Categoria: Pensioni

  • Cessazioni dal servizio. Presentazione delle domande entro il 16 gennaio 2010

    Cessazioni dal servizio
    Presentazione delle domande entro il 16 gennaio  2010
     

    Il Miur  con Circolare n. 96 del 16 dicembre fornisce le indicazioni attuative del Decreto n. 95  del 15.12.2009 che reca le disposizioni circa le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2010 ed i provvedimenti in materia di trattamento di quiescenza del personale docente.
    Ricordando che, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 6, lettera c), della legge n. 243/2004, come novellato dalla legge n. 247/2007, per il personale della scuola i requisiti minimi per l’accesso al trattamento pensionistico, a decorrere dall’1.9.2010, sono di 59 anni di età e di 36 anni di contribuzione, ancorché i requisiti prescritti vengano maturati entro il 31 dicembre del medesimo anno.
    Il suddetto Decreto fissa al 16 gennaio 2010 il termine per la presentazione delle domande:
    * di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio,
    * di dimissioni volontarie dal servizio e di trattenimento in servizio oltre il raggiungimento del 65° anno di età ai fini del raggiungimento dell’anzianità minima o massima, ai sensi dell’art. 509, commi 2 e 3 del D.l.vo 16 aprile 1994, n. 297,
    * dell’eventuale revoca di tali domande,
    * delle istanze da parte del personale che intenda cessare anticipatamente rispetto alla data finale prevista da un precedente provvedimento di permanenza in servizio,
    * delle domande di coloro che intendano avvalersi della normativa prevista dal Decreto del Ministro per la Funzione Pubblica n. 331 del 29 luglio 1997 (trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con attribuzione contestuale del trattamento pensionistico).
     La risoluzione del rapporto di lavoro avviene automaticamente al verificarsi della condizione del limite massimo di età (compimento del 65° anno)  e viene comunicata per iscritto dall’Ufficio Scolastico Regionale. La cessazione opera a decorrere dal 1° settembre successivo al verificarsi della succitata condizione, sempre che l’interessato non abbia chiesto di usufruire dei benefici di cui all’art. 509, commi 2 e 3 e 5 del D.l.vo 297/1994, in questo ultimo caso, qualora ne ricorrano i presupposti , come indicati nella Direttiva del Ministro n 94 del 4 dicembre 2009, in corso di registrazione, relativamente ai criteri di applicazione del c. 7 dell’art.72 della L. 133 del 6 agosto 2008.


    Art. 509 – Collocamento a riposo per raggiunti limiti d’età
    1. Il personale di cui al presente titolo è collocato a riposo d’ufficio dal 1° settembre successivo alla data di compimento del 65° anno di età; a domanda, dal 1° settembre successivo al compimento del 40° anno di servizio utile al pensionamento.
    2. Il personale in servizio al 1° ottobre 1974, che debba essere collocato a riposo per limiti di età e non abbia raggiunto il numero di anni di servizio richiesto per il massimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento della pensione nella misura massima e non oltre il settantesimo anno di età.
    3. Il personale, che, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, non abbia raggiunto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, può essere trattenuto in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età.
    4. Le richieste di permanenza in servizio devono essere prodotte, a pena di decadenza, entro il 31 marzo dell’anno di compimento del 65° anno di età.
    5. Al personale di cui al presente titolo è attribuita, come alla generalità dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, la facoltà di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposto per essi previsti.
    6. Ai soli fini del computo del trattamento di quiescenza la decorrenza per il collocamento a riposo del personale rimane fissata al 1° ottobre ed al 10 settembre, a seconda che il personale stesso sia stato assunto prima della data di entrata in vigore della legge 4 agosto 1977, n. 517, ovvero successivamente alla data medesima.

