e la missione della Chiesa.
8. La coscienza che l’alunno ha di se stesso e della propria crescita fisica, culturale e spirituale, si arricchisce nel confronto con la visione cristiana della vita, intesa come vocazione personale e responsabile verso Dio e verso gli uomini.
9. Mediante la testimonianza documentata della vita delle prime comunità cristiane e della Chiesa oggi, il preadolescente conosce gli elementi essenziali della salvezza cristiana: la parola di Dio, il sacramento, la comunità ecclesiale animata dallo Spirito Santo.
10. Fonte principale di studio Š il libro degli Atti degli Apostoli, con opportuni riferimenti ai Vangeli e all’Antico Testamento.
11. L’attività didattica si arricchisce di riferimenti concreti alle tappe fondamentali della diffusione del Vangelo in Italia, in Europa e nei continenti extraeuropei.
12. Si offre anche una prima inquadratura storica e una illustrazione del Concilio Vaticano II, con riferimenti ai principali documenti.
3° anno:
13. Contenuto centrale dell’insegnamento della religione nell’anno conclusivo è lo studio dell’agire umano alla luce dell’insegnamento di Cristo e della Chiesa.
14. Per i cristiani la vita morale Š adesione libera al comandamento nuovo dell’amore con il quale Cristo ha portato a compimento il Decalogo. Nella prospettiva della legge naturale e rivelata si far emergere anche il significato etico delle legislazioni ecclesiastiche e civili.
15. Attraverso riferimenti culturali e storici documentati si affrontano, dal punto di vista morale e religioso, alcuni temi che in varia misura gli alunni avvertono, ad esempio l’educazione affettiva e sessuale, la giustizia sociale, i diritti umani, i problemi della edificazione della pace nella libertà.
16. Documento fondamentale di studio è il “Discorso della montagna” di Gesù secondo Matteo (CFR. capitoli 5-7) nel contesto del Nuovo Testamento.
La conoscenza della Bibbia si arricchisce di più ampi riferimenti all’Antico Testamento in particolare ai racconti della creazione, al libro dell’Esodo e ad uno dei profeti.
17. L’indagine storica e la documentazione sulle fonti si completa anche con altri riferimenti al Concilio e al restante magistero della Chiesa.
4. I PROGRAMMI I.R.C. NELLA SCUOLA SUPERIORE
(DPR 21 luglio 1987, n. 339)
“PROGRAMMA Dl INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA NELLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE”
I – NATURA E FINALITA’
1. L’insegnamento della religione cattolica nella scuola secondaria superiore concorre a promuovere, insieme alle altre discipline, il pieno sviluppo della personalità degli alunni e contribuisce ad un più alto livello di conoscenze e di capacità critiche, proprio di questo grado di scuola. Tale insegnamento è assicurato secondo l’accordo di revisione del Concordato lateranense fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana e i successivi strumenti esecutivi. Nel quadro delle finalità della scuola e in conformità alla dottrina della Chiesa, l’insegnamento della religione cattolica concorre a promuovere l’acquisizione della cultura religiosa per la formazione dell’uomo e del cittadino e la conoscenza dei principi del cattolicesimo che fanno parte del patrimonio storico del nostro Paese.
2. Con riguardo al particolare momento di vita degli alunni ed in vista del loro inserimento nel mondo professionale e civile, l’insegnamento della religione cattolica offre contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico-culturale in cui essi vivono; viene incontro ad esigenze di verità e di ricerca sul senso della vita; contribuisce alla formazione della coscienza morale e offre elementi per scelte consapevoli e responsabili di fronte al problema religioso.
3. Il presente programma propone l’orientamento unitario per gli itinerari didattici che andranno diversificati a seconda dei vari indirizzi dell’istruzione secondaria superiore e in rapporto alle obiettive esigenze di formazione degli studenti. Esso inoltre si svolge secondo criteri di continuità con l’insegnamento della religione cattolica nella scuola media, in modo da stabilire, negli obiettivi, nei contenuti e nei criteri metodologici, una progressione che corrisponda ai processi di maturazione degli alunni.
II – OBIETTIVI E CONTENUTI
1. Attraverso l’itinerario didattico dell’insegnamento della religione cattolica gli alunni potranno acquisire una conoscenza oggettiva e sistematica dei contenuti essenziali del cattolicesimo, delle grandi linee del suo sviluppo storico, delle espressioni più significative della sua vita.
Essi saranno in particolare abilitati ad accostare in maniera corretta ed adeguata la Bibbia e i documenti principali della Tradizione cristiana; a conoscere le molteplici forme del linguaggio religioso e specificamente di quello cattolico.
Saranno avviati a maturare capacità di confronto tra il cattolicesimo, le altre confessioni cristiane, le altre religioni e i vari sistemi di significato; a comprendere e a rispettare le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa.
In tal modo gli alunni potranno passare gradualmente dal piano delle conoscenze a quello della consapevolezza e dell’approfondimento dei principi e dei valori del cattolicesimo in ordine alla loro incidenza sulla cultura e sulla vita individuale e sociale. Saranno così capaci di meglio riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita civile della società italiana ed europea.
2. Agli obiettivi proposti sono correlati alcuni nuclei tematici:
a) Il problema religioso:
– I grandi interrogativi dell’uomo che suscitano la domanda religiosa: il senso della vita e della morte, dell’amore, della sofferenza, della fatica, del futuro…
– Il fatto religioso, le sue dimensioni, il linguaggio, le fonti, le sue maggiori espressioni storiche, culturali, artistiche.
– Le motivazioni della fede cristiana in rapporto alle esigenze della ragione umana, ai risultati della ricerca scientifica e ai sistemi di significato pi- rilevanti.
b) Dio nella tradizione ebraico-cristiana:
– I tratti fondamentali del mistero di Dio nella rivelazione dell’Antico e del Nuovo Testamento: Creatore e Salvatore.
– Il messianismo biblico e le attese e ricerche dell’umanità.
– La testimonianza di Gesù Cristo: il suo rapporto singolare e “unico” con Dio Padre.
c) La figura e l’opera di Gesù Cristo:
– L’identità storica di Gesù nel contesto culturale e religioso del suo tempo.
– La missione messianica: l’annuncio del Regno di Dio, il senso dei miracoli, l’accoglienza e l’amore verso il prossimo ed in particolare verso i piccoli, i poveri, i peccatori.
– La Pasqua di morte e risurrezione nel suo fondamento storico e nel significato di liberazione dal male e dalla morte.
– Il mistero di Gesù Cristo uomo-Dio e la rivelazione piena di Dio come Trinità.
d) Il fatto cristiano nella storia:
– Le origini della Chiesa da Cristo e le principali tappe della sua complessa storia.
– I segni della vita della Chiesa (Parola-Sacramenti-Carità) e la sua presenza e ruolo nel mondo (missione).
– La Chiesa come popolo di Dio, istituzione e mistero, animata dallo Spirito Santo.
e) Il problema etico:
– I tratti peculiari della morale cristiana in relazione alle problematiche emergenti:
– una nuova e più profonda comprensione della coscienza, della libertà, della legge, dell’autorità;
– l’affermazione dell’inalienabile dignità della persona umana, del valore della vita, dei diritti umani fondamentali, del primato della carità;
– il significato dell’amore umano, del lavoro, del bene comune, dell’impegno per una promozione dell’uomo nella giustizia e nella verità;
– il futuro dell’uomo e della storia verso i “cieli nuovi e la terra nuova”.
f) Fonti e linguaggio:
– La Bibbia come documento fondamentale della tradizione ebraico- cristiana; le sue coordinate geografiche, storiche e culturali; la identità letteraria; il messaggio religioso.
– Lo specifico linguaggio con cui la religione cattolica si esprime: segni e simboli, preghiera e professione di fede, feste e arte, religiosità popolare.
III – INDICAZIONI METODOLOGICHE
1. Agli insegnanti è affidato il compito di definire e attuare la programmazione in coerenza con le finalità, gli obiettivi, i contenuti di insegnamento della religione cattolica, in rapporto alle esigenze e alle caratteristiche del processo formativo dell’adolescente e del giovane, e tenendo conto degli approcci diversi e dei contributi offerti dalle altre discipline di insegnamento.
2. Nel rispetto dell’unitarietà del quadro di riferimento (natura, finalità, obbiettivi e contenuti dell’insegnamento della religione cattolica) è possibile una pluralità di modelli attuativi che tengano conto di prospettive diverse e insieme complementari: la prospettiva biblica, teologico-sistematica, antropologica, storica.
3. Nel processo didattico saranno avviate molteplici attività: come il reperimento e la corretta utilizzazione di documenti (biblici, ecclesiali, storico-culturali), la ricerca individuale e di gruppo (a carattere disciplinare, multidisciplinare e interdisciplinare), il confronto e il dialogo con altre confessioni cristiane, con le religioni non cristiane e con sistemi di significato non religiosi.
4. E’ opportuno che l’esigenza di assicurare riferimenti chiari e fondativi circa i contenuti della religione cattolica e nello stesso tempo di stimolare la partecipazione attiva degli alunni, trovi il giusto equilibrio nell’impostazione didattica, tenendo presenti i limiti di tempo per lo svolgimento del programma.
5. Negli istituti e nelle scuole magistrali, il presente programma dovrà essere svolto tenendo conto dei compiti educativi che anche in materia religiosa potranno essere affidati ai futuri insegnanti della scuola materna ed elementare (cfr. D.P.R. n. 751/ 1985, punti 2.6 e 4.4).
Pertanto i programmi saranno integrati in modo che gli alunni degli istituti e delle scuole magistrali possano essere in grado di:
– conoscere in modo appropriato i relativi programmi di religione cattolica della scuola elementare, e gli orientamenti delle specifiche e autonome attività educative di religione cattolica della scuola pubblica materna;
– utilizzare metodi e tecniche di programmazione, di insegnamento, di valutazione dell’insegnamento della religione cattolica propri di questi gradi di scuola, con attenzione alle esigenze della disciplina e a quelle specifiche dei bambini e dei fanciulli.
– A tal fine l’insegnamento della religione cattolica sarà coordinato con quello delle discipline pedagogiche, psicologiche, sociologiche previste dai programmi e con le attività di tirocinio.
IV – SCANSIONE
1. Tenuto conto dell’articolazione dei corsi di studio della scuola secondaria superiore è opportuno che:
– nei bienni iniziali si privilegi una esposizione dei contenuti in forma propositiva e globale, con attenzione alle problematiche esistenziali;
– nelle classi successive ai bienni si privilegi l’analisi e l’interpretazione delle tematiche proposte.
2. Per i bienni viene proposta la conoscenza dei seguenti argomenti:
– Le più profonde domande sul senso della vita in prospettiva religiosa.
– Le molteplici e varie manifestazioni dell’esperienza religiosa, gli elementi fondamentali che la qualificano e la rilevanza della religione cattolica nella storia della società e della cultura italiana.
– Le grandi linee della storia biblica e l’origine della religione cristiana. La conoscenza delle fonti essenziali, particolarmente della Bibbia.
– La figura di Gesù Cristo: la sua vicenda storica, il messaggio e l’opera, il mistero. La sua importanza e significato per la storia dell’umanità e la vita di ciascuno.
3. Per le classi successive ai bienni iniziali viene proposta la conoscenza dei seguenti argomenti:
– Il problema di Dio: la ricerca dell’uomo, la “via” delle religioni, le questioni del rapporto fede-ragione, fede-scienza, fede-cultura.
– L’apporto specifico della rivelazione biblico-cristiana con particolare riferimento alla testimonianza di Gesù Cristo.
– La Chiesa come luogo dell’esperienza di salvezza in Cristo: la sua azione nel mondo, i segni della sua vita (Parola-Sacramenti-Carità); i momenti peculiari e significativi della sua storia; i tratti della sua identità di popolo di Dio, istituzione e mistero.
– Il contributo del cristianesimo alla riflessione sui problemi etici più significativi per l’esistenza personale e la convivenza sociale e la sua proposta di soluzione sulla linea dell’autentica crescita dell’uomo e della sua integrale “salvezza”.
SECONDA PARTE: LE DIMENSIONI DELL’I.R.C.
1. LA DIMENSIONE BIBLICA
1.1. Il valore scolastico del documento biblico
La bibbia è il documento storico fondante il cristianesimo.
Una delle linee di contenuto dell’I.R.C. (Insegnamento Religioso Concordatario) è l’accostamento consapevole e metodico alla bibbia. Come documento fondante l’evento cristiano, quindi, la bibbia costituisce una fonte privilegiata per conoscere le radici della religione cattolica.
Nell’accostare didatticamente il documento però vanno salvaguardati alcuni suoi criteri intrinseci:
– l’originalità del testo rispetto ad altri documenti e tradizioni religiose dei popoli,
– la centralità di Cristo, fondatore del cristianesimo, al centro della storia della salvezza narrata dalla bibbia,
– l’accostamento metodico ai testi prescelti. Nella scansione annuale si privilegia un libro all’anno, senza escludere l’allargamento della ricerca alle altre parti del libro sacro.
1.2. Il ruolo della bibbia nell’I.R.C.
La bibbia ha prima di tutto il compito di sostenere con il suo peso storico, culturale, antropologico l’I.R.C. come disciplina scolastica densamente formativa.
L’I.R.C. si caratterizza all’interno della scuola e ne assume i metodi di scoperta e di accostamento alle fonti. Tale accostamento richiede la soluzione del problema del dosaggio: quale rapporto deve avere la scelta dei testi biblici all’interno della disciplina? La bibbia non è un libro di testo, né un testo di storia della religione cattolica, ma un suo documento fondante…
E’ necessario perciò discernere la comprensione culturale, storica, antropologica, religiosa, linguistica del documento e metterlo in confronto con le altre linee del programma.
Diventa inoltre fondamentale accostare il documento biblico secondo il metodo proprio dell’uso delle fonti: è un documento che fonda la storia, le istituzioni, i personaggi, le esperienze del cristiano. Perciò il documento biblico:
– è memoria scritta, organica, oggettiva, autonoma del cristianesimo, quindi suo primario documento storico,
– è motivante lo sviluppo di questa storia narrata. Lo studio del testo biblico non si può ridurre ad una descrizione di come andarono le cose o ad una ideale ricostruzione dei fatti. La bibbia narra fatti radicati nel tempo che portano frutti nella storia futura. La correlazione radice-frutti aiuta a capire le molte realtà della nostra storia attuale. Come interpretare tanta parte della storia dell’arte, della letteratura, del costume, del diritto, delle feste popolari della vita del nostro popolo?
– è seme germinale della storia post-biblica. Vi si trova il nucleo che ha prodotto le conseguenze di questo fatto religioso. E’ per questo fondamentale motivo che vanno evitate letture che ne svisano il ruolo:
· la bibbia non è una raccolta di ricette pronte all’uso;
· la bibbia non è uno zibaldone di storielle edificanti ed amene;
· la bibbia non chiede assolutamente una lettura moralistica;
· la bibbia evita la lettura archeologica ed anacronistica.
La bibbia è memoria critica appellante che spinge ad appropriarsi ed a rendere storica nel tempo la motivazione presente con inesauribile creatività. Perciò:
§ la bibbia non presenta modelli da copiare;
§ la bibbia esprime un messaggio religioso che riguarda il senso ultimo dell’uomo e della sua storia alla luce di Dio;
§ la bibbia testifica che questo rapporto (Dio-uomo-mondo) è stato vissuto in maniera esemplare da Gesù di Nazareth.
1.3. Le vie di approccio al documento
Le vie di approccio al documento biblico possono sinteticamente essere ristrette alle seguenti piste: storica, esperienziale, linguistica e letteraria.
Come documento storico delle origini del cristianesimo, la bibbia ha una sua particolare connotazione nella scuola. Senza il suo spessore storico, essa perde il meglio del suo contenuto e del suo messaggio. Destituito della sua concretezza, il messaggio sarebbe anacronistico, disincarnato, frutto di fantasie, espressione di invenzioni umane…
La lettura esistenziale sembra un approccio abbastanza facile, perché il documento è denso di esperienza di vita e quindi capace di entrare in dialogo con ogni esperienza umana.
La bibbia ha anche la funzione di interpretare religiosamente tutta l’esperienza umana: senza questa lettura essa sarebbe incapace di essere significato per la vita di tutti i tempi.
