Categoria: Sezione Fittizia

  • Sciopero_Nazionale/oltre_a_farsi_sentire_si_fanno_vedere.asp

    Oltre
    a farsi sentire si fanno vedere


    Gli
    insegnanti di religione "scendono in piazza" per
    la prima volta manifestando il proprio disappunto per i
    ritardi prolungati nell’iter della legge sullo stato giuridico.


    Mercoled
    24 maggio 2000 lo Snadir ha proclamato uno sciopero nazionale
    degli insegnanti di religione ed un
    sit-in a Roma
    , davanti a palazzo Madama.


    Sono
    convenuti a Roma circa 800 insegnanti di religione in rappresentanza
    delle seguenti regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia,
    Campania, Molise, Lazio, Toscana, Lombardia e Veneto. Sventolio
    di bandiere, cori, canti, cartelloni di protesta hanno fatto
    da cornice alla manifestazione che ha attirato l’attenzione
    di molti senatori all’uscita di palazzo Madama. Molti, infatti,
    si sono avvicinati e hanno accettato di dialogare con i
    manifestanti: Toia (ministro per i rapporti con il Parlamento),
    Brignone, Occhipinti, Monticone, Aprea, Gubert, Bevilacqua,
    Marri, Fumagalli Carulli, Lo Curzio, Asciutti, Tassone,
    Rescaglio, Specchia, Schiafani.


    Particolarmente
    apprezzato stato l’intervento del senatore Brignone, relatore
    sulla legge sullo stato giuridico. Una delegazione dello
    Snadir, poi, stata ricevuta dagli onorevoli diessini Soave
    (vice-presidente VII commissione) e Faggiano, dal senatore
    Ossicini (presidente della VII Commisisone), dall’onorevole
    Gambale (sottosegretario alla Pubblica Istruzione), dagli
    onorevoli Casini, Drago (CCD) e dal prof. Beniamino Brocca
    (responsabile ufficio istruzione e formazione CCD).


    Dai
    contatti stabiliti lo Snadir riuscito a perseguire, tra
    gli altri, due obiettivi fondamentali per l’iter della legge
    sullo stato giuridico:





    1. il
      senatore Monticone, a nome del presidente del Senato,
      Nicola Mancino, ha comunicato che la discussione della
      legge sullo stato giuridico sar fissata al Senato
      nei giorni 6 – 9 giugno p.v.;



    2. la
      maggioranza impegnata a definire la questione dello
      stato giuridico entro breve tempo. Soprattutto i rappresentati
      dei DS hanno chiarito la posizione del loro partito.
      In una riunione dei vertici hanno definito in modo
      chiaro la loro linea: viene a cadere la posizione
      del senatore Biscardi riguardo alla necessit, anche
      in sede di prima applicazione, di essere in possesso
      di una laurea statale per l’immissione in ruolo dei
      docenti di religione. I DS ritengono equilibrata invece
      la proposta di una sanatoria degli insegnanti di religione
      gi in servizio e in possesso dei titoli previsti
      dall’Intesa.




    L’onorevole
    Soave ha assicurato che la posizione del senatore Biscardi
    e qualche altro parlamentare del partito non quella ufficiale
    dei DS.


    Le
    cassandre che hanno profetizzato l’inopportunit dello sciopero
    proclamato dallo Snadir, visto i risultati raggiunti con
    la manifestazione del 24 maggio, sono opportunamente serviti.


    Vadano
    a profetizzare altrove!!!


    Salvatore
    Modica

  • Sciopero_Nazionale/Sciopero_24_maggio_2000_manifestazione.asp

    La
    protesta dello Snadir: 



    alle regionali la voce degli Idr potrebbe aver lasciato
    un segno


    Manifestazione5.gif (63252 byte)
    ….
    e ora sciopero e sit-in


    Il
    punto focale di questo numero (Professione
    ir 2/2000
    ) sicuramente lo sciopero nazionale indetto
    dallo Snadir per mercoled 24 maggio con successivo sit
    in davanti a Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica.
    Inutile sottolineare quanto sia importante una presenza
    massiccia (organizzazione
    sciopero
    ). Una voce che deve elevarsi con forza contro
    il ritardo legislativo per il riconoscimento del diritto
    allo stato giuridico degli insegnanti di religione. Il governo
    non pu continuare a rimanere indifferente su questa vicenda
    ma deve, invece, dare risposte concrete, lungimiranti e,
    comunque, che diano senso alla professionalit della categoria
    ma anche alla scuola italiana. “E’ evidente – dice il segretario
    nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica – che in caso contrario
    il passaggio del disegno di legge dalla settima commissione,
    dove la maggioranza non era concorde, all’aula del Senato
    rischia di fare esplodere vecchie risonanze ideologiche.
    Noi ribadiamo ancora che i docenti di religione sono lavoratori
    della scuola alla quale garantiscono un contributo culturale
    per una scuola del dialogo e dell’interculturalit”. Dunque
    fare quadrato per il raggiungimento di un obiettivo legittimo.
    Inutile aggiungere che nella lontana ipotesi di un ricorso
    alle elezioni politiche anticipate la manifestazione del
    24 maggio andrebbe rinviata. Nel frattempo stata presa
    coscienza che la settima commissione “Istruzione” ha conferito
    il mandato al relatore, senatore Brignone, di riferire favorevolmente
    in Assemblea sul testo unificato dei disegni di legge sullo
    stato giuridico dei docenti di religione. E, tanto per “allungare
    il brodo”, l’appuntamento non stato calendarizzato, per
    la serie “indosso il vestito nuovo ma non faccio il bagno”.
    “Noi apprezziamo – dice Ruscica – la disponibilit mostrata
    dalle forze di Governo di ritenere maturo il tempo per l’esame
    del testo unificato. Auspichiamo, per, la solerte calendarizzazione
    per non dovere ritenere che il rinvio sia un modo per rimandare
    e poi rimandare e poi ancora rimandare”. Intanto la categoria
    alle scorse elezioni regionali ha gi dato un forte segnale.
    Un risultato, quello raccolto dalla maggioranza, che non
    pu sottovalutare la forza poderosa di ventimila insegnanti
    ai quali vanno sommati i congiunti “pi stretti”. Si voluto,
    in questo modo, rappresentare che gli insegnanti di religione
    non rappresentano un carrozzone facile da gestire a proprio
    piacimento. Potrebbero assumere gli stessi atteggiamenti
    gi al ritorno alle urne per i referendum. “L’immediata
    calendarizzazione – aggiunge il segretario dello Snadir
    – ci far conoscere quali forze politiche desiderano veramente
    approvare in tempi brevi un giusto e legittimo stato giuridico
    che i docenti di religione attendono da circa sedici anni”.
    Mi sembra, a proposito, necessario riportare all’interno
    del presente, una dichiarazione dei senatori Asciutti(Forza
    Italia), Bevilacqua(Alleanza Nazionale) e Brignone(Lega
    Nord) al termine della seduta della settima commissione
    del 29 marzo scorso: “Il Ppi e l’Udeur – dicono i tre parlamentari
    – anche sul provvedimento inerente lo stato giuridico degli
    insegnanti di religione, sono al servizio dei diessini e
    dei comunisti. Nella riunione del 29 marzo, durante la quale
    si dibattuto il provvedimento, il popolare Monticone ha
    chiesto di rinviare l’analisi in aula chiudendo di fatto
    il reale avvio dell’esame del testo in commissione”. E cos
    la proposta di Monticone, grazie ai voti favorevoli di Ppi
    e dell’Udeur, stata accolta. “Da tre sedute – aggiungono
    Asciutti, Bevilacqua e Brignone – la maggioranza cerca ogni
    tipo di espediente per rinviare qualsiasi votazione sia
    sugli emendamenti che sui singoli articoli. Non da meno
    la componente dei popolari e dell’Udeur si presta a questi
    giochi rinnegando ancora una volta le proprie promesse.
    Se non si trova una valida soluzione in commissione quali
    saranno i tempi di calendarizzazione in aula? Una situazione
    davvero indecente mentre nel frattempo gli insegnanti di
    religione sono costretti al loro perenne stato di precariato”.
    Dunque ancora successo. Prendiamone nota. Serviremo il
    piatto con gli ingredienti che ognuno merita. 

    Prepariamoci, dunque, alla grande manifestazione nazionale.
    I docenti di religione ritengono necessaria ed urgente la
    definizione in aula del disegno di legge per il loro stato
    giuridico: “Occorre che il Senato – conclude Orazio Ruscica
    – elimini quest’ultima frangia di precariato nella scuola
    e immetta in ruolo, in sede di prima applicazione, gli insegnanti
    di religione che abbiamo determinati requisiti”. I requisiti
    cui si riferisce il segretario nazionale dello Snadir sono:
    il possesso dei qualificazione professionale previsti dal
    Dpr 751 del 1985 ; avere almeno 360 giorni di servizio prestati
    mediamente con un orario settimanale non inferiore alla
    met dell’orario di cattedra; frequenza di un corso abilitante
    riservato di 110 ore con esame finale.



    Saro Cannizzaro

  • Sciopero_Nazionale/Sciopero_24_maggio_2000_i_motivi.asp

    Lo
    SNADIR indice uno Sciopero nazionale dei docenti di religione


    e
    sit-in a Roma, davanti al Senato, il 24 maggio 2000, ore
    10.30


     


    Ora
    sono pi di uno i motivi per continuare a farci sentire:







    IL POSTO DI LAVORO:
    resta IL MOTIVO pi impellente che ci chiama tutti a
    mobilitazione IN nome della giustizia, come lavoratori
    della scuola, e come padri e madri di famiglia.






    IL SENSO DELLA POLITICA:
    IL MOTIVO compreso ogni giorno di pi in questi ultimi
    tempi. CI interpella come protagonisti attivi di partecipazione
    politica, per cui non si lascino spazi discrezionali
    e ideologici a governanti che troppo spesso giocano
    alla politica, anzich interpretarla, con fatti concreti,
    come servizio.






    LA DIGNITA’ DELLA SCUOLA:
    UN MOTIVO CHE ripropone il punto cruciale della funzione
    del docente dentro la scuola. Tale funzione per essere
    efficace e convincente per la promozione dei giovani
    studenti, deve saper obbedire senza sottomettersi o
    subire, e deve saper ribellarsi, senza diventare attivo
    o fuorilegge, ma rilanciando il dialogo robusto, nella
    fiducia che alla fine si affermer la giustizia, non
    il capriccio miope del potere.






    IL NOSTRO RUOLO DI SINDACATO
    NELLA SOCIET CIVILE 
    E’ UN MOTIVO CHE CI TIENE
    UNITI E CI FA RAPPRESENTARE una testimonianza di valida
    progettualit, contro un dilagante vuoto, un’indegna
    tendenza alla delega e una sfiduciata inerzia, solo
    pronta a subire e a dipendere.







    UN
    MOTIVO DI IMMINENTE SUCCESSO
    CHE
    circola
    gi nella cronaca: abbiamo dimostrato che aggregazioni
    di cittadini, come la nostra, possono decidere di investire
    il loro voto, ad ogni scadenza elettorale, per ragioni
    pi nobili e pi motivate socialmente, piuttosto che
    per meccanica e ideologica propaganda.







    UN
    VALIDO MOTIVO DI PREOCCUPAZIONE

    riguarda l’accordo dei politici
    che vogliono immettere in ruolo soltanto i docenti di
    religione gi in servizio in possesso di una laurea
    statale.






    ED
    UN MOTIVO DI ILLEGITTIMITA’
    E DI DISCRIMINAZIONE
    E’ QUELLO CHE concerne
    l’intenzione di "far subire" un Concorso ordinario
    per esami e titoli agli insegnanti di religione in possesso
    di una laurea statale. In questi ultimi concorsi ordinari
    la selezione degli ammessi alle prove orali stata
    soltanto del 40-45% dei partecipanti!

    Noi
    riteniamo che debbano essere realizzate le legittime aspettative
    del personale docente di religione gi in servizio; per
    ci riteniamo necessario ed urgente la definizione di uno
    stato giuridico che elimini questa ultima frangia di precariato
    nella scuola e immetta in ruolo, in sede di prima applicazione,
    gli insegnanti di religione che abbiano come requisiti











    il
    possesso dei titoli di qualificazione professionale,
    cos come stabiliti dal DPR 751/85
    almeno
    360 giorni di servizio prestati mediamente con un orario
    settimanale non inferiore alla met dell’orario cattedra

    previa
    frequenza di un corso abilitante riservato di 110 ore con
    esame finale.


     


    E’
    ORA CHE QUESTI MOTIVI ASSUMANO
    visibilit e ancora
    pi forza


    il
    24 maggio 2000 con il sit-in a Roma, davanti al Senato,
    alle ore 10,30,


    NEL
    GIORNO DELLO sciopero nazionale dei docenti di religione
    di ogni ordine e grado
    .


     


    Modica,
    03 maggio 2000                                                                


    La Segreteria
    Nazionale Snadir


     

  • RassegnaStampa/Italia_Oggi_28marzo2000.asp



    Italia
    Oggi




    marted
    28 marzo 2000 – pag.44




    La
    commissione chiede lumi sul ruolo




    Docenti
    di religione stop al senato


     


    Stop
    ai lavori parlamentari per il riconoscimento dello stato
    giuridico ai docenti di religione. Il 14 marzo la commissione
    cultura del senato aveva infatti ripreso a esaminare il
    testo unificato, predisposto dal senatore Mario Occhipinti,
    che deve fissare le linee direttrici dell’attivit di circa
    22 mila insegnanti, che da sempre aspettano di conoscere
    le coordinate entro cui espletare il loro lavoro. La discussione
    del nuovo testo integrato (sono stati accorpati i diversi
    disegni di legge presentati sull’argomento, cio 662;703;1376;1411;2965,
    nuovo relatore il senatore Giudo Brignone) si inceppata
    per alcune carenze rilevate nella relazione tecnica ed evidenziate
    dalla senatrice Maria Grazia Pagano.


    I
    problemi riguardavano essenzialmente il numero degli insegnanti
    interessati e il numero di ore effettivamente svolte e dunque
    l’esatto conteggio di quanti docenti stabilizzati (in possesso,
    cio, di una cattedra completa da quattro anni) avrebbero
    avuto il ruolo definitivo. Secondo i conteggi dello Snadir
    (associazione di categoria) si tratta del 70% degli stabilizzati,
    vale a dire di 14 mila persone. Ben al di sotto del contingente
    impegnato annualmente. Risultano, quindi, infondati i timori
    di un eccesso di personale anche in previsione delle future
    esigenze determinate dalla nuova organizzazione prevista
    dalla riforma dei cicli e dall’attuazione dell’autonomia.


    Il
    sottosegretario al mpi, Giuseppe Gambale, intervenuto in
    commissione sull’argomento, ha informato che il ministero
    della pubblica istruzione ha inviato i dati di sua competenza
    al ministero del tesoro e al dipartimento per i rapporti
    con il parlamento della presidenza del consiglio, affinch
    siano ufficialmente trasmessi alla commissione bilancio
    per il parere di rito.


    L’allarme,
    sottolineato da una nota di Orazio Ruscica dello Snadir,
    sembra dunque rientrare e permettere una veloce analisi
    della questione per arrivare alla tanto attesa conclusione
    dell’iter parlamentare e alla definitiva applicazione dello
    stato giuridico dei docenti di religione.


    Anna
    Balducci

  • Professioneir4-980910/3BozzaditestoOcchipinti.asp

    TESTO UNIFICATO PREDISPOSTO DAL RELATORE
    SEN. MARIO OCCHIPINTI PER I DISEGNI DI LEGGE NN. 662-703-1376-1411-2965


    Art. 1

    (Stato giuridico)


    1. Ai fini dell’insegnamento della religione
    cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado,
    quale previsto dall’Accordo di revisione del Concordato
    lateranense, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n.121,
    e dall’Intesa tra il Ministro della pubblica istruzione
    e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, resa
    esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica
    16 dicembre 1985, n.751 e successive modificazioni, sono
    istituiti due distinti ruoli provinciali rispettivamente
    per gli insegnanti di religione cattolica della scuola materna
    ed elementare e per gli insegnanti di religione cattolica
    della scuola media e secondaria superiore, fermo restando
    che nella scuola materna ed elementare l’insegnamento della
    religione cattolica può essere affidato ai docenti
    di sezione o di classe disponibili e riconosciuti idonei
    dalla competente autorità ecclesiastica, come previsto
    al punto 2.6 della predetta Intesa.

    2. Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli
    di cui al comma 1 si applicano, per quanto compatibili con
    la presente legge, le norme di stato giuridico e il trattamento
    economico previsti dal testo unico delle disposizioni legislative
    vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
    ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16
    aprile 1994, n.297, di seguito denominato testo unico, e
    dalla contrattazione collettiva.


    Art. 2

    (Dotazioni organiche dei posti per l’insegnamento della
    religione cattolica)


    1. Le dotazioni organiche per l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola media e secondaria
    superiore sono stabilite dal Provveditore agli studi, nell’ambito
    dell’organico complessivo di ciascuna provincia, nella misura
    del 70 per cento dei posti corrispondenti alle classi prevedibilmente
    funzionanti nel territorio di pertinenza di ciascuna diocesi.

    2. Per quanto riguarda la scuola materna ed elementare,
    le dotazioni organiche sono stabilite dal Provveditore agli
    studi, nell’ambito dell’organico complessivo di ciascuna
    provincia, nella misura del 70 per cento dei posti corrispondenti
    alle classi o sezioni di scuola materna funzionanti nell’anno
    scolastico precedente a quello di costituzione dell’organico
    nel territorio di pertinenza di ciascuna diocesi e nelle
    quali, nel medesimo anno, gli insegnanti titolari non hanno
    fornito la loro disponibilità all’insegnamento della
    religione cattolica.

    3. I posti di cui ai commi 1 e 2 possono essere coperti
    con personale a tempo pieno o a tempo parziale, secondo
    le quote e le modalità stabilite dalla contrattazione
    collettiva.


    Art. 3

    (Reclutamento)


    1. Per l’accesso ai ruoli di cui all’articolo
    1 si applicano, per quanto compatibili con la presente legge,
    le norme sul reclutamento del personale docente di cui alla
    Parte III, Titolo I, Capo II, Sezione II del testo unico.

    2. I titoli di qualificazione professionale per partecipare
    alle procedure concorsuali sono quelli stabiliti al punto
    4. Dell’Intesa tra il Ministro della pubblica istruzione
    e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana di
    cui all’articolo 1, comma 1.

    3.Ciascun candidato dovrà inoltre essere in possesso
    del riconoscimento di idoneità di cui al Protocollo
    addizionale, n. 5, lettera a), reso esecutivo con legge
    25 marzo 1985, n. 121, rilasciato dall’Ordinario diocesano
    competente per territorio e potrà concorrere soltanto
    per i posti disponibili nel territorio di pertinenza di
    quella diocesi.

    4. Relativamente alle prove d’esame, fatto salvo quanto
    stabilito dall’articolo 5, comma 2, si applicano le norme
    di cui al comma 1 del presente articolo ed in particolare
    l’articolo 400, comma 6, del testo unico, che prevedono
    l’accertamento sulla preparazione culturale generale in
    quanto quadro di riferimento complessivo, con l’eccezione
    dei contenuti specifici dell’insegnamento.

    5. L’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato
    è disposta dal provveditore agli studi d’intesa con
    l’Ordinario diocesano competente per territorio, ai sensi
    del protocollo addizionale, n.5, lettera a), reso esecutivo
    con legge 25 marzo 1985, n. 121, e del punto 2.5 del decreto
    del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985 n. 751.

    6. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 3,
    ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti
    dalle vigenti disposizioni si aggiunge la revoca dell’idoneità
    da parte dell’Ordinario diocesano competente, divenuta esecutiva
    a norma dell’ordinamento canonico.

    7. Per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto
    di lavoro a tempo indeterminato, si provvede mediante contratti
    di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici,
    su indicazione del provveditore agli studi, d’intesa con
    il competente Ordinario diocesano.


    Art. 4

    (Mobilità)


    1. Agli insegnanti di religione cattolica
    inseriti nei ruoli provinciali di cui all’articolo 1, comma
    1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità
    professionale nel comparto del personale della scuola. La
    mobilità professionale all’interno dei predetti ruoli
    è subordinata al possesso del titolo di qualificazione
    richiesto per il ruolo al quale si aspira e, ove comporti
    lo spostamento dal territorio di una diocesi a quello di
    un’altra, al possesso dei requisiti di cui al comma 2.

    2. La mobilità territoriale è subordinata
    al possesso da parte degli insegnanti di religione cattolica
    del riconoscimento dell’idoneità rilasciata dall’Ordinario
    diocesano competente per territorio e all’intesa col medesimo
    Ordinario.

    3. L’insegnante di religione cattolica con contratto di
    lavoro a tempo indeterminato al quale sia stata revocata
    l’idoneità, qualora abbia un’anzianità di
    servizio di almeno dieci anni, ha titolo a partecipare alle
    procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
    collettiva previste dall’articolo 35 del decreto legislativo
    3 febbraio 1993, n.29 come modificato dall’articolo 20 del
    decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80.


    Art. 5

    (Norme transitorie e finali)


    1. Il primo concorso per titoli ed esami
    che sarà bandito dopo l’entrata in vigore della presente
    legge è riservato agli insegnanti di religione cattolica
    che abbiano prestato servizio continuativo nell’insegnamento
    di religione cattolica per almeno quattro anni e per un
    orario non inferiore alla metà di quello d’obbligo
    anche in ordini e gradi scolastici diversi, e siano in possesso
    dei requisiti previsti dall’articolo 3, commi 2 e 3.

    2. Il programma d’esame del primo concorso sarà volto
    unicamente all’accertamento della conoscenza dell’ordinamento
    scolastico, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi
    ai gradi di scuola ai quali si riferisce il concorso e degli
    elementi essenziali della legislazione scolastica.

    3. La presente legge si applica anche agli insegnanti di
    religione cattolica delle regioni di confine, ove essa non
    risulti in contrasto con le norme locali tutelate dal Protocollo
    addizionale, n.5, lettera c), reso esecutivo con legge 25
    marzo 1985, n.121.

  • Stato_Giuridico_due/Consacrazione_di_un_obiettivo.asp

    CONVIR SALERNO:
    La consacrazione di un obiettivo

    Si è tenuto a Salerno – il 9 dicembre scorso – il
    5° CONVIR sul tema "I docenti di religione: insegnanti…
    tra gli altri", presenti l’On. Tagliatatela, relatore
    del disegno di legge sullo stato giuridico degli idr, il
    Ministro degli Affari Regionali Sen. Enrico La Loggia, l’On.
    Giuseppe Gambale. Al convegno hanno partecipato circa 700
    persone che hanno ascoltato con interesse ed attenzione
    gli articolati interventi: il primo di essi è stato
    del Prof. Pasquale Troìa, Direttore del Centro Studi
    dello SNADIR, il quale ha posto l’accento su come il docente
    di religione abbia sempre più bisogno di formazione
    per poter aspirare ad una professionalità che ne
    contraddistingua la sua peculiarità.
    Ha preso poi la parola il Segretario Nazionale dello SNADIR
    Prof. Orazio Ruscica il quale, oltre ad evidenziare gli
    ottimi risultati raggiunti dal sindacato, ha illustrato
    i punti salienti dell’art. 5 del ddl Moratti, che la Camera
    ha approvato senza l’importante modifica da "concorso"
    in "corso che precede il concorso"; a questo proposito
    il Prof. Ruscica ha relazionato – davanti ad un attento
    e partecipe uditorio – sulla presunta mancanza di fondi
    con cui la Camera avrebbe motivato tale comportamento, dimostrando
    anzi che, con una attenta politica economica e di programmazione,
    l’organizzazione di corsi prima del concorso non graverebbe
    eccessivamente sulle casse dello Stato; infine i ringraziamenti
    ai parlamentari della maggioranza e della Margherita intervenuti,
    cosa che non poteva non dare spunto al Segretario dello
    SNADIR di soffermarsi criticamente sull’operato dei Democratici
    di sinistra in sede di approvazione del ddl: essi hanno
    dimostrato con il loro atteggiamento ostruzionista e ponendosi
    contro il pieno inserimento della scuola dell’insegnante
    di religione – ha sottolineato Ruscica – di essere ancora
    oggi legati alla loro vecchia ideologia.
    Successivamente ha preso parola l’On. Taglialatela che ha
    illustrato tutti i passaggi che hanno preceduto la recente
    approvazione da parte della Camera del disegno di legge,
    auspicando una veloce votazione al senato per giungere finalmente
    alla ratifica in legge dello stesso, e mettendo in risalto
    anche egli come la sinistra abbia dimostrato ancora una
    volta scarsa apertura verso i problemi degli idr, che pure
    sono lavoratori della scuola.
    Vi è stato poi l’intervento dell’On. Gambale, il
    quale – oltre alla soddisfazione per la veloce approvazione
    del ddl alla Camera, cui il suo gruppo ha contribuito –
    ha messo in evidenza come dopo il raggiungimento dello stato
    giuridico si dovrà provvedere affinché venga
    risolta la questione sulla equipollenza di tutti i titoli
    ecclesiastici con quelli statali.
    Infine ha preso parola il Ministro La Loggia, il quale ha
    voluto insistere sulla condizione degli insegnanti di religione
    che sono "insegnanti più di altri" per
    la missione alla quale sono chiamati e per il peso della
    responsabilità morale che hanno nei confronti dei
    giovani; anch’egli ha auspicato una veloce discussione al
    senato del disegno di legge, cogliendo poi occasione per
    sottolineare il suo personale interesse alle esigenze della
    categoria degli idr e portando i saluti del Ministro Moratti
    e dell’On. Aprea, sottosegretario all’istruzione .
    Si è passati, infine, alle domande, alle quali il
    Prof. Ruscica ha risposto con la consueta chiarezza e precisione;
    dopodiché alle ore 13.00, il 5° CONVIR si è
    chiuso, facendo registrare, ancora una volta, non solo notevole
    affluenza di pubblico, ma grande interesse attorno alle
    tematiche degli insegnanti di religione, a testimonianza
    del ruolo positivo e trainante che lo SNADIR continua a
    svolgere all’interno della categoria.

    Vincenzo Caggese

     

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  • Stato_Giuridico_due/ddl_supera_aula_della_camera.asp

    IL DDL
    SULLO STATO GIURIDICO SUPERA L’AULA DELLA CAMERA

    Si è conclusa stamani la votazione con cui l’Aula
    della Camera ha approvato il ddl sullo stato giuridico degli
    insegnanti di religione, nella stessa formulazione con cui
    era stato licenziato dalla XI Commissione Lavoro e con alcune
    variazioni apportate dalla Commissione Bilancio.
    Sull’esito di questo dibattito e sulla votazione, il Segretario
    Nazionale dello SNADIR si dichiara "soddisfatto".
    "Si tratta di un ulteriore importante passo verso la
    definizione dello stato giuridico degli insegnanti di religione
    – ha detto il Prof. Ruscica – e quindi verso il tanto atteso
    riconoscimento giuridico della professionalità degli
    idr, per il quale non posso non rivolgere un ringraziamento
    ai parlamentari della maggioranza e dell’opposizione che
    si sono impegnati in tal senso, primi tra tutti il Ministro
    Moratti, il Sottosegretario al MIUR Aprea e l’On. Tagliatatela,
    relatore del ddl. Mi dispiace che l’opposizione dei Ds si
    sia arroccata su vecchie posizioni ideologiche che l’ hanno
    portata ad affermare, ad esempio, che agli idr bisogna soltanto
    dare dei miglioramenti economici ma non il ruolo.
    Certo si sarebbe potuto fare di più, ma d’altra parte
    l’iter legislativo che il ddl deve percorrere è ancora
    piuttosto lungo, e certamente ci consentirà di proporre
    alcune modifiche che riteniamo importanti per la realizzazione
    delle esigenze della categoria".

    Rossella Sudano

  • Stato_Giuridico_due/Discussione_votazione_in_aula_5_12_2002.asp

    Stenografico
    Aula in corso di seduta
    Seduta n. 235 del 5/12/2002

    Seguito della discussione del disegno
    di legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (2480) e delle abbinate proposte di legge:
    Molinari; Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi;
    Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio
    Barbieri (561-580-737-909-1433-1487-1493-1908-1972) (ore
    9,47).

    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della
    discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
    delle scuole di ogni ordine e grado; e delle abbinate proposte
    di legge d’iniziativa dei deputati: Molinari; Tonino Loddo
    ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi; Coronella e Messa;
    Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio Barbieri.
    Ricordo che nella seduta di ieri sono stati approvati gli
    articoli 1, 2 e 3.
    (Esame dell’articolo 4 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo dunque all’esame dell’articolo 4 e
    delle proposte emendative al ad esso presentate (vedi l’allegato
    A – A.C. 2480 sezione 1).
    Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
    il parere della Commissione.
    DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione.
    Signor Presidente, sostituisco momentaneamente il relatore,
    onorevole Taglialatela.
    La Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
    emendative presentate all’articolo 4.
    PRESIDENTE. Il Governo?
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
    Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
    PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione
    nominale mediante procedimento elettronico.
    Preavviso di votazioni elettroniche.
    PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno
    aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico,
    decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque
    e venti minuti previsti dall’articolo 49, comma 5, del regolamento.

    Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso,
    sospendo la seduta fino alle 10,10.
    La seduta, sospesa alle 9,50, è ripresa alle 10,10.