    Snadir – Professione i.r. – 17 dicembre 2009

  • Pensionamenti d’ufficio con 40 anni di anzianità contributiva: nuova circolare della Funzione Pubblica

    Pensionamenti d’ufficio con 40 anni di anzianità contributiva: nuova circolare della Funzione Pubblica
     


       Il Dipartimento della Funzione pubblica ha reso noto il testo di una nuova circolare, la n. 4 del 16 settembre u.s., attualmente in corso di registrazione presso la Corte dei Conti, concernente le disposizioni contenute nei commi 35-novies e 35 decies dell’art. 17 della L. 102/2009 aventi ad oggetto la modifica alla norma, contenuta nell’art. 72 della L. 133/2008, sulla risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni. 
       La circolare chiarisce che:




    • i 40 anni di anzianità non vanno più intesi come servizio effettivo, ma come anzianità contributiva;


    • la norma si applica anche nei confronti del personale dirigenziale;


    • si tratta di un provvedimento eccezionale limitato ad un triennio (cioè fino al 31.12.2011);


    • la norma non si applica nei confronti di magistrati, professori universitari e dirigenza medica;


    • devono considerarsi efficaci le risoluzioni già intervenute in applicazione del comma 11 nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della legge 15/09, anche se il termine di preavviso sia caduto successivamente al 20 marzo. Uniche eccezioni: a) il caso in cui l’amministrazione interessata abbia proceduto esplicitamente alla revoca del preavviso in considerazione dell’entrata in vigore della legge 15/09; b) il caso in cui l’amministrazione abbia mantenuto in servizio il dipendente dopo la scadenza del termine semestrale, accettando la sua prestazione,  dovendosi intendere sopravvenuta in tal caso una revoca implicita del preavviso già comunicato.

    La Redazione



    FGU/SNADIR – Professione i.r. – lunedì 21 settembre 2009

  • Trattenimento in servizio oltre i 65 anni. Chiarimenti dal Miur

    Trattenimento in servizio oltre i 65 anni. Chiarimenti dal Miur



       Il Miur con nota prot. 2316/bis del 20 febbraio 2009  ha fornito alle direzioni regionali chiarimenti in ordine all’applicazione prevista nella direttiva 13 del 2 febbraio u.s. dei cc. 2 e 3 dell’art. 509 del D.lvo 297/94.


       L’amministrazione ha precisato che la richiesta di permanenza in servizio oltre i 65 anni di età, ma non oltre i 70, per raggiungere il minimo pensionabile, può essere accolta solo nel caso che, effettivamente, nel corso del periodo di proroga concesso il personale interessato raggiunga l’anzianità minima prevista dalla normativa (15 anni se era in servizio nel ’92, 19 anni 11 mesi e 16 giorni negli altri casi).


       Per il personale scolastico in servizio “nel 1974”, la proroga può essere concessa fino ai 70 anni d’età, ovviamente a domanda, e solo per costoro, per migliorare la posizione contributiva, pure se il periodo di permanenza in servizio non consente di raggiungere i 40 anni.


       Resta pertanto confermato quanto più generalmente previsto nella citata direttiva, che “l’istanza di trattenimento in servizio potrà essere accolta esclusivamente nei casi di mancato raggiungimento dell’anzianità contributiva minima o di quella massima di 40 anni entro il suddetto limite di età dei 65 anni”.
      



    Snadir  – Professione i.r. – venerdì 27 febbraio 2009

  • Direttiva sulle cessazioni dal servizio ai sensi dell’art. 72 della legge 133/08

    Direttiva sulle cessazioni dal servizio ai sensi dell’art. 72 della legge 133/08


     


