Categoria: Riforma della Scuola

  • Si estende l’occupazione degli atenei

    Si estende l’occupazione degli atenei


     


       Prosegue senza soste la mobilitazione degli universitari a Pisa contro la legge 133 e la Riforma Gelmini. Neppure il weekend è riuscito a distogliere l’attenzione dei manifestanti dall’impegnarsi attivamente per la loro causa. Le aule del polo didattico Carmignani ospitano quotidianamente due assemblee generali: la prima alle 10 del mattino, per organizzare dei gruppi di lavoro con incarichi specifici da portare avanti durante la giornata. Il secondo incontro si tiene invece intorno alle 22, indirizzato a fare il punto della situazione e a stabilire il programma di mobilitazione per il giorno seguente. E non passa notte che il polo didattico non ospiti qualche occupante disposto a rinunciare ad un comodo letto per dormire sul parquet delle aule.
       Ciascun tavolo di lavoro ha una sua funzione precisa e un compito da mandare avanti. Un “Gruppo protesta performance” che propone delle iniziative di rimostranza che attirino l’attenzione della città. Un “Gruppo comunicazione e informazione stampa” che si occupa di stendere i volantini e, a breve, di realizzare un sito internet. Un “Gruppo di coinvolgimento licei e istituti tecnici”, non solo di Pisa, ma anche di Cascina e Pontedera. Nel frattempo, inoltre, in ogni facoltà sono stati delegati dei referenti che si occupano di seguire le varie riunioni che vengono organizzate e di informare le assemblee in merito agli sviluppi in corso.
    Durante il fine settimana, peraltro, lo spazio occupato è stato impiegato per organizzare una serata a tema con musica dal vivo, come la “festa antirazzista” di sabato, e un incontro con i rappresentanti d’istituto dei licei e degli istituti tecnici, durante la domenica pomeriggio. 
       Questa settimana dovrebbero prendere il via le varie iniziative che sono state scelte per proseguire la manifestazione di dissenso nei confronti del disegno di legge. L’assemblea della Rete nazionale dei Ricercatori precari dell’Università di Pisa, già dal 9 ottobre, aveva infatti decretato che, a decorrere da lunedì 13, tutte le attività didattiche sarebbero state sospese sino al 19, periodo durante il quale sarebbero state proposte delle assemblee di precari aperte agli studenti in ogni facoltà dell’Ateneo.
       Dall’altra parte prosegue anche la mobilitazione degli insegnanti e dei genitori delle scuole Primarie, che partecipano spesso alle assemblee e cominciano ad organizzarsi per la “Notte bianca delle elementari” del 15 ottobre: un’occupazione simbolica delle aule che partirà dalle ore 18 e si concluderà in tarda nottata, o addirittura la mattina del giorno seguente. Un appuntamento fissato  per manifestare ulteriormente il proprio dissenso e attirare l’attenzione della cittadinanza.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir  – martedì 14 ottobre 2008

  • STUDENTI IN PIAZZA CONTRO LA RIFORMA

    STUDENTI IN PIAZZA CONTRO LA RIFORMA


     


       Migliaia di studenti, si parla di 300 mila (dati dell’Unione degli studenti), addirittura mezzo milione (secondo la Rete studenti), hanno manifestato in molte piazze italiane contro la riforma della scuola firmata Mariastella Gelmini. Nel mirino delle associazioni studentesche ci sono il maestro unico, i tagli al settore e la reintroduzione del voto di condotta. Una protesta che si lega ed anticipa lo sciopero del personale della scuola, in programma il prossimo 30 ottobre, alla quale gli studenti hanno già dato l’adesione e che il nostro sindacato sosterrà pienamente.
       Secondo l’Uds, sono scesi in piazza 40 mila ragazzi a Roma, altrettanti a Napoli e Torino, 30 mila a Milano, 15 mila a Firenze. In diverse città, al fianco degli studenti delle scuole, hanno sfilato anche gli universitari, su spinta dell’Unione degli universitari (Udu).
       A Roma, una delegazione delle associazioni studentesche è stata ricevuta a viale Trastevere da due dirigenti del ministero dell’Istruzione. Fuori intanto, continuavano le manifestazioni di dissenso alla riforma e uno slogan in particolare ridondava “con la riforma Gelmini la scuola torna indietro di 50 anni”. 
       Per il segretario dello Snadir Orazio Ruscica la mobilitazione di oggi rappresenta “una conseguenza inevitabile di un malcontento che coinvolge non solo i docenti, ma anche gli alunni e i genitori. La scuola dei tagli ai servizi non piace a chi vorrebbe che l’istruzione nel nostro Paese occupasse un posto di rilievo. Ora il mondo della scuola si mobiliterà ancora il 30 ottobre: dovremo scendere tutti in piazza per dire il nostro dissenso a scelte che danneggiano la scuola e mettono a repentaglio tanti posti di lavoro”.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir  – sabato 11 ottobre 2008

  • DECRETO GELMINI: ANALISI DAL LIMBO

    DECRETO GELMINI: ANALISI DAL LIMBO


      


