SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIV LEGISLATURA
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406a SEDUTA PUBBLICA
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RESOCONTO 4
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MARTEDÌ 3 GIUGNO 2003
(Antimeridiana)
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA,
indi del vice presidente SALVI
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RESOCONTO SOMMARIO
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
La seduta inizia alle ore 10,02.
Il Senato approva il processo verbale della seduta antimeridiana
del 29 maggio.
Comunicazioni all’Assemblea
PRESIDENTE. Dà comunicazione dei senatori che risultano
in congedo o assenti per incarico avuto dal Senato. (v.
Resoconto stenografico).
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 10,05 decorre il termine
regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante
procedimento elettronico.
Inversione dell’ordine del giorno
PRESIDENTE. In relazione all’andamento dei lavori delle
Commissioni 1a e 2a, dispone l’inversione dell’ordine
del giorno ed il passaggio al seguito della discussione
dei disegni di legge nn. 1877 e connessi. Sospende brevemente
i lavori in attesa dell’arrivo dei rappresentanti del
Governo.
La seduta viene sospesa alle ore 10,07.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente FISICHELLA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 10,02).
Si dia lettura del processo verbale.
MUZIO, segretario, dà lettura del processo verbale
della seduta antimeridiana del 29 maggio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale
è approvato.
Congedi e missioni
PRESIDENTE. Sono in congedo i senatori: Amato, Antonione,
Baio Dossi, Baldini, Bobbio Norbeerto, Bosi, Callegaro,
Collino, Cozzolino, Cursi, Cutrufo, D’Alì, Mantica,
Saporito, Sestini, Vegas e Ventucci.
Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Budin,
Crema, Danieli Franco, De Zulueta, Gaburro, Giovanelli,
Greco, Gubert, Iannuzzi, Manzella, Mulas, Nessa, Provera,
Rigoni e Tirelli, per attività dell’Assemblea
parlamentare dell’Unione dell’Europa Occidentale.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. Le comunicazioni all’Assemblea saranno pubblicate
nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno
essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento
elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti
minuti dal preavviso previsto dall’articolo 119, comma 1,
del Regolamento (ore 10,05).
Inversione dell’ordine del giorno
PRESIDENTE. Colleghi, in relazione all’andamento dei lavori
nelle Commissioni 1a e 2a, dispongo l’inversione dell’ordine
del giorno, nel senso di passare al seguito della discussione
del disegno di legge n. 1877 e connessi, recante norme sullo
stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado.
In attesa del rappresentante del Governo, sospendo la seduta
per qualche minuto.
(La seduta, sospesa alle ore 10,07, è ripresa alle
ore 10,20).
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)
(202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
(259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
(554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica
(560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
cattolica
(564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
(575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
giuridico degli insegnanti di religione cattolica (659)
MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato giuridico
e di reclutamento dei docenti di religione cattolica
(811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica
(1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
(1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito
della discussione dei disegni di legge nn. 1877, già
approvato dalla Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560,
564, 575, 659, 811, 1345 e 1909.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 29 maggio il
relatore ha integrato la relazione scritta ed è stata
dichiarata aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Monticone. Ne ha
facoltà.
MONTICONE
(Mar-DL-U). Signor Presidente, credo sia opportuno innanzitutto
esprimere una valutazione positiva in merito alla relazione
svolta dal senatore Brignone. Egli che è già
stato nella passata legislatura protagonista della ricerca
di una strada opportuna per realizzare un migliore ordinamento
dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
italiane ha sinteticamente ripreso il tema, spiegando con
chiarezza alcuni punti essenziali di valore di questa disciplina
e, nello stesso tempo, l’opportunità per la
scuola italiana di provvedere ad una stabilizzazione parziale,
non totale, del personale docente di questa materia.
Vorrei toccare qui semplicemente quattro brevi punti, che
poi ovviamente potranno essere sviluppati negli interventi
durante la discussione degli emendamenti.
Innazitutto, vorrei riflettere sul fatto che in questa
sede non mettiamo in discussione la questione dei rapporti
tra la Santa Sede e l’Italia sull’insegnamento
della religione, né possiamo mettere in discussione
gli accordi che sono intervenuti dopo il rinnovato Concordato
del 1984; si tratta di una questione già definita
nei suoi termini di rapporti tra la Conferenza episcopale
italiana e lo Stato italiano e quindi mi pare opportuno
non procedere, di nuovo, ad una valutazione delle modifiche
che si devono apportare a questi accordi che è stata
già oggetto di dibattiti nell’opinione pubblica
anche cattolica.
Vorrei osservare che c’è stato per un lungo
periodo, e tuttora c’è, un filone di pensiero
anche del mondo cattolico che ritiene che si debba possibilmente
operare una trasformazione di tale insegnamento nei suoi
contenuti, nel suo metodo, orientandosi prevalentemente
verso un insegnamento di storia delle religioni o comunque
di cultura delle religioni. Se è vero che questa
corrente è tuttora presente e viva nell’ambito
cattolico, oltre che in varie forme di pensiero di diversa
impostazione, credo però che essa non possa esimerci
dall’affrontare sul piano legislativo la situazione
quale essa si presenta non solo nella scuola italiana, ma
anche nel contesto di questo momento storico dell’Europa.
Mi permetto pertanto di esprimere un parere negativo su
quelli che sono già stati i dibattiti nella scorsa
legislatura, ma soprattutto in questa, anche nella nostra
7a Commissione, concernenti il significato ed il valore
dell’accordo tra le due parti stipulato, appunto, nel
1984. Vorrei invece toccare rapidamente gli aspetti culturali
di questa disciplina, così come essa attualmente
si presenta.
Siamo già piuttosto avanti nell’elaborazione
culturale, da parte del mondo degli insegnanti della religione
cattolica, oltre che della comunità ecclesiale italiana
nel suo complesso, per quanto attiene l’indicazione
di alcune linee di fondo dell’insegnamento della religione
cattolica nelle scuole. Siamo già avanti, perché
se si scorrono i testi che vengono utilizzati dagli insegnanti
di religione – scritti da studiosi importanti, ed anche,
tra di essi, da alcuni dei migliori e più apprezzati
insegnanti di religione cattolica – notiamo che tale insegnamento
rappresenta tutt’altro che una catechesi, un’appendice
del catechismo che viene offerto dalle comunità ecclesiali
italiane.
Si tratta invece di un approccio culturale, certo, all’interno
della dottrina cattolica (ma, oserei dire più che
della dottrina cattolica, della cultura cattolica e della
teologia cattolica) che non esime l’insegnante, e quindi
gli studenti nelle diverse fasce di età, dal mettersi
nella linea che il Concilio Vaticano II ha additato nei
rapporti tra Chiesa e mondo, quindi tra realtà della
fede cattolica oggi e mondo contemporaneo nella sua evoluzione,
anche nei suoi atteggiamenti di secolarizzazione, un mondo
che è ricco di umanità, che è la via
maestra per ogni religione, in particolare, ovviamente,
per la religione cattolica.
Credo cioè che il livello culturale (certo, poi
ci saranno degli aspetti di singole persone, di particolari
ambienti) dell’insegnamento della religione cattolica nel
nostro Paese, almeno come impostazione di fondo, sia di
tutto rispetto; esso ha perduto o ha accantonato quello
che poteva essere un atteggiamento clericale, un atteggiamento
di apostolato, come veniva detto nel mondo cattolico italiano,
per affrontare invece più in profondità il
problema della costruzione culturale dei giovani. Mi pare
che questo sia il primo aspetto che, se ben considerato,
possa aiutare anche a ridimensionare alcune osservazioni,
che pure vengono fatte con molta dignità da parte
di importanti osservatori laici, e cioè che si dia
poco spazio alla cultura nell’insegnamento della religione
e troppo, invece, all’attività di tipo catechistico-parrochiale
della Chiesa cattolica.
Il secondo punto che credo sia opportuno toccare in apertura
di questo dibattito per arrivare alla formulazione di una
legge adeguata ed opportuna, è quello che riguarda
l’aspetto scolastico dell’insegnamento della religione cattolica.