       Come già anunciato, precedentemente, per garantire condotte uniformi e coerenti con le esigenze organizzative e funzionali dell’Amministrazione scolastica, il MIUR con nota prot. n. 1821 ha trasmesso in data 11 Febbraio 2009 agli uffici scolastici regionali e ai dirigenti scolastici la direttiva n. 13 del 2 febbraio 2009 , in via di registrazione alla Corte dei Conti, per l’attivazione delle procedure istruttorie di cui all’art.72, commi 7 e 11, della legge 133 del 6 agosto 2008: mantenimento in servizio oltre i 65 anni di età o risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento del 40° anno di servizio.
       Per quanto riguarda il comma 7 la direttiva escludere categoricamente la possibilità del trattenimento in servizio oltre i 65 anni di età, fatta eccezione per quei docenti che hanno la necessità di permanere in servizio al fine di raggiungere l’anzianità contributiva minima(20 anni) o massima(40 anni). Per il personale che ha già maturato i 65 anni di età non sussistono, precisa la direttiva, i tempi congrui e la prospettiva di continuità lavorativa funzionali all’attivazione dei processi di formazione e riqualificazione professionale necessari per le modifiche ordinamentali connesse ai processi di riorganizzazione o di razionalizzazione in atto.
       Mentre per il comma 11 la direttiva ha previsto che il provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro al compimento del 40° anno di servizio dovrà essere applicato unicamente a coloro che appartengano a posti o classi di concorso in esubero oppure che siano stati collocati permanentemente fuori ruolo per motivi di salute o che abbiano avuto una valutazione negativa del servizio ( con motivazione adeguata e documentata).
       Il provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro deve essere comunicato al personale interessato almeno 6 mesi prima della data di collocazione in quiescenza. Superato tale termine, il provvedimento produce effetti dall’anno scolastico immediatamente successivo Pertanto coloro che si trovano nel 40° anno di servizio le cessazioni dal servizio dovranno essere comunicate entro il 1° marzo 2009; dopo tale data, l’effetto della cessazione dal servizio avverrà nell’anno scolastico 2010/2011.
       A tale scopo i Direttori degli Uffici Scolastici Regionali, sulla base dei dati acquisiti al sistema informativo del MIUR, forniranno ai dirigenti scolastici, in tempo utile per l’adozione dei provvedimenti di competenza, tutti gli elementi utili a determinare l’esistenza o meno della situazione di esubero e la sussistenza, in capo a ciascuno dei soggetti interessati, del requisito dei 40 anni di anzianità contributiva.


    Antonino Abbate



    Snadir – Professione i.r. – giovedì 12 febbraio 2009

  • PENSIONI PERSONALE DOCENTE E ATA. Scadenza presentazione domande 26 gennaio 2009

    PENSIONI PERSONALE DOCENTE E ATA
    Scadenza presentazione domande 26 gennaio 2009


      