       Una riforma, quella della Gelmini,  che non farà bene alla scuola. E di questo ne sono convinti gli studenti che hanno già dato il via a manifestazioni contro un decreto che non tiene conto delle opinioni di chi nel mondo della scuola ci lavora da anni e di chi, in questo stesso mondo, ripone le sue speranze per un futuro che possa garantire una vita dignitosa.
       Tanti i punti deboli della proposta Gelmini, che presto è destinata a diventare Legge (il 31 ottobre ci sarà infatti il voto del Senato). Basti pensare alla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari, che nasconde, nonostante i tentativi di analisi pedagogiche, cela solo un’operazione di taglio al personale. Tutti siamo consapevoli che la scuola italiana non può permettersi sperperi, ma anziché giocare con i posti di lavoro degli insegnanti, tanto vale evitare le diecimila lavagne interattive del progetto “Innova Scuola”, e spendere quei soldi per aggiornare gli molti insegnanti e rendere magari più idonei i loro stipendi, mettendoli in linea con quelli dei colleghi europei.
       Per quanto riguarda il mondo di cui mi accingo a far parte, ossia l’Università, desumo queste informazioni dal Bollettino d’Ateneo dell’Università di Catania: “I provvedimenti del governo Berlusconi prevedono dal 2009 al 2013 una riduzione progressiva del Fondo di Finanziamento Ordinario dell’11%, con conseguenti tagli – resi ancor più pesanti dal ripristino della tesoreria unica – che gli Atenei dovranno apportare alle risorse destinate a ricerca, assegni, borse di dottorato e servizi. Il turn over per il personale docente e tecnico-amministrativo sarà limitato fino al 2012 al 20% dei pensionamenti e successivamente al 50%, precludendo così l’inserimento lavorativo a giovani studiosi costretti pertanto a una massiccia migrazione, riducendo la platea degli strutturati a vantaggio dell’ampliamento del precariato, strozzando l’offerta formativa, i servizi e il buon funzionamento della gestione tecnica e amministrativa.
    Saranno altresì intaccate le condizioni retributive, già basse, del personale docente e di quello non docente; per quest’ultimo si prevede inoltre la riduzione del Fondo per il finanziamento della contrattazione integrativa. Il riferimento alla possibilità di trasformare le Università pubbliche in fondazioni private che, com’è noto, non sono tenute a rispettare per le tasse il tetto del 20% sul FFO, fa ben comprendere le reali intenzioni del Governo e della Confindustria: lasciare alla deriva l’Università pubblica, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, a vantaggio di alcune aree cosiddette di eccellenza. Un disegno che va contro gli interessi dello sviluppo del nostro Paese, che richiederebbe laureati in maggior numero e di migliore qualificazione, più ricerca di base e innovazione. Nessuno intende giustificare eventuali sprechi, disservizi, e bassa qualità. Al contrario, una seria valutazione del sistema presuppone risorse adeguate al suo funzionamento e al suo sviluppo. Siamo dunque in presenza di un disegno che va fermato e che non può vederci spettatori acritici e passivi. In tale contesto, l’Ateneo di Catania è chiamato, a partire dai suoi vertici, ad una responsabile e immancabile missione di sensibilizzazione culturale e democratica del territorio
    .”
       Per i motivi sopracitati la facoltà di Lingue dell’università di Catania ha già proclamato lo stato di agitazione e non è difficile che ben presto venga seguita da altre facoltà e altri atenei.
       Il taglia-taglia della Gelmini non piace a molti, ma di questi tempi, con un governo che fa il bello e il cattivo tempo e tende ad estromettere sempre più i cittadini dalla partecipazione attiva, non so quanto le lotte studentesche possano essere efficaci. Di certo noi non staremo mai zitti, sperando che un giorno arrivi qualcuno, dalle “alte sfere” a chiederci quali sono le nostre reali esigenze in un sistema scolastico che, se non imparerà ad ascoltare le voci di chi al suo interno vive e lavora, non arriverà mai molto lontano.


    Serena Cannizzaro


    Snadir – giovedì 9 ottobre 2008

  • Il Piano Programmatico del Miur ed il Regolamento per il dimensionamento della rete scolastica

    Il Piano Programmatico del Miur ed il Regolamento per il dimensionamento della rete scolastica


    Orario antimeridiano nella scuola dell’infanzia, 24 ore nella scuola primaria, 29 ore nella scuola secondaria di 1° grado, 30 ore max nei licei e 32 ore max negli istituti tecnici e professionali


