Categoria: Scuola e Società

  • INTERVISTA A SAMI ALDEEB ABU SAHLIEH,PROF. DI DIRITTO ISLAMICO, ISTITUTO SVIZZERO DI DIRITTO COMPARA


    INTERVISTA A SAMI ALDEEB ABU SAHLIEH,PROF. DI DIRITTO ISLAMICO, ISTITUTO SVIZZERO DI DIRITTO COMPARATO, LOSANNA.


    Di: Maria De Falco Marotta


     


    Prof. Sami Aldeeb,  lei si occupa da vent’anni di matrimoni misti, specie con musulmani, quali sono gli errori pi comuni che si commettono e che a volte, come si legge spesso sui giornali, sfociano in drammi?


    Il matrimonio, al di l del suo significato religioso che pu avere o non avere per i contraenti, non solo un contratto di diritto privato, ma un’istituzione giuridica che con la dichiarazione degli sposi davanti all’ufficiale di stato civile, si sottrae alla loro libera disposizione.


    Ogni matrimonio comporta un numero di problemi, indipendentemente dalla nazionalit e dalla religione dei partners. Per evitare, per quanto possibile, le difficolt, indispensabile che i due futuri congiunti, siano ben informati sui loro diritti/doveri e accettino di assumerli con cognizione di causa.


    Tale dovere diviene ancora pi importante, qualora gli sposi appartengano a due culture diverse, e sono innamorati.


    Spesso, proprio l’amore che gioca brutti scherzi .


    In che senso, scusi?


    A seguito delle continue immigrazioni di musulmani in cerca di lavoro( arabi, marocchini, senegalesi, tunisini, pakistani, algerini.) in Europa, capita spesso che una ragazza si sposi con uno di essi.E’ bello che l’amore non conosca barriere e che non si pensi che ad essere felici. In realt lei si sente sicura, perch, in caso di dissidi, le comuni norme stabilite dal Codice civile  regoleranno equamente la loro situazione patrimoniale e, in caso  vi siano figli, l’affidamento degli stessi, non solo secondo il Codice del proprio Paese, ma anche basandosi sul diritto internazionale privato del 18 dicembre 1987, in cui vi sono regole precise per regolamentare i conflitti tra i coniugi di culture diverse.


    Per capita che queste siano contraddittorie tra loro. Quindi, buona regola che gli sposi fissino per iscritto, davanti ad un notaio e, possibilmente, prima del matrimonio, il loro accordo biculturale. Nei paesi musulmani, il matrimonio deve essere pattuito con un atto scritto davanti ad un’autorit pubblica. In esso vengono sanciti i diritti e i doveri secondo quanto consiglia il Corano(cf: Corano 2: 282 nella traduzione di Denis Masson, Essai d’interpretation du Coran inimitable, Sobhi El- Saleh, Beyrouth & Le Caire, 1980), per il partner non musulmano, deve essere cosciente che qualsiasi contratto pur firmato davanti ad un pubblico ufficiale occidentale, ha ben poche possibilit di essere riconosciuto in un paese musulmano, soprattutto per quanto concerne le clausole relative all’affidamento dei figli e alla loro religione.


    In Europa vi libert religiosa, perci gli sposi, pi che a leggi religiose, sono sottoposti allo stesso codice di famiglia. Non cos anche nei paesi islamici?


    Nei paesi islamici, che il musulmano sia credente  o no, praticante o meno, considerato prima di tutto come un musulmano e quindi gli si applica il regime giuridico corrispondente. In certi paesi come la Giordania, la Siria, il Libano, l’Iraq, ogni comunit religiosa ha il suo proprio diritto in materia di famiglia e i propri tribunali religiosi che risolvono i litigi tra i loro membri. Altri paesi come l’Egitto, hanno soppresso i tribunali religiosi ed hanno demandato i loro compiti ai tribunali statali competenti per tutti, ma che osservano le leggi delle diverse comunit. Altri paesi ancora(Algeria, Tunisia, Turchia)hanno unificato le leggi, pur mantenendo delle norme speciali da applicare ai non musulmani. Per tutti questi paesi, riconoscono norme discriminatorie in materia di Diritto di famiglia nei confronti dei non musulmani e nei confronti delle donne. Certamente, vi sono delle differenze tra i paesi musulmani. Vi sono quelli che hanno leggi pi liberali e progressiste( in Tunisia ed in Turchia sono proibiti il ripudio e la poligamia) ed altri meno. Per se un tunisino va in Egitto, gli verr applicata la legge musulmana, cos come in vigore l. Malgrado la proibizione della sua legge nazionale, potr contrarre un matrimonio poligamo e ripudiare la moglie con lo stesso diritto di un musulmano egiziano. Sarebbe lo stesso per qualsiasi occidentale che si convertisse all’islam ed andasse a vivere in quel luogo. L’appartenenza religiosa viene prima dell’appartenenza nazionale. Naturalmente, bisogna dire che vi sono pi modi di praticare l’islam, si pu essere pi liberali e tolleranti, per quando sopravvengono dei conflitti tra i due coniugi, ognuno tende a farsi forte del diritto a lui favorevole. Dunque, meglio essere al corrente della diversit delle norme e delle usanze del proprio Paese, rispetto a quelle musulmane.


    Un proverbio arabo dice:” Un soldo di precauzioni, meglio di una tonnellata di medicinali”


    Lei vuol dire che il musulmano condiziona tutta la sua vita al Corano? In pratica, non esiste neanche libert religiosa?


    Nei paesi occidentali c’ libert di aderire ad una religione, di abbandonarla per un’altra o di essere atei. Anche i musulmani affermano che questa riconosciuta e citano tre passaggi del Corano: 10: 99- 100; 18:29; 2:256- 257( i passi sono, come gli altri che citer, sempre tratti dal Corano di Masson), per tacendo ogni menzione o castigo per i non credenti e per coloro che abbandonano l’islam: Per diventare musulmani basta recitare davanti ad un testimone la formula: “Testimonio che non c’ altra divinit oltre Allah e che Maometto il messaggero di Allah” Se un uomo, anche se vecchio dovrebbe farsi circoncidere ed adottare un nome musulmano( la stella del pop inglese Cat Stevens, si fa chiamare Yusuf Islam e il pugile americano Cassius Clay, Muhammad Ali).


    La facilit con cui si diventa musulmano contrasta fortemente con quella di abbandonare l’islam. Per costoro si prevede la pena di morte e se si tratta di una donna, l’ergastolo.


     L’apostasia condannata, basandosi sul versetto coranico 9:74 e sulla parola di Maometto: “Uccidete colui che cambia religione”!.


    Questa proibizione di abbandonare l’islam, alla base della controversia suscitata dalla discussione sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’art. 19 che riconosce a qualsiasi individuo la libert di pensiero, di coscienza e di religione e che ormai, viene osservato nella maggioranza delle nazioni. Naturalmente la Siria, l’Arabia Saudita, l’Egitto, l’ Iraq lo contestano e nel Codice penale arabo del Sudan e della Mauritania, prevista la pena di morte per l’apostata.

    In Marocco, in Tunisia, in Algeria, in Egitto- per non citarne che alcuni- la legge non prevede alcuna sanzione penale contro l’apostasia, per chi la compie, subisce discriminazioni : gli proibito sposarsi e se gi sposato, viene separato dal partner e dai figli: In materia di successione, viene considerato morto e viene messa in atto la sua successione. Non pu ereditare da nessun altro, perde l’impiego e pu essere incarcerato senza alcuna base  legale formale, vive costantemente con la paura di essere ucciso anche da un familiare e anche se risiede all’estero. Una donna non musulmana, pu conservare la sua religione, ma i suoi figli, anche se non fosse d’accordo, sono musulmani e non hanno diritto, in nessun momento di cambiare religione, perch la societ islamica non ammette errori in questa materia.

    Se esistono tanti divieti, che mi sembrano altamente terrorizzanti per i musulmani, perch poi si sposano con tanta facilit con donne di altre religioni e di altri paesi?


    Nel diritto musulmano riconosciuta una forma di matrimonio, il “matrimonio di piacere”, detto anche “matrimonio temporaneo” che pu durare un’ora, quanto anni.


    Questo previsto nel codice civile iraniano che consente di sposare, oltre alle quattro mogli regolari, altre donne. Esso vietato nel diritto musulmano sunnita, per le autorit religiose sunnite autorizzano i loro fedeli che si trovano in occidente per studi o per lavoro, a sposare donne monoteiste ( nel Corano sono citate le “religioni del Libro”, cio la Bibbia ebraica e il Vangelo), con la segreta intenzione di separarvenese, alla fine del loro soggiorno, perch severamente escluso dal diritto musulmano, avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio.


    In pi occasioni, ho conosciuto delle donne musulmane(Fazeeth Ashemi che in Iran potentissima e ultimamente, le figlie del regista M.Makmabalf che fanno cinema; Assia Djabar .) che stanno lottando nei loro Paesi per raggiungere l’uguaglianza con l’uomo, quindi presumibile che anche le norme giuridiche rispetto al matrimonio, saranno aggiornate. Cosa ne pensa?


    In occidente e anche in altri paesi, compresi alcuni musulmani, la donna ha lottato e lotta per avere gli stessi diritti dell’uomo. In altri come il Kuwait ,l’Afghanistan, ne viene privata nel nome delle norme religiose islamiche. Nel Corano che il libro sacro ed inviolabile dell’intera Umma( cio di tutti i musulmani del mondo, circa un miliardo e mezzo di persone), perch Parola increata di Dio, assolutamente immodificabile, istituita l’autorit dell’uomo sulla donna: “Gli uomini hanno autorit sulle donne , in virt della preferenza che Dio ha accordato loro e a causa delle spese sostenute per assicurarsene la compagnia”(Corano 4:34). Cos da figlia la donna sottomessa all’autorit del padre che pu darla in matrimonio senza il suo consenso, mentre per sposarsi il consenso paterno o del tutore maschio, necessario. Da sposata, sottomessa all’autorit del marito che pu impedirle di uscire di casa, lavorare e obbligarla a portare il velo, essendo considerata oggetto di tentazione suprema( pare che Maometto abbia detto: Non ho lasciato dopo di me una tentazione pi nociva per gli uomini delle donne”. Infatti, ne spos una decina).Il padre, o il marito o un tutore maschio, pu vietarle di andare a cinema, a ballare, sulla spiaggia e di praticare attivit sportive. Pu opporsi al fatto che i figli seguano certi corsi(es: educazione sessuale, anatomia.) e frequentino classi miste, pu iscriverli a scuole adeguate alla sua religione, senza che la moglie possa consigliare diversamente.. Spesso, nelle case musulmane, la moglie e le figlie, non mangiano, n parlano con ospiti stranieri( e questo succede anche a Milano, secondo la testimonianza di un illustre studioso come Paolo Branca) e per andare all’estero, hanno bisogno dell’assenso legale del marito o del padre.


    Una donna occidentale, non corre questi rischi, perch tutelata dalla Costituzione del suo paese e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che sancisce:” A partire dalla maggiore et, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e fondare una famiglia senza nessuna  restrizione che riguardi la razza, la nazionalit o la religione”, per poi succedono casi come Erica, la ragazzina rinchiusa nell’ambasciata italiana del Kuwait da mesi perch non vuole tornare col padre musulmano egiziano e ne nato un caso internazionale. Ci indichi alcune regole pratiche per evitare drammi ai futuri sposi biculturali.


    Nel contratto di matrimonio che, per esempio in Svizzera obbligatorio firmare davanti ad un ufficiale di stato civile(neanche i diplomatici delle varie ambasciate possono celebrarlo, pena sanzioni pesanti) si deve dichiarare per iscritto che si intende conservare la propria nazionalit, il proprio lavoro, l’applicazione delle norme del diritto di famiglia, di iscrivere i figli nel proprio passaporto, di scegliere, in caso di divorzio, sempre il regime legale. Solo dopo il matrimonio civile, si pu richiedere la benedizione religiosa. Giuridicamente, questa cerimonia una formalit facoltativa senza alcun valore legale: per esempio, se  i due si sposano davanti all’imam, seguendo l’usanza musulmana, senza prima celebrare il matrimonio civile, costui si espone a sanzioni penali e pu essere privato del permesso di soggiorno. Poich per sposare un musulmano, alla donna viene generalmente proposto la conversione all’islam che obbligatoria per un non musulmano che intenda sposarsi con una musulmana, meglio esigere che venga trascritto chiaramente nell’atto stabilito  dopo la cerimonia religiosa, che non intende abbandonare la sua religione. E’ necessario anche che si informi sulla situazione concreta nel paese del marito, nel caso in cui dovesse andarci. Di fatto, in Arabia Saudita, severamente proibito ai non musulmani praticare la loro religione: nessun luogo di culto non musulmano, ammesso in questo paese. La donna monoteista( ovviamente, una buddhista o un’induista deve per forza convertirsi all’islam prima del matrimonio) pu conservare la sua religione, ma su di lei o direttamente o indirettamente, vengono esercitate pressioni tali che, per amore dei figli, le converr convertirsi. Il matrimonio con una non musulmana biasimevole, specie se straniera. Nelle scuole egiziane circola un’opera che mette esplicitamente in guardia i giovani musulmani da un simile matrimonio. Lo sceicco egiziano Al Ghazali critica i cristiani  e gli ebrei europei e americani che, secondo lui, non possono qualificarsi come persone del Libro, in quanto la Bibbia e il Vangelo non hanno pi nessun potere su di lui. Per questi, la religione non altro che una vacanza dal lavoro, una festa di Natale, collera ed insulti contro Maometto. In queste societ, sempre secondo lo sceicco, il vino scorre a fiumi e il sesso sfrenato.


