Categoria: Riforma della Scuola

  • Il nuovo meccanismo delle retribuzioni e degli scatti indicato nel rapporto “La Buona Scuola” provocherà un taglio degli stipendi

    Il nuovo meccanismo delle retribuzioni e degli scatti indicato nel rapporto "La Buona Scuola" provocherà un taglio degli stipendi


     
    Le linee guida del Governo riguardanti gli aspetti retributivi e di progressione di carriera possono essere agevolmente confutate (vedi documento Snadir/Fgu); si tratta peraltro di un argomento – afferma lo SNADIR/FGU –  che viene presentato in modo fuorviante: le retribuzioni dei docenti, fissate dalle attuali 6 fasce stipendiali, sono indicate come "compensi lordo Stato" in modo generico e senza alcuna spiegazione. E´ bene invece  chiarire che questa dicitura include gli oneri previdenziali e fiscali a carico dello Stato ed è evidente, dunque, che non si tratta di compensi, cioè di retribuzioni, ma della spesa complessiva per ciascun docente. In pratica viene deliberatamente ignorato quali sono le retribuzioni lorde tabellari definite dal contratto e indicate sul cedolino di ogni insegnante.
    Nel documento del Governo – continua lo SNADIR/FGU –  si afferma che gli scatti di competenza triennali favoriranno tutti i docenti neo immessi ma anche una vastissima platea di docenti attualmente in ruolo,  ma ciò non corrisponde alla realtà dei fatti: saranno  infatti molto numerosi gli i bravi insegnanti che non si vedranno riconosciuti da uno fino a 8 anni di anzianità già maturata nella propria fascia stipendiale, e i più penalizzati risulteranno quelli prossimi al passaggio alla fascia successiva. Con l´introduzione dei nuovi scatti non sarà riconosciuta ai neo immessi  l´anzianità pre-ruolo e ai docenti in ruolo quella maturata nella propria fascia; saranno dunque  un´esigua minoranza coloro che a fine attività lavorativa avranno riconosciuti 36 anni di servizio corrispondenti a 12 scatti triennali. 
    Dal confronto tra i due sistemi – quello ancora in vigore  e quello proposto da Renzi – emerge che, con lo scatto due trienni sì e un no, un docente di scuola superiore neo immesso in ruolo, al termine dei 40 anni di servizio, perderebbe 21.871,85 euro netti.
    Se, dunque, questo sistema venisse adottato, darebbe luogo a una serie interminabile di cause giudiziarie.
     

    Snadri/Fgu – Professione i.r. – 27 ottobre 2014

  • La tua firma contro il blocco del Contratto e degli scatti nella scuola

    La tua firma contro il blocco del Contratto e degli scatti nella scuola

     
    Parte la mobilitazione unitaria nelle scuole
     
     
    Gli annunci dei Ministri e del Presidente del Consiglio sul blocco del contratto e degli scatti per i prossimi tre anni sono inaccettabili per docenti e non docenti che già da cinque anni non percepiscono un aumento contrattuale.

    Dal 2009 ad oggi non solo non ci sono stati aumenti retrobutivi ma il potere d´acquisto degli stipendi ha subito un´erosione del 15%. Inoltre nel progetto Renzi "#labuonascuola" si prevede il blocco degli scatti di anzianità anche per il triennio 2015-2017.

    Attraverso la “raccolta firme" #sbloccacontratto Snadir/FGU, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals, docenti e non docenti chiedono con forza risorse per rinnovare il contratto e mantenere gli scatti di anzianità per tutto il personale.