    Si riprende la discussione.
    (Ripresa esame dell’articolo 4 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Sasso
    4.5.
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Chiedo di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Signor Presidente, sono
    già stati espressi pareri sugli emendamenti all’articolo
    4 e mentre confermo il parere conforme a quello espresso
    dal relatore, che in realtà è contrario agli
    emendamenti presentati, vorrei approfittare di questo momento
    della ripresa dei lavori per rivolgermi all’aula e fare
    un po’ la storia breve di questo provvedimento e della posizione
    del Governo.
    Nel ribadire che il Governo si è mosso in continuità
    con la volontà politica emersa chiaramente nella
    scorsa legislatura, come è stato ricordato da alcuni
    deputati che sono già intervenuti, e che questo ci
    ha portato a presentare, con iniziativa governativa, il
    provvedimento che stiamo discutendo da qualche giorno, vorrei
    riaffermare che il Governo in questa scelta è stato
    confortato da alcune situazioni che si sono verificate.
    Intanto, da un considerevole numero di proposte di legge
    presentate anche all’inizio di questa legislatura. In questo
    senso, colgo l’occasione per ringraziare i deputati di maggioranza
    e del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo che hanno presentato,
    immediatamente, all’inizio di questa legislatura, proposte
    di legge che andavano in questa direzione. Non solo, in
    questo siamo stati confortati dal fatto che la Commissione
    lavoro – quindi, ringrazio il presidente Benedetti Valentini
    -, prima ancora che il Consiglio dei ministri approvasse
    il disegno di legge, aveva già iniziato l’istruttoria
    in Commissione. Inoltre, non solo siamo stati confortati
    del consenso, certamente pieno, delle forze di maggioranza,
    ma anche da quello espresso immediatamente dal gruppo della
    Margherita, DL-l’Ulivo, che colgo l’occasione per ringraziare.
    Pertanto, ringrazio sia le forze di maggioranza che il gruppo
    della Margherita, DL-l’Ulivo per avere contribuito a migliorare
    il testo, perché, naturalmente, di questo stiamo
    parlando, degli emendamenti: per questo voglio parlare di
    come abbiamo lavorato. Poiché, sono intervenute delle
    modifiche, mi piace ricordare e riconoscere all’aula, alle
    forze politiche di maggioranza e al gruppo della Margherita,
    DL-l’Ulivo, che questi miglioramenti sono intervenuti proprio
    tenendo contro delle proposte che sono state presentate,
    soprattutto per chiarire alcuni passaggi particolarmente
    delicati del provvedimento. Ora ne affronteremo certamente
    due: la mobilità di questo personale e il primo concorso,
    quello riservato agli insegnanti – è stato detto
    – precari, gli insegnanti di religione che hanno svolto
    finora questo insegnamento nelle nostre scuole.
    Mentre mi avvio alla conclusione, voglio ricordare tre questioni.
    Intanto, che esistono dei limiti oggettivi alla discussione,
    anche tra Governo e forze politiche, perché su questo
    provvedimento c’è una norma pattizia. Quindi, noi
    abbiamo di vincoli precisi, dettati dal Concordato e dalle
    sue norme di attuazione. Pertanto, ancorché ci sia
    stata la volontà, naturalmente, di andare incontro
    a tutta una serie di problemi aperti e dall’inserimento
    di questi insegnanti nel sistema scolastico italiano, il
    limite è la norma pattizia che quindi ci impone dei
    paletti precisi. Sicuramente, la strada che abbiamo scelto,
    quella degli organici e, quindi, dello stato giuridico degli
    insegnanti, rispetta la norma pattizia e anche la migliore
    tradizione del sistema scolastico italiano e gli insegnanti
    precari, ossia quelli che hanno prestato un servizio senza
    demerito nella scuola, alla fine si vedono riconosciuto,
    comunque, un legittimo stato giuridico.
    All’onorevole Duilio, che in questo articolo insiste sul
    discorso dell’inserimento nelle graduatorie permanenti piuttosto
    che nella mobilità ad altri insegnamenti, voglio
    rispondere che la strada indicata dal testo è quella
    maggiormente conforme alle norme già esistenti, poiché
    le condizioni previste per poter insegnare altre materie
    all’interno del sistema scolastico sono le stesse previste
    per gli insegnanti che poi vengono immessi in ruolo. Un
    conto sono i titoli previsti per insegnare la religione
    cattolica, per intenderci i titoli della norma pattizia,
    quindi anche titoli ecclesiastici prescindendo dalla laurea
    conseguita in università statali, altro conto è
    se questi insegnanti verranno utilizzati per insegnamenti
    normali, in questo caso per poterlo fare dovranno possedere
    gli stessi titoli di tutti gli altri insegnanti. Questo
    è il ragionamento che ci ha portato a non considerare
    la richiesta dell’onorevole Duilio. Confermo che per quanto
    riguarda l’articolo 5 la Margherita ha fornito un grande
    contributo, come del resto tutte le forze politiche di maggioranza,
    che su tale articolo avevano presentato una serie di emendamenti
    che sono stati messi insieme e rivisti. Devo dire che l’onorevole
    Taglialatela in questo caso ha svolto un lavoro prezioso,
    si può dire tranquillamente che ha saputo tessere
    una "tela" molto valida e di ciò lo ringrazio.
    Credo che gli sforzi compiuti siano stati tutti quelli possibili,
    di più non avremmo potuto fare. Augurandomi che questo
    confronto nel merito di alcune materie che discuteremo adesso,
    affrontate negli articoli 4 e 5, porterà un ulteriore
    arricchimento soprattutto per quanto riguarda gli adempimenti
    successivi all’approvazione di questa legge, credo che possiamo
    riprendere il nostro lavoro con la consapevolezza che il
    Governo ringrazia tutte le forze di maggioranza e quelle
    della Margherita per l’iter agevole che il provvedimento
    ha avuto per merito di questa convergenza di volontà
    politica che noi non abbiamo mai ignorato ma intendiamo,
    anzi, valorizzare.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Grazie Presidente. Ringrazio il sottosegretario
    Aprea per il suo intervento perché ci consente, anche
    a questo punto della discussione, di ribadire una serie
    di punti che, per quanto riguarda i democratici di sinistra,
    sono dirimenti su questa vicenda. Li voglio ribadire, precisandoli
    ulteriormente rispetto a quanto già hanno fatto i
    colleghi che mi hanno preceduto su questi argomenti. Innanzitutto,
    non sono messi in discussione i contenuti del Concordato
    e le sue ispirazioni, che noi condividiamo fino in fondo,
    anche per quanto riguarda il tema dell’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado.
    Sappiamo che il tema del reclutamento degli insegnanti di
    religione cattolica è un argomento delicato ed anche
    complicato da risolvere.
    Esso, infatti, richiede – d’altronde questo Parlamento e
    quelli precedenti si sono impegnati al riguardo – che si
    ricerchi un complesso, difficile e delicato equilibrio tra
    i docenti di religione cattolica, che devono essere messi
    nella condizione di essere stabilizzati, e gli altri docenti
    che, tuttavia, non devono uscire da tale situazione palesemente
    penalizzati nel loro diritto di uguaglianza rispetto agli
    altri docenti, in questo caso a quelli di regioni cattolica.

    Inoltre, deve essere evitato un rischio che non riguarda
    ovviamente gli insegnanti di religione cattolica. In questo
    caso, infatti, stiamo parlando di un argomento concordatario
    che, come già ho affermato, condividiamo; tuttavia,
    riteniamo che non debba essere scaricato sulle successive
    fasi che si possono determinare nella vita di questi docenti,
    tra l’altro legate agli articoli dei quali fra poco parleremo
    concernenti la mobilità. Non dobbiamo rendere pervasiva
    la presenza di una autorità terza, qualunque essa
    sia, nell’assunzione di personale dello Stato che non sia
    direttamente collegato e connesso al tema di cui stiamo
    trattando.
    Il provvedimento in esame, a nostro giudizio, invece commette
    questo errore perché travalica abbondantemente tale
    confine, ricercando una soluzione, che non trova, di equilibrio
    e determinando una lesione – è il nostro giudizio
    – dei principi di uguaglianza tra i docenti nel loro complesso
    ed i docenti di religione cattolica che, dall’approvazione
    del provvedimento in poi, diventerebbero a tutti gli effetti
    comparabili con gli altri docenti, con riferimento ovviamente
    al loro inserimento all’interno del sistema scolastico.

    Anche sulla base degli emendamenti ancora da esaminare,
    dobbiamo cercare di migliorare il provvedimento in esame,
    con l’accoglimento di alcuni nostri emendamenti che, in
    qualche modo, risolvono o evitano il determinarsi di questa
    situazione di squilibrio in un prossimo futuro; squilibrio
    che, a nostro giudizio, tra l’altro finirebbe con il produrre
    un’ulteriore conseguenza negativa. Non temiamo tanto l’apertura
    su tale argomento di un contenzioso di carattere politico
    (non si sta discutendo di concordato perché non è
    questa la sede, non è questo l’argomento sul quale
    aprire una discussione sul concordato stesso) quanto l’apertura
    di un vero e proprio contenzioso di carattere giudiziario.
    I docenti che vedranno lesa la loro condizione in seguito
    all’immissione nelle altre classi di insegnamento di docenti
    provenienti da questo tipo di reclutamento finiranno ovviamente
    per ricorrere di fronte all’autorità giudiziaria,
    determinando un clima di totale incertezza nella scuola
    e di caos in misura maggiore di quanto già oggi non
    ce ne sia, sulla base ovviamente anche di altri provvedimenti
    (o mancati provvedimenti) assunti dal Governo nel corso
    di questo primo anno e mezzo di vita.
    Pertanto, richiediamo ulteriormente la disponibilità
    a ragionare sui contenuti migliorativi dei nostri emendamenti.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
    a titolo personale, l’onorevole Capitelli a cui ricordo
    che ha a disposizione un minuto di tempo. Ne ha facoltà.

    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, chiedo l’attenzione
    dell’onorevole Aprea che ha dato i voti ai diversi gruppi,
    segnalando chi collabora e chi non lo fa. Il mio gruppo,
    sicuramente, avrebbe collaborato se questa volontà
    fosse stata reciproca.
    Sull’articolo in esame vi sarebbe stato bisogno di maggiore
    collaborazione perché sul medesimo, purtroppo, è
    arrivato a dissentire anche chi non era ed è ostile
    al provvedimento in esame (a molti, infatti, sembra corretto
    attribuire lo status giuridico agli insegnanti di religione).
    Pertanto, il tema della mobilità avrebbe dovuto essere
    affrontato con due paletti: il primo si riferisce ad una
    concezione laica della mobilità per revoca. L’autorità
    ecclesiastica ha il diritto di procedere alle nomine e alla
    revoca, mentre lo Stato italiano non può riassumere
    in caso di revoca.
    L’altro paletto concerne la valorizzazione del ruolo degli
    insegnanti di religione attraverso il requisito della doppia
    laurea. Questo requisito avrebbe consentito un passaggio
    regolamentato e graduale ad altri insegnamenti.
    PIERA CAPITELLI. Non c’è stata alcuna possibilità
    di discutere sulla base di questi due paletti che ho ricordato.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
    GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    l’intervento del rappresentante del Governo mette in evidenza
    uno dei punti più delicati di tale questione. Il
    sottosegretario ha fatto riferimento al primo concorso speciale
    che verrà svolto in base all’articolo 5 del testo
    al nostro esame.
    Se si legge il testo di questo comma, il programma di esame
    del primo concorso è volto unicamente all’accertamento
    della conoscenza dell’ordinamento scolastico, degli orientamenti
    didattici e pedagogici relativi a questi gradi di scuola.
    In sostanza, noi immettiamo circa ventimila persone nei
    ruoli dell’amministrazione dello Stato sulla base di questo
    semplice accertamento. Come si fa a non considerare una
    grave violazione dei principi di reclutamento dei pubblici
    funzionari l’introduzione di una norma di questo genere?
    Pertanto, se si vuole conferire uno status agli insegnanti
    di religione, che è materia facoltativa, si possono
    attribuire loro le condizioni economiche analoghe a quelle
    degli insegnanti, ma non li si può immettere in alcun
    modo nel corpo dei funzionari dello Stato italiano.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Sasso 4.5, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 294
    Votanti 291
    Astenuti 3
    Maggioranza 146
    Hanno votato sì 130
    Hanno votato no 161
    Sono in missione 83)
    Prendo atto che l’onorevole Garagnani non è riuscito
    ad esprimere il proprio voto. Prendo altresì atto
    che l’onorevole Cialente non è riuscito ad esprimere
    il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

    Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso Gianni
    4.1.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso. Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo
    emendamento, molto simile all’emendamento Sasso 4.5, noi
    prevedevamo alcune correzioni al tipo di reclutamento che
    questa legge intende adottare. A questo proposito, vorrei
    dire all’onorevole Aprea che noi abbiamo discusso molto
    in sede di Commissione lavoro, ma tutti i nostri emendamenti
    migliorativi per quanto riguarda i concorsi ed il reclutamento
    relativi a questo personale, non sono stati accolti.
    Vorrei ricordare all’Assemblea che l’unico emendamento presentato
    dal gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo accolto dalla
    Commissione è stato un emendamento che suggeriva
    la di mutare la dizione scuola materna in scuola dell’infanzia;
    una questione di editing, più che altro.
    Credo che occorrerebbe ricordare realmente all’onorevole
    Aprea che i progetti di legge presentati nella scorsa legislatura
    su questo tema prevedevano ben altre garanzie sia nei confronti
    dei docenti di religione cattolica sia nei confronti dell’insegnamento
    che nei confronti dello Stato. Una di tali questioni era
    la previsione del requisito della laurea. Noi abbiamo ripresentato
    un emendamento in tal senso, in modo da richiedere la laurea
    a coloro che partecipavano ad un concorso nella scuola.
    Questo è stato respinto.
    Credo che con questa legge voi andate nella direzione di
    ipotizzare un reclutamento anomalo nei ruoli dello Stato.
    Si fa un concorso senza prevedere la laurea. Lo ripeto:
    ciò è in controtendenza con quanto sta avvenendo
    nella scuola italiana, dove si richiede la laurea per ogni
    grado scolastico e per ogni disciplina.
    Si fa un concorso che si conclude non con una graduatoria,
    come tutti i concorsi del pubblico impiego, ma con un elenco
    e noi ieri avevamo presentato un emendamento che proponeva
    appunto che, dopo il concorso, venisse fatta una graduatoria.

    Vorrei spiegare all’Assemblea che l’elenco, in luogo della
    graduatoria, vuol dire che l’autorità diocesana continua
    a decidere chi nominare e dove, con il criterio della chiamata
    nominale e, nonostante questo reclutamento anomalo e in
    assoluta controtendenza con le norme che regolano i concorsi
    per il pubblico impiego, queste persone, una volta in esubero,
    passano negli altri ruoli, nelle altre graduatorie e possono
    insegnare altre discipline facendo valere il criterio dell’anzianità
    e, quindi, superando di fatto in graduatoria coloro che
    hanno diritto ad insegnare quelle discipline, creando in
    tal modo una norma di diritto diseguale.
    In Commissione noi abbiamo sollevato più volte la
    questione delle graduatorie – l’onorevole Taglialatela lo
    ricorderà -, perché con questa norma voi susciterete
    un contenzioso, dal momento che si tratta di una norma che
    giuridicamente non tiene. Non si può fare un concorso
    pubblico senza che alla fine vi sia una graduatoria! Voi
    state creando un sistema di reclutamento anomalo, un canale
    privilegiato di accesso all’insegnamento nella scuola italiana,
    proprio nel momento in cui, come è avvenuto quest’anno
    – il sottosegretario di Aprea lo sa bene – dalle graduatorie
    permanenti non è stato immesso in ruolo neanche un
    insegnante in tutte le altre discipline.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.1, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 320
    Votanti 319
    Astenuti 1
    Maggioranza 160
    Hanno votato sì 144
    Hanno votato no 175).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Nigra 4.6.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Nigra. Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, il mio emendamento 4.6
    chiede di sostituire, al comma 1 dell’articolo 4, la parola
    "elenco" con la parola "graduatoria".
    È evidente che non si tratta di un emendamento di
    carattere simbolico, ma di un emendamento che per noi riveste
    grande importanza. Le ragioni che ci spingono a chiedere
    questa modifica sono quelle che ha appena finito di illustrare
    l’onorevole Sasso.
    Sostanzialmente la questione è la seguente: elenco,
    di fatto, vuol dire discrezionalità, totale ed assoluta,
    mentre graduatoria vuol dire rispetto della posizione ottenuta
    da un candidato che ha concorso ad un posto di docente di
    religione cattolica, così come avviene per tutti
    gli altri docenti, cioè coloro ai quali con questo
    provvedimento si vanno ad equiparare i docenti di religione
    cattolica.
    Noi sappiamo – il tema di cui stiamo discutendo è
    stato approfondito in Commissione – che, in realtà,
    l’elenco è più coerente con il testo concordatario
    – è evidente – perché è ciò
    che oggi il concordato prevede. Sappiamo anche – lo abbiamo
    già detto durante la discussione sulle linee generali
    e qui lo ribadiamo – che il relatore, l’onorevole Taglialatela,
    ha tentato – gli va dato atto – di "migliorare"
    il più possibile le conseguenze che derivano dall’aver
    scelto la strada dell’elenco piuttosto che quella della
    graduatoria. Abbiamo già visto ieri che al comma
    7 dell’articolo 3 è stato inserito un meccanismo
    che, di fatto, rappresenta una sorta di filtro, con il quale
    il dirigente regionale scolastico in qualche modo si intromette
    – se posso usare questa espressione – nella scelta dei docenti
    che però, alla fine, secondo quanto previsto, verrà
    fatta dall’ordinario diocesano.
    In coerenza con quanto abbiamo già detto in precedenza,
    non mettiamo in discussione il fatto che l’ordinario diocesano
    possa scegliere i docenti di religione cattolica, giacché
    questo lo prevede il concordato, ma la differenza scatta
    nel momento in cui questi docenti, ai sensi del provvedimento
    di cui stiamo discutendo, diventano equiparabili e comparabili
    del tutto gli altri docenti. Allora, a nostro giudizio,
    anche su questo argomento, è necessario che questi
    docenti siano messi nelle condizioni – il che, tra l’altro,
    costituisce una garanzia anche per loro, non solo per quanto
    riguarda la facoltà dello Stato di individuarli –
    di essere inseriti in una graduatoria che dovrà essere
    rispettata, secondo l’ordine determinato dalle prove di
    esame, e dalla quale si andranno ad individuare i docenti.

    Va detto, tra l’altro – ho già avuto modo di sottolineare
    questo aspetto ieri -, che numerosi provvedimenti presentati
    anche da parlamentari della maggioranza prevedevano la graduatoria
    e non l’elenco. Questo, ovviamente, ci dà forza nel
    chiedere questa modifica. Vi sarà stata, infatti,
    una qualche ragione che ha spinto questi colleghi a chiedere
    la graduatoria, salvo successivamente acconciarsi all’elenco?
    Credo che le motivazioni che ho cercato di illustrare in
    questa sede fossero alla base anche del loro ragionamento.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Signor Presidente, anche noi voteremo a
    favore dell’emendamento presentato dai colleghi del gruppo
    dei Democratici di sinistra perché riteniamo che
    il testo sia ulteriormente migliorabile. Riconosciamo che
    valutare le prove ed i titoli nella predisposizione dell’elenco
    costringerà, in qualche modo, alla costruzione di
    una graduatoria, anche se l’esplicitare la graduatoria non
    sarebbe stato male. Abbiamo cercato di farlo anche con l’emendamento
    Duilio 3.7: vi è stato, infatti, il tentativo di
    introdurre il punteggio nella valutazione. Chiediamo di
    votare a favore dell’emendamento al nostro esame perché,
    ovviamente, rende coerente tutto l’impianto del nostro ragionamento.

    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Nigra 4.6, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 333
    Votanti 330
    Astenuti 3
    Maggioranza 166
    Hanno votato sì 144
    Hanno votato no 186).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.2, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 327
    Votanti 237
    Astenuti 90
    Maggioranza 119
    Hanno votato sì 57
    Hanno votato no 180).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.3, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 331
    Votanti 236
    Astenuti 95
    Maggioranza 119
    Hanno votato sì 18
    Hanno votato no 218).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 4.7.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Nigra. Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, anche l’emendamento al
    nostro esame affronta i temi che ho trattato fino ad ora.
    Sostanzialmente, proponiamo che, al comma 3 dell’articolo
    4 – in modo particolare in relazione ad un argomento di
    cui abbiamo già abbondantemente trattato – si modifichi
    il testo che viene proposto. La differenza sta nel fatto
    che, come abbiamo visto, possono, di fatto, trovarsi in
    condizione di mobilità due categorie di docenti di
    religione cattolica. La prima riguarda coloro ai quali viene
    revocato, dall’ordinario diocesano, sulla base del codice
    canonico e di quanto prevede l’Accordo tra Stato e Chiesa,
    l’idoneità ad insegnare religione cattolica. L’altra
    riguarda, invece, i docenti di religione cattolica che si
    trovano in una situazione di esubero legata a fatti oggettivi
    quali, ad esempio, la diminuzione della popolazione scolastica
    o la riduzione del numero di coloro che si avvalgono dell’insegnamento
    della religione cattolica, anche in questo caso, ai sensi
    del Concordato.
    Ovviamente, da questo momento, a nostro avviso, scattano
    due conseguenze tra loro completamente diverse. La prima
    riguarda coloro cui è stata revocata l’idoneità;
    a nostro giudizio, non è giusto che entrino nel meccanismo
    della mobilità. Infatti, nel momento in cui viene
    a mancare un prerequisito che è stato fondamentale
    per il reclutamento di una persona all’interno del personale
    dello Stato (ossia che la chiesa cattolica, trattandosi
    di insegnamento di religione cattolica, abbia reputato quella
    persona idonea a poter insegnare tale materia), venendo
    meno, dunque, questo rapporto fiduciario (se posso usare
    questa espressione non perfetta dal punto di vista giuridico)
    tra la persona e la chiesa, automaticamente, a nostro giudizio,
    deve venir meno la possibilità di questa persona
    di restare all’interno del sistema scolastico e statale
    nel quale è stata inserita grazie a quel prerequisito.
    L’altra conseguenza riguarda coloro che, invece, sono entrati
    in mobilità in conseguenza a fatti oggettivi, non
    dipendenti dalla loro volontà.
    Allora, noi proponiamo, sostanzialmente, che tali docenti
    confluiscano nei meccanismi di mobilità previsti
    per il pubblico impiego in generale – si tratta di una tutela
    molto forte, applicabile anche all’interno dell’ordinamento
    scolastico ove, ovviamente, vi siano le condizioni – affinché
    non si determinino disparità e non si passi, di fatto,
    da una situazione di minor tutela ad una di disparità
    nei confronti degli altri docenti.
    Si corre il rischio, infatti, che i predetti docenti scavalchino
    gli altri che sono in attesa di avere un posto stabilizzato;
    e questa, per noi, sarebbe una situazione insostenibile
    che, invece, può essere scongiurata attraverso l’approvazione
    di questo emendamento che, lo ribadisco, lascia immutato
    tutto quanto abbiamo finora discusso e, quindi, non mette
    in discussione né l’inserimento in ruolo né,
    tantomeno, la possibilità di salvaguardare questi
    docenti qualora perdano il posto di lavoro, pur distinguendo,
    nella situazione di nuova precarietà che può
    venire a determinarsi, tra coloro che, in qualche modo,
    hanno mantenuto quel rapporto con l’autorità ecclesiastica
    che ne ha consentito l’immissione in ruolo e coloro che,
    invece, tale rapporto hanno perso (per ragioni e valutazioni
    nelle quali lo Stato non può entrare, ma di segno
    diverso rispetto a quelle che hanno consentito l’ingresso
    nei ruoli del personale dello Stato).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
    a titolo personale, l’onorevole Motta, alla quale ricordo
    che dispone di un minuto. Ne ha facoltà.
    CARMEN MOTTA. Signor Presidente…
    PRESIDENTE. Pregherei i colleghi che si trovano nelle vicinanze
    dell’onorevole Motta di consentirle di parlare senza essere
    disturbata.
    CARMEN MOTTA. …a sostegno della tesi appena illustrata
    dall’onorevole Nigra, vorrei far presente che, prima di
    questo testo del Governo, una proposta presentata da un
    collega di Forza Italia, Antonio Barbieri, proponeva, praticamente,
    la stessa cosa. Ciò dovrebbe chiarire che, da parte
    nostra, non c’è alcuna volontà di non manifestare
    attenzione per la situazione di tali insegnanti. Tuttavia,
    bisogna sottolineare che, se si riconosce la revoca dell’idoneità
    quale giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro,
    lo Stato dovrebbe fare un passo affinché venga accettato
    il principio di un reclutamento specifico condizionato risolutivamente
    da un requisito esterno quale, appunto, l’idoneità.

    Se non sarà approvato questo emendamento, corriamo
    il rischio di creare situazioni di forte discriminazione
    nei confronti di tutti gli altri lavoratori che aspirano
    all’insegnamento passando attraverso le tradizionali forme
    di reclutamento. Nella scuola, da questo punto di vista,
    vi è un’alterazione delle regole.
    PRESIDENTE. Onorevole Motta…
    CARMEN MOTTA. Si rischia la formazione di un secondo canale
    di reclutamento…
    PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Motta.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo
    personale, l’onorevole Capitelli, alla quale ricordo che
    dispone di un minuto. Ne ha facoltà.
    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, sono assolutamente d’accordo
    con i colleghi. Il senso di questo emendamento è
    stato già illustrato dall’onorevole Nigra. Desidererei
    soltanto aggiungere che il mio gruppo ha prestato attenzione
    alla condizione dei lavoratori e degli insegnanti di religione
    in tutte queste proposte emendative. In caso di revoca dell’idoneità,
    prevediamo la mobilità per le caratteristiche peculiari
    di questa materia, che si intreccia fortemente con la materia
    concordataria (la quale, forse, dovrebbe essere rivista,
    unitamente al senso dell’educazione religiosa e dell’insegnamento
    della religione cattolica, ma in un diverso contesto; questo
    è un provvedimento che riguarda soltanto i lavoratori).

    L’attenzione che il mio gruppo ha riservato alla situazione
    di tutti questi lavoratori si evince chiaramente dalla proposta
    che, in caso di sospensione, l’insegnante venga mantenuto
    in servizio. È evidente, pertanto, che abbiamo pensato
    soprattutto alla tutela dei lavoratori e che non abbiamo
    voluto assentire a regole alle quali lo Stato non può
    accondiscendere.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
    a titolo personale, l’onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.

    GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, intervengo solo per
    esprimere un grande stupore davanti a come si pensa di ordinare
    per privilegi al quadrato. Prego il Governo di essere un
    po’ attento. Mi sono occupato per una vita di organico di
    fatto, di organico di diritto, per una vita ho avuto lettere
    da parte della Curia che smembrava ore e moltiplicava gli
    insegnanti, rendendo persino difficile la compilazione di
    un orario didattico. Io mi ritrovo negli argomenti dell’onorevole
    Nigra e vorrei aggiungere una cosa. Santa madre Chiesa è
    animata, come si sa, dallo spirito di carità; posso
    non ritenere idoneo un docente che poi, calpestando i diritti
    di altri docenti, resterà e continuerà a far
    nomine. Voi con questo articolo state rendendo la Curia
    un ufficio di collocamento, questa è la verità.
    Rispetto il Concordato, però qui c’è la possibilità
    che lo Stato, in maniera impropria, colpisca i diritti di
    altri docenti – attenti, vedo la sistemazione dei docenti
    laureati in lettere e filosofia sempre più difficile
    con questo meccanismo – , che diventano a carico nostro,
    e la curia ne indicherà ancora tre, quattro, sei,
    cinque, con i soliti meccanismi di spezzettamento. Questo
    è un privilegio che non va (Applausi dei deputati
    del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Cordoni 4.7, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 341
    Votanti 328
    Astenuti 13
    Maggioranza 165
    Hanno votato sì 115
    Hanno votato no 213).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Sasso 4.8.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso. Ne ha facoltà.
    La debbo informare, onorevole Sasso, che il suo gruppo ha
    terminato il tempo a disposizione, per cui lei parla a titolo
    personale per un minuto.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, questo emendamento si colloca
    lungo quella linea migliorativa che il gruppo ha voluto
    portare avanti. È un emendamento un po’ tecnico,
    quindi lei mi perdonerà se sforerò di qualche
    secondo. Vorrei far capire all’Assemblea una questione molto
    delicata. Riguarda la questione dei docenti di religione
    cattolica eventualmente in esubero.
    Con questo provvedimento sono immessi in ruolo il 70 per
    cento dei docenti rispetto ai posti disponibili. Qualcuno
    non ci ha mai spiegato, nella discussione in Commissione
    e neanche oggi in Assemblea, perché un docente in
    esubero rispetto al 70 per cento dei posti non possa rientrare
    in quel 30 per cento dei posti comunque disponibili, che
    la Curia continuerà a dare, come ha detto da ultimo
    l’onorevole Rossiello, per incarichi a tempo determinato.
    In altre parole, si continua così ad immettere in
    ruolo persone e i docenti in esubero non vanno ad occupare
    il 30 per cento dei posti per incarico a tempo determinato,
    ma sono destinati ad altre graduatorie.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Sasso 4.8, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 342
    Votanti 336
    Astenuti 6
    Maggioranza 169
    Hanno votato sì 150
    Hanno votato no 186).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Duilio 4.4. Ha
    chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Capitelli. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha un minuto
    di tempo a disposizione.
    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, francamente, non capisco
    perché si è dato parere non favorevole a questo
    emendamento, che è non solo finalizzato alla riduzione
    del danno, ma fa anche un grandissimo sforzo e dà
    una grande fiducia al Governo cui delega il compito di adottare
    con un decreto una soluzione che renda possibile la mobilità
    senza ledere diritti di altri.
    Noi siamo contrari alla mobilità in caso di revoca;
    tuttavia, la misura presentata rende onore quantomeno al
    fatto che c’è la preoccupazione per i lavoratori
    che rimarrebbero senza occupazione.
    Abbiamo già detto che la mobilità sarà
    soltanto ad alcune condizioni, ad esempio, non nel caso
    di revoca, secondo requisiti come il possesso della laurea,
    e non per corsi abbreviati, o superamento delle posizioni
    di altri docenti aventi diritto.
    Voteremo la proposta emendativa, anche se presenta una delega
    al Governo; tuttavia, non si può manifestare un forte
    apprezzamento per un tentativo di risolvere questioni che
    potrebbero gravare sui lavoratori.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
    LINO DUILIO. Signor Presidente, ritengo importante la proposta
    emendativa che ho firmato, perché raccoglie alcune
    considerazioni svolte dal rappresentante del Governo, in
    precedenza, e che avrei ringraziato per i ringraziamenti,
    sebbene ciò non possa fare velo su alcune questioni
    di sostanza, che attengono a ciò che accade dopo
    l’approvazione del provvedimento in esame nel mondo scolastico
    italiano.
    Al sottosegretario Aprea avrei detto che la levità
    con cui esprime le sue considerazioni, peraltro, non serve
    a modificare la rigidità nei riguardi di alcuni contenuti
    del provvedimento; il sottosegretario, infatti, insiste
    su una valutazione che non possiamo condividere; in particolare,
    per ciò che riguarda la mobilità, allorché
    viene a mancare il presupposto per l’insegnamento della
    religione.
    Tale questione è stata richiamata da me già
    in altro momento, quindi, non mi dilungherò. La proposta
    emendativa in esame è importante perché sostiene
    che, se un insegnante di religione non insegnerà
    più la sua materia, o perché modifica i suoi
    convincimenti, e quindi è venuto meno il presupposto
    dell’incarico dell’ordinario diocesano, o perché
    non c’è più la domanda specifica dell’insegnamento,
    lo stesso insegnante cambierà il proprio ruolo, se
    non ha i requisiti per insegnare, oppure, se li ha, come
    ad esempio l’abilitazione per un’altra materia, potrà,
    allora, insegnare, senza però ledere i diritti e
    le aspettative di altro personale, che magari gira l’Italia
    per accumulare punteggio utile al conseguimento di una cattedra.

