Categoria: Rassegna stampa & Risposte

  • Meno polemiche, più concretezza

    In questi giorni di polemica contro la presunta ingiustificata presenza degli insegnanti di religione cattolica nelle Commissioni d’esame per la terza media, leggiamo su MicroMega un nuovo articolo ai danni dell’ora di religione, firmato da Anna Angelucci, presidente dell’Associazione Nazionale Per la Scuola della Repubblica.

     
    Arriva alla nostra corte l’ennesimo paladino della laicità dello Stato, condannando quello che definisce “un attacco inaccettabile alla scuola pubblica” e “un ostacolo all’esercizio di una cittadinanza libera e consapevole”, e sparando a zero non solo sull’ora di religione tout court, ma soprattutto sulla professionalità dei suoi insegnanti, rei di godere di “innumerevoli benefici e privilegi di ordine giuridico e amministrativo”.
     
    Mettendo un attimo da parte la scarsa considerazione che la giornalista riserva indegnamente a un’intera categoria di docenti, senza peraltro giustificare in alcun modo le sue affermazioni, ci teniamo a ricordare che l’insegnamento della religione trova spazio nella scuola per via un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline.
     
    Non si tratta di un’ora di catechesi, né di un’opera di indottrinamento ai danni delle giovani menti che popolano le nostre scuole. Quello che l’ora di religione si propone di essere all’interno della scuola italiana è piuttosto uno spazio di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita e delle tradizioni del nostro Paese e della nostra società.
     
    Nessun “baldo giovanotto interessato esclusivamente a Bibbia, Vangeli autorizzati e vita vera di Cristo e degli apostoli”, quindi, ma docenti con un solido percorso di studio di livello universitario e post universitario, quindi formati, preparati e attenti alle vite e alle storie dei nostri studenti e attaccati a un’idea di scuola basata sulla centralità della conoscenza e del sapere costruiti a partire dalle pratiche di collaborazione, corresponsabilità, dialogo e rispetto reciproco. 
     
    Se veramente l’articolista volesse impegnarsi in una “battaglia di civiltà e di buon senso”, che si faccia avanti per condannare, non l’ora di religione, ma quel sistema burocratico e intransigente che ha dimenticato i principi e i modelli su cui dovrebbe costruirsi l’istruzione scolastica, mettendo da parte l’importanza delle competenze costitutive del capitale umano di ogni studente.
    Che si indigni nei confronti di quei sistemi di misurazione standardizzati che non fanno altro che appiattire gli animi e le velleità dei nostri studenti.
    Che si opponga alla totale mancanza nelle scuole di una varietà di approcci culturali, didattici, organizzativi e gestionali.
     
    Ma che non ci venga a dire che siamo noi il cancro di questo sistema che ha smesso di funzionare. Che ha dimenticato prima di tutto l’uomo, la sua storia e la sua sete di conoscenza, anche spirituale. Non ci venga a parlare di “discriminazione”, perché la vera discriminazione nasce dall’ignoranza, dal silenzio, dall’evitare a tutti i costi certi discorsi e certe tematiche.
    In una società che è un “melting pot” (mescolamento) di etnie, culture e tradizioni che dovrebbero rappresentare una ricchezza, non si possono mettere da parte il dialogo e il confronto.
     
    La scuola deve tornare ad essere uno dei contesti privilegiati, insieme a quello famigliare, dove bambini e ragazzi costruiscono ed esprimono la propria identità. Non si tratta di formare “automi” istruiti o pappagalli che sappiano ben ripetere la lezione, ma di incoraggiare le abilità di pensiero, di conoscenza e di responsabilità di quelli che saranno i cittadini di domani.
    E questo non può accadere, se la scuola diventa uno spazio per l’apprendimento preimpostato, che preveda un’alfabetizzazione solo formale e non sostanziale, ignorando il bisogno di significato dei nostri studenti, le loro domande scomode, i loro grandi interrogativi sulla complessità del reale.
     
