Categoria: Rassegna stampa & Risposte

  • Una mozione per abolire l’ora di religione, lo Snadir risponde

    Con una mozione depositata al Senato da Riccardo Nencini e firmata da Emma Bonino (+Europa); Maurizio Buccarella (Gruppo Misto); Roberto Rampi (PD); Loredana De Petris (LEU); Carlo Martelli (Gruppo Misto); Tommaso Cerno (PD); Matteo Mantero (5 Stelle), Saverio De Bonis (Gruppo misto), è stato chiesto al Governo di avviare le procedure per la revisione del Concordato stipulato nel 1984 tra lo Stato italiano e la Santa Sede.
     
    I firmatari della mozione, chiedono l’attuazione di tre provvedimenti:
    • L’abolizione dell’ora di religione, da sostituire con un’ora di storia delle religioni e un’ora di educazione civica;
    • La revisione dell’attuale meccanismo di destinazione delle quote inespresse relative all’8 per mille;
    • La revisione delle norme relative all’IMU sui beni immobili della Chiesa.
    Esimendoci dal pronunciarci sugli ultimi due punti che rimandiamo al giudizio della Cei, riteniamo invece opportuno precisare la posizione dello Snadir sull’opportunità della presenza dell’insegnamento della religione nelle nostre scuole.
     
    Le accuse presenti nella mozione e rivolte all’insegnamento della religione sono le seguenti:
    • la religione cattolica è rimasta di fatto "religione di Stato" nonostante la revisione del Concordato del 1984 avesse dichiarato il contrario;
    • lo stipendio degli insegnanti di religione è a carico dello Stato ed essi entrano nei ruoli della scuola senza concorso;
    • l’insegnamento della religione in molte scuole è tuttora di fatto "obbligatorio", per la casualità o la totale mancanza di alternative.
    In risposta a tali insinuazioni, iniziamo col ricordare a chi ancora una volta affronta la questione dell’Irc in maniera superficiale e stereotipata, che le attività in ordine all’insegnamento della religione cattolica rappresentano nella scuola un momento puramente culturale e formativo. Tale insegnamento permette infatti l’acquisizione e l’uso appropriato di strumenti socio-culturali che, sviluppando il processo di simbolizzazione che la scuola stimola e promuove in tutte le discipline, consente la comunicazione anche su realtà altrimenti indicibili e inconoscibili.
     
    Non si tratta di un’ora di catechesi in contrasto con “la crescente secolarizzazione della società italiana”, né di un infimo tentativo di violazione del principio di laicità dello stato. Quello che l’ora di religione si propone di essere all’interno della scuola italiana è piuttosto uno spazio di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita e delle tradizioni del nostro Paese e della nostra società.
     
    Il fatto che i contenuti relativi alla storia della confessione cristiano-cattolica vengano insegnati da un docente riconosciuto idoneo e proposto dall’autorità ecclesiastica, secondo programmi e libri di testo controllati dalla stessa autorità, non può che rappresentare per i nostri studenti una garanzia di maggiore serietà nella gestione di un insegnamento che indaga gli aspetti fondamentali dell’esistenza.
    Insomma, come ha stabilito la Corte Costituzionale l’insegnamento della religione cattolica, così come previsto dalla legge 121/1985, è “coerente con la forma di Stato laico della Repubblica italiana”.
     
    Non si tratta di “docenti che entrano nei ruoli della scuola senza concorso” come sostengono i firmatari della mozione, ma di insegnanti che hanno alle spalle un solido percorso di studio di livello universitario e post universitario, quindi formati, preparati e attenti alle vite e alle storie dei nostri studenti e attaccati a un’idea di scuola basata sulla centralità della conoscenza e del sapere costruiti a partire dalle pratiche di collaborazione, corresponsabilità, dialogo e rispetto reciproco. 
     
    Per ciò che resta, l’insegnante di Religione Cattolica è, come tutti gli altri docenti, un dipendente del Ministero Istruzione Università Ricerca e, in quanto tale, percepisce proprio da questo ente il suo salario, in modo analogo a quanto avviene per i suoi colleghi anche in ambito europeo.
     