La pista linguistico-letteraria è forse quella più ignorata attualmente nella scuola. Con il suo ricchissimo linguaggio, il testo ha una sua grandissima forza comunicativa. Senza questa forza comunicativa, la bibbia risulterebbe enormemente depauperata nel suo uso didattico.
Tutti e tre questi approcci sono necessari perché la Bibbia abbia la sua piena ed oggettiva risonanza ed assolva ai suoi molteplici compiti scolastici.
1.4. Gli obiettivi educativi e didattici
Questo capitolo è abbastanza complesso, per la vastità del tema che dovrebbe affrontare. Tuttavia è sufficiente qui precisare alcuni obiettivi più adatti alla scuola, perché in sintonia con i programmi e relativi alle diverse funzioni che la bibbia assolve nel nostro insegnamento religioso.
Le indicazioni riguardano i tre settori di obiettivi relativi agli ambiti storici, antropologici e linguistico-letterari:
1.4.1. Obiettivi relativi alle conoscenze bibliche come documento storico:
– principali conoscenze dell’ambiente ebraico: storia, geografia, cultura, mondo concreto in cui è nata la letteratura biblica;
– principali nozioni delle forme letterarie e loro significati: genere letterario e sua ricchezza, linguaggi, espressioni, parole più ricorrenti;
– conoscenze delle linee principali del messaggio: tappe della storia della salvezza, i principali eventi, le verità rivelate più importanti.
1.4.2. Obiettivi relativi al rapporto tra esperienza biblica ed esperienza umana:
– saper illuminare con il significato biblico le esperienze umane più importanti;
– saper leggere le esperienze attuali in profondità;
– saper raccontare in parole attuali i significati più importanti di alcuni eventi biblici;
– saper cogliere le domande fondamentali della vita a cui la bibbia offre risposte religiose.
1.4.3. Obiettivi relativi alle espressioni linguistiche e all’uso del testo biblico:
– saper vedere il rapporto tra il linguaggio biblico e la sua comunicazione dell’esperienza religiosa;
– saper distinguere i vari generi letterari ed attribuire a ciascuno il suo significato;
– saper distinguere le diverse modalità d’incontro col testo biblico: come storia, come cultura, come letteratura, come esperienza umana, come fede religiosa;
– saper individuare, riconoscere, ricercare un testo con l’ausilio delle sigle;
– conoscere nelle principali parti la distribuzione di tutto il materiale biblico: libri storici, didattici, profetici.
1.5. Il rapporto bibbia-esperienza
E’ necessario suscitare un dialogo vitale tra il mistero di Cristo (Bibbia) e l’esperienza umana profonda, che comporta:
– lo sforzo di rilevare le comuni situazioni esistenziali;
– la capacità di trovare un adeguato linguaggio di comunicazione;
– l’abilità di badare alle componenti di ambiente che giocano sul rapporto Bibbia-uomo: gruppo, comunità ecclesiale, Spirito Santo.
1.5.1. Situazioni esistenziali dell’uomo in dialogo con l’umano biblico.
“Bisogna leggere questo libro umano nel modo più umano possibile, con l’attenzione a ciò di cui è portatore: e cioè la più alta tra tutte le esperienze dell’uomo, l’incontro con la salvezza di Dio” (J.Audinet). Nel mettere in dialogo tra loro le situazioni esistenziali della bibbia e le esperienze “umane” dell’uomo importa:
– saper leggere l’umano sia nella bibbia che nell’uomo. E questo senza falsificazioni amplificatorie o riduttrici;
– esprimere questi “umani” secondo una gerarchia di valori (es. quali sono i valori più importanti per l’uomo nei confronti del cosmo, degli altri, di Dio?…).
Nel confronto con l’umano biblico il credente è invitato non solo a sentirsi arricchito culturalmente, ma chiamato dal di dentro a fare alleanza vitale con Dio che in quell’umano gli si rivela.
In questo confronto è necessario evitare i pericoli dei facili concordismi e delle giustapposizioni estrinseche: che tipo di uomo presenta la bibbia? in che consiste l’umano dell’uomo di oggi? che rapporto si dà tra entrambi? quale ruolo spetta alle scienze “umane”?
Su ogni problema umano non ci può essere una esplicita risposta biblica; occorre sentire la globalità della bibbia sulla visione umana nel piano di Dio, per un confronto sulla esperienza e tener conto di alcune funzioni inalienabili:
– interlocutore di Dio (dimensione teologale): qui si ritrova l’immenso filone di Dio che cerca l’uomo e dell’uomo che cerca Dio, espresso nelle categorie di alleanza, preghiera, misericordia, pace, felicità, salvezza;
– aiuto al suo simile (dimensione sociale): qui si ritrova il tema della comunità, della solidarietà, della responsabilità, del servizio nella carità;
– dominatore del mondo infraumano (dimensione cosmica): qui scopriamo il tema dell’uomo-gloria di Dio, della creazione e del lavoro, dell’attenzione al non alienarsi nelle cose;
– artefice della propria sorte (dimensione storica): qui ci imbattiamo nei temi della vocazione, del fallimento e del peccato, della missione, dell’attesa escatologica.
Perché sulla piattaforma dell’umano ci sia dialogo occorre procedere secondo il movimento dialettico della continuità (= far emergere la profonda convergenza tra Bibbia ed Uomo); della critica (= ciò che nell’uomo è deviato la bibbia lo contesta e lo converte); del superamento (= la bibbia propone una elevazione oltre ogni naturale attesa dell’uomo).
1.5.2. Cura del linguaggio
Non basta una vicinanza di umanità, quando appare irraggiungibile la distanza del linguaggio, diversa per cultura, mentalità, storia. Sorge pertanto l’esigenza di una ri-traduzione, di una vera e propria interpretazione del linguaggio biblico. La stessa bibbia offre esempi di questo linguaggio:
– concreto, comune, aderente alla vita quotidiana;
– simbolico, con immagini che inducono a riflettere;
– stilistico.
1.5.3. L’attenzione alle componenti in gioco: gruppo, chiesa, Spirito Santo
Il dialogo col testo biblico va completato col riferimento a tre componenti che costituiscono il clima in cui l’uomo si trova:
v gruppo: vera e propria iniziativa comunitaria, componenti psicologico-sociologico-religiose;
v Chiesa: l’uomo che accosta la bibbia dialoga con un “umano” che è in relazione vivente con la Chiesa di oggi. Ciò richiede l’ascolto nella fede della Chiesa e spinge a ritrovarsi insieme nella celebrazione della stessa fede;
v Spirito Santo: la bibbia è ispirata e quindi la piena comprensione è possibile solo nella linea di questa precomprensione…
1.5.4. Suggerimenti didattici
Lo studio del documento biblico impone itinerari didattici di approfondimento sui testi, perché non è possibile usare il libro della bibbia come un sussidio didattico totalizzante.
Didatticamente non si tratta di privilegiare una delle dimensioni programmatiche (o teologica, o biblica, o storica o antropologica) indicate, a scapito delle altre, ma integrare tutte le dimensioni con itinerari che sappiano fare riferimento unitario.
1.6. Difetti da evitare:
Ø la bibbia non va presentata come antologia di storie edificanti e piacevoli, fosse anche ciò interessante per i ragazzi;
Ø la bibbia non è un libro di ricette, in cui trovare le soluzioni ad ogni problema umano;
Ø la bibbia non è una fonte da citare con frasi estrapolate dal contesto;
Ø la bibbia non è un libro di meditazione o di lettura spirituale da fare in classe.
1.7. Esigenze da rispettare:
q presentare una lettura globale del testo originale, accostato dal ragazzo con uno schema didattico semplice ed accessibile;
q l’accostamento al brano biblico, in una parte del programma, deve sempre poter fare riferimento alla esperienza in modo che alla domanda di significato che la riflessione provoca, il testo risponda con fatti o con modelli;
q l’ampiezza del testo del programma, accostato in forma organica, permette alla bibbia di esprimere tutte le sue funzioni in autonomia di metodo, anche se non contemporaneamente e con la stessa intensità;
q vanno rispettati i libri biblici scelti nei programmi, perché sono significativi per l’esperienza attuale dei ragazzi.
2. LA DIMENSIONE STORICO-CULTURALE
2.1. Premessa
Questa dimensione costituisce la storia post-biblica dell’evento cristiano che ne caratterizza:
– il rapporto radice-frutti: le oggettivazioni religiose nella storia della Chiesa;
– una dimensione tipicamente scolastica dell’I.R.C.;
– il rapporto fede-cultura nella vita cristiana.
“L’esperienza del ricordare è un momento essenziale non solo dell’agire quotidiano del singolo individuo, ma anche della vita della comunità umana (locale, regionale, nazionale, europea, mondiale), cui l’individuo stesso appartiene. Solo diventando in qualche modo partecipe di questa memoria collettiva si diventa uomini e cittadini, a pieno titolo” (da ‘Programmi di Storia’).
L’I.R.C. traduce questo principio didattico in una programmazione che propone lo studio della storia e della tradizione religiosa della propria regione; i riferimenti concreti alle tappe fondamentali della diffusione del Vangelo in Italia ed in Europa; i riferimenti al Concilio Vaticano II e al recente magistero…
La dimensione storica dell’essere e del divenire umano, del fare e del saper fare, personale e comunitario, è l’asse culturale dell’io profondo moderno e della società laica.
E’ ovvio quindi che anche nella scuola e nell’I.R.C. i programmi rivolgono alla formazione storica una particolare attenzione. E’ necessario però mettere subito in guardia da due deviazioni che sono ben presenti nella storiografia moderna:
– lo storicismo assoluto che relativizza, fino a vanificarlo, il valore della storia; e quindi anche il valore della tradizione cristiana, facendo saltare soprattutto la continuità e l’unità tra tradizione biblica e storia post-biblica;
– la dicotomia, per un verso, tra storia della salvezza e storia umana; e, per l’altro verso, la riduzione della storia della salvezza a semplice storia umana.
2.2. Storia, cultura e maturazione della persona
Poiché l’istituzione scolastica è finalizzata al “pieno sviluppo della personalità dell’alunno”, a “promuovere attraverso il confronto di posizioni culturali la piena formazione della personalità”, la scuola diventa il luogo della formazione umana all’interno di una esperienza culturale.
In ragione di queste motivazioni la scuola riconosce il contributo che l’I.R.C. offre alla formazione della persona umana, attraverso l’interpretazione dei fatti culturali cristiani nella storia, con i valori inerenti a una visione della vita, della storia e del mondo; si tratta delle esperienze umane tra le più significative, dei problemi drammatici e fondamentali della vita, e quindi sono un autentico servizio alla “crescita integrale”.
La motivazione antropologica è avvalorata dal fatto che il cristianesimo è la chiave di lettura dell’intera tradizione europea per motivi storici, culturali e sociologici; inoltre in Italia la religione cattolica è, di fatto, quella di cui l’alunno può avere più facile ed immediata conoscenza ed esperienza personale. “Essa fa parte dell’ambiente culturale e sociale in cui il ragazzo vive; può verificarla all’interno di tutti i suoi aspetti contenutistici, culturali, etici; può confrontarla con le sue aspirazione e le sue esigenze e misurarla anche sul piano storico delle sue realizzazioni, oltre che nella validità del suo messaggio; costituisce inoltre una delle grandi matrici culturali della nostra civiltà occidentale, in modo talmente profondo da renderlo necessario per la comprensione di tutta la nostra civiltà” (cfr AA.VV., Scuola ed educazione religiosa, Ave-UCIIM, Roma p. 54).
Nel nostro contesto culturale quindi l’I.R.C.:
– rende familiare agli alunni le svariate tradizioni che sono all’origine della nostra cultura. Il cristianesimo, che appartiene alla nostra tradizione culturale, si presenta anche – oltre che esperienza di fede – come un insieme di realtà, di situazioni, di avvenimenti che determinano la storia, la vita, il linguaggio, le espressioni dell’arte, della letteratura, della vita sociale, ecc…;
– deve aiutare i ragazzi ad essere se stessi; la religione, con la ricerca del significato ultimo della vita, li aiuta ad accettare il ruolo ed il compito che spetta loro nella società e nella storia. Come fatto culturale estremamente documentabile, il cristianesimo esige di essere letto ed approfondito nei suoi valori;
– non può limitarsi a preparare studenti integrati nell’attuale sistema di vita, ma li aiuta ad essere critici verso ogni sistema per non essere strumentalizzati. L’I.R.C. si propone proprio di relativizzare ogni presunto assolutismo; “si potrà fare meno facilmente alla scuola futura il rimprovero di una sconfinata fiducia nella scienza e nella ideologia, se l’I.R.C. saprà porsi come un’efficace e liberante interpellanza sul senso dell’esistenza” (Sinodo tedesco, 1974).
Le espressioni culturali del fatto cristiano, in sintesi, sono riducibili alle seguenti dimensioni:
§ socio-ecclesiali: rappresentate nelle tre strutture della Chiesa istituzione giuridica (papa, vescovi, sacerdoti, popolo di Dio), ministeri e servizi (opere assistenziali e promozionali), distribuzione territoriale (conferenze episcopali, diocesi, parrocchie);
§ rituali-liturgiche: luoghi di culto, calendario liturgico, feste, sacramenti, riti, tradizioni religiose che costituiscono un abbondante materiale di scoperta e di riflessione sui significati della vita;
§ esistenziali: i cristiani, davanti ai problemi della vita, efficacemente esprimono il sistema dei valori in cui credono e per cui s’impegnano nella storia;
§ artistiche: le varie forme espressive dell’arte sono state regolarmente ispirate nell’arco della storia dal messaggio cristiano;
§ linguistiche: oltre alla ricchissima espressività del documento biblico, che è la matrice della interpretazione cristiana della vita, si diramano di volta in volta formulazione adeguate ai momenti storici (concili) e alle età degli uomini (catechismi);
§ storiche: il cristianesimo si fonda su una storia di salvezza narrata nella bibbia; storia continuata nel tempo dalla Chiesa con la sua molteplice attività che coinvolge il credente in tutte le esperienza culturali e umane.
2.3. La fondamentale dimensione storica del cristianesimo
La dimensione storica dell’IR, per essere autentica, ha bisogno, oltre che di uno schema scientifico e pedagogico-didattico, anche di un serio quadro culturale-teologico idoneo al nostro tempo: tale cioè che, soprattutto sul piano storiografico, comunichi, dialoghi, si confronti con la cultura dominante.
Quando si tratta di storia i cristiani dovrebbero trovarsi a loro agio, perché‚ nei secoli si sono sempre interessati di storia.
– Il cristianesimo è una religione storica; in quanto divino-positiva, è fenomeno storico, un dato di fatto.
– Il metodo storico è in verità una scuola rude, un insegnamento esigente, una disciplina di prim’ordine per la formazione dello spirito.
– Ciò che fa la dignità della storia è il suo scopo: essa tende alla verità; è al servizio della verità; ma la verità storica non è la verità matematica perché‚ non si basa sulla dimostrazione ma sulla testimonianza e sulla interpretazione della verità stessa.
– Il cristianesimo è una religione che salva l’uomo dandogli la comunione con Dio e un nuovo senso alla vita, alla storia umana, all’universo; è una religione che si incarna nella storia, che ha bisogno di una cultura pur non identificandosi con essa.
Didatticamente le due dimensioni culturali (quella moderna e secolare e quella teologico-biblica) vanno interpretate in tensione dialettica e portate all’unità in sintesi culturale nella persona dell’alunno.
L’I.R.C. con la dimensione storica contribuirà alla elaborazione di un nuovo modello di uomo in cui si supera l’equivoco culturale tipico della società secolare, per cui non si riconosce al valore religioso rilevanza politica e civile di interesse pubblico, riducendolo a fatto privato e di parte, a semplice espressione confessionale.
Le indicazioni programmatiche tengono conto di questa fondamentale dimensione del cristianesimo, perché “la storia è il luogo della rivelazione di Dio. Dio agisce nella storia, si rivela per mezzo della storia” (Latourelle).
Tale concezione ha un duplice effetto, quello di valorizzare la storia in modo che gli avvenimenti acquistino una nuova dimensione; e quello di dare alla rivelazione un carattere intenso di attualizzazione.
