Categoria: Riforma della Scuola

  • La presenza degli specialisti di religione e di lingua straniera restituisce le ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato. La soprannumerarietà è frutto dei tagli imposti dal duo Gelmini/Tremonti

    La presenza degli specialisti di religione e di lingua straniera restituisce le ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato
    La soprannumerarietà è frutto dei tagli imposti dal duo Gelmini/Tremonti


       Il nuovo regolamento sull’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione predisposto ai sensi dell’art. 64 della legge 133/2008 – su cui il CNPI ha espresso all’unanimità in data 11 febbraio 2009 un parere molto critico – sta creando nei docenti di scuola elementare panico e una corsa alla richiesta di idoneità per impartire l’insegnamento della religione cattolica.
       Il motivo principale della richiesta di idoneità rivolta agli ordinari diocesani consiste nel fatto che i docenti di scuola elementare pensano che ritornare ad insegnare religione nella propria classe allontanerà il pericolo della soprannumerarietà. Ma le cose non stanno così. 
       Intanto è opportuno chiarire che la eventuale soprannumerarietà dei docenti di scuola elementare è diretta conseguenza dell’applicazione dei regolamenti attuativi dell’art.64 della legge 133/2008 (meglio conosciuta: “Come ti distruggo la scuola che funziona”).  Infatti il calcolo dei posti necessari al funzionamento di un Circolo didattico è basato sull’attribuzione di un docente per classe (22 ore) con l’aggiunta delle ore mancati fino al raggiungimento delle 27 ore o delle 30 ore settimanali.
       Ricordiamo che le ore di compresenza sono state eliminate, pertanto, il docente di scuola elementare svolgerà tutte le ore in insegnamenti frontali.
    Immaginiamo un circolo didattico con 20 classi che funzioni con 27 ore settimanale (vedi simulazione). Per conoscere quanti posti saranno necessari per il funzionamento delle 20 classi si procede nel seguente modo: 20 classi x  27 ore settimanali; il totale diviso 22 ore settimanali di docenza (per contratto, attualmente vigente, le ore settimanali di insegnamento nella scuola elementare sono di 22 + 2 di programmazione). In questo caso il fabbisogno dei docenti ai sensi del regolamento attuativo dei tagli imposti dal duo Gelmini/Tremonti si attesta sui 24 docenti, con uno spezzone di 12 ore che sarà sommato ad altro spezzone di 10 ore presente in un altro circolo didattico (12 + 10=22). Se confrontiamo questo dato con l’organico funzionale di circolo calcolato in base alla precedente normativa, ci accorgiamo che il Circolo in questione perde 5 posti e 10 ore; infatti la precedente normativa assegnava al predetto circolo 30 docenti (20 classi x 1,5 docenti; tre docenti su due classi).  Allora i 5 posti in meno vengono fuori indipendentemente dal fatto che i docenti di classe siano disponibili per l’insegnamento della religione o siano specializzati per l’insegnamento della lingua straniera. Insomma, anche nel caso in cui tutti e 30 docenti fossero stati già riconosciuti idonei ad insegnare religione e l’avessero insegnate nell’anno scolastico predente, quest’anno 5 di questi docenti diventeranno soprannumerari in quanto l’insegnamento della religione cattolica non incide sulla determinazione dell’organico funzionale d’istituto (C.M. n.374/1998).
    Fatta questa precisazione è bene riflettere su un’altra questione. Ma come faranno i docenti di classe ad assicurare quelle “attività di arricchimento dell’offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da Paesi extracomunitari“, che hanno permesso alla scuola elementare italiana il raggiungimento di indicatori di qualità elevati e di essere riconosciuta la migliore a livello europeo? Difficile, se non ci saranno le ore di compresenza, o meglio le ore di contemporaneità che permettevano di organizzare lavori di gruppo e individualizzati per assicurare a tutti i bambini il successo scolastico.
       Però una soluzione c’è. Infatti è sufficiente che i docenti di classe non siano disponibili ad impartire l’insegnamento della religione e che non siano specialisti di lingua straniera. Ci spieghiamo meglio con un esempio. Un circolo didattico con 20 classi che funzioni con 27 ore settimanali e che abbia gli specialisti di religione, avrà a disposizione 40 ore settimanali per le predette attività di recupero  da utilizzare per le 20 classi, cioè 4 ore settimanali per classe; se viene introdotto lo specialista di lingua straniera le ore aumentano a 80 settimanali per le 20 classi (4 ore per classe). Ci rendiamo immediatamente conto che inserire gli specialisti di lingua straniera e di religione vuol dire  assicurare alle famiglie e ai bambini un Piano dell’Offerta Formativa qualitativamente alto, capace di assicurare il successo scolastico degli alunni di scuola elementare. 
