Categoria: Rassegna stampa & Risposte
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Le favole di Caterina Perniconi su “Il Fatto quotidiano”. LE BUGIE DETTE E RIDETTE DIVENTANO VERITA’
Le favole di Caterina Perniconi su “Il Fatto quotidiano”
LE BUGIE DETTE E RIDETTE DIVENTANO VERITA’
Siamo alle solite. Dopo sei mesi dall’ultima bufala [vedi “Il fatto quotidiano” e il suo blog “L’Antefatto” (16 maggio 2010)] il “Il Fatto Quotidiano”, riprende delle notizie vecchie e le ripropone senza alcuna verifica. E’ davvero singolare che, nonostante l’attenzione con cui generalmente questo quotidiano analizza gli eventi, non venga prestata la stessa cura quando l’argomento in questione riguarda i docenti di religione. L’articolo di Caterina Perniconi su “Il Fatto Quotidiano” (11 gennaio 2011) afferma che “gli unici a non essere colpiti dalla riduzione di 140.000 posti da docente entro l’anno scolastico 2011/12, sono proprio i 15.000 insegnanti di ruolo e i 10.000 precari di religione… E mentre le altre materie hanno subìto tagli di ore con la nuova “riforma Gelmini” della scuola, quelle di religione sono addirittura aumentate”. I dati forniti dalla giornalista non corrispondono affatto a quelli contenuti nel decreto interministeriale che fissa per l’anno scolastico 2009/2010 il numero di posti disponibili, a tempo indeterminato e determinato, per l’insegnamento della religione. Per evitare di scrivere notizie inesatte, sarebbe bastato fare riferimento al documento “La scuola statale – sintesi dei dati, anno scolastico 2009/2010” nel quale si legge che i docenti di religione di ruolo sono 13.880, mentre quelli assunti sono 14.332. Le 452 cattedre rimaste scoperte a causa dei pensionamenti non sono state coperte con nuove assunzioni in ruolo. Per gli insegnanti precari, dunque, non c’è stata alcuna svolta e, per effetto della riforma, quelli che avevano una cattedra formata da poche ore adesso non lavorano più.
Le affermazioni di Perniconi, dunque, sono false: anche i docenti di religione hanno subìto i tagli imposti dalla riforma perché, come è noto a chi conosce bene il mondo della scuola italiana, ridurre il numero delle classi significa ridurre inevitabilmente anche le cattedre di religione. Il rischio che si corre con questa disinformazione è di scatenare un’assurda guerra fra insegnanti. Ecco perché occorre ribadire ancora una volta che i docenti di religione sono tali perché vincitori di un concorso ordinario bandito dal ministero dell’Istruzione, così come avviene per le altre materie di insegnamento. Non sono, dunque, né insegnanti privilegiati né di serie B.
Orazio Ruscica
Snadir – Professione i.r. – 12 gennaio 2011
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Ancora una volta “Repubblica” falsa i dati per mettere l’uno contro l’altro il personale della scuola
Ancora una volta "Repubblica" falsa i dati per mettere l’uno contro l’altro il personale della scuola
L’articolo di Salvo Intravaia pubblicato sul sito di "Repubblica" afferma che in netta controtendenza con "il taglio delle classi e con il lento ma graduale spopolamento delle aule" aumentano i docenti di religione individuati dal Vescovo. Inoltre dichiara che il numero dei docenti di religione "è cresciuto fino ad arrivare alla cifra record di 26.326 unità".
Andiamo con ordine. Ricordiamo a Intravaia che il docente di religione di ruolo è doppiamente qualificato. Infatti gli studenti si ritrovano un docente verificato sia dal Vescovo che dallo Stato italiano, che ha sottoposto ad un concorso ordinario i docenti da immettere in ruolo.
La cifra data dall’articolista, poi, di 26.326 unità non coincide neppure lontanamente con i dati prodotti dal decreto interministeriale che stabilisce per l’anno scolastico 2009/2010 il numero dei posti (di ruolo e non di ruolo) per l’insegnamento della religione nella misura di 23.238 unità.