       Il Ministero della Pubblica Istruzione ha diramato la circolare e il decreto (C.M. n. 3 Prot. n. AOODGPER 198 del 9 Gennaio 2009 che trasmette il Decreto Ministeriale n. 2 del 09/01/2009) in materia di pensioni. Vediamo,in maniera sintetica, gli elementi più significativi. Il predetto D.M. n.2 fissa, all’art. 1, il termine ultimo del 26 gennaio 2009 per la presentazione, da parte di tutto il personale del comparto scuola, delle domande di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio, di dimissioni volontarie dal servizio, di trattenimento in servizio ai sensi dell’art. 509, commi 2 e 3  del D.lvo n. 297 del 16 aprile 1994 .Il medesimo termine del 26 gennaio 2009 vale anche per coloro che manifestino la volontà di cessare prima della data finale prevista da un precedente provvedimento di permanenza in servizio. Tutte le predette domande valgono, per gli effetti, dal’1/9/2009. Entro la medesima data del 26 gennaio 2009 gli interessati hanno la facoltà di revocare le suddette istanze.
       Per quanto riguarda il trattamento di quiescenza per cessazioni dal servizio di altra tipologia, con decorrenza diversa dal 1° settembre 2009 (decesso, decadenza, licenziamento ecc….), per la valutazione a domanda di servizi e/o periodi per la pensione e, infine, per quanto riguarda la liquidazione dell’indennità di buonuscita (liquidazione e riscatto), si rinvia integralmente alle istruzioni contenute nella C.M. n. 88 del 9 dicembre 2004. Il termine del 26 gennaio 2009 deve essere osservato anche da coloro che chiedono la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico, purché ricorrano le condizioni previste dal decreto 29 luglio 1997, n. 331 del Ministro per la Funzione Pubblica.
       Il personale docente, educativo ed ATA deve indirizzare tutte le istanze sopra richiamate , compresa l’eventuale revoca delle medesime, alla Scuola di titolarità (tramite la scuola di servizio se diversa da quella di titolarità) che provvederà a trasmetterla all’ufficio Scolastico Provinciale. Nella domanda di cessazione dovrà essere indicato il c/c bancario o postale dove si desidera sia effettuato il pagamento della pensione nel solo caso che questo sia diverso da quello dove già viene accreditato lo stipendio.
       Nel il 2009, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 6, lettera c), della legge n. 243/2004, come novellato dalla legge n. 247/2007, per il personale della scuola i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico restano 58 anni di età e 35 di contribuzione, purché i requisiti prescritti vengano maturati entro il 31 dicembre del medesimo anno.
       Maturano invece il diritto alla pensione per limiti d’età (pensione di vecchiaia) tutti coloro, uomini e donne, che entro il 31 agosto 2009 compiono 65 anni di età: in questo caso si è collocati a riposo d’ufficio (le donne – a richiesta – anche al compimento del 60° anno). Chi vuole può chiedere il trattenimento in servizio per altri due anni (fino a 67 anni di età).Ma l’Art. 72 della legge n.112 del 25 giugno 2008 ha modificato l’art.16 del D.Lvo n. 503/92,:mentre in precedenza l’amministrazione aveva l’obbligo di accogliere la domanda di trattenimento in servizio oltre il 65esimo anno, oggi ha facoltà o meno di accoglierla.
       Per questo l’art. 5 del D.M. n.2  precisa che con successiva direttiva verranno disciplinate le modalità di attuazione dell’art. 72, commi 7 e 11 della legge 6 agosto 2008 n. 133, a valere, per gli effetti, dal 1° settembre 2009.
       Per i casi di cessazioni dal servizio dopo il 65° anno di età o al superamento del 40° anno di servizio  si veda il resoconto dell’incontro svoltosi il 9 gennaio 2009 al Miur.
       Una ulteriore proroga di 3 anni, fino al raggiungimento di un massimo di 70 anni di età, è possibile solo per raggiungere il minimo della pensione, che è di 20 anni (19 anni, 11 mesi e 16 giorni).
       Il personale di ruolo e i docenti di religione di cui all’art.53 della legge 312/1980 che erano in servizio al 31/12/1992 (ai sensi dell’art. 2, comma 3 -lett. c del D.lvo n. 503 del 30.12.1992) conseguono il diritto a pensione di vecchiaia con una anzianità di 15 anni (14 anni, 11 mesi e 16 giorni).
       Inoltre il personale di ruolo e gli incaricati a tempo indeterminato in servizio all’1/10/1974 possono chiedere la proroga fino a 70 anni di età per raggiungere il massimo dell’età pensionabile (40 anni) (ai sensi dell’art. 2, comma3 -lett. c del D.lvo n. 503 del 30.12.1992)
       Qualora l’interessato compia sia l’età anagrafica che l’anzianità di servizio dopo il 31 agosto 2009 ed entro il 31 dicembre 2009, a richiesta può cessare dal servizio dal 1° settembre 2009, altrimenti cesserà d’ufficio al 1° settembre 2010.
     


    Antonino Abbate



    Snadir – Professione i.r. – venerdì 9 gennaio 2009

  • Incontro al Miur: direttiva sulle cessazioni dal servizio dopo il 65° anno di età o al superamento del 40° anno di servizio

    Incontro al Miur: direttiva sulle cessazioni dal servizio dopo il 65° anno di età o al superamento del 40° anno di servizio


     