       Altro elemento da considerare è quello relativo alla responsabilità che i direttori degli uffici scuola delle diocesi hanno nel rilascio dell’idoneità ai docenti di scuola elementare che eventualmente chiedano di insegnare, oppure di ritornare ad insegnare, religione.  Riteniamo che a quest’ultimi, cioè a coloro che un tempo erano stati riconosciuti idonei e poi hanno dichiarato la loro indisponibilità e quindi non hanno più insegnato religione, l’idoneità debba ritenersi revocata sulla base della esplicita volontà, da essi stessi manifestata, di non avere più interesse per tale insegnamento.  E’ evidente che la dichiarazione di non essere interessati all’insegnamento della religione, da parte di questi insegnanti, è alla base della mancata partecipazione degli stessi ai corsi di formazione organizzati dalle diocesi per coloro che impartiscono l’insegnamento della religione nella scuola. Ed è chiaro che nessun obbligo hanno i direttori degli uffici scuola delle diocesi di informare questi docenti – dichiaratisi non interessati all’insegnamento della religione cattolica – circa i corsi di aggiornamento.
       Ricordiamo che le delibera della CEI del 6/10 maggio 1991 che recita testualmente: “la verifica del possesso dei titoli di qualificazione previsti dal diritto deve essere accompagnata dalla valutazione dell’interesse effettivamente dimostrato dal candidato per l’insegnamento della religione cattolica e per la sua incidenza educativa. Tale interesse può risultare dalla avvenuta partecipazione a corsi o convegni aventi specifica finalità di aggiornamento in ordine all’insegnamento della religione cattolica o dall’impegno di parteciparvi a breve scadenza. La necessaria coerenza con i valori da proporre nell’insegnamento della religione cattolica impone inoltre di verificare che non risulti da parte del docente un comportamento pubblico e notorio contrastante con la morale cattolica“.
       Per gli insegnanti su posto comune che presenteranno richiesta, per la prima volta, di impartire anche l’insegnamento della religione cattolica, i direttori degli uffici scuola delle diocesi dovranno attivarsi, sia invitando gli interessati per un colloquio, al fine di verificare il possesso dei requisiti personali, sia predisponendo adeguati corsi di formazione (ai sensi della delibera CEI citata) di almeno 500 ore, con relativi esami finali, sui contenuti disciplinari oggetto della formazione svolta dagli insegnanti di religione specialisti in servizio. 
       Solo a seguito di tali fasi potrà essere rilasciata l’attestazione di idoneità.
       L’eventuale non riconoscimento dell’idoneità a questi docenti non comporta da parte dell’ordinario diocesano la comunicazione dei motivi per cui non è stata rilasciata.
       Occorre tener presente che le C.M. n.14 del 22 gennaio 1991 e C.M. n.374 del 4 settembre 1998, prescrivono che entro il 15 marzo di ogni anno i docenti di classe possono produrre una dichiarazione di interesse ad impartire l’insegnamento della religione cattolica oppure “possono revocare la propria disponibilità”.   Sempre secondo le circolari citate, gli ordinari diocesani territorialmente competenti dovranno inviare alle direzioni didattiche “una nota illustrative circa i requisiti e i modi per il riconoscimento, ai docenti dichiaratisi disponibili, della idoneità”.
       E’ evidente che i dirigenti scolastici non possono procedere di propria iniziativa nell’assegnazione dei docenti un tempo riconosciuti idonei e da diversi anni non più disponibili ad impartire l’insegnamento della religione cattolica. La ricollocazione nell’insegnamento della religione cattolica di questi docenti  è anche’essa oggetto  di intesa tra l’Ordinario diocesano e l’autorità scolastica. L’eventuale autonoma decisione da parte del Capo d’istituto può essere impugnata presso Ufficio scolastico regionale di competenza.
       Ricordiamo infine che l’idoneità che un docente di classe può aver acquisito in una diocesi non è automaticamente riconosciuta in un’altra diocesi. Si pensi al caso di diocesi presenti sul territorio di una stessa provincia. Ad esempio un docente di classe che è stato riconosciuto idoneo per l’insegnamento della religione nella diocesi  “A”, qualora a seguito dei trasferimenti si trovi quest’anno nel territorio della diocesi  “B” entrambe ricadenti sul territorio della provincia “X”, deve richiedere il riconoscimento dell’idoneità all’ordinario diocesano di “B”. Anche in questo caso la collocazione automatica del dirigente scolastico può essere facilmente impugnata.
    Sono precisazioni doverose per arginare eventuali abusi e per tutelare il diritto di tutti al lavoro.  Gli organici degli insegnanti di religione non possono essere stravolti, soprattutto oggi che sono fissati per legge nella loro consistenza percentuale (legge n.186/2003), con gravissime conseguenze sul piano di una ulteriore precarizzazione di migliaia di docenti.
       In conclusione siamo convinti che i docenti di classe comprenderanno benissimo che la loro eventuale soprannumerarietà deriva dallo stravolgimento del sistema di istruzione proposto dall’attuale Ministro dell’istruzione, che non si è opposta ai “dictat” di Tremonti. E la loro professionalità che in questi anni ha assicurato una alta qualità dell’insegnamento/apprendimento dovrà essere indirizzata al ritrovamento delle ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato.