    Non a caso, l’UNESCO afferma che «Nessun sistema educativo può permettersi di ignorare il ruolo della religione e della storia nella formazione della società».
     
    Orazio Ruscica
     
     
     
     
    Snadir – Professione i.r. 23 maggio 2018, h.14,07
     
     
     
     
  • Come cambia l’ora di religione: un compromesso che mette tutti d’accordo (o quasi)

    La Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio ticinese, riunitasi il 14 maggio 2018 a Bellinzona, ha firmato il rapporto dei relatori Giorgio Fonio, Michele Guerra e Alessandro Cedraschi, come si legge sul Messaggio n. 7504 del 7 marzo 2018 (Modifica dell’art. 23 della Legge della scuola del 1° febbraio 1990 – Introduzione del corso di storia delle religioni alla scuola media).

     
    L’accordo raggiunto lo scorso novembre in materia di insegnamento religioso, ha trovato conferma nel rapporto, prevedendo che il corso d’istruzione religiosa di un’ora settimanale resti in vigore alle condizioni attuali (facoltativo e limitato alle religioni cattolica ed evangelica) per i primi tre anni delle medie, per essere poi sostituito in “quarta" da un insegnamento di “storia delle religioni”, gestito dallo Stato come corso ordinario e obbligatorio per tutti, per un totale complessivo di 36 ore di lezione.
     
    Se l’iter parlamentare non dovesse incontrare ostacoli, la nuova Legge sulla scuola media sarà effettiva dall’anno scolastico 2019-2020.
     
    Sul tavolo del dibattito c’erano tre proposte:
    1. quella mista, che diceva di rendere obbligatoria l’ora di religione in terza e quarta media, lasciando però libertà di scelta: se seguire l’offerta data dalle Chiese oppure la storia delle religioni, coordinata dal Cantone;
    2. la via del doppio binario che metteva in orario solo la storia delle religioni, lasciando alle Chiese – a loro spese e a loro carico – lo svolgimento dell’ora di religione fuori dagli orari scolastici.
    3. Di fronte a queste due proposte che non trovavano l’assenso del Dipartimento, il consigliere di Stato Manuele Bertoli ha proposto di fare un’alternanza. E cioè: una settimana l’ora facoltativa della religione gestita dalle Chiese (dunque per quegli studenti che volevano seguirla); poi, la settimana dopo, l’ora obbligatoria – quindi per tutti – di storia delle religioni. 
    Partendo da questa suggestione del consigliere di Stato, si è passati ad un nuovo scenario, decisamente inedito.
    In buona sostanza: si rinuncia all’insegnamento della religione in quarta media, lasciando che tutti gli studenti seguano poi un corso obbligatorio sulle religioni nel mondo, la loro geografia, i contenuti di ciascuna fede.
    Questo sarebbe un modo per consentire a tutti di uscire dalla quarta media con una formazione generale su questo tema.
     
    Un compromesso, quello tra Stato e Chiesa, che non ci convince pienamente. Infatti, da una parte la scelta non fa altro che ribadire un concetto che lo Snadir porta avanti da sempre: l’insegnamento della religione a scuola, così com’è strutturato, è importante perché ha fondamenti culturali, contenuti e principi che appartengono al patrimonio storico di un popolo. E anche chi sceglie di non avvalersi dell’ora di religione avrebbe diritto a un insegnamento similare, che lo metta al corrente delle tradizioni religiose del patrimonio culturale di cui esse sono mediatrici.
    Anche per questo motivo, ci siamo sempre battuti affinché l’insegnamento delle attività alternative costituisse un servizio strutturale obbligatorio con attività didattiche e formative tese a offrire agli studenti contenuti e strumenti per una lettura critica del mondo.
     