Entrando in merito ai programmi è bene sapere quali sono gli ambiti che in un modo o nell’altro appartengono alla sfera storica.
Dal punto di vista teologico la storia della salvezza è centrata sul mistero di Cristo: Uomo-Dio-Salvatore e tutto ciò che significa e racchiude.
Dal punto di vista scientifico-metodologico la storia fa riferimento alle sue fonti, perché senza fonti non si fa storia. Per l’I.R.C. sarà perciò necessario riferirsi alle fonti della storia della salvezza: venti secoli di storia del cristianesimo costituiscono un patrimonio storico e culturale impressionante dell’umanità e non solo della Chiesa, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Le linee di sviluppo della storia della salvezza, nella sua unità e continuità, nella sua varietà e gradualità, nella sua pedagogia ed economia, sono sostanzialmente tre:
§ la storia biblica,
§ la storia del cristianesimo post-biblico.
§ la storia umana (dimensione antropologico-cosmica).
a) Le categorie della storia biblica sono: incarnazione, teandricità, mistero pasquale, pentecoste, redenzione, parusia.
b) Le categorie ecclesiologiche sono costituite dalle note della chiesa (una, santa, cattolica, apostolica) che vanno applicate e sviluppate secondo le coordinate di tempo (sincronia e diacronia) e di spazio (località e universalità).
c) Le categorie antropologiche: di tipo culturale; individuali (esistenzialità, libertà, uguaglianza), sociali e comunitarie (giustizia, pace, partecipazione); di tipo etnico (nazionali e soprannazionali), di tipo cosmico-ecologico, ecc.
In conclusione, l’insegnante di religione dovrà fare una buona mediazione culturale e metodologica, perché i suoi allievi scoprano nella storia degli effetti biblici un punto che dalla tradizione biblica arrivi fino a noi; “un ponte che gli allievi debbono attraversare se non si vuole che le due rive rimangano invincibilmente separate” (C. Bissoli).
Tale mediazione, per essere efficace ed autentica non deve tanto tendere a trattare i contenuti biblici e post-biblici in se stessi, ma deve puntare sulla categoria pedagogica della connessione tra i contenuti stessi e la vita dei soggetti a cui l’azione educativa è rivolta.
Prima che problema di metodo, però, è problema di contenuti e di mentalità. Si tratta di prendere migliore coscienza:
– del rapporto della religione con la storia,
– della correlazione tra le diverse epoche e forme della storia cristiana cui dà lettura culturale e unitaria il vangelo,
– della domanda, da parte dell’uomo moderno, di dare un senso, una risposta profonda e risolutiva all’ambiguità della sua storia attuale.
La metodologia storica evidenzia:
– l’amore alle fonti della esperienza storica cristiana passata e presente: il documento non parla da solo, ma risponde a delle domande;
– la pedagogia dei segni storici, passati e presenti nella vita della Chiesa;
– il gusto e l’arte del linguaggio narrativo, evocativo, simbolico.
3. LA DIMENSIONE ANTROPOLOGICA
3.1. Premessa
La dimensione antropologica dell’I.R.C., nelle sue principali linee di contenuto, specifica l’identità dell’uomo (quale uomo?) e la scansione dei contenuti del “progetto cristiano” per l’esperienza del ragazzo della scuola.
In un pluralismo culturale con diversi progetti-uomo, l’I.R.C. non può non descrivere il modello “uomo” secondo la dottrina cattolica, sia pure messa a confronto con altri modelli.
3.2. I termini che ne descrivono la dimensione costitutiva
L’uomo
– è un essere personale in rapporto a Dio,
– che occupa una particolare posizione nel creato,
– che vive una situazione di dipendenza,
– che ha coscienza della propria responsabilità,
– che si scopre peccabile, indigente, caduco,
– che possiede uno spirito con una forza di vita,
– che sa di essere razionale e cosciente.
3.3. I ritmi temporali della vita umana
L’uomo
– è radicato nel tempo con la sua interezza esistenziale,
– ha una vita che non può essere avulsa dalla storia,
– non si può creare paradisi artificiali di evasione spiritualistica davanti alle difficoltà ambientali,
– è chiamato continuamente a vivere in prima persona questa storia come protagonista e come collaboratore di Dio,
– è chiamato, all’interno di questa storia ambivalente, ad essere profeta di speranza teologale, perché la storia è una “storia di salvezza”.
3.4. Il mondo dell’uomo e la trama delle sue relazioni
L’uomo realizza una vasta gamma di relazioni in un equilibrio dinamico
– con se stesso e la propria coscienza,
– con il mondo della natura e della creazione,
– con gli altri uomini suoi simili, a diversi livelli di relazionalità e di profondità,
– con il suo Creatore.
Ne conseguono una serie di temi antropologici legati a questa dinamica e completa visione della realtà “uomo” e di cui la scuola non può non farsi carico soprattutto per la sua valenza educativa: l’interpersonalità, la sessualità, la corporeità, la simbolicità, la storicità, l’esperienza, la coscienza, la libertà, la relazionalità.
3.5. Le conseguenze didattiche
3.5.1. Una sensibilità maturata lentamente
– fase della riproduzione materiale dei contenuti teologici, con la concentrazione sugli aspetti metodologici dell’apprendimento;
– fase della ricerca dei contenuti nuovi, con un ritorno senza mediazioni al messaggio biblico;
– fase dell’attenzione all’esperienza umana come punto di partenza per la comunicazione religiosa e come polo di riferimento per lo sviluppo di esso (svolta antropologica);
3.5.2. Svolta antropologica o attenzione nuova ai problemi della esperienza: orientamenti didattici
– la partenza dai bisogni e dalle esperienze più immediate e superficiali:
§ pericolo di restare bloccati nell’analisi di essi,
§ difficoltà nel passaggio alla comunicazione religiosa,
§ giustapposizione del discorso umano e di quello religioso con il rischio del dualismo o del moralismo,
§ frammentarietà ed inconcludenza del procedimento;
– l’attenzione alla dimensione socio-politica e meno a quella individuale dell’esperienza:
§ pericolo di cadere in un discorso tecnico sul sociopolitico, senza coinvolgimento personale,
§ giustapposizione della comunicazione religiosa non motivante, estrinseca al problema, moralistica,
§ possibile riduzionismo del significato religioso della esperienza, strettamente funzionale al socio-politico,
§ frammentarietà e non significatività del procedimento senza visione unitaria del procedimento educativo;
– ulteriore maturazione dell’approccio antropologico e interpretazione più ricca e complessa della dimensione esperienziale, sotto la spinta dei documenti conciliari:
§ ampliamento del concetto di esperienza,
§ superamento della giustapposizione fra umano e religioso: l’umano visto in continuità con il religioso in un dialogo continuo fra i due poli,
§ incontro tra rivelazione e situazione dell’uomo, tra fede e vita sul terreno comune dell’esperienza: cioè l’esperienza è letta a diversi livelli di significatività,
§ giustificazione teologica di questo incontro-dialogo continuo fra religione e vita, che utilizza un procedimento circolare di interpretazione (circolo ermeneutico);
– le applicazioni alla didattica:
§ attenzione alle esperienze e alle domande significative: approfondimento (educazione) di esse per far nascere al suo interno domande di senso;
§ alle domande di senso il messaggio cristiano rivela le sue risposte di salvezza;
§ il messaggio cristiano non è un messaggio astratto, ma sostanziato di esperienza (evento biblico, mediazione della Chiesa, attenzione alle esigenze del soggetto…).
3.6. Rilevanza antropologica della bibbia
Il valore scolastico del documento biblico può attribuire allo I.R.C.
– una grossa rilevanza antropologica. Il ragazzo con la sua esperienza vitale rimane al centro di questa lettura; anche se per ragioni intrinseche il documento biblico la trascende immensamente. E’ comunque una esperienza valida in sè e deve poter costituire riferimento per la riflessione. Una scuola che non aiuti a riflettere sulla vita e sui suoi significati, soprattutto nelle dimensioni più profonde, non può dire di svolgere un servizio all’uomo-ragazzo in crescita;
– una valida rilevanza pedagogica. Il ragazzo, seriamente e criticamente, viene messo davanti al problema religioso con cui può mettersi coscientemente in relazione ed arrivare alle sue libere scelte… Una scuola che non metta il ragazzo davanti alle grandi scelte della vita, compresa quella religiosa e non gli offra la possibilità di farla, personalmente, ma alla luce di motivi seri, non può dire di essere autentica struttura educativa. I motivi antropologici, storici, culturali sono le ragioni in base alle quali potersi confrontare.
4. LA DIMENSIONE PEDAGOGICA E METODOLOGICA
La dimensione pedagogica e metodologica dell’I.R.C. nel suo rapporto con le altre discipline scolastiche.
4.1. Rapporto tra IR e Premesse pedagogiche ai programmi
E’ necessario collocare l’I.R.C. all’interno della scuola, perché non ne risulti estraneo. Sorge perciò la domanda: a quali finalità mira la scuola e che l’I.R.C. deve rispettare?
Troviamo queste finalità nella premesse generali ai programmi ministeriali di ogni ordine e grado di scuola, da cui appare il grande valore pedagogico di ogni disciplina.
4.1.1. Scuola della formazione dell’uomo e del cittadino
La scuola appare sempre più una istituzione formativa in cui le singole discipline sono viste in funzione educativa; una scuola intesa come luogo della formazione unitaria di base, demandando successivamente al mondo del lavoro e della professione l’addestramento e la specializzazione; una scuola della formazione critica della persona e quindi aperta ai valori: perciò sarà una scuola liberante nei confronti dei molteplici condizionamenti soprattutto ideologici e sociologici che impediscono lo sviluppo della piena libertà personale.
In questo contesto l’I.R.C. assume una motivazione scolastica, educativa della integralità della persona; le conseguenze sul piano dei contenuti come su quello del metodo sono significativamente nuove.
4.1.2. Scuola che colloca nel mondo
Si tratta di una espressione icastica che vuole sottolineare l’esigenza di capire l’ambiente in cui si vive e non solo quello che si ha immediatamente sotto gli occhi; il ragazzo viene aiutato ad essere cittadino del mondo, per nulla perdendo della sua singolarità di uomo e di cittadino del suo paese.
E’ chiara perciò la finalità di una visione più approfondita del rapporto società-scuola; anche in questa dimensione l’I.R.C. ha una sua connotazione: aiuta il ragazzo ad entrare in dialogo con la dimensione culturale e storica del fatto cristiano.
4.1.3.Una scuola in funzione orientativa
L’orientamento si pone nel contesto della esperienza che il ragazzo, mediante l’apporto delle varie discipline, va facendo attraverso la scoperta dei valori che lo possono guidare alle scelte della vita: una scuola perciò che rispetta i ritmi della crescita, che si adegua al singolo…
In questo senso l’I.R.C. è fortemente significativo, perché integra i significati umani delle singole discipline ed apre a prospettive di vita orientata dal Trascendente.
4.1.4. Una scuola secondaria… obbligatoria
Una scuola che vuole essere di tutti, perché non al servizio di una “classe”, ma del popolo con una fondamentale uguaglianza di partenza; democratica perché educa ai valori dell’uguaglianza e della democrazia e si configuri come diritto-dovere di tutti.
L’espansione quantitativa dei beni della cultura rappresenta anche un salto qualitativo. L’IR è un servizio offerto a tutti…
4.1.5. Un servizio educativo
L’I.R.C. sollecita nel ragazzo il risveglio dell’interesse religioso, gli interrogativi profondi dell’esistenza, la maturazione della sua personalità nella dimensione religiosa.
Esso abilita ad affrontare il problema religioso, sia attraverso una conoscenza ed una esperienza riflessa, sia favorendo la formazione degli atteggiamenti che ne condizionano la ricerca, sia guidando alla scoperta di valori che possono orientare liberamente la propria vita alla luce di Dio. L’I.R.C. in definitiva promuove una graduale presa di coscienza della propria identità in rapporto a Dio ed in rapporto alla tradizione religiosa a cui il ragazzo appartiene, soprattutto facendo leva sulle facoltà critiche e conoscitive ed arricchendo il linguaggio nella dimensione della esperienza religiosa.
4.1.6. Momento di ricerca e di conoscenza documentata
L’insegnante, mentre sollecita la partecipazione attiva degli alunni nel rilevare e discernere i problemi ed i valori religiosi, insieme si preoccupa di offrire i riferimenti essenziali, in rapporto ai segni della religiosità presenti nella cultura e nella società in genere, e specificamente in rapporto alla verità ed ai valori che sono patrimonio della tradizione cristiana.
L’età dei ragazzi non consente infatti che si sviluppi una educazione alla religiosità, a partire da categorie astratte, avulse da precisi modelli e valori vissuti. Occorre al contrario produrre un accostamento documentato e fondamentalmente critico alle fonti, ai segni e ai modelli che sono propri di una tradizione religiosa cattolica, presente nell’ambiente.
Esplicitamente i programmi invitano a favorire il confronto aperto e il dialogo con altre forme e tradizioni religiose culturalmente rilevanti. In questa prospettiva si comprende anche la sottolineatura della educazione religiosa come educazione linguistica e letteraria.
I programmi riconoscono che in tal modo l’acquisizione di talune formule verbali, la conoscenza dei principali segni del linguaggio religioso cristiano, delle molte espressioni tipiche dell’arte religiosa come della religiosità popolare, possa arricchire la capacità espressiva e comunicativa e rappresenta il presupposto irrinunciabile al dialogo civile tra le differenti credenze e culture.
4.1.7. Un servizio originale
Per un’apertura dello spirito il ragazzo è invitato a far riferimento a mete educative che dicono apertura a Dio, ai valori dello spirito, al gusto del vero e del bello, al superamento dell’intolleranza, alla solidarietà tra gli uomini, nel confronto con la dottrina cattolica.
Punto di partenza, finalità, contenuti, metodi, sono da caratterizzarsi in modo originale rispetto ad ogni altro momento e ambito educativo.
L’insegnante non presume una particolare professione di fede dagli allievi, neanche da quelli che hanno liberamente scelto di avvalersi e che sono cristiani. Non fa leva particolarmente sugli aspetti emotivi dell’esperienza religiosa, su quelli parenetici, sui momenti celebrativi; non si propone come traguardo ideale la celebrazione o la professione di fede in classe.
L’I.R.C. è perciò diverso dalla catechesi in parrocchia, dalla educazione cristiana in famiglia. Tutto ciò non impedisce che l’insegnante di religione sia motivato intenzionalmente dal suo desiderio più profondo: quello di aprire la mente ed il cuore degli alunni al messaggio cristiano, nel rispetto della loro coscienza e delle tradizioni delle loro famiglie.
4.2. L’I.R.C. e la programmazione educativa
Le premesse ai programmi sviluppano la dimensione pedagogica della scuola facendo tre affermazioni fondamentali:
– il ragazzo e non il programma è al centro dell’attenzione pedagogica dell’insegnante;
– l’apprendimento deve essere favorito attraverso la legge della “unitariet… educativa”;
– le singole discipline vanno lette non solo in se stesse, ma soprattutto in rapporto alle medesime premesse.
4.3. Prendere sul serio il ragazzo
La prima considerazione concerne “la realtà dell’alunno che si trova nella fase evolutiva della crescita; e siccome la scuola “è formativa in quanto si preoccupa di offrire occasioni di sviluppo in tutte le direzioni (etiche, religiose, sociali, intellettive, affettive, ecc.)”, anche l’I.R.C. si preoccupa di predisporre il suo itinerario pedagogico a partire dalla realtà del soggetto:
– la labile età di crescita ed i suoi problemi di adattamento al mondo esterno;
– lo sviluppo delle capacità in rapporto alla persona e alla difficile relazione con gli altri;
– il condizionamento dei diversi livelli culturali di partenza e l’esigenza di un itinerario educativo individualizzato;
– il problema degli handicaps ed il modo di risolverli.
Sono questi i punti pedagogici affrontati nelle premesse e costituiscono un invito pressante ad assumere la realtà del soggetto come condizione preliminare per un itinerario didattico efficiente.
Anche nell’I.R.C. la realtà personale degli allievi costituisce la “dimensione esistenziale” che viene sviluppata in una linea programmatica i cui tratti caratteristici sono oggetto dei programmi. E’ condizione indispensabile per aiutare il ragazzo di questa età a crescere come uomo e come cittadino.
