Categoria: Scuola e Società

  • Scatti di anzianità, proclamato lo stato di agitazione

    Scatti di anzianità, proclamato lo stato di agitazione

     

    La Federazione Gilda-Unams, insieme con Cisl Scuola, Snals Confsal e Uil Scuola, ha  proclamato lo stato di agitazione del personale appartenente al Comparto dei lavoratori della scuola.

    Talestato di agitazione è motivato dalla mancata emanazione dell´atto di indirizzo all´Aran, utile all’individuazione per via negoziale delle risorse aggiuntive a quelle già certificate; il tutto per il recupero delle somme congelate nell´anno 2011 e l´attribuzione delle posizioni stipendiali previste dal vigente CCNL.

    Va ricordato l´impegno del ministro Profumo, nel giugno scorso, ad emanare l´atto di indirizzo in attuazione di quanto previsto dalla legislazione vigente, ma i sindacati sono ancora in attesa di essere convocati.

    La Federazione Gilda-Unams ritiene dunque che, per ottenere il pagamento degli scatti di anzianità più volte promessi dal governo, occorra a questo punto agire con forza, attuando, se necessario, la modalità dello sciopero.


    Snadir – Professione i.r. – 4 ottobre 2012
  • Egregio Ministro Profumo, l’insegnamento della religione è adeguato, è l’uscita anticipata da scuola ad essere inadeguata

    Egregio Ministro Profumo, l’insegnamento della religione è adeguato,  è l’uscita anticipata da scuola ad essere inadeguata

     
    «Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica», ha spiegato in questi termini il suo pensiero sul tema “Dove è finita l’Europa della conoscenza?" intervenendo alla festa di Sinistra, ecologia e libertà venerdì 21 settembre scorso.
    Certo comprendiamo bene che voleva ingraziarsi la platea; e quale miglior argomento se non quello dell’insegnamento della religione cattolica (in genere viene usato dai giornalisti a corto di notizie nel periodo di ferragosto).
    Ricordiamo al Ministro che l’insegnamento della religione cattolica è nelle scuole perché  la Repubblica italiana riconosce il valore della cultura religiosa e perché i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano (art. 9, comma 2 della legge 121/1985) ed è impartito nelle istituzioni scolastiche secondo le finalità della scuola (sent. Corte Costituzionale n.203/1989). Le motivazioni sono quindi squisitamente storiche e culturali e obbligano ogni docente ad adottare, come tutti gli insegnamenti scolastici, le metodologie, la modalità di studio, di interpretazione e di ricerca tipiche della scuola.
    Il Ministro  saprà certamente che l’attuale insegnamento della religione cattolica  offre agli studenti “contenuti  e  strumenti  per  una  riflessione  sistematica sulla  complessità dell’esistenza umana nel  confronto aperto fra  cristianesimo  e  altre  religioni,  fra  cristianesimo  e  altri  sistemi  di significato (…) promuove tra gli studenti la partecipazione ad  un dialogo autentico e  costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di  giustizia e di pace” (Intesa tra il Ministro Profumo e il Card. Bagnasco – 28 giugno 2012)
    Certo il Ministro è preoccupato  per  le altre culture e religioni presenti sul nostro territorio e degli studenti che non scelgono l’insegnamento della religione cattolica, ma la soluzione non è cambiare l’attuale insegnamento della religione a scuola con un insegnamento  che offra – come ha affermato il Ministro – un panorama più ampio.
    Il Ministro  sappia che nella scuola italiana i suoi docenti di religione danno ad ogni studente l’opportunità di incontrare culturalmente testi, documenti, tradizioni, testimonianze e contenuti che costituiscono l’universo religioso. Diciamo che senza la frequenza dell’insegnamento della religione, gli studenti si priverebbero di una alfabetizzazione religiosa culturalmente qualificata. Se abbiamo, quindi,  a cuore la formazione alla pace e al dialogo dei nostri studenti, non possiamo abbandonarli all’ignoranza religiosa.
    Il problema non è l’attuale insegnamento della religione cattolica, che offre un insegnamento altamente qualificato e  svolto da docenti con una formazione di livello universitario, bisogna invece preoccuparsi di offrire anche agli studenti che non si avvalgono un insegnamento altrettanto qualificato.
    Insomma, Ministro Profumo,  forse sarebbe opportuno preoccuparsi di quella falsa alternativa all’insegnamento della religione  che si è tradotta in una “mostruosa negazione della didattica”: l’uscita anticipata da scuola.
     