       La redazione dello schema di piano programmatico del Miur, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresenta il passo fondamentale per dare progressiva concretezza a tutta la serie di interventi preannunciati in questi ultimi quattro mesi.
    E’ in discussione l’intero sistema scolastico, o gran parte di esso, innanzitutto per motivi di contenimento della spesa pubblica, infatti gli interventi del piano programmatico sono finalizzati al “globale riassetto della spesa pubblica che il Governo è chiamato inderogabilmente ad avviare”.  In secondo luogo si vuole “razionalizzare e semplificare l’esistente” nella prospettiva, a breve termine, di una piena efficienza dei servizi scolastici.
       Il Ministro ha anche avviato una prima stesura di regolamento per il dimensionamento della rete scolastica, che produrrà la modifica della consistenza degli organici con tutte le relative conseguenze sul piano occupazionale.
       Il dato più rilevante e allarmante è proprio la cancellazione di 130.000 posti di lavoro nel prossimo triennio (87.341 docenti e 44.500 tra il personale ata), per poter realizzare il risparmio di circa 8 miliardi di euro previsto nell’art. 64 della legge 133/08.
    Si tratta di una prospettiva che ha, per forza di cose, condizionato il dialogo tra ministero e sindacati anche su quegli aspetti organizzativi e di didattica che potevano rappresentare una importante occasione di confronto.
       Nelle ultime settimane alcune tematiche sono già state anticipate dalla stampa nazionale e sindacale.  Uno degli obiettivi fondamentali del piano è la realizzazione di un nuovo dimensionamento delle scuole autonome. Le singole istituzioni scolastiche dovranno comprendere un numero di alunni fra le 500 e le 900 unità e tale dato dovrà essere confermato dalla tendenza storica degli ultimi cinque anni.  Deroghe saranno previste per le comunità montane e per le piccole isole.  L’attuazione di questa operazione spingerà probabilmente verso la costituzione di un maggior numero di istituti di istruzione comprensivi (scuola dell’infanzia, primaria e di I grado, insieme) e un aumento delle pluriclassi. Per la scuola secondaria di secondo grado produrrà invece la fusione di istituti che assumeranno la denominazione di “istituti di istruzione secondaria superiore”.  Si stima che una percentuale tra il 15 ed il 20% di istituzioni scolastiche non sarà legittimata a funzionare come istituzione autonoma.
       Variano  anche i quadri orario ed i parametri per la formazione delle classi: nella scuola dell’infanzia l’orario obbligatorio delle attività educative “si svolge anche solamente nella fascia antimeridiana”;  le sezioni di scuola dell’infanzia dovranno avere un numero massimo di 26 bambini e minimo di 18. Se non sarà possibile ridistribuire i bambini tra scuole viciniori, le eventuali iscrizioni in eccedenza saranno ripartite tra le diverse sezioni della stessa scuola potendo arrivare fino a 28/29 unità per  sezione.
       Per la scuola primaria le opzioni orarie settimanali saranno di 24 ore, 27 ore (con esclusione delle attività opzionali facoltative), 30 ore (compreso l’orario opzionale facoltativo).
       Le classi di scuola primaria avranno non meno di  15 e non più di 27 bambini (attualmente il tetto massimo è di 25 alunni).
       Nella scuola primaria, per ciò che riguarda la lingua straniera, fino al 2011/2012 si potrà ancora fare ricorso ai docenti specialisti, successivamente il relativo insegnamento sarà affidato al docente di classe, che frequenterà un  apposito corso di formazione linguistica di durata triennale. La durata del corso, nel primo anno, sarà di 150/200 ore e sarà obbligatorio.
    Le prime classi della scuola secondaria di I grado sono formate da non meno di 18 alunni e non più di 27, con possibilità di arrivare a 29 nel caso di iscrizioni in eccedenza.  Nelle classi seconde e terze il numero medio degli alunni per classe deve essere pari o superiore a venti. L’orario obbligatorio delle lezioni, sempre nella scuola secondaria di I grado, sarà di 29 ore settimanali (rispetto alle 32 attuali). Resta confermata la possibilità del “tempo prolungato” per un orario massimo di 36 ore, purché in presenza di adeguate condizioni strutturali.
       Le prime classi degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore sono costituite da non meno di 27 studenti, con la possibilità di giungere fino a 30 studenti per classe nel caso di iscrizioni eccedenti.  Per la scuola secondaria di II grado, per ciò che riguarda la didattica, si prospetta la riduzione del monte ore settimanale: non più di 30 ore per i licei e non più di 32 ore (compreso le ore di laboratorio) per gli istituti tecnici e professionali.
       Non si specificano le modifiche che saranno apportate ai contenuti disciplinari dei diversi percorsi di studio ma si indica, in generale, la necessità di un superamento della frammentazione degli indirizzi di studio.    Gli indirizzi di istruzione professionale aventi una sostanziale corrispondenza con quelli dell’istruzione tecnica confluiranno in quest’ultima.
    Per quanto riguarda uno degli aspetti specificamente organizzativi nell’ambito delle singole istituzioni scolastiche, nel regolamento, in fase di stesura, si precisa che nella scuola secondaria i Dirigenti scolastici, prima di procedere alle assunzioni a tempo determinato di propria competenza, attribuiscono spezzoni orari fino a 6 ore settimanali ai docenti già in servizio nell’istituzione scolastica, con il loro consenso.
       Il quadro d’insieme che si delinea evidenzia certamente numerose novità, anche interessanti, peccato che su tutto prevalga l’incognita dei posti che si perdono, la prospettiva delle classi più numerose e la certezza di insegnanti sempre più in difficoltà.


