Categoria: Sezione Fittizia

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    A.C. 2480 e abb.-A
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    EMENDAMENTI
    Relatore: TAGLIALATELA


    N. 1.

    Seduta del 3 dicembre 2002

    ART. 1.
    (Ruoli degli insegnanti di religione cattolica).

    Sostituire il comma 1 con il seguente:
    1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati in base
    alle indicazioni delle competenti autorità diocesane,
    secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione del Concordato
    lateranense, reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985 n.
    121, e dall’intesa tra il Ministro della pubblica istruzione
    e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, resa
    esecutiva con il Decreto del Presidente della Repubblica
    16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni, si
    applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico.

    Conseguentemente, all’articolo 6, comma 1, sostituire le
    parole: 7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150
    euro con le seguenti: 15.003.918 euro per l’anno 2003 e
    45.009.053 euro.
    1. 7. Martella, Sasso, Grignaffini, Nigra, Guerzoni, Motta.

    Sostituire il comma 1 con il seguente:
    1. Agli insegnanti di religione cattolica nominati annualmente
    in base alle indicazioni delle competenti autorità
    diocesane, secondo quanto stabilito dall’Accordo di revisione
    del Concordato lateranense, reso esecutivo con la legge
    25 marzo 1985, n. 121, e dall’intesa tra il Ministro della
    pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale
    italiana, resa esecutiva con il decreto del Presidente della
    Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, e successive modificazioni,
    si applica il trattamento economico e di carriera previsto
    nel contratto nazionale per gli insegnanti a tempo indeterminato
    in servizio nel corrispondente ordine scolastico.
    1. 1. Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Al comma 2, sostituire le parole: inseriti nei ruoli di
    cui al comma 1 con le seguenti: nominati ai sensi della
    legislazione vigente.
    * 1. 2.Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Al comma 2, sostituire le parole: inseriti nei ruoli di
    cui al comma 1 con le seguenti: nominati ai sensi della
    legislazione vigente.
    * 1. 8.Grignaffini, Martella, Sasso, Nigra, Guerzoni, Motta.

    Al comma 2, dopo le parole: trattamento economico previsti
    aggiungere le seguenti: per gli insegnanti a tempo indeterminato.

    ** 1. 3.Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Al comma 2, dopo le parole: trattamento economico previsti
    aggiungere le seguenti: per gli insegnanti a tempo indeterminato.

    ** 1. 9.Guerzoni, Sasso, Grignaffini, Martella, Nigra, Motta.

    Sopprimere il comma 3.
    * 1. 4.Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sopprimere il comma 3.
    * 1. 10.Nigra, Sasso, Grignaffini, Guerzoni, Martella, Motta.

    Al comma 3, sostituire le parole: e nella scuola elementare
    con le seguenti: , nella scuola elementare e nella scuola
    secondaria.
    1. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

    Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
    3-bis. Le commissioni degli esami di licenza della scuola
    secondaria di primo grado e dell’esame di Stato finale della
    scuola secondaria di secondo grado sono formate dai docenti
    di classe. Delle commissioni fanno parte, a pieno titolo
    anche l’insegnante che abbia svolto attività didattica
    di sostegno, l’insegnante di seconda lingua e l’insegnante
    di religione per gli alunni non esonerati dal relativo insegnamento.

    1. 6. Zeller, Brugger, Widmann, Detomas, Collè.

    (Votazione dell’articolo 1)

    ART. 2.

    (Dotazioni organiche dei posti per l’insegnamento della
    religione cattolica).
    Sopprimerlo.
    * 2. 1.Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sopprimerlo.
    * 2. 2.Martella, Sasso, Grignaffini, Nigra, Guerzoni, Motta.

    (Si vota il mantenimento dell’articolo 2)

    ART. 3.
    (Accesso ai ruoli).
    Sopprimerlo.
    3. 1. Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sostituirlo con il seguente:
    Art. 3. Le autorità ecclesiastiche responsabili del
    reclutamento del personale docente di cui all’articolo 1,
    comma 1, vi provvedono attraverso un procedimento concorsuale
    per soli titoli.
    3. 2. Grignaffini, Martella, Sasso, Nigra, Guerzoni, Motta.

    Sostituire il comma 3 con il seguente:
    3. Per la partecipazione alle procedure concorsuali è
    richiesto il possesso di almeno uno dei titoli di qualificazione
    professionale stabiliti al punto 4 dell’intesa di cui all’articolo
    1, comma 1, unitamente a un diploma di laurea valido per
    l’ammissione ai concorsi a posti d’insegnamento.
    3. 3. Cordoni, Capitelli, Sasso, Innocenti, Gasperoni, Trupia,
    Motta.

    Sostituire il comma 7 con il seguente:
    7. Le Commissioni compilano la graduatoria di coloro che
    hanno superato il concorso; la graduatoria è approvata
    dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento del
    concorso».
    3. 4. Gasperoni, Cordoni, Sasso, Capitelli, Innocenti, Trupia,
    Motta.

    Al comma 7, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:
    nonché il punteggio conseguito nelle prove di concorso.

    3. 7. Duilio, Delbono, Squeglia, Molinari.

    Al comma 9, sostituire le parole: si fruisca della mobilità
    professionale o della diversa utilizzazione o mobilità
    collettiva con le seguenti: rientri nelle fattispecie.
    3. 5. Cordoni, Capitelli, Sasso, Gasperoni, Innocenti, Trupia,
    Motta.

    Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
    Tali insegnanti devono essere scelti dalla graduatoria degli
    idonei non vincitori di concorso.
    3. 6. Guerzoni, Cordoni, Gasperoni, Capitelli, Sasso, Nigra,
    Innocenti, Trupia, Motta.

    (Votazione dell’articolo 3)

    ART. 4.
    (Mobilità).

    Sostituirlo con il seguente:
    Art. 4. – 1. Agli insegnanti di religione cattolica si applicano,
    del medesimo insegnamento, le disposizioni vigenti in materia
    di mobilità territoriale nel comparto del personale
    della scuola.
    2. La mobilità territoriale è subordinata
    al possesso da parte degli insegnanti di religione cattolica
    del riconoscimento dell’idoneità dall’Ordinario diocesano
    competente per territorio e all’intesa col medesimo Ordinario.

    4. 5. Sasso, Guerzoni, Grignaffini, Martella, Nigra, Motta.

    Sostituire il comma 1 con il seguente:
    1. Agli insegnanti di religione cattolica si applicano,
    nell’ambito dei rispettivi insegnamenti, le disposizioni
    vigenti in materia di mobilità territoriale nel comparto
    del personale della scuola.
    4. 1. Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: nell’elenco
    con le seguenti: nella graduatoria.
    4. 6. Nigra, Capitelli, Cordoni, Sasso, Innocenti, Guerzoni,
    Gasperoni, Trupia, Motta.

    Sopprimere il comma 2.
    4. 2. Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sopprimere il comma 3.
    4. 3. Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sostituire il comma 3 con i seguenti:
    3. L’acquisizione ed il mantenimento dello stato giuridico
    di insegnante di religione cattolica sono subordinati al
    possesso dell’idoneità canonica rilasciata dall’Ordinario
    diocesano competente territorialmente. La revoca dell’idoneità
    determina immediatamente la cessazione del rapporto di lavoro.

    4. In caso di avvio di un procedimento canonico volto alla
    revoca dell’idoneità, l’insegnante è sospeso,
    fino alla conclusione del procedimento medesimo, dalla cattedra
    di cui è titolare e può essere utilizzato
    in altre attività.
    4. 7. Cordoni, Capitelli, Gasperoni, Sasso, Trupia, Innocenti,
    Guerzoni, Nigra, Motta.

    Al comma 3, dopo le parole: contrazione dei posti di insegnamento
    aggiungere le seguenti: ivi compreso il 30 per cento dei
    posti a tempo determinato esistenti nell’ambito diocesano,

    4. 8. Sasso, Cordoni, Capitelli, Gasperoni, Grignaffini,
    Innocenti, Trupia, Guerzoni, Nigra, Motta.

    Al comma 3, sostituire le parole: e subordinatamente al
    possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto
    con le seguenti: per il passaggio a posizioni di ruolo diverse
    da quelle degli insegnanti.

    Conseguentemente, al medesimo comma, aggiungere, in fine,
    il seguente periodo: Per il passaggio a posizioni di ruolo
    relative a insegnamenti diversi da quello della religione
    cattolica, gli insegnanti di cui al presente comma, subordinatamente
    al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
    richiesto, possono richiedere l’inserimento nelle graduatorie
    permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico delle
    disposizioni legislative in materia di istruzione, relative
    alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo
    16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, con
    l’attribuzione di un punteggio commisurato al periodo di
    insegnamento già svolto, secondo modalità
    definite con regolamento da adottare con decreto del Ministro
    dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
    entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
    presente legge.
    4. 4. Duilio, Molinari.

    Aggiungere, in fine, il seguente comma:
    4. La mobilità professionale verso altro insegnamento
    non è consentita prima che siano decorsi cinque anni
    di effettivo insegnamento dall’assunzione in ruolo. I posti
    rimasti vacanti a seguito di revoca dell’idoneità
    non concorrono, per un quinquennio, a determinare le dotazioni
    organiche di cui all’articolo 2 e sono coperti mediante
    stipula di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi
    dell’articolo 3, comma 10.
    4. 9. Gasperoni, Cordoni, Capitelli, Sasso, Trupia, Innocenti,
    Motta.

    Aggiungere, in fine, il seguente comma:
    4. Agli insegnanti di religione cattolica con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, ai quali non sia stata
    revocata l’idoneità, che si trovino in condizioni
    di esubero, si applicano le procedure di diversa utilizzazione
    e mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del
    decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
    4. 10. Capitelli, Cordoni, Innocenti, Sasso, Guerzoni, Nigra,
    Gasperoni, Trupia, Motta.

    (Votazione dell’articolo 4)

    ART. 5.
    (Norme transitorie e finali).

    Sopprimerlo.
    * 5. 1.Alfonso Gianni, Titti De Simone.

    Sopprimerlo.
    * 5. 7.Grignaffini, Sasso, Nigra, Guerzoni, Martella, Motta.

    Al comma 1, sostituire le parole: continuativamente servizio
    per almeno quattro anni nel corso degli ultimi dieci anni
    con le seguenti: servizio continuativo per almeno dieci
    anni.
    5. 6. Rodeghiero.

    Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le
    commissioni compilano la graduatoria di coloro che hanno
    superato il concorso; la graduatoria è approvata
    dal dirigente regionale che ha curato lo svolgimento del
    concorso.
    5. 8. Innocenti, Cordoni, Capitelli, Sasso, Guerzoni, Nigra,
    Gasperoni, Trupia, Motta.

    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto ad
    accertamento della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento
    scolastici, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi
    ai gradi di scuola ai quali si riferisce il concorso, nonché
    all’accertamento della cultura posseduta dal candidato nel
    campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche.
    5. 9. Trupia, Cordoni, Capitelli, Gasperoni, Guerzoni, Nigra,
    Innocenti, Sasso, Motta.

    Sostituire il comma 2 con il seguente:
    2. Il programma di esame del primo concorso, consistente
    in una prova scritta ed una orale, sarà volto ad
    accertamento della conoscenza della legislazione e dell’ordinamento
    scolastici, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi
    ai gradi di scuola ai quali si riferisce il concorso.
    5. 10. Guerzoni, Trupia, Cordoni, Capitelli, Nigra, Gasperoni,
    Sasso, Innocenti, Motta.

    Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L’esame
    è preceduto dalla frequenza di un corso non superiore
    a 60 ore, finalizzato all’approfondimento del programma
    d’esame. Il corso è svolto dalla Commissione esaminatrice.

    5. 2. Lumia.

    Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
    2-bis. L’elenco di coloro i quali risultano abilitati a
    seguito del concorso di cui al comma 2 ha una validità
    triennale: da esso si attinge per la copertura delle cattedre
    da assegnare con contratto a tempo indeterminato e con contratto
    a tempo determinato.
    5. 11. Delbono, Duilio, Squeglia, Carbonella, Molinari.

    Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
    2-bis. La graduatoria di coloro che superano il concorso
    di cui al comma 2 ha carattere permanente: da essa si attinge
    per la copertura delle cattedre da assegnare con contratto
    a tempo determinato e per la copertura delle cattedre da
    assegnare con contratto a tempo determinato.
    5. 3. Lumia.

    Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
    2-bis. I docenti inseriti nella graduatoria di cui al comma
    7 dell’articolo 3 non destinatari di contratto a tempo indeterminato
    hanno titolo di precedenza per il conferimento degli incarichi
    di cui al comma 10 dell’articolo 3.
    5. 4. Lumia.

    Al comma 3, primo periodo, sostituire le parole: euro 261.840
    con le seguenti: euro 695.512.
    5. 5. Lumia.

    (Votazione dell’articolo 5)

    ART. 6.
    (Copertura finanziaria).

    Sopprimerlo.
    6. 1. Martella, Sasso, Grignaffini, Guerzoni, Nigra, Motta.