    Dall’altra, non riteniamo rispettosa del carattere scolastico dell’insegnamento della religione la scelta di far subentrare in quarta media un’ora di storia delle religioni all’ora di religione tradizionale. Ci sembra un po’ di rivedere l’idea simil-gentiliana dove la teorica superiorità dell’insegnamento storico-filosofico sostituisce nelle classi superiori l’insegnamento della religione offerto dalle Chiese.
    Ci saremmo aspettati, invece, in forza della legittimità culturale dell’insegnamento scolastico della religione, l’obbligatorietà di tale insegnamento oppure una proposta mista che lasciasse la libertà di scegliere tra l’insegnamento della religione confessionale e quello di “storia delle religioni”.
     
    È bene però, sulla scia del compromesso ticinese, non dimenticare o sottovalutare il valore di tale insegnamento che, al pari delle altre discipline, offre ai nostri ragazzi le premesse per un accrescimento consapevole del proprio bagaglio culturale, ideologico e sociale, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenti opzioni di vita.
     
    Orazio Ruscica
     
    Snadir – Professione i.r. – 16 maggio 2018, h.19,10
  • Ora di religione: istruzioni per l’uso

    La settimana scorsa, abbiamo dato risposta alla lettera indirizzata al Miur e firmata dal Comitato Nazionale Scuola e Costituzione e da altre tredici associazioni tra cui la Uaar, contro l’inserimento di docenti Irc nelle Commissioni d’esame per la terza media.

     
    La polemica lanciata sulle pagine di Orizzonte scuola e riportata dai maggiori quotidiani ha avuto seguito tra le pagine del settimanale Left con un articolo firmato da Roberto Grendene, responsabile nazionale delle campagne Uaar.
     
    Grendene si lascia andare ancora una volta alla polemica spicciola contro l’ora di religione e quelli che lui chiama “insegnanti col vangelo”, brandendo lo spauracchio del modello “scuola-parrocchia”, colpevole di svendere la sua laicità e di inseguire a tutti i costi un dialogo col mondo cattolico.
    Precisando che avere il Vangelo in mano ci fa soltanto onore, vorremmo puntualizzare che se gli IdR hanno il Vangelo in mano, nell’altra tengono ben strette la Costituzione e il giornale.
     
    Quello che l’esperto di comunicazione della Uaar dimentica è che l’Irc trova spazio nella scuola per via un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline.
     
    Ancora una volta si parte da un vizio di fondo: quello di equiparare l’ora di religione a un’ora di catechesi, invece di considerarla per quello che è: ossia un’ora di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita e delle tradizioni del nostro Paese.
     
    Il fatto che i contenuti relativi ai testi e alla storia della confessione cristiano-cattolica, vengano insegnati da un docente riconosciuto idoneo e proposto dall’autorità ecclesiastica, secondo programmi e libri di testo controllati dalla stessa autorità, non può che rappresentare per i nostri studenti una garanzia di maggiore serietà nella gestione di un insegnamento che indaga gli aspetti fondamentali dell’esistenza.
     
    Non è in discussione la laicità dello Stato, ma si tratta di offrire agli studenti gli strumenti culturali sufficiente per comprendere la realtà che li circonda, soprattutto in questo momento in cui la dimensione multietnica e multiculturale della società futura impongono una riflessione alla quale il mondo scolastico non può sottrarsi.
     
    Infine, vorremmo ricordare a Grendene che oltre a rivendicare nel 2011 per tutti gli Idr il diritto di essere nominati presidente di commissione per gli “esami di terza media”, abbiamo ottenuto la possibilità di essere nominati Presidenti delle commissioni di esame di Stato di scuola secondaria. Come può constatare, lavoriamo alacremente per rendere i docenti di religione sempre più uguali agli altri docenti della scuola italiana ed europea.
     