    Orazio Ruscica



    Snadir  – Professione i.r. – lunedì 16 febbraio 2009


    Segnaliamo che la C.M. del 2 aprile 2009, n.38 “Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2009/2010 …”  ribadisce le nostre considerazioni sopra esposte, cioè che l’insegnamento della religione cattolica non incide sulla determinazione dell’organico funzionale d’istituto e che la presenza degli specialisti di religione e di lingua straniera restituisce le ore da dedicare al recupero di gruppo o individualizzato


    Snadir – Professione i.r. – giovedì 2 aprile 2009

  • Tavolo tecnico al Miur sugli organici

    Tavolo tecnico al Miur sugli organici


       In data 10 febbraio, di pomeriggio, si è tenuto al M.I.U.R. l’incontro relativo agli organici, alla presenza del Dott. Chiappetta, Dott. De Angelis e la Dott.ssa. Palermo, assente il Dott. Cosentino che avrebbe dovuto presenziare l’incontro.
       Sono state consegnate diverse relazioni tecniche relative:



    • alle riduzioni dei posti e degli effetti finanziari;

    • al numero dei docenti con contratto a T.D. relativo all’anno scolastico 2008/09, con incarico di durata annuale;

    • ai docenti  a T.D. con contratto al termine delle attività didattiche;

    • al numero di cessazioni dal servizio dei docenti, con decorrenza anno scolastico 2009/10;

    • al personale docente titolare nell’anno scolastico 2008/09;

    • al personale ATA;

    • alla previsione della consistenza numerica degli alunni che frequenteranno le scuole statali di ogni ordine e grado nel corso dell’anno scolastico 2009/10.

       Nel corso dell’incontro, per quanto riguarda gli organici, si è evidenziato che si procederà nel modo seguente:



    • Scuola primaria
      nelle prime classi  (n° classi x 27 ore diviso 22)
      nelle classi successive (n° classi x 30 diviso 22)

    • Scuola secondaria di primo grado
      Tempo normale
      30 ore (29 +1) su tutte le classi
      Tempo prolungato
      40 ore su prima e seconda
      46 ore sulle terze classi

       Il predetto organico viene determinato escludendo l’insegnamento della religione cattolica .
       La situazione è drammatica, in quanto nell’anno scolastico 2009/10 si vogliono tagliare 42.100 posti, colpendo in modo particolare tutto il primo ciclo, con un totale di 11.767 posti in meno nella scuola primaria e di 16.528 nella scuola media.
       La Federazione Gilda-Unams/Snadir ha contestato questo dato e ha vivamente protestato per  tagli.
    L’amministrazione ha tenuto conto della scomparsa delle compresenze nel numero di 2 ore, ma secondo i nostri calcoli potrebbero essere molte di più, perché le compresenze sono generalmente di almeno 3-4 ore per classe, quindi potrebbero determinare una perdita di posti molto maggiore.
       L’incontro è stato puramente tecnico, in quanto ci si è riservati d’affrontare tutte le questioni politiche con l’incontro con il Ministro di questo pomeriggio (11 febbraio 2009).
       Per quanto riguarda il personale ATA si è ribadito che vengono confermati i tagli previsti dalla legge133/2008.
       Si è ribadito invece che per quanto riguarda il personale educativo non c’è contenimento di spesa, di solito vengono presentati al Tesoro i posti necessari e vengono sempre confermati. Quindi si prevede che tutte le richieste verranno confermate.


    La Delegazione


    Snadir  – Professione i.r. – mercoledì 11 febbraio 2009

  • Risultati dell’ Indagine realizzata dalla SWG per la Federazione Gilda-Unams. “GLI INSEGNANTI E I PROBLEMI DELLA CATEGORIA”

    Risultati dell’ Indagine  realizzata dalla SWG per la Federazione Gilda-Unams
     
    “GLI INSEGNANTI E I PROBLEMI DELLA CATEGORIA” 
     


       Il sondaggio commissionato dalla Federazione Gilda-Unams alla SWG su “Gli insegnanti e i problemi della categoria” è stato presentato questa mattina a Roma, presso il Centro congressi Cavour.
       Alla presentazione, oltre al coordinatore nazionale Rino Di Meglio, hanno partecipato i deputati del Pd, Riccardo Franco Levi e Rosa De Pasquale, entrambi componenti della VII Commissione della Camera. Assenti, invece, per motivi istituzionali, il presidente della VII Commissione, Valentina Aprea, e il ministro dell’Istruzione del governo ombra, Mariapia Garavaglia.
     
       Finanziamenti al settore, numerosità delle classi, burocrazia prevalente sulla didattica, eccessivo carico di lavoro: ecco i principali “nemici” dei docenti italiani secondo i risultati dell’indagine realizzata su un campione di 400 insegnanti.
     
       Docenti di lungo corso e neofiti della cattedra, precari e titolari di un rapporto di lavoro stabile: gli insegnanti italiani sono tutti concordi nell’individuare in questi temi gli scogli maggiori da affrontare per poter svolgere il proprio lavoro in maniera più efficiente e in un clima più sereno. L’elemento discriminante tra i docenti è, piuttosto, il livello di scuola in cui si esercita la professione: chi insegna alle materne avverte maggiormente il peso delle responsabilità, mentre coloro che insegnano negli istituti superiori sottolineano maggiormente la mancanza di percorsi di avanzamento della carriera.
     
       Per quanto riguarda la separazione delle aree contrattuali, da sempre cavallo di battaglia della Federazione Gilda-Unams che sin dalla sua costituzione è impegnata su questo fronte, la maggioranza dei docenti intervistati si dichiara favorevole (63%). I motivi per cui gli insegnanti condividono la proposta di creare aree contrattuali separate tra docenti e non docenti, riguardano soprattutto la diversità delle figure giuridiche (83%) e la possibilità di vedere riconosciuto il loro ruolo istituzionale (34%). Chi, invece, si dichiara contrario teme soprattutto una minore compattezza della categoria e, quindi, una perdita di potere contrattuale (61%).
     