    Una cristiana che si converte all’islam, non ha pi il diritto di ritornare sulla sua decisione. Se lo fa, considerata apostata: il matrimonio sciolto e le sono sottratti i figli.


    Per l’uomo non musulmano che voglia sposare una musulmana, le norme del diritto islamico in vigore in tutti i paesi islamici, lo obbligano a convertirsi assolutamente prima del matrimonio(un caso famoso: il filosofo Roger Garoudy, ateo, cattolico e poi musulmano per poter sposare una musulmana). Il divieto per una musulmana di sposare un uomo non musulmano, sebbene nei codici dei paesi occidentali e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, viene riconosciuta la libert di contrarre matrimonio alla maggiore et, con chiunque, indipendentemente dalle sue convinzioni religiose, e politiche, si basa su due versetti del Corano(2:221 e 60:10), applicati scrupolosamente nei paesi islamici. Nel codice ufficiale adottato in Egitto, l’articolo 122 dichiara: “La donna musulmana si unisce solo con un musulmano. Non pu unirsi n con un idolatra, n con un cristiano, n con un ebreo. L’atto che avesse contratto con modi loro , sarebbe rotto da un radicale annullamento”. Badran, professore di diritto all’universit di Alessandria e  a quella araba di Beyrouth, proclama la pena di morte contro il non musulmano che sposa una musulmana, perch il mezzo pi efficace “affinch il miscredente non abbia nemmeno il barlume di una tale idea e di fare perci un atto che attenti all’onore dell’islam e dei musulmani”. Anche in  Europa, un maschio musulmano(padre, fratello, tutore)difficilmente consentir a far sposare una sua congiunta ad un uomo non musulmano se prima questo non abiuri la sua religione per l’islam.


    Prof., in Italia alcune comunit islamiche, protette dalla potente lega araba, stanno tentando di firmare con lo stato italiano un’intesa che, oltre al riconoscimento del loro culto, permetta anche l’applicazione delle loro leggi per il diritto di famiglia. Cosa ne pensa?


    E’ un’enormit, un disastro e i politici italiani farebbero bene a stare attenti a non cascare nella rete. Immaginate la confusione che si creerebbe a livello sociale, permettendo il matrimonio musulmano che prevede la poligamia! Nei paesi occidentali, la poligamia un reato. In Svizzera l’articolo 215 del codice penale la vieta assolutamente. In caso che un musulmano si sposi con un’altra donna nel suo paese d’origine e la consorte svizzera lo viene a sapere, pu chiedere subito l’annullamento del matrimonio. Anzi, in questo contratto , prevista anche la clausola del matrimonio monogamico.


    Naturalmente, se si spostano in un paese musulmano, questa non ha pi alcun valore.


    Nella maggior parte di essi, il marito addirittura la pu ripudiare a suo piacimento, perch anche il ripudio previsto nel Corano e mai nessun giudice punirebbe qualcuno che se ne avvalesse. In Svizzera, come nei paesi occidentali, in genere, si riconosce solo il divorzio che deve essere di esclusiva competenza dei tribunali civili, qualunque sia la nazionalit e la religione dei richiedenti.


    Prof., oggi nei paesi occidentali si molto liberi sessualmente. Nessuno pi si scandalizza se una ragazza nubile ha un figlio. E’ cos anche nei paesi islamici?


    Niente affatto! Una ragazza deve arrivare vergine al matrimonio, pena l’annullamento immediato dello stesso. In certi casi, le ragazze fanno in modo che la data delle nozze coincida con le mestruazioni, cos l’onore salvo. Guai, poi per una ragazza a restare incinta! La legge musulmana mantiene il silenzio sui figli illegittimi. Io consiglio ad una occidentale che si sposa con un musulmano di passare sempre la prima notte di nozze ben lontana dalla societ del marito musulmano.


    La famiglia musulmana appare molto unita, per cosa succede dei figli se il matrimonio tra la ragazza europea e il ragazzo musulmano si sfascia?


    I  figli, spesso sono le vittime di un matrimonio fallito. Lo diventano doppiamente da un matrimonio biculturale fallito. Il padre decide il nome da imporre al figlio che se poi maschio deve essere circonciso. e la  religione in cui crescer sar esclusivamente l’islam, l’unica vera fede. In Svizzera, come altrove in Europa, gli sposi concordano il nome da imporre al bambino/a alla nascita e sull’educazione religiosa da ricevere. Un bambino che nasce da un padre musulmano, sar sempre musulmano, non avr mai il diritto di mettere in discussione la sua fede. In Svizzera, i bambini hanno il diritto di scegliere la religione, a partire dai 16 anni e possono anche decidere di non seguire alcun insegnamento religioso(art.303 del codice civile). Per tali concezioni diametralmente opposte, consigliabile che i genitori mettano per iscritto l’accordo raggiunto sull’educazione dei figli e che sappiano rispettarlo. A volte, persino le pi semplici regole alimentari( anche qui bene informarsi attentamente) praticate, diventano materia di divisione. Il capofamiglia musulmano, pu costringere la moglie e i figli ad adempiere i doveri  religiosi(la preghiera 5 volte al giorno, il Ramadan, non mangiare carne di maiale, non bere bevande fermentate.), anche se non sono dello stesso parere. Il Corano gli consente tutto questo.


    E se una coppia non ha figli?


    In caso che non nascessero figli, la sterilit solo della donna , perci il ripudio giustificato e l’uomo si prende un’altra compagna. Non consentito il controllo delle nascite, n l’adozione( permessa solo in Tunisia) e nei paesi musulmani difficilmente una coppia potr vivere in pace il suo legame se non si adegua alle regole sociali locali. Necessariamente avviene il ripudio e la donna sar segnata a vita, per non essere stata capace di avere figli.


    Prof., i figli a chi vengono affidati, in caso di divorzio?


    Naturalmente, se i genitori vivono in Europa, ci si attiene alle decisioni del giudice per la tutela dei figli.


    La situazione diversa nel diritto musulmano. Secondo questo, la donna ha la priorit nella custodia del figlio, ma l’autorit parentale resta del padre. La durata della custodia varia in relazione al sesso del bambino, quella della figlia infatti, pi lunga di quella del figlio. Se la donna non musulmana, privata del diritto di custodia del figlio o della figlia, a partire dai 5 anni di et, perch si teme che possa crescere i bambini in una religione diversa da quella del padre, cio l’islam. Raramente, il padre musulmano, anche se vive in occidente, accetter che i figli siano affidati alla madre. Spesso sono avvenuti drammatici casi di rapimento di figli che poi sono difficili da risolvere perch tutti i paesi musulmani non hanno ratificato la Convenzione dell’Aja relativa al rapimento internazionale dei figli. La moglie non musulmana, vivendo in un paese islamico, non pu sottrarsi all’applicazione delle norme musulmane. Il problema diventa ancora pi grave, nel caso che il marito muoia. I figli vengono affidati ai nonni paterni. E non parliamo poi del diritto alla successione: la donna viene sempre penalizzata.


    Il quadro che lei ha tracciato del matrimonio misto, scoraggiante..


    Il matrimonio sempre un’avventura e il suo successo dipende in primo luogo dagli sposi.


    In caso di matrimonio biculturale, buona regola informarsi sugli usi  e costumi del partner. Ci diventa ancora pi necessario, quando si pensa di contrarlo con un musulmano. La ricerca della chiarezza nelle relazioni sempre preferibile, perci ai giovani che stanno per compiere questo passo, consigliate di prendere tempo, magari di rivolgersi ai molti organismi posti per aiutare a capirsi meglio e, soprattutto, se vi disponibilit ad accettare le molte rinunce che comporta un legame con un musulmano. Non vero che per amore che molte ragazze occidentali si convertono all’islam: per qualcuna potrebbe accadere, ma in genere, le donne sono talmente terrorizzate dalle ferree norme coraniche imposte che pur di non  rinunciare ai propri bambini, subiscono il regime musulmano, vi si sottomettono per paura.


    Una ragazza mi ha chiesto consiglio sul matrimonio con un suo coetaneo musulmano. Le ho prospettato la situazione e lei mi ha detto:- Ma io lo amo!. Al che le ho risposto di riflettere e non compiere passi affrettati. Anch’io amo le mie tartarughe, ma non mi conviene sposarle.


    Prima di gettarvi in questa avventura, stabilite per iscritto il vostro accordo e firmatelo davanti ad un notaio e poi, possibilmente. non andate a vivere in un paese musulmano!


     


    Per gentile concessione del Prof. Sami Aldeeb Abu Sahlieh, si presenta il Modello del contratto matrimoniale che la coppia mista tenuta a firmare davanti al notaio.


     


     


    Modle de contrat de mariage


    A signer devant un notaire qui en garde un exemplaire


    biffez ou modifiez Ies passages qui ne conviennent pas


     


    Aprs mure rflexion, les soussigns


    M ….                                                                                n le……      


    de nationalit ………                                                 de religion…….   


     tat civil (clibataire, divorc, veuf)


     


    et


     


    Mme ………..                                                    Ne le ……..     


    de nationalit ………                                            de religion………     


    tat civil (clibataire, divorce, veuve)


          


     


     


     


     


    ont convenu de ce qui suit:


    Le mariage a lieu


    devant    1’tat    clvil


    en Suisse                                                                                           


    de……….


          


    l’tranger (nom du pays)……                                                devant…….      


     


     


     


    Le mariage civil est suivi d’une cremonie religieuse (spcifier la crrnonie) ……..


    ou 


    Le mariage civil n’est pas suivi d’une crmonie religieuse.


     


    Leur domicile commun sera (nommer le pays)…….


     


    La femme garde la nationalit sui sse.


     


    Elle garde son nom de famille, (ou) elle adopte le nom de famille de son mari.


     


     


    Libert religieuse des poux


    Chacun des poux entend garder sa religion et s’engage respecter la libert de religion et de culte de l’autre, y compris le droit de changer de religion.


    Le mari et la femme s’engagent ne pas imposer l’un I1autre leurs normes relatives


    la nourriture.


     


     


    Fide’lit et monogamie


    Le mari et la femme se doivent aide et fidlit. Ils attestent qu’ils ne sont pas maris au moment du mariage. Chacun s’engage ne pas pouser une autre personne tant que ce mariage est maintenu. En cas de fausse attestation ou de violation de l’engagement mentionne’, chacun des deux partenaires acquiert le droit de demander le divorce pour cette raison.


    Enfants


    Le mari et la femme affirment s’etre soumis des examens prnuptiaux et s’tre mis au courant des


    resultats de ces examens.


    Les enfants seront de religion……….      


    Ils seront duqus dans cette religion. lls bnficieront de la libert religieuse partir de l’age de 16 ans, y compris le droit de changer de religion, sans aucune contrainte de la part des parents ou de leurs familles respectives, conformment l’article 303 alinea’


     3 du Code civil suisse.


    Les enfants porteront des noms europens, chrtiens, musulmans, arabes, neutres. Le choix du prnom sera fait dtentente entre les deux parents (ventuellement indiquer dj les prnoms).


    Les enfants seront baptiss I’ge de……      


    lls choisiront librement de se faire circoncire ou cxci ser ds l’gc de I 8 ans s’i Is le souhai tent.


    Les enfants seront scoIariss dans des coles publiques, musulmanes, chrtiennes, juives.


    Les enfants seront inscrits sur le passeport de leur mre.


     


    Rapports conomiques


    Le mari et la femme contribuent sur une base d’galit, chacun selon ses moyens, aux dpenses du mnage et l’ed ucation des enfants. Ils dcident conjointement des affaires du couple.


    Le rgime matrimonial est soumis au droit suisse. Le mari et la femme optent pour le rgime (nommer le rgime)……..      


     


    Normes vestimentaires, travail et voyage


    Le mari et la femme s’engagent ne pas s’imposer mutuellement, ni leurs enfants, des normes vestimentaires (islamiques) ou les normes (islamiques) concernant la vie sociale et l’ducation scolaire et sportive.


    La femme decide elle-mme de son travail. Elle n’a pas besoin de l’autorisation du mari pour ses voyages et l’obtention des titres de voyages et d’identit pour elle-meme et pour ses enfants.


     


    Dissolution du mariage par le divorce ou le dcs


    Le mari et la femme s’engagent rgler leurs conflits l’amiable. Au cas o I ‘un des deux souhaiterait mettre fin au mariage, il s’engage le faire devant le juge et ne pas faire usage de la repudiation.


    Si le mari ou les deux conjoints rsident dans un pays qui permet au mari de rpudier sa femme, le mari reconnait de ce fait sa femme le droit de le rpudier aux memes conditions que lui.


    En cas de divorce, l’attribution des enfants se fera selon la loi suisse et sur dcision du juge suisse. Si Ies enfants sont attribus la mre, le pre s’engage respecter cette dcision et   ne pas les lui retirer pour des raisons religieuses, quel que soit leur lieu de rsidence. En cas de dcs d’un conjoint, les enfants seront allribus au conjoint survivant.


    Le partage des biens et les obligations alimentaires entre les poux seront rgls selon le droit suisse, meme si le mari ou les deux poux rsident dans un pays musulman.


    En tout tat de cause, es biens acquis pendant le mariage par l’un ou l’autre conjoint sont considrs comme proprit commune des deux et seront partages galit.