Noi abbiamo già discusso molto a lungo in questa
Camera nella legislatura passata proprio sul rapporto non
tra l’ora di religione nel senso temporale e ordinamentale,
ma tra l’insegnamento della religione cattolica ed il programma,
il progetto della scuola. Io credo che siano emersi già
da alcuni anni anche dal dibattito parlamentare degli indirizzi
molto chiari, da un lato su taluni difetti del sistema dell’insegnamento
della religione cattolica (difetti legati in certo modo
all’ordinamento, e per altri versi legati ad una prassi
che si è stabilita), ma per altri verso si è
rilevato come, nell’ambito del progetto formativo della
persona (che è all’origine delle riforme, sia quella
che portava il nome del ministro Berlinguer, sia quella
che porta il nome del ministro Moratti), una formazione
che vorrei definire laicamente integrale, ritengo che l’insegnamento
della religione cattolica possa essere una parte importante,
rilevante, nel nostro ordinamento scolastico; anche se,
come è noto, il mio Gruppo politico non condivide
parte notevole della riforma scolastica, almeno nella formulazione
espressa nel disegno di legge proposto dall’attuale Ministro
della pubblica istruzione.
Vorrei anche dire che, dal punto di vista della formazione
del cittadino italiano, ma anche di quello europeo (e lo
dico nel contesto di questi giorni, della Convenzione europea,
del dibattito anche sull’inserimento o meno del riferimento
ai valori cristiani nella Convenzione dell’Unione),
credo davvero che la scuola possa avvalersi in maniera positiva
dell’insegnamento della religione cattolica, pur con
tutti i limiti che esso possa presentare. Semmai, si può
cercare di comprendere meglio il valore etico, nel senso
non di una tavola di indicazioni morali cattoliche, ma di
valore etico anche civile, che ha una religione come il
cattolicesimo italiano e su questo anche fondare una cittadinanza
alla quale tanto si fa riferimento come moralità
pubblica in questi tempi.
Ecco pertanto che, se c’è da osservare qualche
difetto, semmai si deve cercare di migliorare gli aspetti
di cittadinanza, e io auspicherei che negli emendamenti
fossero accolti anche alcuni spunti di miglioramento in
questo senso che alcuni di noi hanno presentato.
L’ultimo punto a mio avviso è quello sindacale.
Certo, non è un punto secondario, ma è l’ultimo
nel senso che viene come corollario alle indicazioni di
valore che dovremmo scorgere nell’insegnamento della
religione cattolica. Certamente, non è a mio avviso
la difficile situazione degli insegnanti laici della religione
cattolica a spingerci ad un intervento legislativo, non
è il punto principale, è semplicemente il
corollario, la conseguenza per dare un respiro, una sicurezza
alle persone che scelgono questo percorso di insegnamento
e quindi per agevolare le indicazioni culturali, scolastiche
e di cittadinanza della materia stessa.
Per quanto riguarda gli aspetti proprio della tutela degli
insegnanti di religione cattolica, qui è stato ampiamente
già ricordato nel lavoro preparatorio quanto sia
necessario provvedere, tenendo conto della variabilità
del diritto di avvalersi o di non avvalersi, a una sistemazione
almeno di una parte fondamentale degli insegnanti, che sono
per più del 70 per cento laici, cioè non appartengono
al ceto ecclesiastico e pertanto hanno anche tutta una loro
professionalità da orientare e da sostenere per un
lungo periodo del loro lavoro e non possono essere lasciati
alle vicende che, volutamente o no, sono correlate all’andamento
della politica di insegnamento delle diocesi.
Il testo che ci è pervenuto dalla Camera, che è
stato abbinato ad altri testi ma è rimasto sostanzialmente
invariato, non è totalmente, a mio avviso, accettabile,
nel senso che presenta persino, direi, qualche abbassamento
di tono proprio rispetto al testo che era stato approvato
dal Senato tre anni fa, nel senso che in quel testo del
Senato a mio avviso c’era una maggiore capacità
di correlare l’aspetto culturale e scolastico con la
preparazione e i diritti degli insegnanti di religione,
pur con qualche difficoltà anche dal punto di vista
sindacale, come era riconosciuto nel dibattito.
Credo che il testo per qualche aspetto potrebbe essere
migliorato, tuttavia ritengo che nel suo complesso sia sostanzialmente
accettabile e dunque da licenziare positivamente dal nostro
Senato. È troppo tempo che non si addiviene ad una
valorizzazione sindacale degli insegnanti di religione e
soprattutto alla vera interpretazione degli accordi culturali
e scolastici intercorsi tra la Conferenza Episcopale Italiana
e lo Stato italiano. Tali accordi, infatti, non contraddicono
la libertà religiosa, la laicità della scuola,
anzi, a mio avviso, quanto più una cultura religiosa
e una cittadinanza vengono sostenute da un vero spirito
religioso obiettivato e reso parte della formazione della
persona, tanto più si è laici. È soltanto
la mancanza di profondità della cultura religiosa
che porta agli aspetti clericali.
Credo che nel nostro Paese il cattolicesimo possa aiutare
la scuola italiana più che essere aiutato da una
legge scolastica che lo riguardi. Ritengo infatti che la
laicità cristiana sia promossa da una capacità
di vedere i valori religiosi e in questa prospettiva tale
visione può essere estesa anche alla Carta fondativa
dell’Unione Europea.
Durante il dibattito sugli emendamenti, mi permetterò
di sostenere qualche possibile variante, nel caso il testo
dovesse tornare anche solo per ragioni tecniche a seguito
di un brevissimo passaggio alla Camera dei deputati. Il
mio atteggiamento, comunque, resta di sostegno deciso al
provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Tessitore. Ne ha facoltà.
TESSITORE
(DS-U). Signor Presidente, intervengo nella discussione
generale sui disegni di legge che concernono l’insegnamento
della religione per un dovere di etica politica, se mi è
consentito dirlo, prima ancora che per cercare di arrecare
il contributo tecnico di cui sono capace alla configurazione
definitiva della legge, che certamente affronta una questione
importante e delicata come tutte le questioni importanti.
Di questo argomento presumo di avere chiari i profili di
ordine costituzionale e pattizio, ossia concernenti gli
accordi tra Stato e Chiesa cattolica insieme con la dimensione
contingente di dare sistemazione ad una consistente, a quanto
pare consistentissima, sacca di precariato docente, un grande
mare purtroppo assai diffuso nella nostra scuola di ogni
ordine e grado, dalla scuola materna all’università.
Ma soprattutto mi è chiara – almeno presumo – la
rilevanza culturale e formativa della questione, destinata
ad avere incidenza rilevante sul modo d’essere della
nostra scuola, anche per i profili di una corretta e rigorosa
parità scolastica e dunque sulla cultura media del
nostro Paese. Un tema perciò da affrontare con trepido
rispetto, senza baldanza, da qualsiasi parte questa possa
provenire.
Per tutto questo ritengo che le norme destinate ad affrontare
– e sperabilmente risolvere – la questione contingente del
precariato, non devono pregiudicare la definizione di un
serio e rigorosissimo sistema normativo in materia, tenendo
ben presente che, se così non si fa, non si risolve
neppure il precariato, destinato a ricomporsi in altre forme
e in altri settori.
Dico perciò subito che non sono favorevole all’inserimento
puro e semplice nei ruoli ordinari di docenti quali quelli
di religione, che sono reclutati e sono stati reclutati
in forme e modi diversi da quelli di tutti gli altri docenti.
Ovviamente sono del tutto d’accordo sulla necessità,
e direi sul dovere, di assicurare a questi docenti una condizione
di stabilità, ciò per dare certezza di lavoro
a questi precari, però senza ledere i principi generali
dell’ordinamento didattico nazionale secondo il quale
nei ruoli si entra in seguito a concorso, uguale per tutti
e a condizione di possedere i requisiti richiesti, ossia
ben precisati titoli di studio in relazione al tipo e al
grado di scuola in cui si intende accedere. Se si intaccano
questi princìpi si ledono i diritti dei cittadini
che hanno sostenuto regolare concorso, dopo aver conseguito
i titoli di studio secondari e universitari richiesti, ma
si ledono anche i diritti a venire di altri cittadini, ossia
di quelli che vorranno – domani o dopodomani – accedere
all’insegnamento.
Tutto questo, continuo a dire, non ha alcun elemento di
contrasto con il rispetto degli accordi con la Chiesa Cattolica.
Per la stessa ragione sono ancora più contrario ad
un regime di mobilità che si configuri come una vera
e propria scorciatoia quale quella che prevede, in caso
di esuberi o di revoca della idoneità rilasciata
dall’ordinario diocesano, il possibile passaggio su
qualsivoglia altra cattedra di insegnamento, un vero e proprio
assurdo logico, giuridico e morale.
Ripeto, bisogna garantire la stabilità ai docenti
di religione estendendo norme generali, ma senza ledere
i principi fondanti dell’ordinamento. A mio giudizio
e, se posso dirlo, per mia esperienza di vecchio uomo di
scuola, la lesione di questi princìpi non risolve
alcun problema, conserva i vecchi e ne crea di nuovi perché
si intacca la sistematicità di una struttura, come
quella della scuola, che è un mosaico in cui tutte
le tessere si tengono e solo così brillano ed assicurano
l’ordinata evoluzione.