    (Si vota il mantenimento dell’articolo 6)

  • Stato_Giuridico_due/Discussione_in_aula_2_12_2002.asp

    XIV LEGISLATURA

    ———————————–

    232^ SEDUTA PUBBLICA
    Lunedì 2 dicembre 2002 – Ore 15

    Discussione
    in Aula

    Relatore
    Taglialatela (AN) (Video1
    Video2
    )

    Alba Sasso
    (Ds)
    :
    (Video)

    Pietro
    Squeglia (Margherita-Ulivo):
    (Video
    1
    Video 2)

    Alberto Nigra (DS):
    (Video)

    Alfonso Giannì
    (Rifondazione Comunista):

    Stenografico
    Aula in corso di seduta
    Seduta n. 232 del 2/12/2002

    Discussione del disegno di legge: Norme
    sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
    degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado (2480)
    e delle abbinate proposte di legge: Molinari; Tonino Loddo
    ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi; Coronella e
    Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio Barbieri
    (561-580-737-909-1433-1487-1493-1908-1972) (ore 15,06).

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del
    disegno di legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti
    di religione cattolica degli istituti e delle scuole di
    ogni ordine e grado; e delle abbinate proposte di legge
    d’iniziativa dei deputati: Molinari; Tonino Loddo ed altri;
    Angela Napoli; Lumia; Landolfi; Coronella e Messa; Di
    Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio Barbieri.
    La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente
    calendario dei lavori (vedi calendario).
    (Discussione sulle linee generali – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee
    generali.
    Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei
    Democratici di sinistra-l’Ulivo ne ha chiesto l’ampliamento
    senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi
    dell’articolo 83, comma 2, del regolamento.
    Avverto che la XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata
    a riferire oralmente.
    Il relatore, onorevole Taglialatela, ha facoltà
    di svolgere la relazione.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli
    colleghi, arriva finalmente all’esame dell’Assemblea un
    disegno di legge da molti anni atteso, che punta a risolvere
    un problema relativo alla condizione di precariato nella
    quale versano ancora molte migliaia di insegnanti di religione
    cattolica (parlo, ovviamente, tanto delle scuole pubbliche
    quanto di quelle private).
    Il provvedimento giunge al nostro esame dopo un’approfondita
    discussione in Commissione, durata molte settimane, arricchita
    dall’ascolto di molte associazioni sindacali che si occupano
    del problema e che hanno una loro rappresentatività
    nel mondo della scuola, con particolare riferimento, appunto,
    agli insegnanti di religione.
    Questo disegno di legge del Governo, sostanzialmente,
    finisce con l’accorpare proposte di legge che sono stati
    presentate sia nella scorsa legislatura sia in quella
    attuale a firma di molti colleghi. Penso che sia giusto
    citare tutte le proposte di legge che hanno preceduto
    il disegno di legge poi varato dal Consiglio dei ministri,
    a firma dell’onorevole Moratti. Ci sono state le proposte
    di legge dei colleghi Molinari, Loddo, Angela Napoli,
    Lumia, Landolfi, Coronella, Messa, Teodoro, Pepe e Barbieri,
    insieme ad altri colleghi che hanno aggiunto la loro firma
    dopo quella dei primi firmatari.
    Il presente disegno di legge trae origine dall’intento
    dello Stato – esplicitato nel preambolo dell’Intesa intervenuta
    il 14 dicembre 1985 tra l’autorità scolastica italiana
    e la Conferenza episcopale italiana, che ovviamente è
    stata ascoltata in audizione da parte della Commissione
    XI, per l’insegnamento della religione cattolica nelle
    scuole pubbliche, e resa esecutiva dal decreto del Presidente
    della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751 – "di dare
    una nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione".
    L’Intesa di cui s’è detto, così come quella
    successiva del 13 giugno 1990 resa esecutiva dal decreto
    del Presidente della Repubblica 23 giugno 1990, n. 202,
    ha dato attuazione, al punto 5, lettera b), del protocollo
    addizionale all’Accordo del 18 febbraio 1984, concernente
    modificazioni al Concordato lateranense del 1929.
    La materia concernente lo stato giuridico degli insegnanti
    di religione cattolica è stata già oggetto
    (lo dicevamo in premessa), in passato, di numerose iniziative
    legislative. Il testo che ora abbiamo all’attenzione,
    che è stato in parte emendato dalla Commissione,
    ricalca nelle sue linee di fondo quanto previsto dai disegni
    di legge che lo hanno preceduto e punta alla soluzione
    del problema attraverso l’immissione degli insegnanti
    di religione nel ruolo giuridico.
    Venendo all’illustrazione del disegno di legge in questione
    è necessario premettere che l’intento esplicitato
    dallo Stato nel preambolo dell’Intesa del 1985, di cui
    s’è detto all’inizio, scaturisce dalla rinnovata
    valenza formativa e culturale dell’insegnamento della
    religione cattolica e della volontà che questa
    valenza trovi traccia anche nella sistemazione definitiva
    della condizione di precariato, che era una delle cose
    che manteneva gli insegnanti di religione cattolica in
    una condizione di disparità rispetto agli altri
    insegnanti nella scuola italiana. Affrontate le questioni
    di carattere generale, possiamo scendere nella valutazione
    dell’articolato.
    L’articolo 1 istituisce i ruoli degli insegnanti di religione
    cattolica. È prevista l’istituzione di due ruoli
    regionali, articolati per ambiti territoriali corrispondenti
    alle diocesi, e che comprendono in sostanza, l’uno, i
    docenti di religione cattolica nella scuola materna e
    nella scuola elementare, e l’altro, i docenti di religione
    cattolica nella scuola secondaria. Apposita norma stabilisce
    poi che ai docenti di religione inseriti nei ruoli si
    applicano le norme in vigore per gli altri docenti fatte
    salve evidentemente, per essi, le specifiche disposizioni
    contenute nel disegno di legge. Resta ferma comunque nella
    scuola materna e nella scuola elementare la possibilità,
    prevista dalle disposizioni vigenti, che l’insegnamento
    della religione cattolica venga impartito dai docenti
    di sezione o di classe che si siano dichiarati disposti
    a svolgerlo e che siano riconosciuti idonei a tale fine
    dalla competente autorità ecclesiastica.
    L’articolo 2 stabilisce che la consistenza delle dotazioni
    organiche per i ruoli di cui all’articolo 1 è pari
    al 70 per cento dei posti funzionanti. Tale soluzione
    si spiega per il fatto che gli aspetti peculiari dell’insegnamento
    di cui trattasi mal si adattano alle rigidità proprie
    della "messa in ruolo" del personale. In sintesi,
    essendo l’insegnamento della religione cattolica facoltativo,
    è evidente che il numero di classi e, quindi, il
    numero dei docenti deve essere comunque impostato con
    elasticità.
    L’articolo 3 ha per oggetto le norme sui concorsi per
    l’accesso al ruolo. I concorsi sono per titoli ed esami,
    ed è prevista specificatamente la valutazione nei
    titoli l’eventuale insegnamento della religione cattolica
    sino ad oggi esplicitato.
    Una peculiarità relative alle prove d’esame è
    che esse hanno per oggetto esclusivamente l’accertamento
    della preparazione culturale e didattica, come quadro
    di riferimento complessivo. L’esame non si svolgerà
    nel merito della cultura generale sulla religione cattolica,
    ma viceversa nel merito della conoscenza generale della
    condizione della scuola.
    Coloro che superano il concorso sono iscritti in un elenco,
    e l’assunzione è disposta dal dirigente regionale
    scolastico dopo, ovviamente, una valutazione dei punteggi
    determinati dai titoli ed esami.
    L’elenco così come determinato viene portato alla
    valutazione del dirigente regionale scolastico che procede
    all’immissione in ruolo di coloro che si ritrovano non
    solo idonei al concorso, ma anche in una posizione utile
    per essere immessi nei ruoli. Ovviamente, le graduatorie
    vengano determinate attraverso il territorio della diocesi.

    L’articolo 4 pone l’accento sulla questione della mobilità.
    Esse si rendono necessarie proprio in ragione delle specificità
    proprie della figura del docente di religione cattolica
    e delle modalità del suo reclutamento. Tali disposizioni
    intendono fissare, al riguardo, soltanto alcuni princìpi
    essenziali che riflettono quelle specificità, ferma
    restando la contrattazione collettiva come sede propria
    della compiuta disciplina della materia.
    L’articolo 5 detta le disposizioni transitorie e finali,
    nelle quali sono prese in considerazione, per il primo
    concorso da bandire dopo la data di entrata in vigore
    della legge, l’esperienza e la professionalità
    acquisite da coloro che hanno già svolto l’insegnamento
    della religione cattolica per almeno un numero di anni
    che consenta una precisa determinazione dei docenti, che
    da precari devono poter avere riconosciuto il diritto
    dell’immissione in ruolo.
    Queste sono le note generali del disegno di legge, che,
    ripeto, ha avuto in Commissione una valutazione particolarmente
    attenta avendo la commissione deciso di svolgere un lavoro
    approfondito anche attraverso le audizioni di tutte le
    organizzazioni sindacali sindacali e delle altre che a
    vario titolo hanno competenza nella materia.
    Mi auguro che il Parlamento, a cominciare dalla Camera
    dei deputati, nei prossimi giorni, sappia dare le risposte
    che gli insegnanti della religione cattolica attendono
    da anni, in modo tale che già dal prossimo anno
    scolastico si possa dare vita ai concorsi necessari, affinché
    tale disegno di legge trovi una pratica attuazione attraverso
    l’immissione in ruolo dei docenti di religione cattolica.

    PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante
    del Governo.
    MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro
    e le politiche sociali. Signor Presidente, mi riserbo
    di intervenire in sede di replica.
    PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Sasso.
    Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, nel mio intervento voglio
    motivare alcune questioni che sostengono il nostro voto
    contrario sul provvedimento in esame. Mi permetterete
    di ricordare alcune cose preliminarmente.
    L’insegnamento della religione cattolica è presente
    nella scuola pubblica sulla base di accordi intercorsi
    tra lo Stato italiano e la Santa Sede: il Concordato ed
    il Protocollo addizionale, e tra il Ministero dell’allora
    pubblica istruzione e la Conferenza episcopale italiana,
    la cosiddetta Intesa, recepita nel decreto del Presidente
    della Repubblica, n. 751.
    Sono questi accordi a determinare una situazione del tutto
    particolare sia per la disciplina sia per gli insegnanti.
    La disciplina, infatti, è facoltativa, e tale facoltatività
    è condizione necessaria perché la sua presenza
    nella scuola pubblica non configuri elementi di incostituzionalità,
    come ribadito da molte recenti sentenze della Corte costituzionale.
    Il reclutamento degli insegnanti avviene con nomina a
    seguito di una designazione dell’autorità diocesana
    sulla base di titoli, competenze e requisiti insindacabilmente
    forniti dalla stessa (in parte modificati dal presente
    provvedimento, appunto, con la proposta del concorso)
    e da un’idoneità (che, tuttavia, permane anche
    in presenza di questo provvedimento) conditio sine qua
    non per l’insegnamento, altrettanto insindacabilmente
    concessa e revocabile dalla stessa autorità diocesana.

    Pertanto, a fronte di questo quadro giuridico e normativo
    di riferimento, separare il problema degli insegnanti
    da quello della disciplina – appunto facoltativa – porterebbe
    sicuramente ad esiti non equilibrati, non rispettosi delle
    intese, delle reciproche autonomie e degli stessi lavoratori
    interessati.
    Mi pare che non sia possibile introdurre per legge ordinaria
    una norma, quale quella sul ruolo e sul conseguente organico
    degli insegnanti, che incide sul significato sostanziale
    del nuovo assetto concordatario. Pertanto, se il Governo
    vuole perseguire tale innovazione, può legittimamente
    farlo, ma solo aprendo con la Santa Sede una trattativa
    bilaterale sul Concordato. Non sarebbe possibile neppure
    una semplice revisione dell’Intesa, perché si tratta
    di innovazioni che incidono sul principio concordatario
    dell’avvalersi o non avvalersi senza discriminazioni.