Inoltre, se andiamo a leggere la fonte da cui trae i dati "La scuola statale – sintesi dei dati, anno scolastico 2009/2010" ci accorgiamo che per l’anno scolastico 2009/2010 il numero dei docenti di religione di ruolo è di 13.880 unità. Quindi rispetto ai 14.332 immessi in ruolo ne mancano 452, derivanti dai pensionamenti. Per essere precisi, allora occorre dire che tutto il personale della scuola – compresi i docenti di religione – ha subito i tagli; i docenti di religione inoltre hanno dovuto subire la mancata immissione in ruolo di personale fino alla copertura dell’organico spettante.
Insomma Intravaia crede e vuole far credere alla favola che gli unici a non essere colpiti dai tagli sono i docenti di religione. Certo ognuno è libero di credere alle leggende, ma chi è ragionevole sa bene che a una diminuzione di classi corrisponde inevitabilmente una diminuzione di cattedre di religione.
Orazio Ruscica
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“Il fatto quotidiano” e il suo blog “L’Antefatto” (16 maggio 2010) si allinea ai polveroni degli altri giornali alterando la verità dei fatti sulla questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico
Roma, 17 maggio 2010
Al Direttore del “Il Fatto Quotidiano”
RomaEgregio Direttore,
sono davvero dispiaciuto per come “Il fatto quotidiano” e il suo blog “L’Antefatto” (16 maggio 2010) si allinea ai polveroni degli altri giornali alterando la verità dei fatti sulla questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico. Mi riferisco in particolare all’articolo di Marina Boscaino dal titolo “Privilegio "Concordato"”.
E’ davvero singolare come l’autrice dell’articolo per dare risalto ai commenti negativi sulla questione citi l’autorevole l’intervento di Pierluigi Battista sul “Corriere della Sera”. Mi sembra alquanto strano citare il commento di Pierluigi Battista come autorevole, quando Marco Travaglio – su altre questioni – definisce lo stesso “giornalista da riporto”.
A meno che quando si parla di altro il Battista è inaffidabile, mentre quando si parla di insegnamento della religione allora diventa la fonte della verità.
Ma al di là della polemica veniamo alla questione. L’articolista dichiara che “ la laicità della scuola pubblica vada tutelata intransigentemente” e che “il Tar con una sentenza limpidamente democratica ha affermato che far valere l’ora di religione ai fini dei crediti e del voto finale genera disparità tra gli studenti e lede la laicità dello Stato”.
Ora è del tutto evidente che l’articolista non tiene conto delle sentenze della Corte Costituzionale che hanno più volte ribadito che l’insegnamento della religione cattolica è legittimato nelle scuole della Repubblica italiana a seguito delle nuove motivazioni dichiarate all’art.9, numero 2 delle legge 121/1985. Questi dati significativi sono riassumibili nel riconoscimento del valore della cultura religiosa, nella considerazione che i principi del Cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano e nell’inserimento dell’insegnamento della religione cattolica nel quadro delle finalità della scuola. Queste motivazioni sono – afferma la Corte Costituzionale (sentenza n.203 del 1989) – coerenti con la forma di Stato laico della Repubblica italiana.
Inoltre non considera che anche la Corte Costituzionale ha affermato (sent. 203/1989) e più volte ribadito (sent. 13/1991; sent. 290/1992) che l’insegnamento della religione cattolica è inserito nel quadro delle finalità della scuola ed ha pari dignità culturale con le altre discipline; tutto ciò NON E’ – afferma ancora la Corte – causa di discriminazione.
Per quanto riguarda la “limpidezza democratica” della sentenza del Tar, replico con le stesse argomentazioni già presentate all’autorevole Pierluigi Battista.
La sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso è in linea con quanto deciso nel maggio del 2007 dallo stesso Consiglio e nel 2000 dal Tar Lazio sezione terza bis; entrambe le decisioni hanno affermato la validità dell’insegnamento della religione nell’attribuzione del credito scolastico.