     


     


    Successions


    Le mari et la femme soumettent leurs successions au droit suisse. lls rejettent toute restriction au droit d’hriter basee sur la religion ou le sexe. Au cas o la succession est ouverte l’tranger, partiellement ou totalement, et que le juge tranger refuse d’appliquer le droit suisse, chaque conjoint reconnait d’avance au conjoint survivant le droit au tiers de son hritage net aprs liquidation du rgime matrimonial.


     


    Deces et funrailles


    (mentionner ici l’accord auquel sont arrivs les deux conjoints concernant les funrailles: enterrement dans un cimetire laic, cnterrement dans un cimetire religieux, transfert du corps dans le pays d’origine, incinration, etc.).


     


    Modification du prsent contrst


    Le mari et la femme s’engagent respecter les clauses de ce contrat de bonne foi. Le prsent contrat ne peut etre modifi qu’avec le consentement libre des deux conjoints devant un notaire.


     


    Nom du mari


    Sa signature                   lieu et date…….       


    Nom de sa femme


    Sa signature                   lieu et date…….       


     


    Nom du l er tmoin et son adresse


    Sa signature                   lieu et date……..       


    Nom du 2me tmoin et son adresse


    Sa signature                   lieu et date …..      


    Nom du notaire et son adresse


    Sa signature                   lieu et date……….       


     


    P.S.: Au cas o les poux dcident de proceder une crmonie religieuse musulmane en Suisse aprs le mariage civil ou de conclure un mariage religieux ou consulaire l’tranger, il est indispensable de mentionner expressment dans le document tabli la suite de la crmonie ou du mariage:


     


    -que le contrat de mariage sign devant notai re par les deux conjoints en fait partie intgrante et


    qu1en cas de contradiction entre les deux, le prsent contrat l’emporte sur le document tabli par l’autorit religieuse ou consulaire.


     


    N.B.


    Il Prof. Sami invitato a tutti i convegni internazionali interreligiosi e spesso anche nei paesi islamici, dove espone la sua tesi sull’abolizione della circoncisione maschile ( su cui ho una lunga intervista) come attentato all’integrit fisica della persona, garantita da leggi dell’ONU. Provoca discussioni a non finire, ma con la sua preparazione ( studia e pubblica su tale argomento libri ed articoli) “atterra” gli avversari.


    Gli ho chiesto come mai ancora vivo e mi ha risposto:- Sono troppo basso, i proiettili mi passano sulla testa”.


    Maria De Falco Marotta

  • JEREMY MILGROM, IL SANSONE DEI DIRITTI UMANI IN ISRAELE

    JEREMY MILGROM, IL SANSONE DEI DIRITTI UMANI IN ISRAELE


     


    Alla 58.ma Mostra di Venezia, due film – Eden di A. Gitai e L’Invincibile di W. Herzog- hanno reso palpabile le speranze, la nostalgia, le lotte e la tragedia ( e tale tuttora) del popolo ebraico nel passato, con una tenerezza e un rigore commoventi. Amos Gitai ha raccontato in modo non semplicistico le origini della identit israeliana, dichiarando che “La sensazione che ci si stia avvicinando giorno dopo giorno al momento dello scontro finale, che si vada incontro a una escalation che arriver a un termine violento; ma dopo questo termine tutto ricomincer da capo, perch non esiste una soluzione diversa da quella della convivenza tra due popoli” (settembre 2001). Invece W. Herzog nel suo L’Invincibile ( che a noi piaciuto parecchio, sebbene certe ripetizioni e lungaggini) presenta il mito del Golem, dell’uomo enorme, dalla spropositata forza fisica, che si sacrifica nel tentativo inutile di salvare la propria gente da una sciagura di cui si sente presago (l’avvento del nazismo). Qualche tempo dopo, scoppiato il patatrac in Palestina: non solo sparita quella parvenza di pace tra i due popoli (ebrei -palestinesi), ma si passati a vie di fatto, con morti ed attentati sanguinosi ad ogni ora del giorno. Si poi cominciato a leggere sui quotidiani ( dal 1 febbraio 2002), la notizia che parecchi ufficiali e soldati israeliani si sono rifiutati di prestare servizio nei Territori in operazioni antiterrorismo in difesa delle colonie, riscontrando un consenso crescente tra la popolazione e gli intellettuali pacifisti che, raccolti nell’organizzazione internazionale ICCI MEMBERS, assembla numerosissimi gruppi facilmente rintracciabili in Internet, assolutamente contrari all’escalation delle violenze, tese a distruggere per sempre la loro straordinaria terra, “memoria” delle tre religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo, islamismo). E si rester maggiormente stupiti quando, leggendo i loro intenti ed azioni, ti accorgi che la maggior parte degli associati, sono rabbini ortodossi che ritengono che gli abusi dei diritti dell’uomo non sono compatibili con la tradizione ebraica antichissima della comprensione e della responsabilit morale o della preoccupazione biblica per ” lo sconosciuto nel vostro cuore”, anche di fronte al pericolo di un sovvertimento dell’ordine pubblico e della sicurezza che la rivolta palestinese rappresenta. Tra di loro, vi sono quanti appartengono a Rabbis for Human Rights e Clergy for Peace, fondato da Jeremy Milgrom, con l’intento di dare voce al ricordo ebraico dei diritti dell’uomo, ricevendo un prestigioso premio dalla Knesset per la qualit di vita migliorata nei campi profughi nel rispetto dei valori democratici, della protezione e dei consigli alla tolleranza e stima reciproca.
    In un certo senso, RHR (Rabbis for Human Rights) la voce rabbinica della coscienza in Israele. Edificato nel 1988, in risposta agli abusi seri dei diritti dell’uomo da parte delle autorit militari israeliane nella soppressione dell’Intifada, e all’indifferenza enorme dei vertici religiosi, piuttosto impassibili di fronte alla sofferenza della gente palestinese non colpevole, vista come il nemico, ha promosso e promuove molte iniziative per il dialogo ecumenico, per le attivit educative, le violazioni dei diritti dell’uomo dei palestinesi ad West Bank, per gli operai stranieri, per il sistema sanitario israeliano, per la condizione delle donne, per gli ebrei etiopici … Uno di quelli che non riposa sugli allori per la terribile situazione in Israele, proprio Jeremy Milgrom che richiama, al meglio, molti personaggi biblici e talmudici (David, il Golem…). A vederlo, per la sua prestanza fisica, l’arruffata chioma che porta a coda, l’irruenza del suo linguaggio, la sua numerosa progenie (sette figli), l’impegno a favore degli emarginati nella sua “Terra promessa” ( un ortodosso, tout court), ti rievoca quel certo Sansone su cui tanto si favoleggiato per la sua forza, soprattutto fisica, visto che pi di una volta rimasto abbagliato dalla bellezza femminile, rimanendone intrappolato ( la storia cominci con Eva…). La somiglianza puramente casuale, poich Jeremy un uomo che si muove agilmente nel mondo, passando dall’America all’Italia, da Israele ad ogni Paese dove corre ad illustrare l’operato di Clergy for Peace di cui si dichiara orgoglioso iniziatore per cancellare( probabilmente) gli antipatici stereotipi sugli ebrei che da quando si sono piazzati in Palestina, sono diventati peggio dei vari oppressori di cui sono stati oggetti nel tempo. Forse- ed un peccato- nessuno di loro ha ancora visto i due film della Mostra di Venezia 2001, per Jeremy Milgrom- neanche lui li ha visti- nel suo agire, sembra che sia idealmente, fedelmente collegato a quelle storie che narrano il travaglio del suo popolo per tornare nella sognata Terra Promessa. Leggete cosa ci dice.
    Jeremy da quando sei in Israele e perch?
    Sono emigrato dall’America dove sono nato, all’et di 14 anni, per inseguire il sogno della Terra Promessa, secondo gli insegnamenti dei nostri padri. Ora vivo a Baka, nelle vicinanze di Gerusalemme. Questo posto anche conosciuto come “il villaggio.” E’ off. Gli ebrei, in genere, abitano in zone migliori dove c’ pi sicurezza per la propria famiglia.
    Ma gli ebrei non vogliono la pace?
    A livello dichiarativo, gli israeliani desiderano la pace; all’attivo, a livello cosciente, amano la loro propria sicurezza. Quando si guarda l’immagine completa, di che cosa realmente stia accadendo, ci troviamo di fronte ad un colonialismo del 20 secolo, in cui, una societ israeliano- ebrea, si sovrapposta su una societ palestinese natale, impadronendosi della maggior parte della terra e dell’acqua e prevedendo la pace e la sicurezza in cambio di alcune briciole per gli altri. Per una societ coloniale, l’isolamento una parte integrante della relativa ideologia, la relativa auto- immagine, le relative razionalizzazioni – persino la relativa alimentazione rimanente – richiede la filtrazione verso l’esterno. IL Trattato di OSLO era chiaro, circa il ritiro israeliano dal territorio occupato e per l’auto- governo palestinese. Sono per dubbioso, perch la condizione palestinese rimarr sottomessa, essendo l’economia israeliana ben pi forte – 25 volte pi forte – e continuer a sfruttare le ultime risorse naturali dei palestinesi: la loro mano d’opera. La soluzione degli attuali presupposti, non fornisce una risposta sufficiente alle ingiustizie del colonialismo. Durante i primi dieci anni della mia vita in Israele, ero inebriato dal sionismo; negli anni successivi, ho intrapreso un’azione sociale e ho partecipato alle attivit tese all’erosione morale dell’esercito israeliano. Inoltre, i miei bambini hanno legato con i figli di un cardiologo palestinese ed io stesso ho stretto un profondo legame di amicizia col mio insegnante d’arabo che abitava in un accampamento ora distrutto. Ho superato la mia ansia di frequentare dei rifugiati e, allo stesso tempo, ho scoperto una ricchezza di vita in mezzo a loro. Ho aperto gli occhi e ho imparato a conoscere una societ completamente differente dalla mia, con una cultura molto preziosa.
    C’ differenza tra un colono che proviene dall’America da quello di un altro paese?
    Sicuramente e non solo per l’accento. In contrasto con la maggior parte degli immigrati (ebrei) che sono fuggiti dall’oppressione e dalla povert, gli ebrei dell’ovest sono venuti per motivi idealistici e solitamente non limitano la loro partecipazione democratica al tempo delle elezioni. E qui, naturalmente, avviene la divergenza critica: fra quelli di cui le preoccupazioni sono limitate alla gente ebrea e coloro che aspirano a rendere Israele una societ vera che comprende anche il popolo palestinese. Coscientemente, man mano che gli anni passano, ho trasmesso il mio amore per il baseball ai miei figli, cos come uso il Simpsons come punto di riferimento (se non il modello) in molti dei nostri propri argomenti in famiglia. Molti dei miei amici ebreo- israeliani religiosi della High School sono coloni nel West Bank e ritengo che oggi ho ben poca cosa in comune con loro. Certamente, vi una spiritualit collettiva: mentre le nostre politiche sono ampiamente divergenti, tutti consumiamo Bob Dylan, Shlomo Carlebach (il canto Rabbi) , candele e il desiderio di riflettere pi spesso. La violenza del vigilante del colono a West Bank , con un accento di Brooklyn, ha radici americane profonde, nel passato cos come nel presente, anche se i teppisti ebrei israeliano- americani sono, probabilmente, la prima generazione nelle loro famiglie a toccare un’arma. 
    Lei avversa la violenza e lotta per i Diritti umani. Allora, non sarebbe stato meglio che fosse rimasto in America?
    Nel giudaismo la componente spirituale lotta costantemente con il relativo lato etnico, che si abiti in Italia, in America, in Francia…La consapevolezza universale del giudaismo e la preoccupazione per i diritti di tutti gli esseri umani deve oltrepassare l’etnocentrismo e l’assillo del benessere della gente ebrea. L’ispirazione e l’azionamento di base per i diritti dell’uomo nel giudaismo un umanismo religioso ed derivato dalla storia biblica della creazione in cui Adam, il primo umano ed i suoi discendenti sono visti generati da Elohim(Dio) e a sua immagine. Come pinnacolo della creazione e allineati appena sotto gli angeli, gli esseri umani possono mirare alla piet e sono soci con Dio nella consumazione e nella manutenzione del mondo. Ogni ferita ad un umano, concepita come causa di dolore a Dio. Gli attributi divini che informano il comportamento umano sono la ricerca della giustizia e la pratica della piet e benevolenza; quindi, i bisogni materiali degli individui pi deboli quali la vedova, l’orfano, lo sconosciuto, devono occupare pi della caccia al potere e alla prosperit. Da una prospettiva moderna, si pu obiettare che la Bibbia usi altri codici di categoria per la gente, particolarmente per le donne e gli schiavi, in svantaggio generale. Gli sviluppi della letteratura post- biblica, tuttavia, hanno migliorato questi limiti in grande misura. 
    Leggendo la Bibbia, non si ha proprio la sensazione che vi sia un riguardo particolare per gli altri popoli. O no?
    L’atteggiamento verso il non-israelita problematico. La descrizione biblica limita l’attenzione umana, nel suo insieme, alla storia dei discendenti di Jacob, che formano la gente ebrea convenuta in Israele. Tuttavia, la Bibbia ricorda costantemente ad Israele che il proprio Dio ha a cuore il benessere del resto del mondo. Di fatto, nella letteratura post- biblica , si persegue l’equilibrio fra l’universalismo ed il particolarismo. Successivamente, nell’era moderna, in seguito agli sviluppi politici ed ideologici quali l’illuminismo, il nazionalismo europeo, il marxismo e il sionismo, si polarizzato lo studio nell’incontro fra gli ebrei ed i non ebrei, nel voler superare gli ostacoli per costituire la famiglia umana, seppure ciascuno con un compito diverso. Oggi, con il ripristino della sovranit politica della gente ebrea in Israele, “la condizione ebrea” ha trasformato la discussione sul riconoscimento nel giudaismo dei diritti dell’uomo del non ebreo da un’esercitazione scolastica, esoterica, teorica, ad un dibattito intenso che infuria in arene internazionali per fare opinione. Internamente, ha disposto l’immissione dei diritti dell’uomo nel centro dell’autoconsapevolezza ebraica e della politica pubblica ebraica. 
    Che cosa rappresenta per lei Gerusalemme?
    Quando come un rabbi israeliano con la cittadinanza americana sono andato a richiedere i passaporti degli STATI UNITI per i miei bambini, il funzionario consolare mi ha chiesto se sceglievo di registrare il loro luogo di nascita come “Gerusalemme” o “Israele”. Il dilemma che ho dovuto affrontare, la stessa domanda su come lo spirituale e le dimensioni politiche dell’importanza di Gerusalemme coesistono nella mente di un ebreo. La risposta ambivalente. Le fonti religiose rabbiniche e moderne ci mostrano come Gerusalemme stata ispirazione/realismo, sentimentalismo/praticabilit, devozione/alienazione, sottomissione/responsabilit, speranza/disperazione nel pensiero ebraico. Gerusalemme ha un senso importante in entrambi. Essa conosciuta nelle fonti ebraiche come citt di pace e di giustizia (in numerose citazioni bibliche) e come citt di Dio. Tale condizione esige alte aspettative morali e un sistema elaborato delle delimitazioni simboliche, ci che separa dal profano e dal mondano. Il mondo di Dio grande e santo. Pi santa fra tutte le terre la terra di Israele e pi santa fra le relative citt Gerusalemme; la parte pi santa di Gerusalemme il muro del tempio, e il punto pi santo il Santo dei Santi. Quindi, Gerusalemme per me come per ogni ebreo ortodosso, la citt di Dio, cui converranno da tutto il mondo tutte le genti per adorarlo.
    Quando si parla dell’ebreo ortodosso, un po’ come dire integralista…
    Credo che le tradizioni religiose possono e devono essere soci nello sforzo di volere e cercare la pace. Secondo il giudaismo, l’operazione religiosa di base la personale e collettiva aspirazione alla santit, come un mezzo di emulazione del divino. La santit l’obiettivo in entrambi i mondi dell’attivit religiosa: il piano orizzontale dell’essere umano in interazione ed il piano verticale con la partecipazione di umano/divino.
    Naturalmente il sabato per lei veramente un giorno sacro, sebbene quello che c’ in Israele non induca tanto alle celebrazioni e alla preghiera….
    Tutti i giorni dell’anno sono solenni per amare il Signore. Pi santi delle feste sono i Sabbaths. Pi santo del Sabbaths il giorno dell’Espiazione, Yom Kippur, che conosciuto come il Sabbath dei Sabbaths. Fra i popoli del mondo, pi santo fra questi, Yisrael e fra le sue relative trib, pi santa la trib di Levi. Il pi santo fra i Leviti sono i sacerdoti , i discendenti di Aaron e pi santo fra loro, il Sommo Sacerdote. Pi santa delle molte lingue del mondo il Lashon Hakodesh, ebreo, nella cui lingua il libro pi santo la Bibbia. Il passaggio pi santo nella Bibbia sono i dieci ordini (i comandamenti) e la parola pi santa nei dieci ordini il nome di Dio. Una volta all’anno (Yom Kippur) , le quattro sfere della santit si intersecano quando l’alto sacerdote chiede perdono a nome di tutti. L Gerusalemme. Se in quel momento di santit grande, il Sommo Sacerdote fosse stato distratto da un pensiero esterno, l’intero mondo potrebbe essere distrutto.
    Cos, carissimo Jeremy, con la pretesa degli ebrei a tutta la santit, continueranno le guerre…
    Ciascuno di noi un Sommo Sacerdote e ogni posto da cui alziamo i nostri occhi al cielo il Santo dei Santi; ogni momento il giorno dell’Espiazione ed ogni parola pronunciata con sincerit, il nome di Dio. In questo modo, si fonde il sistema gerarchico classico della santit con un moderno, universalista, egualitario credo, quasi una prospettiva secolarista. Ci indica chiaramente, la capacit del giudaismo di andare oltre l’oggetto limitato e concreto, rilasciando tale dichiarazione di importanza universale. Una dei prodigi della storia ebraica, il fatto che il giudaismo sopravvissuto alla distruzione del tempio e, malgrado la perdita del relativo “centro di comando”, essa nella vita rituale, vicina spiritualmente ed universalmente, conservata con il ricordo delle leggi sacre. 
    Anche nella ritualit giornaliera c’ sempre questo richiamo a Gerusalemme?
    La sua memoria custodita in altre funzioni di vita ebraica quotidiana, con il giuramento del salmista: “Se dimentico te, Gerusalemme,/ si paralizzi la mia mano;/ la mia lingua si incolli al palato/se non sei il mio continuo pensiero,/il colmo della mia gioia, Gerusalemme” (Cfr. Salmo 137, 5- 6) e durante il matrimonio, quando lo sposo frantuma un bicchiere nel punto culminante della sua cerimonia di nozze. Secondo gli insegnamenti rabbinici, un uomo pu imbiancare la sua casa, ma dovrebbe lasciare una piccola zona non finita, in ricordo di Gerusalemme. Un uomo pu preparare un pasto con molte portate, ma dovrebbe omettere un elemento del menu in ricordo di Gerusalemme. Una donna pu mettersi tutti gli ornamenti tranne uno o due, per ricordare Gerusalemme. (Talmud Bavli, Babza Batra 60b). Inoltre, il libro di preghiera richiede all’ebreo di pregare costantemente per la ricostruzione di Gerusalemme. Ci ha permesso loro per 3000 anni, di avere Gerusalemme sulla punta della loro lingua, dappertutto le loro vite si realizzassero e, in attesa del Messia, la dispersione della gente ebrea era accettata come divinamente ordinata, bench fosse razionalizzata per i guasti morali di Israele. Cos, anche il raduno dai relativi esili, era assicurato, poich discendeva dall’impegno di Dio con il suo patto con Israele. Dovrebbe essere chiaro ormai che “Gerusalemme” nel pensiero ebreo corrisponde a molto pi che a una citt; “Zion” diventa sinonimo della terra d’Israele.
    La condizione politica di Gerusalemme interagisce con il senso spirituale e metafisico di tutti gli ebrei. Come si risolver questo problema, visto che Essa un centro spirituale di importanza capitale anche per i cristiani e gli islamici?
    Gerusalemme stato il centro fisico del mondo ebreo dal re David, che l’ha resa una citt reale e capitale del suo regno ed diventato centro religioso permanente d’Israele da Salomone, suo figlio che ha costruito il tempio a Gerusalemme. questo intreccio di politico e spirituale registrato in primo luogo nella Bibbia, che rimesso in vigore oggi e che concentra la nostra attenzione. Il profeta Isaia sviluppa il concetto di Gerusalemme come la citt del Signore dell’Israele, in risposta all’affronto internazionale di situazioni sgradevoli per il regno di Giudea. Non pi tardi, prima che questa idea si potenziasse nella nozione di quasi- immunit; Geremia ha indicato chiaramente in Dio, la protezione di Gerusalemme che per sarebbe dipesa dalla moralit dei suoi abitanti, dalla loro rettitudine e onest e non certo dal loro savoir-faire politico. Oggi c’ da temere per il destino di Gerusalemme se il benessere politico non accompagnato dalla giustizia. C’ il pericolo della punizione severa, quando le promesse non sono mantenute. Un autore del 19.mo secolo, Y.L.Peretz, in un’allegoria Yiddish mette in guardia sulla precariet e sull’incertezza di camminare sulla corda dei simboli salvatori. Bisognerebbe ricordare anche la storia famosa dei “tre regali”, che sintetizzo Un ebreo ricco minacciato dai ladri, gira a loro tutto il ‘suo oro, argento e gioielli, dicendo con calma filosofica: “Ho ricevuto tutto dal Signore ed il Signore mi ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore”. Inebriati dal suo fascino, fisico e spirituale, noi abbiamo perso di vista gli imperativi morali che discendono dalla richiesta di giustizia. La mancanza d’interesse di alcuni ebrei di dividere Gerusalemme con i non- ebrei, l’intolleranza fuorviata da altre religioni, o a causa della minaccia che i palestinesi rappresentino alla sovranit ebrea, deve essere considerata una piaga divina che potrebbe squalificare bene la nostra propria richiesta su Gerusalemme. L’adempimento del futuro universale di Gerusalemme, come profetizzato da Zaccaria, Isaia e Michea, non indica solo la tolleranza e l’unione tra ebrei e non- ebrei in un umanistico ideale, ma un imperativo religioso. Non c’ uno spiraglio che le forze del nazionalismo ed il fervore religioso siano a lavoro in tandem a Gerusalemme; si sta creando un’atmosfera politica irrazionale, sorretta dalla spiritualit dell’estremismo. Il sogno messianico per ora, relegato a chiss quando dalle agende politiche e spirituali. Atti terroristi sono stati progettati in un tentativo per demolire i luoghi santi musulmani e con ci accelerare la ricostruzione del Tempio. La speranza ” nostalgica” di ripristinare i nostri giorni come nell’antichit, suona come un malaugurio. Il fallimento della lotta di disgiungere la religione dalla politica stato considerato erroneamente una battaglia di eretici contro credenti, una minaccia di creare la pi grande bestemmia, una specie di Armaggedon. La quarta benedizione del sabato e il servizio della sera di Festa, risveglia in me il commento seguente di un rabbino famoso: Noi preghiamo quel Dio che pu diffondere la sua tenda della pace su noi, sull’Israele e su Gerusalemme. Per indicare che la nostra aspirazione pi alta portare la pace a Gerusalemme. 
    Gerusalemme sta in piedi non solo come una citt: “la pace di Gerusalemme ” intende la pace del mondo. Solamente quando c’ pace a Gerusalemme noi, le nostre comunit e tutto Israele godono della vera pace. Quella pace per tutti, comincer a Gerusalemme.
    E allora…