    Ernesto Soccavo



    Snadir – martedì 30 settembre 2008

  • Maestro unico: l’ok di tutte le commissioni. Il Governo disattende il significativo dato Ocse che colloca la scuola primaria italiana tra le migliori

    Maestro unico: l’ok di tutte le commissioni


    Il Governo disattende il significativo dato Ocse che colloca la scuola primaria italiana tra le migliori a livello europeo


       Dibattito serrato  in Commissione Cultura della Camera sulla spinosa questione del maestro unico. Dopo un lungo e articolato dibattito che ha visto l’intervento di diversi deputati dell’opposizione, alla fine l’articolo 4 sul maestro unico contenuto nel decreto 137 è stato approvato dalla Commissione Cultura con modifiche lievissime, di carattere puramente formale. E il ministro Gelmini, presente al dibattito, di fronte a qualche perplessità chiarisce che le “compresenze verranno progressivamente cancellate”.
       Anche la Commissione Bilancio, il 24 settembre, ha espresso parere favorevole sul decreto 137: in poco meno di mezzora ha esaminato il provvedimento dando il suo via libera. Solo qualche osservazione sull’articolo 4. Secondo la Commissione Bilancio il Governo dovrebbe infatti precisare da quale anno scolastico decorrerà l’entrata in vigore della norma e quali saranno le modalità di copertura delle spese necessarie a retribuire i docenti assegnati a classi funzionanti a 24 ore settimanali per le ore aggiuntive che dovranno eventualmente svolgere. La Commissione ha rilevato anche un’altra incongruenza: l’articolo 4 sul maestro unico prevede che le risorse per pagare l’orario aggiuntivo dei docenti potranno essere reperite utilizzando i risparmi di sistema derivanti dall’applicazione del piano programmatico del decreto 112. Ma questo comporta una difficoltà: i risparmi di sistema, secondo quanto previsto dall’articolo 64 del decreto 112,  saranno disponibili solo a partire dal 2010 e comunque l’anno successivo a quello in cui verranno accertati.
       Pertanto per i “maestri unici” in servizio a partire dal settembre 2009 sembrano non esserci risorse disponibili. Il sottosegretario all’Economia ha annunciato un emendamento del Governo che chiarirà come saranno reperite le risorse necessarie. Chissà che non riescono a compiere il miracolo! Sta di fatto che si fanno le leggi senza pensare ad un fattore importante: chi lavora deve essere retribuito, e subito, per le mansioni svolte. O si pensa che i docenti siano missionari senza nessun bisogno concreto? Intanto un parere favorevole al maestro unico è stato espresso anche  dalla Commissione Affari Costituzionali che non ha rilevato profili di illegittimità costituzionale, così come l’ok è arrivato dalla Commissione Affari Sociali.   Insomma, un beneplacito corale che viene probabilmente da chi non ricorda più nemmeno di essere stato a scuola e non è capace di ascoltare chi, attualmente sul campo, sperimenta ogni giorno la professione docente tra i bambini che devono formarsi per diventare gli adulti di domani. E viene disatteso il significativo dato Ocse che colloca la scuola primaria italiana tra le migliori a livello europeo. Peccato, peccato davvero.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir  – venerdì 26 settembre 2008

  • La scuola della Gelmini e di Tremonti: rivoluzione o restaurazione?

    La scuola della Gelmini e di Tremonti: rivoluzione o restaurazione?


    “Rivoluzione o restaurazione?” E’ questa la domanda che il segretario nazionale del sindacato Snadir, Orazio Ruscica, si pone dopo le ultime dichiarazioni del ministro Mariastella Gelmini a riguardo delle novità introdotte nella scuola. “Il Ministro Gelmini, in stretto accordo con Tremonti, continua a precisare sempre meglio il progetto per lo smantellamento della scuola italiana – sostiene Ruscica -.
    Le ultime dichiarazioni del ministro lasciano di stucco per la superficialità delle argomentazioni e per l’arroganza della menzogna. Ci viene il dubbio che le bugie dette e ridette dalla Gelmini a lungo andare abbiano convinto anche lei e Tremonti, ma non i docenti, i genitori e gli studenti”. Per quanto riguarda il ritorno al maestro unico nella scuola primaria, e l’affermazione del ministro “invece di tre maestri basta uno solo”, Ruscica ribadisce che “è davvero stupefacente per  superficialità e inesperienza. Il Ministro dimentica che è da quasi 20 anni che nella scuola primaria sono stati introdotti i moduli (ad es. tre docenti su due classi oppure due docenti su una classe a tempio pieno) e che tale novità ha permesso alla scuola elementare italiana di collocarsi nei primi posti nella ricerca internazionale IEA-PIRLS; nell’ultima del 2006 si è collocata nella fascia alta con 552 punti (500 media). Quindi l’affermazione del Ministro è falsa per due motivi: non esistono oggi classi con il maestro unico; il team docenti funziona bene. Allora caro Ministro perché smantellare la scuola elementare se questa, oltre ad assicurare ai bambini le competenze nella lettura funzionale, da’ lustro al sistema scolastico italiano?”.
    Un’altra affermazione del Ministro riguarda il fatto che 1.300.000 dipendenti della scuola sono troppi e che occorre diminuirne drasticamente il numero. L’onorevole Gelmini deve tenere presente che insegnare, (lo diciamo con ironia) come diceva Freud è un “mestiere impossibile”; cioè mobilitare intenzionalmente le conoscenze è molto diverso dall’insegnare ad avvitare un rubinetto (con rispetto per gli idraulici).
    <L’insegnamento, se vogliamo che sia per tutti e per ogni studente – continua Ruscica -, richiede un notevole impiego di risorse, a meno che si voglia tornare indietro alla scuola per pochi e per chi può spendere>. Ricordiamo allora che in Italia, è vero che il sistema scolastico sembra essere inferiore a quello degli altri Paesi, ma è altrettanto vero che la preparazione degli studenti quindicenni nella provincia di Trento si colloca nei primi otto posti delle comparazioni PISA. Quindi nel sistema scolastico italiano c’è una esperienza positiva. E’ inutile allora guardare alla Finlandia (certo fa sempre bene confrontarsi), basta osservare le scuole della provincia autonoma di Trento per rendersi conto che il successo degli studenti sta nella inclusività del sistema scolastico. <Se analizziamo l’ISEC (Indicatore Socio-Economico-Culturale) dell’indagine PISA – sostiene ancora il segretario nazionale Ruscica -, ci accorgiamo che gli studenti trentini con ISEC basso hanno avuto risultati più elevati degli altri studenti italiani con ISEC analogo. Questo vuol dire che il sistema scolastico riesce a compensare gli svantaggi culturali e sociali degli studenti. In parole povere il sistema scolastico della provincia di Trento, proponendo gli stessi percorsi del sistema nazionale, ha investito molto nel recupero degli studenti in difficoltà. Cioè ha realizzato quello che da tempo affermiamo: una scuola che non lascia indietro nessuno e che colloca tutti nelle condizioni di raggiungere il successo scolastico.  E allora il progetto scuola del duo Tremonti/Gelmini non è ‘rivoluzionario’, ma restauratore, contro-rivoluzionario”.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir – lunedì 8 settembre 2008