     
     
     
     
     
     
     


     
    N.B. I fogli con le firme dovranno pervenire – entro e non oltre l’8 ottobre 2014 – alla Segreteria nazionale Snadir (via del Castro Pretorio n.30 – 00185 ROMA)
  • #labuonascuola dei #148.000docentidaassumere esige che vengano assunti anche #i5321docentidireligione

    #labuonascuola dei #148.000docentidaassumere esige che vengano assunti anche #i5321docentidireligione

     
    Il piano di assunzione al 1° settembre 2015 deve poter contare, oltre ai 148.000 docenti di altre discipline, anche i 2.778 docenti di religione presenti nella graduatoria del concorso svoltosi nel 2004
     
     
    Dopo annunci e rettifiche, finalmente abbiamo un documento che descrive la scuola che il Governo Renzi vuole attuare.
    Diciamo subito che il piano di assunzione dei 148.100 docenti ci trova molto d’accordo; l’assunzione in ruolo al 1° settembre 2015 di tutto il personale che si trova nelle graduatorie ad esaurimento e di quello presente nelle graduatorie a seguito del concorso bandito da Profumo, nonché  l’indizione di nuovi concorsi per l’assunzione in ruolo nel triennio 2016/2019 di altri 40.000 docenti al fine di coprire il turnover è un investimento per il futuro del nostro Paese che cambia certamente verso alle politiche scolastiche  fin qui adottate, cioè quello di ritenerle un capitolo di bilancio qualsiasi. Adesso sembra che la scuola abbia un’attenzione particolare  e che per Renzi il sapere e la sua diffusione democratica siano  di vitale importanza per il futuro della nostra società civile. Nel piano di assunzione occorre certamente tener presente la necessità di ripristinare l’organico dei posti di ruolo (il 70%) previsto della legge 186/2003 per l’insegnamento della religione. Pertanto il piano di assunzione al 1° settembre 2015 deve poter contare, altre ai 148.000 docenti di altre discipline, anche i 2.778 docenti di religione presenti nella graduatoria del concorso svoltosi nel 2004. Altresì riteniamo corretto che i 2.543 posti vacanti per l’insegnamento della religione, derivanti dai pensionamenti registratisi dal 2008 ad oggi e da quelli che si realizzeranno nei prossimi tre anni debbano essere messi a disposizione del nuovo concorso.
    Diversamente, azzerare tutte le graduatorie precedenti (GAE e ultimi concorsi), bandire un nuovo concorso per gli altri docenti e non utilizzare anche per i docenti di religione tale modalità di superamento del precariato  sarebbe una palese ingiustizia nei confronti di una categoria di docenti che offrono una prassi di insegnamento altamente qualificata agli studenti e promuovono da tempo la propria formazione professionale. Pertanto, nessuna obiezione potrà essere sollevata per negare al docente di religione, che è un lavoratore della scuola al pari dei docenti di altre discipline,“un percorso professionale stabile e sereno” che metta fine alla propria condizione di precariato.
    Altri temi presenti nel documento sulla scuola necessitano di approfondimenti e sono una buona base su cui discutere, ma certamente occorre tener presente che lo stato giuridico del personale docente è materia contrattuale (es. orario di lavoro, formazione in servizio, trattamento economico), da affrontare quanto prima. Non condividiamo l’idea di bloccare gli scatti stipendiali e di utilizzare le risorse derivanti da questi tagli economici per “premiare” un terzo dei docenti e lasciare il livello dello stipendio sempre al di sotto di quelli europei. Sarebbe, invece, cosa diversa assicurare a tutti l’attuale progressione economica (magari rinnovando il contratto con incrementi retributivi) e aggiungere altri benefici economici per lo svolgimento “di ore e attività aggiuntive ovvero progetti legati alle funzioni obiettivo o per competenze specifiche”.
    Su questi temi contrattuali e su altri presenti nel documento vogliamo discutere serenamente per dare il nostro contributo al miglioramento della qualità della scuola italiana; desideriamo però – e siamo fortemente impegnati in questa battaglia – che anche i precari docenti di religione abbiano presto una risposta positiva alle loro legittime aspettative lavorative.
     
    Orazio Ruscica
     

    Snadir – Professione i.r. – 5 settembre 2014

  • Legge di stabilità: indecenti tagli sulla scuola .L’orario dei docenti di scuola secondaria a 24 ore. I docenti di religione perdono dalle 300 alle 3.500 cattedre.