    Diana Barrow – Maria De Falco


    Professione i.r. 2/2002 – tutti i diritti riservati

  • PROGETTO: Sussidio per docenti in previsione della Giornata della Memoria (27 gennaio)

    PROGETTO: 

    Sussidio per docenti in previsione della Giornata della Memoria (27 gennaio)


    Nell’ambito delle iniziative dedicate alla Giornata della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti (27 gennaio, data della liberazione di Auschwitz) – istituita dal Governo italiano il 20 luglio 2000, Legge n. 211 – l’Associazione Italia Israele Roma (AIIR) – con sede legale in Roma, Viale Trastevere 60 – presenta il seguente progetto:
    Sussidio per docenti in previsione della Giornata della Memoria (27gennaio)

    Destinatari
    – Gli insegnanti delle scuole, di ogni ordine e grado, di storia o di altre materie, interessati a svolgere un lavoro con gli studenti in occasione della Giornata della Memoria.
    – Gli studenti delle scuole soprattutto in vista dei lavori con crediti per gli esami di maturit.

    Obiettivi educativi-didattici
    Il Giorno della Memoria stato istituito “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonch coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” (Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000).A tal fine l’AIIR si impegna a fornire agli insegnanti strumenti adeguati per l’insegnamento della Shoah nel suo contesto storico con riferimenti alla situazione attuale, ed offrire supporti tecnici ed occasioni d’incontro per la realizzazione dei progetti da svolgere nelle classi in occasione della Giornata della Memoria.

    Modalit di realizzazione
    1) Incontri con gli insegnanti su:
    I. 
    Elementi introduttivi allo studio ed all’insegnamento della Shoah
    Inquadramento storico e correlazioni attuali 
    Nascita ed espansione del nazismo 
    I lager
    La resistenza ebraica
    Le leggi razziali italiane
    Il ritorno dai lager
    Gli effetti della Shoah sulla societ moderna
    II. 
    Didattica 
    Linee guida
    Proposte di lavoro 
    2) Possibilit eventuale di incontri con gli studenti su temi concordati con gli insegnanti riguardanti la Shoah, e/o l’ebraismo, e/o Israele
    3) Organizzazione di un progetto per la Giornata della Memoria:
    – Incontro con un ex deportato e/o
    – Mostra di disegni dal Ghetto di Lods e/o
    – Visione di film da concordare con l’insegnante

    Modalit di lavoro
    1) Almeno due incontri con gli insegnanti di circa 3 ore ciascuno (o pi, a seconda della disponibilit degli insegnanti) per introdurre l’argomento e fornire gli strumenti base necessari.
    2) Possibilit di uno o pi incontri – una o due ore ciascuno – con gli studenti su temi concordati con gli insegnanti.
    3) Coinvolgimento di una o pi classi per la Giornata della Memoria (da un minimo di 2 ore, a tutta la mattinata) per la realizzazione del programma stabilito.

    Strumenti
    – Un Sussidio per gli insegnanti che potranno eventualmente fotocopiarlo in parte o integralmente per gli studenti.
    – Materiale per la Mostra di disegni dal Ghetto di Lodi
    – Videocassetta e scheda del film eventualmente scelto.

    Tempi di attuazione
    1) Gli incontri con gli insegnanti sono previsti verso la fine di novembre,cos da lasciar loro tempo per elaborare eventuali lavori con gli studenti.
    2) Gli incontri con i ragazzi si potranno tenere in qualsiasi momento, a discrezione dell’insegnante e secondo le possibilit degli operatori.
    3) Realizzazione dei progetti durante la Giornata della Memoria, e nei empi immediatamente successivi e precedenti, cos come programmato.