    Orazio Ruscica


    Snadir – Professione i.r. – 7 maggio 2018, h.20,33
  • Polemiche, accuse e disinformazione: tutti contro l’Irc

    Il Comitato Nazionale Scuola e Costituzione e altre tredici associazioni tra cui la Uaar, hanno firmato una lettera indirizzata al Miur e pubblicata su Orizzonte Scuola in aperta polemica contro l’inserimento di docenti Irc nelle Commissioni d’esame per la terza media.

     
    Presentandosi nelle vesti di paladini della laicità della scuola, le associazioni in questione hanno denunciato quelle che sono sembrate loro incongruenze legislative inerenti al decreto legislativo 62/2017, che stabilisce che le commissioni d’esame siano composte da tutti i docenti assegnati alle terze classi, compresi gli idr, sebbene l’insegnamento della religione non sia materia di esame.
     
    Ancora una volta, le diverse associazioni che osteggiano l’insegnamento della religione nelle scuole non perdono occasione di mostrare la scarsa conoscenza delle norme legislative che regolano il sistema scolastico della nostra Repubblica.
     
    Affermare che il decreto legislativo n.62/2017 stravolge le disposizioni contenute nell’art. 185, comma 3 del D. lgs 297/1994 è difatti il segnale di una lettura poco accurata del predetto decreto.  All’art. 26, comma 3, lettera a) si legge: “Con effetto dal 1° settembre 2017 sono disposte le seguenti abrogazioni (…) articoli (…) e 185, commi 3 e 4 del decreto legislativo 19 aprile 1994, n.297”.
     
    Per essere chiari, il comma 3 del D.Lvo 297/1994 stabiliva che le commissioni d’esame fossero composte dai docenti che insegnano le materie d’esame. Il nuovo documento relativo agli esami di Stato di primo ciclo stabilisce, invece, che le commissioni d’esame sono composte da tutti i docenti del consiglio di classe (art.4, c. 2 D. lgs 62/2017).
     
    È del tutto evidente che i docenti di religione, facendo parte a pieno titolo del consiglio di classe, partecipino alle commissioni di esame di Stato di primo ciclo, anche nell’ottica di offrire il loro contributo per una migliore valutazione complessiva del profilo personale di ogni alunno, compresa l’individuazione delle abilità cognitive e metacognitive individuali all’interno dei processi di apprendimento.
     
    È altrettanto chiaro che, rimanendo in vigore l’art. 309, c.4 D. lgs 297/1994, l’insegnamento della religione non sia materia d’esame.
     
    Altro aspetto importante è quello relativo al voto determinante in occasione delle decisioni da prendere a maggioranza. La norma è chiara e la giurisprudenza si è consolidata nell’affermare che il voto del docente di religione sia valido a tutti gli effetti giuridici per la determinazione della maggioranza e che l’esclusione del voto dei docenti di religione dia luogo all’invalidità degli scrutini.
     
    Quanto alla richiesta, da parte del Comitato Nazionale Scuola e Costituzione e delle altre associazioni, di rivedere l’intera normativa concernente l’Irc e di riproporne la collocazione fuori dell’orario ordinario delle lezioni, non possiamo che ricordare che l’insegnamento della religione trova spazio nella scuola a seguito di un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline.
     
    Non si tratta di un’ora di catechesi che viola i principi di laicità dello stato, ma di un’ora di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita, dell’arte, delle tradizioni del nostro Paese e anche per poter meglio confrontarsi con altre religioni e altre tradizioni.
     
    Infine, anche riguardo alla questione di chi liberamente sceglie di privarsi di un insegnamento altamente culturale e formativo come l’irc oppure dell’attività alternativa, la giustizia amministrativa ha affermato che coloro che scelgono la non presenza a scuola non possono dolersi e non possono pretendere che la scelta del nulla possa produrre frutti. Di contro, gli studenti che si avvalgono dell’irc o dell’attività alternativa devono vedersi riconosciuto “l’impegno e il profitto mostrato in una materia di insegnamento di pari dignità formativa e culturale delle altre discipline”. Insomma nessuna discriminazione per chi decide di andare al bar invece di seguire un’attività scolastica fortemente culturale.
     