    Orazio Ruscica
    Snadir – Professione i.r. 23 settembre 2012
  • Il Ministro Patroni Griffi convoca le Organizzazioni sindacali per il pubblico impiego e poi non si presenta

     Il Ministro Patroni Griffi convoca le Organizzazioni sindacali per il pubblico impiego e poi non si presenta

     
    Prevista per stamattina, 25 luglio ,  alle ore 11, la riunione tra le confederazioni sindacali e il Ministro della funzione pubblica  Patroni Griffi per affrontare le questioni inerenti il pubblico impiego. Il Ministro, però, ha pensato bene di non presentarsi all’incontro e di partecipare invece –  in Commissione bilancio del Senato –  alla votazione del decreto sulla spending review.
    L’assenza del Ministro evidenzia in modo inequivocabile un atteggiamento irrispettoso nei confronti delle organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori del pubblico impiego, nonché la determinazione  di vanificare l’intesa del 3 maggio scorso, sottoscritta dal Ministro e dalle parti sociali.
    Tutte le organizzazioni sindacali (compreso i rappresentanti della Confederazione Gilda-Unams) hanno espresso la loro disponibilità ad aggiornare la riunione nel pomeriggio di oggi o a domani. Ma il Ministro ha fatto sapere di non avere tempo  e ha ipotizzato di aggiornare l’incontro a lunedì prossimo ( probabilmente perché per allora  la spending rewiew sarà già stata votata): una  “disponibilità” evidentemente forzata  che esprime una volta di più  il dispregio nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori.
    Non può che essere negativo il nostro giudizio nei confronti di questo Governo che a parole  dichiara disponibilità a discutere, ma poi agisce decidendo  di finanziare le banche e  riducendo la spesa per i lavoratori del pubblico impiego: il tutto senza dare il minimo conto alle parti sociali.
     
    Orazio Ruscica
     
    Snadir – Professione i.r. – 25 luglio 2012
  • Il nuovo fondo salva stati dell’Euro zona annienta la libertà e la democrazia. La sovranità nazionale sarà ceduta a chi comprerà il debito di ogni Stato

     Il nuovo fondo salva stati dell’Euro zona annienta la libertà e la democrazia

    La sovranità nazionale sarà ceduta a chi comprerà il debito di ogni Stato

     
    L’11 luglio 2011 il precedente Governo ha firmato il Trattato denominato ESM (European Stability Mechanism), ovvero il Meccanismo di stabilità europea (MES). L’attuale Governo ne ha firmato il 2 febbraio scorso una nuova versione. Nessuna variazione di rilievo rispetto al testo dell’11 luglio 2011.
    L’ESM è una organizzazione finanziaria internazionale di chiara impronta privatistica che ha il compito di offrire assistenza finanziaria ai Paesi della Unione Europea che si trovassero in difficoltà economica (vedi Grecia, Portogallo, Spagna, Italia).
    Faranno parte di questa istituzione finanziaria internazionale privatistica, in qualità di soci (sic!), i Paesi aderenti all’euro (ma è prevista anche la possibilità di aprire l’ESM anche ai Paesi non aderenti). Le quote dei 17 Paesi dell’unione europea dovranno raggiungere la cifra di 700.000.000.000 di euro; la Germania dovrà sborsarne 190.024.800.000, la Francia 142.701.300.000 e l’Italia 125.395.900.000. Immediatamente i Paesi membri ne verseranno 80.000.000.000 e il resto di 620.000.000.000 in forma di garanzia di “Capitale richiamabile”; la Germania circa 22 miliardi di euro, la Francia circa 17 miliardi di euro e l’Italia circa 15 miliardi di euro.
     Ci piacerebbe sapere dai “Tecnici di governo” come e dove rastrelleranno questi  15 miliardi di euro.
     Nel frattempo, le prime rate riguardanti i versamenti del 2012 saranno pagate "a debito", cioè mediante l’emissione di altro debito pubblico. Ma questi sono dettagli che Monti non ama pubblicizzare; magari al momento opportuno ci sommergerà di ulteriori debiti. Infatti, qualora lo Stato membro non dovesse riuscire – nell’arco di tempo di circa 15 giorni dall’entrata in vigore del trattato – a versare la quota prevista, sarà “punito” con la sospensione del diritto di voto nell’EMS e saranno attivate nei suoi confronti sanzioni di natura economica, magari costringendo il Paese membro a pagare il proprio debito con pagamenti diversi da quelli strettamente  economici (il patrimonio pubblico?)
    Ancora: Il paese che intenderà  ottenere un prestito dall’ESM  dovrà  sottostare a "rigorose condizionalità" che potrebbero tradursi in politiche di austerità (riduzione delle pensioni, licenziamento dei dipendenti pubblici, ecc…) così come sta avvenendo in Grecia con gli "aiuti" della Troika (FMI, BCE, UE).
    L’EMS, inoltre,  potrà rivolgersi al mercato finanziario "esterno" per soddisfare le richieste di prestito. E se l’EMS avrà bisogno di recuperare denaro da investitori internazionali (ad esempio Cina, Goldman Sach,…), questi avranno il diritto di commissariare lo Stato che ha chiesto il prestito. Insomma, la Cina o la Goldman Sach potrà approvare o respingere ogni delibera del Parlamento.
    Quali sono quindi i rischi dell’EMS? Annientamento della democrazia, debito consegnato per sempre ai grandi speculatori. Infatti, una volta firmato il trattato, nessuno Stato potrà mai  riscattarsi, né uscire da questo meccanismo perverso. Consegnerà per sempre le chiavi della propria democrazia ad una organizzazione economica privata che nessuno potrà mai chiamare in giudizio e che a nessuno farà mai visionare i propri documenti.
    La fine di ogni democrazia è alle porte. Occorre soltanto riflettere sul caso in cui la Cina comprasse il debito della Grecia, della Spagna e dell’Italia. Queste non potranno più deliberare autonomamente, sarà sempre necessario che qualunque loro delibera sia approvata dalla Cina, che – come sappiamo –  è un esempio di “libertà” e “democrazia”: infatti è risaputo da tutti che in Cina le notizie che possono “disturbare” il governo sono censurate (vedi Google e tutti i blog che vengono oscurati per contenuti “delicati”) e che i diritti umani sono sistematicamente violati. Ricordiamo che l’aver presentato una petizione al Governo cinese per chiedere giustizia è motivo per il cittadino cinese di essere messo nei campi di lavoro (laojiao) senza alcun processo. Anche la partecipazione «a funzioni o eventi religiosi implica "gravi violazioni alla disciplina politica e alla stabilità del lavoro" e "punizioni severe" per i colpevoli».  Non dimentichiamo, infine, che l’unica chiesa cattolica riconosciuta dal governo cinese è l’«Associazione patriottica cattolica cinese». L’attività svolta al di fuori di questa associazione è considerata attività sovversiva. 
    Il trattato deve ancora essere ratificato dal Parlamento ed è attualmente in discussione al Senato (ddl 2914), anche se stampa e istituzioni non ne danno notizia. Ma bloccare il Fondo Salva Stati è ancora possibile? Certamente sì. Contro il MES (l’ESM) è stata predisposta una iniziativa, alla quale chiunque può aderire: sul sito www.crisiesoluzioni.it  troverete documentazione (volantino informativo, dossier, articoli e bozze mozioni) utile per approfondire la questione e aderire alla mobilitazione sociale per la difesa della libertà e democrazia.