    Mi sembra un modo surrettizio ed ingiusto per insegnare
    ad un’altra materia; e sia anche ingiusto evitare che l’insegnante,
    che conserva il suo posto di lavoro, non venga inserito
    in una graduatoria utile, che lo ponga in una condizione
    di parità agli insegnanti di altre materie; si tratta
    di un discorso di una razionalità quasi elementare,
    oltre che di giustizia sostanziale.
    Mi rivolgo ai colleghi del centro destra affinché
    facciano una riflessione sulla proposta emendativa in esame.
    Infatti, non possiamo, contro le nostre intenzioni, ghettizzare
    nei fatti gli insegnanti di religione, dopo averli inseriti
    ruolo, in quanto il rischio è di scatenare da parte
    degli insegnanti di altre materie un atteggiamento che stigmatizza
    una sorta di preferenza verso gli insegnanti di religione,
    per i percorsi diversi compiuti per giungere al posto a
    cattedra.
    Chiedo che si faccia attenzione al merito della proposta
    emendativa, che invito, dunque, a votare favorevolmente.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Mazzuca. Ne ha facoltà.
    CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, il gruppo del
    UDEUR voterà favorevolmente la proposta emendativa,
    e chiediamo all’onorevole Duilio di poterlo sottoscrivere,
    per la misura e l’intelligenza delle proposte risolutive
    presentate, che non vanno assolutamente contro il senso
    e la ratio della provvedimento in esame, atteso da molto
    tempo, che al termine voteremo.
    Nella proposta emendativa in esame c’è un’attenzione
    dal punto di vista legislativo, istituzionale, e nei rapporti
    di lavoro pubblico, una sorta di equilibrio in rapporto
    ad altre figure di precariato, ed anche, soprattutto, di
    altre insegnanti.
    Noi ci auguriamo vivamente che il parere espresso dal Governo
    possa modificarsi ad una lettura più attenta, proprio
    perché questo emendamento propone una soluzione positiva
    e congruente con l’orientamento che dovrebbe caratterizzare
    il mondo delle carriere scolastiche, un orientamento, cioè,
    che premi il merito, nonché la presenza e la competenza
    negli insegnamenti, anche per una questione di rispetto
    nei confronti degli studenti. Di tale fatto, purtroppo,
    spesso ci si dimentica: dovremmo invece ricordarci – ma
    mi sembra che il Governo non lo faccia, dato che ha previsto,
    in un senso quasi automatizzato, il passaggio dall’insegnamento
    della religione ad altro insegnamento – che l’oggetto della
    scuola, l’oggetto, il fine dei moltissimi miliardi stanziati
    – tantissimi, ma sempre pochi rispetto al grande lavoro
    svolto dagli insegnanti – nonché il nostro dovere
    quale legislatore sia quello di fornire il miglior insegnamento
    possibile ad ogni ragazzo. Ebbene, questo migliore insegnamento
    dipende dal tipo di insegnante che lo impartirà.
    Dobbiamo quindi cautelarci rispetto a questo nostro dovere,
    dovere che il presente emendamento mi sembra rispetti in
    pieno, attraverso una forma, lo ripeto, equilibrata, intelligente
    e coerente con quella che dovrebbe essere un’impostazione
    generale. Mi sembra che il Governo, volendo far meglio degli
    altri, nel senso di voler sanare una situazione per troppo
    tempo rimasta insoluta, intenda invece operare con non molto
    equilibrio.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Grignaffini, alla quale ricordo che ha un minuto
    di tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.
    GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, intervengo solo
    per sottolineare come il modo con il quale il Governo ed
    il relatore continuano ad esprimere un parere contrario
    su questi emendamenti "collettivi", presentati
    anche dai colleghi della Margherita oltre che dai deputati
    del nostro gruppo, dimostri come non ci si trovi di fronte
    ad un provvedimento per "sistemare" i diritti
    dei docenti di religione e neppure di fronte al tema del
    rispetto delle norme concordatarie, che tutti stiamo rispettando.
    In questo caso si sta compiendo un’altra operazione, più
    subdola e che va denunciata: si tratta dell’istituzione
    di un canale di reclutamento parallelo sottratto ad ogni
    regola e ad ogni norma che definisce le procedure per l’assunzione
    nella pubblica amministrazione! Si tratta, soprattutto (lo
    voglio ribadire con forza), dell’istituzione di una sorta
    di forma di reclutamento ispirata al principio di una docenza
    etica!
    In Assemblea abbiamo già sentito parlare di fisco
    etico: in questo modo, ledendo i diritti di lavoratori che
    hanno seguito il normale iter previsto per tutti i concorsi
    pubblici, si definiscono norme arbitrarie che hanno l’imprimatur
    della cultura e della regione cattolica. È un’operazione
    che va denunciata e contrastata (Applausi dei deputati del
    gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)!
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Duilio 4.4, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 348
    Votanti 344
    Astenuti 4
    Maggioranza 173
    Hanno votato sì 156
    Hanno votato no 188).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Gasperoni 4.9.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Motta, alla quale ricordo che ha un minuto di tempo a sua
    disposizione. Ne ha facoltà.
    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, dato che il nostro gruppo
    ha esaurito i tempi a sua disposizione mi limiterò
    per ora a svolgere solo alcune considerazioni e chiedo alla

    Presidenza l’autorizzazione alla pubblicazione in calce
    al resoconto stenografico della seduta odierna delle considerazioni
    integrative alla mia dichiarazione di voto.
    PRESIDENTE. La Presidenza l’autorizza sulla base dei consueti
    criteri. Prego, onorevole Motta, prosegua il suo intervento.

    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, questo emendamento è
    teso a mantenere almeno una soglia significativa di requisiti
    nel caso della mobilità professionale. Intendiamo
    cioè prevedere che la mobilità verso altro
    insegnamento sia consentita solo dopo cinque anni di effettivo
    insegnamento dall’assunzione in ruolo e che i posti resisi
    così vacanti non concorrano a determinare le dotazioni
    organiche di cui all’articolo 2 della presente legge.
    Per quale motivo vi è questa necessità di
    requisiti? Perché anche l’assenza di questi elementi
    minimi configurerebbe l’insegnamento della religione come
    un nuovo modo di passaggio artificioso ad altro insegnamento,
    una sorta di copertura per una finalità surrettizia.
    Pertanto, come già hanno affermato altri colleghi,
    vi sarebbe la formazione di un secondo canale di reclutamento.
    Credo che ciò non lo vogliano nemmeno gli insegnanti
    di religione.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Gasperoni 4.9, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 349
    Votanti 339
    Astenuti 10
    Maggioranza 170
    Hanno votato sì 152
    Hanno votato no 187).
    Avverto che l’emendamento Capitelli 4.10 è precluso,
    perché sono stati respinti gli emendamenti riferiti
    al terzo comma dell’articolo 4 e, pertanto, si è
    consolidata una determinata situazione; questo emendamento,
    quindi, metterebbe in discussione una decisione precedentemente
    assunta dal Parlamento.
    Passiamo alla votazione dell’articolo 4.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
    CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, intervengo
    solo per dire che esprimeremo un voto contrario sull’articolo
    4 per l’insensibilità mostrata dal Governo, che non
    ha tenuto in considerazione la proposta contenuta nel precedente
    emendamento dell’onorevole Duilio da noi sottoscritto e
    sul quale è stato espresso un parere contrario. Questo
    mi sembra un fatto molto grave. Al di fuori di quest’aula
    si dice che vi è un muro contro muro. Tuttavia, bisogna
    anche considerare chi erge questo muro: in tal caso mi sembra
    che il muro lo abbia tirato su il Governo e vorrei che ciò
    rimanga agli atti, affinché tutto il mondo della
    scuola sappia chi (come noi e come la minoranza che ha sottoscritto
    i precedenti emendamenti) aveva ed ha volontà di
    giungere ad una soluzione equa, che non sia punitiva verso
    altre categorie, pur essendo a favore della regolarizzazione
    e dell’inserimento degli insegnanti di religione all’interno
    dell’ordinamento scolastico.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 4.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 353
    Votanti 309
    Astenuti 44
    Maggioranza 155
    Hanno votato sì 192
    Hanno votato no 117).
    (Esame dell’articolo 5 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo dunque all’esame dell’articolo 5 e
    delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
    A – A.C. 2480 sezione 2).
    Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
    il parere della Commissione.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione
    esprime parere contrario su tutte le proposte emendative
    riferite all’articolo 5.
    PRESIDENTE. Il Governo?
    STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
    Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti
    Alfonso Gianni 5.1 e Grignaffini 5.7.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Capitelli. Ne ha facoltà.
    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, riteniamo inaccettabile
    la logica complessiva di questo articolo, che poi è
    la logica dell’intero provvedimento. Tra le tante incongruenze
    (sono considerazioni che abbiamo già espresso ma
    che si ripropongono), ci chiediamo perché si dica
    di no ad un primo concorso serio, perché si dica
    di no all’inserimento delle scienze umane, filosofiche e
    sociali nel primo concorso e poi in quelli a regime, quando
    poi nella logica del provvedimento come voluto dalla maggioranza
    e dal Governo vi è la possibilità di transitare
    ad altri insegnamenti, perché si dica di no alle
    graduatorie e si prevedano elenchi, perché si dica
    di no al sistema delle graduatorie che tutelerebbe anche
    gli ordinari diocesani da qualsiasi forma di discriminazione
    e di discrezionalità, perché si dica di no
    a criteri seri di merito. Il criterio serio di merito è
    totalmente disatteso ed è l’unico in base al quale
    si deve poter entrare nella scuola.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni 5.1
    e Grignaffini 5.7, non accettati dalla Commissione né
    dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso
    parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 356
    Votanti 343
    Astenuti 13
    Maggioranza 172
    Hanno votato sì 113
    Hanno votato no 230).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Rodeghiero 5.6.

    FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, vorrei ritirare il
    mio emendamento…
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Motta.
    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, vorremmo sottoscrivere
    l’emendamento del collega Rodeghiero, perché il contenuto
    ci sembra condivisibile: più il personale è
    qualificato e più il ruolo assume carattere culturale
    piuttosto che confessionale.
    Infatti, abbiamo proposto nei nostri emendamenti per il
    primo concorso il mantenimento della prova di cultura generale
    e di conoscenza dell’ordinamento scolastico e, quando il
    provvedimento sarà completamente a regime, anche
    la laurea. Dunque, l’emendamento che va nella direzione
    di consolidare la qualificazione del personale ci sembra
    assolutamente condivisibile ed annuncio il voto favorevole
    del nostro gruppo.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
    GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per annunciare
    il mio voto contrario a questo emendamento che mi sembra
    vada nella direzione non di mettere paletti alla qualificazione
    di tali insegnanti, ma abbia soltanto un obiettivo punitivo.
    Oggettivamente, pensare ad una norma transitoria per docenti
    che abbiano prestato dieci anni di servizio continuativo
    nel sistema scolastico mi sembra una provocazione. L’idea
    chiara ed esplicita che vi è dietro questo emendamento
    è quella di un atteggiamento punitivo e contrario
    ai suddetti insegnanti. Mi meraviglio che venga dalla Lega
    che sostiene il provvedimento, ma ne prendiamo atto.
    FLAVIO RODEGHIERO. Chiedo di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, avevo già chiesto
    di parlare ma, purtroppo, non mi ha visto. Ritiro il mio
    emendamento 5.6.
    RENZO INNOCENTI. Lo faccio mio a nome del gruppo dei Democratici
    di sinistra.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento 5.6 ritirato dall’onorevole
    Rodeghiero e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di
    sinistra-l’Ulivo, non accettato dalla Commissione né
    dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 357
    Votanti 346
    Astenuti 11
    Maggioranza 174
    Hanno votato sì 107
    Hanno votato no 239).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Innocenti 5.8.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso alla quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
    Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, con l’emendamento in esame
    riproponiamo la questione riguardante il fatto che sotto
    la specie del concorso, in realtà, si sta proponendo
    un’ope legis. Come abbiamo già detto si entra nei
    ruoli dello Stato senza laurea, non ci sono graduatorie
    e su questo – ripeto – vi è stata una chiusura nella
    Commissione nell’accettare i nostri emendamenti. L’assenza
    di graduatorie vuol dire che l’autorità diocesana
    continua a decidere ma, oggi, chi entra nei ruoli dello
    Stato.
    PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sasso.
    Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Innocenti 5.8, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 358
    Votanti 350
    Astenuti 8
    Maggioranza 176
    Hanno votato sì 155
    Hanno votato no 195).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Trupia 5.9.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso alla quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
    Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, continuo il discorso che
    stavo facendo prima. L’ultima ciliegina di questo concorso,
    che in realtà non è un concorso, riguarda
    le prove che vengono proposte. Praticamente, il programma
    d’esame per questi docenti, a differenza di tutti gli altri
    che si sottopongono a prove di concorso, non prevede quasi
    nulla. Infatti, prevede una conoscenza dell’ordinamento
    scolastico ed orientamenti relativi agli ordini e gradi
    di scuola ai quali si riferisce il concorso. Proponiamo
    che almeno questo concorso abbia un’aria di serietà
    e che si accerti durante l’esame la cultura posseduta dal
    candidato nel campo delle scienze sociali, filosofiche e
    storiche visto che di ciò si è parlato molto
    anche in quest’aula.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Trupia 5.9, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 349
    Votanti 344
    Astenuti 5
    Maggioranza 173
    Hanno votato sì 155
    Hanno votato no 189).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Guerzoni 5.10.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Nigra al quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
    Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. L’emendamento in esame chiede che i docenti
    di religione cattolica debbano superare, per poter accedere
    al ruolo, le prove che devono superare i docenti di altre
    materie. In modo particolare, mi riferisco ad una prova
    scritta ed orale volta all’accertamento della conoscenza
    della legislazione e dell’ordinamento scolastici, degli
    orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi di
    scuola ai quali si riferisce il concorso. Non ci sembra
    di chiedere nulla di straordinario e non si capisce perché
    docenti che diventano equiparabili agli altri per ogni aspetto
    della loro vita all’interno del mondo scolastico debbano
    essere esclusi da ciò che si richiede agli altri
    docenti. Francamente, questo ci pare un accanimento del
    Governo nel non voler accogliere alcun emendamento, neanche
    quelli che hanno un valore decisamente migliorativo.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Guerzoni 5.10, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 358
    Votanti 353
    Astenuti 5
    Maggioranza 177
    Hanno votato sì 161
    Hanno votato no 192).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Lumia 5.2.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Annunciamo la nostra volontà di sottoscrivere
    questo emendamento, in quanto attraverso di esso si rende
    ulteriormente serio il percorso che porta al concorso per
    titoli ed esami. Questo emendamento, che prevede infatti
    la possibilità di un corso di approfondimento di
    60 ore avente ad oggetto le materie di esame, rappresenta
    l’ulteriore riprova della nostra volontà affinché
    questo sia un percorso assolutamente severo e che garantisca
    dal punto di vista del diritto non solo gli insegnanti,
    ma anche ovviamente gli alunni.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
    CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Anche noi chiediamo di sottoscrivere
    questo emendamento, per gli stessi motivi appena esposti
    dal collega Delbono, cioè per questo obbligo di serietà
    relativamente al percorso da effettuare. Peraltro, pensando
    che nella scuola si fanno migliaia di corsi finalizzati
    ad approfondimenti e ad aggiornamenti, non si vede perché
    in questo caso – che è così particolare proprio
    per le norme sulla mobilità, precedentemente votate
    – lo Stato non ritenga opportuno rassicurarsi in tal senso,
    attraverso la frequenza ad un corso (peraltro abbastanza
    limitato di 60 ore), che mi sembra utile e congruo, con
    riferimento a tutto l’impianto che il Governo ha voluto
    conferire a questo provvedimento.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Gambale, al quale ricordo che ha un minuto di
    tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
    GIUSEPPE GAMBALE. Vorrei aggiungere anche la mia firma su
    questo emendamento e al tempo stesso vorrei chiedere al
    Governo le motivazioni del parere contrario espresso su
    di esso. Vorrei sapere se si tratta solo di motivi economici,
    perché in tal caso si potrebbe in qualche maniera
    trovare una soluzione. Non si comprende infatti, da un punto
    di vista oggettivo, la contrarietà del Governo nei
    confronti di un corso di formazione per questi docenti.

    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Lumia 5.2, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
    (Bilancio) ha espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 363
    Votanti 359
    Astenuti 4
    Maggioranza 180
    Hanno votato sì 164
    Hanno votato no 195).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Delbono 5.11.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Questo è un emendamento che in realtà
    vuole esplicitare un qualcosa che ci auguriamo sia implicito:
    cioè che si attinge a questo famoso elenco ordinato
    (o elenco sottoposto al vaglio dei titoli e degli esami)
    non solo per la quota di dotazioni organiche del 70 per
    cento, ma anche per la restante parte dei posti in organico
    che rimangono scoperti. È infatti evidente che un
    concorso poi produce una sostanziale graduatoria, alla quale
    si attinge sia per i contratti a tempo indeterminato, sia
    ovviamente per quelli a tempo determinato.
    Mi auguro quindi che anche i colleghi della maggioranza
    comprendano il senso dell’emendamento e che pertanto esso
    possa essere approvato dall’Assemblea.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Delbono 5.11, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 363
    Votanti 360
    Astenuti 3
    Maggioranza 181
    Hanno votato sì 161
    Hanno votato no 199).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Lumia 5.3, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 367
    Votanti 363
    Astenuti 4
    Maggioranza 182
    Hanno votato sì 164
    Hanno votato no 199).
    Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
    ad esprimere il proprio voto.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Lumia 5.4, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 365
    Votanti 356
    Astenuti 9
    Maggioranza 179
    Hanno votato sì 159
    Hanno votato no 197).
    Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
    ad esprimere il proprio voto.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Lumia 5.5, non accettato dalla
    Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
    (Bilancio) ha espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 356
    Votanti 279
    Astenuti 77
    Maggioranza 140
    Hanno votato sì 86
    Hanno votato no 193).
    Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
    ad esprimere il proprio voto.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 5.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 373
    Votanti 359
    Astenuti 14
    Maggioranza 180
    Hanno votato sì 239
    Hanno votato no 120).
    Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
    ad esprimere il proprio voto.

    (Esame dell’articolo 6 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 6 e delle proposte
    emendative ad esso presentate (vedi l’allegato A – A.C.
    2480 sezione 3).
    Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
    il parere della Commissione.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. La Commissione esprime
    parere contrario sull’emendamento Martella 6.1, mentre esprime
    parere favorevole sull’emendamento 6.2 della Commissione
    medesima.
    PRESIDENTE. Il Governo?
    STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Il Governo concorda con
    il parere espresso dal relatore.
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Martella
    6.1.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Motta. Ne ha facoltà.
    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, la nostra proposta soppressiva
    è determinata dal fatto che, ovviamente, non abbiamo
    condiviso il provvedimento.
    Tuttavia, per quanto concerne la copertura, vorrei svolgere
    una precisazione. Il triennio 2002-2004 prevedeva i fondi
    così suddivisi: nel 2002, le risorse impegnate per
    la fase concorsuale e, nell’altro biennio, le risorse impegnate
    per l’immissione in ruolo degli insegnanti.
    Risulta che – e su ciò vorrei essere smentita dal
    Governo -, con il decreto-legge n. 212, recentemente convertito
    in legge, la tabella A abbia praticamente prosciugato i
    fondi previsti per la fase concorsuale, con i quali sarebbe
    finanziato questo provvedimento.
    Occorre, dunque, ricevere una risposta, in quanto credo
    debbano essere rimodulate le pluriannalità: Inoltre,
    se questo provvedimento dovesse essere approvato entro l’anno,
    vorremmo conoscere in base a quale norma saranno rintracciate
    le risorse previste che, a quanto sembra, non esistono più.

    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Martella 6.1, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V
    Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 360
    Votanti 352
    Astenuti 8
    Maggioranza 177
    Hanno votato sì 75
    Hanno votato no 277).
    Prendo atto che l’onorevole Nigra ha erroneamente espresso
    un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno
    favorevole.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento 6.2 della Commissione, accettato
    dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 360
    Votanti 222
    Astenuti 138
    Maggioranza 112
    Hanno votato sì 206
    Hanno votato no 16).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 6, nel testo emendato.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 360
    Votanti 348
    Astenuti 12
    Maggioranza 175
    Hanno votato sì 224
    Hanno votato no 124).
    (Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso
    del provvedimento.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svolgerò
    poche considerazione in quanto ritengo che, sulle questioni
    di fondo, ogni gruppo – e, in particolare, il gruppo della
    Margherita – abbia avuto modo di esprimere approfonditamente
    il proprio giudizio.
    Il provvedimento sullo stato giuridico degli insegnanti
    di religione, finalmente, procede verso un traguardo conclusivo
    e, a nostro parere, anche positivo. Come è stato
    ricordato, sono passati ben 17 anni da quando la legge n.
    121 del 1985, di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra
    lo Stato e la Chiesa cattolica 1984, è entrata in
    vigore.
    Questa legge, proprio all’articolo 9, sancendo il valore
    della cultura religiosa e riconoscendo i principi del cattolicesimo
    come parte integrante del patrimonio storico del popolo
    italiano, affermava e ribadiva l’impegno della Repubblica
    italiana ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica
    nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Nella stessa
    premessa all’Intesa del 1985, lo Stato si assumeva un ulteriore
    impegno, vale a dire quello di dare una nuova disciplina
    dello stato giuridico degli insegnanti di religione; e questo
    è esattamente ciò che si sta facendo attraverso
    questo provvedimento.
    Ebbene, tutti questi anni non sono trascorsi inutilmente.
    Come è stato dimostrato anche dal dibattito svoltosi
    in aula, oggi le opposizioni ideologiche a questo passaggio
    legislativo si sono fortemente allentate, tanto da far registrare
    un’ampia disponibilità tra le forze politiche di
    maggioranza e di opposizione, in modo tale da approvare
    rapidamente questo provvedimento, e tanto da fare esprimere
    un sostanziale via libera anche dalla gran parte delle organizzazioni
    sindacali. Abbiamo avuto modo di ascoltarle e, seppure con
    qualche rilievo, dalla CISL, alla UIL allo SNALS, è
    stato espresso un giudizio sostanzialmente positivo. La
    Camera dei deputati si appresta, quindi, a licenziare un
    testo ampiamente condiviso, frutto di ben otto proposte
    di legge di iniziativa parlamentare, a cui si è aggiunto
    in conclusione lo stesso disegno di legge del Governo. Il
    testo originale è stato, poi, migliorato in Commissione
    grazie ad emendamenti presentati anche dall’opposizione.

    Ma cosa è mutato in questi ultimi anni, tanto da
    far maturare questa decisione, così osteggiata sino
    a qualche anno fa? Innanzitutto, si è diffusa la
    completa consapevolezza che gli insegnanti di religione
    sono pienamente inseriti nel quadro della finalità
    della scuola, come previsto dalla legge 25 marzo 1985, n.
    121; ciò ha comportato un’evoluzione contrattuale
    positiva che ha sostanzialmente costruito una rete pressoché
    equiparata di diritti e di doveri degli insegnanti di religione
    rispetto al resto del personale docente. A ciò si
    sono aggiunti alcuni elementi, già richiamati da
    altri colleghi. Tra questi, vorrei citare l’espandersi della
    componente cosiddetta laica all’interno del corpo docente
    degli insegnanti di religione: oggi l’80,5 per cento del
    totale è rappresentato da insegnati laici e soltanto
    il 19,5 da quelli religiosi. Inoltre, vi è un altro
    elemento positivo: la stabilizzazione della posizione. Attualmente,
    l’impegno superiore alle 18 ore settimanali interessa il
    63,8 per cento degli insegnanti di religione, rispetto al
    23,7 per cento registrato nell’anno scolastico 1993-1994.
    Nella scuola media superiore, addirittura, gli insegnanti
    di religione a tempo pieno sono passati dal 29,3 per cento
    al 71 per cento. Tutto ciò ha prodotto una spinta
    alla stabilità ed alla migliore professionalità
    che hanno bisogno di essere sancite da un quadro legislativo
    certo, ovvero da una piena immissione in ruolo dei docenti
    di religione.
    Inoltre, vi è da aggiungere che, nell’anno scolastico
    2001-2002, la scelta dell’ora di religione si è assestata
    addirittura al 93,2 per cento, dimostrandosi in tal modo
    che la quasi totalità degli alunni e delle loro famiglie
    è ancora perfettamente in sintonia con le indicazioni
    dell’accordo del 1984, richiamato dalla legge n. 121 del
    1985.
    Passando al testo di legge che sta per essere licenziato,
    esso prevede – e su questo siamo totalmente d’accordo –
    l’entrata in ruolo tramite il superamento di un concorso
    per titoli e per esami, da tenersi triennalmente a livello
    regionale. Si tratta degli stessi titoli oggi richiesti
    sulla base del decreto del Presidente della Repubblica 16
    dicembre 1985, n. 751. Lo stesso primo esame sarà
    riservato, invece, agli insegnanti di religione che abbiano
    coperto tale ruolo per almeno quattro anni consecutivi negli
    ultimi dieci anni. Abbiamo, quindi, voluto rendere rigorosa
    e severa la legge anche con emendamenti proposti dal gruppo
    cui appartengo. Inoltre, è chiaro che ciò
    non implica in alcun modo un disconoscimento del ruolo che
    l’ordinario diocesano, inevitabilmente, continua a mantenere
    in merito alle idoneità, come prevede l’intesa tra
    lo Stato e la Chiesa.
    Il punto su cui, invece, abbiamo tentato di modificare il
    testo originario, riuscendovi solo in parte, è relativo
    al cosiddetto elenco. È vero che nel predisporre
    l’elenco si farà riferimento a titoli, ad esami e
    alle prove stesse; tuttavia, avremmo preferito che l’espressione
    "graduatoria" trovasse pienamente il suo riconoscimento
    nel dettato legislativo. Si è anche detto che la
    legge n. 121 del 1985 e questo stesso provvedimento possono
    apparire incostituzionali. Come ho già avuto modo
    di dire, riteniamo che i rilievi di incostituzionalità
    siano del tutto infondati. Lo ha già sostenuto la
    Corte costituzionale in ben due sentenze, la più
    importante delle quali, la n. 203 del 1989, ha dichiarato
    che l’insegnamento della – e non "sulla", come
    specificato recentemente dal vescovo Nicora – religione
    cattolica non collide affatto con il principio di laicità,
    perché impartito sulla scorta di due ordini di valutazioni,
    ovvero del valore formativo della cultura religiosa e dell’acquisizione
    dei principi del cattolicesimo al patrimonio storico del
    popolo italiano.
    Abbiamo anche affrontato il tema scottante della mobilità
    professionale. Ci auguriamo che il testo, così com’è
    scritto – ovvero, che riguardo agli insegnanti di religione
    cattolica si applicano in materia di mobilità professionale
    le disposizioni vigenti nel comparto del personale della
    scuola -, non implichi in nessun modo la violazione del
    principio di eguaglianza e di equità nei confronti
    degli altri docenti precari o di quelli che dovessero perdere
    la stabilità del posto di lavoro. Questo non lo vogliamo
    e credo che il Governo vigilerà perché questo
    non avvenga.
    Avviandomi alla conclusione di alcune considerazioni politiche,
    si è trattato di un provvedimento che non ha in nessun
    modo voluto affrontare il tema dell’insegnamento della religione
    cattolica ma, appunto, come si è ben detto, definitivamente
    quello della immissione in ruolo degli insegnanti di religione.
    Ci spiace che il centrosinistra e l’Ulivo abbiano segnato
    una divaricazione, non drammatica per la verità,
    ma comunque una divaricazione, perché noi ritenevamo
    che un segno di coerenza sarebbe stato quello, almeno sul
    tema dell’immissione in ruolo, di mantenere la posizione
    già assunta nel corso della passata legislatura grazie
    al disegno di legge Berlinguer-De Mauro. Quindi, noi non
    vogliamo in nessun modo ideologizzare questa materia e crediamo
    che sia stata una scelta di natura prettamente giuslavoristica
    e una scelta di equità e di giustizia. Perciò
    noi voteremo a favore di questo disegno di legge, non essendo,
    tuttavia, pienamente soddisfatti rispetto al testo; in ogni
    caso, voteremo a favore perché abbiamo cercato e
    voluto anche ulteriori correzioni e miglioramenti ed alcune
    le abbiamo ottenute. Votiamo a favore, ovviamente, perché
    l’oggetto di questo provvedimento è quello di sanare
    una condizione di precarietà e anche di iniquità
    di molti lavoratori, che nel mondo della scuola ormai sono
    pienamente inseriti. Per questa ragione, lo ripeto, il gruppo
    della Margherita, DL-l’Ulivo, senza enfasi, ha lavorato
    con serietà, con equilibrio e con misura perché
    questa vicenda, che ormai durava da 17 anni, finalmente
    arrivasse a conclusione e ci arrivasse senza fratture ideologiche,
    che noi invece consegniamo, assolutamente, al nostro passato
    (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo).