4.4. La programmazione educativa e didattica
La premessa sviluppa il concetto della programmazione educativa e didattica ed il loro rapporto. Si vuole così sottolineare il concetto che nella scuola ogni programmazione educativa non può non farsi carico anche degli strumenti della dinamica insegnamento-apprendimento (e quindi della didattica), per realizzare quella crescita di patrimonio culturale che è tanta parte della dimensione educativa. Si indicano con dovizia di riferimenti concreti il significato, gli scopi, le tappe della programmazione partendo dalla precisazione che essa non solo è l’atto preliminare del corpo docente quando si accinge al lavoro di inizio d’anno, ma è anche un impegno soggetto a periodiche verifiche e valutazioni.
Si tratta di un vero e proprio progetto educativo-didattico che scandisce i punti che sono come i gradini obbligati di questo significativo cammino.
Se non si vuole esporre all’inutilità questo progetto di itinerario pedagogico-didattico, sarà necessario che gli insegnanti si facciano carico di questa competenza pedagogica.
In realtà si ha l’impressione che si abbiano a proposito della programmazione diversi atteggiamenti:
– disattenzione diffusa: molti pensano di trovarsi di fronte ad una mera astrazione, uno dei tanti termini ornativi di cui sia infarcita la pedagogia di maniera;
– latente o palese ostilità sorge dal sospetto che si voglia imporre un lavoro in più che si viene ad aggiungere alla scheda, alle riunioni collegiali;
– equivoci: si identifica spesso la programmazione col programma o col piano di lavoro annuale del consiglio di classe, che il più delle volte Š la somma dei singoli piani cuciti insieme.
4.5. Le discipline come educazione
L’attenzione educativa delle premesse passa in rassegna le singole discipline intese come “educazione”. Si ribadisce il concetto che esse sono strumenti del sapere e non fini del sapere, e si precisa che tale sapere ha una sua esigenza fortemente unitaria che va assicurata. Le discipline concorrono all’educazione della persona e la struttura della persona è fortemente unitaria, pur nei suoi aspetti differenziati.
Nella scuola le diverse discipline, rappresentative di una pluralità di contenuti e sollecitazioni culturali e impartite da una pluralità di docenti, rispondono alla esigenza del ragazzo che, dalla fase indifferenziata della scuola primaria, il cui sapere globalmente inteso si manifesta in forme ancora più larghe ed indistinte, passa alla fase dell’analisi (cioè del bisogno di visioni differenziate e distinte), per avviarsi alla suprema conquista della sintesi.
Ciò non significa che le diverse discipline restino, nella singolarità dei loro contributi, particelle separate sia pure di un medesimo disegno culturale: esse trovano la loro unità nella intesa sugli obiettivi e sui metodi (interdisciplinarità) e nella costante verifica programmatica del Consiglio di classe.
Vengono quindi passate in rassegna tutte le discipline, sottolineandone gli aspetti caratterizzanti la formazione unitaria. A proposito dell’educazione religiosa si afferma che nel processo evolutivo e culturale dell’educazione, promosso e perseguito dalla scuola, essa trova la sua collocazione, proposta nei suoi motivi specifici ed autentici di esigenza e di esperienza spirituale, e nei suoi aspetti affettivi, intellettivi, etici e sociali ordinati a promuovere la fratellanza, la giustizia e la pace tra gli uomini illuminati dal trascendente.
4.6. Quale uomo?
Da tutto l’insieme dei programmi, come dalle indicazioni delle premessa pedagogiche emerge questo uomo-persona che manifesta le seguenti caratteristiche:
– un valore primario ed essenziale, al cui servizio la scuola deve mettersi, in una prospettiva pedagogica personalistica ed individualizzata; ne consegue il primato assoluto della persona sulle istituzioni, sui programmi, sui contenuti, sui metodi;
– un insieme organico di comportamenti attuali e potenziali: ne consegue un’azione educativa che sia attenta a tutte le dimensioni della persona, per svilupparle armonicamente nell’unità interiore dell’io;
– un progetto dinamico di sviluppo sempre aperto, in un processo di progressiva interiorizzazione del vissuto, orientato ai valori compreso il trascendente; ne consegue un itinerario di autocoscienza, di autosviluppo, di autoprogettazione.
4.7. Quale metodo?
A conclusione di queste precisazioni, le premesse pedagogiche ai programmi e alle singole discipline indicano alcune piste metodologiche:
– l’esigenza di una graduale sistemazione di esperienze e di conoscenze, per raggiungere l’unità del sapere;
– l’uso del metodo induttivo e della ricerca euristica ed ermeneutica;
– la socializzazione dell’insegnamento come “educazione a vivere insieme”;
– l’individualizzazione dell’insegnamento come esigenza di adeguamento ai singoli;
– l’esigenza del dialogo in un rapporto personalizzato;
– l’evitare il presentismo col recupero della dimensione storica che assicura la continuità della vita nelle culture,
– l’evitare l’episodicità valorizzando la visione d’insieme della disciplina e delle discipline;
– il superamento del nozionismo con l’invito alla ricerca, allo sviluppo degli interessi, al collegamento dei valori scoperti…
TERZA PARTE: DAI PROGRAMMI ALLA PROGETTAZIONE DIDATTICA
1. Alcune precisazioni terminologiche
Per sgomberare il campo da ogni equivoco, si precisano i significati dei termini che risuonano continuamente nell’ambito scolastico a proposito dell’Insegnamento Religioso Concordatario. Partiamo dal termine “disciplina” e alcuni suoi composti che corrono (forse in modo un po’ confuso) nella scuola, insieme con le teorie del curricolo e della programmazione.
1.1. DISCIPLINA
E’ un insieme specifico di conoscenze che possiede delle caratteristiche proprie sul piano dei concetti, delle procedure e dei metodi.
La parola, nel linguaggio corrente, viene spesso utilizzata come sinonimo di materia che, viceversa, deve essere correttamente intesa come aspetto scolastico della disciplina: cioè, quella scelta di metodi e contenuti che vengono trasmessi nell’insegnamento, secondo le indicazioni dei programmi.
1.2. MULTIDISCIPLINARITA’
Si intende una compresenza di discipline diverse proposte simultaneamente senza che ne vengano evidenziate le reciproche relazioni. Ogni disciplina ha metodi e obiettivi propri, che determinano risultati indipendenti. E’ ciò che avviene nella comune prassi scolastica attuale, specialmente nella secondaria superiore, dove ogni “materia” va per conto suo.
1.3. PLURlDISCIPLlNARlTA’
Fra le diverse discipline simultaneamente proposte vengono evidenziate le relazioni. Ciò può determinare un accorpamento per affinità di campo di indagine, e favorire il confronto fra metodi, obiettivi, risultati senza tuttavia creare interazioni.
Nella scuola ciò avviene quando tra docenti esiste dialogo e confronto didattico, senza che si arrivi ad una vera programmazione di interazioni educative.
1.4. INTERDISCIPLlNARITA’
E’ una interazione esistente tra due o più discipline che può andare dalla semplice comunicazione di idee fino alla scoperta di relazioni strutturali, alla mutua integrazione dei concetti di base, delle epistemologie, dell’organizzazione della ricerca e della didattica.
Un gruppo interdisciplinare si compone di persone che si sono formate in campi disciplinari diversi aventi concetti, metodi, strumenti propri, che si uniscono per risolvere un problema complesso.
Nella scuola sono (o devono consapevolmente diventare gruppi interdisciplinari) i Consigli di classe, con riflessi molto importanti anche sul lavoro dei Collegi dei Docenti.
Un Consiglio di classe, infatti, è un gruppo di persone formate in campi disciplinari diversi, che si uniscono per risolvere il problema complesso della educazione/formazione scolastica dei loro comuni allievi, ciascuno tenendo come strumenti i concetti, i metodi, i contenuti peculiari della sua disciplina, da coordinare e armonizzare con gli strumenti degli altri.
1.5. TRANSDISCIPLINARITA’
E’ la coordinazione complessa di discipline singole e di gruppi di discipline, anche a livello gerarchico diverso, per organizzare obiettivi comuni e schemi epistemologici in cui l’interazione di metodi e contenuti sia indispensabile ed in cui i risultati parziali divengono fondamento per la prosecuzione della ricerca.
Appartiene a questo livello l’approccio sistemico alla realtà che prevede, anche, un linguaggio transdisciplinare costruito attraverso radici specifiche e capaci di sintesi globale.
Nella scuola è finora assente un discorso di questo genere: ma se i docenti si proponessero di ottenere risultati comuni di sviluppo mentale, affettivo, motorio, personale e collettivo dei loro allievi e si confrontassero regolarmente sui risultati ottenuti con l’uso educativo delle loro materie (metodi ancora più che contenuti) e sul rinforzo che i risultati di ciascuna materia possono dare per migliorare i risultati delle altre, questa sarebbe una utilissima forma di “transdisciplinarità didattico-educativa”.
1.6. PROGRAMMA
Il “programma” costituisce il momento fondante, a livello giuridico e pedagogico, dell’insegnamento religioso scolastico, emanato con DPR dal Presidente della Repubblica. Costituisce perciò per la scuola e gli insegnanti riferimento vincolante per la disciplina I.R.C. e legge-quadro entro cui si precisano i libri di testi, i sussidi didattici, la programmazione e la progettazione didattica della disciplina.
Il programma non si concepisce come un modello di conduzione logica dei contenuti della disciplina, ma rispecchia fondamentalmente una strategia che tiene conto di tutti gli elementi che entrano in gioco in un processo didattico: allievi, docenti, finalità, obiettivi e contenuti, metodo, verifica.
Gli attuali programmi dell’I.R.C. costituiscono perciò, da questo punto di vista, riferimento didatticamente e culturalmente qualificato: coagulano studi pedagogici recenti, ricerche stimolanti nelle discipline in gioco, orientamenti didattici attuali…
I programmi perciò vanno studiati e portati avanti con fiducia e coraggio, per evitare il pericolo dell’improvvisazione didattica tutt’altro che remoto.
1.7. CURRICOLO
E’ l’orientamento pedagogico didattico verso una meta, come processo di apprendimento: coordina gli elementi didattici, in vista del raggiungimento di obiettivi controllandone il processo.
Il curricolo, quindi, non è riducibile al “piano di studio” (cioè materia scolastica organizzata secondo una logica a scansione temporale); non è da restringere alla “lezione scolastica” e neppure all’unità didattica…; non è solo ciò che fa l’insegnante ma anche quello che fanno gli allievi.
Il cammino del curricolo comporta:
– la precisazione della meta da raggiungere. La metodologia pedagogica indica come deve essere la meta, come deve tradursi in obiettivi educativi. La didattica della disciplina indica come devono essere predisposti i suoi “obiettivi didattici”;
– la descrizione dell’”itinerario” insito nel concetto di curricolo: con la partenza e l’arrivo e con tutte le caratteristiche del “processo”;
– il controllo dell’itinerario, nel fedele confronto tra i risultati raggiunti e gli obiettivi programmati;
– la precisazione dei contenuti della disciplina e la descrizione del metodo: il “che cosa” ed il “come”;
– le scelte che l’insegnante è chiamato fare, motivate sulla base di una teoria dell’insegnamento.
1.8. PROGRAMMAZIONE
Indica il momento della concretizzazione del programma, rapportato alla situazione particolare di una scuola e di un progetto didattico. In pratica indica la “programmazione curricolare”. I due termini costituiscono una endiadi ed indicano il medesimo progetto.
E’ un progetto educativo finalizzato allo sviluppo globale della personalità, attraverso il concorso delle singole discipline, con interventi pianificati, graduali e vari.
Per essere completo, come progetto educativo, la programmazione va realizzata a livello di:
– Distretto Scolastico: è un tipo di programmazione che riguarda l’elaborazione di un piano scolastico di educazione nella scuola che coinvolge tutte le persone e le istituzioni interessate al problema educativo e concerne le strutture ed i mezzi per un’azione educativa adeguata alle esigenze della situazione.
– Istituto Scolastico: è la programmazione istituzionale e riguarda l’individuazione degli obiettivi educativi comuni a tutta l’unità scolastica locale.
– Classe: è la specificazione e la concretizzazione della programmazione fatta dalla scuola, in riferimento agli obiettivi, ai contenuti, ai metodi di un itinerario pedagogico-didattico annuale o pluriennale per una classe o per classi parallele.
1.9. PROGETTAZIONE
E’ la programmazione fatta a livello di singola disciplina e deve fondamentalmente rispondere ad alcuni quesiti:
– quali sono le finalità educative, verosimilmente possibili, che la scuola potrebbe raggiungere;
– quali esperienze educative, adatte a raggiungere queste finalità, sono disponibili concretamente;
– come possono essere organizzate queste esperienze;
– in qual modo è possibile verificare che queste finalità siano state raggiunte.
1.10.DIDATTICA
E’ quel tipo di conoscenza che è in grado non solo di comprendere e guidare ciò che avviene durante un’ora di scolastica, ma anche di essere strumento intellettuale che consente di progettare e produrre un’azione educativa.
Un’azione cioè coerente con gli obiettivi di una scuola che educa con intenzionalità, sistematicità, razionalità. In pratica si tratta di realizzare un raccordo tra la disciplina che deve essere appresa, le scienze dell’educazione, l’azione educativa concreta ed immediata.
1.11. UNITA’ DIDATTICA
L’unità didattica è una “microprogettazione” all’interno del curricolo più ampio e globale. “Per unità didattica si intende un itinerario didattico relativamente compiuto, mediante il quale un argomento oppure un elemento significativo e rappresentativo dell’ambiente di vita, attraverso una serie articolata di attività, conduce a risultati validi ed efficaci; in termini di apprendimento e relativi agli obiettivi indicati dai programmi” (Elio Damiano).
Per costruire una unità didattica è necessario:
– giustificare la scelta del tema;
– stabilire i prerequisiti (conoscenze, esperienze) necessari o utili per lo svolgimento dell’U.D.;
– ipotizzare le diverse fasi del lavoro, ordinandole successivamente in sequenze di apprendimento;
– costruire le prove di valutazione, per accertarne al termine i risultati conseguiti.
2. Le fasi della programmazione curricolare
2.1. PRIMA FASE – L’ANALISI DELLA SITUAZIONE DI PARTENZA
La programmazione curricolare poggia sul principio della realtà e della storicità. Perciò il punto di partenza suppone un’attenta analisi di tutti gli elementi e di tutte le variabili sulle quali ed attraverso le quali l’azione educativa trova la sua realizzazione “concreta”.
Bisognerà perciò scandagliare l’area psicologica (che interessa l’allievo), l’area sociale (che interessa l’ambiente in cui l’allievo vive), l’area culturale (i valori che circolano), l’area interdisciplinare (per trovare possibili agganci e confronti).
2.1.1. LA CONOSCENZA DEGLI ALUNNI
· Saremo stimolati da come e dal che cosa osservare per arrivare ad una conoscenza il più oggettiva possibile della condizione psicologica degli allievi:
– l’osservazione diretta del loro comportamento;
– lo studio dei tratti psicologici più salienti dell’età e in genera]e della personalità evolutiva in transizione;
– la verifica sperimentale su alcuni aspetti della loro personalità mediante applicazione di questionari, tests, prove, ecc.
* Essendo la nostra analisi finalizzata alla programmazione educativa in genere e didattica religiosa in specie, analizzeremo anche in modo particolare:
– i dati generali di interesse educativo e didattico;
§ precedenti esperienze scolastiche degli alunni
§ rilievi condotti da altri docenti
§ particolari propensioni personali
§ rilievi sul livello globale di espressione linguistica e di maturazione cognitiva e socio-emotiva;
– rilievi specifici sul comportamento e sulle conoscenze religiose:
§ analisi dettagliata dei livelli iniziali di capacità e di conoscenza in possesso dell’alunno verso la disciplina religiosa;
§ rilievi generali sul livello globale di maturazione religiosa;
§ atteggiamenti nei confronti della disciplina: interessi, simpatie, comportamenti.
2.1.2. LA CONOSCENZA DELL’AMBIENTE FAMILIARE
La famiglia dell’alunno assume un notevole rilievo ai fini della analisi della situazione di partenza, perché esercita una grande influenza nel determinare comportamenti e scelte operative.