    Legge di stabilità: indecenti tagli sulla scuola

    L’orario dei docenti di scuola secondaria a 24 ore. I docenti di religione perdono dalle 300 alle 3.500 cattedre

     
    Le notizie apparse in questi ultimi giorni sugli organi di informazione riguardanti  la presunta decisione del Governo di inserire all’art.3 della legge di stabilità l’aumento da quattro a sei ore, a titolo gratuito, dell’orario di lavoro  dei docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso quelli di sostegno, sta trovando conferma nelle bozze che circolano e che non trovano smentita.
    Qualora il testo definitivo dovesse davvero confermare che a decorrere dal 10 settembre 2013 l’orario di servizio dei docenti di scuola secondaria di 1° e 2° grado, verrà  aumentato a 24 ore settimanali, potremo rispedire al mittente l’invito che il Ministro Profumo ha  rivolto al personale della scuola, quando l’ha esortato a compiere “un atto di generosità…un patto che rifondi questo mestiere così importante”.
    E’ chiaro che la rideterminazione dell’orario settimanale di lavoro nella scuola secondaria di 1° e 2° grado a 24 ore settimanali avrà anche una ricaduta sugli insegnanti di religione; infatti in prima battuta da settembre 2013 ci saranno circa 300 cattedre in meno per l’insegnamento della religione; quando andrà a regime altri 3.500 docenti di religione incaricati annuali/supplenti non troveranno una collocazione lavorativa.
    E’ del tutto evidente l’accanimento di questo Governo liberista nei confronti dello Stato sociale (assieme alla scuola l’altro sistema in perenne tagli è quello della Sanità).  Nei confronti della scuola si è operato un taglio selvaggio di risorse: il blocco delle fasce stipendiali, il mancato rinnovo contrattuale e la eliminazione dell’indennità di vacanza contrattuale e gli otto miliardi a seguito della legge 133/2008.
    Le notizie di questi giorni sarebbero  anche il segnale che questo Governo ritiene possibile strappare gli accordi contrattuali già sottoscritti e vigenti senza la necessità di alcun confronto con i rappresentanti dei lavoratori.
    Le risorse vanno recuperate eliminando gli sprechi e gli sperperi nella politica, e non colpendo come al solito i dipendenti pubblici.
    Qualora il testo trovasse conferma nella versione ufficiale, lo Snadir,  assieme alla Federazione Gilda-Unams, non mancherà di far sentire la propria voce per opporsi a questi abusi.
     
    Orazio Ruscica
    Snadir – Professione i.r. – 12 ototbre 2012
     
  • Emanato dal ministro Gelmini “l’Atto di Indirizzo” per la scuola dell’infanzia e la primaria

    Emanato dal ministro Gelmini “l’Atto di Indirizzo” per la scuola dell’infanzia e la primaria


    Il documento  non utilizza il linguaggio proprio degli scritti che riguardano la scuola, non pare ispirarsi a modelli pedagogici né correnti di pensiero, salvo un vago riferimento alle classi aperte e ai gruppi di livello


      