    Orazio Ruscica

    Snadir – Professione i.r. – 01 giugno 2012

     

  • Barbaro attentato contro gli studenti che guardano la legalità in faccia

    Barbaro attentato contro gli studenti che guardano la legalità in faccia
    Esprimiamo profondo dolore per la vita spezzata della studentessa Melissa nel vile e infame attentato davanti all’istituto professionale Morvillo-Falcone di Brindisi. Siamo vicini alle famiglie di tutti gli studenti che hanno subito il barbaro atto terroristico.
    La scelta di colpire la scuola e gli studenti mostra la violenta preoccupazione di coloro che vogliono colpire al cuore i luoghi dove – attraverso  la costruzione di un pensiero libero e rispettoso della legalità – si previene con forza e determinazione il comportamento che favorisce le mafie, il terrorismo e l’attività criminale.
    Le istituzioni scolastiche, gli studenti, gli insegnanti e la società civile continueranno a lavorare con i magistrati e con le forze dell’ordine affinché ogni uomo possa con orgoglio “guardare la legalità in faccia”.
     
    Orazio Ruscica
    Snadir – Professione i.r. – 19 maggio 2012
  • Riforma dell’art.18: il vero obiettivo è licenziare i dipendenti pubblici

     Riforma dell’art.18: il vero obiettivo è licenziare i dipendenti pubblici

     