       Al primo posto tra i problemi indicati dagli intervistati spicca la bassa retribuzione (19%), seguita dalla scarsità di risorse dedicate al sistema scolastico (13%), la scarsa considerazione di cui gode la categoria (12%), la numerosità delle classi (10%) e il prevalere della burocrazia e delle riunioni sull’attività di insegnamento (7%).
     
       Per quanto riguarda l’avanzamento di carriera, l’indagine rileva che i tempi sono maturi per l’individuazione di nuovi criteri: ben l’86% degli intervistati, infatti, è di questo parere, in particolare i laureati. Per il 37% del campione, l’avanzamento di carriera dovrebbe essere determinato dalle valutazioni del lavoro svolto in classe, per il 28% dai titoli di studio, per il 20% dall’anzianità e per il 13% da concorsi interni.
     
       In merito alla valutazione degli insegnanti, il 66% ritiene che sia necessario introdurre un sistema ad hoc: per il 40% la formula migliore sarebbe l’osservazione sistematica da parte di un esperto indipendente, per il 29% il metro di giudizio potrebbero essere i risultati conseguiti dagli studenti, per il 19% dovrebbe spettare al dirigente scolastico il compito di valutare i docenti.
     
       Interpellati sull’autonomia scolastica, gli intervistati si dichiarano piuttosto “tiepidi”: in linea generale, la riforma non ha prodotto i risultati sperati soprattutto per quanto riguarda la didattica. Il 38% ritiene che l’autonomia abbia generato un lieve miglioramento e solo il 12% parla di un considerevole miglioramento. Per il 23% del campione, invece, nella sostanza non è cambiato nulla, mentre per il 13% c’è stato un lieve peggioramento. Tra gli aspetti più efficaci dell’autonomia scolastica, figurano la possibilità di autogestire il calendario scolastico (20%) e l’orario (18%), mentre quelli meno efficaci risultano la flessibilità dell’impiego degli insegnanti (21%) e l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (19%).  
     


    Ufficio stampa FGU



    Snadir – Professione i.r. – giovedì 29 gennaio 2009

  • Riforma della scuola: la selezione mascherata di merito

    Riforma della scuola: la selezione mascherata di merito


      