  • Bilancio e tagli

    Bilancio e tagli



       Maestro unico alla scuola primaria? Un salto nostalgico nel passato attuato dal Governo con un Decreto Legge urgente in materia di istruzione e università  approvato il 29 agosto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 il 1° settembre 2008 ). Tante le novità oltre all’introduzione del maestro unico alle elementari (che sarà, come ha sottolineato in questi giorni il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, “graduale, dall’anno 2009-20010 sarà introdotto solo nella prima classe del ciclo”; il Decreto parla inoltre di introdurre le valutazioni numeriche per la primaria e la secondaria di primo grado, il voto di condotta (se è 5 l’alunno non sarà ammesso alla classe successiva)  e l’educazione civica.  
       «Le motivazioni della reintroduzione del maestro unico nella primaria – afferma il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica – sono di fatto riconducibili alla volontà di fare sostanziali tagli sull’istruzione e in particolare sul personale che opera nella scuola, in netto contrasto con quanto ribadito dal Consiglio europeo di Barcellona, quando dice ‘sebbene le finanze pubbliche dei paesi dell’UE siano sottoposte a maggiori restrizioni, quello dell’istruzione è un campo nel quale l’Europa non può permettersi di risparmiare’. E’ una scure che si abbatte sulla scuola primaria, fiore all’occhiello per il sistema scolastico italiano (come ribadito dalla ricerca PIRLS -Progress International Reading Literacy Study – promosso da IEA – International Association For The Evalution Of Educational Achievement)». Intenzione del Governo è dunque quello di fare tagli da parte per retribuire meglio gli altri docenti. Secondo la Gelmini, infatti,  tra i problemi della scuola c’è anche il numero troppo elevato di personale, a cui è destinato il 97% delle risorse economiche. E per il ministro una soluzione potrebbe essere: “meno insegnanti ma meglio pagati. Una scuola che attualmente conta circa un milione e 300 mila dipendenti, un numero sproporzionato di personale, conseguenza anche di scelte come quella del team di insegnanti nel primo ciclo, è una scuola che non ha futuro”.
       Proprio in questi giorni è stato pubblicato sul portale del Ministero (
    http://www.istruzione.it) il bilancio del 2008 per l’area Istruzione. Da questo emerge che le spese per il personale sono pari a 41.174.698.165 euro, ed assorbono il 96,98% del totale. Le spese di funzionamento (informatica di servizio, cancelleria e funzionamento generale, spese di pulizia per circa il 40% delle scuole) raggiungono invece i 493.181.784 euro (l’1,16% del totale), quelle legate agli interventi (trasferimenti ad enti pubblici e privati) i 633.368.341 euro (l’1,49% del totale) e quelle in conto capitale (edilizia scolastica, innovazione tecnologica e sicurezza nelle scuole) 156.362.270 euro (appena lo 0,37% del totale). Ed è lo stesso ministro dell’Istruzione Gelmini a dichiarare ancora, presentando il bilancio, che «quando la spesa per il personale ha una tale incidenza sul bilancio complessivo del Ministero questo significa che la nostra scuola non ha la capacità, se non si interviene strutturalmente, di rinnovarsi e di guardare con serenità al futuro. Dobbiamo assolutamente porre rimedio ad una situazione insostenibile. La scuola italiana è stata troppo spesso usata in passato come un ammortizzatore sociale. E’ un dovere morale verso le nuove generazioni rivedere completamente il sistema scuola in Italia».
    Da più parti, soprattutto nel mondo politico, si parla invece di sostenere e incrementare i finanziamenti sull’Istruzione per investire così sulla preparazione culturale dei nostri giovani. Dichiarazioni che sono in netta contrapposizione con quanto invece si sta attuando nella scuola. Cosa fare allora? Una proposta viene da Orazio Ruscica. «Se la previsione e la ripartizione di spesa del Miur – commenta il segretario Snadir – venisse aumentata del 15%, senza quindi tagliare le spese del personale, ma incrementando la spesa per l’istruzione, così come ha previsto il Consiglio europeo di Barcellona, il problema potrebbe trovare una via di soluzione». Ed è lo stesso Ruscica a spiegarci come questo 15 % potrebbe essere ripartito. «Attualmente  la spesa per l’istruzione ammonta a € 42.457.610.560,00 – commenta -, che con un incremento del 15% arriverebbe a € 48.826.252.144,00 così ripartita: € 43.000.000.000,00 per il personale (88%); € 2.213.975.814,72 per il funzionamento (5%); € 2.913.126.072,00 per gli interventi (6%) e € 699.150.257,28 in conto capitale (1%)».
    Una soluzione possibile che eviterebbe, nei quattro anni previsti dalla finanziaria, il «taglio» di centomila docenti. E se nell’istruzione i nostri politici dicono di credere, lo dimostrino poi nei fatti con scelte che mettano al primo posto la scuola e la cultura, pilastri della nostra società.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir  – venerdì 5 settembre 2008

