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SCUOLA:CEI
DIFENDE ‘PLACET’ INSEGNANTI RELIGIONE; E’ SCONTRO






(ANSA) – ROMA, 26 MAG – E’ ancora scontro tra le forze politiche
sul problema dell’ insegnamento della religione nelle scuole
statali. A innescare la polemica e’ stata questa volta un’audizione
dei rappresentanti della Conferenza Episcopale Italiana
in commissione Istruzione del Senato, che sta discutendo
un disegno di legge per l’ assunzione nei ruoli pubblici
di 22 mila insegnanti della religione cattolica. Il costo
per lo Stato sarebbe di circa 1.000 miliardi di lire.   
Oggetto del contendere e’ il ”placet” delle diocesi che
una norma del Concordato prevede per gli insegnanti di religione.
In pratica i 22 mila insegnanti (76% laici, 20% sacerdoti
e 4% religiosi) verrebbero assunti definitivamente dallo
Stato e uscirebbero in questo modo dall’ attuale condizione
di precarieta’(contratti annuali rinnovati), ma solo a condizione
di ottenere un ‘gradimento’ da parte delle diocesi, cosi’
come previsto dal Concordato.  Rimane aperta – ed e’
fonte di polemica – l’eventualita’ che una volta assunti
definitivamente (senza concorso   ma ‘a pie’ di lista’),
il ‘placet’ dell’autorita’ ecclesiale potrebbe essere revocato;
questi docenti, assunti a tutti gli effetti, non potrebbero
essere licenziati.

Nell’ audizione di questa mattina la Cei era rappresentata
da mons.Attilio Nicora, il quale ha assicurato che solo
in casi di particolare gravita’ ed eccezionali le diocesi
ricorreranno alla

>revoca del gradimento. Mons.Nicora ha pero’ ribadito
la piena validita’ dell’ istituto del ‘gradimento’ ed ha
spiegato che il Concordato prevede non l’ insegnamento della
storia delle religioni nelle scuole statali, ma della dottrina
cattolica. E’ questa la differenza che giustificherebbe
la necessita’ del ‘placet’ in quanto atto che attesta la
conformita’ dell’insegnamento ai valori della dottrina ufficiale
professata dalla Chiesa.

Nonostante tutti i componenti della commissione Istruzione
abbiano riconosciuto al rappresentante della Cei una grande
pacatezza nei toni e nelle rivendicazioni, l’ audizione
ha rapidamente causato una polemica tra le forze politiche.
Esiste un primo profilo ”pratico” relativo alla destinazione
degli insegnanti di religione colpiti da un’eventuale revoca.
Ma e’ stata sollevata anche un’ altra questione di principio
da molti esponenti della sinistra: perche’ lo Stato riconosce
ai suoi insegnanti il diritto al pluralismo didattico e
ideologico, mentre ai docenti di religione non viene riconosciuto
questo pluralismo sostanziale?

Mario Occhipinti, relatore e primo firmatario del disegno
di legge, ritiene che la commissione non possa rimettere
in discussione un dato storico come quello del Concordato.
Per questo ha proposto un meccanismo legislativo che prevede
la non licenziabilita’ degli insegnanti di religione dopo
il decimo anno: verrebbero destinati ad altro lavoro nel
settore pubblico in assenza del ”gradimento”. Ma questa
soluzione ”tecnica” non e’ piaciuta a diversi esponenti
DS.

Giorgio Mele, della sinistra diessina, si e’ chiesto che
senso abbia, ”per l’ attuale maggioranza ipotizzare il
finanziamento pubblico della scuola cattolica per poi immettere
nello stesso tempo gli insegnanti di religione nella scuola
statale, con l’ aggravante di un inaccettabile gradimento
tutto di natura ideologica”. ”Il centrosinistra – ha concluso
Mele – deve smetterla di ficcarsi in questi vicoli ciechi”.

Maria Grazia Pagano, anche lei DS, ha preso le distanze
dal disegno di legge per l’ immissione in ruolo dei 22 mila
insegnanti di religione. Ha chiesto ufficialmente alla commissione
una ”pausa di riflessione”, tenendo anche conto del fatto
che questi docenti verrebbero assunti ”a pie’ di lista”
vale a dire senza concorso pubblico. ”Tanto vale – ha spiegato
ai giornalisti – rimettere allora in discussione il Concordato
e trasformare l’ ora di religione nell’ insegnamento della
storia delle religioni”.

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