       Si è svolto oggi (9 gennaio 2009) l’incontro tra l’Amministrazione e le organizzazioni sindacali sulle modalità di applicazione dell’art. 72 della legge 133/2008: “mantenimento in servizio oltre i 65 anni di età o risoluzione del rapporto di lavoro al raggiungimento del 40° anno di servizio”.
       L’Amministrazione ha presentato una bozza di direttiva (diversa da quella prevista per il collocamento in pensione) dove vengono indicate delle regole abbastanza semplici a cui i Dirigenti regionali (per il dirigenti scolastici) e i Dirigenti scolastici (per il restante personale della scuola) dovranno attenersi per decidere in modo uniforme sulla permanenza o meno in servizio degli ultra sessantacinquenni o di quelli che hanno raggiunto l’anzianità massima contributiva dei 40 anni.
       La bozza direttiva indica soluzioni separate per i due casi sopra descritti. Nel primo caso la direttiva è categorica nell’escludere la possibilità del trattenimento in servizio oltre i 65 anni di età; ovviamente tale esclusione non si applica a coloro che hanno la necessità di permanere in servizio al fine di raggiungere l’anzianità contributiva minima o massima.
       Riguardo al secondo caso la bozza prevede che il provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro al compimento del 40° anno di servizio dovrà essere applicato unicamente a coloro che appartengono a posti/profili/classi di concorso in esubero oppure che sono stati collocati permanentemente fuori ruolo per motivi di salute o che abbiano avuto una valutazione negativa del servizio (motivazione adeguata e documentata).
       Ovviamente la comunicazione del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro deve essere comunicata al personale interessato almeno 6 mesi prima della data di collocazione in quiescenza. Quindi le cessazioni dal servizio di coloro che si trovano nel 40° anno di servizio dovranno essere comunicate  entro il 1° marzo 2009; oltre tale data, l’effetto della cessazione dal servizio avverrà nell’anno scolastico 2010/2011.


    La Redazione


    Snadir – Professione i.r. – venerdì 9 gennaio 2009

  • Incontro al Miur sulle pensioni: domande entro il 26 gennaio 2009

    Incontro al Miur sulle pensioni: domande entro il 26 gennaio 2009


       Si è svolto ieri pomeriggio (22 dicembre 2008) l’incontro tra l’Amministrazione e le Organizzazioni sindacali sulla questione del collocamento in pensione dei Dirigenti scolastici, docenti e ata.
       Come abbiamo già riferito nel nostro precedente comunicato, il nodo problematico rimane quello di stabilire regole che permettano di applicare in modo uniforme l’art. 72 della legge 133/2008; cioè la permanenza o meno in servizio di coloro che si trovano oltre il 65° anno di età o dopo i 40 anni di contribuzione.
       Su tale problematica l’Amministrazione ha comunicato che è in corso un confronto con la Funzione pubblica. Molto probabilmente un chiarimento sui criteri da adottare in modo uniforme sarà possibile indicarli in una successiva direttiva (entro gennaio 2009). Invece sulle restanti questioni per il collocamento in pensione del personale della scuola, l’Amministrazione ha informato che a breve sarà emanato il decreto e la circolare che stabilirà la scadenza di presentazione delle domande di pensionamento entro il 26 gennaio 2009 (compimento dei 40 anni, dimissioni volontarie, trattenimento oltre il 65° anno di età, eventuali revoche di domande).
       Nel momento in cui l’Amministrazione pubblicherà il decreto e la circolare, ne daremo immediata comunicazione e provvederemo alla predisposizione di una breve nota di chiarimento.


    La Redazione


    Snadir – Professione i.r. – martedì 23 dicembre 2008

  • PENSIONI PERSONALE DOCENTE E ATA. Scadenza presentazione domande 10 gennaio 2008

    PENSIONI PERSONALE DOCENTE E ATA 


    Scadenza presentazione domande 10 gennaio 2008


       Il Ministero della Pubblica Istruzione ha  diramato la circolare e il decreto (C.M. n. 98 del 15 novembre 2007 che trasmette il Decreto Ministeriale n. 97 del 14/11/2007) in materia di pensioni. Vediamo,in maniera sintetica, gli  elementi più significativi. Il predetto D.M. 97 fissa, all’art. 1, il termine ultimo del 10 gennaio 2008 per la presentazione, da parte di tutto il personale del comparto scuola, delle domande di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio, di dimissioni volontarie dal servizio, di trattenimento in servizio ai sensi dell’art. 509, commi 2, 3 e 5 del D.lvo n. 297 del 16 aprile 1994 .Il medesimo termine del 10 gennaio 2008 vale anche per coloro che manifestino la volontà di cessare prima della data finale prevista da un precedente provvedimento di permanenza in servizio. Tutte le predette domande valgono, per gli effetti, dall’1/9/2008. Entro la medesima data del 10 gennaio 2008 gli interessati hanno la facoltà di revocare le suddette istanze.