       Qualche giorno fa, chiacchierando con degli amici, è venuta fuori la “questione scuola”; i soliti “pro” e “contro” il decreto del Ministro dell’istruzione. La cosa stupefacente è che questi amici avevano preso per oro colato le dichiarazioni di Berlusconi, della Gelmini, di Bocchino e di Cota, tant’è che riproponevano, pari pari, le tesi dei suddetti fautori di questa fantomatica riforma. E’ anche vero che quando è stata loro offerta una riflessione con dati oggettivi e incontrovertibili, per esempio sulla scuola elementare che funziona, e sulla scuola secondaria che, invece, continua a soffrire, allora hanno convenuto che si doveva cambiare qualcosa nel  sistema  della scuola secondaria. Però, il maestro unico – dicevano – era tutto sommato una bella soluzione che richiamava tempi sereni: di rimando, si è fatto osservare che oggi le competenze richieste dai nuovi programmi di scuola elementare esigono personale specializzato, e non un tuttologo. Si è fatto anche presente che con l’orario a 24 ore settimanali non ci sarà la possibilità di utilizzare le ore di contemporaneità per svolgere attività di recupero o di arricchimento dell’offerta formativa. Bene – hanno risposto – se ci sarà bisogno, provvederemo a seguire i nostri figli per farli recuperare. A questo punto si è delineato chiaramente il nuovo scenario che si verrà a determinare nei prossimi anni: una scuola selettiva, dove solo chi è ricco avrà la possibilità di raggiungere il successo scolastico. Ma questa non è la scuola di tutti; la scuola che invece vogliamo è quella che consente a tutti di studiare e che permette di elevare se stessi per il resto del mondo.
       Certo, la manifestazione del 30 ottobre scorso ha costretto il Governo a fare marcia indietro; cioè il maestro unico sarà soltanto una opzione tra le altre: quindi avremo l’orario a 24 ore, a 30 ore, ed infine il modello a 40 ore settimanali. Rispetto alla riforma Moratti, abbiamo la vecchia soluzione del maestro unico, che la Moratti, a seguito degli esiti di un sondaggio riservato tra genitori e insegnanti, non si sognò neppure di offrire come possibilità. Saranno, quindi, i genitori a scegliere; siamo fiduciosi che le famiglie sapranno scegliere bene, cioè la scuola del modulo e degli interventi con la presenza degli specialisti di lingua e di religione.
       In questo scontro, tra l’idea del tagliare personale e risorse e quella di offrire e rafforzare l’attuale sistema scolastico di scuola primaria, è passata sotto silenzio la decisione che manda in soffitta le teorie della psicologia dell’età evolutiva. Infatti è stato introdotto l’anticipo (a due anni e mezzo) nelle scuole dell’infanzia e sono state confermate le sezioni “primavera”; in questo segmento educativo la confusione regna sovrana.
       Occorre spiegare bene che è necessario restituire ai bambini dai tre ai cinque anni il tempo dell’infanzia, senza anticipi palesi o mascherati. I bambini dai 0 ai 3 anni hanno esigenze fisiche e psichiche diverse dai bambini dai 3 ai cinque anni. Ci si rende facilmente conto – basta leggere qualche manuale di psicologia dell’età evolutiva – che i bambini dai 0 ai tre anni hanno la necessità di un sistema educativo differenziato per finalità e metodologia rispetto a quello della scuola dell’infanzia, che, essendo parte integrante del sistema nazionale di istruzione, è una scuola che non anticipa, ma attraverso specifici obiettivi e finalità inizia il percorso scolastico di ogni persona. Occorre allora intervenire in modo serio, affrontare i problemi  in modo da assicurare ad ogni bambino “opportunità di apprendimento e di crescita educativa”. E’ necessario, quindi, ampliare l’offerta formativa assicurando ad ogni bambino una scuola adeguata alla sua età: bisogna attivare più asili nido e più scuole dell’infanzia. Solo così si darà la possibilità alle donne ( e agli uomini che collaborano in famiglia) di accedere  ad un percorso lavorativo, o comunque di poterlo riprendere appena possibile.
       La scuola secondaria di primo grado é quella in cui si notano meno cambiamenti significativi. Rispetto alla riforma Moratti il regolamento della Gelmini presenta una materia in meno: l’informatica. Nel complesso,  è in questo grado scolastico che occorre  maggiormente intervenire; le indagini internazionali hanno confermato che tale scuola soffre e non riesce a far conseguire a tutti gli studenti “una più approfondita padronanza delle discipline e una articolata organizzazione delle conoscenze”. La soluzione, anche in questo caso, non è tagliare e risparmiare, ma investire in modo deciso sull’inclusione, così come hanno fatto le scuole della provincia di Trento. Ricordo che l’indagine P.I.S.A. ha rivelato che gli studenti trentini con un ISEC (Indicatore Socio-Economico-Culturale) hanno avuto risultati più elevati degli altri studenti italiani con ISEC analogo. Questo vuol dire che il settore secondario del sistema scolastico italiano non è inferiore a quello degli altri Paesi. E’ necessario investire in modo più deciso sul recupero degli studenti in difficoltà, attraverso interventi che compensino gli svantaggi culturali e sociali degli studenti. Il “merito”, tante volte decantato dalla Gelmini, è una mera applicazione della regola “chi ce la fa va avanti, gli altri rimangano indietro per sempre.” Il “merito” che invece noi proponiamo è quello che, non lasciando indietro nessuno, colloca tutti gli studenti nella condizione di raggiungere il successo scolastico.
       La riforma della scuola secondaria di secondo grado è stata rinviata al 2010. Per adesso sappiamo che i piani orari prevedono un monte ore settimanale di 30/32 ore; molto inferiore a quello previsto dalla Moratti, di 34 ore settimanali. Certo, presentarla con degli slade illustrativi e affermare che è una grande riforma di tipo gentiliano è azzardato, e in ogni caso é presto per dirlo. E’ bene ricordare che i tentativi di riforma della secondaria superiore si sono rivelati finora uno scoglio insuperabile e pericoloso per tutti i Governi che si sono succeduti.
       In questi mesi è ripresa la trattativa al Miur sulla mobilità territoriale e professionale. L’applicazione, per la prima volta, della normativa sulla mobilità per i docenti di religione ci induce a richiedere nel prossimo contratto uno specifico articolato che permetterà di definire meglio eventuali situazioni gestite in modo improprio.
       Il nostro impegno per i colleghi del 30%, cioè per coloro che pur avendo vinto il concorso non hanno avuto la possibilità di essere immessi in ruolo e per quelli che hanno subito una rude selezione, si concretizzerà il 21 gennaio 2009 a Roma (daremo comunicazione del luogo e dell’ora nel nostro sito), dove sarà presentata una petizione che sosterrà la necessità di trasformare l’attuale graduatoria di merito in graduatoria ad esaurimento e di avviare ulteriori procedure concorsuali in quelle Regioni dove risulta esservi una disponibilità di posti ai fini del raggiungimento del 70% dei posti. Queste necessità sono state rappresentate l’11 dicembre scorso al Sottosegretario Pizza, che ha riconosciuto la necessità di intervenire in tal senso e di approfondire la questione.
       Sempre grazie alle sollecitazioni  dello Snadir, il Ministero ha finalmente inserito nel sistema informatico delle scuole il programma relativo alle ricostruzioni di carriera degli idr passati di ruolo; la nota del Miur, oltre alle generiche istruzioni alle segreterie per l’inserimento dei dati, segnala anche – facendo proprie le nostre osservazioni – la necessità di porre attenzione ad alcune criticità relative alle posizioni stipendiali e agli assegni “ad personam”: per questo consigliamo comunque ai nostri iscritti di verificare la correttezza delle ricostruzioni elaborate dalle scuole chiedendo un eventuale controllo alle nostre sedi.
       Certo, chi ha a cuore i docenti di religione lavora perché ognuno di loro abbia la possibilità di vedere riconosciuto il proprio impegno professionale anche attraverso il conseguimento del ruolo, mentre chi è loro ostile presenta la questione come insormontabile. Ma questo è un film già visto. Noi, facendo nostra una frase di  Robert Kennedy sogniamo le cose come non sono mai state e diciamo “perché no”?
     