     
    Mario Monti ed Elsa Fornero hanno presentato (4 aprile 2012) le novita’ del ddl sulla riforma del lavoro; come al solito,  nel documento mancano  la data e la copertura economica (che volete, queste cose sono quisquilie!).
    In sintesi, il giudice potrà  – in caso di licenziamento senza giusta causa del lavoratore – optare per l’indennizzo oppure per  il reintegro. Anche in caso di licenziamento per motivi economici il datore di lavoro dovrà dimostrare che la decisione assunta non sia palesemente infondata. Insomma, se il posto di lavoro non è stato soppresso, si ha la “manifesta insussistenza” e quindi il reintegro.
    Fin qui tutto bene. Rimangono però delle situazioni poco chiare che consentiranno ulteriori possibilità di licenziamento: il caso in cui il Giudice – non riscontrando la “manifesta insussistenza” ed  avendo accertato il licenziamento senza giustificato motivo- approvi  soltanto l’indennizzo (max 24 mensilità) senza reintegro .
    Secondo il premier tecnico, Mario Monti, l’obiettivo della riforma del lavoro è la "riduzione permanente del tasso di disoccupazione". La ministra Fornero ha poi precisato che "tutte le economie con basso tasso di disoccupazione hanno flussi in entrata e in uscita più rilevanti". Poi Mario Monti ha anche affermato che “è una riforma importante, difficile da capire e da spiegare”. Insomma, ci troviamo di fronte ad un premier tecnico che non sa spiegare la sua riforma.
    Risulta abbastanza evidente però che  secondo entrambi  i tecnici la disoccupazione si elimina introducendo la possibilita’ di licenziare con grande facilità e di assumere con altrettanta fattibilità. Insomma, una genialità tecnica di rilievo.
    Una riforma del lavoro – quindi –  che in pratica lascia quasi invariata la situazione precedente per il settore privato . Molto rumore per nulla?  Assolutamente no! Perché per il settore pubblico, invece, il tecnico governo con una serie di equivoci e inganni ha portato a termine l’opera di demolizione dell’articolo 18.
    Infatti, all’art. 2 del ddl sulla riforma del lavoro si legge testualmente: “Le disposizioni della presente legge (…) costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. E prosegue il testo: “A tal fine il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche”.
    E’ bene ricordare che ai sensi del Dlgs 165/2001 “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative
    Se teniamo presente che direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, ha affermato che “dovremmo porci anche la prospettiva dei tagli nel pubblico impiego[1]. E’ chiaro che coloro che dovranno temere per il proprio posto saranno i lavoratori del Pubblico impiego.
    Infatti, secondo la nuova formulazione, il licenziamento è legittimo ed è  possibile se la mansione soppressa  viene ridistribuita tra i dipendenti rimasti. L’Amministrazione pubblica (datore di lavoro) potrà, quindi, licenziare per motivi economici; sarà sufficiente riassegnare la funzione eliminata agli altri dipendenti (vedi gli uffici che da anni sono sottodimensionati).
    Quindi è del tutto evidente che Mario Monti e la Fornero preparano l’Italia ai licenziamenti nella pubblica amministrazione. Insomma la precarizzazione dei lavoratori della pubblica amministrazione è stata avviata; la possibilità di licenziare i lavoratori della scuola è una drammatica situazione che si palesa all’orizzonte.
    Noi siamo certi che la disoccupazione può essere eliminata soltanto creando nuovi posti di lavoro, intervenendo con apposite  norme per eliminare con decisione la corruzione e l’evasione fiscale, per contrastare con azioni efficaci le mafie, mettendo gli speculatori finanziari nelle condizioni di non nuocere all’economia reale.
    Occorre recuperare, riavvicinare l’economia e l’etica, perché,  come afferma Amartya Sen,  “la natura dell’economia moderna ha subito un sostanziale impoverimento a causa della distanza venutasi a creare tra l’economia e l’etica[2]
    Fondamentale per uno Stato democratico è mettere assieme etica ed economia tramite una azione politica che tenga ben presente che “fine dello stato è il vivere bene[3]
    Questo tecnico governo invece predilige un approccio semplicistico alle questioni economiche: tagli di posti di lavoro nella pubblica amministrazione, retribuzioni più basse, facilità di licenziare.
    Desideriamo che  finalmente la Politica, sottoposta al giudizio democratico dei cittadini, recuperi il suo impegno primario, riprenda la barra del Governo per assicurare ad ogni uomo la possibilità di vivere bene.
     
    Orazio Ruscica
     

    [1] La trasmissione “Omnibus” di La7- 3 gennaio 2012
    [2] Amartya Sen, Etica ed economia, Editori Laterza, 2010, pag.14
    [3] Aristotele, Politica, 1240b, 40
     
    Snadir – Professione i.r. – 6 aprile 2012 
  • DICHIARARE DI ESSERE UN “PARTIGIANO DELLA COSTITUZIONE” E’ RIPROVEVOLE?

    DICHIARARE DI ESSERE UN “PARTIGIANO DELLA COSTITUZIONE” E’ RIPROVEVOLE?
    “Inopportuno” è casomai  l’atteggiamento di chi sottopone la Costituzione a continui insidiosi attacchi
     
    Ancora strascichi nella sterile polemica montata attorno ad alcune dichiarazioni del procuratore della direzione distrettuale antimafia di Palermo Antonio Ingroia; il magistrato, il 30 ottobre scorso, partecipando ad un convegno del Partito dei comunisti italiani, si era definito “un partigiano della costituzione”, scatenando un coro di critiche da parte della maggioranza. La competente commissione del Csm il 25 gennaio scorso aveva giudicato “inopportuno, ma non sanzionabile” l’intervento di cui sopra, rinviando gli atti addirittura alla commissione che si occupa delle valutazioni sulla professionalità dei magistrati; quest’ultima in data odierna ha archiviato il fascicolo relativo alla partecipazione del procuratore Antonio Ingroia al convegno, ma  ha comunque   ammonito  il magistrato   per il suo intervento giudicandolo "inopportuno".
    Rispettiamo certamente la decisione del Csm, peraltro assunta  a maggioranza, ma prendiamo anche atto che il Consiglio ha espresso una opinione negativa nei confronti di un uomo che mette al primo posto il compimento del proprio dovere fino in fondo, che rischia ogni giorno la propria vita in difesa dei valori della democrazia e della legalità, così come insegnatogli dal suo maestro Paolo Borsellino.
    Ingroia, affermando chiaramente il suo personale obbligo di assoluta imparzialità nell’esercizio quotidiano delle proprie funzioni e definendosi “partigiano della Costituzione”, non ha fatto altro che riaffermare il giuramento di fedeltà che ogni magistrato deve prestare alla Repubblica e alla legge.
    In questo contesto sociale così fluido, dove la visione cattolica presente nella Costituzione è sottoposta ad attacchi insidiosi che si diffondono in modo generalizzato, occorre schierarsi con forza e determinazione dalla parte di chi con abnegazione La difende ogni giorno. Anche noi cattolici  non possiamo non essere partigiani della Costituzione.
    Orazio Ruscica