    Signor Presidente, per quanto riguarda il problema del
    ruolo dei docenti di religione cattolica credo sia sufficiente
    un sommario esame della documentazione esistente per affermare
    che non risponde a verità che nel 1984, al tempo
    della revisione del Concordato, fosse presente, nel dibattito
    pattizio, la rivendicazione del ruolo e del conseguente
    organico per gli insegnanti di religione cattolica. Di
    fronte alle ripetute stesure del testo concordatario –
    rotanti, appunto, sulla formula dell’avvalersi o non avvalersi,
    considerata fortemente innovativa rispetto al vecchio
    esonero dalla regione cattolica – non aveva alcuna possibilità
    di manifestarsi la richiesta di un ruolo organico per
    i docenti di religione cattolica che, peraltro, non esisteva
    neanche nel vecchio regime concordatario, cioè
    quando la religione cattolica era obbligatoria.
    Le questioni di stato giuridico da risolvere, di cui parlava
    l’intesa del 1985, erano di altra natura e, in gran parte,
    sono state già affrontate e risolte dalla contrattazione
    collettiva degli ultimi anni. I docenti di religione cattolica,
    onorevole Taglialatela, non sono sicuramente dei precari,
    oggi; questi, già prima della revisione del concordato,
    avevano un incarico a tempo indeterminato con retribuzione
    pari a quella iniziale del docente di ruolo A, un laureato,
    e, nell’ultimo decennio, in sede di contrattazione collettiva,
    la condizione di questi docenti ha subito notevoli miglioramenti
    sia sul piano giuridico sia su quello economico.
    La contrattazione collettiva non ha potuto risolvere questioni
    come quella del ruolo, che oggi si chiama contratto a
    tempo indeterminato, perché esse derivano, per
    questi insegnanti, da una fonte e da una scelta legislativa
    preconcordataria. Infatti, la contrattualizzazione del
    rapporto di lavoro pubblico, prevista dal decreto legislativo
    n. 29, affronta – per questi come per gli lavoratori della
    scuola – questioni relative alle condizioni di lavoro,
    mentre rimangono regolate per via legislativa, perché
    espressamente previsto dalla Costituzione, le materie
    relative al reclutamento ed alla libertà di insegnamento.
    Quindi, le condizioni di lavoro degli insegnanti di religione,
    la loro collocazione contrattuale, sono analoghe, per
    molti aspetti, a quelle di tutti gli altri docenti assunti
    a tempo indeterminato.
    Intendo dire che, se nella condizione di questi insegnanti
    vi è un malessere, esso è riconducibile
    alla oggettiva condizione giuridica degli stessi che,
    a mio modo di vedere, non può permettere (sarebbe
    una contraddizione in termini) un organico stabile proprio
    per la facoltatività della materia e per la particolarità
    del reclutamento. È un problema che, come ho detto
    prima, si è affrontato solo attraverso una revisione
    delle norme concordatarie.
    Esiste, poi, una grande questione di costituzionalità
    che si pone sotto diversi profili. Innanzitutto, è
    molto evidente – ma, ciò nonostante, non è
    neppure segnalato nella relazione e nella relazione tecnica
    predisposta dal Governo – come la preesistenza di un ruolo
    organico dei docenti alla scelta annuale degli studenti
    di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione
    cattolica possa incidere pesantemente su tale scelta,
    alterando le condizioni poste dalla Corte costituzionale
    per la costituzionalità dello stesso Concordato.
    Infatti, se l’organico dei docenti di regione cattolica,
    qualunque siano le sue dimensioni, preesistesse alla scelta
    annuale degli studenti, così come ha sottolineato
    la Corte costituzionale nelle sue sentenze più
    significative, cambierebbe radicalmente la natura della
    soluzione che il Concordato ha voluto dare alla presenza
    di un insegnamento confessionale nella scuola pubblica.
    Tra le suddette condizioni di costituzionalità
    stabilite per le norme concordatarie dalla Corte costituzionale,
    in particolare assume rilievo quella riguardante lo stato
    di non obbligo in cui si devono trovare gli studenti che
    non si avvalgono. Si tratta di condizioni che devono impedire
    il manifestarsi di indebite pressioni nel momento in cui
    la coscienza individuale si interroga su tale scelta.

    Vale la pena ricordare che tale interpretazione di costituzionalità
    del Concordato ha avuto l’effetto pratico di affondare
    definitivamente la pretesa assai insistita di ministri
    e legislatori che, anni or sono, si accingevano a far
    diventare definitivamente obbligatorie le cosiddette materie
    alternative. Così, alla luce di quelle sentenze
    della Corte costituzionale, l’insegnamento della religione
    cattolica, è stato riconfermato come materia obbligatoria
    che lo Stato è obbligato ad offrire, ma a chi se
    ne voglia avvalere. Allora, mi sembra singolare che la
    discussione che stiamo svolgendo sullo stato giuridico
    dei docenti di religione cattolica, secondo la relazione
    governativa e secondo molti dei partecipanti al dibattito
    in Commissione (che è stato approfondito ed articolato),
    non abbia mai riguardato gli alunni e gli studenti che
    non si avvalgono, come se costoro non avessero diritto
    di cittadinanza, sebbene, al di là del loro numero,
    rappresentino l’altra metà del Concordato. Allora,
    credo che oggi non sia possibile sostenere logicamente
    e costituzionalmente, così come avviene nel testo
    al nostro esame, che possa esistere un organico di docenti
    di religione cattolica, sia pure pari al 70 per cento
    dei posti di insegnamento complessivamente funzionanti,
    che preesista ad ogni scelta e che, anzi, prescinda dall’esistenza
    e dalle dimensioni della scelta di avvalersi.
    Infatti, questa soluzione – lo voglio ribadire – modifica
    profondamente il quadro concordatario stabilito da Casaroli
    e da Craxi e, non a caso, non fu previsto nel testo del
    Concordato stipulato nel 1984 e neppure dal testo dell’Intesa.
    Anzi, tale Intesa si limitò a sollecitare l’esigenza
    di definire questioni di stato giuridico senza accennare
    alla questione del ruolo.
    Tuttavia, vi è un secondo grave motivo di incostituzionalità.
    Credo che non risulti logicamente comprensibile o meglio
    che risulti assai esplicativo del reale intento strategico
    di tutto il disegno di legge il fatto che si preveda che
    i docenti in esubero oppure i docenti cui sia stata revocata
    l’idoneità da parte dell’autorità diocesana
    siano collocati in altri ruoli di insegnamento.
    Non riesco a capire perché un docente in esubero
    rispetto al 70 per cento dell’organico previsto per le
    nomine in ruolo – oggi si chiamano contratti a tempo indeterminato
    – non possa essere collocato sul 30 per cento dei posti
    non in organico ma, comunque, destinati alle nuove nomine
    a tempo determinato. Si pretende, in questo modo, che
    i posti a tempo determinato, come accade regolarmente
    per tutte le altre materie, non possano essere impiegati
    temporaneamente per utilizzare un docente di ruolo in
    esubero. È evidente che tale utilizzazione dovrebbe
    essere riassorbita prima delle nuove nomine a tempo indeterminato.

    A me pare che l’obiettivo principale di tale riforma sia
    quello di pretendere di collocare prioritariamente questi
    docenti in soprannumero in un altro ruolo di insegnamento
    venendo, così, a configurare una sorta di canale
    di reclutamento alternativo nella scuola dello Stato.
    Come si può sostenere tale pretesa proprio nel
    momento in cui il Governo si rifiuta di applicare la legge
    n. 124 del 1999 per la sistemazione dei docenti precari?
    Come si può sostenerla nel momento in cui la finanziaria
    falcidia gli organici del personale docente e nell’anno
    in cui, per la prima volta nella storia del nostro paese,
    non è stata effettuata neppure una nomina a tempo
    indeterminato?
    Signor Presidente, vi è un altro grave motivo di
    alterazione del quadro che regola il rapporto di lavoro
    dei dipendenti pubblici. Infatti, nel nuovo regime lo
    Stato dovrebbe farsi carico di licenziare un proprio dipendente,
    sia pure passandolo in altro ruolo, e comunque di accettare
    la revoca proposta dall’autorità diocesana, con
    le motivazioni ideologiche o confessionali che la Chiesa
    propone. Per la prima volta viene individuato quale motivo
    di risoluzione del rapporto di lavoro la violazione di
    norme non del codice civile, ma di altro codice: quello
    canonico. Paradossalmente, viene introdotta nel nostro
    ordinamento l’ipotesi della legittimità del licenziamento
    motivato da ragioni discriminatorie, per giunta comminato
    dallo stesso Stato come datore di lavoro. Poiché
    la revoca da parte dell’autorità diocesana legittimamente
    potrebbe riguardare questioni relative a scelte coerenti
    con le leggi ordinarie del nostro Stato (il divorzio,
    l’aborto) sarebbe assai imbarazzante per lo Stato italiano
    operare licenziamenti sulla base di revoca di altra autorità
    senza entrare in contraddizione con il proprio ordinamento.
    Sarebbe un bel colpo alla sovranità ed alla laicità
    dello Stato.
    Risulta evidente un’altra questione di costituzionalità
    riguardante il passaggio ad altro ruolo, sia pure limitato,
    ma non troppo, ai docenti inidonei o in esubero. Voglio
    sottolinearlo di nuovo: non mi sembra costituzionale perché
    il loro iniziale ingresso nel ruolo di provenienza è
    stato condizionato da una idoneità confessionale
    che, per definizione, non è disponibile o esigibile
    ad una parte considerevole di essi. Il passaggio ad altri
    ruoli produrrebbe la formazione di un secondo canale di
    reclutamento accanto a quello ordinario che discriminerebbe
    molti di coloro che ambiscono ad un posto nella scuola
    pubblica.
    Nel corso del dibattito in Commissione molti di noi hanno
    proposto soluzioni alternative a quella del ruolo per
    completare lo status giuridico ed economico dei docenti
    di religione cattolica. Sta a cuore anche a noi la condizione
    di lavoro di tali docenti. Abbiamo proposto, in sostanza,
    di soprassedere all’istituzione del ruolo, ma di attribuire
    loro il trattamento giuridico ed economico dei docenti
    a tempo indeterminato con l’esclusione della mobilità
    professionale in altri ruoli. La nostra proposta non è
    stata neppure presa in esame. È una proposta, certo,
    che comporta oneri economici più rilevanti di quella
    governativa perché conferisce o intende conferire
    lo status di docenti a tempo indeterminato a tutti i docenti
    di religione cattolica, non solo ad una parte di essi.

    D’altra parte, occorre tener presente che la Corte costituzionale,
    con la sentenza del 1999 n. 390, ha dichiarato non fondata
    la questione di illegittimità costituzionale, sollevata
    rispetto al fatto che l’incarico annuale si sarebbe configurato
    come una sorta di atto discriminatorio e lesivo dell’esigenza
    di stabilità connessa al lavoro docente, anche
    in relazione al principio della continuità didattica.
    Infatti, la Corte ha stabilito che il conferimento per
    incarico annuale non avrebbe carattere discriminatorio,
    inquadrandosi nella comune disciplina delle assunzioni
    a tempo determinato che, appunto, prevede che la conferma
    e la scelta dell’incarico rispondono, soprattutto, alle
    particolari peculiarità di questo insegnamento,
    essendo determinate dalle norme pattizie che regolano
    lo stesso insegnamento.
    Successivamente, il decreto del Presidente della Repubblica
    n. 399 del 1988, quello che ha recepito gli accordi contrattuali
    1988-1990 per il personale della scuola, ha attribuito
    al personale docente di religione una progressione economica
    e di carriera corrispondente esattamente a quella spettante
    ai docenti di ruolo. Gli insegnanti di religione sono,
    comunque, tra gli incaricati annuali gli unici ad essere
    pagati anche d’estate.
    A questo punto, appare evidente che molte forze parlamentari
    intendono forzare la situazione e l’equilibrio concordatario,
    rifiutando una soluzione, come quella del contratto a
    tempo indeterminato. E non se ne comprende il perché,
    visto che tale soluzione comunque garantisce gli insegnanti
    di religione cattolica.
    Probabilmente, la scelta operata finisce con il modificare
    il sistema di reclutamento della scuola pubblica, prevedendo
    un canale di accesso privilegiato solo per alcuni. E mi
    pare che questo provvedimento, insieme a quello già
    adottato per reclutare nelle graduatorie permanenti i
    docenti che hanno prestato servizio nella scuola privata
    – nel passato, non paritaria -, costituisca la strada
    maestra per colpire la libertà di insegnamento
    e per ledere il principio della laicità dello Stato.

