Categoria: Scuola e Società

  • L’ORA ALTERNATIVA ALL’IRC: NON PIU’ PROCRASTINABILE PER EVITARE L’AFFERMARSI DI MODELLI ANTIEDUCATIVI


    L’ORA ALTERNATIVA ALL’IRC: NON PIU’ PROCRASTINABILE  PER EVITARE L’AFFERMARSI DI MODELLI ANTIEDUCATIVI


    “Quello che più fa paura è il nulla che viene proposto in alternativa, la cosiddetta ora di <bighellonaggio>, l’ora per andare a fare colazione, per fumarsi una sigaretta, e magari per fare un salto in sala giochi”.


    E’ ora di parlarne. E’ ora di fare chiarezza. Gli insegnanti di religione cattolica vogliono l’ora alternativa al loro insegnamento, non la ostacolano, non ne hanno paura. Anzi, quello che più fa paura è il nulla che viene proposto in alternativa, la cosiddetta ora di «bighellonaggio», l’ora per andare a fare colazione, per fumarsi una sigaretta, e magari per fare un salto in sala giochi.
    «Noi auspichiamo che venga fatta chiarezza sulla DonatellaBuonriposi.jpgquestione – commenta l’insegnante di religione Paola Paoli -. Nella scuola di oggi, però, la maggior parte dei docenti non ha più ore a di-sposizione, e questo implica un problema: chi può fare l’ora alternativa? Non essendoci docenti disponibili, andrebbero pagati altri insegnanti, o quelli dello stesso Istituto con ore di straordinario. Ma la scuola dell’autonomia deve fare i conti con bilanci risicati e allora la questione si fa più complicata. Credo che la questione dovrebbe essere affrontata dal punto di vista legislativo».  
    Giacomo, studente in un Istituto superiore ed eletto come rappresentante di Istituto, ha le idee chiare sulla questione dell’ora alternativa. «E’ un’ora prevista nel testo di revisione dell’Intesa concordataria, ma di fatto è rimasta lettera morta. Perché? Le ragioni per me sono varie. C’è, ad esempio, una questione di principio: qualora l’ora alternativa potesse consistere in lezioni di “filosofia della scienza”, o anche di etica civile, di educazione civica o di taglio e cucito, la natura di tali attività sarebbe di fatto così diversa dall’ora di religione da generare una discriminazione nei confronti di chi ha scelto di seguire l’Irc. Per usufruire di questa nuova offerta formativa essi dovrebbero rinunciare all’ora di religione che loro e le loro famiglie hanno accettato. Finirebbe così per instaurarsi un circolo vizioso difficilmente risolvibile. Una sentenza della corte costituzionale ha, inoltre, dichiarato inammissibile l’obbligatorietà dell’ora alternativa, essendo la scelta di avvalersi o non avvalersi dell’Irc una pura scelta di coscienza, per cui essa non può ridursi ad una banale opzione fra due “prodotti culturali”. Infine, a mio parere, non poche forze politiche hanno preferito abbandonare l’idea dell’ora alternativa per rendere in qualche modo più appetibile la scelta di non avvalersi, svuotando di valore culturale la scelta di frequentare l’Irc. Se infatti l’alternativa all’Irc è il nulla (l’uscire da scuola, l’andare al bar etc.), la stessa ora di Irc viene almeno in parte nullificata».
    Una riflessione sul tema ce la propone anche la professoressa Donatella Buonriposi, assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Lucca e dirigente scolastica all’Itis Fermi della stessa città toscana. «Sono dell’avviso che chi non si avvale dell’insegnamento della religione abbia diritto ad un’ora alternativa.  Credo, altresì, che la stessa ora  di religione debba trovare una nuova impostazione per la formazione globale delle persone, degli alunni: un’ora per riflettere sulla propria vita e sul proprio futuro. L’ora alternativa, poi, dovrebbe essere un’attività proposta all’interno del Pof. Un’ora di dibattito personalizzato, rispondente cioè ai bisogni degli alunni. Credo che dovrebbero essere fatti dei percorsi per moduli: e ogni ragazzo potrebbe scegliere quello a lui più congeniale».
    Un’idea tutta diversa la esprime lo storico Alessandro Bedini. «Penso che l’ora alternativa all’Irc – commenta – debba essere sfruttata per affrontare argomenti relativi alle culture ‘altre’. In una scuola sempre più impegnata su programmi e progetti non certo di ampio respiro, basti solo  pensare che la letteratura e la storia non vengono studiate in prospettiva europea, avere l’occasione di approfondire culture diverse dalla propria rappresenta una valida alternativa. Un simile approccio ha il pregio di affrontare questioni di grande attualità: la presenza dei Dalai Lama e il grande problema tibetano è un esempio. Lo stesso vale per la conoscenza dell’Islam, della sua cultura e del rapporto con le altre fedi religiose. Non mi illudo certamente che in un’ora alla settimana si possano affrontare tematiche tanto complesse. Si possono tuttavia lanciare degli imput, si può suscitare curiosità, stimolare la voglia di approfondire. Sarebbe un ottimo risultato».