    Snadir – Professione i.r. – 15 febbraio 2012

  • E’ la corruzione che frena l’Italia, non l’art. 18!

    E’ la corruzione che frena l’Italia, non l’art. 18!

    Se Monti vuole davvero mettere in moto il volano dell’economia, smetta di discutere, sprecando tempo prezioso ed esasperando i lavoratori sull’articolo 18: intervenga invece per approvare leggi efficaci che combattano la corruzione, il clientelismo, l’evasione fiscale, le mafie
     
    Ci risiamo. Dopo aver detto che il posto fisso è “ monotono” – per poi rettificare che il concetto era stato frainteso – adesso Monti dichiara che il posto fisso e le sue tutele “scoraggiano gli investimenti stranieri” e che gli sfugge "completamente quale potrebbe essere la ragione di un intento da parte del governo di esasperare ….in una materia importante, sensibile, socialmente cruciale come il mercato del lavoro". Il Ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri, poi, ha precisato che “noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di mamma e papà”. Ricordiamo che precedentemente il Ministro del welfare, Elsa Fornero aveva dichiarato che “bisogna spalmare le tutele su tutti, non promettere il posto fisso che non si può dare”. Lasciamo da parte le dichiarazioni dei due ministri, anche perché ognuna di loro si è poi affrettata a rettificare il proprio pensiero, la prima affermando che la sua è stata una battuta infelice e la seconda precisando che la propria figlia non ha due, ma un solo posto fisso, retribuito dall’ateneo in cui lavora.
    Soffermiamoci, dunque, sulle dichiarazioni di Mario Monti che ha platealmente affermato che la colpa dei mancati investimenti stranieri in Italia è riconducibile al fatto che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (vedi L’ART. 18 E LA “MONOTONIA” DEL POSTO FISSO) non permette di licenziare facilmente. Insomma, secondo Monti, aboliamo le tutele lavorative, così “senza giusta causa[1] o giustificato motivo[2]” il datore di lavoro potrà licenziare qualsiasi lavoratore e gli investitori stranieri, come per incanto, verranno in Italia a investire fior fiore di miliardi di euro. Davvero l’uovo di Colombo! Nessuno mai ci aveva pensato, neppure la Corte dei Conti.
    Sì, perché la Corte dei Conti, invece, si ostina ogni anno a denunciare che il “fenomeno” della corruzione è un freno allo sviluppo dell’economia italiana; infatti secondo la Corte la corruzione e il clientelismo costano tra i 50 e i 60 miliardi l’anno (l’equivalente dei 62.919 miliardi di euro della manovra Monti per il triennio 2012/2014), cioè costa ad ogni cittadino italiano circa 850/1.000 euro l’anno. Ergo: non solo il costo della corruzione e del clientelismo pesa sull’economia ma gli investitori stranieri si tengono alla larga dai Paesi dove la corruzione dilaga[3]. A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che se ogni anno i fondi statali vengono sperperati per la corruzione e il clientelismo, è ovvio che il Governo per far quadrare i conti deve tagliare voci importati di spesa pubblica, come ad esempio la quota per la pubblica istruzione[4].
    La Procura generale della magistratura contabile ritiene che aver dimezzato i tempi di prescrizione per il reato di corruzione da 15 a 7 anni con la legge Cirelli ha avuto come risultato che “molti dei relativi processi si estingueranno poco prima della sentenza finale, sebbene preceduta da una o due sentenze di condanna e con conseguenze ostative per l’esercizio dell’azione contabile sul danno all’immagine”. Inoltre non bisogna dimenticare che la depenalizzazione del falso in bilancio favorisce la creazione di fondi neri, cioè denaro su cui nessuno paga le tasse, utilizzati per attuare azioni di corruttela.
    Certamente alla corruzione, al dimezzamento dei tempi di prescrizione del predetto reato e alla depenalizzaione del falso in bilancio, occorre aggiungere le mafie con le loro  “infiltrazioni nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni che hanno azzoppato, forse irrimediabilmente, la nostra economia[5].
    Quindi, non è l’articolo 18 che frena l’economia e neppure i mancati investimenti stranieri in Italia, ma la corruzione, il clientelismo, l’evasione fiscale , le mafie. Se Monti vuole davvero mettere in moto il volano dell’economia, smetta di discutere, sprecando tempo prezioso ed esasperando i lavoratori sull’articolo 18: intervenga invece per approvare leggi efficaci che combattano ciò che frena veramente la ripresa economica.
    Orazio Ruscica
     
