Categoria: Riforma della Scuola

  • La Riforma della scuola secondaria di secondo grado tra Stato e Regioni

    La Riforma della scuola secondaria di secondo grado tra  Stato e  Regioni

    La riforma  della scuola Secondaria di secondo grado, voluta dalla legge n. 53 del 28 marzo 2003, si inquadra in un contesto normativo molto ampio e complesso che tocca l’intero apparato  dello Stato e delle competenze degli enti periferici: regioni, province, comuni.
    Il complesso panorama normativo si è snodato a partire dagli anni 90 specialmente con il decreto legislativo 112/98 con l’attribuzione alle regioni e agli enti locali di alcune competenze in materia d’istruzione.
    Con la legge di riforma costituzionale n. 3/01 (art. 117) viene riconosciuta alle regioni potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale lasciando allo stato la potestà esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e  sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e sulle norme generali sull’istruzione. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale.
    Sia il Senato che la Camera hanno approvato in sede di prima deliberazione il disegno di legge costituzionale, d’iniziativa del governo, che modifica ulteriormente il testo attualmente in vigore dell’art. 117 della Costituzione.
    Il nuovo art. 117 attribuisce alle regioni competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:
    Ø organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia scolastica delle istituzioni scolastiche;
    Ø definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione.
    Ciò significa che le regioni avranno competenza legislativa esclusiva in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale, sembrerebbe che la scuola  va verso una regionalizzazione  completa.
    Alcuni interrogativi sono dovuti:
    1. Tale impostazione risolverà definitivamente il problema della scuola italiana?
    2. Saranno tutte le regioni in grado di sostenere un peso organizzativo, programmatico, economico di così larga portata?
    Se si pensa come alcune regioni hanno gestito la formazione professionale di loro competenza c’è da esprimere ampie riserve e da rappresentare pesanti dubbi!

    Come si può notare la riforma della scuola secondaria di secondo grado si muove in un quadro complesso di vasta portata a cui il legislatore deve porre grandissima attenzione se non vuole incorrere nel pericolo di alimentare un vasto contenzioso tra Stato e Regioni a tutto discapito della tranquillità e serenità dell’organizzazione scolastica.
    Purtroppo allo stato attuale risulta un intricato e controverso dibattito in ordine alla reale portata del nuovo testo costituzionale di cui alla legge 3/2001 e sull’impatto che esso provoca sulla legislazione statale già in vigore, all’estensione e ai limiti dei poteri che a decorrere dal 2001 sono stati assegnati alle Autonomie locali nei rapporti con lo Stato centrale.
    Molto si è scritto sulla riforma scolastica e molto ci sarà ancora da scrivere sulla riforma della scuola secondaria di secondo grado in cui si gioca tutta la credibilità e la forza della legge 53/03.
    I giudizi sono disparati e variano a secondo della figura professionale che li esprime e della sua collocazione politica.
    Comunque, prescindendo dagli estremismi, va apprezzata la nuova struttura ordinamentale della riforma del secondo ciclo, che sottende una  logica di azione integrata con il territorio e la rilevazione dei fabbisogni formativi per  procedere parallelamente alle richieste specifiche di formazione che provengono dal sistema dell’istruzione, della Formazione professionale e dal mondo del lavoro.