    Rimane certamente il problema organizzativo dello svolgimento degli esami, in quanto i docenti di religione sono impegnati in più di una classe terminale quali componenti di diverse commissioni d’esame. 
    Una soluzione corretta sarebbe di attribuire all’insegnamento della religione almeno due ore settimanali e che fosse normalmente inserita tra le materie d’esame. Soltanto in questo modo si potrebbe ulteriormente valorizzare il ruolo degli insegnanti di religione nel quadro delle attività didattiche e formative della scuola, anche in considerazione delle finalità dell’esame di Stato che, oltre a verificare le conoscenze, valuta anche le abilità e le competenze acquisite dall’alunna o dall’alunno al termine del primo ciclo di istruzione.
     
    Orazio Ruscica
     


    Snadir – Professione i.r. 3 maggio 2018, h.21,44
     
  • Il Fatto Quotidiano intervista Orazio Ruscica

     Il Fatto Quotidiano intervista Orazio Ruscica

    (link)

  • 20 aprile, Corso di aggiornamento ADR a Terni: la dimensione europea dell’istruzione

    Si è tenuto a Terni il nuovo corso di aggiornamento indetto dall’Associazione dei Docenti di Religione ADR in collaborazione con lo Snadir che ha coinvolto circa 100 insegnanti di religione cattolica sul tema “Dimensione europea dell’istruzione: IRC come disciplina di senso per la cittadinanza europea”.
     
    I lavori del convegno, che si è svolto presso l’hotel Tulipani, sono stati aperti dalla Prof.ssa Marisa Scivoletto, direttrice dei Corsi Adr, e hanno visto i saluti di Simona Carletti, Segretaria Provinciale Snadir di Terni.
     
    Relatori del convegno, moderato dal giornalista Lucio Raspa, sono stati il prof. Pippo Di Vita, Coordinatore regionale dello Snadir per Umbria, Marche e Abruzzo, che ha parlato dell’importanza di assumere una dimensione europea all’interno della scuola italiana, Paolo Meucci, Funzionario DG Affari Costituzionali del Parlamento europeo, che ha affrontato il tema della Cittadinanza europea come mezzo per affrontare i cambiamenti che hanno investito le società contemporanee, e Massimo Liucci,  Direttore regionale degli Uffici diocesani IRC dell’Umbria, che ha parlato dell’importanza dell’insegnamento della religione nell’educazione alla cittadinanza europea.
     
    Infine, è intervenuto Orazio Ruscica, presidente e fondatore dell’ADR nonché segretario nazionale dello Snadir, che si è soffermato sulle questioni giuridiche più rilevanti in vista del nuovo concorso per gli insegnanti di religione.
     
    L’incontro ha dato la possibilità ai presenti di interrogarsi sulle nuove prospettive che si aprono in materia di insegnamento della religione, soprattutto in attesa del nuovo bando di concorso per gli insegnanti di religione, nonché di indagare l’importanza dell’insegnamento della religione di fronte a tematiche come la dimensione europea dell’istruzione, l’educazione alla cittadinanza in una prospettiva interculturale e l’accoglienza del pluralismo nel mondo della scuola.  
    Il progetto formativo dell’ADR punta a valorizzare la professionalità dell’insegnamento della religione nelle scuole, offrendo ai docenti nuovi spunti di riflessione che partono dall’ambito puramente giuridico e amministrativo, per poi abbracciare la dimensioni dell’etica e della formazione culturale.
     
     
    Professione i.r.- 20 aprile 2018, h. 13.00
     
     
     
     

        

  • Cultura e formazione: ecco perché l’ora di religione non mette in discussione la laicità dello stato

    La Cub Scuola, nelle vesti del suo Coordinatore Nazionale Cosimo Scarinzi, ha firmato un comunicato volutamente polemico pubblicato da Orizzonte Scuola il 12 aprile u.s., evidenziando le difficoltà che si presenteranno in chiusura di anno scolastico, quando anche gli insegnanti di religione, che fanno parte dei consigli di classe, saranno chiamati ad essere presenti nelle Commissioni d’esame di terza media.