     

     


    [1]  Ad esempio, le violenze o le minacce nei confronti dei colleghi o dei superiori, il furto, il danneggiamento doloso degli impianti aziendali
    [2] Ad esempio, ritardi sistematici nel presentarsi al lavoro oppure la violazione del segreto d’ufficio
    [3] Transparency International pubblica ogni anno la Corruption Perception Index, cioè l’Indice di Percezione della Corruzione, in cui 183 Paesi del Mondo sono classificati a seconda del loro livello di corruzione. L’Italia ha ottenuto anche quest’anno una valutazione molto negativa, identica a quella dell’anno passato, di 3,9 su 10 collocandosi al 69° posto su 183 e al quartultimo posto in Europa, davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria.
    [4] Trasparency International. Gli indici di corruzione e la loro relazione con gli Investimenti Stranieri Diretti (FDI) – di Carnevali Virginiohttp://www.transparency.it/upload_doc/Indici_e_FDI.pdf
    [5]  Benny Calasanzio, Mafia Spa. Gli affari della più grande impresa italiana, Editori Riuniti, 2011 
     
    Snadir – Professione i.r. – 08 febbraio 2012
  • L’ART. 18 E LA “MONOTONIA” DEL POSTO FISSO. La paranoia del potere si acutizza, generando ingiustizie sociali e povertà endemica

    L’ART. 18 E LA “MONOTONIA” DEL POSTO FISSO
    La paranoia del potere si acutizza, generando ingiustizie sociali e povertà endemica
     