       E’ stato emanato dal ministro Gelmini,  prima dell’inizio dell’anno scolastico 2009/2010, l’atto di indirizzo per la scuola dell’infanzia e la primaria.    L’atto  parte dalla disposizione dell’art. 64 del decreto legge del 6 agosto 2008, n° 133, che prevedeva un piano programmatico per la razionalizzazione e l’efficienza del Sistema Scolastico Nazionale, oltre ad una revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico, predisposto dal Ministro del Miur di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
       In tale atto si ribadisce l’importanza dell’autonomia scolastica, che consente di strutturare il piano dell’offerta formativa, avvalendosi di tutte le risorse pedagogico- didattiche e organizzative che le istituzioni scolastiche possono mettere in campo, da sole o in rete. Si auspica flessibilità, efficienza ed efficacia attraverso l’utilizzazione di tutte le risorse, le strutture e la diffusione di tecnologie innovative. Si supera il vincolo dell’unità oraria, del gruppo classe e dell’organizzazione e dell’impiego dei docenti, per razionalizzare risorse umane e finanziarie, fermo restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello nazionale e la distribuzione su cinque-sei giorni, anche su base plurisettimanale.
       Le Indicazioni Nazionali del decreto legislativo n°59 del 2004 e le Indicazioni per il curricolo del 31 luglio del 2007 sono stati il punto di riferimento per la progettazione dei piani dell’offerta formativa degli ultimi anni, da utilizzarsi anche per i prossimi tre anni e non oltre, nell’attesa che si proceda all’armonizzazione del tutto in concertazione con il Ministero delle Economia, per contemperare contenuti tecnicamente rigorosi.
       Si manifesta attenzione ai temi della continuità e del curricolo verticale, anche alla luce dell’esperienza degli Istituti Comprensivi , e delle competenze attese al termine dei cicli scolastici, con una prospettiva che si auspica largamente condivisa, anche attraverso ricerche in collaborazione con ANSAS e INVALSI.
       L’intenzione espressa è attuare , nel triennio, strumenti e metodiche per il sostegno e il riconoscimento del lavoro nelle scuole, che verranno attentamente monitorate.
       Tra le priorità individuate vi è la centralità dell’alunno e il suo itinerario personale di apprendimento, mantenendo l’obiettivo di formare i cittadini di oggi e di domani, con l’individuazione di standard compatibili con parametri UE e OCSE. Viene sottolineata la necessità di una sistematica valutazione periodica, responsabilizzando ogni scuola rispetto ai risultati dell’utenza, con la definizione di  curricoli adeguati alla formazione degli alunni e al proseguimento degli studi.
       Nel documento si passa all’analisi dell’attuale realtà sociale in trasformazione; a riguardo c’è un riferimento al dato religioso allorquando si  parla di  convivenza fra culture e religioni diverse, da trasformare in opportunità grazie all’azione educatrice della scuola, che deve afferire ai propri alunni sia i valori condivisi, che gli strumenti per leggere e affrontare i cambiamenti del mondo, nel rispetto delle individualità, dei talenti, per la promozione della crescita di tutti.
       Si individua il periodo 3-14 anni come quello le cui esperienze condizionano l’allievo.