    Orazio Ruscica


    Snadir – Professione ir 1/2009 editoriale – mercoledì 7 gennaio 2009

  • Regolamento della Gelmini: eliminati definitivamente le ore a disposizione per svolgere le attività di arricchimento e di recupero

    Regolamento della Gelmini: eliminati definitivamente le ore a disposizione per svolgere le attività di arricchimento e di recupero


       Il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza di schema di regolamento “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell’art.64 del Dl n.112/2008“. Per quanto riguarda la scuola primaria, sembra che  le recenti dichiarazioni del ministro Gelmini  abbiano avuto un seguito; infatti, “il tempo scuola della primaria è svolto secondo il modello dell’insegnante unico o prevalente che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze” (art.4, comma 3): questo è dunque il modello pedagogico di riferimento della scuola elementare; di conseguenza viene  decretata la fine dell’organizzazione modulare, vale a dire del modello introdotto dalla legge di riforma n.148/1990, fondato sul gruppo docente e sulla suddivisione degli ambiti disciplinari, non c’è più la pluralità docente, non c’è più il “modulo” (che attualmente riguarda il 75% delle classi di scuola elementare sul territorio nazionale). Questo è dunque il dato saliente, l’aspetto principale delle modifiche dell’assetto ordinamentale introdotte dal regolamento. L’altra articolazione dell’orario prevista è quella delle 40 ore “corrispondenti” al tempo pieno, nei limiti dell’organico assegnato per l’a.s. 2008/09 (comma 4, art.4).  Le classi a tempo pieno sono attivate a richiesta delle famiglie, sulla base di uno specifico progetto formativo integrato e delle disponibilità di organico assegnate, nonché in presenza delle necessarie strutture e servizi.  Nello stesso comma si aggiunge che però che “le maggiori disponibilità di orario rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno sono utilizzate per una maggiore diffusione del tempo pieno medesimo”. Dobbiamo chiederci : cosa sono “le maggiori disponibilità di orario rispetto alle 40 ore di scuola” dei bambini se non le 4 ore di compresenza dei due docenti che effettuano insieme un orario di servizio di 44 ore? Sembra pertanto che anche nel modello delle “40 ore” non siano più previste le compresenze e questo lascia pensare che verrà assegnato alle scuole un organico sufficiente a garantire le 40 ore di scuola agli alunni, al netto delle compresenze appunto. La verità è che non ci saranno più le ore a disposizione per svolgere ‘le attività di arricchimento dell’offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da Paesi extracomunitari’. Insomma si torna alla scuola selettiva, alla scuola dove soltanto i Pierini potranno accedere al sapere, alla scuola dove i Gianni, invece, non saranno mai appassionati a studiare e non potranno mai elevare se stessi per il resto del mondo. “Siamo di fronte ad uno cambiamento radicale della scuola primaria – commenta il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica -, di quella scuola che i vari indicatori di qualità a livello internazionale (i più recenti sono i TIMSS sugli apprendimenti in matematica e scienze) ribadiscono essere la migliore a livello europeo. Un vero peccato, perché non c’è logica quando si distrugge quello che va bene. Certo saremo i primi a rivedere la nostra posizione qualora gli On.li Bocchino e Cota ci presentino le indagini internazionali da loro vantate che collocano la scuola italiana del maestro unico al secondo posto”.
    “Siamo stupefatti per il comportamento del Ministro – conclude Ruscica -. Durante l’incontro dell’11 dicembre scorso la Gelmini, assieme al Ministro Brunetta e al Sottosegretario Letta, avendo preso atto della grande protesta della Scuola, avevano annunciato una parziale significativa modifica dei provvedimenti sul maestro unico, si erano impegnati ad affrontare il problema del precariato e ad estendere gli sgravi fiscali sull’accessorio anche al pubblico impiego. Non è più credibile un Ministro che il giorno prima dice di essere disponibile a discutere e il giorno dopo delibera diversamente.”


    Emanuela Benvenuti


     


    Lo schema del regolamento approvato



    Snadir  – Professione i.r. – lunedì 22 dicembre 2008

  • Incontro a Palazzo Chigi: l’impegno del Governo a seguito della mobilitazione del personale della scuola

    Incontro a Palazzo Chigi: l’impegno del Governo a seguito della mobilitazione del personale della scuola
     


       Si è svolto l’11 dicembre scorso a Palazzo Chigi un incontro nel corso del quale il Ministro Gelmini, presenti i ministri Letta e Brunetta, ha preso atto della grande protesta della Scuola ed ha annunciato una parziale significativa modifica.



    • Nella scuola dell’infanzia l’orario resta quello attuale.
    • Nella scuola primaria il maestro unico viene depotenziato ad opzione a scelta dei genitori; il tempo pieno viene mantenuto; nel tempo normale i genitori sceglieranno tra 27 e 30 ore.
    • Nelle scuole secondarie di primo grado l’orario si baserà sulle scelte tra 29 e 30 ore; viene mantenuto il tempo prolungato;
    • Viene congelato, in attesa dei provvedimenti sull’edilizia scolastica, l’aumento del numero massimo di alunni per classe.
    • Viene dilazionata di un anno la riforma della secondaria superiore e restano fuori i professionali.

       Inoltre il Governo si è impegnato ad affrontare il problema del precariato e ad estendere gli sgravi fiscali sull’accessorio anche al pubblico impiego.
       Su specifica richiesta della Federazione Gilda-Unams, il Ministro Brunetta si è detto favorevole a rivedere la norma sugli “arresti domiciliari”; cioè quel sproporzionato periodo di reperibilità per la visita fiscale (dalle ore 08,00 alle ore 13,00 e dalle ore 14,00 alle ore 20,00 di tutti i giorni compresi i festivi, precedentemente: ore 10-12 e ore 17-19).
       Di seguito il documento sottoscritto dal Governo.