    In conclusione, intendo ribadire che la nomina a tempo
    indeterminato, da noi proposta all’interno del vigente
    regime di revoca dell’insegnamento della religione cattolica
    con il venir meno dell’idoneità, consente ai docenti
    della religione cattolica di avere lo stesso trattamento
    giuridico ed economico degli altri docenti a tempo indeterminato,
    con l’unica esclusione della mobilità professionale
    in altro ruolo, ma compresa la mobilità professionale
    nella pubblica amministrazione in caso di perdita di posto
    per contrazione di organico o, eventualmente, nel caso
    di venir meno dell’idoneità.
    Perché ci si rifiuta di prendere in considerazione
    questa soluzione? Perché si insiste su una scelta
    che è destinata ad aprire, all’interno delle nostre
    scuole e nell’intera società, uno scontro gravissimo?
    Si vuole per forza produrre materiale per nuove ed inevitabili
    iniziative referendarie? Non siamo noi a voler una guerra
    di religione, in quanto riteniamo necessario ampliare
    i diritti e le tutele degli insegnanti di religione cattolica
    presenti nelle scuole dello Stato e garantire che questi
    diritti e queste tutele, come quelli degli altri lavoratori
    della scuola, vadano comunque ampliati e riformulati,
    senza per questo dover ricorrere a pericolose scorciatoie,
    danneggiando i diritti altrui, come invece effettivamente
    accade attraverso le proposte contenute in questo disegno
    di legge.
    Mi auguro che la maggioranza voglia riflettere su tali
    questioni, ascoltando le nostre ragioni, che sono dettate
    dalla volontà di difendere questi lavoratori, ma
    all’interno di un quadro di rispetto costituzionale, di
    rispetto delle stesse norme concordatarie e, soprattutto,
    di rispetto dell’uguaglianza dei diritti di tutti i lavoratori
    della scuola.
    Infine, un’ultima domanda: in base a quale normativa prelevate
    dalla finanziaria 2002 la copertura finanziaria per questo
    provvedimento? Si tratta di una domanda alla quale desidereremmo
    ricevere delle risposte.
    PRESIDENTE. Constato l’assenza dell’onorevole Campa, iscritto
    a parlare: s’intende che vi abbia rinunziato.
    È iscritto a parlare l’onorevole Squeglia. Ne ha
    facoltà.
    PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, sono profondamente
    convinto che il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare
    richieda da parte di tutti noi un grande sforzo di disponibilità
    intellettuale, per isolare l’argomento in discussione
    dalle implicazioni e dalle connessioni ideologiche che
    esso porta con sé. È necessario, insomma,
    dotarci di un supplemento di sana laicità, abbandonando
    posizioni ideologiche, rispettabili e legittime, ma, in
    questo caso, sicuramente fuorvianti rispetto al problema
    che ci troviamo ad affrontare. Soltanto così possiamo
    evitare il rischio di rimanere intrappolati vuoi in un
    laicismo esasperato vuoi in un clericalismo di accatto.

    Il provvedimento in esame ha per oggetto non l’insegnamento
    della religione cattolica ma lo stato giuridico dei lavoratori
    insegnanti la religione cattolica. Allo stato, questi
    lavoratori godono di una retribuzione pressoché
    uguale a quella degli altri insegnanti ma non hanno un
    uguale trattamento previdenziale e di carriera. Si tratta
    di lavoratori precari che da tanti anni aspettano di vedere
    definito il loro stato giuridico in un comparto, quello
    della scuola, dove si è tentato negli ultimi anni
    di risolvere in profondità la questione del precariato.
    Allo stato, in uno stesso comparto – la scuola – abbiano
    operatori che hanno medesimi doveri ma diritti diversi.
    E allora la definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione cattolica ci appare atto di giustizia e di
    perequazione sociale.
    Nella scuola la disparità con gli altri insegnanti
    è stata meno avvertita nel passato, quando gli
    insegnanti di religione cattolica erano sacerdoti o religiosi.
    Se esaminiamo l’attuale composizione degli insegnanti
    di religione, ci rendiamo conto che nella scuola media
    inferiore e superiore la presenza dei laici è sempre
    maggiore ed estesa: nell’ultimo biennio questi hanno coperto
    oltre l’80 per cento del corpo docente. Di converso, la
    quota dei sacerdoti e dei religiosi si è via via
    contratta fin quasi a dimezzarsi, dal 36,6 per cento dell’anno
    scolastico 1993-1994 al 19,5 per cento dell’anno scolastico
    2001-2002. È da tenere presente che i laici non
    godono del sistema di sostentamento di cui usufruiscono
    i sacerdoti nell’ambito delle loro diocesi né delle
    garanzie che i religiosi e le religiose hanno nelle loro
    comunità di appartenenza. Il fenomeno della progressiva
    laicizzazione degli insegnanti di religione è destinato
    ad aumentare sempre di più, se si tiene conto della
    sempre maggiore disponibilità di tempo che la scuola
    richiede agli insegnanti e, contestualmente, degli impegni
    pastorali sempre più onerosi ed assorbenti richiesti
    dalle cure delle parrocchie. A questi si aggiungano altri
    elementi. Nelle scuole è in atto un marcato assestamento
    della posizione degli insegnanti. Infatti, al momento
    le ore superiori alle 18 settimanali interessano il 63,8
    per cento degli insegnanti di religione rispetto al 23,7
    per cento dell’anno scolastico 1993-1994; in particolare
    nella scuola media superiore gli insegnanti di religione
    cattolica a tempo pieno sono passati dal 29 al 71 per
    cento. Tutto ciò ha portato ad una spinta alla
    stabilità e ad una sempre maggiore professionalità,
    fenomeni che meritano – riteniamo – un inquadramento legislativo
    definito e certo.
    Si aggiunga, infine, il fatto che nelle scuole italiane
    vi è un’elevatissima e complessiva adesione all’insegnamento
    della religione cattolica. La percentuale degli alunni
    che si sono avvalsi della religione dell’insegnamento
    della religione cattolica nell’anno scolastico 2001-2002
    è stata del 93,2 per cento. Si tratta di un dato
    da considerarsi quasi stazionario negli ultimi dieci anni.

    Infatti, livelli di accettazione dell’insegnamento della
    religione cattolica nell’arco degli ultimi 10 anni hanno
    segnato modestissime e trascurabili oscillazioni e non
    sono mai andati mai al di sotto del 92,9 per cento. Questo
    è un elemento significativo, se si tiene conto
    che esso si colloca in un contesto socio-religioso dove
    sempre più evidente e marcati sono i sintomi di
    cambiamento verso una secolarizzazione sempre più
    accentuata. Oggi, anche atei ed agnostici riconoscono
    il forte valore educativo e l’importanza della religione
    cattolica nel processo educativo e di sviluppo umano e
    culturale dei ragazzi.
    Tuttavia, la definizione dello stato giuridico degli insegnanti
    di religione non è soltanto un atto di giustizia
    e di perequazione sociale. Per lo Stato italiano è
    anche un atto di coerenza con i principi più volte
    solennemente affermati e un atto dovuto, consequenziale
    rispetto agli impegni assunti e a patti definiti. Nella
    revisione concordataria del 1984 si afferma e si sancisce
    che la Repubblica italiana riconosce il valore della cultura
    religiosa, tiene conto che i principi del cattolicesimo
    fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano
    e ribadisce l’impegno di voler continuare ad assicurare
    l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
    pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Al
    punto 5 del protocollo addizionale si afferma che l’insegnamento
    della religione cattolica è impartito in conformità
    alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà
    di coscienza degli alunni da insegnanti che siano riconosciuti
    idonei dalla autorità ecclesiastica, nominati con
    essa dall’autorità scolastica. Sempre al punto
    5, tra l’altro, si precisa che con successiva intesa tra
    le componenti autorità scolastiche e la Conferenza
    episcopale italiana verranno determinanti i programmi
    dell’insegnamento, le modalità di organizzazione
    dell’insegnamento, i criteri per la scelta dei libri di
    testo, i profili della qualificazione professionale degli
    insegnanti; con il Decreto del Presidente della Repubblica
    n. 751 del 1985 viene attuata l’intesa tra il Ministero
    della pubblica istruzione e la CEI. Il punto 4 definisce
    i titoli di qualificazione professionale che, in uno al
    riconoscimento di idoneità, debbono essere posseduti.