I fattori generali di ordine psicologico che assumono rilevanza positiva o negativa sulla situazione di partenza e la successiva esperienza scolastica degli alunni sono:
– le caratteristiche dell’abitazione e l’ampiezza e la composizione del nucleo familiare,
– lo status sociale ed economico dei suoi membri,
– gli interessi culturali e i codici linguistici dei membri,
– le opportunità educative disponibili e le occasioni di confronto sui valori della vita,
– i rapporti coi genitori in relazione all’impegno scolastico,
– i livelli di aspirazione della famiglia, nei confronti della riuscita professionale, con gli stimoli educativi e le forme di controllo e di disciplina adottati,
– il valore ed il significato che la famiglia attribuisce alla istruzione, le pressioni che i genitori esercitano nei confronti del successo scolastico dei figli…
2.1.3. ANALISI DELL’AMBIENTE SCOLASTICO
Quando si parla dell’analisi dell’ambiente scolastico, si pensa subito alla scuola come servizi, organizzazione, sussidi, dotazioni didattiche, risorse materiali ed umane disponibili e tutto ciò che influenza costantemente la qualità dell’opera educativa.
Se questo è relativamente vero, tuttavia sono più efficaci sulla educazione scolastica gli aspetti strutturali della scuola a due livelli di funzionalità:
· funzionalità di prodotto che evidenzia la necessita di raccogliere dati relativi alle caratteristiche ed allo sviluppo di itinerari formativi, nelle loro dimensioni qualitative e quantitative (tassi d’iscrizione, dinamica della selezione scolastica, aree culturali e disciplinari privilegiate), consentendo in tal modo di delineare un quadro sommario della specifica funzione sociale e formativa della scuola;
* funzionalità di processo che pone l’accento sull’operatività reale della scuola, proprio perché non è possibile puntare su una nuova professionalità dei docenti, scindendola da nuove e diverse condizioni di lavoro nella scuola.
Questa diagnosi investe tutti gli organi che toccano in qualche modo le condizioni complessive di lavoro della scuola:
– il funzionamento degli organi collegiali,
– i rapporti coi livelli scolastici immediatamente precedenti e
– successivi,
– i rapporti coi servizi extra-scolastici,
– l’aggiornamento degli insegnanti,
– i rapporti scuola-famiglia.
· Ad essi si aggiungono quei fattori che concorrono a creare il clima organizzativo della scuola:
– le relazioni interpersonali,
– lo stile di conduzione e di “autorità”,
– i livelli di soddisfazione professionale,
– la periodicità e la natura degli incontri tra docenti,
– la formazione e la qualificazione docente,
– l’impostazione pedagogico-didattica.
2.1.4. L’ANALISI DELL’AMBIENTE SOCIO-ECONOMICO E CULTURALE
Per restringere il campo all’ambiente in cui agisce la scuola, ci dobbiamo riferire a fattori generali e fattori specifici. Per quanto riguarda i primi si tratta dei dati reperibili nelle sedi di intervento amministrativo e sindacale (quartiere, comune, circoscrizione):
– struttura economica del territorio,
– stratificazione sociale e professionale della popolazione,
– provenienza geografica ed andamento demografico,
– struttura ed organizzazione dei servizi pubblici,
– risorse culturali presenti.
Di questi dati occorre però un lavoro previo di selezione e di valutazione critica.
I fattori specifici andranno individuati attraverso una diretta rilevazione dei dati; ciò significa che l’informazione andrà registrata all’origine, quindi soprattutto nel contesto familiare.
* A conclusione si può dire che dall’analisi della situazione possono emergere alcune condizioni di partenza che influenzano la vita ed il comportamento attuale degli allievi, sia in generale che in ordine all’insegnamento religioso: idee, valori, comportamenti “in contrasto” col processo educativo, “confusi” e incompleti, sufficientemente positivi…; di questi valori si terrà conto in fase di programmazione curricolare.
Per le necessarie conoscenze di partenza dell’I.R.C. per ogni ciclo didattico, sarà inoltre necessario verificare il grado di acquisizione dei contenuti del livello precedente, attraverso alcuni strumenti adatti, che non sempre si trovano disponibili.
Sarà perciò necessario costruirseli volta per volta ricorrendo ad un po’ di mestiere e a sussidi didattici adeguati:
– questionari di atteggiamento religioso,
– prove oggettive,
– saggi descrittivi di nuclei tematici,
– domande aperte su temi precisi…
L’analisi delle risposte deve necessariamente orientare la progettazione disciplinare in ordine ad eventuali integrazioni, recuperi, lacune, ecc., tale da assicurare una continuità di contenuti disciplinari.
2.2. SECONDA FASE – DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
2.2.1. Definizione degli obiettivi
La definizione degli obiettivi è la fase più delicata della programmazione. Si tratta di formulare in termini descrivibili e verificabili la meta che si vuole raggiungere; indicando cioè i risultati osservabili e quindi controllabili al termine del cammino fatto.
· Distinzioni tra finalità, intenzioni, obiettivi
E’ importante usare i termini con il loro significato, per evitare confusioni, e soprattutto per tradurli in esperienza didattica corretta:
Finalità di un processo educativo-didattico è la meta concettuale o ideale che si vuole raggiungere: es., la formazione del buon cittadino, la formazione di una personalità matura, la maturazione della coscienza religiosa…
Offrono perciò l’orientamento di fondo ed indicano il cammino verso cui tendere. Hanno un carattere universale e si fondano sulla natura della persona e della società. Sono l’espressione, in termini di vita, degli ideali e della educazione di un popolo.
Intenzione educativa rappresenta un traguardo immediato o settoriale, rispetto alla finalità generale (es. educare alla convivenza democratica, al senso religioso, all’atteggiamento critico, alla socialità…). Si tratta di aspetti particolari della finalità generale, ma ancora possono restare delle formulazioni generiche.
In realtà non ci dicono nulla dei comportamenti concreti che ci permettono di verificare se il traguardo educativo è stato raggiunto.
Esprimono però l’intenzione dell’educatore in quanto è impegnato nel raggiungere quell’ideale prefissato; non si dice nulla del risultato più o meno raggiunto da parte del soggetto.
L’obiettivo educativo-didattico tenta di uscire dalle precedenti formulazioni generiche, specificando in termini di prodotto o di risultato educativo sia le finalità che le intenzioni. Gli obiettivi per essere corretti devono essere visti da parte dell’alunno. Per es. se l’alunno ha sviluppato il senso critico, se sa controllare quella fonte di informazione, se controllerà la correttezza del ragionamento, ha raggiunto l’obiettivo!
Siamo ancora su una lettura generale dell’obiettivo e poco praticabile didatticamente, perché non dice in che modo e in quale misura dovrà avvenire la dimostrazione del cambio avvenuto. Questo sarà possibile quando da questi obiettivi a lunga scadenza, si passerà a quelli a media e a breve scadenza.
Gli obiettivi così descritti devono potersi riferire a comportamenti e capacità operative ben specificate e perciò stesso osservabili e misurabili.
Possiamo perciò ipotizzare obiettivi:
= in base a tempi di realizzazione: finali, intermedi, immediati, a seconda dei tempi previsti per il loro raggiungimento;
= in base alle specificità delle prestazioni programmate;
= in base ai settori di sviluppo della persona e perciò:
· cognitivi: riguardano il pensare, il conoscere, il comprendere, il ricercare rapporti, il sintetizzare, l’elaborare, il valutare, il giudicare;
· affettivi: riguardano atteggiamenti, valori, interessi, e quindi il saper ricevere, il prendere consapevolezza, il saper apprezzare, il preferire, ecc.;
· operativi: riguardano le abilità pratiche in generale, per es., usare debitamente strumenti, saper lavorare, saper fare, saper ricercare una fonte;
= in base al processo di apprendimento (insegnare per educare) si distinguono in:
· educativi: sono quelli che mettono l’accento su ciò che manifesta la maturazione della persona; si riferiscono alla crescita della persona considerata nella sua totalità; non sono facilmente collegati con tempi di lavoro brevi;
· didattici: riguardano le capacità operative e cognitive, organizzate nel contesto di specifiche discipline. Devono avere un carattere stringente per essere utili alla progettazione, realizzazione e valutazione di unità didattiche.
Queste classificazioni sono molto importanti ai fini di una corretta programmazione curricolare, perché permettono di capire le aree di sviluppo della personalità in modo da non creare squilibri. Ognuna delle tre aree di sviluppo comporta livelli diversi e progressivi di maturazione; da un minimo ideale da raggiungere al suo massimo ideale.
2.2.2. Caratteristiche degli obiettivi
Gli obiettivi devono essere:
Chiari e concreti, cioè precisati in forme di condotta e di atteggiamenti. Per questo occorre:
– identificare e dare un nome, possibilmente con un verbo all’infinito, che descriva il comportamento terminale. Per esempio: deve essere capace di interpretare, individuare, esperire, riconoscere, applicare, condividere, controllare, conformarsi…;
– definire i criteri di prestazioni accettabili quali per esempio i concetti da assimilare, i contenuti da interiorizzare perché considerati fondamentali ed irrinunciabili, le abilità ed i concetti che integrano il nucleo centrale, importanti ma non essenziali;
– definire le condizioni, sia materiali (strumenti che possono essere utilizzati, l’aiuto che può essere dato, ecc.) che psicologiche (caratteristiche ambientali e di interazione personale come per esempio lavorando in gruppo o da soli, in casse o a casa, ecc.) in cui il comportamento deve prodursi.
La prova del raggiungimento degli obiettivi è il cambiamento di comportamento, perché le manifestazioni esterne diranno sempre qualcosa su ciò che è avvenuto all’interno di un soggetto.
Aderenti alla realtà: gli obiettivi non devono essere nè troppo ampi, nè troppo generali, nè troppo alti, nè troppo bassi. Non sarebbe per esempio un obiettivo immediatamente raggiungibile affermare a proposito di ragazzi disadattati: “li condurrò a sapersi donare gli uni agli altri”.
Generalizzabili: una volta raggiunti in un settore, gli obiettivi dovrebbero poter incidere su altri settori. Es.: il condurre dei ragazzi a saper condividere, li spinge anche ad un decentramento da se stessi.
Concordanti tra loro: non sempre gli obiettivi espliciti (verbalizzati, concettualizzati) concordano con quelli impliciti (presupposti, più o meno inconsci). Non si può chiedere ad un educando di essere aperto verso gli altri se inconsciamente sente la necessità di difendersi, perché considera gli altri possibili aggressori.
2.2.3. Come identificare gli obiettivi
Gli obiettivi non si possono inventare ma sono sempre in riferimento ad alcuni elementi del processo educativo generale. Perciò essi vanno ricavati:
– dalle finalità generali dell’educazione, cioè dal modello ideale di uomo maturo che si vuol formare, anche in considerazione delle attuali condizioni socio-culturali in via di trasformazione che pongono dei problemi di unitarietà;
– dalle esigenze generali e specifiche di persone ai quali è rivolta l’azione educativa (fanciulli, adolescenti, giovani);
– dalle esigenze specifiche delle istituzioni in cui si inserisce l’azione educativa (famiglia, scuola, associazionismo spontaneo ed organizzato, parrocchia);
– dalle finalità specifiche della propria disciplina scolastica, o settore di attività;
– dalle esigenze concrete degli educandi in situazione (interessi, carenze, aspettative, frustrazioni).
Ogni considerazione unilaterale può compromettere il risultato finale del processo educativo. Impostare la programmazione soltanto sulle finalità generali rischia di dare origine ad un programmazione astratta e lontana dalle esigenze delle persone. Ma basarsi unicamente sugli interessi immediati degli alunni non è meno rischioso, perché può disattendere esigenze più profonde, anche se non percepite immediatamente.
Soltanto un’attenta riflessione su tutti gli elementi in gioco nel processo educativo (finalità, esigenze della persona, della scuola e della propria disciplina) può consentire l’individuazione di obiettivi corrispondenti alla reale situazione di partenza.
2.2.4. Come formulare gli obiettivi (educativi e didattici)
Una volta individuati nella loro istanza di fondo, gli obiettivi devono essere formulati in modo preciso e rigoroso. Compito non facile, ma indispensabile, dal momento che quanto più sarà chiara e definita la prestazione (la performance) che si intende far perseguire dagli alunni, tanto più sarà facile rilevarne l’effettivo esito. La formulazione di un obiettivo generale deve cominciare con un verbo che esprima il comportamento desiderato e non deve contenere più di un tipo di risultato.
Gli obiettivi specifici devono essere descritti in termini di condotte o di attività che possono essere osservate, misurate e quindi valutate. Di qui la necessità di scegliere verbi adeguati ad esprimere attività osservabili e di evitare l’uso di parole ambigue, aperte cioè ad interpretazioni incerte, preferendo quelle soggette a verifica; ad esempio: scrivere, ripetere, identificare, costruire, elencare, paragonare, mettere in contrasto, mettere in ordine…
Una formulazione corretta degli obiettivi specifici dovrebbe comprendere almeno le seguenti componenti: la situazione, la prestazione desiderata, l’azione che ne rivela l’acquisizione, il contenuto della prestazione, eventuali limiti o strumenti.
2.2.5. Gli obiettivi dell’insegnamento religioso concordatario
Sono gli obiettivi disciplinari ipotizzati dai “programmi” che vanno tradotti in elementi di programmazione curricolare:
· Obiettivi finali: sono le acquisizioni da parte degli alunni di quei tratti essenziali della personalità che si riferiscono al possesso sicuro, sereno e gratificante di alcune certezze criticamente assimilate nei riguardi del problema religioso cattolico, in rapporto alle varie tappe dell’età evolutiva, e che dovrebbero condurli a:
– conoscere e comprendere la religione cattolica nella sua concretezza storica, culturale, antropologica, a partire dallo stu dio dei documenti fondanti e dalle sue oggettivazioni nel tempo;
– analizzare i valori di cui essa è portatrice in vista dell’umanizzazione dell’uomo: il rispetto della dignità di ogni persona, la sua capacità di dialogo e di relazionalità, la partecipazione democratica alla vita sociale in tutte le sue forme, il messaggio di pace e di non-violenza, l’interesse per la promozione umana e la giustizia sociale…;
– comprendere come attraverso di essa si possa avere una risposta seria, organica e soddisfacente agli interrogativi più profondi del cuore umano: il senso della vita, il significato della morte, il perché del male, la ricerca di una giustizia che trascenda l’uomo;
– realizzare una interazione educativa con la famiglia e con la comunità cristiana (cfr Legge 477, n. 1), data l’esperienza che buona parte degli alunni avvalentesi ha avuto in famiglia ed in parrocchia.
Questi obiettivi finali sono circoscritti all’arco degli anni per cui è prevista la conclusione del ciclo intero: la scuola materna, la scuola elementare, la scuola media inferiore, la scuola media superiore.
Trascriviamo di seguito, traducendoli dai programmi ufficiali, gli obiettivi indicati per la scuola materna ed elementare, la scuola media inferiore e superiore, presentati in “finali, intermedi ed immediati”.
2.2.5.1. SCUOLE MATERNE
– Obiettivi finali
* Proporsi “fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia” (L. 18.3. 1968 n. 444, art. I)”; (1. 1.).
* Assumere “in aderenza agli “Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali” (D.P.R. 10.9.1969 n. 647), gli aspetti universali della religiosità e insieme quelli specifici dei valori cattolici, che fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano” (1.2.).
* Presentare “con libertà e responsabilità nella comunità scolastica il messaggio evangelico dell’amore, della fratellanza, della pace, come risposta religiosa ai bisogno di significato dei bambini, nel rispetto delle loro esperienze personali, delle responsabilità educative delle famiglie e della pedagogia della scuola materna” (1.3.).
– Obiettivi intermedi
* Incentrare le scelte delle attività educative suggerite con questi indirizzi su esigenze e interessi dei bambini e sulle esperienze “che essi vivono in famiglia, nella scuola, nell’ambiente sociale e in riferimento alla comunità cristiana” (2.).
* “Educare i bambini a cogliere i segni della vita cristiana e ad intuirne i significati” (2.).
* “Esprimere con le parole e i segni la loro incipiente esperienza religiosa” (2.).
– Obiettivi immediati
* A livello di linguaggio
– Favorire “l’ascolto e la parola, l’osservazione e lo stupore, l’espressione di sentimenti di gratitudine, di gioia, di dialogo e di preghiera” (4.1.).