    Quanto invece alla mancanza di alternative all’ora di religione, le motivazioni sono diverse: mancanza di personale, carenza di fondi, poche (spesso pochissime) richieste. Spesso, inoltre, il motivo per cui non viene attivata l’attività alternativa è perché tra le scelte successive all’avvalersi oppure no dell’insegnamento della religione cattolica, rimane ancora oggi la possibilità di “uscire da scuola”. Quindi se i fautori del pensiero laico hanno a cuore la formazione dei nostri studenti, dovrebbero attivarsi per eliminare l’inutile “uscita da scuola”. Su questo ci troverebbero alleati certamente.
     
    Ci auguriamo quindi che le sterili polemiche ideologiche attorno a questa materia cessino in futuro e che si possa tornare a parlare solo dei contenuti culturali e formativi che questa disciplina vuole offrire agli alunni che di essa si avvalgono.
     
    Orazio Ruscica
     
     
    Snadir – Professione i.r. – 14 giugno 2019, h.20,40
  • Insegnanti di religione agli esami di terza media: ancora polemiche!

    La questione della presenza degli insegnanti di religione cattolica nelle commissioni d’esame ha da subito generato non poche polemiche. In ultimo le recenti dichiarazioni del sottosegretario al Miur, Salvatore Giuliano, riportate da oltre dieci associazioni laiche, tra cui il Comitato nazionale Scuola e Costituzione, il Comitato nazionale “Per la Scuola della Repubblica” e l’Associazione nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”.

    Il 15 novembre scorso, il sottosegretario si è difatti espresso sulla questione dichiarando che  “quanto all’inserimento della religione cattolica tra le materie d’esame, si rappresenta che tale disciplina non rientra tra le prove scritte, previste all’articolo 8, comma 4, lettera c), del decreto legislativo n. 62 del 2017, e non costituisce oggetto del colloquio, atteso che lo stesso, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, del citato decreto, è diretto a valutare le conoscenze descritte nel profilo finale dello studente, secondo le vigenti indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, emanate con decreto ministeriale n. 254 del 2012”.
    Dichiarazioni che certamente mancano di completezza e che generano incongruenze. Le parole del sottosegretario Giuliano non chiariscono di fatto il ruolo degli insegnanti di religione all’interno delle commissioni, e pongono nuovi quesiti: se tali insegnanti non possono né interrogare gli alunni e né valutarli in sede di esame, perché sono obbligati a far parte delle commissioni?
     
    In risposta alla problematica proposta, riteniamo più che opportuno precisare la posizione dello Snadir sul tema.
     
    Il voto di ammissione all’esame di terza media è da intendersi non come espressione della media aritmetica delle singole discipline, ma come valutazione globale dell’intero percorso scolastico triennale svolto dall’alunno. Pertanto è del tutto evidente che la valutazione di ogni alunno esige che tutti i docenti interessati alla loro istruzione e formazione diano il proprio contributo per una più completa ed esaustiva valutazione degli stessi alunni “in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite”.
     
    In risposta a chi invece sostiene che l’ora di religione rappresenti un attacco alla laicità del nostro stato rispondiamo dicendo che la presenza degli insegnanti di religione nelle commissioni d’esame non ostacola in alcun modo l’impianto laico della scuola italiana, ma ne arricchisce i fondamenti culturali attraverso contenuti culturali e principi che appartengono al nostro patrimonio storico.
     
    Non a caso, nella revisione concordataria del 1984, vengono riconosciuti dallo Stato i fondamenti culturali dell’Irc, legati soprattutto al patrimonio storico del popolo italiano. L’IRC, difatti, ha fondamenti culturali, contenuti e principi che appartengono al patrimonio storico del popolo italiano, ne consegue che il sapere religioso trova spazio nella scuola non per una concessione di privilegio, ma per un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’IRC portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, pur se confessionali nell’oggetto. 
     
    Riguardo, infine, alla lamentela riguardante i casi in cui il docente di religione “ha partecipato allo scrutinio votando per la promozione o bocciatura”, ricordiamo alle associazioni laiche sopracitate, che la Giustizia Amministrativa si è pronunciata a sostegno del principio che il voto del docente di religione sia determinante ai fini della costituzione della maggioranza per stabilire l’eventuale promozione alla classe successiva oppure ammissione o meno agli esami dell’alunno che di tale insegnamento si avvale.
     