    PRESIDENTE. Colleghi, vorrei rivolgere un saluto ai ragazzi
    e degli insegnanti della IV classe, sezione B, dell’Istituto
    tecnico industriale statale di Brindisi che sono presenti
    in aula (Applausi).
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    La Malfa, al quale ricordo che ha 5 minuti a disposizione.
    Ne ha facoltà.
    GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sulla materia conviene
    sgombrare immediatamente il campo da un accenno che c’è
    stato in molti interventi della maggioranza, di questa vasta
    maggioranza. Quello di cui si sta discutendo nel dibattito
    di questo disegno di legge non riguarda i rapporti fra lo
    Stato e la Chiesa nel nostro paese, che sono regolati da
    un Concordato e da un’intesa, né tantomeno il rispetto
    nei confronti della religione cattolica, parte o non parte
    del patrimonio storico del nostro paese, questioni che non
    riguardano la legislazione che stiamo esaminando. Quello
    che è in questione in questo disegno di legge, che
    questo disegno di legge affronta in un modo – che mi permetto
    di considerare – negativo e foriero di conseguenze negative
    per il futuro, è il rispetto dello Stato italiano
    e delle sue leggi, della Carta costituzionale e della condizione
    di parità dei cittadini di fronte alla legge. Questo
    disegno di legge punta ad immettere nei ruoli dello Stato
    degli insegnanti di una materia facoltativa, la religione
    cattolica, e punta a lasciare nei ruoli dello Stato questi
    insegnanti selezionati in un modo che non ha nulla a che
    fare con la selezione del corpo degli insegnanti della scuola
    italiana, anche quando siano venute meno le ragione della
    loro assunzione, ciò che può avvenire in due
    circostanze: se l’ordinario diocesano decida che essi non
    sono più indicati per l’insegnamento della religione
    cattolica oppure se la richiesta sia inferiore, perché,
    per esempio, i ragazzi, di quella scuola o di quell’area
    non fanno più domanda di insegnamento della religione
    cattolica.
    In quel momento lo Stato si troverebbe all’interno del suo
    organico dei docenti che non hanno più la funzione
    per la quale essi sono stati reclutati, da allora in poi
    se ne dovrebbe fare carico lo Stato creando una condizione
    di disparità nei confronti degli altri suoi dipendenti
    che hanno seguito una trafila diversa per la loro immissione
    in ruolo. Onorevoli colleghi della maggioranza, immaginate
    la circostanza in cui l’ordinario diocesano accerti che
    l’insegnante di religione ha perso il titolo all’insegnamento
    perché magari abbia sviluppato una concezione immorale
    o abbia seguito dei comportamenti eticamente inaccettabili,
    da quel momento per la Chiesa cattolica quell’insegnante
    non è più in grado di insegnare, mentre per
    lo Stato diventa un dipendente pubblico, un deputato della
    Margherita ci ha fatto presente come naturalmente non potremmo
    mandarlo ad insegnare dovendolo piuttosto collocare in una
    biblioteca. Attraverso questa normativa può capitare
    che lo Stato assuma nei suoi ruoli, come impiegati o insegnanti,
    persone che la stessa autorità diocesana con delle
    buone ragioni, che lo Stato potrebbe anche condividere,
    non consideri più adatti all’insegnamento. Può
    resistere una condizione di tal genere? Il Governo è
    assente e distratto riguardo a questi problemi. Può
    lo Stato italiano assumere una condizione per cui si entra
    nell’organico dello Stato anche qualora vengano meno le
    ragioni per le quali provvisoriamente se ne faceva parte?
    Onorevoli colleghi credo che su questa materia vi sia anche
    una questione di costituzionalità, comunque vi è
    una vi è una questione di principio che va affrontata
    seriamente. La questione dei rapporti fra Stato e Chiesa
    in questa materia non entrano, come del resto ha affermato
    uno dei sostenitori del provvedimento, ma se tale questione
    non rientra nel provvedimento, ben entrano le questioni
    di una ordinata sistemazione del funzionamento dello Stato
    sulle quali non si può transigere. Per tale motivo
    voterò contro questo provvedimento mentre i miei
    colleghi del Nuovo Psi si asterranno, anche perché
    lo considero un grave errore della maggioranza.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Emerenzio Barbieri.
    EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    con il provvedimento che ci accingiamo oggi ad approvare
    termina dopo una lunga attesa il precariato degli insegnanti
    di religione cattolica, un ruolo che sin dal Concordato
    del 1929 è stato considerato diverso dai loro stessi
    colleghi, comportando un diverso trattamento giuridico,
    previdenziale e di carriere. Il disegno di legge in esame
    giunge in Assemblea, lo ricordava prima il collega Delbono,
    dopo ben 17 anni, da quando cioè con l’intesa del
    1985 si era espresso l’intento da parte dello Stato di addivenire
    alla definizione di un nuovo stato giuridico per gli insegnanti
    di religione. Tale riconoscimento prescinde da qualsiasi
    considerazione e diatriba ideologica in quanto oggi i docenti
    sono per almeno l’ottanta per cento laici, spesso con famiglie
    a carico, essi sono dei lavoratori che svolgono la loro
    professione al servizio degli studenti. Per ragioni di eguaglianza
    riteniamo che a parità di doveri debba corrispondere
    parità di diritti. Con il tempo sono svanite, pertanto,
    certe affermazioni circa il carattere clericale dell’ora
    di religione. Esse potevano essere vero finché l’affidamento
    dell’ora di religione era assegnata esclusivamente a docenti
    religiosi, ma già con il Concilio Vaticano II e con
    l’avvio del processo di secolarizzazione la Chiesa ha iniziato
    ad introdurre nella scuola docenti di religione laici che,
    oltre al catechismo, cercavano di far giungere alle giovani
    generazioni il messaggio etico e culturale della religione
    cattolica, fino a quando, con la revisione concordataria
    del 1985, questo processo ha avuto il suo riconoscimento
    formale.
    Sino ad oggi eravamo in presenza di un ruolo ibrido: gli
    insegnanti di religione cattolica venivano retribuiti dallo
    Stato italiano, ma il titolo accademico necessario per la
    docenza doveva essere conferito da facoltà, approvate
    dalla Santa Sede, oppure da istituti italiani, purché
    accompagnato dal diploma in scienze religiose, riconosciuto
    dalla conferenza episcopale italiana. Era prevista poi la
    revocabilità in qualsiasi momento ed a giudizio insindacabile
    dell’autorità diocesana dell’incarico di docenza.

    La nuova disciplina prevede non più l’attribuzione
    subordinata al placet dell’ordinario diocesano competente
    per territorio e del dirigente scolastico, ma l’accesso
    al ruolo, previo superamento di concorsi per titoli ed esami.
    Si tratta, quindi, di un provvedimento di assoluta novità
    per collocare in ruolo tali docenti, ad esclusione dell’esperienza
    delle province autonome di Trento e di Bolzano.
    Si tratta di un buon testo e dobbiamo riconoscere che su
    tale argomento, sin dalla scorsa legislatura, anche da parte
    delle forze che oggi sono opposizione, non vi fu un atteggiamento
    pregiudizialmente contrario. Sto parlando di un provvedimento
    che interessa circa 10 mila docenti ad orario pieno nella
    scuola secondaria e circa 3 mila nella scuola elementare
    e materna che potrebbero ottenere l’immissione in ruolo
    già dal prossimo anno, se in possesso di un’anzianità
    di servizio di almeno quattro anni.
    Si tratta di un mondo che, dopo anni di attesa, amarezze
    e disillusioni, stava invecchiando in uno Stato di precariato
    inaccettabile. Oggi, con questo provvedimento, diamo una
    risposta definitiva a queste attese e per tali motivi preannuncio
    il voto favorevole del gruppo dell’UDC della Camera dei
    deputati (Applausi dei deputati del gruppo dell’UDC (CCD-CDU)).

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
    ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, con il disegno di legge
    che ci accingiamo a votare si altera il punto di equilibrio
    raggiunto tra Stato e Chiesa con il nuovo Concordato, promosso
    e firmato dall’allora Presidente del Consiglio, Bettino
    Craxi.
    La questione, allora, non fu affatto facile da affrontare
    e da risolvere. L’insegnamento nelle scuole era nato dalla
    proclamazione del cattolicesimo come religione di Stato.
    Una volta che la stessa Chiesa si apprestava a riconoscere
    che il cattolicesimo non era più religione di Stato,
    veniva a cadere il presupposto che sosteneva l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche, gestito
    dalle diocesi e pagato dallo Stato.
    La contraddizione, onorevoli colleghi, era ben presente
    all’onorevole Craxi che si considerava seguace di Garibaldi
    ed interprete delle sue idee laiche e socialiste. Bisognava,
    tuttavia, trovare un compromesso che evitasse nuovi ed anacronistici
    conflitti di cui l’Italia non aveva, ieri, bisogno (neppure
    oggi ne ha bisogno).
    L’architrave del nuovo Concordato e dei protocolli annessi
    fu il carattere facoltativo dell’insegnamento di religione.
    Non era la soluzione migliore che si potesse ottenere, ma
    l’unica soluzione possibile per chi, come i socialisti,
    è laico, ma non ama le guerre di religione. La sostanza
    dell’accordo era semplice, come spesso capita a chi vuole
    trovare una soluzione ad un problema complesso.
    La Chiesa, proponendo e revocando gli insegnanti di religione,
    offriva un servizio di tipo facoltativo il cui costo ricadeva
    sullo Stato. I critici di quell’accordo dissero che era
    una soluzione gattopardesca e che in realtà non cambiava
    nulla. Con la modifica che oggi voi proponete, – mi riferisco
    in modo particolare alla maggioranza di centrodestra -,
    dimostrate proprio voi che non era così.
    Il nuovo concordato fece fare un passo in avanti assai importante
    sul piano dei principi. Oggi voi ci fate fare un passo indietro.
    Sotto le spoglie di un intervento che dovrebbe servire soltanto
    a risolvere un problema di lavoro precario, o almeno così
    si sostiene, si passa da un servizio facoltativo reso dalla
    Chiesa e pagato dallo Stato, alla creazione di una costola
    educativa di tipo confessionale, diretta dalla diocesi,
    rigida nei ruoli e impiantata saldamente nella struttura
    della scuola pubblica.
    La vostra legge crea un vero e proprio mostriciattolo all’interno
    della scuola pubblica: viene creato un corpo anomalo di
    insegnanti che non hanno nulla di diverso dagli altri, se
    non di essere assoggettati in parte alle regole dello Stato
    italiano ed in parte a quelle del diritto canonico.
    Per capire meglio la differenza fra quello che accade oggi
    e ciò che avverrà domani, si potrebbe dire
    che oggi l’insegnamento di religione risponde più
    alla figura del lavoro interinale, fornito dalla diocesi
    e pagato dallo Stato, mentre domani sarà come se
    la chiesa gestisse un pezzo della struttura della scuola
    pubblica.
    Questo è un punto discriminante ed importante sul
    piano dei principi. Facendolo apparire come un intervento
    sociale, si sono assicurati percorsi privilegiati attraverso
    i quali docenti revocati dalla diocesi, o quelli in esubero,
    potranno accedere ad altri insegnamenti che nulla hanno
    a che vedere con l’insegnamento di religione, tanto da poter
    far parlare di una sorta di cassa di integrazione a vita.
    Non c’è lavoratore precario che possa vantare simili
    paracaduti, men che meno gli insegnanti ancora precari nella
    scuola pubblica, che non siano naturalmente quelli di religione.

    Solo nel caso degli insegnanti di religione il centro destra,
    che è andato a testa bassa contro l’articolo 18 in
    nome della flessibilità, riscopre il valore del posto
    fisso. Nel Parlamento italiano si riaprono così questioni
    spinose, che sollevano nuovi interrogativi: oltre a quelli
    legati all’insegnamento di religione, anche quelli del finanziamento
    alla scuola privata. L’idea che è alla base di questi
    ragionamenti consiste nel credere che il senso della laicità
    dello Stato si sia molto appannato nella società
    italiana, dopo la stagione dei referendum sull’aborto e
    sul divorzio.
    L’onorevole Pietro Squeglia, durante la discussione sulle
    linee generali, ha affermato: "oggi, anche atei ed
    agnostici riconoscono il forte valore educativo e l’importanza
    della religione cattolica nel processo educativo e di sviluppo
    umano e culturale dei ragazzi". Non lo contraddico,
    ma ricambierò questa affermazione dicendo che molte
    famiglie cattoliche preferirebbero che si utilizzassero
    tempi e risorse che vanno all’insegnamento della religione
    per rafforzare quello di inglese.
    Una larga maggioranza della Camera crede che l’insegnamento
    religioso sia molto efficace e riscuota tante adesioni da
    renderlo strutturale nella scuola italiana. Voi approverete
    queste misure; dovete sapere, tuttavia, che avete imboccato
    una strada lungo la quale il problema che si porrà
    non sarà più come gestire l’insegnamento religioso
    nelle scuole, secondo uno schema che è in via di
    obsolescenza: l’Italia deve muoversi, anche in questo campo,
    verso l’Europa, nella quale non c’è questo tipo di
    insegnamento religioso, ma c’è il finanziamento pubblico
    alle scuole private. Bisognerà quindi promuovere
    un’azione che, attraverso modifiche della Costituzione e
    del Concordato, abolisca l’insegnamento religioso come corpo
    dipendente dalla Chiesa e che, con le ingenti risorse che
    si saranno così liberate, finanzi le scuole private.

    Con questa legge – mi rivolgo a coloro che l’approveranno
    – ci avete dato anche uno strumento per rimettere in discussione
    in futuro l’insegnamento religioso nelle scuole, perché
    questa legge può essere sicuramente sottoposta a
    referendum. Non so se lo si potrà fare, ma ricordo
    che tutti gli avanzamenti civili sono dovuti passare, in
    Italia, attraverso referendum.
    Noi socialisti, quindi, confermiamo la nostra contrarietà
    a questa legge, sapendo di interpretare il pensiero di una
    vasta area di opinione laica, un’opinione laica composta
    da credenti e da non credenti (Applausi dei deputati del
    gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
    DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, la ringrazio
    per avermi dato la parola adesso – lo dico per scusarmi
    con i colleghi – dovendo più tardi assentarmi da
    questa sede per un impegno istituzionale non rinunciabile.

    Vorrei fare alcune brevi considerazioni. Innanzitutto, vorrei
    constatare con soddisfazione che, quando la Commissione
    ha il tempo, il modo e le possibilità per affrontare
    adeguatamente un tema, produce oggettivamente un buon lavoro
    e mette nelle condizioni le componenti parlamentari di svolgere
    la loro funzione e di conseguire anche, nei limiti del possibile,
    i propri risultati politici.
    Tutti hanno dato il loro contributo. La maggioranza – debbo
    dire, in verità, assai compatta – ha sostenuto il
    corso di questo iter e debbo dire, a conferma di quanto
    l’onorevole Taglialatela – che ringrazio sentitamente dell’opera
    svolta – ha detto poco fa, che se vi è stato il parere
    sostanzialmente contrario su tutti gli emendamenti presentati
    in aula, è soltanto dovuto al fatto che si è
    avuta la possibilità di un grande approfondimento
    e di un ampio confronto in Commissione lavoro. È
    stato sottolineato il contributo che una parte dell’opposizione,
    in particolare il gruppo della Margherita, ha inteso dare,
    come ha confermato l’onorevole Delbono, ma del resto è
    stato di pregio parlamentare anche il contributo dell’opposizione
    di sinistra.
    Come ha detto peraltro il già citato onorevole Delbono,
    a nome della Margherita – che pure ha inteso sottolineare
    e, in qualche caso, enfatizzare l’adesione del gruppo –
    si tratterebbe della soluzione di un problema meramente
    giuslavoristico. Non so se sia esattamente così.
    Mi guardo bene, in sede di dichiarazione di voto finale,
    dall’aprire o riaprire un dibattito a questo riguardo o
    caricarlo di contenuti ulteriori (non dico ultronei, ma
    ulteriori). Io dico che noi abbiamo sicuramente condotto
    in porto la soluzione di un problema multiennale, ormai
    cancrenoso, sotto molti aspetti – le audizioni che abbiamo
    svolto con le organizzazioni di categoria sono state estremamente
    significative a questo riguardo – e, quindi, tutti noi abbiamo
    avuto il merito di aver saputo finalmente affrontare e risolvere
    un problema di questo genere, che riguardava migliaia di
    insegnanti che si trovavano ad essere dei paria nel nostro
    ordinamento scolastico.
    Noi abbiamo prestato attenzione – il legislatore, dunque
    – anche al razionale svolgimento e all’organizzazione dell’insegnamento
    della religione cattolica. Questo, con tutta onestà,
    va ribadito, anche nella contrapposizione dei pensieri,
    perché la maggioranza del Parlamento recepisce la
    tesi che i principi della religione cattolica sono recepiti,
    a pieno titolo, dalla parte più identitaria della
    tradizione culturale e civile italiana e, quindi, l’esigenza
    di razionalizzare il corpo degli insegnanti, i loro afflusso,
    la loro organizzazione, per rendere ciò razionale
    e all’altezza della dignità di questa fondamentale
    materia di insegnamento (vale a dire quello della religione
    cattolica) nell’ambito dell’ordinamento scolastico.
    Si trattava – e questo stato affrontato con un’adeguata
    normativa – di dare dignità a questi insegnanti.
    Se è vero, infatti, quanto è stato detto,
    ossia che determinati problemi possono nascere nei rapporti
    con altre categorie di insegnanti, è anche vero che
    questi insegnanti non si poteva lasciarli, paradossalmente,
    ad un destino – pongo ciò all’attenzione dei critici
    di questo provvedimento – rimesso completamente all’autorità
    religiosa, alla revoca della dichiarazione di idoneità
    cui sarebbe conseguito l’abbandono a loro stessi, come,
    fino ad oggi, poteva accadere a questi insegnanti.
    Proprio per questo motivo, lo ripeto, si è trattato
    di trovare una soluzione non semplice – come qualcuno sosteneva
    – ma complessa ad un problema complesso: mettere insieme
    la disciplina pattizia, le esigenze giuslavoristiche e quelle
    di razionalizzare l’insegnamento della religione cattolica.

    Mi avvio alla conclusione, ricordando che non ignoriamo
    – anche come maggioranza parlamentare, oltre che come Commissione
    nel suo insieme – l’esistenza di determinati problemi, con
    riguardo, in particolare, alla transitabilità, dall’insegnamento
    della religione (che deve restare l’insegnamento essenziale
    di questi professionisti) ad altre branche. Vi possono essere
    problemi di conciliazione con le aspettative ed i diritti
    degli altri insegnanti ma voglio anche dire che, nell’immediato
    e nel medio periodo, si potranno effettuare verifiche, controlli
    sul campo, sul funzionamento di questa normativa. Dovranno
    stare certi – soprattutto coloro che sono interessati ma
    anche coloro che sono stati critici nei confronti di questa
    normativa – che, se si verificheranno delle incongruenze
    e degli abusi, nessuno vieta naturalmente al Parlamento
    nel suo insieme e alla sua maggioranza di tornare su questa
    normativa e di definire le eventuali rettifiche.
    Detto tutto questo, siamo convinti che torni ad onore dell’intero
    Parlamento essere riusciti a trovare finalmente una soluzione
    normativa ad un problema che, per troppo tempo, era stato
    discusso ed affrontato soltanto a livello teorico.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
    a titolo personale, l’onorevole Antonio Barbieri, quale
    ricordo che ha tre minuti di tempo a sua disposizione. Ne
    ha facoltà.
    ANTONIO BARBIERI. Signor Presidente, signori rappresentanti
    del Governo, onorevoli colleghi, ho chiesto di prendere
    la parola per manifestare il mio compiacimento in quanto
    deputato del gruppo di Forza Italia e presentatore della
    proposta di legge su tale materia, l’ultima in ordine di
    tempo – mi riferisco al momento della sua presentazione
    – rispetto all’intervento legislativo del Governo, ossia
    il disegno di legge al nostro esame, intessuto anche con
    l’audizione e con il consenso della conferenza dei vescovi.

    Desidero, quindi, osservare, innanzitutto, che il testo
    giunto in aula dopo una laboriosa discussione delle proposte
    emendative dell’opposizione, rappresenta, in grandissima
    parte, il testo di quel disegno di legge intessuto dal nostro
    Governo. È questo il primo dato di carattere politico
    che deve essere evidenziato, a mio avviso, perché
    – per rispondere anche alle posizioni assunte dai rappresentanti
    del gruppo della Margherita -, se è vero che, nella
    passata legislatura, alcuni parlamentari del gruppo Margherita
    presentarono proposte di legge analoghe su tale materia,
    è anche vero che, nella passata legislatura, quelle
    proposte di legge non ebbero il sostegno del Governo dell’Ulivo
    di allora.
    A tutte le altre questioni sollevate dall’opposizione, ha
    già esaurientemente risposto il relatore, presentando
    le regioni della maggioranza. Vorrei soltanto aggiungere,
    essendo stato chiamato in causa, in più di un intervento,
    dai colleghi dell’opposizione, che è vero che, nella
    mia proposta, era prevista l’ipotesi della risoluzione del
    rapporto di lavoro a fronte della revoca dell’idoneità
    da parte dell’ordinario diocesano, ma è anche vero
    che, in quella proposta, non era prevista l’ipotesi della
    mobilità. Se, invece, oggi, il testo portato in aula,
    integrato e migliorato dal Governo, avesse previsto anche
    l’istituto della mobilità, vi sarebbe stata una contradictio
    in terminis tra revoca – e, quindi, risoluzione del rapporto
    di lavoro – ed istituto della mobilità.
    Finalmente, dopo tanti anni, per adempiere gli impegni concordatari,
    si arriverà, con il nostro voto favorevole, a garantire
    agli insegnanti di religione cattolica dignità culturale
    ed economica ed alla Chiesa cattolica di poter ben operare
    per fornire la qualità didattica e morale derivante
    dal suo servizio di presenza formativa.
    Questo è un segno di rinnovamento esplicito dell’Italia
    che stiamo cambiando: ripristiniamo uno spazio che i corpi
    sociali intermedi e la tradizione giudaico-cristiana debbono
    conservare per assicurare alla nostra società quella
    forza di valori sulla quale si fonda la grandezza di gran
    parte dell’occidente. Questo rinnovamento, che noi inauguriamo,
    aveva trovato, nella precedente legislatura, una sostanziale
    opposizione in questioni di principio, sollevate con grande
    ipocrisia ma, sostanzialmente, profondamente offensive per
    la Chiesa cattolica e per l’alta e ben nota dignità
    degli studi ecclesiastici.
    Ecco perché in quest’odierno coronamento dell’azione
    di Forza Italia e nel voto favorevole nostro e della Casa
    delle libertà vedo un grande smascheramento: quello
    di una sinistra ipocrita e in corde suo spregiatrice, da
    sempre, della natura spirituale della persona umana e della
    fontale libertas cristiana, che pure ha avuto…
    PRESIDENTE. Onorevole Antonio Barbieri…
    ANTONIO BARBIERI. …come suo grande mallevadore Erasmo
    da Rotterdam.
    Un’ultima considerazione riguarda la questione della laicità
    dello Stato, sollevata da rappresentanti della maggioranza
    e dell’opposizione e, da ultimo, da parte dell’onorevole
    Villetti.
    Sul concetto di laicità ha ben detto, ieri, il collega
    Adornato, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano:
    lo Stato moderno, per noi, non può essere certamente
    confessionale; su questo siamo d’accordo: in nessun senso,
    però! Non in senso religioso, ma sicuramente neanche
    in senso materialistico ed etico o ateo, per esempio marxista,
    e nemmeno in senso laicistico, se per laicismo intendiamo
    una particolare concezione del mondo e dell’uomo di ispirazione
    immanentistica ed illuministica che nega i valori trascendenti
    o li confina nel segreto della coscienza individuale. Davanti
    a questa concezione della sinistra, noi ci poniamo, e ci
    confrontiamo, come rappresentanti del popolarismo europeo
    di Forza Italia, con un segno chiarissimo di futuro, di
    progresso e di rinnovamento (Applausi dei deputati del gruppo
    di Forza Italia).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Campa. Ne ha facoltà.
    CESARE CAMPA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur
    parlando a titolo personale, il collega Barbieri ha già
    ampiamente illustrato i motivi di soddisfazione e ciò
    esime il sottoscritto da un intervento più articolato.

    Mi si consenta, però, di ricordare a quest’Assemblea
    che questo disegno di legge finalmente sana una situazione
    annosa di precariato subita dagli insegnanti di religione
    cattolica ed elimina la disparità di trattamento
    finora vigente nei confronti di questi insegnanti rispetto
    agli altri. Tale parificazione consentirà di riconoscere
    il giusto ruolo dell’insegnamento della religione che, pur
    essendo materia facoltativa, com’è stato qui ricordato,
    è fondamentale per trasmettere ai giovani quei valori
    morali, etici e sociali sui quali, da sempre, si fonda la
    nostra società, al di là delle convinzioni
    religiose e della sempre più marcata secolarizzazione
    della nostra società, come dimostra – è stato
    ricordato anche da Delbono – la grande e capillare adesione
    a questo insegnamento da parte degli allievi e delle famiglie
    italiane. Ciò nonostante, ritengo doveroso un richiamo
    a tutte le componenti politiche affinché venga fatto
    uno sforzo e si lasci da parte ogni rigidità ideologica.

    Abbiamo sentito qui anche prima ricordare rispetto a questa
    materia il ricorso al referendum e altre questioni. Io credo
    che sia dovere di questo Parlamento valutare la questione
    con grande serenità, ma anche con grande coerenza
    intellettuale. Stiamo discutendo, onorevole Capitelli, sulla
    precarietà in cui versa un gran numero di lavoratori,
    al di là che questi lavoratori insegnino la religione
    cattolica; abbiamo tutti il dovere di dare uno stato giuridico
    definito a questi insegnanti. Come è stato da più
    parti sottolineato, sia nel dibattito in Commissione sia
    in Assemblea, un dibattito che ha visto in alcuni momenti
    superate le diversità e le contrapposizioni che normalmente
    ci sono, questi lavoratori godono di una retribuzione pressoché
    uguale a quella di altri insegnanti, ma non hanno a tutt’oggi
    un trattamento previdenziale e di carriera. Sono di fatto,
    onorevole Capitelli, lavoratori precari, ai quali lei si
    rivolge sempre con grande attenzione, che da anni aspettano
    la definizione dello stato giuridico. È arrivato
    il momento di dare loro questo riconoscimento.
    È opportuno ricordare a me stesso, ma anche all’Assemblea
    che negli ultimi anni, anche nella passata legislatura,
    si era cercato di risolvere in via definitiva questa situazione
    di precariato, certo con una legge non all’altezza (quella
    di oggi è migliore di quella del passato), ma gli
    intendimenti c’erano anche nel passato e voglio qui ricordarli.

    Ad oggi noi abbiamo nella scuola operatori che devono rispondere
    degli stessi doveri ma non hanno gli stessi diritti. Ha
    ragione Duilio quando ricorda questo atto di giustizia che
    noi dobbiamo fare nei confronti di questi lavoratori, un
    atto di giustizia e di perequazione sociale. Nella scuola
    la disparità con gli altri insegnanti era nel passato
    meno avvertita in quanto gli insegnanti di religione cattolica
    erano per lo più sacerdoti religiosi, oggi, invece,
    la presenza di laici è sempre maggiore e raggiunge
    punte dell’80 per cento, mentre quella di sacerdoti e religiosi,
    che godono di un sistema di sostentamento e di garanzie
    diocesane, è sempre più esigua.
    Ritengo doveroso ricordare, come accennavo prima, che nelle
    scuole italiane l’adesione all’insegnamento della religione
    cattolica è elevatissima e complessiva. Nell’anno
    scolastico 2001 2002 la percentuale è stata del 93,2
    per cento, un dato costante degli ultimi dieci anni, in
    quanto la percentuale non è mai scesa sotto il 92
    per cento.
    Vorrei soffermarmi brevemente però a questo punto,
    concludendo il mio intervento, su due passaggi che, a mio
    avviso, sono particolarmente qualificanti della legge. Innanzitutto,
    si dà finalmente attuazione a quanto stabilito dal
    nuovo Concordato tra santa sede e stato italiano; certo
    con molto ritardo, ma si dà corso a questo adempimento.
    Vorrei ricordare, ma l’ha ricordato anche il collega Barbieri,
    quanto era stato concordato: la Repubblica italiana, riconoscendo
    i valori della cultura religiosa e tenendo conto che i principi
    del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
    popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro
    della finalità della scuola, l’insegnamento della
    religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie
    di ogni ordine e grado e che l’insegnamento della religione
    cattolica, impartito nel quadro delle finalità della
    scuola, deve avere dignità formativa e culturale
    pari a quella delle altre discipline. Questo anche per puntualizzare
    alcuni interventi che qui abbiamo sentito e che non erano
    in sintonia con questi impegni che lo Stato si era assunto.

    Vorrei inoltre ricordare che, nel testo dell’intesa tra
    autorità scolastiche italiane e Conferenza episcopale
    per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
    pubbliche, l’allora Governo si era impegnato a risolvere
    la questione dello stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica.
    Il secondo punto a mio avviso qualificante del testo è
    che con questa legge si intende porre fine, come dicevo,
    alla condizione di precariato che ha caratterizzato dal
    1930 ad oggi lo stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica, che oggi sono per l’80 per cento insegnanti laici,
    che devono avere quindi il loro stato giuridico ben definito.

    Il testo in esame, inoltre, ha l’indiscusso merito di chiarire,
    oltre allo stato giuridico di questi lavoratori, le procedure
    di reclutamento ed afferma l’atipicità, rispetto
    ad altri docenti, di questi insegnanti, in quanto hanno
    un duplice rapporto professionale con lo Stato da un lato
    e con la Chiesa cattolica dall’altro.
    Viene, quindi, tenuta in particolare considerazione tale
    atipicità, su cui viene fondato uno specifico impianto,
    che offre una serie di positive e concrete risposte alle
    esigenze di questa particolare categoria di insegnanti.

    Certo è positivo l’istituzione dei ruoli regionali,
    articolati per ambiti territoriali corrispondenti alle diocesi;
    agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli
    regionali si applicano, quindi, le norme di stato giuridico
    e trattamento economico, previsti nel Testo unico delle
    disposizioni legislative, per quanto riguarda tutti gli
    insegnanti; non c’è, quindi, nessuna corsia preferenziale,
    bensì un atto dovuto.
    Credo, colleghi, che siamo qui in presenza di un atto di
    giustizia, di perequazione, e di giustizia sociale; un atto
    di coerenza con i principi solennemente affermati anche
    in quest’aula; un atto dovuto conseguenziale al rispetto
    degli impegni assunti e dei patti definiti.
    Ma si tratta, anche, di un passaggio significativo, in quanto
    attesta il forte valore formativo e l’importanza della religione
    cattolica nel processo educativo e di sviluppo umano e culturale
    dei nostri ragazzi.
    Esprimo, quindi, con convinzione un voto deciso di Forza
    Italia, fortissimamente convinta, di aver compiuto un atto
    di giustizia nei confronti di tali insegnanti, ma anche
    della cultura italiana. (Applausi dei deputati del gruppo
    di Forza Italia).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
    a titolo personale, l’onorevole Maccanico. Ne ha facoltà.

    ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, dichiaro che voterò
    contro il provvedimento in esame.
    Con tutto il rispetto delle argomentazioni del relatore,
    credo che non sia accettabile che il personale insegnante
    di una materia facoltativa sia inserito nei ruoli della
    pubblica istruzione, senza concorso; ed è ancor meno
    accettabile che tale personale sia revocabile a giudizio
    dell’ordinario diocesano, con violazione della libertà
    di insegnamento, che dovrebbe titolare tutti gli insegnante
    di ruolo.
    Si crea una grave anomalia che non mi sento di approvare
    (Applausi dei deputati del gruppi Misto-Socialisti democratici
    italiani e della Margherita, DL-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà. Le ricordo che
    ha a sua disposizione cinque minuti.
    ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, il provvedimento legislativo
    in esame tratta, come è noto, la "sprecarizzazione"
    della condizione degli insegnanti di religione cattolica.

    Come abbiamo avuto modo di dire, a nostro giudizio, nel
    corso della discussione del provvedimento, tale intervento
    viene portato in modo sbagliato, che, fin dall’approvazione
    del provvedimento in esame nel testo presentato alla Camera,
    originerà numerosi problemi di cui ora dirò.