    Da tutto questo si evince che ci troviamo di fronte ad
    un quadro normativo abbastanza chiaro e netto, chiare
    le volontà definite, chiari gli impegni assunti.
    Eppure, sono passati 18 anni e gli operatori scolastici
    che lavorano in questo settore non hanno ancora trovato
    una loro dignitosa sistemazione. Delle materie lasciate
    in sospeso dalla riforma del Concordato del 1984, quella
    del ruolo degli insegnanti di religione è l’unica
    a non avere ricevuto una qualche definizione. È
    dovere allora dello Stato italiano stipulatore dell’accordo
    sanare questa anomalia giuridica: non è possibile
    tollerare lo stato di precariato a vita di questi docenti.
    Essi sono lavoratori della scuola al pari degli altri
    insegnanti ma vivono in una situazione precaria e di disparità.
    I concorsi riservati, i corsi abilitanti, le immissioni
    in ruolo per esame e titoli e i passaggi di ruolo sono
    procedure che giustamente sono state utilizzate per riconoscere
    a tantissimi docenti precari il diritto al lavoro a tempo
    determinato. Eppure, da queste procedure concorsuali i
    professori di religione sono stati sempre esclusi, ancorché
    impegnati senza soluzione di continuità per molti
    anni. La sperequazione tra gli insegnanti di religione
    e gli altri insegnanti è ancora più evidente
    se si tiene conto che l’insegnamento della religione è
    inserito nel progetto educativo della scuola e ritenuto
    obbligatorio per chi se ne avvale. Esso non è opzionale,
    facoltativo e aggiuntivo; è curriculare per chi
    se ne avvale. La scuola ha il dovere di assicurarlo, l’utente
    ha la facoltà di avvalersene o meno. In base al
    decreto ministeriale n. 70 del 2000, è stabilito
    che esso deve esplicitamente comparire nel certificato
    scolastico. Gli insegnanti fanno parte della componente
    docente negli organi scolastici con gli stessi diritti
    e doveri degli altri insegnanti e partecipano alla valutazione
    finale degli alunni.
    In tutto questo la posizione del trattamento giuridico
    degli insegnanti è ancora legata al vecchio concordato
    del 1929 che li configura, per tutta la vita lavorativa,
    in una condizione di precariato nella forma dell’incarico
    annuale o della supplenza. Insomma, siamo profondamente
    convinti che la definizione dello stato giuridico degli
    insegnanti di religione è atto di giustizia e di
    civiltà. Diciamo questo con uno spirito profondamente
    laico; in noi non vi è volontà catechistica,
    né obiettivo di proselitismo cattolico. Siamo cattolici,
    ma anche profondamente convinti che la religione non passa
    attraverso operazioni di marketing, ma è conquista
    di vita e servizio a tutti gli uomini credenti e non credenti,
    proposta e non imposizione. Diciamo questo con spirito
    profondamente laico e laicamente riconosciamo che la religione
    è parte integrante delle matrici culturali di ogni
    civiltà e, quindi, anche la nostra.
    I processi storici, gli usi ed i costumi dei popoli, le
    loro espressioni artistiche e le conoscenze scientifiche
    risentono pienamente dell’influenza religiosa. Tralasciare
    questa componente nella scuola significa impedirsi di
    capire appieno la nostra realtà culturale e di
    misconoscere le proprie radici costitutive. Laicamente,
    con Croce affermiamo che non possiamo non dirci cristiani.
    Da qui i motivi della presenza dell’insegnamento della
    religione cattolica nella scuola, il ruolo che esso svolge
    riguardo lo studio del fatto religioso come espressione
    dello spirito e della cultura dell’uomo. La finalità
    dell’insegnamento della religione cattolica non è
    la conversione o la maturazione dell’esperienza di fede
    dello studente, quanto piuttosto il pieno sviluppo della
    personalità dell’alunno nella sua componente umana
    e civica.
    L’insegnamento della religione cattolica è una
    disciplina scolastica a tutti gli effetti; non è
    mossa da finalità catechistiche, ma si qualifica
    come proposta culturale offerta a tutti, credenti e non
    credenti. Decidere di avvalersi dell’insegnamento della
    religione cattolica per un ragazzo non significa dichiararsi
    cattolico, ma piuttosto scegliere una disciplina scolastica
    che si ritiene abbia un valore per la crescita della persona
    e la comprensione della realtà in cui siamo inseriti.
    Insomma, la presenza nel contesto scolastico dell’insegnamento
    della religione cattolica è legata dunque, in base
    al nuovo concordato, a motivazioni culturali e pedagogiche.
    Proprio per questo lo Stato attribuisce all’insegnamento
    della religione cattolica, svolto nel quadro delle finalità
    della scuola, una dignità formativa e culturale
    pari a quella delle altre discipline e ciò si fonda
    su un triplice riconoscimento: il fatto religioso ha una
    notevole rilevanza culturale per comprendere la nostra
    storia, i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio
    storico del popolo italiano, l’insegnamento della religione
    cattolica contribuisce a dare una risposta specifica al
    bisogno di significato che ciascuno ha in sé.
    In conclusione, noi siamo pienamente d’accordo per la
    definizione dello stato giuridico degli insegnanti di
    religione ed esprimiamo una valutazione sostanzialmente
    positiva sul provvedimento in esame. In fondo, si perviene
    alla fine di un percorso avviato nel precedente governo
    di centrosinistra. Infatti, un decreto-legge su analoga
    materia nella precedente legislatura fu approvato dal
    Senato e trasmesso alla Camera dei deputati, dove l’esame
    del provvedimento fu interrotto presso la Commissione
    lavoro per la fine della legislatura. Probabilmente, tutto
    questo tempo trascorso è stato, in qualche modo,
    anche utile perché ha consentito una maturazione
    delle condizioni culturali e politiche, un approfondimento
    accompagnato da una maggiore comprensione delle posizioni
    altrui e anche una maturazione delle posizioni dello stesso
    fronte delle organizzazioni sindacali. Ci troviamo di
    fronte ad un testo nel quale più o meno tutti ci
    possiamo ritrovare. Un testo di sintesi che, in fondo,
    non presenta alcuna originalità. Quello che avrebbe
    potuto fare un comitato ristretto lavorando sui testi
    presentati è stato fatto dal ministro.
    Per concludere, concordiamo sulla scelta che gli insegnanti
    di religione cattolica siano immessi in ruolo con contratto
    a tempo indeterminato, che a questi insegnanti si applichino
    le norme di stato giuridico ed il trattamento economico
    previsto dal testo unico della contrattazione collettiva,
    sulla previsione che la consistenza della dotazione organica
    sia determinata nella misura del 70 per cento dei posti
    di insegnamento complessivamente funzionanti, che l’accesso
    ai ruoli avvenga previo superamento di concorso per titoli
    ed esami, che i titoli di qualificazione professionale
    per partecipare ai concorsi siano quelli stabiliti al
    punto 4 dell’intesa.
    Riteniamo necessario approfondire in sede di dibattito
    la materia riguardante la revoca dell’idoneità
    e la mobilità professionale nel comparto del personale
    della scuola. Riteniamo, inoltre, che più approfondita
    riflessione debba essere riservata in aula alla questione
    posta dal comma 7 dell’articolo 3, quale quella dell’elenco
    di coloro che hanno superato il concorso.
    Riteniamo necessario migliorare l’articolo 5 per tener
    conto di quegli insegnanti che, vincitori del primo concorso,
    dovessero risultare privi dei titoli previsti dall’articolo
    3, comma 3, e per migliorare le modalità di attuazione
    del primo concorso riservato agli insegnanti di religione
    attualmente in servizio. Riteniamo, infine, dover complessivamente
    meglio definire un quadro normativo che assicuri diritti,
    ma eviti anche che vengano a definirsi privilegi.
    Abbiamo, a tal fine, presentato specifici emendamenti
    la cui approvazione in aula riteniamo possa notevolmente
    migliorare il testo governativo per rendere pienamente
    condivisibile il provvedimento in esame.
    PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Nigra.
    Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, onorevole colleghi,
    il disegno di legge n. 2480 tratta, come noto, dello stato
    giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli
    istituti di ogni ordine e grado. Esso trae origine, a
    parere del Governo, dall’intento dello Stato, espresso
    nel preambolo dell’intesa intervenuta il 14 dicembre 1985
    tra l’autorità scolastica italiana e la conferenza
    episcopale italiana per l’insegnamento della religione
    cattolica nelle scuole pubbliche, di dare agli insegnanti
    di religione cattolica uno nuovo status giuridico.
    L’approfondimento della discussione su tale normativa
    che, come è già stato ricordato, si è
    svolta anche nella precedente legislatura, ci consente
    di dire che noi reputiamo sia un atto doveroso da parte
    del Parlamento la definizione di una normativa che dia
    certezza agli insegnanti di religione cattolica in merito
    al loro status giuridico ed economico, a prescindere dalle
    materie di insegnamento. È per tale motivo che
    abbiamo proposto, nel corso della lunga discussione tenutasi
    a anche nel corso di questa legislatura nelle Commissioni
    preposte, molte soluzioni idonee, a nostro giudizio, a
    ridurre ed, anzi, ad eliminare gli anacronismi presenti
    nell’attuale legislazione e a dare una maggiore certezza
    e garanzia a questi insegnanti.
    Sappiamo che preesistevano al testo del Governo numerose
    proposte di legge che, a seguito del confronto con una
    serie di soggetti nel corso delle audizioni svolte durante
    i lavori della Commissione, hanno consentito di fare emergere
    una serie di elementi imprescindibili, a concordato vigente
    si intende, che vorrei brevemente riassumere.
    In modo particolare, nel corso delle audizioni tra la
    CEI e l’associazione degli insegnanti di religione ed
    i loro sindacati non confederali, in linea di massima
    sono emerse queste richieste o sollecitazioni: tener conto
    dell’impegno, assunto dallo Stato italiana in sede di
    revisione del concordato, alla definizione ed alla stabilizzazione
    della figura dell’insegnante di religione cattolica; dell’insuperabilità,
    derivante dal concordato, del ruolo dell’ordinario diocesano
    nella definizione dell’idoneità e della revoca
    della stessa all’insegnamento della religione cattolica;
    dell’anzianità lavorativa della maggior parte dei
    docenti di religione cattolica, parametro imprescindibile,
    soprattutto in sede di prima definizione ed assegnazione
    dei ruoli; della richiesta unanime di far scattare meccanismi
    di assunzione a tempo indeterminato e di collegare a questi
    procedure di mobilità territoriale, procedendo,
    in caso di revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
    diocesano, alla mobilità verso altro insegnamento,
    quando possibile.
    A queste opinioni se ne sono aggiunte altre, da parte
    delle organizzazioni confederali CGIL, CISL e UIL (presentano
    certe sfumature, determinati accenti ed in qualche caso
    sono opinioni diverse) che si possono riassumere sostanzialmente,
    da un lato, nel riconoscimento del malessere della condizione
    dell’insegnante di religione, riconducibile all’oggettiva
    condizione giuridica in cui si colloca l’insegnamento
    della religione cattolica e alla legittima aspirazione
    di stabilizzazione del rapporto di lavoro e, dall’altro,
    nella necessità di ricercare forme che garantiscano
    una collocazione contrattuale degli insegnanti di religione
    analoga, come già oggi è per molti aspetti,
    a quella di tutti gli altri docenti assunti a tempo indeterminato
    e migliorativa rispetto alle condizioni differenziate
    non favorevoli di questi insegnanti.
    Il provvedimento al nostro esame lascia aperta a nostro
    giudizio, o divarica ulteriormente, una serie di contraddizioni,
    in modo particolare per quanto riguarda la discrasia che
    si determina fra la diversa condizione dei precari in
    generale nel mondo della scuola e quelli che impropriamente
    vengono chiamati i semistabilizzati, che sono gli attuali
    insegnanti di religione.
    Va infatti ricordato che la normativa vigente prevede,
    da un lato, che lo Stato assicuri, ai sensi dell’intesa
    fra Stato e chiesa cattolica, l’insegnamento della religione
    cattolica nella scuola statale, in virtù del riconoscimento
    del valore formativo della cultura religiosa considerata
    patrimonio storico del nostro paese.
    L’attuale normativa prevede, ai sensi del protocollo della
    legge di ratifica del concordato, – la legge n. 121 del
    1985, – che gli insegnanti preposti all’insegnamento della
    religione cattolica siano riconosciuti idonei dall’autorità
    ecclesiastica, come già hanno ricordato i colleghi
    intervenuti in precedenza, e nominati di intesa con essa
    dall’autorità scolastica. Prevede inoltre nelle
    scuole materne ed elementari l’insegnamento della religione,
    che può essere impartito da un insegnante della
    classe reputato idoneo dall’autorità religiosa.
    Infine, si prevede che si proceda per incarichi annuali
    effettuati dal capo di istituto, di intesa con l’ordinario
    diocesano.
    Il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto
    del personale della scuola prevede inoltre che il contratto,
    all’articolo 27, si intende confermato qualora permangano
    le condizioni dei requisiti prescritti. Inoltre, l’articolo
    66 dello stesso contratto nazionale prevede la progressione
    economica e di carriera corrispondente agli insegnanti
    docenti di ruolo. Va ricordato inoltre che la Corte costituzionale,
    con la sentenza n. 390 del 1999, ha dichiarato le attuali
    modalità di attribuzione degli incarichi non manifestatamente
    arbitrarie o palesemente irragionevoli, anche in relazione
    alla peculiarità di questo insegnamento. Non ha
    però escluso che il legislatore, nell’esercizio
    della sua discrezionalità e nel rispetto delle
    norme pattizie, possa individuare altre procedure.
    Pertanto, come è già stato precisato, la
    nostra contrarietà nei confronti del provvedimento
    al nostro esame non deriva dal disconoscere un’esigenza
    di sprecarizzazione – mi sia consentito l’utilizzo di
    questo brutto termine – del lavoro di questi insegnanti;
    tra l’altro sarebbe opportuno che questo Governo perseguisse
    anche per altre categorie di lavoratori, e per gli stessi
    lavoratori della scuola, che non siano insegnanti di religione,
    tale obiettivo. Ciò invece non pare essere una
    priorità sulla base delle quali opera questo Governo.
    A nostro giudizio tale operazione deve essere effettuata
    tenendo conto della peculiarità della materia e
    delle procedure di reclutamento degli insegnanti, senza
    cadere nel rischio opposto, cioè quello di dare
    vita ad un meccanismo che risulta invece essere discriminatorio
    per gli altri docenti, ed in modo evidente per gli altri
    precari della scuola.
    La nostra proposta si compone quindi di un meccanismo
    di stabilizzazione degli insegnanti di religione, secondo
    le previsioni del contratto collettivo nazionale per la
    scuola, per gli insegnanti a tempo indeterminato, ma senza
    raggiungere e superare la soglia dell’immissione in ruolo,
    la quale, a nostro giudizio determina una serie di conseguenze,
    anche non positive per gli altri insegnanti.
    In sostanza, sulla base di una procedura prevista dall’articolo
    3 il disegno di legge, le prove devono accertare la preparazione
    generale didattica come quadro di riferimento e le commissioni
    aggiudicatrici compilano non la graduatoria, ma bensì,
    come avviene di norma, l’elenco, con la massima precisione
    possibile, secondo i proponenti nell’ambito della attuale
    intesa. Dall’elenco il dirigente regionale attinge per
    segnalare all’ordinario diocesano i nominativi necessari
    per coprire posti che si rendano eventualmente vacanti
    nella dotazione organica, nel corso del periodo di validità
    del concorso.
    È evidente che questa parte della norma prevede
    ciò che può, per così dire, prevedere.
    Va dato atto all’onorevole Taglialatela, il relatore di
    aver prodotto uno sforzo serio in Commissione per tentare
    in qualche modo di raccogliere una serie di considerazioni
    che nel corso della discussione erano emerse e che si
    sono tradotte in un emendamento che la Commissione ha
    approvato, su proposta stessa del relatore, ma che a nostro
    giudizio non risolvono questo problema. In qualche modo
    si raggiunge il massimo raggiungibile nell’ambito della
    normativa prevista.
    È cosa ben diversa dal prevedere il ricorso ad
    un meccanismo di graduatoria – che, in qualche modo, vincolerebbe
    coloro che devono scegliere le persone, all’interno di
    quella graduatoria, alla posizione da essi raggiunta –
    diversamente da un elenco che, come invece sappiamo, si
    presta a maggiore discrezionalità, con qualche
    meccanismo aggiuntivo che è stato pensato e che
    in qualche modo attenua questa discrezionalità.

    Ma il punto maggiormente delicato riguarda altri aspetti
    che creano anche in voi, a nostro giudizio, non poco imbarazzo.
    Si tratta di tutti quegli aspetti collegati alla risoluzione
    del rapporto di lavoro di questi insegnanti ai sensi dell’accordo
    concordatario e pure in presenza, in questo caso, di una
    loro immissione in ruolo connessa – tra le ipotesi previste,
    oltre a quelle generali – alla revoca dell’idoneità
    da parte dell’ordinario diocesano competente. Voi sapete
    bene che questa revoca avviene, come è già
    stato ricordato anche in quest’aula, per ragioni che non
    attengono all’ordinamento dello Stato, bensì al
    codice canonico ed è logico che un impianto in
    cui è previsto che l’autorità religiosa
    conferisca l’idoneità preveda coerentemente che
    la stessa autorità la possa revocare (stiamo parlando
    dell’insegnamento della religione cattolica). Ciò
    che non si capisce è la ragione per la quale, in
    quel caso, lo Stato debba farsene carico. Mi permetto
    di riassumere così la questione: sei stato assunto
    sulla base di un prerequisito; se lo perdi, di conseguenza
    perdi il posto che quel requisito ti aveva consentito
    di ottenere. A nostro giudizio, questa non è una
    discriminazione, ma è un dato di fatto consequenziale.