    Ecco di nuovo l’assalto all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Ricordiamo brevemente che il predetto articolo stabilisce che il datore di lavoro non può procedere al licenziamento del lavoratore “senza giusta causa[1] o giustificato motivo[2]”; diversamente il Giudice annulla il licenziamento , ordina al datore di lavoro di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e lo condanna al risarcimento del danno. Tale norma dello statuto si applica alle aziende con non meno di 15 dipendenti per ogni unità produttiva autonoma. Invece in quelle con meno di 15 dipendenti, qualora il datore di lavoro proceda ad un licenziamento “senza giusta causa o giustificato motivo”, il Giudice lo condanna soltanto ad un risarcimento del danno, consistente al pagamento di una indennità pari ad alcuni mesi di stipendio (art. 8 legge 604/66).
    Oggi l’attuale Governo –  e ieri il precedente –  ha proposto di fatto l’abolizione dell’art. 18, cioè licenziamenti più facili. L’ex Ministro Sacconi ci aveva in certo modo “rassicurati” sul fatto che – salvaguardando il divieto di schiavitù (!) –  bisognava intervenire per ridimensionare  le tutele a coloro che già hanno un posto di lavoro. L’attuale Ministro Monti,  ma prima di lui anche la Fornero, ha dichiarato che ”L’art. 18 non è un tabù” e che esso  “può essere pernicioso per lo sviluppo dell’Italia”. Secondo Mario Monti l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ha determinato “un terribile apartheid nel mercato del lavoro tra chi è già dentro e chi, giovane, fa fatica ad entrare”. Insomma, a detta del primo ministro  l’ostacolo all’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani è il fatto che il proprio genitore abbia un contratto a tempo indeterminato che lo tuteli dai facili licenziamenti; se invece, sempre secondo Monti, rendiamo tutti i lavori precari, se introduciamo una instabilità lavorativa, se precarizziamo tutta la vita lavorativa, allora sarà più facile per i giovani  avere un posto di lavoro.  In poche parole, licenziare il genitore per assumere il figlio. Ma questo è quello che vogliamo? O non vogliamo piuttosto che entrambi, genitori e figli, abbiamo un posto di lavoro dignitoso?
    Anche il furbo suggerimento di dare a tutti il contratto a tempo indeterminato, ma più flessibile, è uno specchietto per le allodole. Per essere chiari. E’ come se noi docenti di religione avessimo avuto lo stato giuridico senza l’art. 4, comma 3 legge 186/2003,  cioè senza la tutela del mantenimento del posto di lavoro anche in caso di revoca dell’idoneità[3]. Di fronte a uno stato giuridico del genere tutti noi avremmo detto: state cambiando la tipologia di contratto, ma noi rimaniamo sempre nelle stessa condizione precaria di prima. Avremmo detto – arrabbiandoci non poco – : è una presa in giro!
    Le idee neoliberiste di Monti e della Fornero ( e prima ancora di Sacconi) sono proposte che di fatto generano ingiustizie sociali e povertà endemica. Occorre invece allargare le tutele per tutti i lavoratori e creare le condizioni perché si creino nuovi posti di lavoro.
    Sulla questione dell’abrogazione dell’art. 18 per ben due volte – nel 2000 e nel 2003 – il popolo sovrano si è espresso a favore dell’attuale sistema.
    Affermare – poi – che “il posto fisso è monotono”  e che i giovani devono “abituarsi all’idea di non avere più il posto fisso a vita” è un’altra banalità neoliberale come quella che afferma che ci sarà “una crescita infinita in un mondo finito”.
    Anche qui la soluzione è un’altra: creare e mantenere nuovi posti di lavoro dignitosi per la persona umana, non licenziare nessuno, sostenere l’economia reale, incentivare l’attivazione e fornire sostegno al reddito dei lavoratori. Poi, magari, se avanzano posti (sic!) oppure si rendono disponibili posti di lavoro meglio retribuiti li mettiamo a disposizione per coloro che vogliono cambiare attività lavorativa perché hanno deciso liberamente di mettersi in gioco e accettare le sfide, magari assicurando a tutti i concorrenti una corretta di valutazione al riparo di Propagande facili.
    Questi ragionamenti fin qui fatti toccano i dipendenti pubblici? A tutt’oggi dall’art. 52 dpr n. 29/1993 si ricava la regola per cui ai dipendenti pubblici si applica sempre e soltanto la tutela di reintegra dell’art. 18; quindi l’eventuale abrogazione del suddetto articolo avrebbe conseguenze negative anche per i dipendenti della pubblica amministrazione.
    Non bisogna dimenticare che il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, ha affermato che “dovremmo porci anche la prospettiva dei tagli nel pubblico impiego»[4]. E’ chiaro quindi che dopo il blocco del turn over, quello delle retribuzioni dal 2009 al 2014, nonché il fatto che  120.000 precari della scuola non hanno visto rinnovato il loro contratto di lavoro, si vuole intervenire per precarizzare il lavoratori della Pubblica amministrazione.
    Condividiamo appieno la dichiarazione di Pier Carniti: “L’art. 18 non c’entra assolutamente nulla col ridare impulso all’occupazione. E’ puro delirio, paranoia di alcuni politici e imprenditori che a tratti si acutizza[5]
     Occorre che la politica dia il buon esempio, condividendo con tutti i lavoratori le difficoltà economiche, magari rinunciando ai vitalizi e tagliando gli stipendi dei parlamentari (anche dei deputati regionali, presidenti regionali e provinciali, sindaci, consiglieri, ecc…) del 50%; e se riterranno insufficienti  7.000/8.000 euro al mese, allora potranno sempre rimettere il proprio mandato: saranno sostituiti da altri cittadini che saranno onorati di svolgere l’attività parlamentare con questo stipendio. Anche perché sarebbe davvero utile che anche loro incominciassero a sentire “l’ebbrezza” per un nuovo lavoro ; come dice Monti:  “è monotono avere sempre lo stesso posto fisso”.
     
    Orazio Ruscica



    [1]  Ad esempio, le violenze o le minacce nei confronti dei colleghi o dei superiori, il furto, il danneggiamento doloso degli impianti aziendali
    [2] Ad esempio, ritardi sistematici nel presentarsi al lavoro oppure la violazione del segreto d’ufficio
    [3] “L’insegnante di religione cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato, al quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità professionale nel comparto del personale della scuola, con le modalità previste dalle disposizioni vigenti e subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto, ed ha altresì titolo a partecipare alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” (art.4, comma 3 legge 186/2033).
    [4]  La trasmissione “Omnibus” di La7– 3 gennaio 2012
    [5] Pier Carniti (ex Segretario Generale Cisl) – dichiarazione del 22 dicembre 2011

     

     

    Snadir – Professione i.r. – 3 febbraio 2012

  • IL POTERE DELLA MEMORIA

    IL POTERE DELLA MEMORIA
    Il 27 gennaio si celebra la giornata della memoria. La testimonianze di Alberta Levi Temin, che ha evitato la deportazione , del dott. Francesco Villano, componente di una associazione ebraico-cristiana, e di Simona Paparane,   studentessa del Liceo “A. Labriola” di Bagnaoli-Na.  
                                                                                               