    Prodotto
    L’AIIR fornir il Sussidio per gli insegnanti ed il materiale necessario alla realizzazione dei progetti. Alla discrezione dell’insegnante lasciata la possibilit di far realizzare ai ragazzi eventuali lavori.

    Previsione della spesa 
    Tutti questi servizi vengono offerti gratuitamente.

    Responsabili del progetto 
    – Silvia Antonucci (Cell. 3494447552) (Giornalista ed archivista. Ha partecipato al Seminario per educatori organizzato dalla “Scuola Internazionale di Studi sulla Shoah” dell’Istituto Yad Vashem, Israele; stata intervistatrice della “Shoah Visual History Foundation”, Los Angeles, California; ha scritto “L’Europa dopo la Shoah: Societ e cultura dopo lo sterminio, 2 voll.”, per una borsa di studio dell’Unione delle Comunit Ebraiche Italiane).
    – Maria Brindisi (Cell. 3280719554) (Manager presso la Casa discografica BMG Ricordi. Nipote di un ex eportato a Mathausen).
    – Renza Fozzati (Cell. 3334515683) (Docente di religione. Da sempre impegnata nel dialogo interreligioso ed in particolar modo sui temi ebraici, effettua conferenze in tutta Italia).

    N.B.: Poich la giornata del 27 gennaio 2002 una domenica, se gli insegnanti vogliono far svolgere i lavori agli studenti in una giornata scolastica, si consiglia lo spostamento a luned 28, e non a sabato 26, in rispetto della festivit ebraica dello Shabbat.


    Pasquale Troa
    p.troia@snadir.it


    2002 Snadir


     


     

  • Lo stregone del Ghana, Kofi Annan, Nobel per la pace 2001

    lo stregone del ghana,
    kofi annan, nobel per la pace 2001


    negli ambienti dell’onu, con sarcasmo qualche anno fa kofi annan veniva chiamato “l’africano di servizio”, oppure “lo stregone del ghana”, essendo nato, come ormai tutti sanno, a kumasi, una citt del ghana, impazzita per l’orgoglio di vantare un figlio, il cui ritratto venduto per le strade come il pane e di cui si parla al mercato, nelle stazioni di servizio, negli uffici, per aver portato sul palcoscenico mondiale il piccolo paese africano, piuttosto ignoto ai pi che fanno una tremenda confusione tra gli stati di quel continente.
    forse, per diventare cos celebre e, cosa assai rara, non avere nemici, sebbene gli si rinfacciano i drammi della bosnia e del ruanda, dove la sua diplomazia fallita, per gli efferati eccidi di cui siamo stati tutti testimoni, grazie alla tv, ha del “miracoloso” o dello stregonesco(per non far torto alla sua cultura etnica).
    invece crediamo che le sue maniere cortesi, la sua voce di velluto, il saper riconoscere pubblicamente i suoi errori per gli insuccessi vergognosi(bosnia e ruanda) dell’onu, il sostenere decisamente davanti alla maggioranza dei capi di stato nel settembre 2000, che l’intervento umanitario un dovere internazionale, un imperativo morale e che considera la societ civile un partner necessario dell’onu(cfr.le monde.fr,13 ottobre 2001), sono stati elementi valutati positivamente dal comitato del nobel di oslo per l’assegnazione di tale prestigioso premio a lui e, congiuntemente, all’onu, per il lavoro svolto in favore della pace nel mondo.
    aveva ben intuito le sue capacit madeleine albright(l’ex segretario di stato americano)nel ’94, quando risolutamente si adoper per privare l’egiziano boutros ghali di un ennesimo mandato per le sue manie faraoniche e punt energicamente sull’ africano nero, meno generale e pi segretario(cfr. le monde, o.c.), cio su kofi annan che, allora, tutti consideravano “non nato per essere un capo di stati”(onu). non era abbastanza famoso, n aveva, solamente all’apparenza, la tendenza al comando.
    dal gennaio ’96, ricevuta la missione da washington di riformare l’onu, si avvia in quest’impresa e uno dei primi provvedimenti che adotta di far pagare proprio agli americani la loro quota, non versata per il violento dissenso con boutros ghali, accusato di avere le mani bucate.
    piano piano ha gettato dalla finestra la sua proverbiale timidezza ( ecco spiegato il perch parla con un tono di voce che se non amplificato con mille watt, non la senti neanche se sei a qualche centimetro da lui) e, oltre a correre in lungo e in largo per il mondo, per sedare gli animi, “far dare cibo in cambio del petrolio in iraq”, mediare tra paesi litigiosi o in guerra, riesce ad organizzare pranzi o cene, con la gente dei media, di cui ha compreso perfettamente la loro insostituibile presenza nel campo culturale. infatti, ted turner che apertamente un suo seguace, ha donato un miliardo di dollari alle nazioni unite e la superba eroina di lara croft, angiolina jolie, come michael douglas, harrison ford, luciano pavarotti e tantissime altre stars, non disdegnano di considerarsi suoi ammiratori.
    come, sinceramente, lo siamo diventati noi, quando abbiamo avuto la fortuna di intervistarlo a venezia, durante la mostra del cinema, tempo fa.
    le nazioni unite intendono dunque assumere un ruolo pi attivo nella storia dei nostri anni? 
    da parte mia quello che cercher di fare. desidero che si considerino le nazioni unite come un organismo vivo per il mantenimento della pace, la protezione dell’ambiente e dei minori. nel 1998 si celebrato il 50esimo anniversario della convenzione dei diritti umani. ci non deve costituire solamente una data storica ma l’impegno di ognuno di noi perch ciascuno pu essere vittima dell’intolleranza, pu soffrire per la soppressione dei diritti umani. e’ necessario promuovere il concetto della santit della vita umana, in base al quale tutti gli uomini sono uguali. se qualche voce contraria, noi tutti insieme dobbiamo difendere il suo diritto.
    gi, ma come?
    con la democrazia. la fiducia in essa, resta molto forte,perch garantisce i diritti e le libert individuali. in una societ multiculturale come oggi la nostra, il riconoscimento del diritto all’uguaglianza, per esempio, un efficace principio unificante che aiuta a superare le differenze individuali che possono derivare dall’appartenenza a gruppi religiosi o sociali diversi e costruire una mentalit democratica condivisa.
    signor segretario, non le pare che attualmente il consenso democratico verso le istituzioni sia diminuito? quali le cause?
    e’ un fatto generale. i cittadini non sembrano nutrire eccessiva fiducia nei loro leader politici, nei partiti, nei parlamenti. le cause sono molteplici: la diversit culturale e religiosa, la mancanza di una vera passione per la politica che discussione, incontro, dialogo, dialettica, la imperante mentalit consumistica.
    il dio denaro pare avere di gran lunga il primo posto anche tra i giovani. cosa si pu fare?
    non c’ dubbio che il ruolo preminente che ha assunto il denaro nella nostra societ, ponga in pericolo l’impegno civile.la prevalenza della sua ricerca, ad ogni costo, pone in crisi l’idea dell’uguaglianza politica dei cittadini.tra i giovani non mancano coloro che mirano pi in alto, che sono solidali con gli uomini e le donne della terra che hanno meno. a questi bisogna dare tutto il sostegno educativo, affinch sulla terra ci sia ancora la speranza di costruire un mondo migliore.
    di fronte ai massacri compiuti in nazioni dimenticate dal potere, gli organismi internazionali mostrano una certa indifferenza. lei ha gi deplorato questo fatto, ma sufficiente? 
    quanto sta succedendo in alcune zone del mondo, motivo per me di grande preoccupazione. la violenza ha avuto un’escalation dai livelli orribili. dobbiamo operare perch il dialogo e la tolleranza prevalgano sulla forza della violenza, in modo che i popoli possano riuscire a superare le difficolt notevoli per costruire una societ democratica che rispetti i diritti umani e le libert fondamentali.
    in casi come questi, come possono intervenire le nazioni unite?
    queste situazioni sono state considerate per molto tempo come “affari interni”. e’ molto difficile per noi tutti far finta che questo non stia succedendo, fingere di non rendercene conto. e’ problematico per noi lasciare questi popoli semplicemente al loro destino e conservare il senso della civilt. vogliamo che essi sappiano che siamo interessati al loro destino. sono certo che riusciremo a trovare dei mezzi per incoraggiare le forze in causa a cessare la violenza, in ogni zona del mondo dove vengono violati i diritti umani. 
    vediamo con piacere che lei indossa una cravatta dell’unicef. che cosa sta proponendo in modo pratico, attivo, immediato agli stati per migliorare la formazione e l’educazione dei giovani in un mondo dove la comunicazione diventata globale? 
    l’educazione fondamentale. l’istruzione e l’educazione sono elementi chiave nella costruzione di una societ sana e dinamica. dobbiamo cercare di dare ai giovani valori che rendano la vita pi significativa. l’istruzione, l’educazione, la sanit sono punti irrinunciabili ed essenziali del nostro progetto con i governi. vogliamo garantire che i minori non vengano sfruttati ma protetti. ho nominato un rappresentante speciale la cui responsabilit quella di proteggere i bambini in zone di guerra. bambini che vengono inviati sul fronte invece che a scuola. bambini violati nel loro diritto a crescere e che non avranno assolutamente idea di ci che giusto e ci che sbagliato. per fortuna, molti stati hanno aderito al nostro progetto e controlleremo che non rimangano solamente documenti firmati.
    nel cinema e alla tv vi spesso violenza, conflitti, guerra. 
    non dobbiamo sottovalutare l’impatto, l’influenza che lo schermo ha nei confronti dell’educazione. abbiamo visto quello che ha fatto la tv, creando, a volte, situazioni di crisi nei salotti delle famiglie. i film possono aiutare a crescere, e non solo espressamente le giovani generazioni, ma la popolazione nel loro complesso. perch restiamo inerti? perch non ci sentiamo toccati da questo problema? quando si parla di interventi, si pensa spesso a quello militare che spetta alle nazioni unite, importante anche la presa di posizione di un singolo, di un giornale che denuncia apertamente le violazioni dei diritti dell’uomo. questo ugualmente apprezzabile.
    a proposito di intervento militare, quale altra mansione ha l’onu nelle zone di guerra?
    dopo il ritiro delle forze armate dalle zone di guerra, rimane una forza di stabilizzazione, tale da garantire una certa sicurezza all’ambiente. ci sono duemila poliziotti disarmati delle nazioni unite che svolgono un’opera veramente difficile e coraggiosa. desidero ringraziare di cuore questi uomini e queste donne che vivono lontani da casa, senza armi e rischiando la loro stessa vita per migliorare la situazione in cui noi tutti viviamo. il campo di lavoro pericoloso per tutti: per le forze di pace dell’onu, per i volontari, per la croce rossa, per l’unicef, per la caritas e qualsiasi altro organismo o persona che vuol difendere i diritti dei pi vulnerabili, dei deboli che non possono fare le valigie e scappare, come non possono fermare i conflitti. a tutti costoro, che si impegnano senza cercare pubblicit, lontani dai riflettori delle tv, va la mia pi totale riconoscenza. invito le giovani generazioni a non guardarsi vivere, ma a partecipare con la loro creativit, la loro curiosit intellettuale, la forza e l’entusiasmo della loro giovinezza, le loro buone qualit a una costruzione pi armoniosa del mondo. 


    maria de falco marotta & elisa marotta


    snadir 2002

  • Pensare l’identità in maniera nuova


    Pensare l’identit in maniera nuova


    I N T RO DU Z I O N E


    Isabella Stengers scriveva nel 1985; “Noi siamo radicati in una cultura che ha privilegiato i sistemi semplici ! e ha definito gli strumenti che sono adatti a questi sistemi (La Stengers dice questo nel libro dal titolo: “La sfida della complessit” edito da Feltrinelli nel 1985).


    Tale tendenza a privilegiare i sistemi semplici, si e imposta a partire dall’epoca della rivoluzione scientifica; fu allora che l’universo comincio ad essere concepito come una grande “Machine” (“macchina”) composta di ingranaggi obbedienti a leggi che possono vantare una verit assoluta e sono del tutto trasparenti alla ragione.


    Tale concezione si e trasmessa a noi ancora fino ad oggi.


    Valga un solo esempio: la filosofia idealistica e assai distante dalla concezione meccanicista del Seicento, poich come noto l’idealismo interamente fondato sul presupposto della libert-finalit (teleologia) del Geist (Spirito) che l’opposto di ogni concezione meccanicista; e tuttavia la concezione meccanicista e quella idealistica concordano nel ricondurre entrambe la realt del molteplice ad un principio supremamente unitario e semplice. Del resto tutta l’operazione filosofica kantiana (non a caso Kant sta cronologicamente nel mezzo tra meccanicismo seicentesco e cultura idealistica) consiste proprio nel riportare il molteplice all’unita della conoscenza (unita garantita, come e noto dall’”Io penso”).


    Ora, non vi e dubbio che, dietro tale ossessione di voler a tutti i costi ricondurre la realt a un principio unitario? ci sta l’orrore della complessit come tale: l’orrore di una realt che, in quanto complessa viene avvertita come enigma, come vertigine, come un qualcosa che eccede (va oltre) le nostre capacit conoscitive. Da un tale orrore nato il sogno della conoscenza come controllo e governo di ci che appare come diverso.