    L’articolo 4, invece, riguarda il tema della mobilità.
    Ovviamente, si tratta di un argomento diverso. Se fino
    a questo punto del provvedimento si erano messe in atto
    una serie di procedure che viaggiavano sui confini dell’accordo
    tra Stato e Chiesa, con l’articolo citato, a nostro giudizio,
    questo confine si oltrepassa, a danno di tutti gli altri
    insegnanti precari. In sostanza, noi possiamo avere una
    riduzione del numero dei posti legata a fenomeni esterni,
    come la riduzione del numero degli alunni oppure la riduzione
    di coloro che si avvalgono dell’insegnamento dell’ora
    di religione. In tal caso, noi prevediamo, secondo quanto
    previsto nell’articolato, che per gli insegnanti di religione
    vi debbano essere meccanismi di inserimento legati alle
    disposizioni in materia di mobilità nel pubblico
    impiego, mentre nel disegno di legge del Governo si prevede
    che coloro che perdono il posto di insegnante di religione,
    se in possesso del titolo di qualificazione richiesto
    per il ruolo, possono accedere alla mobilità scolastica
    verso altro insegnamento, scavalcando quindi altri insegnanti
    precari che vedrebbero la loro aspettative di immissione
    in ruolo frustrate da un collega che, nel frattempo, avrebbe
    ottenuto i requisiti con una procedura particolare e,
    di fatto, a numero chiuso, la stessa cioè che gli
    ha consentito di entrare in ruolo. È evidente che
    si tratta di una discriminazione, che non gioca certo,
    in questo caso, in termini di equità, fra tutti
    coloro che saranno insegnanti all’interno della scuola,
    ma gioca ovviamente a favore di coloro che sono stati
    immessi in ruolo con questo meccanismo.
    Infine, noi prevediamo che il programma di esame del primo
    concorso sia, per la parte consentita, equiparato a quello
    richiesto per gli altri insegnanti che accedono al ruolo,
    cioè all’insegnamento a tempo indeterminato. Qualcuno
    ha detto che criticare questa normativa vuol dire pronunciarsi
    contro l’attuale concordato tra Stato e Chiesa. Vorrei
    precisare che, a parte il fatto che non è questa
    la sede per pronunciarsi su di esso, non vi è,
    da parte nostra, neanche in via ipotetica, in questo momento,
    la richiesta di rivedere delle parti di questo provvedimento
    in relazione al mutare del quadro politico-sociale del
    nostro paese, anche in relazione ovviamente al sistema
    scolastico. Nel caso specifico del provvedimento, a nostro
    giudizio, non siamo noi che contestiamo i contenuti di
    questo provvedimento a mettere in discussione il concordato,
    ma è il disegno di legge che va oltre il concordato
    e lo spirito degli accordi, che ovviamente sono basati
    su un accordo tra due parti e non di una sola parte nei
    confronti di un’altra. Si supera abbondantemente una soglia
    di ragionevole miglioramento della condizione di persone
    che non possono rimanere precari per tutta la loro vita
    lavorativa e, nel difficile tentativo di ricercare un
    nuovo equilibrio ad intesa vigente, come è ovvio
    che si debba fare, si travalicano abbondantemente i confini
    che sono stabiliti dal principio costituzionale di uguaglianza
    di fronte alla legge.
    C’è, a nostro giudizio, nel vostro provvedimento,
    un eccesso di zelo che è facilmente rimediabile,
    accogliendo – lo abbiamo già dichiarato in Commissione
    e lo ripetiamo in questa sede – parte delle nostre proposte
    emendative che vanno nella direzione che ho cercato poc’anzi
    di illustrare ("sprecarizzano" la condizione
    di questi lavoratori e, in qualche modo, la garantiscono
    rispetto a fatti oggettivi che possono condizionare la
    loro presenza all’interno della scuola), ma cercano di
    tenere il tutto all’interno di un quadro che sia compatibile
    anche con l’insieme di coloro che, oggi, operano nella
    scuola o che vogliono farne parte.
    Se ci ascolterete – abbiamo la possibilità di farlo
    nei prossimi giorni – eviteremo di andare incontro all’apertura
    di numerosi contenziosi su questa materia che, tra l’altro,
    finiranno con il mantenere una cappa di precarietà
    complessiva sulla materia a danno di tutti, sia degli
    insegnanti di religione cattolica sia degli altri insegnanti,
    in attesa ovviamente di pronunciamenti che, in qualche
    modo, chiariscano questa vicenda.
    A nostro giudizio, se ci ascoltaste, evitereste di creare
    una situazione di difficile gestione, senza rinunciare
    a migliorare la condizione degli insegnanti di religione,
    come si propongono di fare le nostre proposte emendative;
    non determinereste una pletora di situazioni complicate
    e di difficile risoluzione ed, inoltre, non fareste venire
    meno ogni principio di laicità dello Stato che,
    invece, con questo provvedimento, a nostro giudizio, ledete.

    PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Alfonso
    Gianni. Ne ha facoltà.
    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, nel nostro atteggiamento
    nei confronti di questo disegno di legge confliggono due
    ragioni, come ho già avuto modo di dichiarare in
    sede di esame nella competente Commissione; da una parte,
    vi è l’esigenza di trovare – ne discuteremo in
    dettaglio durante l’esame delle proposte emendative –
    una soluzione al problema della condizione precaria di
    coloro che, in ogni caso, possono definirsi come lavoratori
    nel campo dell’istruzione, qualunque sia la materia del
    loro l’insegnamento; dall’altra, vi è la nostra
    radicale opposizione alla scelta di privilegiare l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane
    che è bene che torni a risuonare in quest’aula.

    Per quanto riguarda il primo aspetto – lei mi concederà
    – sarà chiaro ciò che pensiamo in sede di
    esame delle proposte emendative. Vorrei, invece, soffermarmi
    brevemente sul secondo aspetto, brevemente perché
    mi sembra che anche lei mi richiami ad una sorta di brevità.

    Sono convinto (lo è anche il collega Squeglia)
    che la religione sia parte integrante della storia della
    civiltà umana; appunto, la religione come sostantivo
    è senza aggettivo; vi è quella buddhista,
    induista, musulmana e cattolica. Mi riferisco a qualunque
    tipo di religione. Si può discutere sul concetto
    di trascendenza, ma non si può dimenticare che
    esso ha costituito e costituisce a tutt’oggi, per una
    parte estremamente considerevole, dal punto di vista quantitativo
    e culturale (quindi, qualitativo), dell’umanità
    di oggi (e non di quella antica) un punto essenziale.
    Le religioni sono diverse. Ognuna ha una propria idea
    della trascendenza e la regola in modo differente. Vi
    sono ragioni storiche, culturali, oserei dire persino
    geoambientali, ma non vorrei apparirle troppo materialistica
    e determinista. Per me sono tutte pari, non credendo in
    Dio ma non, per questo, disprezzando coloro che in Dio
    credono. Tuttavia, esistono diverse figure di questo Dio
    e tutte dovrebbero essere assunte da una cultura ecumenica,
    laica, universalistica, come si pretenderebbe se questo
    fosse realmente l’intento in un’epoca della globalizzazione;
    non dovrebbe essere l’epoca del fondamentalismo o del
    fondamentalismo di mercato, contrapposto a certe forme
    di fondamentalismo religioso. Dovrebbe – lo ripeto – dovrebbe
    essere l’epoca della circolazione delle idee, della comunanza
    delle stesse e della loro libera dialettica. Non parlo
    di una sintesi – l’unica dote forse in mano agli dei e
    non agli umani – ma, almeno, una giustapposizione delle
    idee, delle culture, dei punti di vista. Poi si vedrà,
    si discuterà. Ognuno sceglierà.
    Ebbene, se così fosse, dovremmo progettare, all’interno
    della scuola italiana, un corso di storia delle religioni,
    di storia dell’idea della trascendenza; ed io sarei anche
    d’accordo a separarlo dalla storia della filosofia perché,
    in effetti, non penso che possa essere ricondotto, idealisticamente,
    con una sorta di laicismo un po’ autoritario, alla storia
    della filosofia tout court: qui vengono in rilievo, infatti,
    animi, sentimenti, popolazioni e storie in tutto e per
    tutto particolari, così significative e significanti
    da costituire un elemento a parte, diciamo così,
    in quella cultura universale ed umanistica che auspicheremmo.

    Quindi, sarei d’accordo ad istituire nel nostro paese,
    pur con differenti gradi di complessità, un insegnamento
    di storia delle religioni, di tutte le religioni, in modo
    da far sì che, da un lato, ognuno possa fare la
    sua libera scelta in merito e, dall’altro, le religioni
    non vengano "derubricate" a semplice oppio dei
    popoli e vengano considerate, invece, una modalità
    di espressione del sentimento, del pensiero e della speranza
    umani. Poi, si potrà affermare (come faccio io)
    che si tratta di una modalità deviante oppure si
    potrà sostenere che si tratta di una modalità
    trascendente, che trascende, appunto, il contingente e
    porta più in alto il discorso: il confronto è
    aperto.
    Così, però non è. Operiamo, difatti,
    all’interno di un vincolo concordatario – e ribadisco
    qui la nostra, o la mia, totale contrarietà alla
    permanenza del Concordato, di origine fascista, ma rinnovato,
    come ben sappiamo, in epoca craxiana – che prevede una
    sorta di privilegio assoluto per l’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole italiane. Tale privilegio
    è appesantito da un’ulteriore condizione (e vengo
    al dunque della questione): diceva il collega Squeglia
    – me lo sono appuntato – che il 93,3 per cento degli alunni
    aderisce all’insegnamento della religione cattolica. Per
    forza, collega Squeglia! Se nessuno ha il coraggio di
    dirlo, lo denuncio io qui: c’è un sistema che costringe
    a fare tale scelta!
    Io sono un genitore che ha l’orgoglio di poter dire di
    avere firmato per i propri figli, ovviamente, quando erano
    minori e, quindi, non potevano disporre autonomamente,
    ma avendoli consultati (anche se questo particolare evidentemente
    non fa testo, se non per la mia coscienza privata), l’autorizzazione
    a non partecipare all’attività scolastica durante
    l’ora di religione. Mi sono trovato in una situazione
    paradossale: poiché, nella scuola elementare, l’insegnante
    di religione coincide con quello che insegna tutte le
    altre materie, quello, per così dire, naturale
    (proprio come il giudice naturale; tale identificazione
    è vergognosamente ribadita da questo disegno di
    legge), essendo mio figlio l’unico, nella classe, a rifiutare
    l’istruzione religiosa, era costretto ad uscire dalla
    classe quando la sua insegnante, sempre la stessa, passava
    dalle materie laiche a quelle religiose! Indubbiamente,
    ciò creava nel bambino una condizione di disagio
    psicologico, fortunatamente superata, anche perché
    noi genitori l’aiutavano (né voglio drammatizzare
    più di tanto). Ebbene, in una tale situazione,
    c’è da stupirsi che non ammonti al 99,9 per cento
    il numero degli scolari che segue l’insegnamento di religione:
    non c’è alternativa!
    Naturalmente, a ciò si aggiunge anche un po’ di
    stravaganza. Visto che a Rifondazione comunista non può
    essere imputato di volere una via giudiziaria al socialismo,
    affermo, e me ne assumo la responsabilità, che
    considero la sentenza della Corte costituzionale in materia
    (eppure amo la Corte per altre ragioni) assolutamente
    non condivisibile.
    La Corte costituzionale nel 1991 dice che lo stato di
    non obbligo rispetto all’istruzione religiosa ha la finalità
    di non rendere l’insegnamento della religione cattolica
    equivalente e alternativo ad altro impegno scolastico,
    per non condizionare dall’esterno la coscienza individuale
    e l’esercizio una libertà costituzionale. Siamo
    al massimo dell’idealismo che, rovesciandosi nella realtà
    materiale, produce il suo esatto contrario. In altre parole,
    la Corte costituzionale dice: io non obbligo il dirigente
    scolastico a stabilire delle materie alternative all’ora
    di religione, come dice il bel film di Bellocchio, perché
    essa è una pura scelta di coscienza. Ma così
    facendo il bambino o il giovane, anche qualora avesse
    raggiunto un’età più vicina alla maggiore
    (presumibilmente quella della ragione), si trova nella
    condizione di dover stare lì per forza, perché
    non ha altro da fare, perché non ha alternative.
    Questo funziona come un deterrente rispetto alla libera
    scelta, funziona come un incentivo alla presenza, volente
    o nolente, all’istruzione della religione cattolica. Questo,
    signor Presidente, è davvero inaccettabile, è
    un tonfo, una caduta, una vergogna, uno scivolamento nella
    pozzanghera dello Stato laico. Uno Stato laico deve che
    garantire la propria laicità rispetto ad una istituzione
    religiosa, anche in un regime concordatario. Quindi, fermo
    restando che sono per l’abrogazione di quella schifezza
    fatta dal duce e ribadita da Bettino Craxi, che grida
    vergogna rispetto alla libertà di coscienza religiosa
    per una persona moderna, fermo restando che non posso
    sperare di convincere la maggioranza di questo Parlamento
    ad accettare questo punto di vista, però, almeno,
    vigendo il concordato, santo Dio, signor rappresentante
    del Governo, si alzi in piedi e faccia emergere la propria
    autonomia: dica che questi dirigenti scolastici non possono
    fare in modo che una maestra elementare si trasformi in
    una suora o in un prete, perché questo non è
    accettabile, non è possibile. È una vergogna
    per le suore e per i preti. Questo è il punto essenziale
    di tutta questa roba qui, con tanto di norme e di cose
    che ci stanno intorno. Il succo della questione, onorevole
    Taglialatela, onorevole Squeglia, è questo. Il
    resto sono una marea di chiacchiere, sono delle norme
    sullo stato giuridico di cui possiamo discutere con un
    po’ di pazienza, per evitare che i precari religiosi scavalchino
    quelli laici; ma, santo cielo, la questione di fondo è
    questa qui: garantire il diritto di questo Stato di essere
    Stato, il suo orgoglio di non essere una istituzione religiosa,
    di trattare almeno alla pari con la medesima. Santo cielo,
    abbiamo invitato il Papa, che si è seduto su quello
    scranno, dobbiamo però trarne lezione.
    Io non avevo nulla in contrario che il Papa venisse qui,
    perché penso che non sia quella la questione. La
    questione riguarda il finanziamento alle scuole confessionali,
    questo disegno di legge che permette uno stato privilegiato
    degli insegnanti di religione cattolica, al punto che
    si dice a uno che può scegliere, ma, in realtà,
    non può scegliere, perché non ha una alternativa.
    Questo è il vero problema che sta dietro a tutta
    questa questione.
    Naturalmente, ragioneremo sugli emendamenti, ne discuteremo
    nel dettaglio, se sarà possibile interverrò
    di nuovo, però il nocciolo del problema sta qui,
    onorevoli colleghi. Qui sta il problema.
    Naturalmente, poi c’è la condizione di questi insegnanti.
    Essi sono sottoposti – mi avvio rapidamente alla conclusione
    – a due autorità: quella che deriva dallo Stato
    e quella che deriva dalla Chiesa. Questo è inaccettabile.
    Ho affrontato la questione dal punto di vista dello studente
    e, secondo me, quando si parla di insegnanti, bisogna
    soprattutto affrontarla dal punto di vista dello studente
    e della sua libera scelta; ora, affrontiamola dal punto
    di vista degli insegnanti. Benissimo, non è accettabile
    che possano sopra di lui stare due ordini di autorità:
    la diocesi ed il provveditorato (o quel cavolo che è).
    Lo Stato e la Chiesa, in sostanza.
    Si decida: se questi devono stare dentro l’organizzazione
    della scuola pubblica, essi sottostanno alle decisioni
    e all’autorità statale. Punto e basta.
    Non c’è altra discussione da fare; è conseguenzialmente
    logico, in base ad un principio dell’autorità statuale
    in materia di scuola pubblica: non c’è alternativa.
    Guardate posso anche essere d’accordo con la Curia; e,
    personalmente, ho un bel ricordo, e non parlo per vendetta,
    del mio insegnante di religione cattolica, quando nei
    primissimi anni ’60 facevo la scuola media statale nell’istituto
    Giuseppe Parini a Milano: lui mi ha insegnato una cultura
    antimperialista, (era il periodo della guerra di Algeria),
    rilevandomi le torture dell’OAS e dell’esercito francese
    nei confronti dei rivoluzionarie e dei patrioti algerini;
    era il periodo della Concilio Vaticano II di Giovanni
    XXIII, di Don Lorenzo Milani; era un altro spirito rispetto
    ai tempi, culturalmente tristi, di oggi; allora ci pareva
    un paradiso in terra. Gli do allora atto, se ci fosse
    ancora e mi stesse ascoltando, che, in parte, se sono
    ora qui, lo devo anche a lui.
    Ma non c’entra nulla con l’imporre ciò in maniera
    subdola, attraverso il non obbligo dell’obbligo di un’alternativa
    dell’istruzione religiosa cattolica; il fatto che essa
    abbia rappresentato, anche per la storia dei marxisti,
    di persone sinistra, un contributo all’incremento della
    loro coscienza individuale; ciò non autorizza,
    lo dico ai colleghi del centrosinistra ovviamente, una
    tolleranza rispetto ai principi dell’autorità e
    della laicità dello Stato nella materia che per
    esso è fondamentale: quella dell’istruzione pubblica,
    e dell’educazione delle giovani generazioni.
    PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto
    dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
    Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore,
    onorevole Taglialatela.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Presidente, rinuncio
    alla replica.
    PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante
    del Governo.
    MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro
    e le politiche sociali. Presidente, anche il Governo rinuncia
    alla replica.
    PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato
    ad altra seduta