Quindi quest’ultima sentenza del Consiglio di Stato, fortemente rispettosa dei pronunciamenti della Corte Costituzionale (sent. n.203/1989 e n.13/1991), ribadisce con forza un principio: chi lavora, chi si impegna a frequentare un’ulteriore disciplina scolastica deve vedersi riconosciuto il diritto alla valutazione dell’interesse e del profitto che ne ha tratto. Certo non può essere valutata l’uscita da scuola, cioè non può essere premiata la decisione di chi ha scelto di impegnarsi per un tempo scolastico minore.
Insomma è una sentenza che non discrimina né favorisce chi non segue l’insegnamento della religione cattolica, ma nello stesso tempo dichiara legittima la valutazione per l’interesse e il profitto dimostrato da chi ha deciso liberamente – esercitando un proprio diritto Costituzionale – di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini abbiano vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò abbia lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura.
Relativamente alla questione della disciplina alternativa, siamo fermamente convinti che occorre dare agli studenti la possibilità di scegliere una materia alternativa altrettanto valida sul piano dei contenuti quanto quella già offerta a chi si avvale dell’insegnamento della religione.
Chiedo che questo mio intervento possa trovare spazio sul suo giornale e blog, così da garantire una informazione che tenga conto non solo del punto di vista della Boscaino, ma anche di quello della nostra organizzazione sindacale, rappresentativa dei docenti di religione.
Distinti saluti
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale SnadirSnadir – Professione i.r. – 17 maggio 2010
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Il Corriere della Sera ci riserva una delusione per come travisa la questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico
Roma, 12 maggio 2010
Al Direttore de
"Il Corriere della Sera"Egregio Direttore,
ancora una volta il suo giornale ci riserva una delusione per come travisa la questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico. Mi riferisco in particolare all’articolo di Pierluigi Battista dal titolo “La religione a scuola fa media: che errore”.
E’ davvero singolare il fatto che l’autore dell’articolo riconosce che “la conoscenza della religione cristiana ha un ruolo importante nel nostro patrimonio culturale”, ma poi – contraddicendo l’ assunto – afferma che l’inserimento di tale disciplina in “un curriculum scolastico non è la via maestra per valorizzarla”.
E’ evidente invece che, se la conoscenza della religione cristiana ha un significato rilevante per la nostra cultura, risulta indiscutibile che la scuola debba offrire un percorso di apprendimento per approfondire i motivi per cui i fatti e i “significati” religiosi sono iscritti nelle categorie storiche della nostra Nazione, si tratta di valori di riferimento che sono risultati determinanti nell’edificazione della vita pubblica, a partire da quelli accolti e protetti nella Costituzione italiana.
La sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso è in linea con quanto deciso nel maggio del 2007 dallo stesso Consiglio e nel 2000 dal Tar Lazio sezione terza bis; entrambe le decisioni hanno affermato la validità dell’insegnamento della religione nell’attribuzione del credito scolastico.
Quindi quest’ultima sentenza del Consiglio di Stato, fortemente rispettosa dei pronunciamenti della Corte Costituzionale (sent. n.203/1989 e n.13/1991), ribadisce con forza un principio: chi lavora, chi si impegna a frequentare un’ulteriore disciplina scolastica deve vedersi riconosciuto il diritto alla valutazione dell’interesse e del profitto che ne ha tratto. Certo non può essere valutata l’uscita da scuola, cioè non può essere premiata la decisione di chi ha scelto di impegnarsi per un tempo scolastico minore.
L’insegnamento della religione, la materia alternativa o lo studio individuale assistito contribuiscono all’attribuzione del credito scolastico (1 punto in più) e non si inseriscono, come scrive l’articolista, nel calcolo della media dei voti (questo avviene solo per le discipline la cui valutazione è espressa in forma numerica).
Insomma è una sentenza che non discrimina né favorisce chi non segue l’insegnamento della religione cattolica, ma nello stesso tempo dichiara legittima la valutazione per l’interesse e il profitto dimostrato da chi ha deciso liberamente – esercitando un proprio diritto Costituzionale – di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini abbiano vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò abbia lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura.