    Sennonch, a partire soprattutto dagli anni Settanta si sviluppato tutto un orientamento di pensiero che ha proceduto ad una rivalutazione della complessit non pi percepita come qualcosa di negativo, come qualcosa da “rendere semplice” a tutti i costi, ma piuttosto come un qualcosa che ci provoca costantemente, che ci rivolge delle sfide ben precise, che ci obbliga a misurarci e confrontarci con essa.


    Citiamo in questa sede i nomi dei maggiori fra gli studiosi che hanno scritto sul tema della complessit e i cui saggi in buona parte hanno visto la luce in edizione italiana. Basti ricordare; Henri Atlan, Gregory Bateson, Niklas Luhmavnnz, Edgar Morin, Ilia Prigogine.


    Gli interventi di tali studiosi sul tema della complessit sono stati raccolti nel volume in lingua italiana dal titolo “La sfida della complessit” edito da Feltrinelli nel 1985 (gi citato all’inizio).


    Proviamo ancora a chiederci a quali conclusioni pervenuto tale dibattito sulla complessit. Per evidenti limiti di spazio siamo costretti a indicare le acquisizioni pi fondamentali:


    A) COMPLESSITA’ E ALTERITA’


    La complessit non va esorcizzata anzitutto perch essa in stretto rapporto con l’alterit. Si pu pi esattamente affermare che la complessit custodisce l’alterit. Noi scopriamo veramente la realt solo quando la scopriamo come “realt altra”, cio come una realt che una volta guardata, non ci restituisce pi l’immagine speculare di noi. La realt ci appare come altra quando in essa non solo ravvisiamo enigmi e oscurit, ma anche aperture e possibilit inattese. I1 mondo inizialmente sembra accoglierci ospitale, presentandosi come sostanzialmente simile e omologo a noi; ma un bel giorno all’improvviso, ci obbliga a riconoscerlo come differente da noi. E quando percepiamo tale differenza tra noi e il mondo e la percepiamo in tutta la sua seriet e profondit possiamo davvero dire che sta avendo inizio il processo lungo e faticoso della nostra maturit di uomini.


    B) COMPLESSITA’ E UMILIAZIONE DELL’EGO


    Un altro fondamentale valore legato all’apparire della complessit sicuramente una salutare umiliazione del nostro io.


    Detto con parole pi difficili: la complessit fa saltare in aria ogni atteggiamento logocentrico ed egoreferenziale (vale a dire ogni atteggiamento che pone al centro di tutta la realt il pensiero o l’Io).


    Non vi e dubbio che una parte cospicua della filosofia moderna abbia compiuto un preciso tentativo: quello di “salvare” e mettere al riparo dal flusso travolgente della complessit almeno un polo, ed esattamente il polo della soggettivit, che di volta in volta stato denominato con i termini di “pensiero”, “io”, “coscienza”, “soggetto” (termini tutti equivalenti). Proprio in tale ottica che stiamo definendo come “volont di salvataggio” si pu comprendere appieno quel processo caratterizzante lo sviluppo della filosofia moderna che gli storici hanno definito “trionfo del principio d’immanenza“. Si tratta, come noto, del processo consistente nel crescente guadagno di rilevanza del soggetto in parallelo con la progressiva perdita di quota dell’oggetto.


    Una vera propria “intronizzazione” del soggetto a partire da Cartesio, per il quale il soggetto diventa l’unico fondamento di ogni certezza nell’oceano del dubbio radicale; a Berkeley, per il quale l’essere stesso dell’oggetto si riduce ad un “essere percepito” dal soggetto (“Esse est percipi”); a Kant, per il quale l’oggetto sarebbe destinato a rimanere mero caos e perci non diventerebbe mai oggetto conoscibile se il soggetto non imponesse all’oggetto un suo ordinamento mediante l’a priori di cui il soggetto fornito; fino al delirio idealistico della riduzione al soggetto dell’intera realt con la conseguente negazione di ogni trascendenza e di ogni arcano. Non si dimentichi che, con Hegel, lo sviluppo dialettico del Geist (Spirito) conduce nientemeno che alla “Offenbarung der Tiefe” (“Rivelazione del Profondo”), nel senso che lo sviluppo del Geist si identifica con il dispiegarsi della realt nella sua interezza si che assolutamente nulla di oscuro e di occulto pu rimanere dietro tale rivelazione-dispiegamento; di ogni arcano e di ogni mistero si d semplicemente il “toglimento” (“Aufhebung”); ogni “complessit” destinata a diventare “semplice” nella piena autotrasparenza dello Spirito. Chiediamoci ora: il pensiero che difende i diritti della complessit, come si pone nei confronti di questa parabola della filosofia moderna test delineata? La risposta che il pensiero della complessit assume nei confronti di quel processo un atteggiamento critico – contestativo nel senso che anzitutto ne rifiuta l’assolutizzazione del pensiero o dell’io; l’io non un assoluto; l’io e il pensiero in qualche modo esistono, esprimono certamente ordine e valore, ma la loro esistenza non potr mai essere concepita come autoreferenziale. La modalit dell’io e del pensiero non potr mai essere l’autorispecchiamento “chiuso” ma piuttosto la relazione aperta: una relazione che ha ben poco di una pre-visione calcolata e ha molto dell’avventura; ed il compito dell’Io e del pensiero non quello di ritrovare se stesso nella realt, ma piuttosto il confronto con il dissimile, la negoziazione con esso, la scoperta di un orizzonte insospettato di convivenza con il diverso che genera una nuova fisionomia dello stesso pensiero e dello stesso Io (lungi dal distruggerlo).


    Ma a tutto ci si arriva accettando quella condizione di turbolenza e di tensione che viene definita “complessit”. Perci nel titolo di questo paragrafo accennavamo alla necessita di un profondo esercizio di umilt da parte dell’Io-Pensiero (“Umiliazione dell’Ego”).


    C) L’Io complesso


    Ma il dato che forse il pi decisivo in un discorso sulla complessit, consiste nell’ormai acquisita consapevolezza che non solamente la realt esterna all’Io estremamente complessa e non si lascia facilmente ridurre a quegli schemi o a quei reticoli nei quali il soggetto tenta di catturarla e ingabbiarla, ma piuttosto l’Io stesso che oggi ci appare molto pi complesso di quanto non lo pesassimo tale nel passato.


    E’ pur vero che ancora oggi non mancano scienziati e antropologi (studiosi dell’uomo) che rimangono ancorati a una concezione biologistica dell’uomo, nel senso che fanno dipendere tutto il comportamento umano dal funzionamento del sistema nervoso centrale. Basti ricordare che Salomon Katz, in un suo saggio di antropologia sociale afferma testualmente:” il comportamento un prodotto della neuroarchitettura del sistema nervoso centrale e delle sue funzioni”.


    E gli fa eco il bioetologo Michael Chance quando afferma:” Allorch avremo inglobato i comportamenti dell’uomo nella biologia, avremo effettivamente inglobato nella scienza la totalit dell’esperienza umana .. .. Ci che ci serve un sistema di pensioro biologico organizzato che includa la cultura nel novero delle disposizioni biologiche dell’uomo”.


    Ora, in tali affermazioni, e in tante altre dello stesso autore, c’ indubbiamente una parte di verit poich innegabile scientificamente che ad ogni “zona” o “settore” del cervello umano corrisponde una determinata attivit o funzione psichica; stata per esempio individuata e localizzata la zona che presiede all’ansia, lo strato della corteccia che presiede al controllo e alla inibizione degli impulsi, la zona che coinvolta nei comportamenti aggressivi e via seguitando.


    Il limite di tali concezioni biologistiche consiste nel non rendersi conto che la componente biologica solo una delle cause del comportamento umano e che perci da sola non in grado di spiegarlo compiutamente. Facciamo un solo esempio: uno scienziato europeo che sa tutto di biochimica e di neurofisiologia, ma non sa nulla dei codici culturali e dei modelli di valori e di comportamento di due giovani innamorati australiani, osservando il loro approccio amoroso, si render conto che nessuna biochimica o neuorofisiologia in grado di chiarirgli i gesti, i simboli, le allusioni, i sottintesi presenti nell’approccio amoroso dei due giovani.


    La verit che assieme ai dispositivi neurobiologici, operano in “sinergia” (come oggi si usa dire) tante altre cause o fattori che determinano un certo comportamento e si tratta in prevalenza di cause culturali (codice morale, idee religiose, visione del mondo, ecc.).


    L’Io dunque estremamente complesso: esso una rete di matrici molteplici, matrici esogene non meno che endogene, le quali operano in modi assai diversi, irregolari, intrecciati e si offrono a molteplici attribuzioni di senso.


    Perci si tratta di passare da una concezione solamente psico-logica dell’uomo ad una concezione persono-logica; vale a dire da un sapere centrato sulla mente a un sapere centrato sulla persoa; una persona che tale non sulla base di una immutabile struttura metafisica che si connota ma a partire dal multiverso e multiforme rapporto che instaura col mondo esterno.


    D) Una “nuova” identit


    L’identot dunque di ognuno di noi va pensata in maniera radicalemte nuova. Dobbiamo renderci conto del fatto che si tratta di una:



    1. Identit molteplice
    2. Identit pratico-etica
    3. Identit contestuale
    4. Identit peculiare
    5. Identit ritrovata


    1. Identit molteplice

      L’identit anzitutto molteplice: essa una “Multiple self“, secondo l’efficace formula adoperata da Jon Elster nel suo saggio del 1991 intitolato “L’Io multiplo” edito in lingua italiana da Feltrinelli. La nozione di “identit molteplice” richiama subito alla nostra memoria il Vitangelo Moscarda di Pirandello, che , come noto, il protagonista del romanzo “Uno, nessuno e centomila”. La differenza per decisiva; il personaggio pirandelliano infatti soffre dolorosamente la sua frantumazione poich sperimenta l’orrore del nulla e del vuoto, l’assenza dell’essere e del valore (su questo “orrore del nulla” che alla base di tutte le nevrosi dei personaggi pirandelliani, ha scritto pagine suggestive il Querci nel suo saggio del 1992 dal titolo “Pirandello e l’inconsistenza dell’oggettivit” edito da Laterza).


      Nel saggio di Elster invece “Molteplicit dell’Io” non vuol dire frantumazione e dispersione e ancor meno negativit e vuoto. Vuol dire invece disponibilit positiva ad aperture plurime, capacit di inserimento attivo nei labirinti di cui fatta la realt che siamo e che attraversiamo. In fondo, il carattere molteplice dell’Io si configura come tensione, sempre sussistente nell’Io, tra una mai sopita esigenza di unit e una spinta altrettanto forte verso la diversit insita nel mutamento. Le metafore che meglio esprimono tale tensione dell’Io sono quelle della danza e della metamorfosi. La metafora della danza sicuramente niciana (non si dimentichi che Ferruccio Masini nel suo saggio “Lo scriba del caos” ha potuto interpretare il pensiero di Nietzsche come un “Pensiero danzante”); la metafora della metamorfosi invece di Elias Canetti ed sicuramente presente nel suo saggio “Massa e potere“; peraltro sarebbe superfluo voler dimostrare che Canetti uno degli autori pi “niciani” del Novecento.


    2. Identit pratico-etica

      Una seconda caratteristica dell’identit la sua dimensione pratico-etica. Ci significa esattamente che essa non coincide con un essere statico n tanto meno con una sostanza immutabile, ma piuttosto si costituisce nel cimento di un fare-operare il cui esito non affatto garantito. L’identit non il proprio Destino ma la propria Storia; ognuno di noi l’insieme degli atti che ha cercato di compiere o di non compiere e degli eventi che ha cercato di cogliere o di ignorare.


      Tuttavia, per amore di verit, va aggiunto che l’identit la sempre mobile e cangiante confluenza di condizionamenti che provengono dal passato dell’individuo e prospettive e progetti che avanzano dal futuro; ci comporta ovviamente che l’identit sia sempre ri-orientamento del proprio asse e della propria sfera d’azione.


    3. Identit contestuale

    Una terza caratteristica dell’identit quella di essere un’identit contestuale. Non sono mancati negli ultimi anni gli studi che hanno rivisitato la nozione di “contesto” in stretto rapporto con la struttura della mente e dell’Io. Fra tanti altri ci limiteremo a menzionare il Coulter, autore di “Mente, Coscienza, Societ” edito dal Mulino nel 1991; da segnalare anche il saggio di Harr dal titolo “L’uomo sociale” pubblicato dall’editore Cortina nel 1994.


    In questi autori la figura del contesto viene considerata non tanto come il contenitore esterno entro cui si producono determinate vicende, quanto piuttosto come la dimensione costitutiva della stessa caratterizzazione e personalizzazione del soggetto. Insomma il contesto il luogo in cui l’essere umano definisce o scopre le proprie capacit e i propri bisogni.


    E’ il luogo in cui queste capacit e questi bisogni assumono insieme il proprio volto sociale e la propria cifra privata.


    E’ il luogo in cui incontri e scontri intersoggettivi producono le relazioni e le differenze tra l’Io, il Tu e il Lui.


    4 ) IDENTI TA ‘ PECULIARE


    Una quarta caratteristica dell’identit forse la pi rilevante, la sua ”peculiarit”; nel senso che l’identit di ogni persona si configura come un qualcosa di assolutamente specifico, di irriducibile a leggi e criteri validi per tutti.


    E’ certamente possibile cogliere dimensioni oggettive dell’esistenza che connotano la vita di ognuno: la felicit, la sofferenza, l’entusiasmo, la solitudine ecc.