Aggiungo che, procedendo sulla linea del disegno di legge
che ci è pervenuto dalla Camera e di altri simili,
non sarei sicuro di fare neppure cosa gradita alla Conferenza
Episcopale Italiana, in ogni modo all’insegnamento
della religione cattolica, se preoccupazione di questa è
assicurare la qualità dell’insegnamento della
religione senza scorciatoie e senza scappatoie.
Da laico – e vengo a qualche profilo meno contingente –
ho profonda consapevolezza della rilevanza dell’insegnamento
della religione e dello studio delle religioni, ad iniziare
dallo studio della religione cattolica data la tradizione
culturale del nostro Paese, del nostro popolo, per il quale
l’unità di fede è stata ed è uno
dei non numerosi fattori di aggregazione, di formazione
e di sostegno della nostra identità culturale e morale.
Sono convinto – lo ripeto ancora una volta in quest’Aula
– che la nostra identità nazionale non è debole
come si ritiene, anzi, è forte, mentre debole è
la nostra identità statale. Ecco perché ancora
una volta ritengo che non si debbano intaccare i princìpi
generali del nostro ordinamento, della nostra struttura
scolastica se non si vuole ulteriormente indebolire la nostra
identità statale fino a coinvolgere l’identità
nazionale.
In ragione di questi convincimenti sono molto preoccupato
quando vedo proposte surrettizie le quali, ritenendo di
favorire la diffusione e la penetrazione dell’insegnamento
della religione, ad iniziare da quella cattolica, tra i
nostri giovani, in realtà propongono soluzioni riduttive
e in sostanza scarsamente rispettose della rilevanza dello
stesso fattore religioso nella sua libertà di configurazione,
scambiando tutto ciò con il proselitismo e la propaganda.
Proselitismo e propaganda, in un Paese colto ed avanzato
quale ritengo sia il nostro, specialmente oggi non servono
e non aiutano a garantire i valori che anche la religione
può e deve assicurare e rafforzare: i valori dell’individualità
dell’individuo – se così posso esprimermi -,
il valore della vita, veramente insidiato dai regimi di
propaganda, i quali creano l’etica dello stordimento
e della stravaganza, non certo l’etica della convinzione
e della responsabilità, non a caso così intrise
di valori religiosi liberamente concepiti.
Per fare un solo esempio, sono favorevole all’inserimento
dell’insegnamento obbligatorio della storia delle religioni
accanto a quello della storia, della filosofia e della letteratura,
purché sia impartito a livello di rigorosa, sicura
serietà. Dirò di più. Se le facoltà
di teologia nella prima metà dell’Ottocento
italiano non avessero raggiunto un livello indegno quanto
a rigore di studi e a serietà di metodi, non giudicherei
positivamente, come in realtà giudico da storico,
l’abolizione di queste facoltà, decretata al
realizzarsi della rivoluzione liberale, che assicurò
l’unità politica del nostro Paese accanto all’unità
culturale ed etica; quell’unità che oggi irresponsabilmente
e ignorantemente si vuole rompere senza capirne neppure
il carattere e il valore pluralistico.
Aggiungo che oggi sarei disponibile ad esaminare la possibilità
della ricostituzione di queste facoltà, caso mai
nel quadro di una grande riforma dei corsi di laurea in
filosofia e in storia, purché considerata su basi
di libertà di fede e di pluralismo culturale, di
rigore scientifico e di serietà didattica. Tutte
queste possibilità, ed altre a cui qui non desidero
neppure accennare, non debbono essere pregiudicate dal disegno
di legge in discussione, come in realtà credo possa
avvenire.
Per tutte queste ragioni, e per altre a cui in questa sede
e in questo momento non accenno, riservandomi di valutare
l’efficacia normativa dei disegni di legge in discussione,
in linea di principio sono favorevole alla proposta che
ha come prima firmataria la senatrice Acciarini. (Applausi
dai Gruppi DS-U e Misto-SDI e del senatore Zavoli. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Malabarba. Ne ha facoltà.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, indubbiamente, nell’esaminare
questo disegno di legge, Rifondazione Comunista si trova
di fronte ad un conflitto fra due ragioni.
Da una parte, vi è l’esigenza di una soluzione
al problema della condizione precaria di coloro che, in
ogni caso, possono definirsi lavoratori nel campo dell’istruzione,
qualunque sia la materia del loro insegnamento; dall’altra
(non me ne vogliano i colleghi di area cattolica, non c’è
affatto ostilità al riguardo, tantomeno dal mio personale
punto di vista, considerato che mi sono accasato con una
persona che per anni ha svolto la professione di insegnante
di religione cattolica), vi è la nostra radicale
opposizione alla scelta di privilegiare l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane,
opposizione che è bene torni a risuonare in quest’Aula.
L’insegnamento della religione cattolica nella nostra
scuola pubblica è regolamentato da un Accordo fra
lo Stato italiano e la Santa Sede sulla base di un Concordato
e di un Protocollo addizionale. Inoltre, le modalità
di insegnamento sono regolamentate da un accordo fra il
Ministro della pubblica istruzione e la Conferenza Episcopale
Italiana.
Vorrei qui ricordare che, sulla base di quest’Accordo,
del Concordato e della riforma dello stesso, l’insegnamento
della religione cattolica è subordinato ad una scelta
operata dallo studente, ed è quindi assolutamente
non obbligatorio ma facoltativo. È del tutto evidente,
allora, che se tale insegnamento è subordinato ad
una scelta esplicita da parte dello studente, ci troviamo
di fronte al problema di determinare l’assunzione in
ruolo di un certo numero di insegnanti, in modo permanente
e stabile, all’interno dell’ordinamento scolastico;
ciò perché non si è in grado, se non
anno per anno, di stabilire quali siano gli studenti che
opereranno la scelta e accederanno, quindi, all’insegnamento
della religione cattolica. Potremmo anche affrontare l’esigenza
di assumere stabilmente ulteriori figure nell’ambito
scolastico in relazione ad altre attività non obbligatorie
per gli studenti.
Chi propone questa legge si trincera dietro la necessità
di garantire una stabilità agli insegnanti di religione.
Ebbene, non possiamo che ammettere che si tratta di una
esigenza vera. Tuttavia, la scelta che è stata compiuta
– introdurre in ruolo, creando un apposito organico, gli
insegnanti di religione cattolica – confligge con la natura
pattizia dell’insegnamento, come formulata nel Concordato
rivisitato.
Ciò è talmente evidente che una considerazione
si impone ed è assolutamente razionale: se si volessero
inserire in organico gli insegnanti di religione cattolica
coerentemente al dettato costituzionale, si dovrebbe impedire
qualunque forma di interferenza della Santa Sede, equiparata
ad uno Stato estero, per quanto concerne la scelta degli
insegnanti, la verifica di idoneità degli stessi,
la possibilità di revoca da parte della Conferenza
Episcopale dell’insegnante che venisse ritenuto indegno
secondo criteri canonici, estranei all’ordinamento
del nostro Paese. Gli insegnanti verrebbero selezionati
a seguito di un esame che prevede solo l’accertamento
della preparazione culturale generale, con l’esclusione
dei contenuti specifici dell’insegnamento della religione
cattolica, ma la nomina avverrebbe solo a seguito della
designazione dell’autorità diocesana.
Non basta. Vi è anche un giudizio di idoneità
di questi insegnanti che costituisce una condizione imprescindibile
per l’insegnamento. Anche tale giudizio di idoneità
è insindacabilmente assegnato dall’autorità
ecclesiastica. Il giudizio di idoneità, infatti,
può essere concesso e parallelamente revocato dall’autorità
ecclesiastica.
Non possiamo non riflettere su queste caratteristiche e
del tutto serenamente giudicare se esse sono compatibili
con l’assunzione degli insegnanti di religione cattolica
nei ruoli dello Stato.
Noi riteniamo che sia dal punto di vista costituzionale
che da quello dell’opzione politica (per quello che
ci compete) tale compatibilità sia assolutamente
insussistente. Vorrei ricordare che neppure quando l’insegnamento
della religione cattolica era obbligatorio nessuno ha mai
pensato di ricorrere all’accoglimento degli insegnanti
di religione cattolica nei ruoli e negli organici della
scuola italiana. Questi insegnanti, selezionati e graditi
al potere ecclesiastico cattolico, vengono oggi permanentemente
assunti come se lo Stato avesse l’obbligo di garantire
a tutti l’insegnamento della religione cattolica, mentre
tale insegnamento non fa parte del programma scolastico,
non fa parte del curriculum formativo degli studenti ed
è subordinato alla scelta di questi ultimi.