    L’approfondimento della discussione su tale normativa, che
    come è già stato ricordato si è svolta
    anche nella precedente legislatura, consente di dire che
    reputiamo sia un atto doveroso del Parlamento la definizione
    di una normativa che dia certezza agli insegnanti di religione
    cattolica, in merito al loro status giuridico ed economico,
    prescindendo dalla materia di insegnamento.
    È perciò che abbiamo proposto nel corso della
    discussione, prima in Commissione e poi in Assemblea, molte
    soluzioni idonee, per ridurre ed eliminare gli anacronismi
    presenti nell’attuale legislazione.
    A nostro giudizio il provvedimento in questione compie male
    il suo intervento, trovando soluzioni non equilibrate tra
    i docenti di religione e gli altri.
    Il provvedimento legislativo lascia aperta, anzi apre ancora
    di più e divarica, una ulteriore serie di contraddizioni,
    in modo particolare, per quanto riguarda la parità
    di trattamento, determinata dal meccanismo di reclutamento,
    tra precari in generale del mondo della scuola e docenti
    di religione. E tra l’altro, introduce un precedente pericoloso,
    perché la distinzione tra elenco e graduatoria, da
    voi non accettata, di fatto, come abbia avuto modo di dire,
    consente di "prelevare" coloro che saranno inseriti
    nel ruolo con discrezionalità, e per noi è
    già sbagliato, ma rappresenta, il che è ancora
    più grave, un precedente pericoloso che potrebbe
    trovare nell’ambito di altre applicazioni successive lo
    stesso meccanismo di reclutamento, al quale noi, fermamente,
    ci opponiamo.
    La nostra proposta si compone di un meccanismo di stabilizzazione
    degli insegnanti di religione secondo le previsioni del
    contratto collettivo nazionale per gli insegnanti a tempo
    indeterminato ma non raggiunge e supera quella che, invece,
    a nostro giudizio, raggiunge e supera il provvedimento,
    cioè la soglia dell’immissione in ruolo, dalla quale
    poi deriva una serie di conseguenze negative che abbiamo
    lungamente illustrato nel corso della discussione.
    Il tema delicato della risoluzione del rapporto di lavoro
    di questi insegnanti ai sensi dell’accordo concordatario,
    pure in presenza di una loro ammissione in ruolo, conserva,
    tra le ipotesi previste, oltre a quelle generali, la revoca
    dell’idoneità. A nostro giudizio, come abbiamo lungamente
    detto, questo aspetto andrebbe trattato diversamente rispetto
    alla situazione di coloro che vengono a trovarsi in mobilità
    e che, in conseguenza di essa, devono in qualche modo essere
    accolti all’interno dello Stato attraverso meccanismi che
    si richiamino in maniera generale e generica agli altri
    meccanismi previsti per gli altri dipendenti del settore
    scolastico e pubblico in generale.
    Infine, sul tema della mobilità il provvedimento
    mette in atto una serie di procedure che viaggiano ai confini
    dell’accordo tra Stato e Chiesa; anzi, la soluzione adottata
    oltrepassa, a nostro giudizio, a danno di tutti gli altri
    insegnanti, tale confine. Pertanto, il nostro giudizio negativo
    complessivo sul provvedimento nasce dal fatto che, come
    qualcuno ha detto, non si tratta, in questo caso, di criticare
    la normativa in questione pronunciandosi contro l’attuale
    Concordato tra Stato e Chiesa; anzi, circa il rispetto del
    concordato Craxi-Casaroli del 1984 le nostre proposte sul
    provvedimento erano lineari, mentre il disegno di legge
    di cui stiamo discutendo, a nostro giudizio, va oltre il
    Concordato e lo spirito degli accordi, supera abbondantemente
    la soglia di ragionevole miglioramento della condizione
    di persone che non posso, come abbiamo detto, rimanere per
    tutta la loro vita lavorativa precari e, nel difficile tentativo
    di ricercare un nuovo equilibrio ad intesa vigente, travalica
    abbondantemente i confini stabiliti dal principio costituzionale
    di uguaglianza di fronte alla legge.
    Vi è un eccesso di zelo nel vostro provvedimento,
    che era facilmente rimediabile accogliendo parte dei nostri
    emendamenti, cosa che voi non avete fatto. Pertanto, avete
    determinato una pletora di situazioni complicate e di difficile
    risoluzione e, in modo particolare (questo è il fatto
    più grave), ascoltando i nostri suggerimenti non
    avreste fatto venir meno i principi di laicità ai
    quali si richiama e si riconduce l’ordinamento generale
    dello Stato, principi che con questo provvedimento, voi,
    invece, ledete in modo grave.
    Per tutte queste ragioni i deputati del gruppo dei Democratici
    di sinistra-l’Ulivo esprimeranno un voto contrario al presente
    provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici
    di sinistra-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.
    FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, voglio innanzitutto
    ricordare il lavoro svolto nella scorsa legislatura dall’altro
    ramo del Parlamento su tale questione e, in particolare,
    quello del senatore Brignone, che ha svolto un’eccellente
    introduzione anche in riferimento all’evolversi, nelle varie
    forme in cui questo si è espresso, dell’insegnamento
    della religione cattolica nel nostro paese, grazie anche
    ad un largo e condiviso supporto da parte delle commissioni
    cultura e lavoro.
    Si tratta di un atto di giustizia che, come è già
    stato sottolineato, ha preso avvio nella scorsa legislatura
    e che ha visto coinvolte tutte le parti politiche, seppure
    oggi su fronti diversi in tema di responsabilità
    di Governo del paese.
    Il provvedimento che è stato approvato durante la
    scorsa legislatura al Senato, come quello che stiamo per
    approvare oggi, è un atto complesso che va incontro
    ad un problema altrettanto complesso: per tale motivo, ritengo
    che alcuni rilievi svolti dall’opposizione circa possibili
    disparità presenti in alcuni aspetti che potrebbero
    trasparire dal testo non siano totalmente infondati.
    Tuttavia, siamo di fronte ad una situazione determinata
    da un aspetto storico, quello della realtà del nostro
    paese, nel quale l’esistenza dello Stato della Chiesa e
    il grande patrimonio storico che costituisce la cultura
    religiosa nell’evoluzione storica e sociale di questo paese,
    evidentemente ci fanno assumere anche degli impegni, come
    è accaduto con il Concordato, rinnovato nel 1984.
    Siamo di fronte a situazioni che vanno riconosciute – lo
    ripeto – nella loro fondatezza storica. Ciò è
    dimostrato dalle adesioni alle richieste di fruizione di
    questo insegnamento da parte di moltissimi alunni, anche
    al di là delle convinzioni religiose.
    Pertanto il nostro intervento, come dicevo, è inquadrato
    in questa cornice storica ed istituzionale. D’altra parte,
    vi è anche un dovere da parte della Commissione lavoro
    di dare dignità (una dignità che per troppo
    tempo è mancata) alla preziosa funzione di questo
    insegnamento nell’ambito delle materie curricolari nella
    scuola italiana ed a quanto svolto da questi insegnanti
    in tanti anni anche con riferimento ad una disparità
    di trattamento esistente, per esempio dal punto di vista
    previdenziale, rispetto agli altri colleghi.
    Si è inteso, quindi, dare certezze e modalità
    precise. Credo che questo rappresenti l’assolvimento di
    una responsabilità che il Governo nel 1984, con la
    conclusione di quel Concordato, e complessivamente questo
    Parlamento hanno assunto.
    A mio avviso, in questa occasione non è stato sufficientemente
    approfondito un aspetto culturale, neanche da parte dell’opposizione.
    Mi riferisco a quello dell’organizzazione, per quanto riguarda
    le competenze e gli ambiti, delle facoltà di teologia.
    A tal riguardo, vi è, per certi versi, un’anomalia
    del sistema italiano, che di per sé stesso, se affrontato
    con una modalità organizzativa diversa, potrebbe
    invece costituire una ricchezza anche di riflessione e di
    studio.
    Non va dimenticato, infatti, che oggi il titolo di studio
    richiesto per l’insegnamento e, comunque, la formazione
    data dalle facoltà di teologia è estremamente
    ricche e potrebbe arricchirsi ancora di più, se la
    ricerca fosse ampliata anche ad un ambito di responsabilità
    di organizzazione determinata dallo Stato. Il titolo di
    studio richiesto oggi per l’insegnamento è comprensivo
    anche di una formazione circa le scienze sociali, filosofiche
    e storiche estremamente ricca. Pertanto, non concordo con
    alcuni rilievi svolti dall’opposizione in ordine al fatto
    che non sia richiesta la laurea o che questi soggetti, una
    volta che vi sia un esubero o che venga revocata l’idoneità,
    siano adibiti ad altro insegnamento. Lo ripeto: il titolo
    di studio richiesto è estremamente ricco e potrebbe
    arricchirsi ancora di più. Tuttavia, in sostanza,
    si dà una certezza giuridica a tanti lavoratori (questo
    è il fatto nuovo anche rispetto alla conclusione
    del Concordato nel 1984). Peraltro, più dell’80 per
    cento di essi sono laici e avvertono il bisogno di una sicurezza
    economica, anche in considerazione del fatto che molti di
    loro hanno una famiglia e dei figli. Quindi, è una
    situazione complessivamente nuova che ha un fondamento estremamente
    legato alle nostre responsabilità istituzionali.

    Non si tratta di discutere di laicità o meno dello
    Stato, bensì di affrontare un problema concreto.
    Credo che questo Parlamento lo abbia fatto in modo concreto
    e – lo ripeto – ulteriori ambiti di riflessione, anche per
    quanto riguarda le facoltà di teologia, potranno
    essere ripresi in altri momenti. Certamente, quello che
    stiamo compiendo oggi è un atto dovuto, pur nella
    complessità dell’articolato.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
    CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, il gruppo Misto-UDEUR-Popolari
    per l’Europa, pur con talune perplessità, voterà
    a favore di questo provvedimento e ciò, innanzitutto,
    perché davvero da troppo tempo precari ed insegnanti
    di religione attendono l’immissione in ruolo. Tuttavia,
    occorre sottolineare ancora una volta l’incongruità
    del Governo, che sceglie questa immissione in ruolo e, poi,
    destina e condanna alla precarietà migliaia di altri
    insegnanti.
    In secondo luogo, perché l’insegnamento della religione
    – che non è catechismo, come sappiamo benissimo –
    concorre a trasmettere alle giovani generazioni valori fondamentali
    propri non solo della religione cattolica, ma anche di tutte
    le altre religioni. Si tratta di valori che servono ad alimentare
    la base del convivere civile pur all’interno di uno Stato
    laico: credo sia assurdo volersene dimenticare.
    Votiamo a favore, quindi, ma – come ho detto – con giustificate
    perplessità ed un punta forte di amarezza. È,
    infatti, grave, a nostro parere, in rapporto al modo dell’inserimento,
    alla mobilità ed alla formazione, che il Governo
    abbia voluto respingere tutti gli emendamenti e non abbia
    accettato soluzioni coerenti innanzitutto con il quadro
    costituzionale e delle leggi vigenti, nonché con
    le giuste aspettative di altre migliaia di insegnanti. Si
    sarebbe mostrato rispetto per il mondo della scuola ma,
    più in generale, rispetto per lo Stato e le sue leggi.
    Questo è un valore forte, colleghi parlamentari,
    che giustifica la nostra permanenza in questa sede, la nostra
    responsabilità, l’esistenza stessa di un Parlamento
    democraticamente eletto e tutti i poteri della Repubblica
    in quanto tutte le forme istituzionali che essa si è
    data vengono rispettate in toto. Ciò non è
    stato fatto con questa legge. Dunque, ritengo opportuna
    una riflessione perché questo può costituire
    un passetto verso una strada scivolosa che non si sa dove
    potrebbe portarci (Applausi dei deputati del gruppo misto-UDEUR-Popolari
    per l’Europa).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    a titolo personale l’onorevole Di Teodoro, al quale ricordo
    che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

    ANDREA DI TEODORO. Signor Presidente, voglio esprimere come
    laico, prima ancora che come credente, il mio voto favorevole
    a questo provvedimento. Si sana finalmente, dopo moltissimi
    anni di disparità di trattamento, la condizione di
    20 mila lavoratori italiani che erano in una situazione
    insostenibile dal punto di vista della giustizia e della
    parità di trattamento rispetto a tutti gli altri
    lavoratori del comparto della scuola. Tali insegnanti che,
    come è stato ricordato, sono per l’80 per cento laici
    e che hanno la necessità di mantenere una famiglia
    ed affrontare il costo della vita come tutti gli altri insegnanti
    della scuola italiana, sono finalmente inquadrati nei ruoli
    organici della scuola e trattati come tutti gli altri insegnanti.

    Apprezzo molto l’atteggiamento di quella parte dell’opposizione
    che voterà con noi favorevolmente a questo provvedimento,
    mentre mi rammarico per l’atteggiamento di chiusura preconcetta
    e pregiudiziale dei Democratici di sinistra che, pur avendo
    dato in Commissione un accenno, al principio della nostra
    istruttoria, di disponibilità si sono, poi, attestati
    su una posizione di chiusura. Basti soltanto ricordare le
    critiche che ho sentito avanzare in questa sede circa il
    concorso con cui sarebbero immessi in ruolo, per il 70 per
    cento delle disponibilità degli organici, gli insegnanti
    di religione cattolica: è stato definito un concorso
    anomalo quando, in realtà, vi sono stati, negli anni
    scorsi, migliaia e migliaia di precari sanati con scivoli
    di ingresso assolutamente agevolati quali corsi abilitanti
    o corsi-concorsi. Per gli insegnanti di religione cattolica,
    almeno, il legislatore prevede un concorso, cosa che non
    è stata fatta per altri precari, come ho appena detto.

    Inoltre, mi pare che la procedura di mobilità professionale
    a cui gli insegnanti di religione sarebbero sottoposti nel
    caso di revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
    diocesano sia subordinata al possesso dei requisiti per
    l’insegnamento della disciplina cui sarebbero dirottati.
    Ciò, quindi, non prevarica in alcun modo la possibilità
    di altri insegnanti di accedere con parità di trattamento
    allo stesso insegnamento, fermo restando che tale tipo di
    procedura viene oggi applicata per altre categorie di insegnanti,
    come gli insegnanti di sostegno.
    Per tutte queste ragioni voterò, con coscienza serena
    di laico, favorevolmente a questo provvedimento.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Alfonso Gianni, al quale ricordo che ha sei
    minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
    ALFONSO GIANNI. Vorrei ribadire la contrarietà al
    provvedimento in esame, sulla quale più volte abbiamo
    insistito. È una contrarietà di fondo di chi,
    come noi, è contrario all’idea e alla pratica del
    testo concordatario e non lo fa ovviamente per una guerra
    di religione, ma in base a un semplice principio liberale,
    in verità assai negletto in questa nostro paese:
    libera Chiesa in libero Stato.
    Siamo quindi contrari alla posizione di privilegio derivante
    dal testo concordatario (più le innovazioni e gli
    aggiornamenti del 1984) all’insegnamento della religione
    cattolica all’interno della nostra scuola pubblica. Siamo
    contrari, perché pensiamo che una scuola pubblica
    debba insegnare la storia delle religioni, cioè come
    l’umanità ha affrontato il problema della trascendenza
    e quanto questa abbia pesato nella storia della formazione
    del pensiero moderno, della filosofia, dei modi di vita
    e dei modi di pensiero: che è evidentemente un’altra
    cosa.
    Questo tema verrà riproposto, onorevole colleghi,
    perché che lo vogliate o no, legge Bossi-Fini o meno,
    questa società è destinata a diventare multireligiosa
    e multiculturale, con una presenza variegata di popoli del
    mondo. Ci troveremo quindi anche di fronte alla necessità
    di dover affrontare altri temi, anche in materia religiosa.

    Siamo dunque di fronte a un testo che oltretutto è
    antistorico, oltre ad essere, dal mio punto di vista, cioè
    dal punto di vista del principio di una sana laicità
    dello Stato, un testo sbagliato. Naturalmente, anche se
    questo non è l’unico problema, tuttavia è
    il problema di fondo, che richiamo con insistenza.
    Un ulteriore problema riguarda la modalità con la
    quale si è voluto risolvere il tema degli insegnanti
    di religione, cioè con l’immissione in ruolo. Cosa
    sbagliata: perché crea un doppio canale. Cosa grave:
    perché crea una possibilità di scavalco di
    altri. Cosa ancora più grave, dal momento che qualora
    venisse meno l’idoneità questi insegnanti potranno
    passare ad altro insegnamento.
    In sostanza si crea quindi una doppia autorità all’interno
    dell’ordinamento scolastico: quella che deriva appunto dalla
    responsabilità statuale in materia di pubblica istruzione
    e di organizzazione della medesima e quella che deriva dall’organizzazione
    chiesastica, cioè dalla diocesi. Tutto ciò
    lo ritengo assolutamente inaccettabile. È questa
    la ragione della nostra contrarietà.
    Vorrei però sottolineare che noi abbiamo affrontato
    questo tema non in maniera integralista, né tanto
    meno fondamentalista. Detta l’opposizione di fondo, non
    mascherata ipocriticamente ma obiezione alla sostanza del
    provvedimento, ci siamo anche fatti carico naturalmente
    del fatto che questi insegnanti di religione sono lavoratori
    a tutti gli effetti, e come tali sotto questo profilo vanno
    tutelati. Per questo, pur scartando l’ipotesi dell’immissione
    in ruolo, abbiamo insistentemente chiesto che le loro condizioni
    in base alla nomina annuale fossero quelle degli insegnanti
    a tempo indeterminato e che essi quindi godessero delle
    stesse condizioni degli altri insegnanti, sotto ogni profilo.

    Infine ci siamo occupati – ma, francamente, siamo stati
    solamente in pochi a farlo – del principio della libertà
    di scelta, sancito dalla legislazione (formalmente sarebbe
    anche sancito persino dal patto concordatario, salvo che
    poi dallo stesso venga immediatamente negato), cioè
    della possibilità di un’alternativa alla cosiddetta
    ora di religione. Ora se questo è possibile per ciò
    che riguarda alunni che dispongono di libera scelta, è
    assolutamente ed evidentemente negato (e ciò è
    particolarmente grave) per gli alunni della scuola materna
    e della scuola elementare, i quali in base all’unicità
    della figura del docente normale, al quale si sovrappone
    l’insegnante di religione, vedono evidentemente ricattata
    la loro possibilità – che in questo caso ovviamente
    viene esercitata su volontà diretta ed espressa da
    parte dei genitori – di svolgere altre attività didattiche
    utili alla loro formazione, mentre altri liberamente scelgono
    l’insegnamento religioso.
    Tutto ciò configura, ancora una volta, un oscuramento
    e un oscurantismo della ragione, delle libertà collettive
    ed individuali, dei diritti e della qualità dell’istruzione
    nel nostro paese.
    Si tratta di un passo grave, quindi esprimeremo un voto
    contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati
    del gruppo di Rifondazione comunista e di deputati del gruppo
    dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Galvagno, al quale ricordo che ha a disposizione
    tre minuti. Ne ha facoltà.
    GIORGIO GALVAGNO. Signor Presidente, intervengo per svolgere
    alcune considerazioni su questo disegno di legge.
    Se ci sono voluti 17 anni per giungere a questa formulazione
    è perché la materia è complessa e complicata
    ed è difficile trovare un giusto punto di equilibrio.
    Con questo provvedimento si è cercato di trovare
    tale equilibrio e, quando le cose sono così complesse,
    difficilmente si fanno dei capolavori. Comunque, questo
    disegno di legge, grazie anche al lavoro svolto dalla Commissione
    e, in particolare, da alcuni suoi membri che hanno dimostrato
    molta qualità e capacità, riesce a sistemare
    le cose.
    Il fatto che ormai, all’interno della scuola, ci sono così
    tanti laici, non costituisce un fatto positivo o negativo,
    ma rappresenta una constatazione, in quanto non ci sono
    più preti, neanche per le parrocchie. Dunque, presumibilmente,
    l’ingresso dei laici è un fatto che si è verificato
    per circostanze del tutto occasionali, fortuite. A dire
    il vero, i preti che insegnavano religione a me davano qualche
    garanzia in più in quanto, trattandosi di persone
    che ascoltano i peccati della gente, hanno sicuramente maggiore
    umanità e capacità di comprendere; speriamo
    che i nuovi insegnanti siano altrettanto capaci!
    L’elemento positivo di questo provvedimento – che, peraltro,
    è contraddittorio e presenta dei limiti – sta nel
    fatto che non introduce nella scuola elementi di difficoltà;
    la scuola ha sopportato così tante cose, quindi sopporterà
    anche questo! Siamo di fronte ad un punto che, paradossalmente,
    la sinistra considera negativo, vale a dire il fatto che
    viene tolto all’autorità ecclesiastica il potere
    di vita e di licenziamento nei confronti degli insegnanti.
    È giusto che tale potere sia sottratto all’autorità
    ecclesiastica e che gli insegnanti, che possiedono un’altra
    formazione rispetto a quella di qualche anno fa, possano
    trovare nello Stato elementi di garanzia e di continuità
    per il loro lavoro.
    Per queste ragioni esprimerò un voto favorevole sul
    presente provvedimento.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
    l’onorevole Filippo Mancuso. Ne ha facoltà.
    FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, signori deputati, duole
    non vedere presente al dibattito e al voto di questo testo
    significativo il ministro della pubblica istruzione, che
    pure è intestatario di esso e dal quale deriva il
    senso culturale, filosofico e pedagogico del testo medesimo.

    Modestamente, sono dell’avviso che ciò, invece, sarebbe
    stato conveniente, in funzione della sempre invocata coerenza
    dell’azione politica e per dar forza, anche simbolica, a
    quanto questo testo – che non è né ideologico,
    né fanatico, né facinoroso – comporta.
    Sto intervenendo proprio per sottolineare che vi sono ancora
    uomini che possono testimoniare, in un paese in cui la religione
    cattolica non è più concepita come religione
    di Stato, ma comunque come l’anima stessa della propria
    cultura prevalente, il debito di riconoscenza e di devozione
    che, nella loro formazione e nella loro vita, hanno tratto
    dall’insegnamento scolastico della religione.
    Del resto, la materia controvertibile sarebbe stata quella
    disciplinata dalla riforma del Concordato, che stabilisce
    proprio il tipo di insegnamento della religione cattolica
    nei nostri sistemi scolastici. Questo provvedimento non
    fa altro che sistemare il personale addetto ad una funzione
    già prestabilita. Come forse avrebbe dovuto venire
    a dire il ministro, e non il più modesto dei deputati,
    si tratta di cosa che appartiene al dovere di chi sente
    queste cose, come appartiene al dovere di chi, invece, le
    avversa, dirlo e dichiararlo. Non vedo fanatismo nella legge
    né come finalità né come strumento.

    Quanto allo strumento, ne ho parlato. Quanto alla finalità,
    si potrebbe persino censurare in senso opposto che il reclutamento
    del personale abilitato a questo tipo di insegnamento venga
    fatto con esclusione tassativa di una valutazione della
    cultura religiosa, laddove, se fosse vero che si tratta
    di un provvedimento di tipo teocratico, come prima misura,
    il legislatore avrebbe dovuto garantirsi la formazione e
    non soltanto l’idoneità didattica dei possibili docenti.
    Ancora una volta, ci stiamo trovando nella discordanza logica
    nella politica che, purtroppo, non guarda in faccia a nulla,
    pur di significare persino le proprie assenze. Con tutto
    il rispetto per la presenza di eventuali sostituti, non
    cesserò di deplorare l’assenza del ministro che offende
    noi, offende noi cattolici, praticanti e ferventi, e offende
    il senso politico di cui la Casa delle libertà ha
    fatto uno degli alimenti, purtroppo solo propagandistici,
    della propria azione.
    Con la consapevolezza piena della modestia della persona
    che parla, sentiamo il dovere e – starei per dire – l’impeto
    di sostenere che la scuola cattolica è la scuola
    dell’anima italiana (Applausi del deputato Camo).
    PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di
    voto sul complesso del provvedimento.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, intervengo
    per pochi minuti, soltanto per puntualizzare alcune questioni
    che, francamente, sembrano essere state esattamente capovolte
    dalla discussione svoltasi in aula ieri ed oggi. Vorrei
    ricordare ai colleghi che, attraverso questo provvedimento,
    viene istituito il ruolo degli insegnanti di religione.
    Sulla base di questa considerazione, risulta evidente che,
    sino ad oggi, sono stati proprio gli insegnanti di religione
    ad essere considerati come figli di un Dio minore e che
    questa legge garantisce loro parità di diritti rispetto
    ai colleghi che insegnano altre materie all’interno della
    scuola italiana.
    C’è bisogno anche di ribadire qualche giudizio che
    mi sembra sia stato espresso in modo frettoloso. Non è
    vero che tali docenti non abbiano titoli di studio: per
    poter insegnare la religione cattolica nelle scuole italiane,
    ai sensi dell’intesa con lo Stato Vaticano, gli insegnanti
    hanno bisogno di un titolo ecclesiastico, specificamente
    previsto. È altrettanto vero un ulteriore dato che
    mi sembra sia stato dimenticato quest’oggi. Tali insegnati
    svolgeranno un concorso. Saranno sottoposti ad una prova
    e questa prova sarà valutata. È vero che nel
    testo di legge non compare il termine "graduatoria",
    ma i colleghi della Commissione sanno perfettamente i motivi
    per i quali ciò accade. Sanno anche perfettamente
    che è stata trovata una soluzione, che a me pare
    felice, in modo tale che si possa determinare una graduatoria
    di merito.
    Certamente, molti altri argomenti potranno essere portati
    all’attenzione del Parlamento per quanto riguarda, complessivamente,
    l’aspetto culturale della religione, non soltanto di quella
    cattolica.
    Ma questo disegno di legge ha un compito diverso che mi
    pare svolga bene e con precisione: quello di istituire il
    ruolo degli insegnanti di religione, di dare loro pari dignità
    e di farlo attraverso una procedura che mette al centro
    il direttore regionale scolastico rispetto alle assegnazioni;
    tutto questo contrariamente rispetto al passato. Mi pare
    questa una conquista di cui tutto il Parlamento potrà
    andare fiero.
    Ringrazio, ovviamente, tutti i colleghi della Commissione,
    sia quelli che voteranno a favore, ma anche quelli che voteranno
    in dissenso, perché comunque il loro contributo in
    Commissione è stato particolarmente significativo,
    tant’è vero che la Commissione si è riunita
    molte volte, vi sono state molte audizioni ed si è
    svolta con grande profondità la valutazione del testo.

    (Coordinamento – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo
    che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento
    formale del testo approvato.
    Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

    (Così rimane stabilito).
    (Votazione finale e approvazione – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
    Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento
    elettronico, sul disegno di legge n. 2480, di cui si è
    testé concluso l’esame.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione:
    "Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
    cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
    grado" (2480):
    Presenti 347
    Votanti 336
    Astenuti 11
    Maggioranza 169
    Hanno votato sì 231
    Hanno votato no 105
    Sono in missione 105 deputati.
    (La Camera approva – Vedi votazioni).
    Prendo atto che l’onorevole Lucidi voleva astenersi e non
    esprimere voto contrario, che l’onorevole Burtone voleva
    votare a favore e non astenersi e che l’onorevole Lettieri
    voleva votare a favore e non in senso contrario.
    Pertanto, sono così assorbite le proposte di legge
    n. 561, 580, 737, 909, 1433, 1487, 1493, 1908, 1972

  • Stato_Giuridico_due/Inversione_Odg_4_12_2002.asp

    Resoconto stenografico dell’Assemblea
    Seduta n. 234 del 4/12/2002

    La seduta, sospesa alle 17,30, è ripresa alle 18.

    PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
    Inversione dell’ordine del giorno (ore 18.).
    MARCELLO TAGLIALATELA. Chiedo di parlare sull’ordine dei
    lavori.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    MARCELLO TAGLIALATELA. Vorrei chiedere l’inversione dell’ordine
    del giorno per trattare in precedenza il provvedimento relativo
    all’inquadramento degli insegnanti di religione, l’atto
    Camera n. 2480.
    PRESIDENTE. Sulla proposta di inversione dell’ordine del
    giorno avanzata dall’onorevole Taglialatela possono intervenire
    un oratore contro ed uno a favore.
    MARCO BOATO. Chiedo di parlare contro.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    MARCO BOATO. Voglio pronunciarmi contro la richiesta di
    inversione perché da tre settimane è all’ordine
    del giorno la proposta di legge costituzionale di modifica
    dell’articolo 79 della Costituzione in materia di amnistia
    e indulto, mentre solo da questa settimana è all’ordine
    del giorno il provvedimento oggetto dell’inversione.
    Propongo quindi di votare contro questa richiesta di inversione,
    essendo la proposta di legge costituzionale su una materia
    delicata ed importante su cui l’attenzione dell’opinione
    pubblica e del Parlamento più rilevante, quantomeno
    dal punto di vista dell’urgenza, rispetto all’altro provvedimento
    in questione, che potrebbe tranquillamente essere affrontato
    nella seduta di domani mattina. Francamente, mi sembra inaccettabile
    questa proposta di inversione visto che la discussione generale
    della legge costituzionale è stata tenuta il 16 novembre
    ed è in calendario da tre settimane, secondo l’ordine
    previsto dalla Conferenza dei capigruppo. Propongo, quindi,
    di confermare l’ordine predisposto dalla Conferenza dei
    capigruppo e di votare contro la proposta di inversione
    dell’ordine del giorno.
    ANTONINO LO PRESTI. Chiedo di parlare a favore.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    ANTONINO LO PRESTI. Grazie Presidente. Non riusciamo a comprendere
    le ragioni per le quali i nostri cortesi colleghi si oppongono
    alla discussione anticipata di questo provvedimento, che,
    peraltro, riscuote il consenso unanime di tutte le forze
    parlamentari. Tra l’altro, in questa occasione è
    presente il sottosegretario Aprea, che ha seguito il provvedimento
    e che ha posto tanta attenzione sull’argomento. Mi pare
    sia assolutamente opportuno accogliere la proposta del collega
    Taglialatela in modo da dare avvio alla conclusione di un
    iter già iniziato e che deve essere assolutamente
    concluso in brevissimo tempo. Le attese degli insegnanti
    di religione non possono essere trascurate, pertanto invito
    i colleghi presenti a manifestare il loro consenso rispetto
    alla richiesta di inversione dell’ordine del giorno.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Pongo in votazione, mediante
    procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la
    proposta di inversione dell’ordine del giorno formulata
    dall’onorevole Taglialatela.
    (È approvata).

  • Stato_Giuridico_due/Discussione_votazione_in_aula_4_12_2002.asp

    Resoconto stenografico
    dell’Assemblea
    Seduta n. 234 del 4/12/2002

    Seguito della discussione del disegno di
    legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
    religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
    ordine e grado (2480) e delle abbinate proposte di legge:
    Molinari; Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia;
    Landolfi; Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi
    Pepe; Antonio Barbieri (561-580-737-909-1433-1487-1493-1908-1972)
    (ore 18,05).
    PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della
    discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica degli istituti
    e delle scuole di ogni ordine e grado; e delle abbinate
    proposte di legge d’iniziativa dei deputati: Molinari;
    Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi;
    Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio
    Barbieri.
    Ricordo che nella seduta del 2 dicembre 2002 si è
    svolta la discussione sulle linee generali.
    La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente
    calendario (vedi calendario).
    (Esame degli articoli – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli del disegno
    di legge, nel testo della Commissione.
    Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha
    espresso il prescritto parere, distribuito in fotocopia
    (vedi l’allegato A – A.C. 2480 sezione 1).
    Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio)
    ha espresso il prescritto parere, distribuito in fotocopia
    (vedi l’allegato A – A.C. 2480 sezione 2).
    (Esame dell’articolo 1 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 1 e delle
    proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
    A – A.C. 2480 sezione 3).
    Ha chiesto di parlare l’onorevole Capitelli. Ne ha facoltà.