     
    Orazio Ruscica

     

    Snadir – Professione i.r. – 11 giugno 2019, h.19,35

  • Insegnanti di religione nelle commissioni d’esame? Lo Snadir risponde alle polemiche della Tavola Valdese

    In risposta alla problematica proposta, riteniamo più che opportuno precisare la posizione dello Snadir sul tema.
     
    Iniziamo col dire che la presenza degli insegnanti di religione nelle commissioni d’esame non è e non potrà mai essere incongruente con l’impianto laico del nostro Paese, in quanto la Corte Costituzionale nel 1989 ha stabilito in modo definitivo che l’insegnamento della religione cattolica, così come previsto dalla legge 121/1985, è “coerente con la forma di Stato laico della Repubblica italiana”.
     
    Inoltre, nella revisione concordataria del 1984, vengono riconosciuti dallo Stato i fondamenti culturali dell’Irc, legati soprattutto al patrimonio storico del popolo italiano. L’IRC, difatti, ha fondamenti culturali, contenuti e principi che appartengono al patrimonio storico del popolo italiano, ne consegue che il sapere religioso trova spazio nella scuola non per una concessione di privilegio, ma per un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che considera l’IRC portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, pur se confessionali nell’oggetto. 
     
    L’IRC, in questo senso, è una disciplina obbligatoria/opzionale che è chiamata a cercare un approccio esigente in termini fondativi e critici al fatto religioso.
     
    La norma “incriminata” stabilisce che il voto di ammissione all’esame di terza media sia da intendersi, giustamente, non come espressione della media aritmetica delle singole discipline, ma come valutazione globale dell’intero percorso scolastico triennale svolto dall’alunno. Pertanto è del tutto evidente che la valutazione di ogni alunno esige che tutti i docenti interessati alla loro istruzione e formazione diano il proprio contributo per una più completa ed esaustiva valutazione degli stessi alunni “in termini di impegno, modalità di apprendimento, competenze acquisite”.
     
    Tra l’altro, questo non genererebbe alcuna disparità di trattamento tra chi sceglie di avvalersi dell’insegnamento della religione o dell’attività alternativa e chi invece opta per lo studio assistito o per l’uscita da scuola. Senza contare che questi ultimi non possono certo pretendere che la scelta del nulla possa produrre frutti.
     
    Ancora una volta si tratta di sterili polemiche ideologiche. Sarebbe opportuno tornare tutti a parlare dei contenuti culturali e formativi che questa disciplina vuole offrire agli alunni che di essa si avvalgono. La dimensione religiosa è affascinante in tutte le espressioni del vivere: è per questo che l’insegnamento scolastico della religione è tentare di capire e comprendere come gli uomini hanno vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò ha lasciato un segno e una presenza nella loro cultura. Per dirla con le parole di Abraham B. Yehoshua: “Così, anche se non credo in Dio, la sua presenza nella mente di moltissimi umani mi riguarda e mi interessa”.


    Orazio Ruscica
     
    Snadir – Professione i.r. – 10 maggio 2019, h.20,45
  • Roma: Corso di aggiornamento Adr – Educare al dialogo interculturale

     Si è tenuto a Roma presso l’Hotel Nazionale, il nuovo corso di aggiornamento indetto dall’Associazione ADR in collaborazione con lo Snadir dal titolo “Educare al dialogo interculturale – l’insegnamento della religione nella scuola che cambia”.