Noi pensiamo che l’insegnamento della religione cattolica
si debba organizzare in funzione della scelta degli studenti
e non viceversa e se l’autorità ecclesiastica
ha, sulla base degli accordi di natura pattizia, poteri
di interferenza così marcati sulla scelta di questi
insegnanti e sulla loro revoca, allora non si può
pretendere di avere la garanzia dell’inserimento permanente
nei ruoli senza mettere coerentemente in discussione quei
poteri.
Ci vuole coerenza quando si fanno le leggi ma la coerenza
mi sembra non sia più una virtù praticata
in questo ultimo scorcio della legislatura. Questa coerenza
viene sistematicamente sacrificata sull’altare della
politica praticata come scelta di sopravvivenza di una maggioranza.
Credo però che ai princìpi fondamentali del
nostro Stato laico, così come delineato dalla Carta
costituzionale, questi compromessi siano estremamente dannosi
e deleteri.
E nella scuola che cosa succederà concretamente?
Uno scenario possibile è che non appena la legge
stabilirà che gli insegnanti di religione, in caso
di revoca dell’idoneità, debbono essere ricollocati,
a gran parte di quelli che abbiano i titoli per un altro
insegnamento potrebbe essere revocata tale idoneità,
ottenendo così il risultato di rinnovare la classe
docente, di creare posti per scalpitanti giovani provenienti
dalle scuole cattoliche, con buona pace delle migliaia di
giovani che hanno sostenuto i mastodontici concorsi per
accedere all’insegnamento e sono ancora in attesa di
essere collocati.
Per concludere, bisogna sottolineare comunque che non si
può sorvolare sull’innegabile problema della
tutela degli insegnanti di religione in quanto lavoratori
e lavoratrici, privi di sicurezze in un rapporto di lavoro
in cui si è sottoposti a due autorità, quella
statale e quella, certamente più influente, ecclesiastica.
La precarietà e la ricattabilità di questi
insegnanti non dipendono però dallo Stato italiano
e non sono sanabili con una legge quale quella proposta
che, anzi, le norma e le ribadisce; dipendono dal Concordato
e dalle caratteristiche che si sono volute dare all’insegnamento
della religione cattolica i cui docenti ottengono il posto
di lavoro in una istituzione pubblica sulla base di criteri
e requisiti insindacabili, per chiamata diretta da parte
di un’autorità esterna che è e resta
l’unica cui sono tenuti a fare riferimento.
Se il Governo volesse realmente risolvere il problema relativo
alla condizione di precariato in cui versano migliaia di
insegnanti di religione, dovrebbe spogliarsi dal servilismo
ipocrita nei confronti della Chiesa per vestire i panni
di chi debba legiferare onestamente per uno Stato laico
e per la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare la senatrice
Vittoria Franco. Ne ha facoltà.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Signor Presidente, nella valutazione
del disegno di legge in discussione siamo ispirati da due
convinzioni: che la qualità dell’istruzione, della
scuola e del sistema formativo nel suo complesso sia un
bene irrinunciabile e che non vi sia niente che possa giustificare
deroghe; in secondo luogo che debba essere rispettato il
principio della laicità dello Stato della separazione
fra Stato e Chiesa, della sovranità dello Stato.
Non credo, perciò, che si possa considerare la materia
che stiamo trattando, concernente lo stato giuridico degli
insegnanti, un mero strumento di regolarizzazione di docenti
precari, quasi fosse una semplice questione sindacale, e
senza tener conto dello stato particolare di tali docenti.
Non possiamo non cogliere anche questa occasione, la discussione
in Parlamento, per svolgere riflessioni più ampie.
Conosciamo bene il ruolo delle religioni nella formazione
delle civiltà e spesso nella formazione delle coscienze
individuali. Tocchiamo anche con mano – e i nostri giovani
più di noi – che si vanno costruendo ed espandendo
in ogni parte del Paese spazi di convivenza fra diverse
etnie, spazi di multireligiosità e di multiculturalismo.
Compito della scuola, dunque, è favorire spazi di
convivenza nei quali bambini, adolescenti con storie culturali
e religiose diverse possano convivere ed essere educati
alla tolleranza e al riconoscimento dell’altro nella diversità.
Direi che la scuola è il luogo per eccellenza di
tirocinio per acquisire un sentimento di cittadinanza in
uno spazio laico e tollerante; vorrei dire che è
il luogo dell’educazione al dialogo.
Per entrare più direttamente nel merito del testo
di legge che stiamo discutendo, voglio dire anch’io con
chiarezza – come ha già fatto il senatore Tessitore
– che siamo a favore di una legge che assicuri diritti e
tutele agli insegnanti di religione, riconoscendo loro uno
stato giuridico che risolva il problema della loro precarietà,
tanto che diversi senatori del mio Gruppo hanno presentato
disegni di legge in materia. Noi proponiamo, tuttavia, modalità
diverse, più rispettose della qualità dell’istruzione
e del principio di eguaglianza.
Direi che il passaggio più problematico del testo
che ci è pervenuto dalla Camera riguarda la possibilità
– già richiamata da altri colleghi – della mobilità
professionale che si riconosce e si concede agli insegnanti
di religione assunti a tempo indeterminato, cioè
la possibilità, in caso di revoca dell’autorizzazione
da parte dell’Autorità ecclesiastica, di passare
all’insegnamento di altra disciplina anche quando l’insegnante
sia sprovvisto di una laurea riconosciuta dallo Stato.
La revisione del Concordato del 1984 ha segnato un passo
avanti in fatto di laicità riconoscendo alle famiglie
la facoltà di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole, pur mantenendo l’obbligo
di impartirlo in capo allo Stato. Con questo disegno di
legge rischiamo, tuttavia, qualche passo indietro. Certamente
questa materia è regolata dalle norme concordatarie
e dall’Intesa tra il Ministero della pubblica istruzione
e la Conferenza episcopale del 1985, ma lo Stato italiano
ha anche il dovere di essere attento a mantenere la legislazione
entro i confini di quell’Intesa, preservando il rispetto
di ogni parte della Costituzione, come l’eguaglianza dei
cittadini e la sovranità dello Stato. A noi sembra,
infatti, che in alcuni passaggi del testo in discussione
si vada oltre l’Intesa. Ci si dimentica che lo status dei
precari di religione cattolica deriva dalle norme concordatarie
che prevedono una duplice dipendenza giuridica, quella statale
e quella ecclesiastica, con il diritto di idoneità
e di revoca riconosciuto all’autorità ecclesiastica.
Non possiamo, inoltre, sottacere, un’ulteriore anomalia,
una condizione paradossale che si viene a creare in caso
di contrazione dei posti o di revoca dell’autorizzazione
da parte della Diocesi e se non è possibile la mobilità.
Lo Stato può licenziare, e può farlo non in
ragione della violazione di norme del nostro ordinamento
ma per decisioni insindacabili di una diversa autorità,
quella ecclesiastica. Più preoccupante, però,
è che, divenendo possibile la mobilità professionale,
si creino situazioni di diseguaglianze rispetto agli insegnanti
di altre materie e che si prefiguri un canale privilegiato
di reclutamento, proprio in un momento peraltro nel quale
il Governo, attraverso le ultime due leggi finanziarie,
ha avviato una stagione di contenimento dell’organico fino
a ridurre a zero le assunzioni, come è accaduto quest’anno.
Noi abbiamo presentato emendamenti che mirano a ridurre
il danno di tali anomalie, come sarebbe l’istituzione
di un canale parallelo senza un pubblico concorso, e prevediamo
che il passaggio ad altre classi di concorso sia condizionato
da alcuni requisiti, ad esempio la laurea, l’obbligo
di permanenza nell’insegnamento per almeno 5 anni,
le modifiche delle caratteristiche concorsuali che riguardino
la qualità delle prove. Ecco, signor Presidente,
mi auguro che quest’Aula voglia svolgere una discussione
serena, riconoscendo almeno alcune delle nostre ragioni.
(Applausi dal Gruppo Misto-RC).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Eufemi. Ne ha facoltà
EUFEMI
(UDC). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo,
il Gruppo UDC esprime consenso al testo del provvedimento
relativo alla disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
di religione cattolica. Il senatore Brignone ha ampliamente
illustrato nella relazione scritta, integrata da considerazioni
introduttive al dibattito, il lungo iter parlamentare concernente
questo delicato tema.