    Domenico Buccheri

  • A BREVE PROFESSORI DI SERIE A, B e C

    A BREVE PROFESSORI  DI SERIE A, B e C

    Il 15 febbraio 2005 è stato nuovamente presentato in Commissione cultura e istruzione della Camera un disegno di legge sullo stato giuridico degli insegnanti. Il testo attuale, presentato dall’onorevole Santulli di Forza Italia, modifica in pochi punti un testo (Napoli-Santulli) fermatosi in VII commissione ormai 4 mesi fa.
    La maggioranza sembra ostinatamente intenzionata a stringere i tempi dell’approvazione di una nuova legge che regoli il reclutamento nonché la carriera dei docenti, dal momento che quella attuale risale al 1974.
    La materia trattata da questo disegno di legge, che scaturisce dall’unione di due proposte molto simili, è veramente molto delicata, e vuole incidere profondamente sul futuro degli insegnanti, sulla loro formazione iniziale e in servizio, nonché sull’intero sistema di reclutamento.
    Il disegno di legge "nuove norme sullo stato giuridico degli insegnanti delle istituzioni scolastiche e formative"(T.u.C. 4091 e abb.) si propone, almeno sulla carta, di riconoscere e valorizzare il lavoro del docente, "attraverso un efficace sistema di reclutamento, la formazione iniziale e continua, lo sviluppo della carriera e la retribuzione per merito".
    Il testo fa riferimento, nei primi articoli, a principi assolutamente non discutibili, come la ricerca di una funzione docente "prioritariamente rivolta a educare i giovani all’autonomia e alla responsabilità" e a perseguire"alti livelli formativi"ecc.
    E’ ciò che segue negli articoli successivi che ci lascia molto perplessi, e soprattutto, il fatto che su aspetti così sostanziali possa essere il Governo a decidere legiferando al di fuori di un ampio dibattito parlamentare. Tutto sarebbe, infatti, regolamentato da un decreto governativo da emanare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge.
    Sembra curioso che i docenti debbano avere uno "Statuto" di categoria che essi non hanno pensato né elaborato.
    La grande novità è l’articolazione della professione docente su tre livelli: iniziale, ordinario ed esperto (corrispondenti a 7°, 8° e 9° livello dell’inquadramento del pubblico impiego). Si passa da un livello all’altro attraverso una valutazione periodica svolta da una "commissione permanente di valutazione" in ordine a 1)efficacia dell’azione didattica e formativa 2)impegno professionale nella progettazione ed attuazione del POF, 3) contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione scolastica o formativa 4) titoli professionali acquisiti in servizio.
    Questo ci da molto da pensare, perché è ben comprensibile come non si possa mai verificare l’efficacia della prassi didattica e come questa non abbia quasi mai niente a che vedere con i titoli accademici. Proprio qui un punto debole della legge che non ha mai permesso fino ad ora una differenziazione anche economica tra i docenti: chi o come può stabilire quale efficacia reale abbia un certo tipo di insegnamento rispetto ad un altro? Quali competenze risulteranno realmente acquisite in un futuro a lungo termine? Quale insegnante è realmente in grado di far "passare" certi valori con un reale rapporto umano con il suo allievo?
    Si potrà passare al livello successivo dopo essere rimasti per almeno cinque anni nel livello d’ appartenenza.
    Per passare dal primo al secondo livello sarà necessario fare domanda senza essere sottoposti a nessuna prova né scritta né orale; saranno valutati i titoli acquisiti e tutti i 4 criteri sopra esposti oltre ad una valutazione del dirigente dell’istituzione scolastica. La valutazione della commissione costituirà dei crediti da inserire nel portfolio del docente.
    Il docente esperto (terzo livello) avrà compiti più articolati, come formare gli altri docenti, coordinare dipartimenti e gruppi di progetto, collaborare col dirigente. Per passare a questo livello sarà però necessario frequentare un corso di formazione e sostenere un concorso.
    Gli Uffici scolastici regionali dovranno istituire delle commissioni permanenti per questi passaggi di livello. Un decreto del MIUR, in concerto col Ministro dell’Economia e delle finanze, determinerà il numero massimo di personale docente per ciascuno dei livelli professionali.
    Questo testo recupera almeno, rispetto al precedente, che le modalità per il passaggio tra un livello docente e l’altro e la relativa progressione economica siano discusse in sede di contrattazione collettiva.
    Ultimi aspetti rilevanti sono l’istituzione della qualifica di vicedirigente, figura che andrà ad affiancare il capo di istituto nella gestione della scuola, e l’istituzione di un albo nazionale dei docenti, suddiviso in sezioni regionali. Dopo aver conseguito una delle lauree specialistiche per l’insegnamento,(legge 53/03), si potrà essere assunti dall’istituzione scolastica con contratto temporaneo di formazione e lavoro per svolgere un periodo di tirocinio, ed infine dopo il superamento positivo si potrà chiedere l’iscrizione all’albo nazionale. Saranno quindi le scuole ad assumere i docenti con contratti a tempo indeterminato dopo aver indetto concorsi per soli titoli, previa autorizzazione dell’Ufficio scolastico regionale. La commissione giudicatrice presieduta dal dirigente dell’Istituzione scolastica provvederà alla nomina dei vincitori di concorso. Dire che questo ci lascia perplessi è dir poco: niente più concorsi pubblici anonimi fino ad oggi garanzia di pluralismo culturale. Come potranno essere evitati fenomeni di discrezionalità o di selezione per affinità ideologico-culturale?
    Alla carica di vicedirigente si arriverebbe attraverso un concorso per titoli ed esami a livello regionale, al quale possono partecipare i docenti ordinari ed esperti in possesso di laurea.
    Ultima, ma non in ordine di importanza, l’eliminazione delle RSU per i docenti, garanzia di rappresentanza democratica sul posto di lavoro. E’ difficile da accettare la cancellazione di ciò che faticosamente si era conquistato nell’ultimo decennio: infatti le RSU saranno istituite solo per il personale non docente.
    Come si può vedere la materia non mancherà di provocare nella categoria ampie proteste, poiché si va ad incidere su diritti faticosamente acquisiti con anni di lavoro democratico e sindacale.

    Sandra Fornai

  • Presentata la terza bozza dello schema di decreto per la secondaria superiore

    Presentata la terza bozza dello schema di decreto per la secondaria superiore

    Ieri (11 aprile u.s.) il Ministro Moratti ha presentato la terza versione dello schema di decreto sulla scuola secondaria superiore.

    La terza versione dello schema di decreto legislativo sul Secondo Ciclo (file in pdf e zip)

  • Presentato dal Ministro Moratti il nuovo schema di decreto per la secondaria superiore

    Presentato dal Ministro Moratti il nuovo schema di decreto per la secondaria superiore

    Ieri (3 marzo u.s.) il Ministro Moratti ha presentato alle OO.SS. il nuovo schema di decreto sulla scuola secondaria superiore. Le novità riguardano i quadri orari del sistema dei licei e il percorso istruzione e formazione professionale.

    Il nuovo schema di decreto legislativo sul Secondo Ciclo (file in pdf e zip)

    Il nuovo quadro orario (file in pdf e zip)