  • SCUOLA, E’ TEMPO DI BILANCI. Una scuola seria non è quella che boccia di più, ma quella che permette a tutti gli studenti di conseguire il successo scolastico

    SCUOLA,  E’ TEMPO DI BILANCI
    Una scuola seria non è quella che boccia di più, ma quella che permette a tutti gli studenti di conseguire il successo scolastico



       Tempo di bilanci per la scuola dopo tre mesi di Governo di centrodestra: quanto è stato fatto per  la risoluzione dei tanti problemi?
       L’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia, pubblicato sul Corriere della Sera il 21 agosto,  ha avuto il merito di avviare in modo serio una riflessione sulla scuola  e sugli interventi per migliorarne l’efficacia.  Inoltre ha sollecitato il Ministro Gelmini (Corriere della Sera del 22 agosto 2008) a dichiarare in modo esplicito il suo progetto (nel momento in cui scriviamo apprendiamo che è diventato decreto legge) sulla scuola italiana e il Ministro Tremonti a giustificare i tagli all’istruzione. Il Ministro dell’Economia ha affermato che non sono stati tagliati i fondi all’istruzione, ma che nella Finanziaria 2009/2011 “le voci di spesa sono state ridotte”. Il ministro continua poi a decantare le meraviglie di questa finanziaria che ha il merito di lasciare ad ogni ministro la libertà di finanziare, all’interno del suo bilancio, “le voci di spesa che considera più meritevoli”. Insomma, con un bilancio ridotto ogni Ministro si arrangi a far festa con i fichi secchi.
       Prosegue, poi, Tremonti – per sviare la questione (come se i lettori fossero dei fessi) – in una disquisizione sulla bontà del voto numerico sul giudizio (fatti apposta per perdere eventuali ricorsi davanti al Tar), dimenticando che i ricorsi in genere sono presentati dai genitori degli studenti di scuola secondaria superiore; e in questo grado di scuola vige ancora il voto numerico. In ogni caso, come dice l’ex magistrato Di Pietro “Che c’azzecca?” la questione del taglio dei finanziamenti con il voto numerico. Il Ministro Tremonti dovrebbe tenere presente, invece, quanto il Consiglio europeo di Barcellona espresse nel 2002 a proposito dell’istruzione e formazione, e cioè che “sebbene le finanze pubbliche dei paesi dell’UE siano sottoposte a maggiori restrizioni, questo è un campo nel quale l’Europa non può permettersi di risparmiare”.
       Il Ministro Gelmini, finalmente, ha dichiarato i suoi intenti (alcuni dei quali già oggi tradotti in decreto legge) di smantellare quarant’anni di scuola ripristinando il voto in condotta, la divisa scolastica, il ritorno al maestro unico, il ritorno a una scuola che insegni a leggere, scrivere e far di conto, il rilancio degli istituti tecnici e della formazione professionale, riduzione nei prossimi anni del numero dei docenti e del personale ausiliario del 10%, l’aggiornamento dei docenti e il recupero dei crediti.
       Aver applicato, di fatto, la situazione del recupero dei crediti come l’aveva lasciata Fioroni, aver dichiarato di pensare al ripristino dei vecchi esami di settembre, del voto in condotta e del grembiulino, dimostra che la Gelmini vuole risolvere alcune questioni presenti nella scuola con un banale ritorno al passato o meglio è convinta che – come scrive Berselli – con una trovatina si riuscirà a risolvere tutti gli aspetti del vivere civile.
       Occorre aver chiaro che una scuola seria non è quella che boccia di più, ma quella che permette a tutti gli studenti di conseguire il successo scolastico. Una scuola che non lascia indietro nessuno, che da a tutti le chiavi del sapere e delle conoscenze. Una scuola che rende tutti uguali, non facendo indossare a tutti il grembiulino, ma mettendo tutti gli studenti nelle condizioni di accedere alle conoscenze. Una scuola che valorizza il lavoro dei docenti riconoscendolo anche economicamente e non ridicolizzato all’equivalente di una pizza.
       La Gelmini pensa di ritornare al maestro unico, così da dare alla scuola “il senso della sua missione”, liberandola da un “vuoto pedagogismo che dal 1968 ha infettato come un virus la scuola italiana”. Mi sembra che il Ministro (neppure la Moratti si era espressa in questi termini) faccia un po’ di confusione.