Il provvedimento in esame rappresenta un ulteriore momento
dell’azione riformatrice del Governo e della sua maggioranza,
che va dalla riforma dei cicli scolastici al riconoscimento
della funzione sociale degli oratori, dal nuovo stato giuridico
degli insegnanti di religione alla auspicata, prossima,
disciplina della fecondazione artificiale. Sono questioni
che rappresentano altrettante precise scelte culturali e
programmatiche.
Realizziamo completamente, nei diversi campi, ciò
che il centro-sinistra, nella scorsa legislatura, è
stato incapace di fare. Si tratta di un passaggio fondamentale
rispetto al quale rivendichiamo, come Unione Democristiana
e di Centro, l’iniziativa legislativa, l’azione
parlamentare, i contenuti legislativi e il risultato conclusivo.
Ci riconosciamo in questa scelta perché muove nella
direzione da noi fortemente auspicata.
Con questo provvedimento legislativo si definisce una situazione
fortemente attesa; si sconta positivamente, certo, il lavoro
svolto nella passata legislatura, come ha riconosciuto il
relatore, un lavoro che non ha potuto essere portato a compimento
per le divisioni della passata maggioranza di Governo, per
i veti paralizzanti che hanno impedito l’approvazione
del disegno di legge. Oggi questa maggioranza si assume
il coraggio di una scelta che consente di raggiungere un
preciso obiettivo.
Riteniamo che il testo licenziato dalla Commissione istruzione
debba restare immutato rispetto ai suoi caratteri essenziali,
fatte salve le cosiddette correzioni tecniche relative alla
copertura e agli anni di riferimento, così da renderlo
pienamente efficace e propedeutico ai successivi passaggi
operativi.
Oggi siamo chiamati a dare, a quasi 20 anni dalla revisione
dei Patti lateranensi, attuazione completa e definitiva
a quegli accordi e alle attese della categoria. Non si comprenderebbero
né troverebbero giustificazione ulteriori manovre
delatorie tese a ridurre, come abbiamo ascoltato poco fa,
un presunto danno, né tentativi di modificazione
di un testo che trova larghi e diffusi consensi, venendo
incontro alle attese della categoria degli insegnanti di
religione che – non dimentichiamolo – rappresentano, con
oltre 20.000 docenti di cui tre quarti laici e un quarto
religiosi, l’ultima frangia di precariato presente
nella scuola italiana.
Sarebbe tuttavia un errore valutare tale provvedimento
solo come il raggiungimento di un obiettivo sindacale, pure
importante, negando quello di un intervento migliorativo
della qualità della scuola. La Repubblica italiana
ha legittimato la presenza dell’insegnamento della
religione cattolica nel quadro delle finalità della
scuola con l’articolo 9, comma 2, dell’Accordo
con il Protocollo addizionale firmato a Roma il 18 febbraio
1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense
dell’11 febbraio 1929, ratificato ai sensi della legge
25 marzo 1985, n. 121, e nella successiva Intesa tra la
Conferenza Episcopale Italiana e l’autorità
scolastica (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre
1985, n. 751) è stato sancito che gli insegnanti
incaricati di religione cattolica fanno parte della componente
docente degli organi scolastici con gli stessi diritti e
doveri (punti 2 e 7 della citata Intesa) e che lo Stato
avrebbe dato una nuova disciplina dello stato giuridico
degli insegnanti di religione.
Essendo trascorsi quasi vent’anni da questo accordo,
è opportuno dare una sistemazione definitiva ai docenti
di religione non venendo mai meno al dialogo interreligioso,
così come sarà poi necessario riconsiderare
anche i programmi della religione cattolica adeguandoli
alla riforma dei cicli del ministro Moratti, realizzando
un’offerta formativa più completa e radicata
nella storia e nella tradizione del Paese.
La sperimentazione in atto è segno positivo dell’adeguamento
alla nuova scuola da parte della categoria. Sono stati stabiliti
alcuni princìpi che meritano di essere richiamati:
rispetto dello spirito della revisione degli accordi concordatari
e delle successive intese; razionalizzazione del reclutamento
dei docenti di religione cattolica secondo la normativa
vigente per gli altri insegnanti; salvaguardia dei diritti
degli insegnanti di religione in servizio da oltre quattro
anni negli ultimi dieci anni; restituzione di una certezza
e di un rapporto di lavoro stabile con la pubblica amministrazione;
introduzione di regole di mobilità territoriale e
professionale degli insegnanti, subordinata al riconoscimento
di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano
ed al possesso del requisito di idoneità a determinate
condizioni.
Una novità sul piano dei provvedimenti è
costituita dal fatto che nel sistema scolastico si sta mettendo
ordine anche attraverso una semplificazione burocratica
che non può che aiutare il cammino della scuola e
delle istituzioni scolastiche. Per quanto può riguardare
gli insegnanti di religione, non resta che citare, oltre
alla circolare ministeriale n. 2 del 2001, relativa a ricostruzione
di carriera e trattamento economico, la circolare ministeriale
n. 6 del 12 gennaio 2001, che si riferisce al decreto ministeriale
n. 271 del 7 dicembre 2000, relativamente alle indicazioni
operative sulla cessazione dal servizio e sul trattamento
di quiescenza.
L’impegno dell’UDC sta nell’avere fortissimamente
voluto questo disegno di legge, nell’aver spinto per
la sua calendarizzazione e oggi per il suo esame d’Aula,
e ne auspichiamo una pronta approvazione. Come sottolineato
dal relatore, senatore Brignone, cui va il nostro ringraziamento,
la Commissione è stata a lungo impegnata sul tema
nella scorsa legislatura fino alla discussione di una bozza
di risoluzione da lui stesso presentata in qualità
di relatore. Dopo l’accordo del 1985, con cui fu modificato
il concordato del 1929 e raggiunta un’intesa fra l’autorità
scolastica italiana e la Conferenza episcopale, il dibattito
si è infatti incentrato proprio su tale aspetto e
in particolare sulla facoltà degli studenti di avvalersi
o meno dell’insegnamento della religione cattolica
nonché sulla tutela da assicurare a coloro che optavano
per il non avvalersene. Nella scorsa legislatura ha preso
sostanza l’esigenza di definire lo stato giuridico
dei docenti, anche in considerazione del fatto che si andava
definendo l’inquadramento degli altri insegnanti precari.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 124
del 1999, la condizione di inferiorità tipica del
precariato riguarda ormai solo gli insegnanti di religione
cattolica.
Come Gruppo UDC ci riconosciamo nel testo licenziato dalla
Commissione, già approvato dalla Camera dei deputati,
cui sono stati abbinati altri dieci disegni di legge di
iniziativa parlamentare che in prevalenza seguono il medesimo
impianto. Si tratta ora di approvare rapidamente questo
progetto di riforma. Non è venuto meno un aperto
confronto tra le forze politiche su una materia così
delicata per le implicazioni che determina tra lo Stato
italiano e la Santa Sede, per i riflessi derivanti dal raccordo
tra ordinamento canonico e ordinamento statuale.
Auspichiamo che questa legislatura possa essere ricordata
come quella che ha dato soluzione ad un problema che si
trascinava da così tanto tempo.
Sono queste le ragioni che ci inducono a condividere le
finalità del provvedimento, nonché le soluzioni
adottate, e a sostenere con convinzione il progetto di riforma,
su cui il Gruppo UDC esprimerà, naturalmente, il
proprio voto favorevole. (Applausi dai senatori Valditara
e Bevilacqua).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Bevilacqua. Ne ha facoltà.
BEVILACQUA
(AN). Signor Presidente signor Sottosegretario, colleghi,
il disegno di legge all’esame riprende gran parte dei risultati
a cui si era giunti due anni fa con l’approvazione da parte
del Senato di analogo progetto di iniziativa parlamentare.
Rispetto a quel disegno di legge si recuperano il 70 per
cento dei posti di ruolo da mettere a concorso ed i titoli
da esibire nei concorsi, che tornano ad essere quelli previsti
dall’intesa, senza richiesta ingiustificata di seconde lauree.
Qualche perplessità la desta l’istituzione di due
ruoli regionali, corrispondenti ai cicli scolastici previsti
dall’ordinamento. Forse sarebbe stato meglio precisare l’effettiva
ripartizione del personale docente tra i cicli della scuola
nuova. C’è infatti da chiedersi se gli insegnanti
della scuola dell’infanzia saranno assimilati a quelli della
scuola elementare, e se quelli della scuola media manterranno
un trattamento analogo a quelli della scuola superiore,
pur appartenendo al primo ciclo del progetto Moratti.