    La Redazione



    Snadir – Professione i.r. – sabato 13 dicembre 2008

  • Riordino degli istituti professionali e tecnici: resoconto incontro MIUR-OO.SS

    Riordino degli istituti professionali e tecnici: resoconto incontro MIUR-OO.SS


    Il giorno martedì 11 novembre 08 alle ore 11 presso la sede del MIUR a Viale Trastevere è stata convocata dall’amministrazione (Dott.ssa Nardiello, Prof. De Toni) una riunione con la presenza di tutte le sigle sindacali rappresentative per affrontare il problema del riordino degli istituti professionali e tecnici. Queste le principali note di rilievo, a fronte di una comunicazione che ha dimostrato una oggettiva difficoltà del MIUR di procedere in tempi brevi ai decreti e ai provvedimenti applicativi di cui all’art. 64 della Legge 6 agosto 2008, n. 133.


    Novità di rilievo è che il MIUR intende procedere al riordino degli Istituti professionali contestualmente a quello degli Istituti Tecnici. Nella precedente riunione invece era stato comunicato che il riordino dei professionali sarebbe avvenuto con un ritardo di un anno. Il riordino di tutta l’istruzione professionale e tecnica, partendo dalla classe prima, dovrebbe quindi essere operativo dall’a.s. 2009/10.


    Il riordino degli Istituti professionali vedrebbe una drastica riduzione degli attuali indirizzi in due settori generali (settore industria e artigianato e settore servizi). Nel settore industria e artigianato verrebbero ricompresi gli indirizzi delle produzioni industriali e artigianali; nel settore dei servizi verrebbero ricompresi i servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, i servizi di manutenzione e assistenza tecnica, i servizi socio-sanitari, i servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera, i servizi commerciali.


    Il ciclo di studi degli IP sarebbe di cinque anni, ma le regioni potranno avvalersi delle strutture e delle risorse umane degli IP statali per offrire percorsi di istruzione professionale con qualifiche triennali o quadriennali, ambedue con la possibilità di completamento al quinto anno con esame di stato finale.


    La quota di flessibilità oraria per gli IP è prevista al 25% nel primo biennio, al 35% nel secondo biennio e al 40% nell’ultimo anno del ciclo. La quota di flessibilità degli IT resterebbe inalterata rispetto alla precedente ipotesi (20% nel primo biennio, 30 % nel secondo biennio, 35% nell’ultimo anno del ciclo di studi).


    Le quote orario comuni dovrebbero avere, con minime differenze, stessa consistenza negli IP e negli IT. Il titolo finale sia per gli IP che per gli IT deve essere congruente con i risultati di apprendimento definiti nella Raccomandazione dell’Unione Europea del 23 aprile 2008 (4° livello EQF).


    L’organizzazione degli IP prevede la costituzione di dipartimenti, di un comitato tecnico-scientifico paritetico composto dal DS, da docenti e da esperti nel mondo del lavoro e delle professioni. Gli IP potranno avvalersi con la stipula di contratti d’opera in relazione ai criteri indicati dal comitato di esperti nel mondo del lavoro e delle professioni.


    Importante è stata la chiarificazione della differenziazione tra Istruzione Tecnica e Professionale. L’istruzione tecnica sviluppa competenze in precisi ambiti tecnologici/metodologici (tecnologia/metodologia come variabile discriminante dell’istruzione tecnica); l’Istruzione Professionale sviluppa competenze in precisi ambiti di settore/filiera (settore/filiera come variabile discriminante dell’istruzione professionale). In concreto spettano all’istruzione tecnica i contenuti tecnico-scientifici generali (high-tech) mentre spettano a quella professionale i contenuti tecnico-relazionali (high-touch).


    Risulta certa l’estinzione a partire dalla classe prima dell’a.s. 2009/10 degli Istituti D’Arte che sarebbero ricondotti nei futuri Licei Artistici.


    I quadri orari che circolano nelle mani di molti colleghi e soprattutto nelle mani di diversi dirigenti scolastici non hanno alcun valore.


    Il progetto di riorganizzazione della rete scolastica, a detta della Dott.Nardiello, dovrebbe vedere la netta separazione tra Istruzione Tecnica e Istruzione Professionale evitando la creazione di Istituti comprensivi delle due realtà. In concreto si propone lo scorporo degli IP attualmente incorporati.


    Alcune riflessioni che sono state riportate dalla delegazione della Federazione Gilda-Unams al tavolo del MIUR.


    Appare evidente che i tempi tecnici di presentazione e applicazione dei decreti attuativi sono ancora lunghi (manca ancora il parere obbligatorio delle competenti commissioni parlamentari, manca ancora un atte di indirizzo definito dalla conferenza Stato-Regioni), ecc.).


    E’ sconcertante che si sia già iniziata nelle scuole medie e superiori l’attività di orientamento a fronte di un quadro caotico di riferimento per gli assetti della futura istruzione secondaria superiore e che l’orientamento in atto faccia riferimento agli indirizzi esistenti creando confusione e false aspettative per studenti e famiglie interessati.