    Emanuela Benvenuti


    Snadir – martedì 15 gennaio 2008

  • QUARANT’ANNI DA “LETTERA AD UNA PROFESSORESSA”: UNA PESANTE EREDITA’


    QUARANT’ANNI DA “LETTERA AD UNA PROFESSORESSA”:
    UNA PESANTE EREDITA’


    Gli anni trascorsi hanno trasformato le provocazioni del Priore di Barbiana in dati di fatto ormai assodati, o ne hanno evidenziato i limiti e le storture rendendoli anacronismi senza significato?


       Tutti quanti abbiamo bisogno di essere sollecitati da date ed anniversari, in modo che, anche quello che sappiamo venga risvegliato e riportato alla nostra attenzione e consapevolezza. Il 40° anniversario della morte di Don Lorenzo Milani, e quindi del suo scritto più conosciuto, uscito ad una settimana dalla morte e forse anche per questo notato da un pubblico più vasto, ci offre l’occasione per richiamare alla nostra attenzione alcuni temi che, almeno per me, hanno costituito motivo fondante della scelta della professione di Irc, ma che credo siano stati patrimonio comune della mia generazione.
    Don_Lorenzo_Milani.jpg   Già questo mio incipit però, e le decadi ormai trascorse rischiano di trasformare questa mia riflessione in una querula lamentazione nostalgica dei tempi andati e della sana “obbedienza disobbediente” del sacerdote fiorentino. Gli anni trascorsi hanno trasformato le provocazioni del Priore di Barbiana in dati di fatto ormai assodati, o ne hanno evidenziato i limiti e le storture rendendoli anacronismi senza significato?
       “Un professorone disse: «Lei reverendo non ha studiato pedagogia. Polianski dice che lo sport per un ragazzo è una necessità fisiopsichica…». Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia all’università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline. Finalmente andò via e Lucio, che ha 36 mucche nella stalla, disse: «La scuola sarà sempre meglio della merda»… Tutta la vostra cultura è costruita così. Come se il mondo foste voi” (Cfr. La scuola di Barbiana, Lettera ad una professoressa, Ed. Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p.13).
       Ho inserito questa citazione come summa del pensiero di Don Lorenzo, del priore, come lo chiamavano i suoi ragazzi e come noi, in Toscana, amiamo ancora ricordarlo; un esempio della sua lotta per eliminare la disuguaglianza tra chi vive la sua fanciullezza in mezzo alle pecore in montagna ed il “pierino del dottore”, per cui tutta la vita è Cultura, approfondimento, riflessione, libri e genericamente “formazione” e preparazione alla vita.
       Proprio questa citazione ci fa misurare il tempo trascorso: nessuno più dei nostri bambini elude il diritto/dovere dell’obbligo scolastico; nessuno più nelle nostre cittadine, anche piccole, è costretto a vivere in pluriclassi che perpetuino le differenza di classe sociale attraverso una scuola di serie B; tutti sono ormai “pierini del dottore”, forniti di libri, occasioni di formazione e tempo e luoghi di studio. Nessuno più è costretto a “badare le pecore” o “pulire la stalla” invece di trascorrere la sua fanciullezza in occupazioni più adeguate. A guardare bene, la nostra scuola elementare poi, ha fatto sua la richiesta esplicita di Don Lorenzo: “primo: non bocciare!” (Ivi p. 81).
       Allora la sua proposta è entrata nella scuola italiana, le sue idee non ci provocano più, sono diventate o obsolete o inutili.
       Eppure, appena guardiamo sotto la superficie delle ben organizzate rappresentazioni del nostro lavoro, possiamo ancora intravedere diversità e disuguaglianze.