Questo provvedimento consente di porre fine, comunque,
ad un inaccettabile precariato per circa 15.000 docenti,
in grandissima parte laici, ultima categoria di precari
del pubblico impiego. Finalmente anch’essi godranno dei
diritti riconosciuti a tutti i cittadini italiani in materia
di diritti del lavoro. È evidente che la definizione
dello stato giuridico degli insegnanti di religione faccia
riaffiorare qualche desiderio di azzerare il Concordato,
o di eliminare del tutto l’insegnamento della cattolica
nelle scuole italiane. Forse sarebbe stato necessario, o
sarà necessario in un prossimo futuro, rivedere gli
accordi concordatari, in sintonia, però, con il Vaticano.
L’Italia è diventato un Paese multietnico e la presenza
di un insegnamento religioso, in qualche modo confessionale,
potrebbe dar luogo a incresciosi episodi di divisione di
alunni.
A proposito poi dell’accesso ai ruoli, vi è la previsione
che ciò avvenga per concorso, così come previsto
dall’articolo 97 della Costituzione. Qualche dubbio lo solleva
la previsione di un semplice elenco in luogo della graduatoria,
che normalmente classifica i candidati che hanno superato
le prove d’esame. Ferme restando le prerogative dell’ordinario
diocesano, forse sarebbe stato possibile individuare un
percorso diverso, senza rinunciare alla graduatoria.
Questi pochi elementi di perplessità non inficiano,
comunque, il parere positivo di Alleanza Nazionale nel merito
del provvedimento, e quindi il voto favorevole del nostro
Gruppo. (Applausi del senatore Valditara).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Soliani. Ne ha facoltà.
SOLIANI
(Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario,
onorevoli colleghi, due legislature e due diverse proposte
di iniziativa parlamentare, come ha ricordato il relatore
Brignone, che ringrazio anch’io per l’ampia e circostanziata
relazione, hanno portato le norme sullo stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica negli istituti e
nelle scuole di ogni ordine e grado oggi in quest’Aula al
nostro esame nel testo del disegno di legge del Governo
che la Camera ha approvato sei mesi fa.
Fu l’Ulivo nella passata legislatura ad avviare a soluzione
il problema, portando all’approvazione in questa medesima
Aula il 19 luglio 2000 un testo unificato. Era necessario,
è necessario, un provvedimento di tale natura, dopo
l’intesa del 1985 tra lo Stato italiano e la Conferenza
episcopale italiana. Sono passati da allora 17 anni, un
tempo storico troppo limitato per un’evoluzione positiva
dei rapporti tra Stato e Chiesa, che l’intesa aveva manifestato;
un tempo che ha ritardato anche una possibile, ulteriore
definizione dell’intesa stessa, per meglio corrispondere
alle esigenze della società, della scuola e anche
della Chiesa; certamente un tempo troppo lungo per l’attesa
di insegnanti che hanno diritto, come altri, alla stabilizzazione
del loro rapporto di lavoro. La necessità, dunque,
è l’urgenza.
E tuttavia non possiamo non rilevare come il disegno di
legge del Governo non abbia raccolto il frutto maturo della
precedente legislatura, volto a riconoscere e a promuovere
la qualificazione culturale dei docenti di religione cattolica,
evitando anche possibili forme parallele e dequalificate
di reclutamento del personale tutto della scuola.
In realtà la scelta del Governo lascia più
povero e debole, anche da questo punto di vista, il quadro
politico e culturale della scuola italiana, mentre non v’è
dubbio che uno stato giuridico di parità degli insegnanti
di religione cattolica in un contesto di qualità
dell’azione riformatrice per tutto il sistema scolastico,
non solo avrebbe favorito un passaggio parlamentare del
provvedimento più significativo, ma avrebbe costituito
un fattore positivo per tutto il sistema.
Si poteva, dunque, fare meglio. Si poteva e si può
ancora qui, ora, tener conto degli emendamenti da noi presentati,
volti, da un lato, ad assicurare con una maggiore stabilità
un’azione didattica più significativa e, dall’altro,
ad evitare nella pratica che permangano zone incerte, soluzioni
pasticciate di non facile gestione.
Si doveva – e noi lo facciamo – raccogliere tutta intera
la forza del contesto costituzionale, nel quale dovremmo
iscrivere sia la presenza degli insegnanti di religione
cattolica nelle scuole pubbliche, sia il profilo e la missione
della scuola italiana, un contesto indubitabile di laicità.
Penso ai princìpi fondamentali della Costituzione
e agli articoli successivi relativi in particolare al Titolo
II sui rapporti etico-sociali e al novellato Titolo V, con
il ruolo chiave delle istituzioni scolastiche autonome.
È all’altezza di questo contesto che doveva
collocarsi il provvedimento. Penso all’articolo 7 della
Costituzione, una scelta storica e politica che ha chiuso
questioni secolari e ha consolidato la vita civile della
nazione. Di lì è disceso l’Accordo del
1984 tra la Santa Sede e la Repubblica, ciascuno nel proprio
ordine indipendenti e sovrani, impegnati nella – cito l’Accordo
– "reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo
e il bene del Paese". È in questa finalità
che si iscrive il nostro tema. Riconoscendo il valore della
cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi
del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
popolo italiano, la Repubblica si è impegnata, al
comma 2 dell’articolo 9 della legge n. 121 del 1985
che ha recepito l’accordo, "ad assicurare, nel
quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche (…)
di ogni ordine e grado". Dunque, stabilizzazione degli
insegnanti di religione non tanto e non solo come questione
sindacale, pur rilevante, ma come collocazione stabile dell’insegnamento
nel quadro delle finalità del sistema, conferendo
dignità culturale alla disciplina che ha natura culturale-formativa.
Dunque, qualificazione dell’insegnante di religione
cattolica quale contributo alla qualificazione dell’intero
sistema; e in questa direzione va il parere della 1a Commissione,
che invita a inserire nel programma di esame del primo concorso
l’accertamento della preparazione culturale generale
dei candidati.
Ma qual è oggi il quadro delle finalità della
scuola? In quale stagione politica e culturale per la scuola
italiana si iscrive oggi questo provvedimento? E in quale
temperie storico-culturale-politica per l’Italia e
per l’Europa? Ecco, il dibattito che il Governo e la
maggioranza hanno prodotto sul provvedimento si è
come fermato ad una sorta di atto dovuto, quasi per una
sanatoria, uno sguardo sempre rivolto al passato.
Che ne è oggi, dopo gli interventi finanziari e
legislativi del Governo in questi due anni, della missione
della scuola, dei suoi valori di riferimento? Che ne è
della sua cultura costituzionale? In quale riorganizzazione
strutturale, in quale tempo-scuola vanno a inserirsi le
previste ore di religione cattolica? E in quale rapporto
si inserisce questo insegnamento con gli indirizzi culturali
ed educativi che in questi due anni sono stati espressi
dal Governo, che smentiscono la scuola come comunità,
assumono il principio economico-funzionalista, irrigidiscono
e frantumano il processo formativo delle persone? In quale
ristrutturazione del personale docente e del suo profilo
professionale va a inserirsi ora questo stato giuridico?
Non sono domande fuori luogo; ne va del futuro stesso degli
insegnanti di religione e della loro disciplina. In un contesto
di ombre, di incertezze, di malessere, di sfiducia verso
il futuro che riguarda l’intera scuola italiana, lo
stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
non prende certo né la luce né la vita che
esso si attende.
Che ne sarà dell’insegnamento della religione
cattolica se è la scuola stessa che può perdere,
a causa dell’azione del Governo, il suo senso? Non
passa anche di qui il rapporto delle istituzioni con la
società e della Chiesa stessa con la società
italiana, nella lunga stagione post conciliare? Noi avremmo
operato diversamente sulla scuola, sul contesto appunto,
mentre la nostra proposta nel merito era già uscita
da quest’Aula. Vogliamo infatti favorire il rapporto
reciproco, non l’allontanamento, non lo scontro ma
l’incontro tra parti diverse del sistema che per il
bene del Paese e per la promozione dell’uomo debbono
lavorare insieme, favorendo infine un contesto più
ricco e vivace di iniziativa su un terreno che la scuola
spesso da sé sola presidia e non di rado per l’apporto
degli insegnanti di religione cattolica sui quali sta nascendo
la nuova società italiana ed europea fondata sul
dialogo tra le religioni.