    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, colleghi, da molti
    anni gli insegnanti di religione cattolica… mi scusi,
    signor Presidente, ma è difficile parlare in queste
    condizioni…
    PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole collega, le chiedo scusa.
    Le faccio poi recuperare il tempo a sua disposizione.

    Colleghi, vi prego di prendere posto e di consentire alla
    collega di svolgere il suo intervento. Prego i colleghi
    che si trovano al banco del Comitato dei nove… Onorevole
    Sasso, la prego di prendere posto perché la collega
    deve svolgere il suo intervento.
    Prego, onorevole Capitelli.
    PIERA CAPITELLI. Da molti anni gli insegnanti di religione
    cattolica si trovano in un’ingiusta condizione di precarietà
    che necessita di essere superata. Non sono certo i soli,
    ma sono però gli unici in questo momento ad avere
    l’opportunità di veder concludere questa fase della
    loro carriera e storia personale, caratterizzata da incertezze
    e promesse non mantenute. Non sono i soli perché
    il Governo, anziché accelerare le misure normative
    individuate dal centrosinistra per superarla, ha fatto
    della precarietà una scelta di sistema.
    A fronte di 60 mila posti vacanti, vi sono state solo
    18 mila immissioni in ruolo: questo è il risultato
    dell’azione compiuta quest’anno dal Governo ed è
    il fatto più importante che conferma che questo
    Governo ritiene utile disporre di personale non stabilizzato.

    Vi è dell’altro: l’incertezza e l’alimentazione
    della guerra tra poveri, prima attraverso la modifica
    della legge n. 124 del 1999, con l’unificazione della
    terza e della quarta fascia per l’immissione in ruolo,
    e ora attraverso le ventilate contraddittorie notizie
    di modifiche dei punteggi di cultura e di servizio, sono
    un’ulteriore conferma dello scarso rispetto del Governo
    e della maggioranza nei confronti dei lavoratori a tempo
    determinato, tanto più che all’orizzonte non vi
    è il miglioramento del sistema di formazione e
    di reclutamento dei docenti (magari attraverso un leale
    confronto parlamentare con le opposizioni), bensì
    l’ipotesi della chiamata diretta (vale a dire la privatizzazione
    del sistema di reclutamento).
    Tornando agli insegnanti di religione cattolica, ciò
    che ho descritto è il clima in cui ci si accinge
    a varare una legge finalizzata a dare uno stato giuridico…

    PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, la prego.
    PIERA CAPITELLI. …agli insegnanti di religione che,
    in sé, sarebbe stata giusta se fossero state tenute
    sotto controllo alcune problematiche delicate e fortemente
    legate alla complessità di questa materia, quali
    la mobilità. Invece, si è agito con noncuranza
    dei problemi veri e con una determinazione…
    PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, l’ho pregata, grazie.

    PIERA CAPITELLI. …finalizzata ad accreditarsi presso
    le autorità ecclesiastiche. Non credo ci si riferisca
    ad altro soggetto, perché questo provvedimento
    rischia di essere molto popolare perché ingiusto.

    Il problema del superamento del precariato si pone in
    un modo del tutto peculiare per questi lavoratori, la
    cui condizione è in gran parte predeterminata dal
    nuovo concordato e dai successivi accordi con la Santa
    sede e con la CEI, su cui lo Stato italiano d’altronde
    si è impegnato.
    PRESIDENTE. Onorevole Mariani, la prego!
    PIERA CAPITELLI. Tuttavia, dopo anni di esperienza e mantenendo
    inalterato l’impegno a riconoscere una rilevanza pubblica
    del fatto religioso e a riconoscere il metodo pattizio,
    avrebbero potuto essere ripensate alcune modalità
    di applicazione della normativa vigente, che hanno manifestato
    limiti obbiettivi, a partire dalla disciplina della revoca
    da parte dell’ordinario diocesano che, in più di
    un caso concreto, investendo non soltanto la conformità
    dottrinale, ma anche quella dei comportamenti privati,
    ha portato a varie perplessità e ricorsi. E invece
    sono state preferite…
    PRESIDENTE. Onorevole Capitelli, la prego di parlare avvicinandosi
    al microfono.
    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, è molto difficile
    parlare: sto gridando.
    Invece sono state preferite strade brevi che rischiano
    di fare apparire gli insegnanti di religione dei privilegiati
    che, senza il superamento dello specifico concorso per
    altre discipline diverse dalla religione, potranno, in
    caso di revoca dell’incarico da parte dell’ordinario diocesano
    o in caso di contrazione di organico, transitare ad altri
    ruoli a danno di altri colleghi. Un bel pasticcio! Lo
    Stato, in caso di revoca, si farebbe carico di una scelta
    compiuta da altri, danneggiando terzi: un bel capolavoro!

    Non si è nemmeno pensato di esigere come requisito
    per l’accesso al concorso per gli insegnanti di religione
    il possesso della doppia laurea.
    L’articolo 4, sul quale il mio gruppo sicuramente tornerà
    – si tratta senz’altro del punto più delicato di
    tutto il provvedimento -, andrebbe decisamente riscritto
    e quanto meno dovrebbero essere approvati i nostri emendamenti
    finalizzati alla riduzione del danno.
    A proposito dell’articolo 1, occorre dire invece che la
    scelta di sopprimerne molti commi non si identifica, quanto
    meno nelle intenzioni di molti, con la scelta di non dare
    uno stato giuridico agli insegnanti di religione, bensì
    con l’esigenza di dimostrare che esistevano più
    strade per affrontare e risolvere il problema. Molti emendamenti
    del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo dimostrano
    che ciò sarebbe stato possibile.
    Vorrei ricordare che una delle nostre linee emendative,
    quella finalizzata alla riduzione del danno e a cercare
    un’interlocuzione seria con la maggioranza, oltre a tutelare
    gli insegnanti di religione in caso di contrazione di
    cattedre, valorizza e rafforza il ruolo culturale e professionale
    degli insegnanti di religione. Questo infatti è
    il senso che abbiamo voluto sottolineare nel porre come
    condizione per l’accesso ai concorsi il doppio titolo,
    quello previsto dall’intesa per insegnare religione ed
    un diploma di laurea valido per l’ammissione ai concorsi
    ad altri posti di insegnamento.
    In Commissione non abbiamo avuto alcuna risposta alle
    nostre proposte. Voteremo quindi contro questo provvedimento
    se non ci saranno cambiamenti nel corso di questa discussione.
    Non ho molto speranza, considerata la scarsa attenzione…

    PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, la prego.
    PIERA CAPITELLI. …nei confronti di quello che stiamo
    proponendo, ma non si dica però che la sinistra
    non vuole sanare la situazione di precarietà degli
    insegnanti di religione. La sinistra voleva un confronto
    vero ed approfondito: sino ad ora questo non c’è
    stato. Vedremo nel corso della discussione (Applausi dei
    deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)!

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Duilio.
    Ne ha facoltà.
    LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei
    svolgere un breve intervento che intende riprendere le
    motivazioni più significative, a nostro avviso,
    perché si possa definire positivo questo provvedimento.

    Noi riteniamo che questa legge rappresenti un provvedimento
    positivo per molteplici ragioni. Innanzitutto, senza caricare
    la questione eccessivamente di enfasi ideologica – giacché
    sarebbe del tutto fuori luogo – noi crediamo si tratti
    di un provvedimento dovuto nei riguardi di moltissimi
    lavoratori – mi riferisco agli insegnanti di religione
    – che per moltissimi anni, nel nostro paese, hanno lavorato
    fianco a fianco, nel corpo docenti delle nostre scuole,
    per insegnare una "materia", la religione –
    lo voglio ricordare: la religione, non il catechismo,
    perché anche noi siamo convinti che il catechismo
    debba essere oggetto di percorsi formativi che si svolgono
    in altre sedi – che si richiama alla storia, alla cultura
    e alla spiritualità del nostro paese.
    Noi riteniamo che un paese democratico, in un’accezione
    non solo positivistica del diritto, debba sostanzialmente
    riconoscere, come dice la nostra Costituzione, ciò
    che esiste nella realtà. Peraltro, stiamo parlando
    di una "materia" pervasiva, una materia, oserei
    dire, che definisce i connotati culturali di un paese,
    anche di chi non si riconosce strettamente in una fede
    religiosa. Quindi, senza caricare di eccessiva enfasi
    questo problema, noi riteniamo si tratti di un atto dovuto,
    che forse sancisce il carattere di laicità del
    nostro paese, del nostro Stato, proprio perché,
    con grande serenità e tranquillità, prende
    atto di una situazione che esiste. Peraltro, come centrosinistra,
    noi avevamo già cominciato il percorso e solo a
    causa della fine della legislatura non lo abbiamo potuto
    concludere.
    Si tratta di un atto dovuto, come dicevo, nei riguardi
    di molti lavoratori che si dedicano all’insegnamento di
    questa materia; si tratta di un atto che fotografa un
    sentire comune, un sentire diffuso e una domanda consistente
    che viene confermata – lo voglio ricordare – ogni anno,
    allorché si chiede alle nostre scuole di insegnare
    la religione.
    Detto questo, vorrei dire due parole sugli emendamenti
    relativi all’articolo 1, rivolgendomi anche ai colleghi
    della sinistra. Certamente io non appartengo né
    personalmente né come formazione politica alla
    schiera di chi vuole strumentalizzare questa vicenda e
    comprendo benissimo alcune questioni che sono state poste.
    Noi ci siamo distinti, in particolare, per quanto riguarda
    l’articolo 1 – e forse anche più complessivamente
    – perché riteniamo sia giusto immettere in ruolo
    questo personale, questi insegnanti, dal momento che –
    e su questo si è giocata una distinzione che non
    voglio rimarcare – ragionando sull’altra possibile soluzione,
    abbiamo ritenuto che individuare, anno per anno, uno strumento
    come il contratto a tempo determinato sarebbe stato, sul
    piano fattuale, una deminutio, come strumentazione, e,
    sul piano più concettuale, probabilmente non molto
    giusto rispetto alle ragioni di fondo che richiamavo poco
    fa.
    Per quanto riguarda invece gli emendamenti che abbiamo
    presentato, vorrei richiamarne solamente due, che riteniamo
    abbastanza qualificanti e che offro ai colleghi del centrodestra,
    sperando che gli stessi li prendano in considerazione.
    Vorrei dire ai colleghi del centrodestra che noi, nel
    riconoscere il carattere laico del nostro Stato che, su
    questa materia, ha una sua obiettiva, intrinseca delicatezza,
    della quale dobbiamo essere consapevoli, dobbiamo anche
    evitare che, per eccesso di zelo, si determinino, all’interno
    del nostro ordinamento e della nostra realtà scolastica,
    dopo che avremo sanato questo problema, delle nuove "guerre
    di religione" – un’espressione che può sembrare
    un po’ originale -, cioè una situazione in cui
    gli insegnanti che non insegnano religione e che magari
    attendono di essere immessi in ruolo si possano sentire
    discriminati.
    In questo senso, abbiamo presentato due proposte emendative.
    Una di esse riguarda l’elenco per il quale crediamo si
    debba far riferimento ai titoli previsti dall’Intesa perché
    questa è, tra l’altro, materia concordataria. Vorrei
    ricordare, in questa sede, che si tratta di titoli conseguiti
    attraverso percorsi che ampliano il bagaglio culturale
    (non mi riferisco soltanto alle materie teologiche), rendendo
    il grado di acculturamento che si raggiunge nelle nostre
    facoltà assolutamente assimilabile – se non addirittura
    superiore – a quello che si raggiunge in altre facoltà
    universitarie. Ovviamente, mi rivolgo a coloro che ritengono
    che gli insegnanti di religione non abbiano una cultura
    adeguata: si sbagliano. Tuttavia, credo che questo elenco,
    dal punto di vista giuridico, non risponda ad una concezione
    esatta, perché, se non teniamo conto del punteggio
    conseguito nelle prove d’esame (rendendo tale elenco,
    di fatto, una vera graduatoria), si potrebbe determinare
    qualche problema, anche in termini di parità di
    trattamento all’interno dell’unica platea di personale
    incardinata nei ruoli organici dello Stato. Ciò
    potrebbe produrre, dunque, alcune conseguenze giuridicamente
    – se non addirittura costituzionalmente – rilevanti.
    Vorrei richiamare l’attenzione su un altro nostro emendamento
    (in questo modo, eviterò di intervenire successivamente,
    in sede di esame delle singole proposte emendative) riguardante
    la mobilità del personale nel caso in cui venga
    meno il presupposto per insegnare religione, o perché,
    a seguito della libertà individuale che ha portato
    a modificare i propri convincimenti e le proprie opinioni,
    si è nella posizione in cui manca il presupposto
    riconosciuto dall’ordinario diocesano – e quindi vi è
    la revoca – o perché non c’è la richiesta
    di tale insegnamento da parte degli alunni.
    Parlando di dipendenti dello Stato, dobbiamo preoccuparci
    di fare in modo che essi conservino il posto di lavoro;
    si tratta, infatti, di persone che hanno una famiglia
    e determinate esigenze. Dobbiamo evitare che questa diventi
    una forma surrettizia attraverso la quale si è
    abilitati ad insegnare altre materie seguendo un percorso
    che, nei fatti, diventa "privilegiato" e che
    va a ledere interessi ed aspettative di persone che, sul
    territorio nazionale, hanno seguito percorsi personali
    e familiari per acquisire un punteggio al fine di essere
    incardinati nei ruoli organici dello Stato. Dobbiamo evitare
    ciò perché rappresenterebbe un’ingiustizia,
    a mio avviso, insopportabile. Abbiamo, in tal senso, presentato
    una proposta emendativa; essa dispone che, quando viene
    a mancare il presupposto per insegnare religione o si
    passa ad un altro ruolo, quindi, conservando il posto
    di lavoro, si potrà fare altro (lo dico in modo
    esemplificativo non conoscendo tecnicamente la materia),
    come il bibliotecario, oppure, se si vuole insegnare un’altra
    materia (matematica, filosofia o altro, a condizione che
    si sia in possesso dell’abilitazione), ciò non
    può che avvenire attraverso l’inserimento in graduatorie
    – insieme agli altri insegnanti che aspirano a conseguire
    quel posto -, senza che questo determini surrettiziamente
    una via privilegiata che sarebbe un’ingiustizia non sopportabile,
    meno che mai in riferimento a quel concetto di laicità
    dello Stato di cui ho parlato precedentemente.
    Riteniamo che queste proposte emendative siano significative
    e qualificanti per ricondurre la materia ad una praticabilità
    che non crei una situazione di eccezionalità e
    di particolarità nei riguardi di questo personale,
    passando all’eccesso opposto, ossia dalla precarietà
    che esisteva precedentemente ad una tutela che prescinde
    da alcuni titoli che debbono essere posseduti e che li
    parificano agli altri insegnanti. Invito il centrodestra,
    la maggioranza, a tener conto di queste proposte emendative.

    Se riusciamo a compiere questo lavoro che qualifica nel
    merito il provvedimento che stiamo esaminando, potremo
    dire, non solo di aver compiuto un salto di qualità
    sul piano dei principi di uno Stato che riconosce ciò
    che esiste nella realtà sul piano culturale, storico
    e spirituale, ma anche di avere fatto un buon lavoro per
    produrre una buona legge (Applausi dei deputati del gruppo
    della Margherita, DL-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito
    il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la
    Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
    emendative presentate all’articolo 1.
    Ci tengo, tuttavia, a fare una valutazione. La Commissione
    ha dedicato alla discussione di questo disegno di legge
    molte ore e molte sedute, nel corso delle quali il contenuto
    del provvedimento è stato molto approfondito. È
    evidente, pertanto, che buona parte delle questioni è
    stata già risolta positivamente in Commissione
    con la collaborazione…
    PRESIDENTE. Ad ogni modo, il parere è contrario;
    questo è il dato.
    Il Governo?
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
    parere del Governo è conforme a quello espresso
    dal relatore.
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Martella
    1.7.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Gambale. Ne ha facoltà.
    GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intendo dichiarare
    e motivare il voto contrario del gruppo della Margherita,
    DL-l’Ulivo su questo emendamento.
    L’onorevole Capitelli ha svolto un intervento che ho molto
    apprezzato. Ella ha affermato che il suo gruppo ha proposto
    un’altra soluzione, non contraria a far uscire dalla condizione
    di precariato questi insegnanti, ma diversa. Noi consideriamo
    l’articolo 1 di questo disegno di legge un buon punto
    di equilibrio che, peraltro, si pone in continuità
    con il testo già approvato dal Senato, nella scorsa
    legislatura, con il consenso del Governo dell’Ulivo. Anche
    per questo lo sosteniamo. Ringraziamo, anzi, il Governo
    per la disponibilità dimostrata, in quanto alcune
    delle modifiche migliorative apportate durante il lavoro
    in Commissione sono dovute al contributo dato dal gruppo
    della Margherita, DL-l’Ulivo.
    Desidero anche precisare, signor Presidente, affinché
    questa discussione possa essere pacata e tranquilla, che
    non stiamo parlando dell’insegnamento della religione
    cattolica, ma degli insegnanti di religione cattolica,
    cioè di alcuni lavoratori che da anni sono impegnati
    nella scuola italiana, nella quale svolgono, spesso, anche
    funzioni di responsabilità e di collaborazione
    notevole con i capi di istituto e con gli altri docenti.
    Dobbiamo ricordare che le norme concordatarie, rese esecutive
    nel 1985, e l’intesa che ne è seguita chiedevano
    al Parlamento di legiferare in questa direzione da oltre
    diciassette anni. Ci abbiamo provato in varie legislature
    senza riuscirci. Oggi, con soddisfazione, consideriamo
    questa legge un buon punto di equilibrio. Sappiamo che
    la materia è complessa, anche perché invade
    la sfera dei rapporti dello Stato con un altro Stato,
    quello Vaticano (più in là, entreremo anche
    nel merito di alcune questioni riguardanti la revoca dell’idoneità).

    Il gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo considera l’immissione
    permanente in ruolo di questi docenti un punto di arrivo
    importante. Voglio anche dire, con grande sincerità,
    che troverete il mio gruppo sempre disponibile a lavorare
    in questa direzione perché siamo coscienti che
    la scuola italiana è immagine e fotografia della
    nostra società, diventata, ormai, multietnica,
    multirazziale ed anche multireligiosa. Perciò,
    credo sia molto importante affrontare il tema della presenza
    nelle nostre classi di ragazzi che professano altre religioni.

    Ogni volta che si tratterà di guardare avanti per
    venire incontro alle esigenze della nostra società,
    ci troverete sempre d’accordo. Oggi, però, mettiamo
    un punto fermo su una questione che riguarda questi lavoratori:
    da diciassette anni, essi vivono in una condizione di
    precariato; e credo sia giusto riconoscere loro, secondo
    le forme e le modalità previste da questo disegno
    di legge, uno status certo, una dignità professionale
    e la certezza del loro lavoro!
    PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Gambale.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso. Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, desidero chiarire quale
    sia il senso dell’emendamento Martella 1.7 di cui sono
    cofirmataria.
    Con esso intendiamo migliorare le condizioni di lavoro,
    normative ed economiche, degli insegnanti di religione
    cattolica nella scuola italiana, preoccupati – anche noi
    – per il disagio che essi vivono. Del resto, in questa
    direzione si sono mossi, negli ultimi decenni, i contratti
    collettivi nazionali di lavoro.
    Con questo emendamento noi proponiamo di rendere più
    stabili questi miglioramenti, anche per quanto riguarda
    la situazione previdenziale, i permessi per maternità
    e quant’altro estendendo il trattamento economico e di
    carriera, nella stessa misura di quello previsto per gli
    insegnanti a tempo indeterminato in servizio nel corrispondente
    ordine.
    Quello che non ci sembra possibile è che esista
    un organico stabile per una disciplina facoltativa. Io
    credo che questo sarebbe assai contraddittorio con quanto
    stabilito dal Concordato del 1984, quello firmato da Craxi
    e Casaroli, che dopo lunga, approfondita e direi tormentata
    discussione arrivò ed approdò alla formula
    dell’avvalersi o non avvalersi, come superamento dell’obbligatorietà
    dell’insegnamento della religione cattolica prevista dal
    Concordato del 1929. Voglio ricordare che anche in quel
    caso non si prevedeva il ruolo per gli insegnanti della
    religione cattolica. Io credo che la facoltà di
    avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento della religione
    cattolica debba essere una scelta di libertà, così
    come garantito e come ribadito da più di una sentenza
    della Corte costituzionale. Perciò, la nostra proposta
    consente ai docenti di religione cattolica di avere lo
    stesso trattamento giuridico ed economico di tutti gli
    altri insegnanti a tempo indeterminato, con esclusione
    della mobilità professionale, ma compresa la mobilità
    professionale nella pubblica amministrazione, in caso
    di perdita di posto per contrazione dell’organico o anche
    per la revoca della idoneità da parte dell’autorità
    diocesana.
    Vorrei ricordare che tutti i disegni di legge presentati
    nella scorsa legislatura prevedevano che con il ritiro
    dell’idoneità prevista dall’autorità diocesana
    ci fosse la risoluzione del rapporto di lavoro. Insomma,
    il nostro intento è quello di garantire questi
    lavoratori, ma all’interno di un quadro di rispetto costituzionale,
    di rispetto delle norme pattizie e, soprattutto, di rispetto
    dell’uguaglianza dei diritti di tutti lavoratori della
    scuola. Va da sé che la nostra proposta emendativa
    modifica anche la copertura finanziaria, perché
    noi prevediamo l’uguaglianza di trattamento non solo per
    il 70 per cento degli insegnanti di religione cattolica,
    ma per tutti gli insegnanti che insegnano religione cattolica
    nella scuola italiana.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto, a titolo personale, l’onorevole Bimbi. Le ricordo
    che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

    FRANCA BIMBI. Signor Presidente, io avrei dovuto parlare
    un attimo prima. Non esprimerò nessun voto durante
    l’esame di questa proposta di legge, perché faccio
    obiezione di coscienza rispetto al Concordato, in particolare
    su questo punto specifico dell’insegnamento della religione
    nelle scuole. La mia non è una posizione che vede
    un pericolo per la laicità dello Stato, quanto
    piuttosto per la libertà religiosa individuale,
    per la libertà di insegnamento, quindi rispetto
    all’articolo 2 e rispetto all’articolo 33 del della Costituzione,
    in quanto, entrando nel ruolo della scuola pubblica, questi
    insegnanti vedano condizionata sia la loro testimonianza
    religiosa sia la loro libertà di insegnamento da
    una autorità dalla quale non si vede come potrebbero
    dipendere, dal momento che sono insegnanti di ruolo di
    una scuola pubblica. Quindi, c’è un conflitto,
    a mio avviso, tra il Concordato ed i principi costituzionali.
    Non disconosco neanche molti aspetti positivi del Concordato,
    ma in questa situazione ritengo che contrasti con la libertà
    individuale che è il primo principio per cui si
    fanno anche i concordati e le intese.
    Io, però, non intendo essere dichiarata assente,
    perché la mia posizione riguarda la discussione
    in atto; tuttavia, non intendo appoggiare la mia scheda
    elettronica sul mio dispositivo di votazione. (Applausi
    di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
    GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, le ragioni della
    contrarietà che esprimerò su tutti gli articoli
    e nel voto finale sul provvedimento in esame sono state
    esposte nella discussione generale, ed ancora adesso,
    dall’onorevole Alba Sasso, nelle cui motivazioni mi riconosco
    pienamente.
    Che si possa pensare di immettere nel ruolo ordinario
    degli insegnanti, senza i concorsi attraverso i quali
    è selezionato il personale insegnante, e poi destinare,
    nel caso che venga meno il consenso dell’ordinario diocesano,
    tali insegnanti ad altre funzioni, è qualcosa che
    non può essere accettato in alcuna maniera.
    Capisco le ragioni per le quali è stata presentata
    la proposta emendativa Martella 1.7, volta a parificare
    il trattamento degli insegnanti che svolgono una funzione
    che non può essere considerata organica all’insegnamento.

    Voterò, quindi, a favore della proposta emendativa,
    ma contro gli articoli del provvedimento legislativo in
    esame e contro lo stesso nel voto finale.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Martella 1.7, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo e sul quale la
    V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 356
    Votanti 351
    Astenuti 5
    Maggioranza 176
    Hanno votato sì 136
    Hanno votato no 215.
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso Gianni
    1.1.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, la proposta emendativa
    che ci apprestiamo a votare è analoga, anche se
    formalmente non identica, alla precedente, per cui è
    stata distinta giustamente dagli uffici competenti. È
    separata dalla precedente proposta emendativa non solo
    per l’assenza della copertura, che in tal caso non mi
    sembrava necessario esplicitare, quanto per il fatto che
    gli insegnanti di religione cattolica, a cui ci riferiamo,
    sono quelli nominati annualmente, in base alle indicazioni
    delle competenti autorità diocesane.
    Si tratta di una precisazione che qualcuno ha ritenuto
    superflua, ma che, invece, non lo è, in quanto
    ribadisce il principio della nostra contrarietà
    all’impianto del provvedimento in esame sull’immissione
    in ruolo dell’insegnante di religione, e nello stesso
    tempo ribadisce, però, che nel momento in cui tali
    insegnanti ci sono, essi hanno diritto a garanzie, sebbene
    abbiamo obiezioni di fondo rispetto al fatto che la religione
    cattolica abbia un privilegio all’interno della scuola
    pubblica (ed io non faccio obiezione di coscienza al Concordato,
    in quanto, se non sono d’accordo con lo stesso, coerentemente,
    voto contro tale provvedimento, dal momento che disponiamo
    dello strumento delle votazioni parlamentari, che è
    superiore all’obiezione di coscienza, per esprimere la
    nostra contrarietà sia verso gli articoli del provvedimento
    in esame sia nella votazione finale dello stesso), pur
    tuttavia, ci rendiamo conto che si tratta, comunque, di
    lavoratrici e lavoratori, rappresentanti di una parte
    sociale a cui siamo molto sensibili; quindi, pur ribadendo
    le molteplici precisazioni sul loro status giuridico,
    siamo favorevoli, nella costanza del loro rapporto di
    lavoro, a che il loro trattamento economico e di carriera
    sia quello previsto dal contratto nazionale degli insegnanti
    a tempo indeterminato nel corrispondente ordine scolastico.

    Tali sono le ragioni della nostra proposta emendativa
    di cui raccomandiamo all’Assemblea l’approvazione.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 1.1, non
    accettato dalla Commissione né dal Governo e sul
    quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 360
    Votanti 354
    Astenuti 6
    Maggioranza 178
    Hanno votato sì 120
    Hanno votato no 234).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
    1.2 e Grignaffini 1.8, non accettati dalla Commissione
    né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio)
    ha espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 368
    Votanti 360
    Astenuti 8
    Maggioranza 181
    Hanno votato sì 111
    Hanno votato no 249).
    Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Alfonso
    Gianni 1.3 e Guerzoni 1.9.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Sasso. Ne ha facoltà.
    ALBA SASSO. Signor Presidente, ribadiamo la nostra contrarietà
    all’articolo 1 e perciò, nella linea emendativa
    illustrata dall’onorevole Capitelli mirante alla riduzione
    del danno, proponiamo che dopo le parole "trattamento
    economico" si aggiungano le seguenti:" per gli
    insegnanti a tempo indeterminato". Tali proposte
    emendative vanno quindi nella direzione già illustrata:
    intendiamo tutelare questi lavoratori equiparando le loro
    condizioni economiche e normative a quelle degli insegnanti
    a tempo indeterminato, senza però garantire il
    ruolo, cioè un organico definito e preesistente
    alle domande ai fini dell’avvalersene o del non avvalersene
    da parte degli studenti.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Signor Presidente, i deputati del gruppo
    della Margherita esprimeranno un voto contrario su queste
    identiche proposte emendative, così come già
    fatto sui precedenti emendamenti, perché è
    evidente che queste tendono a sostituire l’impianto della
    legge, da noi invece condiviso, rappresentato dall’immissione
    in ruolo degli insegnanti di religione. Non si tratta
    solo di garantire il trattamento economico, perché
    questo è già previsto dalla contrattazione
    collettiva! Anzi, già oggi, dal punto di vista
    del trattamento economico, non vi è alcuna differenza!
    Il problema riguarda, invece, il trattamento previdenziale
    o la progressione di carriera: sostanzialmente, l’inserimento
    degli insegnanti di religione così ed esattamente
    come sono. Già oggi l’insegnamento della religione
    – faccio riferimento all’intervento della collega Sasso
    – è considerata materia curricolare, ed è
    materia curricolare tant’è vero che gli insegnanti
    di religione partecipano, insieme al resto del corpo docente,
    ai momenti di valutazione finale degli alunni nonché
    a tutti gli altri momenti attinenti ai diritti-doveri
    degli insegnanti.
    Non vi è quindi alcun dubbio che si stiano applicando
    esattamente gli impegni assunti dal Concordato e che non
    si stia affatto andando contro di esso! Anzi, siamo in
    clamoroso ritardo nell’attuazione del Concordato con la
    legge attuativa del 1985, e lo siamo proprio sulla parte
    più rilevante, cioè lo status degli insegnanti
    di religione. Mi pare, pertanto, che non vi sia alcunché
    di incostituzionale e che, tantomeno, vi sia qualcosa
    che vada contro il Concordato. Se la ragione è,
    ovviamente, la contrarietà alla modifica del Concordato,
    la rispettiamo, ma, lo ripeto, sarebbe fuorviante discutere
    di questioni che non attengono al dibattito odierno. Per
    queste ragioni esprimeremo un voto contrario sugli identici
    emendamenti Alfonso Gianni 1.3 e Guerzoni 1.9.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, per proseguire il mio
    dialogo con i colleghi della Margherita faccio presente
    il carattere incongruo della posizione appena descritta
    dal mio amico, onorevole Delbono; infatti la Camera ha
    già purtroppo respinto l’emendamento a mia firma
    1.2, identico all’emendamento Grignaffini 1.8: ebbene,
    erano esattamente quelli gli emendamenti che tendevano
    ad escludere l’inserimento nei ruoli e a mantenere il
    principio della nomina ai sensi della legislazione vigente.

