Categoria: Rassegna stampa & Risposte

  • Augias e gli IdR: un confronto “spinoso”

    prosegue su “la repubblica” il confronto tra augias e ruscica

     

     

    egr. dott. augias,

    la sua risposta (pubblicata nella rubrica “lettere” di “la repubblica” del 26 maggio scorso) desta numerose perplessità: è vero che “la questione è spinosa”, ma lo diventerà ancora di più se si continua ad essere imprecisi o a lasciarsi guidare dai pregiudizi.

    a parte il fatto che la valutazione di un professore di religione – durante gli scrutini – influisce sulla attribuzione del credito scolastico, non riteniamo che il valore di una materia derivi dalla sua presenza, o meno, tra le materie d’esame.   e poi, che i docenti di religione siano di seconda fila è una sua opinione che non trova riscontro nella vigente normativa statale, la quale, al contrario, afferma che “i docenti incaricati dell’insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti”  (art.309 d.lgs. n.297/94 – testo unico della scuola); né trova riscontro nelle opinioni delle famiglie e degli studenti che continuano numerosissimi (91,6%) a scegliere di avvalersi di tale insegnamento.

    proprio perché la religione è una cosa molto seria, essa rappresenta un aspetto fondamentale nel processo formativo di un alunno che voglia ampliare i propri orizzonti culturali per non rimanere nell’ignoranza religiosa. forse lei è tra coloro che pensano che l’insegnamento della religione sia catechismo scolastico, in verità l’insegnamento della religione è impartito secondo le finalità della scuola, che non sono certamente quelle di indottrinamento.

    lei insiste sul “placet” del vescovo. in effetti gli insegnanti di religione sono stati verificati ben due volte: una prima volta dall’ordinario diocesano, a seguito di un corso di studio post-diploma almeno triennale  e l’altra dall’amministrazione statale, a seguito di un pubblico concorso.

    se il prof. pignatelli – rappresentante sindacale dei precari – volesse partecipare al concorso per insegnare religione potrebbe, dopo aver conseguito il titolo necessario, chiedere l’idoneità al proprio vescovo e poi concorrere, attraverso prove selettive, per i posti di docente di religione.

    certamente il prof. pignatelli sa che le modalità di accesso alla scuola pubblica, negli ultimi anni sono state le più varie: per i docenti di altre discipline, ad esempio, si sono tenuti corsi abilitanti riservati di 80 ore, svolti da docenti chiamati poi ad essere anche esaminatori degli stessi candidati per l’esame finale e successivo inserimento in graduatoria per l’immissione in ruolo.  anche qui, egregio dott. augias, sarebbe stato necessario un certo pudore.

    gli insegnanti di religione, da tali corsi abilitanti riservati, furono esclusi, pur se in possesso di lauree statali e svariati anni di servizio nella scuola pubblica.

    quanto alle cifre, ribadiamo che l’intero contingente non è di 21 mila insegnanti ma di 15.372 nell’arco di un triennio, così come inesatti ci sembrano i dati da lei forniti sul numero dei non avvalentisi: l’osservatorio del triveneto, infatti, ente qualificato che esegue da decenni il monitoraggio anche del numero di studenti che si avvale o meno dell’insegnamento della religione, afferma che nel 2001 la percentuale dei non avvalentisi era del 6,8% e nel 2005 dell’8,4%.

    la sua risposta, dott. augias, ci conferma purtroppo la difficoltà a trattare del tema del precariato scolastico nel suo complesso. chi in questi mesi ha contestato alla moratti di voler produrre una scuola di seria a ed una di serie b, risulta poi tra coloro che puntigliosamente vogliono specificare che non tutti i docenti sono uguali tra loro: qualcuno è di seconda fila.

    certo, “che i prof. di religione abbiano i loro diritti nessuno discute”, il fatto è che a qualcuno crea fastidio che li facciano anche valere.