Ecco il rammarico per il ritardo, perché altre cose
in questi anni dovremmo pensare ad affrontare. Abbiamo di
fronte a noi la Costituzione europea. Stiamo cercando di
riconoscere le radici della nostra storia. Ci stiamo confrontando
con le sfide del mondo: il Cristianesimo nelle radici dell’Europa,
il Cristianesimo nell’universalismo dei popoli della
terra. Quale cultura per la scuola italiana? Quale insegnamento
della religione cattolica di fronte a queste sfide? Quale
ruolo ai docenti? Quale ruolo agli insegnanti di religione
cattolica e quale la formazione di entrambi? Qui è
attesa la scuola italiana. Qui sono attesi i suoi insegnanti,
compresi quelli di religione cattolica. Qui è attesa
la Repubblica e qui è attesa anche la Chiesa italiana.
Noi ne siamo consapevoli. Non è così, ci pare,
per il Governo e la sua maggioranza.
Questo provvedimento, davvero, meritava un diverso approccio
e una più larga visione. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U,
DS-U e dei senatori Zavoli e Manieri)
CONTESTABILE (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
CONTESTABILE (FI). Per svolgere una dichiarazione
in dissenso.
PRESIDENTE. Senatore Contestabile, in questa fase
della discussione non può intervenire per fare una
dichiarazione in dissenso. Questa la può fare in
sede di dichiarazione di voto. Se vuole intervenire in discussione
generale può farlo, ma dopo che avrò dato
la parola ai colleghi che si sono iscritti prima di lei.
CONTESTABILE (FI). Signor Presidente, preferirei
intervenire in sede di discussione generale.
PRESIDENTE. Ne prendo atto.
È iscritto a parlare il senatore Bastianoni. Ne
ha facoltà.
BASTIANONI
(Mar-DL-U). Signor Presidente, signor rappresentante
del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge al
nostro esame è volto a sanare una situazione annosa
di precariato subita dagli insegnanti di religione cattolica
ed è teso ad eliminare la disparità di trattamento
finora in essere nei confronti di tali docenti rispetto
ai loro colleghi di altre discipline.
È opportuno qui ricordare il lavoro svolto nella
scorsa legislatura, avviato dal precedente Governo di centro
sinistra proprio in questo ramo del Parlamento dove un analogo
disegno di legge fu approvato e trasmesso alla Camera dei
deputati e in cui l’esame del provvedimento fu interrotto
presso la Commissione lavoro per la fine della legislatura.
In sostanza questo provvedimento finisce con l’accorpare
disegni di legge presentati nella scorsa legislatura, in
quella precedente, nonché nell’attuale a firma
di parlamentari di diversi schieramenti politici.
Si tratta, dunque, di un testo di legge molto atteso che,
è bene precisare ancora una volta, ha per oggetto
non l’insegnamento della religione cattolica, bensì
lo stato giuridico dei lavoratori insegnanti la religione
cattolica. Attualmente questi lavoratori percepiscono una
retribuzione in linea con gli altri insegnanti ma non hanno
un uguale trattamento previdenziale e di carriera. Si tratta
di lavoratori precari che da lunghissimi anni attendono
di vedere definito il loro stato giuridico nel comparto
della scuola, settore in cui il legislatore già è
intervenuto affrontando le problematiche del precariato.
Pertanto, nel predisporre un’adeguata normativa di
definizione dello stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica, noi compiamo un atto di giustizia che è
anche finalizzato a dare dignità a questi insegnanti
che nel tempo hanno acquisito una specifica professionalità.
Infatti, se è vero che in passato tale disparità
con gli altri insegnanti era meno avvertita in quanto gli
insegnanti di religione cattolica erano sacerdoti o religiosi,
nel tempo la presenza dei laici è andata via via
aumentando fino a superare l’ottanta per cento del
corpo docente nell’ultimo biennio.
Il fenomeno della progressiva laicizzazione degli insegnanti
di religione appare destinato a crescere anche per via della
maggiore disponibilità di tempo che la scuola richiede
agli insegnanti, mentre il carico pastorale complessivo
dei sacerdoti, che talvolta devono seguire anche più
parrocchie, finisce con l’assorbirne in maniera esclusiva
l’attività.
Occorre poi considerare che nelle nostre scuole italiane
vi è una notevolissima adesione all’insegnamento
della religione cattolica che, nell’anno scolastico
2001-2002, è stata del 93,2 per cento, a conferma
del fatto che la religione cattolica è parte integrante
delle matrici culturali del nostro Paese.
Il testo al nostro esame si pone l’obiettivo – come
abbiamo ricordato – di stabilire lo stato giuridico di questi
lavoratori, ma anche le procedure di reclutamento che sono
particolari in quanto questa categoria di lavoratori, questi
docenti hanno un duplice rapporto professionale con lo Stato
da un lato e con la Chiesa cattolica dall’altro.
Quindi è opportuno ricordare che tali insegnanti
dovranno sostenere un concorso per esami e titoli; concorso
che prevede debbano sostenere una prova che dovrà
tener conto della loro preparazione non nelle materie che
sono di competenza religiosa, trattandosi di accertare la
preparazione culturale e dialettica su materie che afferiscono
all’ordinamento scolastico complessivo. Quindi, saranno
valutati, saranno esaminati e dovranno entrare negli appositi
elenchi.
C’è un problema relativo a questo impianto
legislativo sul quale noi abbiamo soffermato la nostra attenzione
che crediamo non possa essere sottaciuto: non possiamo ignorare
il problema riguardante la mobilità del personale
nel caso in cui venga meno il presupposto per insegnare
la religione, o perché a seguito della libertà
individuale che ha portato a modificare i propri convincimenti
e le proprie opinioni, si sia nella posizione in cui manca
il presupposto riconosciuto dall’ordinario diocesano
e quindi vi è la revoca, o perché non c’è
la richiesta di tale insegnamento da parte degli alunni
(crediamo che questa sia un’ipotesi più remota).
Parlando di dipendenti pubblici dobbiamo preoccuparci di
fare in modo che essi conservino il posto di lavoro. Si
tratta infatti di persone che hanno una famiglia, che hanno
determinate esigenze. Dobbiamo però evitare che questa
diventi una forma surrettizia attraverso la quale si è
abilitati ad insegnare altre materie seguendo un percorso
che, nei fatti, diventa privilegiato e va a ledere interessi
e aspettative di altre persone che, sul territorio nazionale,
hanno seguito percorsi personali e familiari per acquisire
un punteggio al fine di essere incardinati nei ruoli organici
dello Stato. Dobbiamo far si che ciò non possa accadere
per evitare una palese ingiustizia.
Quindi, invito il Governo a compiere nel medio periodo
opportune verifiche e controlli sul campo circa il funzionamento
di tale normativa. Non sarebbe, infatti, accettabile questo
doppio canale, qualora si verificasse un utilizzo dell’ingresso
nei ruoli del personale docente non conforme allo spirito
della legge. Nell’ipotesi in cui si registrassero incongruenze
e scostamenti rispetto allo spirito della normativa, credo
che il Parlamento dovrebbe intervenire a correggere eventuali
distorsioni.
Presidenza del vice presidente SALVI
(Segue BASTIANONI). Nel complesso, signor Presidente, esprimo
un giudizio positivo sull’impianto del provvedimento,
ancorché necessiti di alcuni correttivi che nel corso
dell’esame in Aula riteniamo potranno essere accolti
dai colleghi senatori. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del
senatore Zavoli).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Favaro. Ne ha facoltà.
FAVARO
(FI). Signor Presidente, la questione dello stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica era già stata
affrontata nella passata legislatura con la presentazione
al Senato della Repubblica di un provvedimento, sostenuto
dall’allora maggioranza di centro-sinistra, che venne
approvato in un testo unificato da un solo ramo del Parlamento,
poiché la fine della legislatura non ne consentì
il varo definitivo.
Il disegno di legge presentato dal Governo (Atto Camera
n. 2480) tiene conto del testo licenziato dal Senato nella
scorsa legislatura e si inserisce nell’opera di riforma,
di riqualificazione e di riordino della scuola italiana
che è fra le azioni più qualificanti dell’attuale
maggioranza di Governo.
Esso mira a risolvere un problema particolare della scuola
all’interno di un problema più vasto. Il problema
particolare consiste nel reclutamento e nella regolamentazione
dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica;
il problema generale sta nella valenza, nel significato
– qualcuno direbbe anche nella possibilità – dell’insegnamento
della religione cattolica in uno Stato che è, e che
noi vogliamo, laico.
La questione, come ho già detto, è stata
affrontata nella passata legislatura, ma nel frattempo la
sua soluzione è diventata ancora più urgente,
atteso che dopo l’Accordo del 1985 tra lo Stato italiano
e la CEI, che ha reso tale insegnamento facoltativo, comunque
più del 90 per cento degli studenti italiani sceglie
di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
Oggi, inoltre, si è ridotto notevolmente il numero
dei sacerdoti e dei religiosi che insegnano la religione
cattolica, tanto che circa l’80 per cento dei docenti
è costituito da laici, che assolvono un compito educativo
all’interno della scuola italiana.