    A questo punto, con l’articolo 1 che resta purtroppo in
    vita così come proposto nel testo dalla Commissione,
    si incontra il successivo mio emendamento 1.3, identico
    a quello presentato dai colleghi Guerzoni, Sasso ed altri;
    con questi, pur essendo tali insegnanti inseriti nei ruoli,
    si prevede e si precisa che almeno il loro trattamento
    economico sia quello previsto per gli insegnanti a tempo
    indeterminato.
    Francamente non comprendo il motivo per il quale, una
    volta che ci avete battuti sul principio dei ruoli, vogliate
    anche negare che il trattamento economico di questi insegnanti,
    appunto inseriti nei ruoli contro la nostra volontà,
    sia parificato a quello degli insegnanti a tempo indeterminato.
    Si tratta di una contraddizione clamorosa, che i colleghi
    della Margherita sarebbe bene sciogliessero definitivamente.

    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
    1.3 e Guerzoni 1.9, non accettati dalla Commissione né
    dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha
    espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 361
    Votanti 351
    Astenuti 10
    Maggioranza 176
    Hanno votato sì 116
    Hanno votato no 235).
    Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Alfonso
    Gianni 1.4 e Nigra 1.10.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte
    ad uno dei commi peggiori di questo articolo. Vorrei riuscire
    a richiamare l’attenzione dei colleghi dal momento che,
    forse, alcuni di loro hanno figli piccoli o comunque parenti
    di questa età.
    Il comma in questione prevede che nella scuola materna
    ed in quella elementare l’insegnamento della religione
    cattolica possa essere affidato ai docenti di sezione
    o di classe riconosciuti idonei. In altri termini, l’insegnante
    di un bambino (ciò è accaduto a mio figlio
    quando aveva questa età) che frequenta la scuola
    elementare (non cambia il fatto che sia una figura unica
    o sdoppiata), la quale insegna tutte le altre materie,
    improvvisamente ottiene un’investitura da parte della
    diocesi e diventa insegnante di religione.
    Cosa fa un padre che intende esercitare il diritto di
    opzione, non potendolo fare ovviamente il bambino che
    non ha possibilità di libera scelta? Un padre democratico
    che ha un bambino di sette o otto anni lo consulta. Ebbene,
    egli esercita un diritto che questo Parlamento ha stabilito
    con legge, ossia il diritto di stabilire che il figlio
    non segua l’insegnamento della religione cattolica, bensì
    svolga altre attività. Evidentemente, questo bambino
    non andrà al bar. Egli non può uscire da
    scuola e fare altre cose, ma occorre che la scuola appresti
    per lui, in quell’ora di religione, attività alternative.

    Tuttavia, cosa accade se la figura dell’insegnante è
    la stessa? Onorevoli colleghi, si mette in moto un micidiale
    ricatto psicologico, nel senso che quei bambini che hanno
    operato quella scelta sono gli unici ad uscire dalla loro
    classe, mentre tutti gli altri seguono l’ora di religione
    con la stessa insegnante. Ebbene, ciò è
    insopportabile! Questa norma, cari colleghi cattolici,
    cari colleghi del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo,
    cari colleghi della lobby trasversale vaticanea, è
    insopportabile perché impedisce (Commenti dei deputati
    dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)…
    Potete anche muggire quanto volete, ma ve lo ripeto. Ciò
    impedisce anche ad un’infima minoranza – alla quale mi
    onoro di appartenere, che non fa obiezione di coscienza
    ma esprime un voto contrario quando gli strumenti del
    Parlamento lo permettono – di dire a un bambino che, se
    la legge permette di esercitare una facoltà di
    scelta, egli può esercitarla, senza essere sottoposto
    ad un ricatto. Questo è un punto essenziale. Voi
    non potete approvare questo comma così com’è,
    perché è inaccettabile! Se vi sono insegnanti
    di religione, essi devono essere diversi dalla figura
    del maestro e della maestra, altrimenti il meccanismo
    della scelta alternativa, della libera scelta non funziona
    ed è impraticabile dal punto di vista effettivo.
    Questo è il punto e per tale motivo insistiamo
    sull’abolizione del comma 3 dell’articolo 1 che contiene
    questa negazione della possibilità di scelta del
    genitore (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
    comunista).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
    GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, effettivamente il
    comma 3 dell’articolo 1 crea una commistione, che non
    è accettabile, tra la funzione di insegnamento
    ordinario nelle scuole elementari e materne e le funzioni
    di un insegnamento facoltativo come quello della religione
    cattolica. Ciò crea una condizione particolare
    non solo dal punto di vista dei bambini ai quali faceva
    riferimento l’onorevole Alfonso Gianni, ma anche dal punto
    di vista degli insegnanti, che verranno discriminati tra
    coloro i quali sono disposti ad impartire tale insegnamento
    e coloro i quali non lo sono, con una condizione che crea
    una situazione particolarmente grave all’interno dell’insegnamento
    scolastico. Per questo motivo, tale emendamento dovrebbe
    essere approvato dal Parlamento.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Vorrei motivare telegraficamente la ragione
    per cui abbiamo presentato un emendamento dal contenuto
    analogo a quello che ha illustrato l’onorevole Alfonso
    Gianni, ma con un intento molto diverso. Il comma 3 dell’articolo
    1, in realtà, non fa altro che recitare quanto
    già previsto attualmente dall’intesa tra Stato
    e Chiesa. Quanto previsto nel comma 3 avviene già
    oggi nella scuola elementare. Pertanto, a nostro giudizio
    – e da ciò scaturisce l’emendamento soppressivo
    del comma 3 – questa parte del testo era assolutamente
    ridondante, inutile, aggiuntiva. Ci sembra opportuno,
    dunque, eliminarla dal testo di una nuova legge che si
    diversifica rispetto alla situazione esistente e che,
    invece, lascia immutato tale aspetto.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
    1.4 e Nigra 1.10, non accettati dalla Commissione né
    dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha
    espresso parere contrario.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 376
    Votanti 368
    Astenuti 8
    Maggioranza 185
    Hanno votato sì 120
    Hanno votato no 248).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Zeller 1.5, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 380
    Votanti 375
    Astenuti 5
    Maggioranza 188
    Hanno votato sì 36
    Hanno votato no 339).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Zeller 1.6.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, modificando
    il parere precedentemente espresso la Commissione invita
    al ritiro dell’emendamento Zeller 1.6.
    PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non accedono
    all’invito al ritiro formulato dal relatore.
    Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Zeller 1.6, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo e sul quale la
    V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 383
    Votanti 377
    Astenuti 6
    Maggioranza 189
    Hanno votato sì 37
    Hanno votato no 340).
    Prendo atto che l’onorevole Pasetto avrebbe voluto astenersi.

    Passiamo alla votazione dell’articolo 1.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Grignaffini. Ne ha facoltà.
    GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, prendo la parola
    per dichiarare il voto contrario del gruppo dei Democratici
    di sinistra all’articolo 1 perché è quello
    che più ci consente di dire che attraverso questo
    provvedimento abbiamo sprecato un’occasione. L’occasione
    era quella di rispondere con dignità e laicità
    ad una questione vera che riguarda i diritti di tali insegnanti
    e l’applicazione puntuale delle norme concordatarie. Si
    trattava, dunque, di dare alcune certezze e di definire
    alcune modalità per quanto riguarda la situazione
    di precarietà in cui vivono gli oltre 20 mila insegnanti
    di religione cattolica nel nostro paese.
    Con questo dispositivo di legge, però, non ci siamo
    limitati a rispondere ad un diritto ed a dar corso al
    negoziato dei patti concordatari. Abbiamo fatto alcune
    operazioni che – consentitemelo, colleghi – trovo molto
    gravi, nella doppia accezione che ci ha ricordato prima
    la collega Bimbi. Sono molto gravi dal punto di vista
    della libertà di religione che è, innanzitutto,
    una scelta individuale di coscienze, rispetto a cui la
    precostituzione di un corpo di 25 mila insegnanti come
    corpo docente è il passaggio dalla configurazione
    della religione cattolica come libera scelta alla religione
    cattolica come religione di Stato che sempre più
    impone il proprio arbitro e la propria articolazione.
    Il secondo aspetto è dello stesso ordine e si riferisce
    alla libertà di insegnamento, altro punto cardine
    nella nostra Costituzione, non solo scritta ma anche materiale.

    Aggiungo anche che è un punto cardine di quello
    stesso fondamento della cultura cristiana e cattolica
    che fa della divisione tra studium e sacerdotium il proprio
    punto centrale costitutivo. Non si possono confondere
    questi due piani, perché proprio nel rispetto reciproco
    degli ambiti della libertà di insegnamento e di
    quella di religione sta il fondamento di quella civiltà
    cristiana e cattolica che qui viene evocata per sostenere
    la positività di queste norme. Invece, con questo
    provvedimento si invadono pesantemente tali ambiti, dal
    momento che ci troviamo di fronte ad una scelta degli
    insegnanti delegata all’autorità ecclesiastica.
    Insegnanti che, grazie al principio di mobilità,
    si trovano non solo a scavalcare nelle graduatorie altri
    insegnanti con eguali e maggiori diritti, ma anche a ricoprire
    una carica pubblica, su indicazione di un’autorità
    che pubblica non è.
    È la coscienza cattolica che dovrebbe reagire a
    questo punto del provvedimento, che mina alla radice quella
    distinzione – lo ripeto ancora una volta – tra il sapere
    e la libertà religiosa: nessuna soggezione per
    la libertà religiosa (neppure, appunto, alle questioni
    del sapere) e, viceversa, nessuna imposizione per il sapere,
    sia essa quella del principe o del sacerdote.
    È per questa ragione che noi, avendo avanzato proposte
    che rispondevano al principio dei diritti e della stabilizzazione
    di questo personale – ma mantenendo saldi questi principi
    -, esprimeremo un voto contrario sull’articolo 1 (Applausi
    dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 1.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 376
    Votanti 369
    Astenuti 7
    Maggioranza 185
    Hanno votato sì 254
    Hanno votato no 115).
    (Esame dell’articolo 2 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 2 e delle
    proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
    A – A.C. 2480 sezione 4).
    Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
    il parere della Commissione.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. La Commissione esprime
    parere contrario sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
    2.1 e Martella 2.2.
    PRESIDENTE. Il Governo?
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Il Governo esprime parere
    conforme a quello del relatore.
    PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati presentati solo
    due emendamenti interamente soppressivi dell’articolo,
    porrò in votazione il mantenimento dell’articolo
    2.
    Passiamo pertanto alla votazione dell’articolo 2.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Motta. Ne ha facoltà.
    CARMEN MOTTA. Il nostro emendamento, che chiede la soppressione
    dell’articolo 2, parte da una questione di principio che
    ritengo difficilmente contestabile. Il relatore, in sede
    di discussione generale, ha dichiarato che la consistenza
    delle dotazioni organiche per i ruoli, come previsto dall’articolo
    1, è pari al 70 per cento dei posti funzionanti.
    Questa ipotesi, egli sostiene, è spiegata dalla
    peculiarità dell’insegnamento che mal si adatta
    – cito le parole testuali del relatore – alle rigidità
    proprie della messa in ruolo del personale.
    Ho voluto citare le parole del relatore perché
    in sostanza si riconosce che, essendo l’insegnamento della
    religione cattolica un insegnamento facoltativo, il numero
    di classi e quindi dei docenti deve essere impostato –
    usando sempre le parole del relatore – con elasticità.
    Ma è appunto questa elasticità che non ci
    trova d’accordo, nel senso che non è corretto introdurre
    con una legge ordinaria una norma sull’organico degli
    insegnanti che introduce una contraddizione di fatto innegabile.
    Si prevede cioè un organico stabile – sottolineo
    stabile, colleghi -, calcolato in percentuale, proprio
    per il carattere facoltativo della materia e per la particolarità
    del reclutamento.
    In sostanza, si istituisce la preesistenza di un ruolo
    organico dei docenti alla scelta annuale degli studenti
    di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione
    cattolica. Questo è il punto di contraddizione,
    che determina la nostra contrarietà, non altro.

    Infatti, non è possibile che, anche nel rispetto
    dello spirito costituzionale, vi possa essere un organico
    di docenti – sia pure pari al 70 per cento dei posti di
    insegnamento complessivamente funzionanti – che preesista
    ad ogni scelta e che, anzi, ne prescinda. Ciò costituisce
    il secondo elemento di notevole contraddittorietà
    dell’esistenza e delle dimensioni della scelta di avvalersi
    di questo insegnamento.
    Infine, se l’organico dei docenti di religione cattolica
    preesiste alla scelta annuale degli studenti – così
    come ha precisato la Corte costituzionale in alcune sentenze
    -, ciò cambia radicalmente la natura della soluzione
    concordataria, per la presenza nella scuola pubblica di
    un insegnamento confessionale.
    Tra le condizioni stabilite dalle Corte costituzionale,
    assume particolare rilievo proprio lo stato di non obbligo
    in cui si devono trovare gli studenti che non intendono
    – sottolineo non intendono – avvalersi di tale insegnamento.
    Infatti, mai si sono potute considerare obbligatorie le
    cosiddette materie alternative. Dunque, sarebbe necessario
    prevedere un organico anche per questi insegnanti altrimenti,
    per le materie cosiddette alternative, stiamo parlando
    di insegnanti di categoria inferiore.
    Dalle sentenze della Corte costituzionale è stato,
    inoltre, confermato che l’insegnamento della religione
    cattolica è materia che lo Stato è obbligato
    ad offrire, ma a chi se ne voglia avvalere; questo è
    il vero spirito cui avrebbe dovuto ispirarsi una normativa
    che si sforzasse di rispettare e agevolare la scelta di
    chi vuole l’insegnamento religioso e di chi, invece, non
    intende avvalersene. Si tratta di materie che hanno lo
    stesso diritto di cittadinanza, al di là del loro
    numero e della scelta per eventuali discipline alternative
    che – come sappiamo – sono un po’ la Cenerentola dell’offerta
    formativa nelle scuole.
    Colleghi, non vorrei che queste mie osservazioni vi sembrino
    volte ad una pura contraddizione…
    PRESIDENTE. Onorevole Motta, la invito a concludere.
    CARMEN MOTTA. Presidente, sto per terminare.
    Si tratta di osservazioni di buonsenso e assolutamente
    coerenti con l’impostazione e con le norme previste dagli
    accordi concordatari e dall’intesa tra Ministero della
    pubblica istruzione e Conferenza episcopale, recepite
    nel decreto del Presidente della Repubblica del 1985.

    Vale la pena rifletterci e, probabilmente, c’è
    ancora il tempo per correggere quella che riteniamo una
    forzatura (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
    di sinistra-l’Ulivo e Misto-Verdi-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
    GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, questo è un
    articolo cruciale di questo disegno di legge, rispetto
    al quale la Camera dovrebbe accogliere la proposta emendativa
    volta a sopprimerlo.
    Infatti, mentre nel Concordato del 1929 l’insegnamento
    della religione cattolica era previsto come un insegnamento
    ordinario dal quale lo studente poteva decidere di essere
    esentato, nell’Accordo che ha sostituito il Concordato
    del 1929 l’insegnamento della religione cattolica è
    un insegnamento del quale lo studente può decidere
    di avvalersi.
    In queste condizioni non è possibile stabilire
    a priori quale debba essere il numero di insegnanti che
    possono erogare l’insegnamento religioso. Che il testo
    di legge, con la motivazione fornita dal relatore – il
    quale ha ammesso che non si può stabilire un ruolo
    numericamente fissato, trattandosi di insegnamento facoltativo
    di cui i giovani possono avvalersi o meno -, preveda,
    invece, una percentuale del 70 per cento rispetto alla
    situazione attuale, rappresenta una contraddizione in
    termini.
    Oltretutto, poiché il numero di bambini che nei
    prossimi anni tenderanno ad avvalersi dell’insegnamento
    della religione cattolica andrà rapidamente decrescendo,
    per l’arrivo in Italia di popolazioni che hanno credi
    religiosi diversi da quello cattolico, è chiaro
    che attraverso questa normativa predisponiamo che un certo
    numero di insegnanti entrino nei ruoli dello Stato, attraverso
    un concorso che non è ordinario, per svolgere altre
    funzioni di insegnamento o altre attività nel settore
    pubblico, al di fuori delle norme che regolano l’ingresso
    nel corpo degli insegnanti o nella pubblica amministrazione.

    È, quindi, una norma incostituzionale che va ben
    oltre il concordato del 1984, recepito nel 1985. È,
    in sostanza, una norma che va abrogata, se il Parlamento
    esamina con attenzione queste normative.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
    ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, vorrei intervenire
    su un passaggio cruciale di questo provvedimento perché
    in questo modo si altera un punto di equilibrio raggiunto
    con il Concordato e con i protocolli aggiuntivi. Cosa
    avviene? Rispetto ad una richiesta variabile, che deve
    rimanere tale per principio, nei confronti dell’insegnamento
    facoltativo della religione, si determina un’offerta rigida,
    modificando la natura del difficile punto di equilibrio
    del Concordato.
    In più, si crea un canale alternativo che vale
    soltanto per questi insegnanti, allo scopo di utilizzarli
    anche per altri insegnamenti. Insomma, abbiamo istituito
    la cassa integrazione a vita della diocesi. Questo è
    ciò che il Parlamento italiano sta per approvare
    (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici
    italiani).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, sono d’accordo con
    tutte le considerazioni svolte dai colleghi a sostegno
    anche del nostro emendamento soppressivo dell’articolo
    2. Vorrei aggiungere una considerazione di fondo, anche
    per sottolineare che la nostra opposizione a questo testo
    viene da lontano e continuerà, non essendo dovuta
    ad una resipiscenza dell’ultimo momento. Naturalmente,
    e per propri maliziosi interessi, la cortese sottosegretaria
    Aprea ha fatto presente come alcune norme contenute in
    questo provvedimento derivino esplicitamente dal remake
    del Concordato del 1984, firmato dal cardinale Agostino
    Casaroli e dall’allora Presidente del Consiglio, onorevole
    Bettino Craxi, sulla base di uno schieramento politico
    che comprendeva molte forze politiche che, in questa sede,
    hanno visto alcuni loro esponenti assumere una posizione
    di contrarietà – da me condivisa – nei confronti
    dell’articolo 2.
    Sono disastri che vengono da lontano, ma non per questo
    dobbiamo incrementarli. Quindi, abbiamo l’occasione per
    fermarli. L’articolo 2 e, come vedremo, l’articolo 3,
    sono il cuore di questa manovra legislativa.
    Qui c’è il principio di una rigidità, come
    veniva detto poco fa, e c’è la possibilità
    concreta che chi viene immesso in ruolo possa poi scavalcare
    altri o assumere altre funzioni didattiche all’interno
    della organizzazione scolastica. Vi è il principio
    della sovrapposizione delle competenze in una materia
    che ne dovrebbe vedere una, sola ed esclusiva, trattandosi
    di scuola pubblica: quella dello Stato repubblicano, dello
    Stato nato dalla Costituzione, in sostanza, della Repubblica
    italiana. Vi è anche quella considerazione che
    è stata giustamente introdotta nella discussione
    a cui avevo fatto cenno anche in sede di discussione generale,
    e che è utile per il nostro ragionamento. In altre
    parole, che lo vogliano o meno alcuni esponenti, per lo
    più gli esponenti delle destre al Governo, che
    lo voglia o meno la legge Bossi-Fini, il destino del nostro
    paese, come d’altro canto di tutti paesi del mondo, è
    quello di avere una presenza multietnica e plurietnica,
    multirazziale e plurirazziale e conseguentemente, multiculturale
    e multireligiosa all’interno del proprio territorio. Si
    porrà sempre con maggiore forza il problema – che
    noi abbiamo posto teoreticamente e che invece si proporrà
    materialmente e pragmaticamente – di una molteplicità
    di insegnamenti religiosi. In altre parole, si tratta
    di quel principio laico per cui l’insegnamento non è
    di una religione, ma è della storia delle religioni,
    come pezzo della cultura millenaria dell’umanità,
    un pezzo sedimentato, che noi intendiamo valorizzare e
    non mistificare, senza cercare di metterlo in un angolo.
    Questo principio, che sarebbe già comprensibile
    per via storico-teorica e per via filosofica, si imporrà
    per via pragmatica. A questo punto, come lo governeremo?
    Cercando di temperare uno scontro tra integralismi religiosi
    o, appunto, aprendo la cultura laica alla sensibilità
    del pensiero religioso nelle sue diverse forme, quelle
    che concretamente ha assunto nella storia e che concretamente
    assume nel presente, poiché tante donne e tanti
    uomini fanno scelte diverse, pur accedendo tutti insieme
    – quelli che ritengono che sia opportuno farlo – ad un’idea
    di trascendenza.
    Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza di
    questo testo di legge, anche rispetto alla modernità
    che viene avanti. Pertanto, non ha senso, sottosegretario
    Aprea, dire che queste norme derivano dal testo Casaroli-Craxi
    del 1984. Sì, se si è lì commesso
    un disastro, i 18 anni che ci separano da quella data
    qualche cosa hanno prodotto di diverso e da questo noi
    dovremmo imparare. Questa è la ragione per cui
    siamo contrari all’approvazione di questo articolo 2.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

    MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    anche noi siamo veramente indignati per questo provvedimento.
    Abbiamo già votato l’articolo 1 ed è ormai
    chiaro che questo provvedimento non è teso a risolvere
    le condizioni concrete e di lavoro di questi insegnanti
    di religione, ma è sicuramente un’accelerazione
    che interviene pesantemente nella materia costituzionale
    ed anche in quella concordataria: si opera una ferita
    della materia costituzionale e concordataria. L’hanno
    già detto i colleghi, ma occorre ribadirlo. Si
    lede pesantemente il diritto di chi non vuole usufruire
    della religione cattolica – quindi, si tratta di una disparità
    di trattamento -, ma si deforma anche la libertà
    di scelta e la libertà di religione. Io credo che
    – adesso è chiarissimo – se si elimina questa transitorietà
    (i colleghi lo hanno spiegato molto bene), si elimina
    l’elemento strutturale a garanzia di questi principi costituzionali
    e anche della materia concordataria. Le sentenze della
    Corte costituzionale in questo senso sono state esemplari
    e chiarissime.
    Credo che dovrebbe suscitare anche indignazione perché
    l’urgenza di questo provvedimento viene richiamata mentre
    la maggioranza sta votando una finanziaria indecente riguardo
    alla tutela degli altri operatori della scuola. Si tagliano
    risorse, si impediscono nuove assunzioni, persino tra
    gli insegnanti di sostegno. Si opera una accelerazione
    su questo provvedimento, in una materia delicatissima,
    che sconvolge e crea un vulnus nella materia costituzionale
    e concordataria senza dare certezza, risorse ed atti concreti
    a tutti gli altri lavoratori della scuola.
    La posizione della maggioranza non mi suscita indignazione
    o perplessità: ciò riguarda esclusivamente
    la loro coscienza, la loro propaganda e ipocrisia, perché
    la Chiesa viene ascoltata quando si parla di famiglie
    sposate mentre non viene ascoltata quando si parla di
    pace, viene ascoltata quando si parla degli insegnanti
    di religione della scuola privata mentre non viene ascoltata
    quando si parla di indulto. Mi rivolgo, invece, ai colleghi
    della Margherita: questo è un provvedimento delicatissimo,
    pertanto serve una bussola, una cultura di riferimento
    generale. Non credo ci si possa affidare alla libertà
    di coscienza o a un voto difforme all’interno dello stesso
    gruppo, ci vuole una scelta precisa di cultura di riferimento
    perché si tratta di un problema di laicità.
    La laicità è un pensiero moderno, forte
    e democratico, che non ha niente a che vedere con l’anticlericalismo;
    essa dovrebbe riguardare tutti, laici e cattolici. La
    laicità rappresenta il tema del provvedimento,
    perché ricordo, e i colleghi lo sanno bene, che
    quando anche il diritto canonico può permettere
    di interrompere rapporti di lavoro per questioni inerenti
    materie come l’aborto o il divorzio, che riguardano leggi
    ordinarie dello Stato, si crea un vulnus anche, e soprattutto,
    rispetto alla sovranità dello Stato. Chiedo allora
    coerenza e rigore, perché questo provvedimento
    non è secondario ma tocca pesantemente la materia
    costituzionale e concordataria, mettendo in discussione
    la sostanza della cultura laica che dovrebbe tenerci tutti
    insieme.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Cima. Ne ha facoltà.
    LAURA CIMA. Grazie Presidente. A causa della fretta con
    cui l’esame di questo provvedimento sta procedendo, noi
    del gruppo dei Verdi non siamo riusciti a presentare in
    tempo emendamenti; pertanto vorrei chiedere di aggiungere
    la mia firma agli emendamenti soppressivi dell’articolo
    2 e dell’articolo 3.
    Non intendo ripetere le considerazioni svolte da tutti
    i colleghi intervenuti precedentemente nel giudicare questo
    provvedimento assolutamente inopportuno ed anacronistico
    rispetto all’attuale situazione multiculturale, in cui
    vi sono ormai tanti bambini che frequentano la scuola
    pubblica di religioni differenti da quella cattolica,
    nonché non risolutivo del problema che avrebbe
    dovuto affrontare veramente: quello dello stato giuridico
    degli insegnanti di religione cattolica. Tale problema
    andava affrontato in termini ben diversi, come peraltro
    facevano gli emendamenti all’articolo 1, sui quali abbiamo
    espresso un voto favorevole. Naturalmente, voteremo a
    favore di questi emendamenti soppressivi in base a tutte
    le motivazioni precedentemente espresse dai colleghi che
    hanno presentato gli emendamenti.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
    EMILIO DELBONO. Signor Presidente, il gruppo della Margherita
    esprimerà un voto favorevole sull’articolo 2, conseguentemente
    all’approvazione dell’articolo 1, che tratta della disciplina
    dell’immissione in ruolo. Vorrei, tuttavia, richiamare,
    in modo assolutamente misurato, alcuni interventi dei
    colleghi, importanti dal punto di vista della sostanza.

    Il gruppo della Margherita non si sente affatto incoerente
    nell’esprimere un voto favorevole sull’articolo in esame
    perché questo testo, che prevede una determinata
    soluzione circa l’immissione in ruolo, ricalca il disegno
    di legge del Governo di centrosinistra (a firma del ministro
    Berlinguer e successivamente di De Mauro), approvato,
    tra l’altro, in prima lettura al Senato, nella precedente
    legislatura, con il voto contrario del gruppo di Rifondazione
    comunista. Pertanto, bisogna avere memoria storica e ricostruire
    le vicende nel modo in cui sono accadute.
    La seconda questione riguarda il profilo di incostituzionalità.
    Per correttezza nei confronti dei colleghi, bisogna ricordare
    che la legge 121 del 1985, attuativa del Concordato, è
    stata sottoposta al giudizio della Corte costituzionale
    molte volte; in modo particolare, è stato sottoposto
    a tale giudizio l’articolo 9 della suddetta legge secondo
    il quale la Repubblica italiana, riconoscendo il valore
    della cultura religiosa e tenendo conto che i principi
    del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
    popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel
    quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
    della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni
    ordine e grado. Conseguentemente, nel protocollo si dava
    mandato per la definizione dello status giuridico degli
    insegnanti di religione.
    La Corte costituzionale è intervenuta ben due volte
    in modo significativo: nel 1989, con la sentenza n. 203
    e, successivamente, nel 1991, con la sentenza n. 13. In
    entrambi i casi, ha riconosciuto la totale legittimità
    costituzionale della legge n. 121 e, conseguentemente,
    di tutti i protocolli addizionali, affermando inoltre
    che l’insegnamento della religione cattolica nella scuola
    pubblica non collide con il principio di laicità
    dello Stato perché non è impartito sulla
    scorta di una scelta confessionale dello Stato stesso,
    bensì in base a due ordini di valutazioni: il valore
    formativo della cultura religiosa e l’acquisizione dei
    principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del
    popolo italiano. Questo insegnamento, affermava la sentenza
    della Corte costituzionale n. 13 del 1991, si pone al
    servizio di concrete istanze della coscienza civile e
    religiosa dei cittadini, il tutto confermato dal diritto
    soggettivo della scelta e dalla non obbligatorietà
    delle materie alternative. Siamo, quindi, esattamente
    in sintonia con la Corte costituzionale e non solo con
    la materia concordataria.
    La terza questione riguarda le cifre menzionate. La percentuale
    del 70 per cento tiene conto della realtà odierna
    in cui si registra una certa stabilizzazione dell’insegnamento
    della religione, oltre alle 18 ore già previste
    nelle scuole per l’infanzia, per il 63,8 per cento degli
    insegnanti di religione, e nella scuola media superiore
    per il 71 per cento. Pertanto, quel 70 per cento di dotazioni
    organiche, in realtà, permette una certa flessibilità,
    dovuta ad un’eventuale modifica dell’assestamento di coloro,
    le famiglie ed i ragazzi, che scelgono l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola, e tiene conto
    dell’orario consumato.
    Mi affascina, inoltre la riflessione dell’onorevole Alfonso
    Gianni sul cambiamento prospettico della società
    italiana perché è vera e fondata. Tuttavia,
    è una prospettiva probabilmente molto di là
    da venire. Ricordo che anche quest’anno il 93,2 per cento
    delle famiglie italiane e dei ragazzi ha scelto l’insegnamento
    della religione cattolica nella scuola, come tutti sanno,
    in quella cifra non è compresa solo la scelta dei
    cosiddetti cattolici, quindi una scelta confessionale,
    ma anche quella di coloro che ritengono che si tratti
    di una materia, oggi curricolare, di cultura, inerente
    al patrimonio civile del paese. Credo, quindi, che riportare
    a correttezza il dibattito serva anche a non ideologizzare
    ulteriormente il provvedimento che ci accingiamo a votare,
    che disciplina lo status giuridico degli insegnanti di
    religione.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 2.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 365
    Votanti 355
    Astenuti 10
    Maggioranza 178
    Hanno votato sì 235
    Hanno votato no 120).

    (Esame dell’articolo 3 – A.C. 2480)
    PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 3 e delle
    proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
    A – A.C. 2480 sezione 5).
    Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
    il parere della Commissione.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la
    Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
    emendative riferite all’articolo 3.
    PRESIDENTE. Il Governo?
    VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
    l’università e la ricerca. Il Governo esprime parere
    conforme a quello espresso dal relatore.
    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso
    Gianni 3.1.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
    ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    si tratta di un emendamento soppressivo dell’intero articolo
    3, che, come l’altro, è gran parte della sostanza
    di questo provvedimento. Ci sembra che ciò sia
    del tutto coerente rispetto all’impostazione della discussione
    di questo disegno di legge. D’altro canto, onorevole Delbono,
    non avendo noi approvato, ma votato contro, le proposte
    Berlinguer nella passata legislatura, lei converrà
    sul fatto che siamo puri come vergini da questo punto
    di vista. Abbiamo quindi almeno il pregio della coerenza.