Cordialmente
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale SnadirSnadir – Professione i.r. – 13 maggio 2010
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Il Manifesto affronta in modo fuorviante la questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico
Roma, 12 maggio 2010
Al Direttore de
"Il Manifesto"Egregio Direttore,
mi stupisco come un giornale importante come quello da Lei diretto affronti in modo fuorviante la questione della valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico. Mi riferisco in particolare all’articolo di Giogio Salvietti dal titolo “Quanto paghiamo l’ora di religione”.
La sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso è in linea con quanto deciso nel maggio del 2007 dallo stesso Consiglio e nel 2000 dal Tar Lazio sezione terza bis; entrambe le decisioni hanno affermato la validità dell’insegnamento della religione nell’attribuzione del credito scolastico.
Quindi quest’ultima sentenza del Consiglio di Stato, fortemente rispettosa dei pronunciamenti della Corte Costituzionale (sent. n.203/1989 e n.13/1991), ribadisce con forza un principio: chi lavora, chi si impegna a frequentare un ulteriore disciplina scolastica deve vedersi riconosciuto il diritto alla valutazione dell’interesse e del profitto che ne ha tratto. Certo non può essere valutata l’uscita da scuola, cioè non può essere premiata la decisione di chi ha scelto di impegnarsi per un tempo scolastico minore.
Pertanto, l’insegnamento della religione, la materia alternativa o lo studio individuale assistito contribuiscono all’attribuzione del credito scolastico (1 punto in più) e non si inseriscono, come scrive l’articolista e dichiara il segretario della Flcgil, nel calcolo della media dei voti.
Inoltre, la decisione di inserire la valutazione dell’insegnamento della religione nel credito scolastico non avviene in corso d’opera, ma era già stata prevista nel regolamento sulla valutazione (DPR 122/2009); quindi tutti gli studenti hanno iniziato l’anno scolastico con la consapevolezza delle modalità di attribuzione del credito scolastico.
I tagli voluti da Tremonti e dalla Gelmini toccano anche i docenti di religione. Infatti, l’aumento del rapporto alunni/classi ha come conseguenza un maggior numero di studenti per classe e un minor numero di classi. E’ chiaro che diminuendo le classi, diminuiscono le ore di religione e, quindi, spariscono le cattedre per i docenti di religione precari.
Il concorso che abbiamo dovuto affrontare per l’immissione in ruolo è stato un concorso con una prova scritta e una orale e non un corso abilitante riservato; altri hanno fruito di questi leggi speciali e corsie preferenziali.
E’ vero che alcuni incaricati annuali hanno un beneficio economico ogni due anni nella misura del 2,50% sulla retribuzione base, cioè circa 10/15 euro; ma abbiamo sempre detto che tale beneficio dovrebbe essere esteso agli altri precari.
Infine, mi preme precisare che noi riceviamo l’idoneità per insegnare religione e non “il sigillo clericale”. Atteggiamenti clericali, cioè dogmatici e intolleranti, stanno forse in chi – in dispregio ai pronunciamenti della Corte Costituzionale – vorrebbe penalizzare gli studenti che liberamente, nell’esercizio di un diritto costituzionale, hanno scelto di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini hanno vissuto il loro rapporto con l’Altro.
Cordialmente
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale SnadirSnadir – Professione i.r. – 12 maggio 2010
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Arretrati agli insegnanti di religione: la grande montatura
Arretrati agli insegnanti di religione: la grande montatura
E’ davvero stupefacente come i giornali “Repubblica”, “l’Unità” e “La Tecnica della scuola” siano riusciti a trasformare una notizia di legittima applicazione di una norma in una polemica che riprende toni a dir poco obsoleti.
I tre articolisti riportano con assoluta certezza: che tali provvedimenti riguarderanno tutti i docenti di religione di ruolo e non di ruolo (l’Unità); che il provvedimento sarà applicato a partire dal gennaio 2003; che l’incremento del 2,50% corrisponde a tre scatti (La Tecnica della scuola); che è una cosetta di non poco conto in quanto porterà nelle tasche degli interessati un bel gruzzoletto (Repubblica).