    Il prossimo 27 gennaio si celebra la giornata della memoria. L’evento ci spinge come sempre a qualche considerazione, partendo da due grandi aforismi: il primo di Elie Wiesel, il Premio Nobel per la pace nel 1986, che nel suo romanzo “l’oblio” fa pronunciare queste parole al suo anziano personaggio: “Tu che prevedi l’avvenire degli uomini, aiutami a non staccarmi dal mio passato”; mentre il secondo è una geniale intuizione di Bernardo di Chartes (filosofo francese, classe 1100) che scrive profeticamente: “Siamo nani che camminano sulle spalle di giganti sì che possiamo vedere più cose di loro e più lontane”.
    Dentro l’orizzonte di questi due aforismi ci pare opportuno collocare l’esperienza di una donna,  Alberta Levi Temin , che  è riuscita a evitare la deportazione prevista dal governo italiano per tutte le famiglie ebree, durante il regime fascista, e che la stessa ha raccontato in un Liceo della Campania.  <<Senza memoria non c’è futuro. Ricordare gli errori commessi – afferma Levi Temin – serve a non ripeterli, e di errori da ricordare ce ne sono molti. Anno corrente 1938:  a causa delle leggi razziali, da un giorno all’ altro 35000 ebrei per lo stato smettono di essere cittadini e diventano “nemici della patria”. Essi rappresentavano solo l’un per mille della popolazione italiana, era facile utilizzarli come capro espiatorio di tutti i problemi interni. Purtroppo, come sottolinea freddamente la signora Temin, “a tutto si fa l’abitudine”. Ed è proprio questo che la nuova generazione deve cercare di evitare. L’uccisone di quasi sei milioni di ebrei, la persecuzione di una minoranza, di un gruppo religioso, non può entrare a far parte della normalità>>  Sebbene la protagonista della vicenda, insieme ai genitori e alla sorella, si sia salvata grazie ad una serie fortunata di eventi, parte della sua famiglia ha comunque subito l’ingiusta condanna. Una spada di Damocle pendeva fissa sulle loro teste, infatti dei suoi familiari deportati solo il cugino ha fatto ritorno dai campi di concentramento, all’età di 25 anni. Pesava 30 kg. L’anziana testimone conclude con queste parole : “i dolori naturali si accettano, quelli provocati no”, perché ci fanno riflettere sulla gravità degli errori commessi e sulla sofferenza inflitta a un intero popolo”.
    La giornata della memoria deve avere  anche ricadute sul presente, caratterizzato dall’aumento di gruppi etnici emergenti che trovano difficoltà nel farsi riconoscere come effettivi cittadini italiani. In questa direzione si muove il pensiero del prof. Villano , componente di una associazione ebraico-cristiana. <<Talvolta, sostiene il prof. Villano –  persone appartenenti ad altre religioni vengono addirittura considerate straniere  mentre avremmo ormai dovuto imparare a riconoscerli come i nostri “vicini di casa”. Solo così sarà possibile creare un dialogo e trovare risposte comuni. La terra non è popolata da etnie ma da uomini, questo è quello che dovremmo capire e perciò nessun cittadino italiano dovrebbe godere di maggiori diritti rispetto ad un qualsiasi altro cittadino del mondo. La conoscenza e la memoria sono gli strumenti principali di cui disponiamo per non ripetere gli errori del passato, per non farci manovrare da nessuno, per essere realmente liberi, non dimentichiamolo mai>>.
    Mettere gli studenti di oggi a contatto con testimonianze vive come quella della signora Alberta Levi Temin è senz’altro un fatto rilevante, come si evince dalla parole della studentessa Simona Paparone , le cui parole danno la consistenza di come possa essere efficace il ricordare seguendo la pista testimoniale:  <<Poter condividere i lontani ricordi della signora Alberta Levi Temin sulla situazione italiana durante lo sterminio ebraico, poter rivivere attraverso le sue parole quei tragici anni storici e la sua inebriante esperienza diretta, ha risvegliato in me una cruda ed irruenta consapevolezza di quanto il genere umano, talvolta, possa essere spregevole ed ingiustificabile. E’ impensabile – prosegue Paparone – che uomini, appartenenti al genere umano in quanto tali, possano uccidere altri uomini,anche essi appartenenti all’umanità,giustificandosi o appellandosi alle proprie convinzioni poggiate su un’ingiusta supremazia razziale. Uomini che hanno ammazzato senza pudore e senza alcun rispetto altri uomini, che hanno fatto dell’ingiustizia una giusta causa… potranno mai passare come inosservati? Cosa direbbero, se fossero ancora in vita, oggi le vittime della segregazione razziale?
    L’unico vero riscatto, per poter rivendicare la vita spezzata di migliaia di ebrei,- conclude la studentessa – risiede proprio nel "non dimenticare". Il ricordo e la testimonianza, come ci ha insegnato la signora Alberta, sono le uniche armi in grado di mantenere in vita, e non uccidere, le vittime di questa tragedia storica. La storia ci insegna come l’ingiustizia, talvolta, abbia regnato per secoli, ma essa ci aiuta allo stesso tempo a non ripetere gli ingiustificabili errori passati, combattendoli attraverso la memoria e la consapevolezza”.
     

    Francesco Pisano, Nicola Isernia e Michele Stefanile

    Snadir – Professione i.r. – 24 gennaio 2012