    Sennonch, queste dimensioni non valgono mai come dati o fatti in s, ma solamente attraverso interpretazioni e modalit che generano nuovi sensi. I dati oggettivi insomma appaiono sempre come sottodeterminati rispetto ai vissuti peculiari dell’identit del singolo. Valga un solo esempio, per quanto banale, di quanto stiamo affermando: due persone sono state entrambe diagnosticate come persone depresse esattamente con lo stesso tipo di sintomi, lo stesso numero di sintomi e perfino con la stessa intensit di questi sintomi: eppure tale equivalenza sintomatologica non impedisce affatto che ciascuno delle due persone viva il proprio stato depressivo secondo valenze e modalit radicalmente diverse (diversa sar ad esempio la percezione che hanno di se stessi; diverso il senso che attribuiscono alla loro sofferenza; diversa la funzione che quel malessere viene a svolgere nel contesto complessivo delle loro personalit); lo stesso esempio pu valere per due soggetti egualmente felici; ognuno vive “a modo proprio” quella dimensione di felicita (in ci si e sbagliato Tolstoj quando proprio in apertura del suo “Anna Karenina” ci dice che “tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice e infelice a suo modo”).


    I dati oggettivi dunque non determinano in maniera univoca la fisionomia della nostra identit: al contrario, questi dati vengono sempre interpretati e rielaborati in stretta relazione con una pluralit di schemi di riferimento. Perci la trama dell’Io e sicuramente fra le trame pi complesse, poich nel suo reticolo vanno ad intersecarsi molteplici vettori costantemente suscettibili di variazioni di intensit, senso e direzione.


    Tutto ci non significa affatto che l’Io manchi di unita e di integrit; e piuttosto vero il contrario: e cio che quanto pi l’Io (l’identit) e ricco e complesso, quanto pi e nutrito da linfe molteplici, quanto pi mosso da motivazioni eterogenee, tanto pi ne guadagna in termini di solidit e di stabilit; ma ad una precisa condizione: che sappia costantemente gestire la propria complessit riorientandola e riconducendola a un qualche nucleo di valore o criterio di senso; nell’eventuale assenza di tale riferimento c’ il rischio che la complessit sconfini nella dispersione, che il reticolo faccia “tilt” che la presunta ricchezza dell’Io appaia a lungo andare come un fuoco fatuo e riveli alla fine una deludente condizione di povert e di disorientamento.


    Perci la complessit non pu non apparire come “rischio” ma, direbbe Platone, si tratta di un “Rischio bello”.


    5) IDENTITA ‘ RITROVATA


    Proust e sicuramente il maestro laico che ha impartito la lezione del “ritrovamento”.


    I1 settimo (e conclusivo) volume della sua “Recherche” altro non che un’apoteosi del “Tempo ritrovato”.


    Ma perch si tratta di un “tempo ritrovato”? Per la semplice ragione che era andato perduto. Perduto non tanto perch tempo passato o trascorso, quanto piuttosto perch tempo sprecato nelle esperienze illusorie e deludenti della mondanit e dell’amore per le donne.


    Non si dimentichi infatti che tutta la parabola esistenziale del narratore (Marcel) si svolge tra i due “Cts” (tra le due parti) che sono il “ct” di Swann e il ” ct ” dei Guermantes. I1 primo ” ct “, attraverso l’esperienza dell’amore di Swann per Odette dar al narratore la consapevolezza delle gioie e delle sofferenze che l’amore provoca nell’innamorato, ma soprattutto la coscienza della illusoriet dell’amore stesso. Swann dir infatti alla fine: “E dire che ho perduto tanti anni della mia vita, che ho voluto morire, che ho avuto il mio pi grande amore, per una donna che in fondo non mi piaceva, che non era il mio tipo!”.


    Non meno deludente sar per il narratore l’esperienza dell’altro ” ct “, quello dei Guermantes.


    Quando il narratore verr a contatto con il mondo fiabesco dei duchi e principi di Guermantes, si render conto che dietro l’apparente splendore di tale mondo si consumano le passioni pi orrende e i vizi pi ripugnanti (non si dimentichi che dopo il terzo volume dedicato ai Guermantes, la narrazione proustiana si snoda lungo i gironi infernali di Sodoma e Gomorra che fra i pi potenti affreschi del vizio dell’omosessualit). Anche da questo mondo il narratore esce profondamente deluso e soltanto alla fine sperimenter qualcosa di “eterno”, quando metter i suoi piedi sul selciato del cortile del principe di Guermantes e cos facendo recuperer il ricordo dell’acciottolato di Venezia. Improvvisamente, gli si schiude una nuova dimensione dell’esistenza ed egli si sente un altro. Perci l’identit del protagonista – narratore si configura come un’identit inedita, insospettata che non si definisce a partire dal passato, ma piuttosto avanza dal futuro, dopo che il narratore e andato soggetto a ripetute delusioni.


    Ribadisce giustamente il Deleuze: “Quello che importa che il protagonista non sapeva all’inizio certe cose, ma le apprende progressivamente e riceve infine un’estrema rivelazione”.


    Proust ci offre il paradigma insuperabile di quel che deve essere un’autentica identit; non gi qualcosa che definisce se stessa giorno dopo giorno sulla base delle esperienze gi compiute, ma piuttosto qualcosa che “ritroviamo” in tutta la sua profondit in particolari situazioni della vita che sono soprattutto quelle in cui irrompe in noi una qualche luce, una qualche fulgurazione, un qualcosa che gustiamo come “intemporale” ed “eterno’ e che perci garantisce la piena vittoria contro il tempo.


    Ma questa “via di Damasco’ la percorriamo poche volte o forse solo qualche volta nella nostra vita e comunque una via che si trova alla fine di tante altre vie gi percorse ma che ci hanno puntualmente deluso.


    La nostra identit che avevamo costruito percorrendo quelle vie finiamo per avvertirla quasi come qualcosa di estraneo, poich ne abbiamo ritrovato un’altra che sentiamo molto pi vera, molto pi autentica, molto pi nostra. I1 settimo volume della Recherche proustiana li a dirci che possibile il ritrovamento di una tale identit.


    Giuseppe Tidona

  • RIFLETTENDO SULL’ENCICLICA “FIDES ET RATIO” DI GIOVANNI PAOLO II

    RIFLETTENDO SULL’ENCICLICA “FIDES ET RATIO” DI GIOVANNI PAOLO II



    La metafora delle due ali.


    Sebbene nel testo la citazione non venga esplicitata, tuttavia possibile ritenere che nell’immagine delle “due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verit”, Giovanni Paolo II abbia subito il fascino del “Fedro” Platonico.


    Il paragrafo 246 del “Fedro” recita testualmente: “Il divino ci che bello, sapiente e buono e tutto ci che di questo tipo. Appunto da queste cose le ali dell’anima vengono nutrite e accresciute in grado supremo” (trad. ital. Di Giovanni Reale).


    Le due ali, nell’ottica credente del Papa, sono la fede e la ragione. Il volo reso possibile solamente dalla capacit e dalla buona salute di ambedue le ali ma anche vero che ciascuna ala ha in s stessa la propria forza e capacit e non l’attinge affatto dall’altra.


    Fuor di metafora, il Papa afferma che fede e ragione, pur tendendo entrambe all’unico obiettivo che la verit, sono tuttavia l’una autonoma nei confronti dell’altra; ciascuna di esse ha una propria forza, una propria capacit, le proprie peculiari procedure.



    Non possibile alla fede giungere alla verit senza la ragione.


    Dalla metafora delle due ali scaturiscono due affermazioni apparentemente scandalose ma inconfutabilmente vere: 1) Non possibile alla fede giungere alla Verit senza la ragione; 2)Non possibile alla ragione giungere alla Verit senza la fede.


    Iniziamo col renderci conto della prima affermazione. La ragione umana, che lo si ammetta o no, sempre domanda di significato; essa non si rassegna mai all’insignificanza dell’esistere, ma ripropone con rinnovato ardore la questione del “perch” della vita e delle cose. Si badi: la ragione che pone la domanda sul senso, non la fede; la fede pretende esserne la risposta; la fede infatti confessa e testimonia che il senso si identifica con la persona di Ges Cristo, vero Dio e vero uomo.


    Ma la fede senza la ragione sarebbe una risposta inutile e insensata, poich verrebbe ad essere una risposta data ad una domanda che l’uomo non si pone. Alle luce di quanto stiamo affermando, si comprende allora il senso profondo della formula “intellego ut credam” (che poi il titolo con cui si apre il capitolo terzo dell’enciclica); tale formula non sta a significare solamente il fatto che “la ragione del credente esercita le sue capacit di riflessione dentro un movimento che, partendo dalla parola di Dio, si sforza di raggiungere una migliore comprensione” (Fides et ratio, n.73); la formula appare ancor pi valida e pi preziosa soprattutto quando l’uomo non si trova ancora nella dimensione delle fede, quando egli ancora “non parte dalla parola di Dio”; quando l’approdo alla fede non ancora avvenuto, la funzione della ragione diventa ancora pi decisiva poich essa apre lo spazio dell’inquietudine interrogante, della ricerca paziente e appassionata del senso, orienta lo sguardo della mente a scrutare gli enigmi e le contraddizioni dell’esistenza e da ultimo conduce fino alla soglia dell’invocazione; soglia oltre la quale “l’inizio immemorabile custodisce se stesso” (M. Cacciari, Dell’inizio, Adelphi). Tutto questo lo fa la ragione (cio la filosofia) e lo fa senza la fede e a prescindere dalla fede.


    Si capisce allora perch nell’enciclica non si da spazio ad ogni forma di fideismo: “Non mancano neppure pericolosi ripiegamenti sul fideismo, che non riconosce l’importanza della conoscenza razionale e del discorso filosofico per l’intelligenza della fede, anzi per la stessa possibilit di credere in Dio. Un’espressione oggi diffusa di tale tendenza il “biblicismo” che tende a fare della lettura della Sacra Scrittura o della sua esegesi l’unico punto di riferimento veritativo” (Fides et ratio, n.55).


    La ragione non svolge solamente l’importante funzione di tenere desta la domanda sul senso dell’esistere; essa non solamente “ragione interrogante”, ma anche “ragione ermeneutica” (sotto questo aspetto l’enciclica non pu certamente essere accusata di atteggiamento anti-moderno poich essa assume come valida la “curvatura ermeneutica” (Fornero) del pensiero contemporaneo.


    La ragione infatti interpreta (l’ermeneutica appunto il lavoro dell’interpretare) i segni della rivelazione consentendo cos un’indagine pi approfondita del mistero. Il testo lo dice con chiarezza al n.13 del capitolo primo: “In aiuto alla ragione vengono i segni presenti nella rivelazione. Servono a condurre pi a fondo la ricerca della Verit (Ricoeur direbbe che i segni “obbligano a pensare”) e a permettere che la mente possa indagare anche all’interno del mistero”. Ma proprio nell’esercitare questa sua funzione ermeneutica nei confronti della Rivelazione, la ragione giunge al prorpio limite; essa si rende conto che “oltre alla conoscenza della ragione umana, capace per sua natura di giungere fino al Creatore, esiste una conoscenza che peculiare della fede” (Fides et ratio, n.8).



    Non possibile alla ragione giungere alla Verit senza la Fede.


    Autentica risposta agli interrogativi drammatici dell’esistenza umana la la Rivelazione di Dio in Ges Cristo: “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, n.12).


    Ma la Rivelazione la Sapienza “Totalmente Altra” di Dio; perci “la Verit che la Rivelazione ci fa conoscere non il frutto maturo o il punto culminante di un pensiero elaborato dalla ragione. Essa, invece, si presenta con la caratteristica della gratuit, produce pensiero e chiede di essere accolta come espressione di amore” (Fides et ratio, n.15).


    Viene cos alla luce la natura vera del rapporto tra ragione e fede che un rapporto di continuit e discontinuit al tempo stesso; coloro che affermano un rapporto di continuit assoluta rischiano di non dare il giusto rilievo alla “Sapienza Totalmente Altra di Dio”; coloro che, al contrario, insistono troppo sulla frattura netta e radicale tra la ragione e la fede, rischiano di vanificare il fondamento umano e interrogante della fede; sia gli uni che gli altri perdono di vista la profonda valenza sim-bolica del dinamismo credente (da sym-bolon=tutt’uno).



    Il giudizio dell’enciclica sulle filosofie del nostro tempo.


    La ragione dunque compie un lavoro prezioso ed insostituibile, ma solo a condizione che essa intenda ed eserciti se stessa come “recta ratio” (retta ragione). Ed tale se non smarrisce la sua vocazione originaria che consiste nell’orientare la ricerca umana verso la Verit ultima.


    Il Papa ha ragione di lamentare che “soprattutto ai nostri giorni, la ricerca della Verit ultima appare spesso offuscata. Senza dubbio la filosofia moderna ha il grande merito di aver concentrato la sua attenzione sull’uomo…… ma intenta ad indagare in maniera unilaterale sull’uomo come soggetto, sembra aver dimenticato che questi pur sempre chiamato ad indirizzarsi verso una verit che lo trascende” (Fides et ratio, n.5).


    La ricerca filosofica odierna “ha finito per smarrirsi nelle sabbie mobili di un generale scetticismo” (n.5); siamo in presenza “di una frammentariet di proposte che elevano l’effimero al rango di valore” (n.6).


    Ma quelle sopra elencate sono tutte conseguenze funeste del fatto che “la filosofia, da saggezza e sapere universale, si ridotta progressivamente a una delle tante province del sapere umano” (n.46).