  • Stato_Giuridico_due/Odg_Aula_2_12_2002.asp

    XIV LEGISLATURA

    —————————————————————————–

    232^ SEDUTA PUBBLICA
    Lunedì 2 dicembre 2002 – Ore 15

    ORDINE DEL GIORNO

    1. –
    Discussione del disegno di legge:

    Norme sullo stato giuridico degli
    insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle
    scuole di ogni ordine e grado. (2480/A)

    e delle abbinate proposte di legge: MOLINARI; Tonino LODDO
    ed altri; Angela NAPOLI; LUMIA; LANDOLFI; CORONELLA e MESSA;
    DI TEODORO ed altri; Luigi PEPE; Antonio BARBIERI.

    (561 -580 -737 -909 -1433 -1487 -1493 -1908 -1972)

    Relatore: Taglialatela.

    2. –
    Discussione del disegno di legge:

    Conversione in legge del decreto-legge 11 novembre 2002,
    n. 251, recante misure urgenti in materia di amministrazione
    della giustizia.

    (3381/A)

    Relatore: Gironda Veraldi.

    3. –
    Discussione delle mozioni Volonte’ ed altri n. 1-00080 e
    Castagnetti ed altri n. 1-00081 sul lavoro minorile (vedi
    allegato).

  • Stato_Giuridico_due/ResocontoV_26_11_2002.asp

    CAMERA DEI DEPUTATI – XIV LEGISLATURA
    Resoconto della V Commissione
    permanente

    (Bilancio, tesoro e programmazione)
    Resoconto di martedì 26 novembre 2002

    Stato giuridico degli
    insegnanti di religione cattolica.

    C. 2480 Governo.
    (Parere alla XI Commissione)
    (Esame e rinvio)
    Il Comitato inizia l’esame.
    Gioacchino ALFANO (FI), relatore, osserva che il disegno
    di legge, di iniziativa governativa, è stato adottato
    come testo base nell’esame abbinato con numerosi altri
    progetti di legge di iniziativa parlamentare. Illustra
    quindi il provvedimento che prevede: l’istituzione di
    due ruoli regionali degli insegnanti di religione cattolica,
    concernenti, rispettivamente, la scuola dell’infanzia
    ed elementare e la scuola secondaria (articolo 1); la
    determinazione della dotazione organica dei due ruoli
    nella misura del 70 per cento dei posti di insegnamento
    complessivamente funzionanti, determinata, in sede di
    prima applicazione, con riferimento ai posti funzionanti
    nell’anno scolastico precedente quello in corso alla data
    di entrata in vigore della legge (articolo 2); l’accesso
    ai ruoli previo superamento di concorso per titoli ed
    esami indetto su base regionale con cadenza triennale
    in riferimento ai posti annualmente disponibili (articolo
    3); l’applicazione agli insegnanti di ruolo le disposizioni
    in materia di mobilità professionale nel comparto
    del personale della scuola (articolo 4); un particolare
    regime per il primo concorso per l’accesso ai ruoli di
    insegnante di religione cattolica, che viene riservato
    agli insegnanti che abbiano prestato continuativamente
    servizio per almeno quattro anni nel corso degli ultimi
    dieci anni (articolo 5).
    Per quanto riguarda i profili di carattere finanziario
    di competenza della Commissione bilancio, rilevato che
    la quantificazione degli oneri riportata nella relazione
    tecnica appare corretta, formula alcuni rilievi critici
    in ordine alla clausola di copertura finanziaria recata
    dall’articolo 6. Fatto presente preliminarmente che l’accantonamento
    utilizzato, limitatamente all’esercizio 2002, non presenta
    la necessaria disponibilità finanziaria, osserva
    che la ripartizione degli oneri nel tempo non corrisponde
    al periodo di effettiva applicazione del provvedimento
    e che l’autorizzazione di spesa non risulta conforme alle
    prescrizioni della vigente disciplina contabile.
    Per quanto riguarda il primo profilo, rileva che la relazione
    tecnica ipotizza la decorrenza degli oneri derivanti dal
    provvedimento a partire dal 1o settembre 2002 ed imputa
    proporzionalmente all’esercizio in corso quota parte dell’onere
    annuo. In realtà, considerati i tempi tecnici necessari
    per l’approvazione del provvedimento, si può ritenere
    che gli oneri derivanti da quest’ultimo verosimilmente
    si produrranno non prima dell’esercizio 2003. Si potrebbe
    pertanto prospettare una riformulazione della clausola
    di copertura finanziaria che, da un lato, preveda la decorrenza
    dell’autorizzazione di spesa dall’anno 2003, e, dall’altro
    lato, imputi il relativo onere alle proiezioni dell’accantonamento
    del Fondo speciale di parte corrente di competenza del
    Ministero dell’istruzione, dell’università e della
    ricerca relativo al triennio 2002-2004.
    Per quanto riguarda la conformità dell’autorizzazione
    di spesa alla vigente disciplina contabile, rileva che
    la clausola di copertura finanziaria reca un’unica autorizzazione
    di spesa che riguarda sia gli oneri relativi allo svolgimento
    dei nuovi concorsi, sia quelli relativi alle nuove assunzioni
    a tempo indeterminato. In realtà, ai fini dell’applicazione
    delle procedure di controllo della spesa previste dall’articolo
    11-ter, commi 6-bis e 7 della legge n. 468 del 1978, sarebbe
    invece necessario evidenziare una specifica previsione
    di spesa per ogni disposizione onerosa. Nel provvedimento
    in esame appare quindi necessario formulare due distinte
    autorizzazioni di spesa: la prima, relativa allo svolgimento
    dei nuovi concorsi, può essere formulata in termini
    di limite massimo di spesa, in quanto si riferisce ad
    oneri di funzionamento dell’amministrazione; la seconda,
    che riguarda le nuove assunzioni a tempo indeterminato,
    non appare delimitabile nell’ambito di un tetto di spesa,
    in quanto relativa ad oneri retributivi a carattere obbligatorio
    quantificati sulla base di stime tecnico-finanziarie,
    deve pertanto essere formulata come mera previsione di
    spesa ed essere accompagnata da una specifica clausola
    di salvaguardia per la compensazione di eventuali oneri
    eccedenti.
    Rammenta in proposito che la legislazione vigente già
    prevede un meccanismo di compensazione degli effetti finanziari
    che eccedano le previsioni relative agli oneri a carattere
    obbligatorio, rappresentato dal ricorso al Fondo di riserva
    per le spese obbligatorie e d’ordine di cui all’articolo
    7 della legge n. 468 del 1978. Per gli oneri in esame,
    si potrebbe ipotizzare quindi una clausola di salvaguardia
    volta a disciplinare una procedura aggravata di ricorso
    al Fondo di riserva che permetta all’amministrazione,
    da un lato, di adempiere immediatamente alle proprie obbligazioni,
    e, dall’altro lato, di attivare tempestivamente le misure
    correttive degli effetti finanziari previste dalla vigente
    disciplina contabile. In particolare, si potrebbe stabilire
    che i decreti del ministro dell’economia e delle finanze
    che autorizzano il trasferimento delle somme necessarie
    dal Fondo di riserva ai pertinenti capitoli di bilancio
    siano trasmessi, corredati da apposita motivazione, alle
    competenti Commissioni parlamentari, e siano riportati
    nell’allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria
    di cui all’articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n.
    468 del 1978. In tal modo, in occasione della presentazione
    del disegno di legge finanziaria si potrebbe verificare
    in sede parlamentare se siano state predisposte nel corso
    dell’esercizio le necessarie misure correttive; in caso
    contrario, tali misure potrebbero essere definite in sede
    di predisposizione della manovra finanziaria per il successivo
    triennio.
    Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO concorda con
    il relatore.
    Gaspare GIUDICE, presidente, sottolineato che la proposta
    dal relatore configura una procedura innovativa, per altro
    in una fase di prima applicazione delle modifiche alla
    legislazione in materia contabile introdotte dalla legge
    n. 246 del 2002, ritiene opportuno procedere ad un approfondimento
    delle problematiche sollevate. Propone pertanto una sospensione
    dell’esame del provvedimento.
    Il Comitato consente.
    La seduta, sospesa alle 9.55, è ripresa alle 13.15.

    Omissis
    Stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica.

    C. 2480 Governo.
    (Parere alla XI Commissione)
    (Seguito dell’esame e conclusione – Parere favorevole
    con condizioni)
    Il Comitato prosegue l’esame, iniziato nella seduta antimeridiana.