Insomma sembra che i tre autori facciano a gara a chi la spara più grossa. Ma incominciamo a precisare.
1. I docenti di religione senza ricostruzione di carriera hanno – sin dal 1980 (legge 312/1980) beneficiato degli aumenti biennali nella misura del 2,50% sullo stipendio base.
2. Dal 1° gennaio 2003 il CCNL scuola ha conglobato lo stipendio e l’indennità integrativa speciale (IIS) in un’unica voce stipendiale.
3. Ne discende che, avendo unificato lo stipendio e l’IIS, è naturale che il 2,50% venga calcolato sulla nuova voce stipendiale (stipendio base + IIS).
4. Il MEF, dopo attenta riflessione, ha riconosciuto legittima la richiesta di calcolare il 2,50% sulla nuova voce stipendiale.
5. I docenti di religione NON di ruolo percepivano – anche prima di tale accoglimento – ogni biennio il 2,50% sulla retribuzione base, che si traduceva nella busta paga in 40,26 euro mensili per i docenti di scuola dell’infanzia e primaria, mentre per quelli di scuola secondaria superiore in 43,69 mensili.
6. Il riconoscimento del calcolo del 2,50% sull’indennità integrativa speciale (IIS) si tradurrà in termini economici in 13,30 euro mensili per i docenti di scuola dell’infanzia e primaria, mentre per quelli di scuola secondaria superiore in 13,46 mensili.
7. Non c’è che dire: un bel gruzzoletto (sic!), specie se si considera che bisognerà recuperare tre bienni! Forse non si vorrebbero dare gli arretrati ai docenti di religione? Ma ogni lavoratore ha diritto alla retribuzione! Oppure per i soli docenti di religione è un diritto che può tranquillamente essere disatteso?
In conclusione. Abbiamo sempre sostenuto che anche per gli altri docenti precari della scuola italiana dovrebbe essere prevista, non solo l’attribuzione degli aumenti biennali, ma anche la ricostruzione di carriera. Noi siamo per estendere il beneficio a tutti i precari, non per toglierlo a qualcuno, come invece ritengono giusto le illustri testate di cui sopra.
Trovo interessante la citazione dalla “Lettera ad una professoressa” (Don Milani): “ Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia” . E noi non siamo avari!Orazio Ruscica
Nuova informativa del MEF sugli aumenti biennali
Snadir – Professione i.r. – 18 gennaio 2010
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E’ dovere di tutti rispettare la verità dei fatti
E’ dovere di tutti rispettare la verità dei fatti
Ancora una volta Corrado Augias ci riserva una delusione. Sono state portate alla sua attenzione più volte, dal segretario Nazionale dello Snadir Prof. Orazio Ruscica, le imprecisioni contenute nei suoi scritti riguardanti l’insegnamento della religione. Nulla da fare: nessuna rettifica Cresce in noi il convincimento che anch’egli preferisca schierarsi con quei gruppi ancora legati ad anacronistiche posizioni ideologiche, a costo purtroppo della verità dei fatti.
Ci riferiamo alla risposta del Dott. Augias su “Repubblica” del 3 settembre scorso avente ad oggetto le recenti, trite polemiche riguardanti l’insegnamento della religione; ci riferiamo, soprattutto, al fatto che il prof. Ruscica ha puntualmente fatto notare ad Augias le imprecisioni contenute nelle sue affermazioni, ottenendo però in risposta solo poche righe del tutto evasive.
Certamente Augias può anche non essere d’accordo con le nostre opinioni, ma riteniamo sia dovere di tutti rispettare la verità dei fatti ed avere il coraggio di riconoscerla, qualunque sia il nostro orientamento. Chi lo sa, forse chiediamo troppo!