       Il personale docente, educativo ed ATA deve indirizzare tutte le istanze sopra richiamate , compresa l’eventuale revoca delle medesime, alla Scuola di titolarità (tramite la scuola di servizio se diversa da quella di titolarità).Nella domanda di cessazione dovrà essere indicato il c/c bancario o postale dove si desidera sia effettuato il pagamento della pensione nel solo caso che questo sia diverso da quello dove già viene accreditato lo stipendio.



       Nel corrente anno scolastico maturano il diritto alla pensione per limiti d’età (pensione di vecchiaia) tutti coloro, uomini e donne, che entro il 31 agosto 2008  compiono 65 anni di età: in questo caso si è collocati a riposo d’ufficio  (le donne – a richiesta –  anche al compimento del 60° anno). Chi vuole può chiedere il trattenimento in servizio per altri due anni (fino a 67 anni di età).  Questa proroga viene concessa a tutti coloro che ne fanno richiesta, indipendentemente dalla motivazione,  in quanto l’Amministrazione scolastica non effettua sulle domande nessuna valutazione di merito  (art. 509, comma 5 del D.Lvo n. . 297 del 16 aprile 1994). Una ulteriore proroga di 3 anni, fino al raggiungimento di un massimo di 70 anni di età, è possibile solo per raggiungere il minimo della pensione, che è di 20 anni (19 anni, 11 mesi e 16 giorni).


       Il personale di ruolo e i docenti di religione di cui all’art.53 della legge 312/1980 che erano in servizio al 31/12/1992 (ai sensi dell’art. 2, comma  3 -lett. c del D.lvo n. 503 del 30.12.1992) conseguono il diritto a pensione di vecchiaia con una anzianità di 15 anni (14 anni, 11 mesi e 16 giorni).


       Inoltre il personale di ruolo e gli incaricati a tempo indeterminato in servizio all’1/10/1974 possono chiedere la proroga fino a 70 anni di età per raggiungere il massimo dell’età pensionabile (40 anni) (ai sensi dell’art. 2, comma  3 -lett. c del D.lvo n. 503 del 30.12.1992)


       Qualora l’interessato compia sia l’età anagrafica che l’anzianità di servizio dopo il 31 agosto 2008 ed entro il 31 dicembre 2008, a richiesta può cessare dal servizio dal 1° settembre 2008, altrimenti cesserà d’ufficio al 1° settembre 2009.


       Il termine del 10 gennaio 2008 deve essere osservato anche da coloro che chiedono la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico, purché ricorrano le condizioni previste dal decreto 29 luglio 1997, n. 331 del Ministro per la Funzione Pubblica. Tale richiesta va formulata con unica istanza. All’acquisizione delle cessazioni nel SIMPI, o alle eventuali cancellazioni in caso di revoca delle dimissioni volontarie per mancata maturazione del diritto a pensione, provvederanno, le istituzioni scolastiche di titolarità di ciascun interessato, entro l’11 febbraio 2008, al fine di garantire la corretta acquisizione dei dati ai fini della determinazione delle disponibilità di posti per le operazioni di mobilità. Dopo l’11 febbraio, le cessazioni non inserite nel SIMPI, saranno comunicate all’USP, che provvederà all’inserimento, motivando la mancata acquisizione nei termini.


       Per  cessazioni dal servizio di altra tipologia, con decorrenza diversa dal 1° settembre 2008 (decesso, decadenza, licenziamento ecc….); per la valutazione a domanda di servizi e/o periodi per la pensione e , infine, per quanto riguarda la liquidazione dell’indennità di buonuscita (liquidazione e riscatto), si rinvia integralmente alle istruzioni contenute nella C.M. n. 88 del 9 dicembre 2004.