       Per questo, oltre allo sviluppo delle competenze disciplinari, la sfida è la promozione del senso civico individuale e collettivo per il bene comune, ciò viene affermato richiamando i valori costituzionali di libertà, giustizia, solidarietà promuovendo lo sviluppo della coscienza civica fin dall’infanzia, in particolare con l’introduzione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”. Si sottolinea l’attenzione agli alunni con disabilità che devono avere interventi personalizzati di professionisti e devono poter contare sui servizi territoriali, per sensibilizzare la realtà locale alla cultura dell’inclusione.
       Discorso analogo per gli alunni stranieri, la cui presenza è considerata dato strutturale per cui occorre, in ottica interculturale, favorire l’adeguata conoscenza della lingua e della convivenza civile.
       Il percorso dell’alunno deve essere un continuum dal primo ingresso, eventualmente anticipato, alla prosecuzione degli studi, in un avvicinamento graduale alle discipline, mantenendo il livello di motivazione e partecipazione, anche attraverso rinforzi, approfondimenti e recuperi, non escludendo l’utilizzo della didattica laboratoriale.
       Per la valutazione di ogni alunno è opportuno l’uso di vecchi strumenti e nuove opportunità, in un percorso trasparente e coerente che si realizzi attraverso la formulazione di un curricolo adeguato, che favorisca l’acquisizione dei nuclei fondanti, abbandonando programmi che ledano la libertà di insegnamento con una molteplicità invasiva di prescrizioni.
       Alla Scuola Primaria si riconosce una lunga e positiva tradizione, che ha sviluppato aspetti di qualità ed efficienza, promuovendo la persona, le finalità dell’istruzione, l’accoglienza e il successo formativo, realizzando così la prima alfabetizzazione culturale.
    L’esperienza acquisita va ora coniugata con un progetto coerente, con le diverse articolazione orarie  proposte (24,27,30,40 ore), e il passaggio al docente prevalente come figura di riferimento, introdotto per evitare la frammentazione disciplinare e la secondarizzazione precoce.
       Viene confermato il mantenimento del tempo pieno come servizio sociale e possibilità di apprendimento in tempi distesi.
       Il documento, che non utilizza il linguaggio proprio degli scritti che riguardano la scuola, non pare ispirarsi a modelli pedagogici né correnti di pensiero, salvo un vago riferimento alle classi aperte e ai gruppi di livello, ribadisce la concertazione con il Ministero dell’ Economia, auspicabilmente  non solo con tagli indifferenziati , ma anche con investimenti. Si sottolinea la necessità dell’”inclusione”, parola che va a sostituire l’accoglienza, sottolineando poco la ricchezza della diversità.
       Alle scuole viene lasciato l’onere organizzativo delle diverse proposte dei tempi scuola. Si confida che il maestro unico eviti la frammentazione e la secondarizzazione precoce, anche se attualmente i Collegi Docenti delle varie scuole garantiscono il tempo pieno solo con l’avvicendarsi di più figure.
       La scuola può essere accogliente e attenta allo svantaggio solo disponendo di un adeguato  numero di figure professionali. Si spera che trovino ordine nel prossimo futuro le tante confuse e contraddittorie norme sul sistema di istruzione, per migliorare l’offerta formativa , peraltro già molto buona nella Scuola Primaria prima delle varie Riforme, per raggiungere effettive competenze che possano essere tarate su prove INVALSI elaborate sulla base degli effettivi programmi svolti all’interno delle nostre istituzioni scolastiche, che talvolta  attivano  corsi appositi affinché si possano superare tali prove.