    I lavori del convegno sono stati moderati dal Dott. Alessandro Giuliani, direttore responsabile del portale La tecnica della scuola.
    Relatori del convegno sono stati il Prof. Andrea Porcarelli, Professore associato in Pedagogia presso l’Università di Padova, che ha indagato il profilo pedagogico dell’insegnante di religione in un contesto sempre più multiculturale, sottolineandone l’importanza su un piano non solo educativo, ma sociale, umano.
    Lo studio della religione cattolica – ha ricordato il Prof. Porcarelli – promuove, attraverso un’adeguata mediazione educativo-didattica, la conoscenza della concezione cristiano-cattolica del mondo e della storia, come risorsa di senso per la comprensione di sé, degli altri e della vita. L’Irc – ha continuato Porcarelli – affronta la questione universale della relazione tra Dio e l’uomo, e offre contenuti e strumenti per una riflessione sistematica sulla complessità dell’esistenza umana nel confronto aperto fra cristianesimo e altre religioni, fra cristianesimo e altri sistemi di significato. L’Irc, nell’attuale contesto multiculturale, mediante la propria proposta, promuove tra gli studenti la partecipazione ad un dialogo autentico e costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace.
     

    Segue l’intervento del Sen. Mario Pittoni, che ha a lungo parlato della Legge 186  del 2003. Pittoni ha ricordato che “il progetto di concorso riservato e straordinario è già pubblico, per chi insegna da oltre tre anni di servizio, essendo stato inserito nel Decreto Semplificazioni, salvo poi essere eliminato dal Capo dello Stato, alla pari di molti altri, il quale ha chiesto di approvare un decreto non di tipo omnibus”.

     

    Quel disegno di legge, risultato di una trattativa che va avanti da un anno e mezzo, è in fase molto avanzata a livello politico: è suscettibile di cambiamento ma non in questa fase, ha sottolineato il politico leghista. Quello che è certo – ha continuato – è che la strada è aperta: siamo alla stretta finale, perché il documento possa essere approvato dal Governo. Una volta che sarà partito l’iter legislativo, con i tempi di attuazione che dipenderanno molto dalle parti interessate, a quel punto ci saranno tutti i presupposti per arrivare all’approvazione.
    Interviene allora il Prof. Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, che ha ribadito il fatto che la ratio del dispositivo dovrebbe essere quella di garantire la stabilizzazione completa di coloro che insegnano religione cattolica da oltre un triennio e di risolvere definitivamente anche la questione degli idonei del primo concorso che per anni hanno atteso di essere stabilizzati.
    Tale obiettivo ­– ha ricordato il Prof. Ruscica – non può essere aggirato con interventi superficiali e non risolutivi. Ne va del futuro di oltre 15 mila precari, che da anni aspettano una doverosa risposta dalle istituzioni. La risposta normativa dev’essere strutturale in quanto deve mirare a cancellare definitivamente la vergognosa condizione lavorativa nella quale sono tenuti da decenni gli insegnanti di religione.
    Ciò che ci aspettiamo – ha ribadito Ruscica – è una procedura concorsuale straordinaria con la sola prova orale non selettiva con successiva graduatoria ad esaurimento, revisione dell’inadeguata quota di organico del 70%: sono questi i punti sui quali lo Snadir ha insistito in tutte le sedi.
    L’intervento finale dell’On. Flora Frate ha ulteriormente sottolineato la situazione incresciosa in cui sono costretti da anni i precari di religione.
    L’insegnante di religione – ha ricordato l’On. Frate – non è un insegnante di serie B, è un professionista della scuola che riveste una funzione non solo pedagogica, ma culturale.
    Occorre partire subito con un dibattito – ha detto l’esponente pentastellata – intavolando un discorso anche con la Cei. Serve una discussione a tutti i livelli: dalla Camera al Governo, passando per tute le parti in causa. La discussione ci deve essere sempre. Noi politici non possiamo mai sottrarci al confronto. Io pure sono insegnante e comprendo sino in fondo le ragioni dei docenti che chiedono di essere stabilizzati.
    L’On. Frate conclude sottolineando la sua vicinanza alla procedura concorsuale proposta dallo Snadir e rinnova il suo impegno costante nei confronti dell’intera categoria dei docenti di religione, anche attraverso l’apertura di un tavolo di confronto con il governo al fine di risolvere al meglio e in maniera definitiva la situazione incresciosa che ferisce da tempo il sistema scolastico e offende la dignità di questi lavoratori della scuola.