     


    Antonino Abbate


     



    Snadir – sabato 17 novembre 2007

  • PENSIONI: EQUIVOCI E FANDONIE

    PENSIONI:  EQUIVOCI E FANDONIE


       Dopo memorandum e accordi più o meno segreti tra sindacati e governo sulla questione pensioni  ed impegni che andavano definiti e conclusi  entro marzo, stiamo arrivando rapidamente alla necessità di porre fine ad una vicenda molto discutibile, per il bene della politica, ma anche per la credibilità del sindacato.
       Il nodo da sciogliere è quell’impegno, troppo sbandierato in campagna elettorale, di eliminare l’iniquo scalone Maroni (dal 2008 per andare in pensione ci vorranno 35 anni di contributi e 60 anni di età): un salto rispetto all’attuale sistema (35 e 57)  che, a detta dell’estensore della riforma, farebbe risparmiare al sistema previdenziale  e  allo Stato alcuni miliardi di euro.
       Vinte le elezioni, l’attuale governo ha cercato di evitare di affrontare questo specifico impegno elettorale, concordando con il sindacato, in un’ azione congiunta a tutto campo, una nuova riforma delle pensioni.
       Rimettendo tutto in discussione, probabilmente si voleva arrivare a lasciare lo status quo o a mascherare, con cambiamenti minimi, ciò che non si era in grado di cambiare realmente.
       L’assenso del sindacato è stato ottenuto facilmente con la garanzia di far partire la previdenza integrativa in tutto il pubblico impiego: un affare colossale in cui lo stesso sindacato avrà un ruolo da protagonista.
       Dentro questa ipotetica nuova riforma è stato fatto entrare di tutto: da nuovi ammortizzatori sociali per i giovani lavoratori e i precari, agli incrementi delle pensioni minime, all’innalzamento dell’età pensionabile, alla riduzione dei coefficienti di rivalutazione e al passaggio al contributivo per tutti.
       La confusione generata e le tensioni hanno contribuito ad alimentare disinformazione e timori. Mentre il vero nodo dello scalone Maroni perdeva risalto rischiando di non essere toccato affatto.
    Tutto il progetto riformatore doveva addirittura, secondo un rigidissimo impegno temporale, concludersi entro il 31 marzo 2007.
       A gennaio è iniziato un confronto serrato che ha visto politici e sindacalisti impegnatissimi, in confronti pubblici più o meno inutili, a dare le ragioni delle loro scelte, con tardive e ridicole smentite da parte di alcuni protagonisti del memorandum sottoscritto a settembre; a sostegno delle posizioni di ognuno non sono mancati i più incredibili equivoci:
       1° equivoco. Bisogna fare ora la riforma delle pensioni come patto di solidarietà fra generazioni per garantire le pensioni ai giovani, futuri lavoratori.
    Ci dicono, cioè, che bisogna fare ora una riforma che consenta di spendere meno perché così ci saranno più soldi nel futuro per  coloro che andranno in pensione fra 20 – 30 anni.
       Niente di più falso: l’attuale sistema non è ad accumulazione (la percentuale di contributivo è ancora modesta), sono i contributi versati dai lavoratori attuali a pagare le pensioni.
       Non solo, la contribuzione previdenziale attualmente serve a garantire le pensioni sociali (di coloro che non hanno una propria contribuzione) e a sostenere un largo sistema di ammortizzatori sociali.
    Praticamente i lavoratori, quando versano i contributi previdenziali, mettono a disposizione dello Stato una quota di risorse che serve ad alimentare la solidarietà sociale.
       Se e quando si riuscisse a scaricare, come sarebbe giusto, i costi delle garanzie sociali sulla fiscalità generale, quindi a carico dello Stato, piuttosto che sulla contribuzione previdenziale dei lavoratori, avremmo un sistema previdenziale perfettamente in equilibrio per i prossimi 30 anni.
       La riduzione della spesa pensionistica ora non servirebbe ad accantonare risorse per il futuro, ma a liberare risorse da mettere a disposizione della politica! Per il futuro e per i giovani lo Stato e i sindacati ci hanno già pensato con la riforma Dini che ha introdotto per loro il sistema contributivo (ogni lavoratore riceverà di pensione solo quanto versato di contributi nel corso della carriera lavorativa, con adeguamenti modesti, legati a coefficienti non particolarmente favorevoli e che si vorrebbe ulteriormente abbattere).