     
    Le norme attuali (D.lgs n. 62/2017, DM n.741/2017 e la nota 1865/2017), difatti, stabiliscono che le commissioni d’esame siano composte da tutti i docenti assegnati alle terze classi, compresi gli idr, sebbene l’insegnamento della religione non sia materia di esame.
     
    Leggendo il comunicato, ci teniamo a precisare che siamo noi i primi ad essere consapevoli di tali difficoltà, determinate dal fatto che gli insegnanti di religione hanno un numero considerevole di classi (nella scuola secondaria ben 18 classi), conseguenza dell’attribuzione a tale disciplina di una sola ora settimanale. Non ci troviamo invece d’accordo con le tesi sostenute dal Dott. Scarinzi, che facendosi paladino di un’idea di scuola libera e laica, definisce l’insegnamento della religione “anomalo” in quanto gestito non dall’amministrazione pubblica ma dalla Chiesa Cattolica e dunque non idoneo ad avere “una rilevanza formale pari a quella delle materie insegnate da docenti formati e selezionati dalla scuola stessa”.
     
    A tal proposito, è bene ricordare che l’Irc trova spazio nella scuola per via un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline.
    Ancora una volta si parte da un vizio di fondo: quello di equiparare l’ora di religione a un’ora di catechesi, invece di considerarla per quello che è, ossia un’ora di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita, dell’arte, delle tradizioni del nostro Paese e anche per poter meglio confrontarsi con altre religioni e altre tradizioni.
     
    Il fatto che i contenuti relativi ai testi e alla storia della confessione cristiano-cattolica, vengano insegnati da un docente riconosciuto idoneo e proposto dall’autorità ecclesiastica, secondo programmi e libri di testo controllati dalla stessa autorità, non può che rappresentare per i nostri studenti una garanzia di maggiore serietà nella gestione di un insegnamento che indaga gli aspetti fondamentali dell’esistenza.
     
    Non è in discussione la laicità dello Stato, come paventato dalla CUB Scuola, ma si tratta di offrire agli studenti gli strumenti culturali sufficiente per comprendere la realtà che li circonda, soprattutto in questo momento in cui la dimensione multietnica e multiculturale della società futura impongono una riflessione alla quale il mondo scolastico non può sottrarsi.

     

    Sarebbe invece auspicabile che all’insegnamento della religione, in tal modo inteso, fossero attribuite almeno due ore settimanali e che fosse normalmente inserita tra le materie d’esame. Soltanto in questo modo si potrebbe ulteriormente valorizzare il ruolo degli insegnanti di religione nel quadro delle attività didattiche e formative della scuola, anche in considerazione delle finalità dell’esame di Stato che, oltre a verificare le conoscenze, valuta anche le abilità e le competenze acquisite dall’alunna o dall’alunno al termine del primo ciclo di istruzione.
     
    Orazio Ruscica
    Segretario Nazionale Snadir 
     
    Professione i.r.-14 aprile 2018, h. 8.00

     

     

     

  • 23 marzo, Corso di aggiornamento ADR a Pisa: “L’irc come spazio di inclusione per una cultura di cittadinanza responsabile”

     23 marzo, Corso di aggiornamento ADR a Pisa: “L’irc come spazio di inclusione per una cultura di cittadinanza responsabile”

     
    Si è tenuto a Pisa il nuovo corso di aggiornamento indetto dall’Associazione dei Docenti di Religione ADR in collaborazione con lo Snadir che ha coinvolto circa 100 insegnanti di religione cattolica sul tema “L’irc come spazio di inclusione per una cultura di cittadinanza responsabile”.
     