    Anche il senatore Pittoni, infine, si è detto disponibile a partecipare a un tavolo di confronto, da allestire a breve, tra tutte le parti coinvolte, a partire dalla Cei, notoriamente in disaccordo con l’ipotesi di innalzamento della quota dei docenti di religione cattolica da assumere in ruolo.

     

    Professione ir – 28 marzo 2019

  • Bergamo: Corso di aggiornamento Adr – Lotta al bullismo e cultura della legalità

    Si è tenuto a Bergamo presso il Liceo linguistico G. Falcone, il nuovo corso di aggiornamento indetto dall’Associazione ADR in collaborazione con lo Snadir dal titolo “Educare alla cittadinanza europea, lotta al bullismo e cultura della legalità”.

    I lavori del convegno sono stati aperti dalla Prof.ssa Marisa Scivoletto, direttrice dei Corsi Adr, e hanno visto i saluti del Prof. Giuseppe Favilla, Segretario regionale Snadir e Coordinatore regionale Gilda-Unams per la Lombardia, della Dott.ssa Gloria Farisé, Dirigente scolastico Liceo Linguistico "G. Falcone" e Presidente provinciale ANP, della Dott.ssa Mavina Pietraforte, Dirigente tecnico, Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, della Dott.ssa Patrizia Graziani, direttrice territoriale per la Lombardia e della Dott.ssa Loredana Poli, assessore all’istruzione del Comune di Bergamo.  

    Relatori del convegno, moderato dal moderato dal Dott. Lucio Raspa, Segretario Generale del CELM, sono stati il Prof. Ivo Lizzola, docente ordinario di Pedagogia presso l’Università di Bergamo, che ha parlato del ruolo strategico e decisivo della scuola nella risoluzione delle problematiche legate agli atti di bullismo e di cyberbullismo.

    Gli insegnanti – ha dichiarato il Prof. Lizzola – hanno il dovere di comunicare una promessa: è questo che viene chiesto alla scuola, di assumere una certa profondità, di comunicare un’idea di possibilità.  La scuola deve saper costruire un’idea di mondo, soprattutto in un contesto multiculturale e plurietnico come quello di oggi. Per questo motivo è doveroso indirizzare i nostri studenti verso i concetti ampissimi di Identità e di Cittadinanza europea: per offrire, non vecchi valori o antichi modi di sapere e di conoscere, ma delle soglie di futuro rispetto alle quali uno studente  possa immaginare il proprio percorso biografico e sociale.

    Segue l’intervento del Prof. Andrea Porcarelli, Professore associato in Pedagogia presso l’Università di Padova, che ha indagato l’importanza del concetto di Cittadinanza europea in un contesto scolastico sempre più multiculturale.

    Citando Platone e la meravigliosa metafora della città interiore, il Prof. Porcarelli ha insistito sull’idea che i nostri studenti non vadano “governati”, ma accompagnati nell’esercizio della libertà attraverso l’insediamento di uno stato, una costituzione, che coltivi la loro parte migliore e che accresca le competenze personali, interpersonali e interculturali che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate.

    La mattinata prosegue con l’intervento della Prof.ssa Ilaria Folci, Docente di ricerca presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha tenuto una relazione sul fenomeno del bullismo indicando alcune tecniche e strategie educative di intervento per il superamento delle discriminazioni tra minori.

    La scuola – ha ricordato la Prof.ssa Folci – deve mantenere la sua funzione di luogo educativo e conservare il suo impegno civico e sociale nell’educazione degli studenti. Educare, però, non vuol dire soltanto dare allo studente una quantità sempre maggiore di conoscenze, bensì costruire con lui uno stato interiore e profondo che lo orienti in un senso definito, non solamente durante il periodo scolastico, ma per tutta la vita.

    L’intervento finale della Dott.ssa Adriana Battaglia, dirigente scolastico e giornalista, ha poi messo in risalto l’importanza dei modelli di dirigenza europea per il superamento del bullismo in contesti scolastici complessi, privilegiando il valore delle dinamiche psicopedagogiche, come strategie applicabili al contrasto del fenomeno, con costante riferimento alle neuroscienze.