La Redazione
- Risposta di Augias a Ruscica (3 settembre 2009)
- Lettera di Ruscica a Augias (3 settembre 2009)
- Risposta di Augias ad un lettore di Repubblica (3 settembre 2009)
Snadir – Professione i.r. – sabato 5 settembre 2009 -
Risposta di Augias ad un lettore di Repubblica (3 settembre 2009)
Risposta di Augias ad un lettore di Repubblica (3 settembre 2009)
Tra le polemiche di questa agitatissima estate dobbiamo registrare anche le reazioni alla sentenza dle Tar del Lazio che escludeva l’insegnamento della religione dalla valutazione del profitto. Una circolare del precedente ministro della Pubblica Istruzione, Fioroni, aveva inserito la ‘religione’ fra le materie curriculari. Chi non voleva avvalersene veniva quindi discriminato in quanto le materie alternative non c’erano o non avevano uguali prerogative. I giudici amministrativi dovevano rispondere al quesito se la Circolare Fioroni del 2007 finiva o no per discriminare gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica. La risposta è stata affermativa con questa motivazione:«Un insegnamento di carattere etico e religioso attinente alla fede individuale non può essere oggetto di valutazioni di valore proporzionalmente ancorate alla misura della fede. Sotto tale profilo è dunque evidente l’irragionevolezza dell’Ordinanza che, nel consentire l’attribuzione di vantaggi curriculari, inevitabilmente collega in concreto tale utilità alla misura dell’adesione ai valori dell’insegnamento cattolico». Un recente sondaggio ha registrato che il 70 per cento dei lettori erano favorevoli alla sentenza. E’ davvero un problema? -
Lettera di Ruscica a Augias (3 settembre 2009)
Lettera di Ruscica a Augias (3 settembre 2009)
Egr. Dott. Augias,
a distanza di due anni, torniamo a parlare di insegnamento della religione. L’occasione ci è data dalla sua risposta alla lettera del Sig. Moschini (Repubblica del 3 settembre 2009, pag. 30).
Mi sembra doveroso fare alcune precisazioni. Ad aver riconosciuto il carattere curriculare dell’insegnamento della religione non è stato l’allora ministro Fioroni bensì la Corte Costituzionale; essa, infatti, ha affermato (sent. 203/1989) e più volte ribadito (sent. 13/1991; sent. 290/1992) che l’insegnamento della religione cattolica è inserito nel quadro delle finalità della scuola ed ha pari dignità culturale con le altre discipline; “!tutto ciò NON E’ – afferma ancora la Corte – causa di discriminazione”. L’ordinanza di Fioroni, invece, che riprende una precedente di Berlinguer, non fa altro che prendere atto dell’insegnamento scolastico della religione e valutarlo agli studenti che se avvalgono come un lavoro scolastico in più, utile ai fini del credito scolastico.
Non è vero che non ci sono la materie alternative. E’ possibile riconoscere a chi non si è avvalso dell’insegnamento della religione la frequenza e il profitto svolto nella materia alternativa oppure lo studio individuale assistito che si sia tradotto in un arricchimento culturale. Certo non viene valutata l’uscita da scuola per andare al bar o in sala giochi.
Inoltre, riporta le motivazioni del Tar condividendo il fatto che “un insegnamento di carattere etico e religioso attinente alla fede individuale non può essere oggetto di valutazione”. E’ chiaro che tale opinione non tiene conto di quanto ha affermato in diverse occasioni la Corte Costituzionale (Sentt. 203/1989; 13/1991; 290/1992), e cioè che l’insegnamento della religione è impartito nel “quadro delle finalità della scuola” ed è “compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale”. Quindi l’insegnamento della religione è un insegnamento scolastico che non attiene alla fede individuale né ha lo scopo di generarla. E’ un insegnamento che lo Stato garantisce a tutti coloro che non vogliono restare in una condizione di analfabetismo circa i fatti e i “significati” religiosi, a partire dai testi sacri del monoteismo fino agli eventi dei giorni nostri. E’, infatti, proprio a partire dalle importanti affermazioni dalla Corte, che il Consiglio di Stato ha già bocciato la precedente sentenza del Tar Lazio, definendo il ricorso “privo di consistenza”.
Infine, il 70% dei lettori è favorevole alla sentenza. Forse questo 70% occorre riferirlo al 10% che NON se ne avvale.
Cordiali saluti
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale Snadir
Snadir – Professione i.r. – giovedì 3 settembre 2009