Il terzo argomento è che la legge n. 124 del 1999
ha individuato un itinerario specifico per gli insegnanti
precari che questo disegno di legge intende estendere anche
agli insegnanti di religione cattolica, unici esclusi. Il
provvedimento in esame tende quindi ad eliminare dalla scuola
una categoria di insegnanti stabilmente precari, dando loro
la dignità di tutti gli altri lavoratori. Ne guadagna
anche la considerazione della materia insegnata e si creano
le condizioni per la qualificazione di una categoria di
docenti all’interno di una scuola che noi vogliamo
qualificata.
Bisogna precisare che l’insegnamento della religione
cattolica di cui stiamo parlando si svolge come attività
scolastica di cultura religiosa, che è cosa ben diversa
dalla catechesi, in un luogo laico di cui nessuno vuole
mettere in dubbio la laicità: la scuola. Vi è
assoluta libertà di partecipazione e quest’ultima
non comporta alcuna adesione alla fede cristiana.
Il vecchio Concordato lateranense prevedeva che nella scuola
pubblica si potesse svolgere un insegnamento della religione
in funzione catechistica; in base al nuovo Accordo, lo Stato
si impegna ad assicurare nella scuola pubblica un insegnamento
della religione cattolica inserito nel quadro delle finalità
della scuola, riconoscendo il valore che rappresentano,
soprattutto in Occidente, la cultura religiosa ed il cristianesimo.
Io credo non possa esistere formazione completa della persona
che non sia legata alla propria cultura, e la nostra cultura
ha profonde radici cristiane e cattoliche. Insomma, senza
conoscere la religione e la cultura cattolica sarà
più difficile e probabilmente incompleta per un italiano
e per ogni europeo la risposta alla domanda: chi siamo?
Sarà altresì incerto il riferimento ad un
sistema di valori che hanno consentito una grande crescita
civile alle nostre comunità e a princìpi che
fanno parte del nostro patrimonio culturale.
E quanto più saremo coscienti del nostro patrimonio
culturale, tanto più sarà facile il dialogo
con le altre culture, dialogo inevitabile in una società
multietnica e multiculturale.
Nessuna chiusura, quindi, nei riguardi delle altre culture;
anzi, noi vogliamo creare le condizioni per un’apertura,
per un dialogo.
Vi è da dire, inoltre, che l’insegnamento della
religione appartiene all’area delle cosiddette materie
miste, in quanto vi è compresenza di interessi dello
Stato e della Chiesa.
La vigente disciplina concordataria prevede che l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole è impartito
da insegnanti che sono riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica, ovvero dall’ordinario diocesano. Trattandosi
di un insegnamento non sulla religione ma della religione
cattolica, dichiarare l’idoneità degli insegnanti
spetta senz’altro alla Chiesa, mentre per quanto concerne
la qualificazione professionale, ovvero il titolo di studio,
essa è regolata da intesa tra Stato e Chiesa.
Attualmente è l’autorità ecclesiastica
che dichiara l’idoneità all’insegnamento
e l’eventuale revoca dell’idoneità stessa.
In quest’ultima ipotesi, ovvero nel caso di revoca
dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano,
oggi l’insegnante cessa dall’impiego di ruolo
e gli viene precluso il passaggio ad altro insegnamento
scolastico, pur essendo in possesso di abilitazione, creando
una condizione di precarietà.
Il disegno di legge in esame si propone di porre fine allo
stato di disagio nel quale si trovano gli insegnanti di
religione, consentendo loro, purché dotati dei necessari
requisiti, l’equiparazione agli altri docenti scolastici,
sul piano giuridico e amministrativo, e consentendo anche
agli insegnanti dichiarati in mobilità di restare
nella scuola purché ne abbiano i titoli.
Proprio l’articolo 4 del disegno di legge relativo
alla mobilità ha rappresentato uno dei punti controversi
e oggetto di un dibattito intenso. Ci sembra che la soluzione
trovata sia molto equilibrata e rispettosa della dignità
e dei diritti degli insegnanti. Vi si prevede la mobilità
per l’insegnante cui sia stata revocata l’idoneità
o che si trovi comunque in esubero, mobilità che
viene concessa in base alle modalità previste dalle
disposizioni vigenti e subordinatamente al possesso dei
requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto.
Si esce in tal modo da una sostanziale posizione giuridica
di precariato che non garantisce la dignità del lavoro
professionale degli insegnanti di religione e si dà
finalmente attuazione al dettato delle norme concordatarie.
Forza Italia si riconosce nel disegno di legge in esame
che voterà nel testo così come presentato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore
Contestabile. Ne ha facoltà.
CONTESTABILE
(FI). Signor Presidente, il mio giudizio sul disegno di
legge in esame non è negativo, tant’è
vero che non mi asterrò dalla votazione perché,
come è noto, tale astensione all’interno del
Senato equivale ad un voto contrario ed io non voglio esprimere
un voto in tal senso. In dissenso dal Gruppo quindi non
parteciperò alla votazione.
Mi riconosco nell’intervento svolto dall’amico
e collega di partito senatore Favaro che ha più volte
ribadito la sostanziale laicità di questo provvedimento.
È vero, è una legge sostanzialmente laica,
se non fosse per una questione che pone un grave problema
di principio e che forse è sfuggita ai più.
Sono rispettoso delle religioni, sono rispettosissimo della
religione cattolica. Mi riconosco nel titolo del celebre
saggio di Benedetto Croce "Perché non possiamo
non dirci cristiani".
Certo, ha ragione la senatrice Soliani quando afferma che
la nostra storia è anche storia della religione cattolica,
io direi che è anche storia della Chiesa Cattolica:
ha ragione. È una storia che ha avuto luci ed ombre:
le luci sono molto splendenti, basta fare i nomi di Agostino
d’Ippona e di Tommaso d’Aquino, le ombre, sono, per esempio,
quelle della controriforma, i due cugini Borromei e Roberto
Bellarmino; aveva ragione Delio Cantimori, grande storico
degli eretici italiani del ‘500 quando diceva che uno dei
problemi di questo Paese è aver avuto la controriforma
senza aver avuto la riforma.
La legge, però, che è – ripeto – una legge
laica e posso perfino spingermi a definire una buona legge,
pone una questione grave di principio: nella nomina degli
insegnanti di religione vi è un forte intervento
dell’ordinario diocesano. Ora, si pone il problema di un
dipendente dello Stato, pagato dallo Stato, che è
in parte nominato da una autorità, che io rispetto
moltissimo, il vescovo, ma che non è lo Stato, anzi
è di un altro Stato. Tale questione pone un problema
di principio grave che si poteva risolvere: la nomina dell’insegnante
di religione poteva essere riservata all’ordinario diocesano
ma l’insegnante di religione non diventava dipendente dello
Stato, era a carico dell’ordinario diocesano e della Chiesa
Cattolica, o, in alternativa, l’insegnante di religione
veniva pagato dallo Stato e diventava dipendente dello Stato
ma non vi era alcuna ingerenza nella nomina da parte dell’ordinario
diocesano.
Il mio non è un discorso contro la Chiesa cattolica,
tutt’altro; più mi faccio vecchio e più rispetto
la funzione che la Chiesa cattolica ha avuto nella nostra
storia, pur con delle punte critiche: ripeto, l’Inquisizione
e la Controriforma. Le questioni di principio sono, però,
essenziali e ad esse non si può contravvenire.
Questo equivoco ha una nascita lontana nell’accordo tra
i cattolici e i comunisti a proposito dell’articolo 7, un
accordo che, a mio parere, non ha portato bene al nostro
Paese. Per fortuna, ora nessuno mette più in discussione
la laicità dello Stato, la formula recepita è
ancora una volta quella cavouriana della "Libera Chiesa
in libero Stato".
Io rispetto moltissimo la libertà della Chiesa,
non potrò votare questa legge perché contravviene
ad una questione di principio. (Applausi del senatore Malabarba).
PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione dei
disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Sull’ordine dei lavori
PRESIDENTE. Comunico che, in relazione ai concomitanti
impegni delle Commissioni riunite 1a e 2a, la discussione
dei disegni di legge sul patteggiamento e sulla semplificazione
è rinviata ad altra seduta.
Interpellanze e interrogazioni, annunzio
PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
un’interpellanza e interrogazioni, pubblicate nell’allegato
B al Resoconto della seduta odierna.
Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
pubblica oggi, alle ore 17,30, con l’ordine del giorno
già stampato e distribuito.
La seduta è tolta (ore 11,45).