    Cristina Bortoluz


     



    Snadir – Professione i.r. – giovedì 1 ottobre 2009

  • OMBRE E LUCI DI UNA RIFORMA CHE FACILITA LE IMPRESE E RISCHIA DI NON ASSICURARE E A TUTTI IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE

    OMBRE E LUCI DI UNA RIFORMA CHE FACILITA LE IMPRESE  E RISCHIA DI NON ASSICURARE E A TUTTI IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE
                                                                                                          


      


       Nei mesi scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il regolamento per il riordino dei licei, degli istituti tecnici e professionali.
       Come molti già sanno, le sperimentazioni – nel momento in cui entreranno in vigore i regolamenti – saranno eliminate per fare posto a 6 licei, 11 tecnici e 27 professionali. L’orario settimanale (anche se per essere precisi si parla di monte ore annuale) nei licei sarà di 27 ore nel primo biennio e al quinto anno, di 30 nel secondo biennio. Faranno eccezione gli ultimi tre anni del classico (31 ore), dell’artistico (max 35 ore) e del musicale-coreutico (32 ore).
       Gli istituti tecnici e professionali avranno l’orario settimanale di 32 ore, suddiviso nel primo biennio in 20 ore per l’area di istruzione generale e 12 ore per quella di indirizzo, mentre nel secondo biennio e al quinto anno la ripartizione sarà rimodulata in 15 ore per l’area generale e in 17 ore per quella di indirizzo.
       Novità di rilievo è la costituzione del comitato scientifico per i licei, mentre per i tecnici e professionali é prevista l’istituzione del comitato tecnico-scientifico e dell’ufficio tecnico.
    In particolare il comitato tecnico-scientifico (o solo scientifico per i licei), composto da docenti ed esperti del mondo del lavoro/professioni, avrà “funzioni consultive e di proposte per l’organizzazione delle ore  di indirizzo e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità”. Come giustamente afferma il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione  “non può sfuggire, infatti, come il ruolo del Comitato presenti rischi di sovrapposizione con le funzioni di altri organi della scuola – dipartimenti e collegio soprattutto – che andrebbero evitate”.
       Nei tre regolamenti si conferma la decisione di passare dall’attuale ordinamento al nuovo ordinamento in tempi brevissimi. Infatti nell’anno scolastico 2010/11 il nuovo ordinamento dovrebbe realizzarsi nelle prime e seconde classi, ed entrare a regime in tutte le classi nel 2013. E’ abbastanza evidente che cambiare nelle seconde classi il percorso scolastico vuol dire non tener conto della continuità educativa e di conseguenza non potere assicurare agli studenti il diritto all’istruzione e allo studio. Ed è chiaro che una corretta e effettiva riforma ha bisogno di alcuni presupposti indispensabili come la revisione delle classi di concorso e la composizione delle cattedre per ogni indirizzo. In questo momento, senza questi atti concreti diventa davvero difficile non convincersi che l’unico vero obiettivo della riforma dei licei, dei tecnici e dei  professionali è quello dei tagli, così come è stato fatto con la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado.
       Ma c’è un altro motivo per affrettare la riforma dei tecnici e dei professionali. Un obiettivo sembrerebbe nobile; e cioè quello di creare “un raccordo più stretto con il mondo del lavoro e delle professioni”. Ma il vero obiettivo è quello di assicurare nel più breve tempo possibile alle imprese una forza lavoro adeguata alle loro richieste senza che le stesse imprese sborsino un centesimo per la formazione.
       Infatti se andiamo a vedere i dati dell’indagine Excelsior dell’Unioncamere del 2007, dove per 100.000 imprese viene verificata la possibilità di assunzioni per l’anno successivo, troviamo che le imprese nel 2008 avrebbero assunto 284.000 dipendenti senza nessun titolo di studio, 120.000 con la qualifica professionale, 335.000 diplomati (di cui 221.000 con titolo tecnico e professionale e 53.000 con titolo post diploma) e 88.000 laureati.
       E’ abbastanza evidente che c’è una forte domanda da parte delle imprese di diplomati tecnici e professionali. Se andiamo a verificare qual è l’offerta, vediamo che nel 2008, al netto di coloro che avrebbero proseguito gli studi all’università, i diplomati tecnici e professionali sarebbero stati 170.000.
       Quindi sarebbero mancate alle imprese 165.000 unità. Ora, il 50% dei diplomati tecnici (circa 84395) si sarebbe iscritto all’università, mentre solo il 30% dei diplomati professionali avrebbe deciso di frequentare (36.428) l’università.
       Nel 2008, quindi, ben 121.428 diplomati tecnici e professionali avrebbero deciso di proseguire gli studi universitari. E’ evidente che l’attuale sistema di istruzione tecnica e professionale (pur con tutte le difficoltà che mostra) permette agli studenti capaci e meritevoli di raggiungere un elevato grado di istruzione.
       Ciononostante, sembra che il percorso scolastico fornito fino ad ora per i tecnici e professionali debba essere interrotto per un sistema con “non più di dieci materie obbligatorie, orari settimanali attorno alle trenta ore di sessanta minuti, una quota di materie opzionali fino al 20%” (A. Oliva, presidente di TreeLLLe), che tenta di tornare al vecchio modello in vigore fino agli anni ’70. Insomma una riforma che riporta al maestro unico, alla scuola media prima del ’79 e agli istituti tecnici prima del ’70.
       Una riforma di tecnici e professionali che – abbassando il livello all’ “avviamento professionale” – non permetterà più ai 121.428 studenti di iscriversi all’università, ma di andare a colmare il gap tra domanda delle imprese (335.000 unità) e offerta di diplomati (170.000+121.428=291.428). Insomma una riforma che favorirà le imprese, ma che non assicurerà a tutti gli studenti il diritto all’istruzione e a quelli capaci e meritevoli il diritto allo studio, negando così a tutti – in spregio all’art.34 della Costituzione –  il successo scolastico.