– “Coltivare la spontaneità espressiva dei bambini contemperandola opportunamente con l’uso delle parole offerte dalla tradizione cattolica” (4.2.).
* A livello di criticità
– Esplorare l’ambiente “alla ricerca dei segni della comunità cristiana” (5.).
* A livello di atteggiamenti/comportamenti
– Concorrere “ad aiutare i bambini nella reciproca accoglienza, nel superamento fiducioso delle difficoltà, nell’educazione allo esprimersi e al comunicare con le parole e i gesti” (2.).
– “Maturare il rispetto delle diverse posizioni che le persone variamente adottano in ordine alla realtà religiosa, così da porre anche le premesse di una vera convivenza umana. Questi indirizzi di attività educative in ordine all’insegnamento della religione cattolica richiedono in ogni modo da parte di tutti una mentalità aperta, capace di grande comprensione per le prospettive riguardanti l’unità tra tutti i cristiani, le buone relazioni tra la Chiesa Cattolica e le religioni non cristiane, il dialogo corretto e fecondo con tutti, la promozione dell’uomo e il bene del paese” (6.).
2.2.5.2. SCUOLE ELEMENTARI
* Obiettivi finali
– Realizzare “all’interno del progetto educativo della scuola, l’insegnamento della religione cattolica con specifiche e autonome attività di insegnamento-apprendimento che riguardano gli elementi essenziali della religione cattolica in conformità alla dottrina della Chiesa” (I.1.).
– Favorire “lo sviluppo della personalità degli alunni nella dimensione religiosa. Pertanto promuove la riflessione sul loro patrimonio di esperienze e contribuisce a dare specifica risposta al bisogno di significato di cui essi sono portatori” (I.2.).
– Perseguire “un primo accostamento, culturalmente fondato, alla storia e ai contenuti della Rivelazione cristiana”‘ (I.2.).
– Introdurre “alla conoscenza delle fonti, delle espressioni e delle testimonianze storico-culturali del cattolicesimo” (I.2.).
– Proporre “la comprensione e l’apprezzamento dei valori che il messaggio cristiano porta con s‚” (I.2.).
– Realizzare “un rapporto di continuità con l’azione educativa delle famiglie, di cui rispetta le scelte e gli orientamenti. Esso inoltre si svolge secondo criteri di continuità con l’educazione religiosa della scuola materna e l’insegnamento della religione cattolica nella scuola media, in modo da stabilire, negli obiettivi, nei contenuti e nei criteri metodologici, una progressione che corrisponda ai processi di maturazione della personalità degli alunni” (I.3.).
* Obiettivi intermedi
– “Cogliere la dimensione religiosa nell’esistenza e nella storia, in particolare a riguardo dei grandi perché della vita, e conoscere le risposte che offre il cristianesimo” (II.1.1.).
– “Accostarsi alla natura e alla vita come dono di Dio da accogliere e custodire con rispetto e responsabilità” (II.1.2.).
– “Maturare atteggiamenti di attenzione, di stupore, di domanda, di fronte alla realtà percepita nel suo significato più profondo” (II.1.3.).
– “Conoscere la persona, la vita e il messaggio di Gesù Cristo. centro della religione cristiana, testimoniato dalla Scrittura ed annunciato dalla Chiesa” (II.1.4).
– “Riconoscere i principali segni della religione cattolica (avvenimenti, luoghi, tempi, manifestazioni, riti) e comprenderne il significato religioso ed umano” (II.1.5.)
– “Apprezzare la ricchezza dei valori etici cristiani nella vita della persona e della società” (II.1.6.).
– “Sapersi avvicinare con un metodo corretto alla Bibbia e in particolare ai Vangeli, fonte privilegiata per la conoscenza del messaggio cristiano” (II.1.7.).
* Obiettivi immediati
* A livello di linguaggio
– “Apprendere gli elementi essenziali del linguaggio religioso mediante il quale la religione cattolica esprime i suoi contenuti” (II.1.8.).
– Leggere “i segni della vita cristiana presenti nell’ambiente: luoghi ed edifici; espressioni artistiche e letterarie, arti figurative, canto, musica; tradizioni, usi e costumi; ricorrenze e feste legate all’anno liturgico; simboli e segni liturgici (III. 2.3.).
– Comprendere il linguaggio simbolico (III.5.).
* A livello di criticità
– Valorizzare “l’esperienza (personale, sociale, culturale, religiosa) dell’alunno, come punto di partenza ed elemento di confronto, da cui fare emergere interrogativi, sollecitazioni per un processo di ricerca che, attraverso l’osservazione, la presa di coscienza e la problematizzazione, favorisca l’ampliamento e l’approfondimento dell’esperienza stessa” (III.2.1.).
– Usare gradualmente “i principali documenti della religione cattolica: la Bibbia quale testo fondamentale anche in relazione alla tradizione e alla cultura del nostro paese; i più importanti documenti ecclesiali, con particolare riferimento al Concilio Vaticano II” (III.2.2.).
– Leggere i “segni della vita cristiana presenti nell’ambiente: luoghi ed edifici; espressioni artistiche e letterarie, arti figurative, canto, musica; tradizioni, usi e costumi; ricorrenze e feste legate all’anno liturgico; simboli e segni liturgici” (III.
2.3.).
* A livello di atteggiamenti/comportamenti
– Dimostrare rispetto nei confronti delle persone che vivono delle “scelte religiose diverse o che non aderiscono ad alcun credo religioso” (II.1.9.).
– “Maturare atteggiamenti di attenzione, di stupore, di domanda”, di fronte ai fatti della vita che in un modo o in un altro rimandano a Dio creatore, provvidente, onnipotente, Padre….”
– Essere coinvolti nell’acquisizione delle conoscenze e dei valori religiosi attraverso l’uso di “metodologie di lavoro e delle attività tipiche della esperienza scolastica (lettura dei testi, conversazioni, esplorazione dell’ambiente, drammatizzazione, attività di ricerca personale e di gruppo. ecc.), e prevede l’uso di diversi tipi di linguaggio (verbale, iconico, musicale, ecc.). Particolare attenzione sarà dedicata al linguaggio simbolico per l’importanza che esso assume nell’esplorazione e nell’espressione della dimensione religiosa” (III.5.).
2.2.5.3. SCUOLA MEDIA INFERIORE
* Obiettivi finali
= Concorrere, nel quadro nella finalità della scuola media, “in modo originale e specifico”, alla formazione dell’uomo e del cittadino, favorendo lo sviluppo della personalità dell’alunno nella dimensione religiosa, secondo i principi emanati nell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense (Legge 121/1985) e nella successiva Intesa tra autorità scolastica e CEI (DPR n. 751/1985; I.1)”.
= Sollecitare “nel preadolescente il risveglio degli interrogativi profondi sul senso della vita, sulla concezione del mondo e gli ideali che ispirano l’agire umano” (1.2).
= Offrire “all’alunno dei riferimenti religiosi e culturali essenziali, perché a quegli interrogativi egli possa trovare una consapevole risposta personale” (1.2).
= Promuovere “il superamento dei modelli infantili, l’accostamento oggettivo al fatto cristiano, l’apprezzamento dei valori morali e religiosi e la ricerca della verità, in vista di una personale maturazione della propria identità in rapporto a Dio, creatore e Padre universale, ed in rapporto alle realtà culturali e sociali” (I.3).
= Favorire “gli atteggiamenti che avviano l’alunno ad affrontare la problematica religiosa: l’attenzione al problema di Dio e ai valori dello spirito, il gusto del vero e del bene, il superamento di ogni forma di intolleranza e fanatismo, la solidarietà con tutti e particolarmente con chi è fisicamente o socialmente svantaggiato” (I.4).
* Obiettivi intermedi
Primo anno:
= Conoscere “la figura e l’opera di Gesù Cristo” (IV.2).
= Evidenziare come “tra le risposte delle grandi religioni alle domande fondamentali dell’uomo, la testimonianza religiosa della bibbia presenta caratteri di assoluta originalità” (IV,3).
= Comprendere come “la storia dell’antico popolo di Israele, accostata nelle sue tappe fondamentali, e le speranze di salvezza proprie dell’uomo di ogni tempo trovano in Gesù di Nazareth il loro compimento (IV.3).
= Mettere in luce “i lineamenti della sua personalità che meglio ne rivelano la perfetta umanità, dando risalto all’interrogativo inquietante: “Chi è mai costui?”, che conduce alla scoperta del suo mistero di uomo-Dio” (IV.4).
= Accostarsi a “uno dei tre Vangeli sinottici, con opportuni riferimenti agli altri libri del Nuovo Testamento e secondo i criteri di una corretta esegesi” (IV.5).
= Fare riferimenti ai segni e alle testimonianze “della fede in Cristo presenti nella Chiesa, con particolare riguardo alla storia e alla tradizione religiosa della propria regione” (IV.6).
Secondo anno
= Approfondire “il significato, la vita e la missione della Chiesa” (IV.7).
= Arricchire “la coscienza che l’alunno ha di se stesso e della propria crescita fisica, culturale e spirituale, nel confronto con la visione cristiana della vita, intesa come vocazione personale e responsabile verso Dio e verso gli uomini” (IV.8).
= Conoscere, mediante la testimonianza documentata della vita delle prime comunità cristiane e della Chiesa oggi, gli elementi essenziali della salvezza cristiana: la parola di Dio, il sacramento, la comunità ecclesiale animata dallo Spirito Santo (IV.9).
= Utilizzare come “fonte principale di studio il libro degli Atti degli Apostoli, con opportuni riferimenti ai Vangeli e all’Antico Testamento” (IV.10).
= Avere chiari i “riferimenti concreti alle tappe fondamentali della diffusione del Vangelo in Italia, in Europa e nei continenti extraeuropei” (IV.11).
= Offrire “una prima inquadratura storica e una illustrazione del Concilio Vaticano II, con riferimenti ai suoi principali documenti” (IV.12).
Terzo anno
= Studiare, quale contenuto centrale dell’insegnamento della religione nell’anno conclusivo, l’agire cristiano “alla luce degli insegnamenti di Cristo e della Chiesa” (IV.13).
= Comprendere che “per i cristiani la vita morale è adesione libera al comandamento nuovo dell’amore con il quale Cristo ha portato a compimento il decalogo. Nella prospettiva si far… emergere anche il significato etico delle legislazioni ecclesiastiche e civili della legge naturale e rivelata”” (IV.15).
= Affrontare “attraverso riferimenti culturali e storici” documentati, dal punto di vista morale e religioso, alcuni temi che in varia misura gli alunni avvertono, ad esempio l’educazione affettiva e sessuale, la giustizia sociale, i diritti umani, i problemi della edificazione della pace nella libertà” (IV.15).
= Approfondire, quale documento fondamentale di studio il “discorso della montagna” di Gesù secondo Matteo (cfr Capitoli 5-7) nel contesto del Nuovo Testamento. La conoscenza della Bibbia si arricchisce di più ampi riferimenti all’Antico Testamento, in particolare ai racconti della creazione, al libro dell’Esodo e ad uno dei profeti” (IV.16).
= Completare l’indagine storica e la documentazione sulle fonti con altri riferimenti al Concilio e al magistero ecclesiale” (IV.17).
* Obiettivi immediati
* A livello di linguaggio
– favorire la stessa educazione linguistica del preadolescente che “trae vantaggio dall’insegnamento della religione cattolica, in quanto attraverso l’acquisizione delle forme e delle categorie proprie del linguaggio religioso l’alunno è abilitato a comunicare sul piano dei valori fondamentali e ad esprimere la sua realtà interiore, anche in dialogo con differenti credenze e culture” (I.5).
* A livello di criticità
– Presentare con “serietà critica le verità ed i valori che sono patrimonio della tradizione cristiana” (II.2).
– Fare un “confronto aperto e un dialogo con altre forme e tradizioni religiose culturalmente rilevanti” (III.1).
* A livello di atteggiamenti
– Svolgere “l’insegnamento della religione cattolica a partire dall’esperienza vissuta, in risposta ad esigenze fondamentali del preadolescente, come documentazione diretta sulle fonti della tradizione cristiana, come ricerca storica del cristianesimo nella propria regione, in Italia e in Europa, come confronto aperto e dialogo con altre forme e tradizioni religiose culturalmente rilevanti” (III.1).
– Considerare “importante il coinvolgimento personale di ciascun alunno, la sollecitazione a rilevare i problemi, la preoccupazione di sviluppare le capacità conoscitive, l’ascolto, l’intuizione e la contemplazione” (III.2).
– Avvalersi a “tal fine delle tecniche e dei sussidi didattici più validi, tenuto conto delle finalità e delle metodologie proprie della scuola” (III.3).
2.2.5.4. SCUOLA MEDIA SUPERIORE
* Obiettivi finali
= Concorrere “a promuovere il pieno sviluppo della personalità degli alunni e contribuire ad un più alto livello di conoscenze e di capacità critiche, proprio di questo grado di scuola” (I.1).
= Promuovere “nel quadro delle finalità della scuola ed in conformità alla dottrina della Chiesa, l’insegnamento della religione cattolica, l’acquisizione della cultura religiosa per la formazione dell’uomo e del cittadino e la conoscenza dei principi del cattolicesimo che fanno parte del patrimonio storico del nostro paese (I.1).
= Offrire “contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico-culturale in cui essi vivono” (1.2).
= Venire incontro “ad esigenze di verità e di ricerca sul senso della vita”.
= Contribuire “alla formazione della coscienza morale” offrendo “elementi per scelte consapevoli e responsabili di fronte al problema religioso” (1.2).
* Obiettivi intermedi
= Acquisire, attraverso l’itinerario didattico dell’I.R.C. “una conoscenza oggettiva e sistematica dei contenuti del cattolicesimo, delle grandi linee del suo sviluppo storico, delle espressioni più significative della sua vita” (II.1).
= Essere abilitati “ad accostare in maniera corretta e adeguata la Bibbia e i documenti principali della Tradizione cristiana; a conoscere le molteplici forme del linguaggio religioso e specificamente di quello cattolico” (II.1)
= Maturare una capacità di confronto tra cattolicesimo, le altre confessioni cristiane, le altre religioni e i vari sistemi di significato; a comprendere e a rispettare le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa” (II.1).
= Passare “gradualmente dal piano delle conoscenze a quello della consapevolezza e dell’approfondimento dei principi e dei valori del cattolicesimo in ordine alla loro incidenza sulla cultura e sulla vita individuale e sociale. Saranno così capaci di riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita civile della società italiana ed europea” (II.1).
* Obiettivi immediati
* A livello di linguaggio
= Essere abilitati “a conoscere le molteplici forme del linguaggio religioso e specificamente di quello cattolico” (II.1).
* A livello di criticità
= Acquisire una conoscenza oggettiva e sistematica dei contenuti essenziali del cattolicesimo, delle grandi linee dello sviluppo storico, delle espressioni più significative della sua vita” (II.1).
= Essere avviati a “maturare capacità di confronto tra il cattolicesimo, le altre confessioni cristiane, le altre religioni e i vari sistemi di significato” (II.1).
= Essere capaci di “riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita civile della società italiana ed europea” (II.1).
* A livello di atteggiamenti
= Comprendere e “rispettare le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa” (II.1).
= Passare gradualmente “dal piano delle conoscenze a quello della consapevolezza e dell’approfondimento dei principi e dei valori del cattolicesimo, in ordine alla loro incidenza sulla cultura e sulla vita individuale e sociale” (II.1).
2.3. TERZA FASE – ORGANIZZAZIONE DEI CONTENUTI IN SEQUENZE DI APPRENDIMENTO
a) I contenuti e la programmazione curricolare
I contenuti di una disciplina rappresentano un elemento importante nella dinamica dell’insegnare-apprendere; tuttavia essi costituiscono solamente uno dei punti del curricolo.
La centralità dei contenuti nel processo didattico è stata sovente assolutizzata, perché esigita da programmi di insegnamento concepiti ed elaborati esclusivamente come classificazioni di sole prescrizioni contenutistiche, cioè come codificazione normativa di uno standard culturale da apprendersi.