    L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso al ruolo degli
    insegnanti di religione. Per i motivi che già altri
    colleghi, probabilmente più impuri di noi, hanno
    sapientemente illustrato, siamo contrari a questo accesso
    al ruolo. Qui si delinea tutto il male di questo disegno
    di legge: la possibilità di conseguire tale accesso
    per via diversa rispetto ad altre tipologie di insegnante
    e di insegnamento, la possibilità che chi entra
    come insegnante di religione possa poi fare altro nel
    corso della sua collocazione nell’organizzazione scolastica
    e tutti quegli aspetti di rigidità che prima venivano
    richiamati.
    Per questa ragione, noi non ci limitiamo in questo caso
    ad un contenimento del danno, scelta che in generale dal
    punto di vista tattico condividiamo, ma insistiamo su
    una scelta netta rappresentata dalla soppressione dell’articolo.

    Si badi, inoltre, che questo articolo 3 si collega per
    forza di cose con l’articolo 4, relativo alla mobilità
    e del quale parleremo tra poco: infatti, se prendiamo
    per esempio uno dei commi che compongono questo articolo,
    in particolare il 9, leggiamo che "ai motivi di risoluzione
    del rapporto di lavoro previsti dalle disposizioni vigenti
    si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
    diocesano competente per territorio divenuta esecutiva
    a norma dell’ordinamento canonico, purché non si
    fruisca della mobilità professionale o della diversa
    utilizzazione o mobilità collettiva,".
    In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
    stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
    nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
    ed è però sottoposto costantemente a due
    autorità. Se questi perde il giudizio di idoneità
    all’insegnamento della scuola cattolica può essere
    sottoposto o alla risoluzione del rapporto di lavoro o
    al passaggio ad altro tipo di insegnamento. La questione
    è poi ribadita nel comma terminale dell’articolo
    4, di cui chiederemo tra breve la soppressione. Mi sembra
    che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per
    cui raccomandiamo, con molta forza la soppressione di
    questo articolo.
    Quanto poi alle considerazioni dell’onorevole Delbono,
    mi sia permesso di insistere su un punto, come peraltro
    ho già fatto in sede di discussione sulle linee
    generali.
    Viene citata come un grande successo la scelta del 93,2
    per cento – se ho bene inteso -, di adesione alla fruizione
    dell’insegnamento della religione cattolica. Vorrei dire
    che questo è il frutto non semplicemente di un’adesione
    largamente maggioritaria – rispetto alla quale non ho
    nulla in contrario -, ma è anche il frutto di quella
    pressione ricattatoria, di quello stato di privilegio
    o di costrizione cui il sistema concordatario, le sue
    previsioni di 20 anni fa e questa legge, sottopongono
    il cittadino, lo studente e il genitore.
    Viene richiamata spesso la sentenza dell’11 gennaio 1991
    della Corte costituzionale che ho già avuto modo
    di criticare nel corso della discussione sulle linee generali
    e che non condivido.
    Onorevoli colleghi, non è che tutto ciò
    che è sbagliato debba essere per forza incostituzionale
    e, nello stesso tempo, tutto ciò che formalmente
    può anche rientrare nell’ambito della Costituzione
    sia necessariamente giusto! Altrimenti, il ruolo del Parlamento
    sarebbe finito, basterebbe la Corte costituzionale a decidere
    le cose.
    In secondo luogo, la Corte non sempre fa bene. Non mi
    pare, dalla lettura di questa sentenza, che afferma che:
    lo stato di non obbligo vale dunque a separare il momento
    dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà
    di religione o dalla religione, da quello delle libere
    richieste individuali alla organizzazione scolastica,
    che essa possa risolvere il problema che ho posto nel
    precedente intervento: come può, nel caso di specie
    – che è solamente quello più emblematico
    -, un bimbo che si trova di fronte sempre alla stessa
    insegnante a compiere una libera scelta? Eppure, mentre
    lo stesso testo del 1984 richiamava la libertà
    di scelta degli alunni; questa non viene condivisa, né
    garantita, né tantomeno praticata.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
    ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    con gli articoli 3 e 4 affrontiamo il tema delle procedure
    e delle modalità con cui questo personale viene
    selezionato e si definiscono i criteri con cui si può
    accedere all’insegnamento di religione. Si dovrebbero
    stabilire regole che possano mettere in condizione anche
    questi lavoratori – mi riferisco agli insegnanti di religione
    – di conoscere il loro futuro. Dico questo perché,
    nella discussione che stiamo facendo, sembrerebbe che
    siamo di fronte all’assenza di una proposta alternativa.

    Per quanto riguarda i democratici di sinistra, non abbiamo
    presentato esclusivamente emendamenti soppressivi che
    potrebbero lasciar pensare all’assenza dell’interesse
    a regolamentare una materia come quella degli insegnanti
    di religione oppure ad una battaglia ideologica contro
    uno strumento, come quello del Concordato, che il nostro
    paese ha sottoscritto. Se qualcuno avesse la pazienza
    di leggere le nostre proposte emendative, noterebbe che
    abbiamo affrontato il problema di come dare maggiore certezza
    agli insegnanti di religione che, come tanti altri gruppi
    di lavoratori, stanno cercando di rispondere alla precarietà
    che li minaccia, con la richiesta di un ingresso nel ruolo
    a tempo indeterminato.
    Sicuramente, nella precedente legislatura, ci siamo trovati
    di fronte ad un testo diverso da questo – vorrei dirlo
    all’onorevole Delbono: il testo di cui stiamo discutendo
    non è uguale a quello approvato dal Senato nella
    precedente legislatura -, ma vorrei sottolineare che,
    nel frattempo, noi abbiamo riflettuto – anche perché
    la Camera non ha portato a termine l’approvazione di quel
    provvedimento – e abbiamo cercato di rispondere al dilemma
    che, comunque, è presente quando si affronta questo
    argomento: da una parte, lavoratori precari che cercano
    la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro e, dall’altra,
    il fatto che, per accedervi, hanno bisogno dell’idoneità
    che viene data dalla Chiesa e dall’ordinario diocesano.
    Ci troviamo di fronte a due poteri, quello dello Stato
    e quello della Chiesa, e abbiamo cercato di rispondere
    con equilibrio, per fare in modo che non si vada oltre
    le intenzioni del Concordato, che erano quelle del riconoscimento
    della possibilità dell’insegnamento di religione
    e, quindi, degli insegnanti. Nello stesso tempo non volevamo
    e non vogliamo che la Chiesa – come ha detto l’onorevole
    Gambale – invada la sfera dello Stato.
    È necessario trovare una soluzione equilibrata
    a questo problema: non è un problema soltanto della
    sinistra, è un problema di tutto il Parlamento,
    perché la normativa che approveremo non solo non
    risolve il problema del precariato degli insegnanti di
    religione, ma vulnera un principio fondamentale, perché
    lascia in mano agli ordinari diocesani la politica degli
    organici e del personale del Ministero della pubblica
    istruzione.
    Noi prevediamo, ogni anno, la possibilità di attuare
    le revoche. Si modifica in tal modo la pianta organica
    della pubblica istruzione. È un punto che non può
    essere sottaciuto né sottovalutato da parte di
    alcuno. Infatti, attraverso atteggiamenti che potrebbero
    essere estremi, potremmo trovarci di fronte, ogni anno,
    a 17 mila insegnanti cui può essere revocata l’idoneità.
    Lo Stato, dunque, dovrebbe farsi carico, ogni anno, senza
    possibilità di interruzione del rapporto di lavoro,
    di questa massa enorme di persone. Si viola un principio
    importante.
    Con riferimento agli articoli 3 e 4, su cui tornerò
    successivamente, vi dimostreremo che esiste una soluzione
    alternativa che riesce a dare stabilità a questi
    lavoratori e, nello stesso tempo, a non violare questo
    delicato punto di equilibrio tra due Stati, quello della
    chiesa ed il nostro, ossia lo Stato italiano repubblicano.
    Nessuno può pensare di mettere in discussione ciò,
    perché metteremmo in discussione la sovranità
    del nostro Stato e delle sue possibilità (Applausi
    dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto, a titolo personale, l’onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

    ALBA SASSO. Signor Presidente, sulla linea dell’intervento
    svolto dall’onorevole Cordoni, vorrei ricordare che il
    problema di questi insegnanti deriva proprio dalla natura
    degli accordi tra lo Stato italiano e la Santa Sede e
    dall’Intesa tra il Ministero della pubblica istruzione
    e la Conferenza episcopale. Questi accordi determinano
    una situazione del tutto particolare per gli insegnanti,
    perché la disciplina è, comunque, facoltativa,
    sebbene se ne avvalga un maggior numero di studenti. Ciò
    non cambia la situazione. Questa facoltatività
    è condizione necessaria perché nella scuola
    pubblica non si configurino elementi di incostituzionalità.
    In questo senso, si sono pronunciate – mi rivolgo all’onorevole
    Delbono – le sentenze delle Corte costituzionale n. 203
    del 1989 e n. 13 del 1991.
    Di fronte a questo quadro giuridico – sto concludendo,
    Presidente -, separare il problema degli insegnanti da
    quello della disciplina facoltativa porta ad esiti non
    equilibrati né rispettosi delle intese, delle reciproche
    autonomie e degli stessi lavoratori interessati.
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
    GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per confermare
    il voto contrario del gruppo della Margherita sull’emendamento
    al nostro esame. Devo riconoscere una grande onestà
    intellettuale nell’intervento dell’onorevole Cordoni la
    quale ha ammesso che, rispetto alla precedente legislatura,
    il suo gruppo preferisce un’altra soluzione al problema.
    Non condividiamo questa soluzione. Voglio ribadire, onorevole
    Cordoni, che il testo di questo provvedimento è,
    niente di più e niente di meno, che l’applicazione
    dell’Intesa; i titoli richiesti sono quelli stabiliti
    dall’Intesa. È previsto un concorso con frequenza
    triennale. Altro non c’è rispetto a quello che
    il Concordato e l’Intesa hanno stabilito. Tutto si può
    fare: si può affrontare la modifica del Concordato
    o stabilire un’altra Intesa con lo Stato Vaticano, tuttavia,
    questo testo – lo ripeto – è semplicemente l’applicazione
    di un Accordo che lo Stato italiano, nel 1985, ha stabilito
    con Stato Vaticano. Di questo dobbiamo essere coscienti.
    Con riferimento ad alcune sue argomentazioni, mi rivolgo
    a lei con grande sincerità, anche per operare un
    chiarimento tra di noi: quello di revoca dell’idoneità
    è un meccanismo complesso che necessita di un procedimento
    di diritto canonico piuttosto lungo e i casi in Italia
    di revoca dell’idoneità sono pochissimi. Devo dire,
    con altrettanta sincerità, che ritengo folcloristica
    l’idea che i vescovi italiani possano revocare l’idoneità,
    ogni anno, a 17 mila insegnanti, per creare mobilità
    nel comparto della scuola.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 3.1, non
    accettato dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 342
    Votanti 334
    Astenuti 8
    Maggioranza 168
    Hanno votato sì 109
    Hanno votato no 225).
    Prendo atto che l’onorevole Santori non è riuscito
    a votare.
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Grignaffini 3.2.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Capitelli. Ne ha facoltà.
    PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
    più che esprimere una posizione compiuta, questo
    emendamento esprime una linea finalizzata alla riduzione
    del danno e la volontà di mandare un messaggio
    forte a questa maggioranza e a questo Governo (e non solo
    a costoro). Chiedere di attenersi a criteri di merito
    non ci è sembrato irrispettoso, anche se la richiesta
    è inoltrata alle autorità ecclesiastiche:
    noi crediamo nei criteri; noi crediamo nelle graduatorie
    di merito, siano esse per titoli o per esami; noi crediamo
    che dettare criteri tuteli sia chi fa la scelta sia chi
    ne è oggetto. È questo il messaggio forte
    che si voleva mandare e che non è stato recepito.

    Se questo Governo e questa maggioranza, anziché
    accettare la situazione attuale, avessero avuto la minima
    ambizione di migliorarla, con particolare riguardo all’ambiguità
    che connota il reclutamento degli insegnanti di religione
    cattolica, avrebbero aperto, insieme a noi, una interlocuzione
    vera con le autorità ecclesiastiche. Invece, non
    hanno avuto l’energia e la forza politica per farlo: questa
    è la verità!
    PRESIDENTE. Pasiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Grignaffini 3.2, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 348
    Votanti 338
    Astenuti 10
    Maggioranza 170
    Hanno votato sì 113
    Hanno votato no 225).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 3.3.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Nigra. Ne ha facoltà.
    ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, i colleghi che stanno
    attentamente seguendo la discussione si saranno resi conto
    che, mentre sugli articoli 1 e 2, si sono confrontate,
    com’è stato già detto dettagliatamente,
    due idee diverse su come si debba andare verso la stabilizzazione
    degli insegnanti di religione, con le proposte emendative
    presentate agli articoli 3 e seguenti stiamo tentando
    un’operazione non già diversa, ma complementare,
    conseguente: quella di migliorare, laddove è possibile,
    il testo del Governo.
    Orbene, l’emendamento Cordoni 3.3 ripropone di stabilire,
    nel comma 3 dell’articolo 3, che i partecipanti alle procedure
    concorsuali debbano possedere non solo i titoli di qualificazione
    professionale stabiliti al punto 4 dell’intesa di cui
    all’articolo 1, comma 1 (com’è già previsto),
    ma, unitamente a questi, un diploma di laurea valido per
    l’ammissione ai concorsi a posti di insegnamento.
    Sottolineo che, com’è noto, prima di questo disegno
    di legge, sono state presentate, su iniziativa di numerosi
    parlamentari di vari gruppi della maggioranza e dell’opposizione,
    molteplici proposte di legge che, in qualche modo, tentavano
    di affrontare la questione di cui stiamo discutendo.
    Ebbene, molte di queste proposte di legge contenevano,
    per l’appunto, ciò che noi chiediamo nell’emendamento
    Cordoni 3.3, e cioè che, unitamente ai titoli di
    cui sopra, fosse richiesto un diploma di laurea. La richiesta
    non è assurda, non ce la siamo inventata noi con
    questo emendamento, e i colleghi che hanno presentato
    proposte di legge che prevedevano, analogamente a quanto
    da noi richiesto, di inserire questo requisito, evidentemente
    lo facevano sulla base di una logica ragionata.
    Per concludere, il ragionamento, molto semplicemente,
    è questo. Nel momento in cui la condizione degli
    insegnanti di religione cattolica, come previsto da questo
    provvedimento e come da noi condiviso sul piano del principio,
    si stabilizza, cioè in qualche modo diventa meno
    precaria di quella che oggi è, nel momento in cui
    si prevede che questi insegnanti diventino, di fatto,
    a tutti gli effetti, insegnanti come gli altri entrando
    nel ruolo, noi chiediamo che questi insegnanti di religione
    cattolica abbiano gli stessi requisiti che vengono chiesti
    agli altri insegnanti. Niente di più e niente di
    meno. Questo per evitare, come abbiamo già avuto
    modo di dire in occasione della discussione generale su
    questo provvedimento e nella discussione in Commissione,
    che si passi da una situazione nella quale questi insegnanti
    si trovavano in una condizione meno stabile rispetto agli
    altri insegnanti, in una condizione di inferiorità
    quindi rispetto ai loro colleghi, ad una situazione opposta,
    nella quale si richiede a questi insegnanti molto meno
    di quello che si richiede agli altri. Francamente, ci
    sembra che questo aspetto sia da migliorare.
    Pertanto, questi emendamenti sono migliorativi, svolgono
    questa funzione, hanno questo obiettivo. Noi chiederemo
    ovviamente, anche di fronte a un’espressione di parere
    contrario, di ragionarci e di avere un atteggiamento diverso,
    che in qualche modo aiuti questo provvedimento ad uscire
    migliorato, e migliorato per noi vuol dire che alla fine
    gli insegnanti di religione, come previsto già
    negli articoli approvati, siano messi in una condizione
    di stabilità, senza creare, però, al tempo
    stesso, delle discriminazioni nei confronti degli altri
    insegnanti.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Cordoni 3.3, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 353
    Votanti 297
    Astenuti 56
    Maggioranza 149
    Hanno votato sì 98
    Hanno votato no 199).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Gasperoni 3.4.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Cordoni. Ne ha facoltà.
    ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, come dicevo nel
    mio precedente intervento, stiamo discutendo emendamenti
    molto importanti, perché sottolineano lo spirito
    con cui si affronta questa discussione e la questione
    degli insegnanti di religione. Con la proposta che stiamo
    approvando si sta determinando, da una parte, quel vulnus
    di cui parlavo prima in merito al ruolo dello Stato e
    all’equilibrio che è necessario trovare fra questi
    due soggetti; dall’altra parte, mentre si procede decidendo
    sulle modalità, si cominciano a realizzare discriminazioni
    fra insegnanti che accedono alla scuola pubblica con percorsi
    e modalità diverse; dentro a questo percorso, poi,
    si cominciano a definire dei percorsi alternativi in riferimento
    alle modalità, difficili da spiegare agli altri
    insegnanti. In altre parole, nelle proposte della maggioranza
    si dice che si farà un concorso, però per
    questo concorso per titoli e per esami non si costruirà
    una graduatoria, ma un elenco, e non si capisce che valore
    avrà quell’elenco rispetto al risultato di quel
    concorso.
    Fino ad oggi la legge ci diceva che quando si fa un concorso
    si fa poi una graduatoria (in base alla quale si è
    primi, secondi, terzi, quarti) e su tale base si viene
    scelti per il lavoro che è a disposizione. Invece,
    in questo caso, noi stiamo parlando di un elenco ordinato
    che poi verrà dato all’ordinario diocesano, il
    quale sceglierà fra queste persone gli insegnanti
    che lui riterrà più idonei sulla base di
    sue personali valutazioni, perché questi insegnanti
    sono in possesso dell’idoneità all’insegnamento
    della religione cattolica, altrimenti non avrebbero potuto
    partecipare al concorso.
    Nella fase successiva esiste una ulteriore discrezionalità
    cui ci si affida, senza garantire i diritti degli insegnanti
    di religione. Anche in tal caso può esserci una
    soluzione alternativa: dopo avere deciso che accedono
    in base ai titoli definiti dal Concordato, si può
    prevedere il concorso con una graduatoria da cui anche
    l’ordinario diocesano è obbligato ad attingere
    nell’ordine in cui le persone si sono qualificate ed hanno
    determinato il loro risultato concorsuale.
    Nel nostro caso, invece, siamo di fronte ad un ibrido,
    ad un concorso che non ha la validità di un concorso,
    perché non si redige una graduatoria. E ciò
    varrà anche per coloro che saranno assunti a tempo
    determinato; infatti, questi ultimi non saranno scelti
    fra gli idonei poiché si lascia un’altra possibilità
    di assunzioni a tempo determinato, per un altro quantitativo,
    non definito, di idonei all’insegnamento della religione,
    senza che gli stessi abbiano fatto le selezioni di cui
    stiamo parlando.
    Come vedete, stiamo discutendo di modalità che
    potrebbero essere ben diverse da quelle proposte, anche
    all’interno della strutturazione della normativa in esame.

    Da una parte, stiamo compiendo un’operazione che viola
    un principio importante di equilibrio fra due Stati, e,
    dall’altra, stiamo introducendo enormi discriminanti tra
    gli stessi insegnanti di religione e tra insegnanti che
    si troveranno con modalità, procedure e percorsi
    diversi, ad insegnare nella stessa scuola, sebbene materie
    differenti.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Gasperoni 3.4, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 344
    Votanti 337
    Astenuti 7
    Maggioranza 169
    Hanno votato sì 147
    Hanno votato no 190).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Duilio 3.7.
    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Duilio. Ne ha facoltà.
    LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo brevemente
    sulla proposta emendativa, in quanto l’ho già richiamata,
    parlando dell’articolo 1.
    Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi della maggioranza,
    perché ho espresso personalmente le mie considerazioni
    sul provvedimento, considerandolo positivo; tuttavia,
    credo sia necessario conservare nel provvedimento alcune
    elementi, affinché lo stesso sia qualificato in
    termini di giustizia e di inappuntabilità sul piano
    giuridico, e perché possa inquadrarsi all’interno
    di uno Stato laico, che approva anche un provvedimento
    così delicato.
    Desidero riferirmi al discorso dell’elenco; stiamo parlando,
    infatti, di persone che partecipano a prove, che in altro
    momento avremmo definito concorso; le stesse sono selezionate,
    dopo di che saranno immesse in una graduatoria, che distingue
    i vincitori. Ovviamente, non entro nel merito della valutazione
    delle persone che insegnano da molto tempo, tuttavia,
    le prove si svolgono per stabilire una graduatoria, secondo
    cui, poi, nascono legittime aspettative.
    In tal caso, parlando di persone che saranno incluse nei
    ruoli organici dello Stato, di dipendenti a tutti gli
    effetti, ne deriva il principio in base al quale non possono
    essere trattate diversamente dagli insegnanti di altre
    materie.
    È questo il motivo per cui abbiamo proposto che
    non solo si faccia riferimento ai titoli, previsti nell’Intesa,
    ma anche al punteggio conseguito nella prova d’esame,
    in quanto si potrebbe porre in essere un istituto che,
    giuridicamente, può essere definito originale,
    ma che, a mio avviso, porrebbe, nella pratica attuazione
    della norma, problemi che potrebbero anche essere di ordine
    costituzionale in relazione alla disparità di trattamento
    dei dipendenti inseriti nei ruoli organici dello Stato.

    Invito pertanto i colleghi della maggioranza, in particolare,
    a votare a favore del mio emendamento 3.7.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Invito il collega al
    ritiro della proposta emendativa.
    Infatti, il comma 7 recita: "le commissioni compilano
    l’elenco di coloro che hanno superato il concorso valutando,
    oltre al risultato delle prove (…)". Quindi, le
    prove già vengono considerate.
    PRESIDENTE. Onorevole Duilio, accoglie l’invito al ritiro
    formulato dal relatore?
    LINO DUILIO. Signor Presidente, se le cose stanno come
    dice il collega relatore, trattandosi di una materia così
    delicata, non vedo per quale motivo la mia proposta emendativa
    non possa essere accolta. Pertanto, ritengo sia meglio
    abbondare. Ripeto, dato che si tratta di una materia molto
    delicata: insisto per la votazione.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Duilio 3.7, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 344
    Votanti 335
    Astenuti 9
    Maggioranza 168
    Hanno votato sì 144
    Hanno votato no 191).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 3.5.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Cordoni. Ne ha facoltà.
    ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, il comma 9 dell’articolo
    3 affronta la questione dell’eventualità di una
    possibile risoluzione del rapporto di lavoro dell’insegnante
    di religione perché, così come per gli altri
    lavoratori, tale possibilità è sempre contemplata
    nel nostro ordinamento. Si riconosce pertanto la possibilità
    della risoluzione del rapporto vigente di lavoro sulla
    base dei principi generali che disciplinano il pubblico
    impiego ed il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici
    in genere e si propone che anche la revoca dell’idoneità
    da parte del vescovo o dell’ordinario diocesano sia una
    delle ragioni alla base della possibile risoluzione del
    rapporto di lavoro. Si aggiunge però che questo
    non può essere fatto, perché questi insegnanti
    di religione avranno un percorso particolare.
    Mi rivolgo di nuovo all’onorevole Gambale, che ha voluto
    interloquire con quanto da me precedentemente detto: se
    è vero che nell’esperienza concreta le revoche
    delle idoneità sono assai rare, questa è
    una ragione di più per dire con maggior forza,
    come facciamo in nostre successive proposte emendative,
    che se è vero che gli insegnanti di religione devono
    essere assunti a tempo indeterminato, in base ai criteri
    dei quali abbiamo discusso, è altrettanto vero
    che la revoca dell’idoneità – una delle ragioni
    per le quali possono insegnare nella scuola pubblica –
    deve rappresentare una causa di risoluzione del rapporto
    di lavoro, perché viene meno una delle condizioni
    stabilite per l’accesso. Questa è la nostra proposta:
    quando siamo di fronte alla revoca dell’idoneità
    si deve sospendere il rapporto di lavoro!
    Mi dispiace che questa ipotesi non venga sostenuta in
    Assemblea dall’onorevole Barbieri dell’UDC, perché
    tale ipotesi è contenuta in una proposta di legge
    da loro elaborata che va in tale direzione. In questo
    modo, si prevedono assunzioni a tempo indeterminato, dando
    stabilità ai lavoratori, ma si stabilisce anche
    che se viene revocata l’idoneità da parte di un
    altro potere, diverso dallo Stato, si perde il rapporto
    di lavoro, perché viene meno un’importante ed essenziale
    ragione che è alla base della collocazione in ruolo.
    Possiamo poi discutere, come proponiamo, su come evitare
    di mettere in strada queste persone! Possiamo discutere
    su come fare per evitare che a queste manchino solidarietà
    e protezione sociale! Noi proponiamo percorsi per fare
    in modo che gli insegnanti che si dovrebbero trovare malauguratamente
    di fronte ad una revoca dell’idoneità abbiano una
    risposta ed una soluzione sul piano sociale, ma questa
    non è quella che voi individuate. La vostra risposta,
    semmai, può mettere questi lavoratori in grande
    concorrenza e conflittualità con altri insegnanti
    precari che da anni aspettano la loro collocazione nella
    scuola ed hanno dovuto rispettare le regole che lo Stato
    ha dato loro. Questo è il punto! Vi è una
    proposta alternativa, e mi sento così tranquilla
    nel continuare a sostenerla proprio grazie alle espressioni
    dell’onorevole Gambale: ci sono poche revoche di idoneità
    e, quindi, ci troveremmo di fronte a casi rarissimi. Perché,
    allora, non assumere questo principio che, in questo modo,
    non lederebbe il ruolo dello Stato, la sua politica del
    personale e la sua politica di bilancio? Come vedete,
    si possono trovare soluzioni che tengono insieme i corni
    dello stesso problema, senza ledere l’autonomia dello
    Stato e la sua possibilità di decidere rispetto
    a quella del Vaticano e della chiesa (Applausi dei deputati
    del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto, a titolo personale, l’onorevole Motta. Ne ha facoltà.

    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, riconosco che il relatore,
    onorevole Taglialatela, abbia compiuto uno sforzo in Commissione,
    raccogliendo diversi suggerimenti ed osservazioni nate
    su questo punto e rendendosi conto, come gli altri colleghi
    della Commissione, che tale aspetto era dirimente e di
    grande delicatezza. La mia preoccupazione, che voglio
    ancora una volte esternare ai colleghi, riguarda il ruolo
    dello Stato. Tutti sappiamo benissimo che una cosa è
    fare una graduatoria ed altro è redigere un elenco
    che, come sappiamo, ovviamente, non avendo stabilito un
    prima e un dopo, ammette un’ampia discrezionalità.
    Il relatore ha compiuto uno sforzo (e gliene do atto)
    perché ciò, in effetti, per le istituzioni
    e per lo Stato, crea un certo imbarazzo. La risoluzione
    del rapporto di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo
    dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)…
    PRESIDENTE. Grazie, onorevole Motta.
    Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Cordoni 3.5, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 325
    Votanti 318
    Astenuti 7
    Maggioranza 160
    Hanno votato sì 94
    Hanno votato no 224).
    Passiamo alla votazione dell’emendamento Guerzoni 3.6.

    Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
    Cordoni. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei
    gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
    ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, come sempre la
    maggioranza è impaziente (Commenti dei deputati
    dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Nonostante
    sia trascorso un anno e mezzo, in questa Assemblea parlamentare
    non avete ancora acquisito la pazienza dell’ascolto. Spero
    che almeno l’opposizione abbia la possibilità di
    esprimere le proprie opinioni nei tempi previsti dal regolamento
    della Camera. Credo che, anziché fare questo tipo
    di commenti, fareste meglio ad interloquire nella discussione
    che stiamo proponendo, perché essere gelosi delle
    prerogative dello Stato non è un problema di una
    sola parte del Parlamento, ma credo debba appartenere
    a tutte le forze politiche.
    Ciò non significa non rispettare i Patti lateranensi
    stipulati con il Vaticano. Vi possono essere soluzioni
    alternative a quelle predisposte. Si può tentare
    (abbiamo cercato di dimostrarlo dall’inizio di questo
    dibattito) di stabilizzare gli insegnanti di religione,
    possiamo costruire norme non discriminatorie fra gli insegnanti
    di religione e gli altri e possiamo redigere norme che
    non creino un’ulteriore dipendenza degli insegnanti di
    religione dall’ordinario diocesano dopo l’ottenimento
    dell’idoneità. Come abbiamo detto, si può
    trovare un’altra soluzione, che salvi anche le prerogative
    dello Stato.
    Questa è la ragione per cui vi invitiamo ad interloquire
    con queste posizioni, perché le stesse consentono
    di rispettare i patti, ma considerano anche con molta
    gelosia il ruolo dello Stato. Lo ripeto: siamo di fronte
    ad una proposta alternativa. Non avremo problemi a discutere
    né con gli insegnanti di religione né con
    gli altri, perché abbiamo cercato di trovare una
    soluzione ad un problema che da anni si trascina e, nello
    stesso tempo, stiamo cercando di non ledere l’autonomia,
    la laicità ed il ruolo dello Stato. Credo che questo
    dovrebbe essere un problema di tutte le forze politiche
    e non soltanto di una parte del Parlamento (Applausi dei
    deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto, a titolo personale, l’onorevole Motta. Ne ha facoltà.

    CARMEN MOTTA. Signor Presidente, dal momento che la revoca,
    come abbiamo detto, viene effettuata non in base ad una
    norma dell’ordinamento dello Stato, ma in base al codice
    canonico, vorrei sottoporre ai colleghi la seguente considerazione.
    Non si capisce la ragione per la quale, nel caso in cui
    la revoca venga esercitata, lo Stato se ne debba fare
    carico. Abbiamo proposto questi emendamenti migliorativi
    perché effettivamente, come purtroppo vedrete,
    queste norme, così formulate, daranno luogo a contenzioso.

    Invece, i nostri emendamenti hanno precisato in maniera
    più puntuale la possibilità che lo Stato
    non venga coinvolto in una situazione che non lo riguarda.

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
    voto l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
    GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per annunciare
    il voto favorevole della Margherita sull’emendamento Guerzoni
    3.6. Credo che se ragioniamo nel merito delle questioni
    senza pregiudizi ideologici riusciamo anche a trovare
    punti di accordo concreti. Proporre che gli insegnanti,
    oltre quelli messi in ruolo, possano essere scelti dalle
    graduatorie degli idonei non vincitori di concorso è
    un elemento di razionalità. Spero che anche la
    maggioranza ed il Governo vogliano accoglierlo.
    PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’emendamento Guerzoni 3.6, non accettato
    dalla Commissione né dal Governo.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 334
    Votanti 329
    Astenuti 5
    Maggioranza 165
    Hanno votato sì 139
    Hanno votato no 190).
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
    elettronico, sull’articolo 3.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
    (Vedi votazioni).
    (Presenti 347
    Votanti 296
    Astenuti 51
    Maggioranza 149
    Hanno votato sì 193
    Hanno votato no 103).
    Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.