     

    orazio ruscica

    segretario nazionale snadir

  • La Repubblica 26 maggio 2006: Docenti di religione, figli di un Dio minore di C. Augias

    docenti di religione, figli di un dio minore

     

    risponde corrado augias

     

    alla lettera del prof. orazio ruscica

     

     

    la questione è spinosa. che i prof di religione abbiano i loro diritti nessuno discute, è la loro posizione nella scuola ad essere ambigua. questi insegnanti non partecipano agli esami finali, il loro giudizio non fornisce alcun credito scolastico, sono di fatto insegnanti di seconda fila, immessi sì ma con qualche pudore. quindicimila nuovi assunti, che a regime saranno 21 mila, sono una cifra considerevole. se il numero degli studenti dovesse continuare a diminuire, dovrebbero essere riconvertiti su altra cattedra o altro ruolo dello stato. questo avverrebbe in danno dei precari delle altre discipline in attesa, da decenni, di una definitiva assunzione e senza che questi possano fare altrettanto (mettendosi cioè a insegnare religione) dato che per quella materia chi veramente decide l’ abilitazione è il vescovo al quale spetta un ‘ placet’ anche per l’ accesso al concorso. il professor gianfranco pignatelli del sindacato dei precari mi fa notare che questa ingerenza della curia in un concorso bandito dallo stato è un’ anomalia molto grave: «il gradimento o la selezione preventiva non rende pubblico, ossia aperto a tutti, il concorso e traduce la prova concorsuale in un mero atto formale con il quale si ratifica una decisione presa prima da un soggetto terzo rispetto al concorrente e all’ ente banditore che assume». ma anche senza tener conto di questi dati, è l’ insegnamento (ancorché facoltativo) di una dottrina religiosa ad apparire anomalo e fonte potenziale di dissidi. forse questo spiega il crescente numero di esoneri da questa `materia’ passati dall’ 11,7% del 2001 al 37,6% del 2005. la religione è una cosa molto seria, non si può insegnare come la matematica o il latino, non coinvolge solo nozioni ma sentimenti profondi. andrebbe insegnata davvero ma solo a chi sente di averne intimo bisogno.

  • Anche Augias segue la moda delle critiche agli IdR

    Risposta del Prof. Orazio Ruscica, Segretario Nazionale dello Snadir, a un commento di Corrado Augias pubblicato su “Repubblica” dell’11 maggio 2006


     


    Egr. Dott. Augias,


     


    ho letto la Sua risposta ad un’insegnante di religione pubblicata sulla Sua Rubrica “Lettere” nel numero del quotidiano “Repubblica” dell’11 maggio, e sono rimasto stupito, oltre che amareggiato, che anche una persona del Suo spessore possa farsi “risucchiare” nel vortice della critica a tutti i costi alla categoria degli insegnanti di religione, che oggi sembra andare tanto di moda.


    Anzitutto dobbiamo correggere la cifra degli insegnanti di religione immessi in ruolo a partire dall’anno 2005/06 a seguito di concorso ordinario da Lei fornita: non 21mila, bensì 15.372 secondo i dati ufficiali, ripartiti in tre contingenti ( 9.229 + 3.077 + 3.066).


    Non si può fare un paragone numerico tra le assunzioni “a singhiozzo” degli insegnanti precari delle altre materie (ricordo che dal 2001 sono state comunque assunte 165.303 unità, compresi i Dirigenti Scolastici) e quelle dei 15.372 docenti di religione, perché queste ultime erano attese dal 1985, quando lo Stato si assunse l’impegno di dare agli insegnanti di religione  uno stato giuridico.


    Inoltre Lei sembra ignorare il fatto che se è vero che per insegnare religione cattolica questi docenti devono avere il placet dell’ordinario diocesano (e mi sembra più che normale, vista la materia di cui si occupano), è anche vero che in base alla legge 186 del 2003 per poter passare di ruolo hanno dovuto superare un regolare concorso per titoli ed esami.


    Dopo aver superato il concorso ed il passaggio in ruolo, il docente di religione  che subisce la revoca dell’idoneità, può passare ad altri insegnamenti soltanto se in possesso – oltre al titolo di studio – della relativa abilitazione. I docenti di religione non possono  transitare su altre cattedre neanche dopo cinque anni di ruolo.


    Né soprusi, quindi, né privilegi, come affermava Lei,  specie se considera che la legge in questione consente l’immissione in ruolo solo  per il 70% delle cattedre a disposizione.