    L’intervento conclusivo del Segretario Nazionale e Presidente dell’Adr, Prof. Orazio Ruscica, ha poi brillantemente riassunto l’importanza del tema della dimensione europea dell’educazione citando le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione alla luce dei nuovi scenari giuridici e dei grandi mutamenti sociali.

    L’educazione alla cittadinanza e alla legalità – ha sottolineato il Prof. Ruscica –  diventa un obiettivo strategico ed essenziale che la scuola è chiamata a realizzare, favorendo la formazione di una coscienza libera e responsabile e fornendo gli strumenti culturali necessari per capire i processi di cambiamento e per potersi inserire da protagonisti nella società e non da sudditi.

    Lo aveva capito molto bene don Lorenzo Milani che, a Barbiana, aveva appunto fondato una scuola per i suoi ragazzi poveri ed emarginati, altrimenti destinati ad essere uno “scarto” della società, per farli invece diventare “cittadini sovrani”.

    L’incontro si è protratto fino al pomeriggio con una serie di laboratori didattici dedicati ai docenti.

     

    Professione i.r.  15 febbraio 2019

  • Bussetti attacca i docenti del Sud. Lo Snadir: parole vuote e inaccettabili

    Il ministro leghista Marco Bussetti  durante la sua visita ad Afragola, in provincia di Napoli, alla domanda di un cronista di Nano.tv, se servissero più fondi al Sud per recuperare il gap con le scuole del Nord, ha risposto: “No, ci vuole l’impegno del Sud, vi dovete impegnare forte, questo ci vuole”.

     

    Al sud non servono più fondi, quindi ma solo “impegno, lavoro e sacrificio”: queste le parole dell’attuale ministro dell’istruzione. Dichiarazioni non solo inaccettabili e irricevibili, ma soprattutto denigratorie di una condizione già incresciosa che forse il caro ministro ignora.

     

    Affermazioni gravissime, che offendono prima di tutto la dignità di un’intera categoria, quella dei docenti del meridione, professionisti onesti che da decenni si impegnano con sacrificio e senso del dovere nelle nostre scuole; nonostante il divario socioeconomico che intercorre ancora tra nord e sud, frutto non dell’impegno insufficiente dei meridionali, ma del lavoro di una classe dirigente inadeguata e poco attenta agli interessi dei cittadini.

     

    Doverose sarebbero delle scuse, perché è inammissibile che un ministro dell’istruzione, davanti a evidenti carenze di sistema e all’urgenza dello stanziamento di risorse atte a sopperire tali mancanze, risponda con parole non solo vuote, ma umanamente inaccettabili.

     

    Professione i.r. – 9 febbraio 2019, h. 16.

  • Dall’Anief notizie superficiali e fuorvianti

    Sul sito di OS, l’Anief ha voluto sottolineare l’esito negativo dell’emendamento 10.0.3 al DDL 989 a firma Pittoni, per poi addentrarsi in una valutazione della condizione di precariato degli insegnanti di religione a dir poco incongruente.

     
    L’Anief contesta “la cervellotica decisione di impedire ai candidati di trovare posto nella propria provincia”:  tale riferimento all’ambito provinciale è del tutto incomprensibile in quanto  assolutamente estraneo sia alla fase di arruolamento sia a quella della mobilità degli insegnanti di religione.
     
    Inoltre, gli emendamenti indicati dal “giovane sindacato” alla fine dell’articolo nulla hanno a che fare con i docenti di religione; anzi, tutti sono stati dichiarati improponibili e alcuni riguardano l’abilitazione medico chirurgo (anche questi improponibili).
     
    In questa comunicazione superficiale e fuorviante la sola cosa che si comprende è la proposta di ricorsi al tribunale del lavoro che potrà accogliere la richiesta di risarcimento ma non quella dell’immissione in ruolo (=stabilizzazione). Lo Snadir ha avviato sin dal 2011 ricorsi su tutto il territorio, ottenendo il risarcimento a livello economico.
     
    In questo momento attendiamo una risposta dalla politica; se questa non dovesse arrivare, lì dove gli organici lo consentiranno, valuteremo anche la possibilità di altra tipologia di ricorsi.
     
     
    Snadir – Professione i.r. – 28 gennaio 2019, h.20,00