       “Vai a lavorare che non sei tagliato per lo studio!” Dicevano i genitori e anche la scuola ai bambini dei poveri; “Vai a scuola, prendi un diploma che oggi è indispen-sabile, altrimenti non sarai nessuno”. Tanto oggi la scuola è diventata così facile! Passano tutti! Dicono oggi i genitori. Nessuno che dica che la scuola, ancora oggi è un privilegio! Che a scuola si leggono le cose più belle del mondo; o perlomeno le cose migliori che l’intelletto umano ha prodotto. Nessuno che dica ai propri figli quanto ci si può divertire imparando, quanto sia bello poter comunicare e dialogare con gli altri sulla base di comuni conoscenze andando oltre il litigio della partita domenicale, o dello scontro ideologico. E neppure la scuola dice niente di diverso: oggi compito; lezione a casa in più per punizione; o studi o ti boccio! L’arma del ricatto come strumento di coercizione. Ma come? Catullo, Hegel, Amleto, Dante… strumenti di coercizione?
       E la poesia, l’amore, il dubbio, la ragione… tutto questo dove finisce?
       Diventa solo materiale da interrogazione, misurato sulla base di criteri perlomeno approssimativi, ma inderogabili ed assoluti quando, alla fine dell’anno, la media dei voti fa 5,25!!
       La scuola non è un privilegio per i nostri ragazzi, ma un male, una tassa da pagare come pedaggio per l’ingresso in società, acquisendo quel foglio che alcune leggi, è il pensiero dei più, hanno scritto nell’alto dei cieli come necessario e indispensabile, anche se ad esso non corrisponde quasi niente.
       E se sono pochi i genitori che insegnano ai loro figli il valore della conoscenza, anche tra le mura scolastiche la situazione non cambia. Anzi forse c’è solo una cosa che dai tempi di Don Milani è rimasta inesorabilmente la stessa:
       “Un imbecille di preside che entra in classe e dice: «Il provveditore ha concesso vacanza anche il 3 novembre», sente un urlo di gioia e ne sorride compiaciuto. Avete presentato la scuola come un male e dovevano riuscire ad amarla i ragazzi?” (Ivi p.67).
       A ben guardare quindi la differenza non sta tra i poveri e i ricchi, ma tra poveri di motivazioni, poveri di idee, “poveri nello spirito” e ricchi, sempre più scarsi di numero e  bistrattati dalla società.
       Se abbiamo dimenticato che alla proposta di non bocciare Don Lorenzo accoppiava la necessità di 12 ore giornaliere di scuola per poter affiancare a lungo un ragazzo in difficoltà, non ci siamo nemmeno posti il problema della sua terza richiesta: “cercasi un fine. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null’altro che d’essere uomo. Cioè che vada bene per credenti ed atei…il fine giusto è dedicarci al prossimo!”
       La nostra scuola è alla ricerca della laicità e pensa di poter realizzare questo cercando ancora di escludere l’Irc dal curricolo; è alla ricerca delle pari opportunità ed investe soldi in corsi di recupero che permettano di riequilibrare quelle disuguaglianze che essa stessa ha creato; e vi investe, nel tentativo di evitare i ricorsi di insegnanti troppo sindacalisti dei propri figli, fondi sottratti al lavoro ordinario, alle supplenze brevi e, quindi, ai corsi di aggiornamento, alla ricerca personale, all’impegno individuale.
       Sono consapevole che ho appena tracciato un quadro estremamente pessimistico, e sicuramente par-ziale, della scuola italiana; sono consapevole che esistono nella no-stra penisola situazioni ben diverse.
       Ma siamo ancora convinti che le idee e le provocazioni di Don Milani debbano essere messe in pensione?