Anche il reclutamento degli insegnanti fatto solo sulla base di competenze disciplinari piuttosto che pedagogico-didattiche ha avallato l’ipotesi di un insegnamento centrato sul contenuto.
Come uno degli elementi del curricolo, il contenuto disciplinare è strettamente correlato con gli altri e va considerato non in assoluto ma in relazione al soggetto e agli obiettivi.
b) Rapporto tra obiettivi e contenuti
Un obiettivo didattico è una enunciazione che esplicita il risultato di un certo processo che viene definito in termini di apprendimento, di capacità, di prestazione osservabile, che ]’alunno ha acquistato proprio in virtù di tale apprendimento.
Ciascuna di queste operazioni è la manifestazione di un’operazione di tipo cognitivo che, a prescindere dalla sua complessità, presuppone in ogni modo un oggetto (il contenuto) sul quale essa viene esercitata, e che attraverso di essa viene elaborato.
In molti casi la componente contenutistica dell’obiettivo assume un valore primario: ciò avviene soprattutto riguardo a numerosi obiettivi relativi al livello della conoscenza, per i quali ciò che importa non è il conoscere in se, bensì la conoscenza di quel contenuto specifico.
In molti casi la conoscenza contenutistica passa in secondo piano soprattutto via via che sale nella gerarchia delle abilità cognitive più complesse. In ogni caso ciò che va sottolineato è che il processo decisionale relativo alla scelta e alla organizzazione dei contenuti delle attività didattiche poste in essere dall’insegnante, per raggiungere gli obiettivi che egli si Š proposto, deve necessariamente essere dipendente dagli stessi obiettivi.
Il processo di elaborazione curricolare si fonda su precisi principi di funzionalità e di razionalità: ogni azione didattica acquista è in funzione degli obiettivi a cui essa tende.
Scrive il Taylor: “Lo scopo della pianificazione curricolare è di indicare i mezzi attraverso cui gli alunni, l’insegnante, ed un aspetto della cultura possono essere fusi insieme in modo che il fine dell’alunno possa incidersi in un settore culturale”.
Da quanto detto sorgono delle conseguenze:
– la necessità di porre sempre in rapporto obiettivi e contenuti,
– qualsiasi processo di selezione e di organizzazione dei contenuti di una disciplina si situa all’interno della logica dell’oggetto da conoscere e apprendere e del soggetto che conosce e apprende.
c) Scelta dei contenuti e struttura delle discipline
“Non si può approfondire completamente alcuna disciplina nemmeno dedicandole un’intera vita, se per approfondire si intende impadronirsi di tutti i suoi minuti particolari. Viceversa una materia presentata in modo da metterne in luce la struttura, permette all’insegnante di ricostruire da se stesso i particolari; o per lo meno offre caselle nelle quali i particolari stessi, se incontrati, possono venire facilmente collocati” (Brunner).
Perciò nella logica dell’oggetto ogni disciplina dovrebbe essere presentata secondo la sua struttura: analisi dei modelli concettuali e principi organizzativi della disciplina.
Il favorire l’acquisizione di una certa padronanza della struttura concettuale e sintattica di una disciplina rappresenta una valida meta finale del processo di istruzione. Tale padronanza consente all’alunno di interpretare, di valutare e di porre nel loro giusto rapporto logico, i dati, le conoscenze e le ipotesi che egli via via viene acquisendo attraverso l’apprendimento.
La struttura logica e metodologica della disciplina, opportunamente inserita nella realtà psicologica dei discenti, appare un elemento importante soprattutto alla luce della prospettiva di un approccio interdisciplinare. Quest’ultimo infatti non è una integrazione di contenuti, ma di discipline.
L’interdisciplinarità va intesa come coordinamento e confronto di diverse forme di conoscenze; un coordinamento nel quale restano pertanto delle distinzioni che non sono artificiose, ma che si fondano su basi strutturali (metodologia delle discipline) e mai su basi contenutistiche (materia), se non si vuole incorrere nella interdisciplinarità a “vestito di Arlecchino”.
c) I contenuti dell’Insegnamento Religioso Concordatario
Sono contenuti dell’I.R.C. quelli indicati nei nuovi programmi relativi alla realtà religiosa cattolica e che sono alla base dei testi didattici. In genere vengono organizzati attorno a sequenze di apprendimento o unità didattiche. Vediamone le linee portanti.
* SCUOLA MATERNA
Come contenuti di queste attività educative si offrono le seguenti indicazioni:
– i segni e le esperienze della presenza di Dio nella creazione, nella natura e nelle stagioni, nella vita e opere degli uomini;
– i significati cristiani degli avvenimenti fondamentali dell’esistenza umana, quali i bambini possono vivere in famiglia, nello ambiente e attraverso le immagini della comunicazione sociale;
– la paternità e la provvidenza di Dio, che è più forte del male, rende gli uomini fratelli e solidali, apre a sempre nuove esperienze;
– l’accostamento graduale a passi della Bibbia, scegliendo tra gli episodi, i personaggi e i brani sapienziali che maggiormente rivelano la paternità di Dio e la fraternità universale;
– in particolare pagine scelte dei vangeli che raccontano la vita, l’insegnamento, le opere, le preghiere, la pasqua e la presenza viva di Gesù, ed insieme la vita di Maria, sua Madre;
– la domenica, le feste, le preghiere, i canti, i tempi e i luoghi, gli elementi simbolici, gestuali e figurativi della vita dei cristiani, così come i bambini possono gradualmente percepire;
– gli episodi della vita dei santi, persone e figure significative del messaggio dell’amore del nostro tempo;
– la regola dell’amore di Dio e del prossimo, con i primi comportamenti di accoglienza e donazione, di riconciliazione, sincerità e fiducia;
– le manifestazioni della religiosità popolare, nel loro corretto significato culturale e spirituale;
– le espressioni della poesia e dell’arte cristiana più adeguate alla sensibilità dei bambini.
* SCUOLA ELEMENTARE
Al centro dei nuclei tematici, come contenuto fondamentale e principio di interpretazione, sta la figura e l’opera di Gesù Cristo, secondo la testimonianza della bibbia e l’intelligenza di fede della Chiesa:
– gli interrogativi che anche l’alunno si pone di fronte alla realtà del mondo e ai fatti umani più significativi, la nascita, la morte, l’amore, la sofferenza, il futuro, aprono alla scoperta di Dio e trovano in lui piena risposta;
– di Gesù si pongono il risalto gli aspetti fondamentali che lo rivelano nella sua umanità e suscitano l’interrogativo sul mistero della sua persona;
– la vita della comunità cristiana e la sua presenza nella storia: si coglie attraverso i segni dell’annuncio del vangelo, della liturgia, del servizio della carità e della testimonianza offerta dalle figure dei santi;
– il vangelo di Cristo predicato nella Chiesa rivela il progetto di Dio sull’uomo, di cui promuove i genuini valori.
Quanto ai contenuti i riferimenti al documento biblico sono organizzati per i due cicli, secondo i criteri della specificità dei testi indicati e della continuità e della sistematicità dell’accostamento metodico alla bibbia:
Primo ciclo:
– Il racconto delle origini del mondo (creazione; lettura di testi del genesi che presentano Dio come fonte della vita operante nella sua creazione); brevi brani dell’AT e del NT sulla paternità universale di Dio, esempi di comportamento offerti dal vangelo;
– un inizio di conoscenze sistematiche e graduali di Gesù nel suo ambiente; brani scelti che ne illustrano i tratti salienti della vita.
Secondo ciclo:
– le risposte ai grandi interrogativi della vita, con l’aiuto di documenti biblici;
– la creazione dell’uomo, il decalogo, il comandamento dell’amore;
– l’approfondimento della conoscenza di Gesù e del suo messaggio;
– la Chiesa delle origini, secondo gli Atti degli Apostoli;
– un approfondimento dei vangeli: origine, forma, i maggiori generi letterari.
* SCUOLA MEDIA
a) Linee generali
“L’attività didattica si svolge tenendo presente sempre il nucleo essenziale del cristianesimo: la figura e l’opera di Gesù Cristo secondo ]a testimonianza della bibbia e l’intelligenza di fede della Chiesa.
Attorno a questo essenziale nucleo unificatore, si presentano con serietà critica le verità e i valori che sono patrimonio della tradizione cristiana: la vita dell’uomo come risposta ad una vocazione personale di Dio Creatore e Padre; la Chiesa segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e tra loro; i valori etico-religiosi del messaggio cristiano per una libertà dell’uomo che è dono di Dio e impegno personale; il compimento della vita umana e della storia “nei cieli nuovi e nella terra nuova”.
Nell’ambito del programma annuale e dell’intero ciclo, l’insegnamento svolge un piano secondo alcune direttrici costanti, che si riferiscono in modo sistematico:
– alle tappe fondamentali della storia biblica, e, in particolare al Nuovo Testamento;
– alla storia della diffusione del cristianesimo dalle origini al nostro tempo;
– ai “segni” che testimoniano oggi la fede e la esprimono nella comunità cristiana e nel mondo;
– agli orientamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Tale accostamento alle fonti e alla tradizione cristiana si sviluppa tenendo conto dell’esperienza viva del preadolescente e della sua esigenza di confrontarsi soprattutto con valori vissuti, con persone e con eventi storici.
Primo anno
= Agli alunni del primo anno si propone come nucleo centrale la conoscenza della figura e dell’opera di Cristo.
= Tra le proposte che le grandi religioni danno alle domande fondamentali dell’uomo, la testimonianza religiosa documentata nella bibbia presenta caratteri di assoluta originalità. La storia dell’antico popolo d’Israele, accostata nelle sue tappe fondamentali, e le speranze di salvezza proprie dell’uomo di ogni tempo trovano in Gesù di Nazareth il loro compimento.
= Nel proporre la vita di Gesù, si pongono in luce i lineamenti della sua personalità che meglio ne rivelano la perfetta umanità e si dia risalto all’interrogativo inquietante: “Chi è mai costui?”, che conduce alla scoperta del suo mistero di uomo-Dio.
= Documento fondamentale di studio è uno dei tre Vangeli sinottici, con opportuni riferimenti agli altri libri del Nuovo Testamento e secondo i criteri di una corretta esegesi.
= Si richiamano altresì i segni e le testimonianze della fede in Cristo presenti nella Chiesa, con particolare riguardo alla storia e alla tradizione religiosa della propria regione.
Secondo anno
= Agli alunni del secondo anno si propone, come nucleo centrale, di approfondire il significato, la vita e la missione della Chiesa.
= La coscienza che l’alunno ha di se stesso e della propria crescita fisica, culturale e spirituale, si arricchisce nel confronto con la visione cristiana della vita, intesa come vocazione personale e responsabile verso Dio e verso gli uomini.
= Mediante la testimonianza documentata della vita delle prime comunità cristiane e della Chiesa oggi, il preadolescente conosce gli elementi essenziali della salvezza cristiana: la parola di Dio, il sacramento, la comunità ecclesiale animata dallo Spirito Santo.
= Fonte principale di studio Š il libro degli Atti degli Apostoli, con opportuni riferimenti ai Vangeli e all’Antico Testamento.
= L’attività didattica si arricchisce di riferimenti concreti alle tappe fondamentali della diffusione del vangelo in Italia, in Europa e nei continenti extraeuropei.
= Si offre anche una prima inquadratura storia e una illuminazione del Concilio Vaticano II, con riferimenti ai principali documenti.
Terzo anno
= Contenuto centrale dell’insegnamento della religione nell’anno conclusivo è lo studio dell’agire umano alla luce dell’insegnamento di Cristo e della Chiesa.
= Per i cristiani la vita morale è adesione libera al comandamento nuovo dell’amore con il quale Cristo ha portato a compimento il Decalogo.
Nella prospettiva della legge naturale e rivelata si far emergere anche il significato etico delle legislazioni ecclesiastiche e civili.
= Attraverso riferimenti culturali e storici documentati si affrontano, dal punto di vista morale e religioso, alcuni temi che in varia misura gli alunni avvertono, ad esempio l’educazione affettiva e sessuale, la giustizia sociale, i diritti umani, i problemi della edificazione della pace nella libertà.
= Documento fondamentale di studio è il “Discorso della montagna” di Gesù secondo Matteo (cfr Capitoli 5-7) nel contesto del Nuovo Testamento. La conoscenza della bibbia si arricchisce di più ampi riferimenti all’Antico Testamento, in particolare ai racconti della creazione, al libro dell’Esodo e ad uno dei profeti.
= L’indagine storica e la documentazione sulle fonti si completa anche con altri riferimenti al Concilio e al restante magistero della Chiesa”.
SCUOLE SUPERIORl
* Agli obiettivi proposti sono correlati i seguenti nuclei tematici che andranno organizzati in unità didattiche:
= Il problema religioso
I grandi interrogativi dell’uomo che suscitano la domanda religiosa: il senso della vita e della morte, dell’amore, della sofferenza, della fatica, del futuro…
Il fatto religioso, le sue dimensioni, il suo linguaggio, le fonti, le sue maggiori espressioni storiche, culturali, artistiche.
Le motivazioni della fede cristiana in rapporto alle esigenze della ragione umana, ai risultati della ricerca scientifica e ai sistemi di significato più rilevanti.
= Dio nella tradizione ebraico-cristiana
I tratti fondamentali del mistero di Dio nella rivelazione dell’Antico e del Nuovo Testamento: Creatore e Salvatore. Il messianismo biblico e le attese e ricerche dell’umanità. La testimonianza di Gesù Cristo: il suo rapporto singolare e “unico” con Dio Padre.
= La figura e l’opera di Gesù Cristo
L’identità storica di Gesù nel contesto culturale e religioso del suo tempo. La visione messianica: l’annuncio del regno di Dio, il senso dei miracoli, l’accoglienza e l’amore verso il prossimo ed in particolare verso i piccoli, i poveri, i peccatori. La Pasqua di morte e risurrezione nel suo fondamento storico e nel significato di liberazione dal male e dalla morte. Il mistero di Gesù Cristo uomo-Dio e la rivelazione piena di Dio come Trinità.
= Il fatto cristiano nella storia
Le origini della Chiesa da Cristo e le principali tappe della sua complessiva storia. I segni della vita della Chiesa (Parola, Sacramenti, Carità) e la sua presenza e ruolo nel mondo (missione). La Chiesa come popolo di Dio, istituzione e mistero, animata dallo Spirito Santo.
= Il problema etico
I tratti peculiari della morale cristiana in relazione alle problematiche emergenti: una nuova e più profonda comprensione della coscienza, della libertà, della legge, dell’autorità; l’affermazione dell’inalienabile dignità della persona umana, del valore della vita, dei diritti umani fondamentali, del primato della carità; il significato dell’amore umano, del lavoro, del bene comune, dell’impegno per una promozione dell’uomo nella giustizia e nella verità; il futuro dell’uomo e della storia verso i “cieli nuovi e la terra nuova”.
= Fonti e linguaggio
La bibbia come documento fondamentale della tradizione ebraico-cristiana: le sue coordinate geografiche, storiche e culturali; l’identità letteraria; il messaggio religioso.
Lo specifico linguaggio con cui la religione cattolica si esprime: segni e simboli, preghiera e professione di fede, feste e arte, religiosità popolare”.
d) Le sequenze di apprendimento
* Le linee dei programmi, che sono indicative, vanno organizzate attorno a ridotti itinerari che vengono chiamate sequenze di apprendimento o più semplicemente unità didattiche; l’U.D. è l’ultima e la più concreta attuazione della programmazione curricolare e si può definire come “un’ipotesi di esperienze di apprendimento, un’unità di lavoro, all’interno della programmazione, ordinata al raggiungimento di un obiettivo didattico” (R. Gioberti).
Nel predisporre la programmazione annuale l’insegnante individua gli obiettivi didattici generali della propria disciplina, i concetti fondamentali che dovrà illustrare, i nuclei tematici, le linee progressive. Nell’unità didattica mette a fuoco un tema particolare del programma, prevede ciò che faranno gli alunni e ciò che dovrà mettere in opera egli stesso, ipotizza la sequenza dei vari interventi didattici, finalizza i vari interventi agli obiettivi didattici generali e specifici, prepara le prove di verifica.
* L’unità didattica contiene tutti gli elementi del curricolo e può essere considerata un micro-curricolo all’interno del curricolo generale. Quest’ultimo in fondo non è che una sequenza di U.D. organizzate a catena condizionale, in modo che il conseguimento dell’una diventa prerequisito per l’apprendimento dell’altra.