    Sarebbero ancora molte le considerazioni che potrei fare di fronte ad una risposta come la Sua, ma visto  che   stiamo  parlando di lavoratori con famiglie a carico che hanno il diritto di essere tutelati e liberati dal precariato come tutti gli altri, Le chiedo solo di riflettere sul fatto che  il Suo “niente di personale” a conclusione di un commento basato su notizie false e fuorvianti rischia di risultare dannoso per l’immagine della categoria in questione.


    Cordiali saluti


     


    Orazio Ruscica


    Segretario Nazionale SNADIR

  • La Gazzetta del Sud, mercoledì 7 settembre 2005

    La sindacalista Sandra Fornai parla del caso di Caterina Bonci, "licenziata" dalla Curia di Fano
    «Molte divorziate insegnano religione»

    Pierandrea Vanni

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    FIRENZE – «Conosco diverse colleghe separate, o divorziate, che insegnano religione senza problemi. Il rapporto con la Chiesa è molto soggettivo e varia da Diocesi a Diocesi ma – in genere – è ispirato a grande, reciproco rispetto». Sandra Fornai, pisana, insegnante di religione e sindacalista (fa parte della segreteria nazionale dello Snadir, il sindacato autonomo di categoria, confederato con Gilda-Scuola, ed è segretaria provinciale di Pisa) non nasconde sorpresa per la vicenda della sua collega "licenziata" dalla Curia di Fano perché divorziata. Sorpresa, appunto, perché ci sono altre insegnanti di religione che hanno lo stesso status civile e continuano ad andare in cattedra ma anche per le reazioni di Caterina Bonci. Andiamo per ordine. Il legale della Curia di Fano ricorda che fra i requisiti richiesti dal diritto canonico per gli insegnanti di religione ci sono quelli di tenere comportamenti pubblici e notori non in contrasto con la morale cattolica. «Ed è esattamente così. Queste sono, diciamo così, le regole del gioco e chi sceglie di insegnare religione le conosce, sa perfettamente che esiste un accordo concordatario fra Stato e Chiesa che regola la materia, con tutto quello che comporta». Il problema è se lo status di divorziato è compatibile o meno con le norme del diritto canonico. «Non entro nel merito. Dico solo che ci sono insegnanti divorziati e che le valutazioni spettano alla Diocesi e, per loro, all’ordinario che concede l’idoneità. Ora è evidente che questa prassi lascia un margine di discrezionalità ma per noi c’è stata una grande novità». Immagino si riferisca al passaggio in ruolo, conseguenza di una legge del 2003. «Esattamente. Io sono stata per ventidue anni una precaria, magari una precaria stabile perché all’inizio dell’anno avevo il mio posto ma sempre una precaria». Che cosa è cambiato, oltre allo stipendio sicuro? «È cambiato che se una di noi non ottiene più l’idoneità dall’ordinario può insegnare materie diverse o chiedere la mobilità e restare nell’ambito della scuola con altre mansioni. Prima non contavamo niente, non eravamo considerate. Adesso resta il rapporto con le Diocesi, come è giusto, perché l’idoneità serve anche per chi è di ruolo ma c’è stato un salto grosso, anche culturale». Ma la sua collega di Fano non ha potuto partecipare al concorso proprio per la mancanza dell’idoneità e non potrà più insegnare, sostituita da un insegnante di ruolo. «Non conosco esattamente il caso se non per quello che ho letto sul vostro giornale. Sono sorpresa perché in genere non ci sono grossi problemi con le Diocesi. Anni fa ci fu a Firenze la vicenda di una collega, separata, che rimase incinta da un uomo sposato. Le fu tolto l’insegnamento ma a quanto mi risulta la Curia collaborò per trovarle un lavoro. Ecco perché mi chiedo se Caterina Bonci ha tenuto sempre ben presenti quelle che ho chiamato le regole del gioco che anche lei ha accettato, se non sbaglio ben quattordici anni fa».

  • La7- Trasmissione

    LA7 – Trasmissione "PORTAMONETE"

    Intervista al Segretario Nazionale dello Snadir, Orazio Ruscica