    Luigi Cioni


    Snadir – martedì 15 gennaio 2008 

  • Come perdersi nel “Dedalus” dei sondaggi

          Come perdersi nel “Dedalusdei sondaggi


          


         


       E’ con rammarico che prendiamo atto del rispondere di “Dedalus” (http://www.scuolaoggi.org)  alle nostre argomentazioni (vedi “Dedalus nel labirinto della cultura laicista”) con dei meri sondaggi che hanno, peraltro, la forma e il contenuto di una chiara operazione di propaganda che non rende giustizia all’importanza dei temi oggetto della riflessione. Ciò detto, è evidente che non era stata considerata da “ScuolaOggi” l’eventualità che tali sondaggi, per quanto strumentalmente impostati, potessero avere un esito difforme dalle loro posizioni.


          Una maggioranza schiacciante dei votanti – utenti peraltro di un sito “progressista”, per lo più laici per formazione e cultura – ha affermato la propria contrarietà – con circa i due terzi dei voti – alla riapertura del dibattito sull’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica nonché – con oltre i due terzi dei voti – la propria contrarietà ad un eventuale sostituzione di tale insegnamento con uno di storia delle religioni. Da ciò è nata una miope operazione da parte di “Dedalus” di discredito della loro stessa utenza (e degli estremi di rilevanza dei sondaggi da loro stessi organizzati). In modo alquanto fumoso e arbitrario i votanti vengono da “Dedalus” suddivisi in tre categorie: la prima, sostenitrice – in quanto cattolica – dello status quo concordatario; la seconda, oggetto dei vostri strali, laica ma “obnubilata e assuefatta dalla propaganda vaticanista”; la terza, infine, quella di chi ha votato “sì ”, sarebbe quella dei veri paladini della laicità dello Stato. Nella sostanza la pochezza delle arruffate argomentazioni addotte non tiene conto di un dato di affermata evidenza.  L’insegnamento della religione cattolica è ormai un fatto culturale consolidato nella coscienza collettiva del nostro Paese. Esso, ed è stato detto innumerevoli volte, configurandosi non come catechesi, si caratterizza per una indagine e una ricognizione storico-religiosa di elementi culturali che caratterizzano in maniera imprescindibile la storia culturale del Paese. È per questa ragione che il mondo laico, credente o non credente, ben lungi dall’essere assuefatto alla “propaganda vaticanista”, si schiera nella sua maggioranza a favore del mantenimento dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica e non ritiene utile né necessario riaprire un dibattito in merito. Andrebbe, invece, aperto un dibattito sulle pari opportunità da garantire a tutti gli studenti, anche a quelli che non si avvalgono dell’insegnamento della religione. A questi deve essere garantito un percorso formativo di pari dignità, impartito da insegnanti qualificati che permetta loro di non rimanere nella ignoranza religiosa.


       Per quanto concerne, in conclusione, la supposta non rispondenza del regime concordatario ai principi fondamentali della Costituzione, non trova riscontro nella dottrina della maggioranza dei giuristi contemporanei e di quelli che materialmente “costruirono” la Carta costituzionale, di ogni tendenza politica. Infatti la stessa Corte Costituzionale ha ribadito con forza che l’insegnamento della religione cattolica è legittimamente inserito nel quadro delle finalità della scuola.


     


    Alessandro Volpato


     


     



     


    N.B. Chiunque volesse ancora votare può farlo cliccando la preferenza nella homepage in basso a destra; ATTENZIONE qualche volta capita che la visione del sondaggio NON permette successivamente di votare.

  • LO SNADIR A RAITRE. Le Storie diario italiano

    LO SNADIR A RAITRE


     


       Nell’ambito della “querelle” sull’insegnamento della religione, il Prof. Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, è stato invitato dal giornalista Corrado Augias ad intervenire alla trasmissione “Le Storie diario italiano“, che andrà in onda in diretta su Raitre il 5 dicembre prossimo alle 12,45. Tema dell’intervista  – ovviamente sull’IRC e sullo status dei docenti di religione.


    La Redazione


    Snadir – venerdì 30 novembre 2007


     

  • “SCUOLE SICURE PER TUTTE LE BAMBINE” e “APPELLO AL GOVERNO ITALIANO PER RATIFICARE LA CONVENZIONE EUROPEA SULLA TRATTA”

    “SCUOLE SICURE PER TUTTE LE BAMBINE”   e “APPELLO AL GOVERNO ITALIANO PER RATIFICARE LA CONVENZIONE EUROPEA SULLA TRATTA”


     


       Il 25 novembre 2007 è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Due sono le iniziative di Amnesty International:  “SCUOLE SICURE PER TUTTE LE BAMBINE”   e un “APPELLO AL GOVERNO ITALIANO PER RATIFICARE LA CONVENZIONE EUROPEA SULLA TRATTA”.


       Lo Snadir dà il proprio pieno consenso a dette iniziative, sottolineando l’urgenza di esprimere impegno per una problematica che sollecita le coscienze civili a mobilitarsi contro ogni forma di violenza e ogni forma di offesa dei diritti e della dignità delle bambine, da una parte,  e contro qualunque  forma di tratta di esseri umani, dall’altra.


       E’ importante che si alzino quante più voci possibili perché non si resti insensibili nei confronti della crescita di fenomeni di sfruttamento, commercio di organi, di servitù e schiavitù, di lavoro forzato e di tante altre espressioni che offendono tutti e non devono lasciare indifferente nessuno.


       Per questo lo Snadir fa sentire la propria voce, attraverso una lettera del suo Segretario nazionale, prof. Orazio RUSCICA, inviata all’onorevole Barbara POLLASTRINI, ministra dei diritti e delle pari opportunità, per sollecitare il governo italiano ad approvare un disegno di legge che ratifichi la convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta di esseri umani.


       Pertanto, lo Snadir invita tutti gli insegnanti della scuola italiana ad informarsi sull’iniziativa e ad aprire la propria coscienza e a dare la propria disponibilità a rispondere all’urgente appello di Amnesty Inernational.


    La segreteria nazionale dello Snadir


    Snadir – venerdì 23 novembre 2007