    Orazio Ruscica 


     



    Snadir – Professione i.r. – giovedì 1 ottobre 2009

  • LE FAMIGLIE ‘BOCCIANO’ IL MAESTRO UNICO. Una riforma senza anima pedagogica che non trova consensi

    LE FAMIGLIE ‘BOCCIANO’ IL MAESTRO UNICO 
    Una riforma senza anima pedagogica che non trova consensi


     


       La maggioranza delle famiglie italiane ‘bocciano’ il maestro unico. Un risultato che emerge da un recente sondaggio del Miur, fatto alla fine delle iscrizioni scolastiche (conclusesi il 28 febbraio) su circa 900 scuole primarie rappresentative e distribuite su tutto il territorio nazionale. I dati parlano chiaro: sembra infatti (se i dati definitivi delle iscrizioni confermeranno il sondaggio) che solo il 3% delle famiglie ha scelto il modello delle 24 ore, il 7% le 27 ore (una percentuale vicina a quella del corrente anno), il 56% le 30 ore, il 34% le 40 ore (rispetto al 27% dell’anno in corso). E’ chiaro che i genitori dei bambini della primaria hanno scelto prevalentemente le 30 ore basandosi sul modello precedente che prevedeva mensa e compresenza. “Ero fiducioso che le famiglie avrebbero scelto la scuola del modulo e degli interventi con la presenza degli specialisti di lingua e di religione. Mi sembra che in questo modo le famiglie abbiano voluto dire il loro no alla riforma senza anima pedagogica e ai tagli alla scuola – commenta il segretario nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica -. Un vero plebiscito”.
       “Il governo – continua ancora Ruscica – non può disattendere le richieste delle famiglie italiane che richiedono con forza il modello di scuola primaria collocato dalle indagini internazionali ai primi posti e dovrebbe avere il coraggio di fare un passo indietro”.
       Di fatto, se i dati del sondaggio corrisponderanno a quelli delle iscrizioni effettive, 300 mila famiglie il prossimo anno scolastico si troveranno un orario diverso da quello richiesto.
       Ecco alcune previsioni, ipotetiche. Potrebbero essere costituite a tempo pieno il 27% delle classi il restante 73% sarebbe costituito da classi a tempo normale, mentre solo un 3% di classi funzionanti a 24 ore, con un altro 3%  a 30 ore. In questo caso due terzi delle prime classi (67%) risulterebbe con il modello orario a 27 ore settimanali: ma solo il 7% della famiglie avrebbe chiesto questo modello orario.
       Il dato è sconcertante. Infatti gli iscritti al primo anno della primaria il prossimo anno sono circa 500 mila, e solo 300 mila famiglie vedranno soddisfatte le loro richieste..
       Il Miur ha intanto reso noti anche i dati relativi agli scrutini intermedi delle medie superiori. “Il 72% degli studenti”, secondo il Miur, “ha riportato almeno una insufficienza”. Lo scorso anno erano il 70,3%. Non ha insufficienze solo il 28% degli alunni. Tra le discipline più ostiche le lingue straniere che superano la matematica. Sono stati assegnati inoltre 34mila 5 in condotta. Un situazione assai preoccupante. “ – conferma Orazio Ruscica – soprattutto perché, visti i tagli economici all’istruzione, le scuole nella loro autonomia non avranno sufficienti risorse per organizzare corsi di recupero e il risultato, purtroppo inevitabile, sarò una progressiva dispersione e abbandono della scuola. Su questo fatto siamo tutti chiamati ad una riflessione attenta per evitare una descolarizzazione dei nostri giovani. L’istruzione non può essere per il Governo l’ultima ruota del carro”.


    Emanuela Benvenuti


    Snadir – Professione i.r. – martedì 3 marzo 2009