    E’ altresì inaccettabile che continuino a circolare in tutta Italia prospetti di quadri orari di vari futuri Istituti Tecnici (ottenuti chissà come da alcuni dirigenti scolastici) senza che questi siano stati presentati formalmente alle OO.SS. e senza che essi abbiano la pur minima validità sia formale che sostanziale.


    Risulta difficile immaginare in tempi brevi un riassetto complessivo degli IP con una loro separazione istituzionale dagli IT nelle realtà in cui essi istituzionalmente convivono.


    Non pare chiaro come le Regioni possano sovrapporre al quadro di indirizzo degli IP statali loro corsi di qualifica di durata inferiore ai cinque anni (se vedano le esperienze di Lombardia e Trentino).


    Preoccupa la mancanza di una politica di rilancio dell’Istruzione Professionale in particolare nelle regioni del meridione, mentre si rischia una “regionalizzazione di fatto” degli IP in alcune regioni del Nord.


    Se pare positivo l’allungamento del ciclo di studi degli IP con l’eliminazione del diploma di qualifica, ciò può diventare paradossalmente un elemento negativo in mancanza di un ampio progetto nazionale di rilancio e valorizzazione dell’Istruzione Professionale spostando una parte della futura utenza verso gli Istituti Tecnici già strutturati su cinque anni o su altre offerte con qualifiche inferiori gestite dalle regioni.


    Abbiamo ancora una volta ribadito le nostre perplessità circa un pervasivo atteggiamento acritico, che accomuna confederali, ANP e MIUR, sulla scuola delle “competenze” quando non è ancora chiaro e definito quali saranno nello specifico quelle previste in entrata e in uscita per i futuri licei e per l’istruzione tecnica e professionale. In particolare appare bizzarro continuare a parlare di didattica laboratoriale per tutte le discipline di fronte all’incremento costante degli allievi per classe e all’aumentata presenza di studenti stranieri.


    Fabrizio Reberschegg



    Snadir – Professione ir – mercoledì 12 novembre 2008

  • Ultimatum di Tremoti alle Regioni: nuovi tagli nel settore scolastico

    Ultimatum di Tremoti alle Regioni: nuovi tagli nel settore scolastico


      


       Approvato un nuovo decreto legge (n.154) in materia scolastica. Un’approvazione avvenuta un po’ alla chetichella, senza grande rumore da parte dei mass media. Ma d’altra parte il titolo del Decreto non era così accattivante per chi è in cerca di notizie scoop: “Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali”.  Solo un esperto del settore può sapere che si parla anche di scuola, e di nuovi tagli. Sì, perché il Decreto 154, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre, prevede che entro il 30 novembre le Regioni debbano predisporre i piani di ridimensionamento e in quelle Regioni che risulteranno inadempienti verranno nominati “commissari ad acta”. Ovviamente “gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali”.
       Il Governo porta dunque avanti con decisione la sua linea di risparmio nel settore dell’istruzione. Ma vediamo i particolari. Il decreto154 è stato approvato il 3 ottobre dal Consiglio dei Ministri e leggendolo bene vediamo che l’articolo 3 riguarda espressamente la “definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali” e prevede una integrazione all’articolo 64 del decreto 112 convertito in legge dal Parlamento solo due mesi fa.
       Il nuovo comma 6-bis afferma che i piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche “devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno”. Non ci sono allora dubbi, né possibilità di fraintendimento, si parla persino di diffida nei confronti degli Enti inadempienti.  Inoltre, si legge testualmente, che “ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei Ministri ….. nomina un commissario ad acta” e che “gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali”.  In poche parole questo significa che il piano di ridimensionamento che il Ministro ha presentato ai sindacati nelle scorse settimane ben difficilmente potrà essere eluso, almeno per la parte che riguarda la chiusura dei plessi sottodimensionati o delle istituzioni scolastiche che non rientrano nei parametri fissati dalla legge. Adesso Regioni, province e Comuni dovranno mettersi al lavoro immediatamente per predisporre un piano di razionalizzazione entro la fine di novembre. A rimetterci saranno soprattutto le scuole dei piccoli Comuni, in particolare quelle di montagna, con poche classi e pochi alunni. Si prevede così che diverse scuole medie saranno soppresse e accorpate ai Circoli didattici per formare Istituti Comprensivi. Nonostante sia un Decreto che non lascia molta libertà di azione, sembra che la Toscana “disobbedisca” e non si preoccupi del commissariamento. “Non ci stiamo – sottolinea l’assessore toscano all’istruzione, Gianfranco Simoncini -. Non faremo tagli alla scuola anche se il governo arriva a minacciare il commissariamento” C’è dunque chi è pronto a disubbidire e comunque a dire no ad un Decreto che, alla chetichella, propone nuovi tagli alla scuola.  Sulla questione interviene anche il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica “Ancora una volta non viene proposta un’idea di scuola su cui confrontarsi, ma tagli indiscriminati. Secondo i dati ministeriali saranno 2.590 le scuole medie e superiori con meno di 500 alunni che subiranno il ridimensionamento. A questo si aggiunge la chiusura di altre 4.200 plessi con meno di 50 alunni. Insomma, a questa pessima riforma risponderemo con uno sciopero della scuola e per la scuola”.



    Emanuela Benvenuti


     



    Snadir – martedì 14 ottobre 2008