    I lavori del convegno, che si è svolto presso l’hotel Galilei, sono stati aperti dalla Prof.ssa Marisa Scivoletto, direttrice dei Corsi Adr, e hanno visto i saluti della Prof.ssa Sofia Ascani, segretaria provinciale dello Snadir di Pisa e della Prof.ssa Sandra Fornai, coordinatrice regionale dello Snadir per la Toscana.
     
    Relatori del convegno sono stati la Dott.ssa Federica Sbraigia, docente e pedagogista, che ha parlato dell’importanza del dialogo e dell’incontro con l’altro, in un progetto di scuola orientato a valorizzare le differenze e a promuovere l’integrazione e Orazio Ruscica, presidente e fondatore dell’ADR nonché segretario nazionale dello Snadir, che si è soffermato sulle questioni giuridiche più rilevanti in vista del nuovo concorso per gli insegnanti di religione.
     
    L’incontro ha dato la possibilità ai presenti di interrogarsi sulle nuove prospettive che si aprono in materia di insegnamento della religione, soprattutto in attesa del nuovo bando di concorso per gli insegnanti di religione, nonché di indagare l’importanza dell’insegnamento della religione di fronte a tematiche come l’inclusione sociale, l’aggregazione giovanile e l’accoglienza del pluralismo nel mondo della scuola.
     Il progetto formativo dell’ADR punta a valorizzare la professionalità dell’insegnamento della religione nelle scuole, offrendo ai docenti nuovi spunti di riflessione che partono dall’ambito puramente giuridico e amministrativo, per poi abbracciare la dimensioni dell’etica e della formazione culturale.
     
     
    Professione i.r.- 23 marzo 2018, h. 13.00
     
     
     
     
  • 2 marzo, Corso di aggiornamento ADR a Lamezia Terme: “Il contributo dell’IRC nella scuola del pluralismo e nella formazione della persona”

    2 marzo, Corso di aggiornamento ADR a Lamezia Terme: “Il contributo dell’IRC nella scuola del pluralismo e nella formazione della persona”

     
    Si è tenuto a Lamezia Terme il nuovo corso di aggiornamento indetto dall’Associazione dei Docenti di Religione ADR in collaborazione con lo Snadir che ha coinvolto circa 170 insegnanti di religione cattolica sul tema “Il contributo dell’IRC nella scuola del pluralismo e nella formazione della persona”.
     
    I lavori del convegno, che si è svolto presso il Grand Hotel Lamezia, sono stati aperti dalla Prof. Marisa Scivoletto, direttrice dei corsi Adr e hanno visto i saluti del Prof. Antonio Domenico Cristofaro, coordinatore regionale Snadir Calabria, e di Don Domenico Cicione Strangis, direttore Regionale IRC.
     
    Relatori del convegno sono stati Mons. Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, che ha parlato della forza educativa dell’insegnamento della religione nella scuola del pluralismo e nella formazione della persona e il Prof. Orazio Ruscica, presidente e fondatore dell’ADR nonché segretario nazionale dello Snadir, per soffermarsi sulle questioni giuridiche più rilevanti in vista del nuovo concorso per gli insegnanti di religione.
     
    L’incontro ha dato la possibilità ai presenti di interrogarsi sulle nuove prospettive che si aprono in materia di insegnamento della religione, soprattutto in attesa del nuovo bando di concorso per gli insegnanti di religione, nonché di indagare l’importanza dell’insegnamento della religione di fronte a tematiche come l’inclusione sociale, l’aggregazione giovanile e l’accoglienza del pluralismo nel mondo della scuola.
    Il progetto formativo dell’ADR punta a valorizzare la professionalità dell’insegnamento della religione nelle scuole, offrendo ai docenti nuovi spunti di riflessione che partono dall’ambito puramente giuridico e amministrativo, per poi abbracciare la dimensioni dell’etica e della formazione culturale.
     
     
     
    Professione i.r.- 02 marzo 2018, h. 13.00