       Il  grado di scuola che sembra avere delle difficoltà – secondo l’indagine OCSE/PISA – è quello frequentato dagli studenti quindicenni e non quello dei bambini di 9-10 anni. Secondo la ricerca PIRLS (Progress Internatinal Reading Literacy Study) promosso da IEA (International Association For The Evalution Of Edutational Achievement) per verificare gli apprendimenti dei bambini nel campo della lettura funzionale, la scuola elementare italiana nelle due indagini svolte si è collocata nella fascia alta (punteggio medio 500): nel 2001 con punti 541 e nel 2006 con un punteggio di 552.
       Quindi la scuola elementare italiana frutto, secondo il Ministro, del “vuoto pedagogismo” è invece la scuola che a livello internazionale dimostra che il grado primario del sistema scolastico italiano riesce ad accompagnare i bambini “dall’apprendere a leggere al leggere per apprendere”.
       Se la scuola elementare dei 3/4 insegnanti più gli specialisti di lingua e di religione mettono in grado i nostri bambini di attivare le competenze di lettura intesa come “un’operazione interattiva tra lettore, testo e contesto”, perché tornare al maestro unico per una scuola del “leggere,scrivere e far di conto” (Programmi scuola elementare 1955).
       Il vero problema che il Ministro si ostina a non vedere è che i nostri quindicenni, che frequentano – lo ricordiamo al Ministro –    la scuola secondaria di secondo grado, hanno bisogno di una “mobilitazione intenzionale di conoscenze” (Philippe Perrenoud); per essere chiari: ciò che uno studente impara deve poterlo utilizzare “oggi a scuola e domani nella vita e nel lavoro”.
       Quindi il Ministro lasci lavorare con serenità gli insegnanti di scuola elementare e avvii una discussione seria sulla riforma della scuola secondaria superiore (e qui che si gioca la vera partita) al fine di offrire ai nostri studenti una scuola “non selettiva, ma esigente, impegnata, severa, non permissiva, con una forte carica culturale” (Don Milani).
       Certo, progettare una scuola che permetta a tutti e ad ogni singolo studente di dominare la realtà attraverso i linguaggi offerti dal sapere, vuol dire investire di più nell’istruzione e formazione. Occorre prendere esempio dall’Irlanda che nel periodo 1995-2003 ha aumentato la spesa per l’istruzione del 30% per la primaria  e del 34% per la secondaria, mentre l’Italia nello stesso periodo l’ha aumentato del  10%.
       La politica dei tagli, come deciso da Tremonti e avallato dalla Gelmini, non porta alcune beneficio, anzi renderà meno stabile il sistema d’istruzione. Impegnarsi nel prossimo triennio a ridurre il numero degli insegnanti attraverso l’improprio utilizzo per il sistema italiano dell’aumento del rapporto alunni/docenti vuol dire tagliare 100.000 cattedre; ciò comporterà per i docenti di religione il taglio di 4.000/5.000 posti di lavoro.
       Infine, la Gelmini eviti di fare affermazioni facili ad essere fraintese; se sono le strutture del Sud a non funzionare occorre dirlo, ma le strutture – caro Ministro –  non hanno bisogno di corsi di recupero, bensì di investimenti che offrano agli studenti del Sud gli stessi edifici scolastici di cui fruiscono i ragazzi del Nord.
       Una ultima annotazione per il Ministro Brunetta: l’ufficio studi della Cgia di Mestre ha pubblicato nel gennaio del 2007 una elaborazione di dati ufficiali emessi dalla Ragioneria dello Stato; tale studio ha evidenziato come nel 2006 nella scuola le assenze medie per malattia  è stato di soli 9,66 giorni, rispetto ai 12,95 dei dipendenti della presidenza del Consiglio, ai 12,40 della Sanità, ai 13,31 dei Corpi di Polizia, ai 14,31 dei Ministeri.
       Se il Ministro Gelmini vuole che il suo progetto per la scuola italiana si apra “a tutti i contributi”, deve davvero tener conto di ciò che la società civile propone. Non può dire il giorno prima di essere disponibile ad ascoltare e il giorno dopo tradurre in decreto legge i suoi intenti. In ogni caso il sistema di istruzione che sogniamo è quello che riesce a coniugare in modo virtuoso  le esigenze dei docenti e degli studenti, del personale della scuola e delle famiglie al fine di ottenere per ognuno il successo; tenendo presente la risposta data da Don Milani e dai suoi ragazzi a un lettore di “Adesso”: “lo Stato in mano ai liberali c’è sempre stato e si può dire che c’è ancora, eppure la mia mamma è analfabeta e io se non avevo la grazia che ho avuto sarei alla televisione a vedere Lascia o raddoppia e credere di impararci qualcosa”.