    Segue poi nel testo la messa in guardia dal “pericolo che si nasconde in alcune linee di pensiero oggi particolarmente diffuse” (n.86). Le tendenze contestate sono nove: 1) eclettismo; 2) storicismo; 3) scientismo; 4) pragmatismo; 5) nichilismo; 6) positivismo; 7) materialismo; 8)problematicismo; 9) relativismo.


    Non creda affatto il lettore di trovarsi in presenza di un nuovo “sillabo degli errori del nostro tempo”; in realt questi nove filoni di pensiero altro non sono che nove salse diverse di un’unica pietanza che l’immanentismo radicale (vale a dire la funesta liquidazione di ogni riferimento alla trascendenza).


    L’enciclica “contesta” tali indirizzi della filosofia contemporanea ma ci tiene anche a sottolineare che la Chiesa non si identifica affatto con uno specifico e determinato sistema filosofico. La Chiesa riconosce invece e approva il pluralismo delle diverse posizioni filosofiche purch tale pluralismo non degeneri appunto in un relativismo rinunciatario nei confronti della ricerca della Verit. Perci il testo non pu essere accusato di “integrismo filosofico”.


    Se una critica pu essere rivolta all’enciclica, pensiamo che sia quella di rimproverarle la sua “inattualit”; intendiamo dire cio che difficilmente essa riuscir a ri-orientare i percorsi del pensiero contemporaneo; chi infatti conosce, anche in maniera non specialistica, tali percorsi, sa bene in quali meandri, in quali labirinti, in quali dimensioni “atopiche”, oggi va a ficcarsi la riflessione filosofica. E perci noi condividiamo l’opinione di Emanuele Severrino il quale, pur da posizioni dichiaratamente anti-cristiane, riconosce che il grande merito del documento proprio quello di denunciare “l’addio alla Verit” che la tendenza prevalente del panorama contemporaneo.


    Giuseppe Tidona


     


     

  • Un leone d’oro alle donne dell’Iran

    Un leone d’oro alle donne dell’Iran


    Di: Maria De Falco Marotta & Elisa Marotta


     


    JAFAR PANAHI, autore del film Leone d’oro 2000, alla 57.ma Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, che aveva come interlocutori circa 15 giornalisti (o simpatizzanti), durante la sua conferenza stampa sul suo “Dayereh” ( “l cerchio”), non un tipo molto loquace, specie quando si tenta di strappargli dichiarazioni politiche sul  regime tuttora teocratico di Teheran. Nato a Mianch (Iran) nel 1960, ha studiato regia all’Universit del Cinema e della Televisione di Teheran. Prima di esordire nel lungometraggio ha girato diversi cortometraggi e mediometraggi per la televisione iraniana, ed stato aiuto regista di Abbas Kiarostami per Sotto gli ulivi. li suo debutto alla regia, “l palloncino bianco” del 1995, ha riscosso un buon successo di pubblico e critica, vincendo consistenti premi, fra cui la Camera d’or al Festival di Cannes. Nel 1997 “Lo specchio” ha ricevuto il Pardo d’oro al Festival di Locarno, confermando la sua fama di cineasta innovativo e intuitivo.


    Mehmet Nuri Yilmaz, presidente degli Affari religiosi della Turchia, ultimamente ha dichiarato: “Sono gli arabi e i persiani che hanno fatto arretrare i diritti delle donne in terra d’islam” Lei cosa ne pensa?


    L’Iran per molte donne, una grande prigione a cielo aperto. “l cerchio” un film duro, di denuncia sociale che si limita a raccontare quello che si vede abitualmente. L’Iran un paese turpemente maschilista, pieno di blocchi di polizia, dove le donne per fumare una sigaretta devono nascondersi e dove partorire una femmina considerata una disgrazia. Quando mi nacque mia figlia, mia madre mi annunci la sua nascita come se ci fosse capitata una disgrazia. Rimasi molto sconvolto e pensai che le persone debbono essere valutate per quello che sono, non per il sesso. Ancora oggi, la vita delle nostre donne regolata ,in modo capillare, da norme, leggi, abitudini di un sistema teocratico islamico, fondato su di una struttura religiosa rigidissima che risale ai discendenti di Fatima(la figlia di Maometto) e di Ali (nipote e genero del Profeta).


    Il suo film raggelante. l presidente Khatami che pure sembra orientato ad un governo democratico e le varie presenze femminili del vostro Paese in Occidente, offrivano una visione pi aperta della posizione sociale della donna. Non cos?


    A modo suo, l’islam, tutela la donna con valutazioni etiche, religiose e sociali completamente differenti dalle vostre e con un concetto diverso di dignit e di libert. Le mie donne, quelle raccontate dal mio film, sono vincolate alle leggi dell’Iran e del Corano, che non permettono a nessuna di girare da sola in citt, di andare all’estero senza il consenso del padre, del marito o di un maschio della famiglia cui appartiene, di indossare vestiti dissimili dalla “divisa” imposta, di vivere, insomma, in modo autonomo. La donna in Iran, considerata un’eterna minorenne.


    Perch ha chiamato il suo film “l cerchio”?


     Le otto donne del mio film che vivono storie diverse, nella societ si trovano rinchiuse in un recinto, in un cerchio. I loro punti di partenza e di arrivo sono spesso tragicamente simili.


    Il loro mondo fatto di sorveglianza costante, burocrazia e vecchie discriminazioni. Ma questo mondo a loro cos ostile, non pu spegnere lo spirito, la forza e il coraggio del cerchio delle donne, che si passano tra loro il testimone della loro esperienza e che vogliono essere meno discriminate. La loro libert tanto limitata che mi sembrano essere in una grande prigione. Ci non riguarda solo una particolare classe sociale di donne, ma tutte. Come se ogni donna potesse sostituire l’altra in un cerchio che le rende tutte uguali.


    Pensa che il suo film di cui ha avuto il visto dalla censura solo 3 giorni prima che si aprisse la 57.ma Mostra di Venezia, possa essere proiettato anche in Iran?


    Ho dovuto combattere otto mesi per avere il visto per l’estero. Spero che il mio film, venga visto anche nel mio Paese. Non posso dire nulla sull’accoglienza che avr. Mi auguro solo che la gente possa vederlo.


    Ma i film iraniani rispecchiano la realt del Paese? Cosa ne pensa?


    L’onest ci impone a riferire che tra la realt e la fiction c’ una notevole differenza. In un certo senso, noi dobbiamo creare storie che gli spettatori si aspettano. Secondo la mia opinione, il cinema deve rispettare le attese degli spettatori.


    Secondo lei, c’ una relazione tra poesia e realt?


     E’ ci che devono fare i registi, a cinema. Catturare il feeling che si sprigiona dai nostri cuori, senza frode, e rifletterlo nel linguaggio delle immagini.


    Qual stato il punto di partenza del suo film?


    Una volta, vidi una vecchia donna seduta su di una panca, col suo portamonete stretto al petto, che guardava nello spazio, quasi in cerca ancora di un “qualcosa”.


    La sua immagine , mi ha tormentato a lungo e mi ha spinto a riflettere sulla vita delle donne. Pensai che quella donna, come tutte le altre, era chiusa in un cerchio, da cui era impossibile scappare. La sua immagine mi rimasta a lungo nella mente. Ho anche dedotto che nella nostra societ ciascuno indossa una maschera sulla sua faccia, che non pu rimuovere. A meno che non sia un bambino o bambina che, crescendo, riscopra il suo ruolo e cerchi di essere se stesso.


    Gi, ma come si fa in Iran?


    Se dovessimo attenerci a come stato accolto “Il cerchio” al Box Office italiano, anche per il tam-tam giornalistico che- purtroppo- coglie solamente l’aspetto appariscente dell’evento, aprendogli, speriamo, una strada verso una cultura che da noi “lontana dagli occhi, lontana dal cuore”, dovremmo compiacerci della curiosit e benevolenza che ha suscitato, sebbene molti laici( ma scorrendo i vari quotidiani del 14 settembre 2000,  solo La Stampa ha gridato allo scandalo per le dichiarazioni forse esagerate del Cardinale Biffi di Bologna che richiama ad essere prudenti nell’allargare le braccia indiscriminatamente, in questo caso politicamente e socialmente, agli islamici- ma avrebbe dovuto precisare arabi e iraniani) sono sempre l a richiamare non solo il comandamento dell’amore di Cristo che nessuno si sogna di trasgredire tra i sensati cristiani, ma anche le normalissime leggi della Costituzione, entrate nel DNA di ogni lattante europeo.


    Il fatto, poi, che “Dayereh”(= Il cerchio) che mostra, seppure con un linguaggio visivo diverso dal nostro le difficilissime condizioni di vita delle donne iraniane, sia stato etichettato dai maggiori quotidiani iraniani “Quods” e “Kayhan”, come “oltraggioso” nei confronti del sesso femminile, dovrebbe indurre ad alcune considerazioni(figuriamoci!).


    Noi, ne vogliamo proporre almeno un paio.


    1)Ci puzza di intrallazzo il fatto che alla Mostra 57 la potente casa del regista M. Makhmalbaf, la “Makhmalbaf Film School” di Teheran, abbia sfornato prima la figlia Samira premiata a Cannes con “Lavagna”, giurata della stessa 57.ma, senz’altro ricca di ingegno e poi la giovane seconda moglie( ma in Iran  non solo ci si pu permettere quattro mogli, ma anche quelle di “godimento”, quantunque le lotte femministe siano approdate ad un nullo di fatto) Marziyeh Meshkini che con il suo film “Il giorno in cui sono diventata donna” ha mietuto moltissimi premi collaterali a quelli ufficiali.


    Mohsen, un “amicone”: ti abbraccia con facilit, specie se le tue domande sono in linea col suo credo. Lui stato un rivoluzionario “prima maniera”. Cio Khomeinista duro e puro, un po’ come quelli italiani che si sono addolciti con il business(e quello del cinema conviene, eccome!).


    E’ sicuramente in atto una strategia politica, orientata alla democrazia e le “donne” che l sono ancora le pi oppresse, fanno spettacolo in occidente, con le loro storie umane, prive di sesso e violenza, ma piene di tenacia e di costanza. Tant’ che il Presidente della Giuria Internazionale, il regista statunitense Milos Forman(“Qualcuno vol sul nido del cuculo”), alla fine della vorticosa Kermesse cinematografica ha dichiarato che “nessuna delle opere presentate aveva quei caratteri di originalit e creativit da meritare il Leone d’oro”.


    Tanto, valeva assegnarlo ad una storia di donne, ritenuto anche che l’occidente per “camminare”, ha bisogno del medioriente petrolifero(e l’Iran, potentissimo, con la sua alta gerarchia religiosa, un po’ come il Papa ).


    Secondo, vorremmo riportare una dichiarazione di un famoso giurista internazionale, SAMI ALDEEB ABU SAHLIEH,PROF. DI DIRITTO ISLAMICO, ISTITUTO SVIZZERO DI DIRITTO COMPARATO, LOSANNA, sulla posizione delle donne nell’Islam che sia pure nella sua variegata espressione legale, immutabile.


    A meno che non si modifichi il Corano.


    Eccola:


    In pi occasioni, abbiamo conosciuto delle donne musulmane(F. Ashemi che in Iran potentissima e ultimamente, le figlie del regista M.Makhmabalf che fanno cinema e la sua  stessa seconda moglie; Assia Djabar .) che stanno lottando nei loro Paesi per raggiungere l’uguaglianza con l’uomo, quindi presumibile che anche le norme giuridiche che le riguardano, saranno aggiornate. Cosa ne pensa?


    In occidente e anche in altri paesi, compresi alcuni musulmani, la donna ha lottato e lotta per avere gli stessi diritti dell’uomo. In altri come il Kuwait ,l’Afghanistan, l’Iran, ne viene privata nel nome delle norme religiose islamiche. Nel Corano che il libro sacro ed inviolabile dell’intera Umma ( la comunit di tutti i musulmani del mondo, circa un miliardo e mezzo di persone), perch Parola increata di Dio, assolutamente immodificabile, istituita l’autorit dell’uomo sulla donna: “Gli uomini hanno autorit sulle donne , in virt della preferenza che Dio ha accordato loro e a causa delle spese sostenute per assicurarsene la compagnia”(Corano 4:34). Cos da figlia la donna sottomessa all’autorit del padre che pu darla in matrimonio senza il suo consenso, mentre per sposarsi il consenso paterno o del tutore maschio, necessario. Da sposata, sottomessa all’autorit del marito che pu impedirle di uscire di casa, lavorare e obbligarla a portare il velo, essendo considerata oggetto di tentazione suprema( pare che Maometto abbia detto: Non ho lasciato dopo di me una tentazione pi nociva per gli uomini delle donne”. Infatti, ne spos una decina).Il padre, o il marito o un tutore maschio, pu vietarle di andare a cinema, a ballare, sulla spiaggia e di praticare attivit sportive. Pu opporsi al fatto che i figli seguano certi corsi (es: educazione sessuale, anatomia.) e frequentino classi miste, pu iscriverli a scuole adeguate alla sua religione, senza che la moglie possa consigliare diversamente.. Spesso, nelle case musulmane, la moglie e le figlie, non mangiano, n parlano con ospiti stranieri e per andare all’estero, hanno bisogno dell’assenso legale del marito o del padre.


    Difatti, a Venezia, dove si svolge il festival del cinema pi romantico ed affascinante del mondo, Samira e Marziyeh, le due donne iraniane pi popolari della fiction, vestite severamente di nero( ma questo ha un fascino indescrivibile), acclamatissime, festeggiatissime con il Leone d’oro, Jafar Panahi, erano “controllate” a vista.


    E provate a dimostrare il contrario.


     


    Maria de falco Marotta & Elisa Marotta