Una U.D. richiede un determinato tempo di applicazione (da una lezione a un paio di mesi…) che va ipotizzato e precisato e comunque deve organizzarsi attorno ad un solo obiettivo fondamentale, anche se potrà prevedere altri obiettivi secondari coordinati con il principale.
* L’unità didattica può essere variamente strutturata; facciamo il riferimento alla presentazione di M. Pellerey (cfr Progettazione didattica, SEI, Torino, 1979) che prevede una sequenza di interventi che risulta idonea a facilita un’esperienza di apprendimento: interazione tra allievi e le condizioni esterne che devono promuovere l’apprendimento (azione dell’insegnante, uso di materiali didattici):
= Fase di avvio:
– applicazione di un pre-test: deve poter sondare le conoscenze già possedute (pre-requisiti) e concentra l’attenzione sul problema che sarà oggetto di studio dell’U.D.;
– presentazione di panoramiche iniziali, di concetti organizzatori anticipati che evidenziano il concetto centrale collegato coi precedenti;
– presentazione dell’obiettivo didattico che descrive le competenze (conoscenze, atteggiamenti, abilità) che l’alunno dovrà dimostrare di aver acquisito.
= Fase centrale
Ha diretta attinenza con i contenuti e con i metodi messi in opera dall’insegnante: richiedono una sicure competenza nella disciplina…
= Fase conclusiva
Riguarda il controllo, il consolidamento e la generalizzazione dell’apprendimento. La conoscenza del risultato ha effetti di tipo motivazionale e cognitivo.
Quarta fase
INDIVIDUAZIONE DEI METODI, DEI MATERIALI E DEI SUSSIDI DIDATTICI
Il metodo didattico fa riferimento al modo di comunicare il contenuto di una disciplina per raggiungere il fine dell’apprendimento. Risponde alle seguenti domande: come, quando, con quali mezzi, che cosa deve fare l’insegnante e che cosa dovranno fare gli alunni per realizzare una esperienza di apprendimento.
Riguarda perciò il modo di “influenzare”, “strutturare” e “facilitare” le situazioni didattiche e il processo di apprendimento:
-INFLUENZARE: poiché‚ il metodo deve giustificarsi dal punto di vista psicologico (condizioni dell’allievo) e dal punto di vista logico (struttura della disciplina). Esso è in funzione della autoattività dell’alunno.
Pertanto è sempre un modo di orientare e quindi di influenzare il processo di apprendimento.
– STRUTTURARE: comporta il processo di facilitazione dell’incontro tra la struttura logica della disciplina con la struttura psicologica dell’allievo. Perciò fa parte del metodo adattare la disciplina alle leggi psicologiche dell’apprendimento. La materia e l’insegnante si adeguano all’allievo.
– FACILITARE: significa creare le condizioni perché‚ il contenuto venga pià agevolmente appreso ed interiorizzato dall’allievo.
Il metodo didattico è “un modo particolare di facilitare questa organizzazione in maniera che essa risulti produttiva sul piano dell’apprendimento. Il suo ruolo è quindi quello di creare le condizioni che consentono la messa in moto delle operazioni in maniera che essa risulti produttiva sul piano dell’apprendimento: operazioni intellettuali e motorie necessarie all’incorporazione del contenuto dell’apprendimento nella struttura conoscitiva dell’alunno” (M. Pellerey).
* La struttura conoscitiva dell’alunno
Ma qual èla struttura conoscitiva dell’alunno, secondo la psicologia dell’apprendimento?
= c’è un modo meccanico di apprendere: se l’apprendimento di una nozione avviene in modo isolato, senza connessione con la precedente matrice cognitiva. Non essendoci connessione logica, risulta che l’unico modo per apprendere Š “memorizzare” (ripetizione meccanica).
= c’è un modo significativo di apprendere: si verifica quando la nozione appresa si collega facilmente con i concetti e le abilità precedenti.
Le nuove informazioni si inseriscono in una rete di relazione interna al soggetto e vengono più facilmente fissate nella memoria.
= c’è un modo di apprendere per scoperta: è il procedimento euristico che mette l’accento sui processi autonomi di conquista del sapere. E’ molto significativo per l’alunno.
= c’è un apprendimento per recezione. E’ un processo subìto che indica mancanza di autonomia, perché‚ comporta un versamento dall’esterno come materiale da mettere in un vaso da riempire…
Una precisazione sul metodo euristico o della scoperta programmata: i suoi elementi possono così essere descritti e resi didatticamente significativi.
= Il ragazzo e non la disciplina è al centro del processo didattico, perché‚ l’elemento più importante. L’allievo è invitato a diventare maturo attraverso il processo di apprendimento. Lui deve diventare protagonista dell’apprendimento.
= L’insegnante svolge il ruolo di interrogare e far sorgere domande, di assistere al processo di informazione-riflessione, di criticare e stimolare, di prevedere, di formulare, di approfondire, di assistere l’alunno lungo il processo di scoperta.
= La disciplina (nel nostro caso l’I.R.C..) è intesa come realtà significativa per l’uomo dal punto di vista antropologico, culturale e storico.
= Il testo o gli strumenti didattici: sono materiali di lavoro che selezionano le informazioni oggettive, indicano piste di esplorazione, precisano itinerari contenutistici…
= L’allievo è invitato a guardare, a studiare, a orientarsi, a scoprire, a scorgere, seguendo l’indicazione del docente.
= La realtà vissuta dall’uomo nella dimensione religiosa è l’obiettivo dell’informazione: il mondo religioso della persona, l’ambiente in cui vive, le oggettivazioni storiche e culturali.
= L’effetto educativo di questo processo dovrebbe portare alla responsabilità personale nella ricerca, alla presa di coscienza dei significati.
* I presupposti dell’apprendimento
Relazione a interessi ed atteggiamenti
In ogni apprendimento si verifica una dipendenza: si conosce cioè soltanto sulla base di conoscenze gi… acquisite. Perciò ci si dovrà domandare: quali sono i presupposti esigiti dalle singole unità didattiche?
L’apprendimento inoltre può essere facilitato da un certo interesse e da atteggiamenti più o meno favorevoli dell’allievo. “Le unità didattiche vanno inserite nel punto in cui i problemi ai quali un determinato testo dà risposta (quindi la sua finalità obiettiva) e i problemi degli allievi (i loro interessi) si incontrano” (Stachel).
Rispetto delle caratteristiche dell’età…
Ogni età ha una sua caratteristica esigenza psicologica ed ha bisogno di metodi adatti.
C’è un’età più recettiva, più critica, più riflessiva, a seconda dello sviluppo psicologico di partenza. Così ad esempio, il metodo della ricerca può essere efficace per i ragazzi della scuola dell’obbligo, mentre il confronto di opinioni risulta più adatto per quelli della scuola superiore.
La disponibilità di tecniche e materiale didattico
Sono gli strumenti a disposizione dell’insegnante (sia come abilità personali che sussidi) che facilitano l’azione didattica come la lavagna luminosa, gli audiovisivi, materiali di cartellonismo, tecniche di insegnamento (saper avviare una discussione, guidare un lavoro di gruppo) ecc.
* Le caratteristiche del metodo didattico
Molti possono essere i rischi di interferenza nella comunicazione insegnante-allievo, e perciò nessun metodo può essere assolutizzabile, ma ognuno va usato a partire dalle esigenze specifiche della classe e degli allievi.
Sembra più opportuno confrontarsi con alcuni principi che risulteranno volta per volta più efficaci, perché‚ capaci di imprimere la direzione giusta al cammino di apprendimento.
= Il principio della significatività
Il nuovo contenuto didattico deve apparire significativo per l’allievo, cioè deve essere in grado di stimolarne una reazione, perché importante per lui da un certo punto di vista.
= Il principio della motivazione
La spinta motivazionale mette in moto l’interesse per l’apprendimento. Per trovare buoni motivi per comunicare sarà necessaria una previa analisi degli interessi e dei bisogni degli alunni, curarne la problematizzazione, destabilizzare la loro matrice cognitiva, trovare un equilibrio nel continuum: novità-ripetizione, difficoltà-facilità.
= Il principio di direzione
All’insegnante non è sufficiente sapere dove vuole arrivare, è necessario che ciò sia avvertito anche dagli allievi, perché‚ non siano costretti a camminare al buio. Non si tratta di una generica spinta motivazionale (che manca di orientamento) ma di una esplicita direzione di marcia.
= Il principio della continuità
Non si acquista un concetto, un procedimento, un’abilità tutto in una volta. La costruzione dei concetti ha una storia, a volte lunga e tortuosa. Occorre quindi che più volte nel corso del processo didattico si ripresentino gli stessi contenuti. Un argomento deve essere trattato più volte ed in situazioni differenti per poter essere interiorizzato.
= Il principio della ricorsività
La ripetizione è necessaria (continuità) ma non è sufficiente. L’apprendimento è a spirale, cioè ciclico e progressivo. In pratica bisogna garantire uno sviluppo progressivo dei concetti, delle capacità e degli atteggiamenti in due direzioni: quella dell’estensione e quella dell’intensità.
= Il principio dell’integrazione
Esso si riferisce ai collegamenti orizzontali tra le diverse aree di studio (interdisciplinarità). Si vuole mirare ad una struttura sufficientemente unitaria che gradualmente va raggiunta dall’alunno, ne] suo processo di maturazione.
Non può esserci una integrazione a livello di contenuti; ma si tratta di promuovere la crescita della matrice cognitiva verso due direzioni:
– verso la ricchezza e la profondità delle connessioni, stabilite sia all’interno che all’esterno di essa;
– verso la stabilità e la consapevolezza delle varie conquiste realizzate.
Ciò richiede momenti di presa di coscienza, di riflessione critica, di unificazione concreta, di condensazione in strutture, in codici, in sistemi, che diano anche consistenza e validità a tutto il quadro della costruzione interna raggiunta.
= Principio della trasferibilità linguistica
Un concetto, un principio, un procedimento è tanto più fortemente integrato nella matrice cognitiva e validamente utilizzato nella interpretazione e nell’azione quanto più l’alunno sarà in grado di passare da una rappresentazione ad un’altra. Lo strumento di questa trasferibilità è il linguaggio.
Il pensiero umano si sviluppa e si esprime necessariamente attraverso un codice linguistico. E questo si distingue in linguaggio(= facoltà di trovare un’espressione sensibile a qualsivoglia contenuto o stato di esperienza) e lingua (= la varietà dei modi con cui si dà una specifica espressione ad un contenuto verbale o non verbale…).
Quinta fase
IL PROCESSO DELLA VERIFICA E DELLA VALUTAZIONE
* La verifica del processo di apprendimento
La valutazione dell’apprendimento è parte integrante della programmazione curricolare. Una valutazione è efficace quando non si ferma a registrare il solo grado dell’apprendimento avvenuto ma costituisce il punto di partenza di una verifica assai più vasta nel cui ambito vengono analizzate dettagliatamente la validità e l’efficacia della programmazione didattica nella sua globalità e nelle sue singole fasi.
Perciò tra valutazione e verifica c’è uno stretto rapporto:
– nel concreto processo didattico le due forme (valutazione, verifica) si intersecano sistematicamente, giungendo ad essere spesso difficilmente differenziabili;
– esiste tra di esse uno stretto legame operativo che le rende mutuamente dipendenti, in quando non ha alcun senso una valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi, quando manca una corrispondente valutazione della validità dei processi messi in atto per raggiungerli; e, viceversa, è impossibile accertare l’efficacia di tali processi in assenza di dati relativi agli effetti da essi sortiti;
– parlare di valutazione del curricolo non significa riferirsi ad una forma di verifica che può aver luogo solamente quando l’intero processo educativo-didattico programmato ha raggiunto la sua fase terminale. Si può ragionevolmente affermare che questo tipo di valutazione accompagna l’intero svolgersi della pianificazione e della realizzazione del curricolo, caratterizzandolo così nelle sue peculiari proprietà autocorrettive.
L’insegnante deve essere in grado di valutare, ed eventualmente modificare, tutte le sue decisioni ed i suoi interventi gi… nel corso dell’itinerario didattico, oltre che alla sua conclusione. Questo susseguirsi di operazioni, di controlli, di correzioni e di rinforzi sta alla base del carattere autocorrettivo e autoregolativo del curricolo.
Questo tipo di processo Š fondato sul concetto di feed-back che ci informa sugli effetti di un’azione educativa o didattica e che pone pertanto in condizione di valutarne l’efficacia e di apportarne tutte le eventuali necessarie modifiche.
* Valutazione globale del curricolo
La valutazione si può definire come quel “processo di raccolta di informazioni in vista di decisioni da prendere. Tali decisioni possono riguardare l’alunno e l’insegnante, il processo di apprendimento e di insegnamento, come tutta l’organizzazione didattica”.
In didattica si distingue abitualmente tra:
– valutazione diagnostica: esamina il punto di partenza del processo di apprendimento;
– valutazione formativa: fornisce continue informazioni durante lo svolgimento del curricolo permettendo di apportare le correzioni necessarie e offre elementi per il passaggio successivo;
– valutazione sommativa: offre un giudizio globale sui risultati ottenuti in relazione agli obiettivi.
Questa revisione globale del curricolo potrebbe essere sintetizzata in una serie di interrogativi, relativi a ciascuna fase dello sviluppo curricolare:
– l’analisi della situazione di partenza è stata fatta in maniera corretta? I dati raccolti erano completi? Riguardavano tutte le variabili scolastiche ed extrascolastiche? E’ stato tenuto sufficientemente conto di queste informazioni per passare ai punti successivi?
– gli obiettivi rispondevano agli intenti ed alle finalità educative? Coprivano tutte le varie aree di sviluppo? Erano formulati in maniera corretta? Erano chiari, realistici? Erano adatti agli alunni è alla loro situazione di partenza?
– i contenuti delle unità didattiche hanno contribuito effetti- effettivamente al raggiungimento degli obiettivi? Erano adeguati alle capacità ed agli interessi degli allievi? Erano validi e significativi?
– la sequenza delle unità didattiche ha agevolato il raggiungimento degli obiettivi? Si è rispettata la gerarchia delle verità? Sono stati omessi alcuni passaggi importanti? Ci si è soffermati eccessivamente su alcuni punti?
– i metodi impiegati e le attività svolte si sono dimostrati validi strumenti per il raggiungimento degli obiettivi? Hanno realmente agevolato l’apprendimento? Erano congruenti con i contenuti e coi materiali adottati? Erano adatti alle caratteristiche cognitive degli allievi?
– i materiali adottati erano efficaci per il raggiungimento degli obiettivi? I messaggi comunicati corrispondevano effettivamente ai contenuti? Il loro uso era congruente con il metodo adottato?
– la valutazione dell’apprendimento è stata condotta in modo corretto? Ha fornito dati attendibili? I vari accertamenti fatti erano conformi ai criteri degli obiettivi stabiliti?
* La valutazione dell’apprendimento
Il problema della valutazione è centrale in pedagogia ed importante in didattica per l’incidenza che il modo di valutare ha sui rapporti insegnante-alunni, sui modi dell’insegnamento e dell’apprendimento, sull’efficacia educativa della scuola.
Il valutare è un atto educativo. Il che impegna le qualità più profonde di un educatore:
– non basta il tecnico che sa individuare gli errori;
– non basta l’insegnante che controlla la validità scientifica delle risposte;
– l’insegnante non deve essere un misuratore (tecnico), ma un promotore di umanità, un educatore. Valutare perciò significa:
– vedere in che relazione sta il rendimento tecnico con la situazione umana di ogni allievo;
– questo comporta l’abbandono del criterio del confronto dei soggetti tra loro, perché‚ non c’è nulla di così incomparabile come un uomo rispetto ad un altro.
“La valutazione degli alunni deve tendere ad accertare la situazione di partenza, i condizionamenti socio-economici, i livelli non solo effettivi ma anche potenziali di acquisizione sostituendo al puro criterio di livello quello di progresso. Essa tende a raffrontare ciascun alunno con se stesso, con la propria storia personale e scolastica” (E. Buttarini).
Perciò la valutazione non serve a condannare, assolvere, promuovere o bocciare, ma a programmare un cammino di crescita continua.
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