    Gaspare GIUDICE, presidente, ricorda che l’esame del provvedimento
    è stato sospeso per consentire un approfondimento
    delle valutazioni formulate dal relatore.
    Gioacchino ALFANO (FI) illustra la seguente proposta di
    parere:
    Sul nuovo testo del provvedimento elaborato dalla Commissione
    di merito:
    PARERE FAVOREVOLE
    con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto
    dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
    all’articolo 5, dopo il comma 3 siano aggiunti i seguenti:

    "3-bis. Per l’attuazione del presente articolo è
    autorizzata una spesa pari ad euro 261.840 per l’anno
    2003. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente
    riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto,
    ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito
    dell’unità previsionale di base di parte corrente
    "Fondo speciale" dello stato di previsione del
    Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002,
    allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
    al Ministero dell’istruzione, dell’università e
    della ricerca.
    3-ter. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
    autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
    variazioni di bilancio."
    l’articolo 6 sia sostituito dal seguente:
    1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente
    legge, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 5, valutati
    in 7.418.903 euro per l’anno 2003 ed in 19.289.150 euro
    a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante corrispondente
    riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto,
    ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito
    dell’unità previsionale di base di parte corrente
    "Fondo speciale" dello stato di previsione del
    Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002,
    allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
    al Ministero dell’istruzione, dell’università e
    della ricerca.
    2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
    autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
    variazioni di bilancio.
    3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede
    al monitoraggio dell’attuazione della presente legge,
    anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 11-ter,
    comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
    modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite
    relazioni, i decreti che, in presenza dei presupposti
    richiesti dalla legge, dispongano l’utilizzo del Fondo
    di cui all’articolo 7 della legge 5 agosto 1978, n. 468
    e successive modificazioni. I decreti di cui al precedente
    periodo sono altresì elencati nell’allegato di
    cui all’articolo 11, comma 6-bis, della citata legge n.
    468 del 1978.
    Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO conferma che
    da parte del Governo non vi sono osservazioni.
    Antonio BOCCIA (MARGH-U) sottolinea la contraddittorietà
    degli orientamenti assunti dalla Commissione bilancio
    nell’esercizio della funzione consultiva, rilevando che
    l’espressione da parte del Comitato permanente per i pareri
    di valutazioni favorevoli relativamente a provvedimenti
    che comportano nuove spese per l’anno in corso contrasta
    con l’assenso agli interventi di contenimento della spesa
    proposti dal Governo con lo schema di decreto del Presidente
    del Consiglio dei ministri all’esame della Commissione.
    Preannunciando quindi l’intenzione di sottoporre la questione
    all’attenzione dell’Assemblea.
    Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva
    la proposta di parere formulata dal relatore.
    La seduta termina alle 13.40.

  • Stato_Giuridico_due/Odg_V_commissione_26_11_2002.asp

    Lavori In
    Commissione – V Bilancio

    Convocazione di martedì 26 novembre

    Ore 9.15
    COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

    Alla XI Commissione: Stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica (esame nuovo testo C. 2480 Governo – Rel. Gioacchino
    Alfano)

  • Stato_Giuridico_due/Parere_I_20_11_2002.asp

    ALLEGATO 2

    Insegnanti di religione cattolica
    (Nuovo testo C. 2480 Governo, ed abb.)
    .

    PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

    La I Commissione,
    esaminato il nuovo testo del disegno di legge n. 2480, risultante
    dagli emendamenti approvati dalla Commissione,
    rilevato che le disposizioni recate dal testo in esame appaiono
    riconducibili, per un verso, alla materia «rapporti
    tra la Repubblica e le confessioni religiose» e, per
    altro verso, alla materia «norme generali sull’istruzione»
    che l’articolo 117, secondo comma, lettere c) e n), riserva
    alla potestà legislativa esclusiva dello Stato
    ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti
    di legittimità costituzionale,
    esprime

    PARERE FAVOREVOLE

  • Stato_Giuridico_due/ResocontoI_20_11_2002.asp

    Insegnanti
    di religione cattolica
    .

    Nuovo testo C. 2480
    Governo, ed abb.
    (Parere alla XI Commissione).

    (Esame e conclusione – Parere favorevole).
    Il Comitato inizia l’esame.
    Pierantonio ZANETTIN (FI), presidente relatore, illustra
    il contenuto del nuovo testo del disegno di legge, recante
    norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
    grado. Il disegno di legge, modificato in alcuni punti,
    persegue la medesima finalità di un testo approvato
    dal Senato nella scorsa legislatura, ossia il superamento
    della condizione di precariato degli insegnanti della religione
    cattolica, attraverso l’attribuzione dello stato giuridico
    di personale docente di ruolo dello Stato e la regolarizzazione,
    con apposite procedure concorsuali, delle modalità
    di reclutamento. Sottolinea in particolare che nella scuola
    dell’infanzia e nella scuola elementare l’insegnamento della
    religione cattolica può continuare ad essere impartito
    dai docenti di sezione o di classe che si siano dichiarati
    disposti a svolgerlo e che siano riconosciuti idonei dalla
    competente autorità ecclesiastica; rileva altresì
    che la consistenza delle dotazioni organiche è pari
    al 70 per cento dei posti funzionanti.
    Non essendovi nulla da osservare relativamente ai profili
    di competenza della Commissione, propone di esprimere parere
    favorevole (vedi
    allegato 2
    ).

    Sesa AMICI (DS-U), rilevato che non sussiste una contrarietà
    pregiudiziale del suo gruppo all’immissione in ruolo degli
    insegnanti di religione, esprime rilievi critici sulla determinazione
    della consistenza delle dotazioni organiche che non è
    collegata in alcun modo alle richieste dell’insegnamento
    da parte delle famiglie e degli studenti, nonché
    sul riconoscimento da parte dell’ordinario diocesano dell’idoneità
    per la mobilità territoriale, che configura, a suo
    avviso, una situazione di disparità all’interno del
    precariato scolastico. Annuncia pertanto un voto contrario
    sulla proposta di parere.

    Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal
    relatore

    La seduta termina alle 9.05.

  • Stato_Giuridico_due/resocontoI_19_11_2002.asp

    CAMERA DEI DEPUTATI – XIV LEGISLATURA
    Resoconto della I Commissione permanente
    (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e
    Interni)

    Insegnanti di religione cattolica.
    Nuovo testo C. 2480 Governo, ed abb.
    (Parere alla XI Commissione).
    (Rinvio dell’esame).

    Il Comitato inizia l’esame.

    Pierantonio ZANETTIN, presidente, in considerazione della
    specifica richiesta avanzata dal gruppo dei Democratici
    di sinistra, rinvia l’esame del nuovo testo del disegno
    di legge ad altra seduta.

    La seduta termina alle 15.10.

     

  • Stato_Giuridico_due/resocontoVII_30_10_2002.asp

    CAMERA DEI DEPUTATI – XIV LEGISLATURA
    Resoconto della VII Commissione permanente
    (Cultura, scienza e istruzione)

    Resoconto di mercoledì 30 ottobre
    2002

    Insegnanti di religione cattolica.
    Nuovo testo C. 2480 Governo.
    (Parere alla XI Commissione).
    (Seguito dell’esame e conclusione – Parere favorevole).

    La Commissione prosegue l’esame, rinviato, da ultimo, nella
    seduta del 22 ottobre 2002.
    Antonio PALMIERI (FI), relatore, dà conto di una
    proposta di parere favorevole (vedi
    allegato 4
    ).
    Franca BIMBI (MARGH-U), intervenendo a titolo personale,
    dichiara che non voterà la proposta di parere del
    relatore.
    Domenico VOLPINI (MARGH-U), nel precisare che nessun docente
    di religione è stato rimosso dal proprio incarico,
    a seguito di una revoca intervenuta da parte dell’autorità
    ecclesiastica, dichiara il voto favorevole del suo gruppo
    sulla proposta di parere del relatore.
    Flavio RODEGHIERO (LNP) dichiara il voto favorevole del
    suo gruppo sulla proposta di parere avanzata dal relatore
    e sottolinea l’importanza del provvedimento in titolo, che
    riconosce il ruolo degli insegnanti di religione cattolica.
    Piera CAPITELLI (DS-U) dichiara la propria contrarietà
    alla proposta di parere formulata dal relatore, che non
    ha tenuto conto dei rilievi avanzati dal suo gruppo al testo
    del disegno di legge.
    Alba SASSO (DS-U) dichiara la propria contrarietà
    sia al parere espresso dal relatore, sia ai contenuti del
    provvedimento.
    Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva
    la proposta di parere favorevole del relatore.
    La seduta termina alle 15.50.

  • Stato_Giuridico_due/resocontoVII_22_10_2002.asp

    CAMERA DEI DEPUTATI –
    XIV LEGISLATURA

    Resoconto della VII Commissione permanente
    (Cultura, scienza e istruzione)

    SEDE CONSULTIVA

    Martedì 22 ottobre 2002. – Presidenza del presidente
    Ferdinando ADORNATO.

    La seduta comincia alle 14.

    Insegnanti di religione cattolica.
    Nuovo testo C. 2480 Governo.
    (Parere alla XI Commissione).
    (Seguito dell’esame e rinvio).

    La Commissione prosegue l’esame, rinviato nella seduta
    del 16 ottobre 2002.

    Antonio PALMIERI (FI), relatore, ribadisce la proposta
    di parere favorevole preannunciata nella seduta precedente.
    Carlo CARLI (DS-U), intervenendo sull’ordine dei lavori,
    chiede di rinviare ad altra seduta la votazione sulla proposta
    di parere del relatore.
    Ferdinando ADORNATO, presidente, nel condividere la richiesta
    avanzata dal deputato Carli, ritiene tuttavia opportuno
    procedere alla votazione sulla proposta di parere del relatore
    nel corso della prossima seduta.
    Antonio RUSCONI (MARGH-U) condivide i contenuti del disegno
    di legge del Governo, nel testo modificato dalla XI Commissione,
    anche perché sono state recepite talune proposte
    avanzate dal suo gruppo. Sottolinea quindi l’opportunità
    di sanare il più presto possibile la situazione degli
    insegnanti di religione cattolica, anche per dare un segnale
    di fiducia e di motivazione a questa categoria.
    Alba SASSO (DS-U) dichiara il proprio avviso contrario al
    provvedimento in titolo, che configura una contraddizione
    giuridica rispetto all’entrata in ruolo di questi docenti
    che insegnano una materia facoltativa. Osserva che tali
    docenti sono nominati a seguito di una designazione dell’autorità
    diocesana, sulla base di titoli, competenze e requisiti
    culturali insindacabilmente forniti e accertati dall’autorità
    ecclesiastica e di una «idoneità», essenziale
    per l’insegnamento, altrettanto insindacabilmente concessa
    e revocabile da parte della stessa autorità. Osserva,
    inoltre, che, nel caso di una revoca dell’idoneità
    di un docente di religione cattolica da parte dell’autorità
    diocesana, esso rimarrà comunque in ruolo, limitando
    in tal modo la sovranità dello Stato.
    Nell’esprimere il proprio apprezzamento per il ruolo svolto
    da alcuni di questi insegnanti e precisando di non essere
    contraria all’insegnamento della religione cattolica, richiama
    i contenuti dell’articolo 47 del contratto collettivo nazionale
    di lavoro del personale del comparto scuola del 1995, relativo
    al lavoro a tempo determinato. Richiama quindi la questione
    del contratto annuale degli insegnanti di religione cattolica
    e i contenuti della sentenza n. 390 della Corte Costituzionale,
    con la quale si è ribadito il carattere non discriminatorio
    dell’incarico annuale, che si inquadra nella comune disciplina
    delle assunzioni a tempo determinato.
    In conclusione, nel ritenere opportuno garantire la situazione
    di lavoro di tali docenti, considera inaccettabile che,
    qualora essi vengano dichiarati inidonei all’insegnamento,
    possano passare ad altri ruoli dello Stato.
    Fabio GARAGNANI (FI) dichiara il voto favorevole del suo
    gruppo sul provvedimento in titolo, che interviene a sanare
    una pluriennale ingiustizia nei confronti degli insegnanti
    di religione cattolica, che svolgono un ruolo estremamente
    importante nella scuola e nella società. Esprime,
    quindi, l’auspicio che tali insegnanti, una volta approvato
    il disegno di legge esame, siano effettivamente impiegati
    nell’insegnamento della religione cattolica e non in altre
    discipline.
    Piera CAPITELLI (DS-U), nel dichiarare il parere contrario
    del suo gruppo sul disegno di legge in titolo, esprime comunque
    apprezzamento per il riconoscimento dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione da parte del Parlamento.
    Giudica inaccettabile la previsione secondo la quale tali
    insegnanti, una volta venuta meno la dichiarazione di idoneità
    da parte dell’autorità diocesana, possano transitare
    verso un altro insegnamento, creando in tal modo una disparità
    nell’accesso al sistema dell’istruzione.
    In conclusione, ritiene opportuno che per la mobilità
    di tali docenti nel comparto scuola vengano applicate le
    disposizioni in vigore per tutto il personale di pubblico
    impiego.
    Alessio BUTTI (AN), richiamato l’iter parlamentare che nelle
    precedenti legislature ha caratterizzato l’esame dei provvedimenti
    in materia di insegnanti di religione cattolica, dichiara
    il voto favorevole del suo gruppo sul disegno di legge in
    titolo.
    Sottolinea che con questa legge si darà finalmente
    attuazione a quanto stabilito in materia dal nuovo Concordato
    del 1984 tra la Santa Sede e lo Stato italiano. In particolare,
    osserva che con tale provvedimento verrà sanata la
    situazione di migliaia di insegnanti di religione cattolica,
    l’80 per cento dei quali sono laici.
    Giovanna BIANCHI CLERICI (LNP), nel condividere i contenuti
    del provvedimento, preannuncia il voto favorevole del suo
    gruppo sulla proposta di parere avanzata dal relatore.
    Ferdinando ADORNATO, presidente, nessun altro chiedendo
    di intervenire, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.