    Orazio Ruscica


    Snadir – giovedì 28 agosto 2008
     

  • Recupero debiti: dal Ministero un chiarimento; per il resto tutto come prima

    Recupero debiti: dal Ministero un chiarimento; per il resto tutto come prima


       La circolare ministeriale prot.6163 del 4 giugno scorso ha ribadito quanto già presente nel D.M. n.80/2007 e nell’ O.M. n.92/2007 sulla modalità del recupero dei debiti scolastici.
       Un solo chiarimento: viene lasciata all’autonomia delle scuole la decisione della “consistenza oraria dei corsi”; cioè le istituzioni scolastiche potranno decidere se attivare 15 ore di attività di recupero oppure no.
       Per quanto riguarda la valutazione sul recupero dei debiti ribadiamo il giudizio da noi espresso in precedenza sul Decreto n.80 del 3 ottobre 2007 e sull’ O.M. n.92 del 5 novembre 2007.
       Sulla questione delle risorse  i conti non tornano. Infatti nella circolare sembra che ci siano nuovi fondi, ma le risorse sono le stesse di quelle derivanti dalla sequenza contrattuale sottoscritta l’8 aprile 2008 e dalla finanziaria 2007. Precisamente le voci che compongono il finanziamento del recupero dei debito sono tre:



    • ex Idei (art. 85 CCNL);
    • art.1, comma 634 della Finanziaria 2007(somme attribuite alle scuole in base al tasso di incidenza dei debiti) e
    • D.L. 159/2007 (innalzamento dell’obbligo scolastico).

       Queste tre voci, rispettivamente di 197.000.000 di euro, 30.000.000 di euro e 60.100.000 di euro, quantificano il finanziamento per un totale di 288.010.00 di euro lordi. Una cifra molto diversa dai 320.000.000 presentati nella circolare del 4 giugno scorso.


    Benito Ferrini


     



    Snadir – giovedì 5 giugno 2008

  • Un altro passo avanti verso la nuova versione delle Indicazioni per il curricolo della Religione Cattolica

    Un altro passo avanti verso la nuova versione delle Indicazioni per il curricolo della Religione Cattolica


       La Circolare Ministeriale n. 45 del 22-4-2008 ha accolto il documento della Conferenza Episcopale Italiana per avviare la prima attuazione dei contenuti dell’Insegnamento della Religione Cattolica al fine di consentire di inserirsi nei Piani dell’Offerta Formativa della Scuola per il prossimo anno scolastico.
       La Circolare contiene in allegato lo Strumento base, la relativa Legenda e il relativo Protocollo perché tutte le Scuole ne prendano visione e ne tengano conto nella propria programmazione educativa e didattica e nella redazione dei P.O.F.
       Si deve ricordare che nell’anno scolastico 2007/08 è stata avviata l’attuazione delle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione allegate al D.M. del 31-7-2007. Queste Indicazioni sono state oggetto di prima attuazione nel periodo settembre-dicembre 2007. Per quel che riguardava l’IRC nelle Indicazioni si chiariva che “l’insegnamento della Religione Cattolica è disciplinato dagli accordi concordatari in vigore. I traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento saranno definiti d’intesa con l’autorità ecclesiastica”.
       In questi primi mesi del 2008 la Presidenza della C.E.I. ha proposto al Ministero della Pubblica Istruzione un progetto di revisione delle Indicazioni didattiche già in vigore per l’Insegnamento della Religione Cattolica per armonizzare la collocazione di questa disciplina nel nuovo impianto curricolare della scuola dell’infanzia e delle scuole del primo ciclo di istruzione.
       L’azione che prende il via con la circolare ministeriale odierna si allinea a quella già in corso per il resto del curricolo e si svolgerà pienamente nell’anno scolastico 2008/09, per giungere ad un testo condiviso delle Indicazioni per l’Insegnamento della Religione Cattolica da adottare in tutte le scuole dall’anno scolastico 2009/2010.
       La C.M. allega i seguenti documenti:



       Questi allegati chiariscono che l’IRC si potrebbe collocare nell’area linguistico-artistica-espressiva nella quale trova uno spazio significativo anche l’attenzione alla dimensione religiosa dell’esperienza umana.
       Nei prossimi mesi un gruppo di formatori-sperimentari (già operativo dal 2007) continuerà a sperimentare e monitorare TSC e OA, compresi quelli di Religione Cattolica, così da giungere all’inizio del 2009 alla redazione finale della nuova versione.
       E’ un’occasione importante per far entrare anche i contenuti dell’IRC nel testo definitivo delle Indicazioni per il curricolo evitando il rischio di finire in qualche successivo allegato come avvenuto con gli OSA della Riforma “Moratti”.
       Sarebbe auspicabile che tutti gli Insegnanti di Religione della scuola dell’infanzia e delle scuole del primo ciclo  potessero, facendo riferimento all’allegato n.1 della C.M. 45, pagine da 5 a 10, cominciare a sperimentare TSC e OA proposti nella Bozza, così da poter fornire un riscontro sulla praticabilità del nuovo percorso proposto per l’Insegnamento della Religione Cattolica.


    Nicola Lofrese


     



    Snadir  – giovedì 24 aprile 2008