       2° equivoco. Il futuro pensionistico dei nostri giovani dipende dall’attuale sistema e dai suoi squilibri.
    In realtà il futuro previdenziale è strettamente connesso al mondo del lavoro, alla crescita economica e sociale, al sistema dei contratti e alle garanzie in essi contenute.
       Nel passato recente, per effetto di scelte inaccettabili sul mercato del lavoro: tipologie contrattuali, eliminazione di garanzie relative al rapporto di lavoro, assenza, sempre più diffusa, di tutele previdenziali, e, soprattutto,  crescita di un precariato endemico, la prospettiva dei giovani lavoratori e futuri pensionati sono divenute drammatiche.
       Ci sono settori, come la scuola, che assorbono una quantità enorme di disoccupazione intellettuale, dove ormai entrano precari storici di 40-50 anni con alle spalle anni ed anni di precariato, quindi con una contribuzione previdenziale discontinua e sempre ai livelli minimi.
       Per questi dipendenti, come per altri, le pensioni che verranno maturate in futuro saranno determinate dai lunghi periodi di attesa del lavoro non coperti da contribuzione dopo la formazione; dai lunghi periodi di precariato, con contribuzione intermittente; dal sistema di calcolo contributivo, con coefficienti di rivalutazione sfavorevoli; infine dall’impossibilità materiale di raggiungere il massimo della carriera retributiva (se si comincia a lavorare a 45-50 anni, si potranno accumulare al massimo 25-30 anni di contribuzione). Per costoro le prospettive pensionistiche, mostrano scenari da indigenza.
       3° equivoco. E’ necessario alzare l’età pensionabile per spendere meno visto che i lavoratori vivono di più, e consentire a questi stessi lavoratori di mantenersi attivi più a lungo.
       Ma come tutti hanno compreso si tratta di una scelta che ha ben poco riscontro con la realtà, il principio infatti non è generalizzabile,  dipende dalle condizioni psico-fisiche di ogni lavoratore ed esse possono essere molto diverse. Non a caso infatti si è aperto immediatamente il capitolo dei lavori usuranti, le condizioni fisiche e psicologiche di un lavoratore dopo 35 anni possono essere molto diverse a seconda del lavoro svolto, delle condizioni in cui è stato svolto, delle energie spese, del logoramento subìto.
       Rendere oggettivo e serio l’approccio al problema della differenziazione sul piano lavorativo e quindi decidere il maggiore o minore diritto di andare in pensione prima o dopo è parso subito estremamente difficile.
       Le ideologie sono scese immediatamente in campo: quelle “antintellettuali” di una certa sinistra con i complessi di colpa verso una classe operaia sempre più tradita, e quelle di parte industriale da sempre ostili al lavoro pubblico considerato da loro luogo di inefficienza e di privilegio. Ideologie contrapposte ma con il medesimo obiettivo discriminare i lavoratori, secondo criteri funzionali ai propri interessi.
       La questione poteva trovare soluzione  nel principio della volontarietà incentivata: ogni lavoratore decide se restare  in cambio di qualche forma di incentivo.
    Ma è necessario tenere presente che anche la scelta di innalzare l’età pensionabile su base volontaria  non è innocua e comporta problemi.
       L’innalzamento dell’età pensionabile ritarderà, nei fatti, ulteriormente l’ingresso nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani, ciò alla lunga rappresenterà un danno sociale enormemente più grande del piccolo beneficio immediato.
       4° equivoco. La previdenza integrativa (la terza gamba del sistema previdenziale) risolverà i problemi delle pensioni ridotte nei prossimi decenni.
        Niente di più falso, così come attualmente paiono organizzati i fondi previdenziali non garantiscono nemmeno il recupero del capitale versato (fondi pubblici), le variabili in gioco introdotte per evitare che i fondi possano entrare in perdita sono molteplici, alcune delle quali (come l’andamento del PIL) non dipendono certamente dalle capacità di investimento delle società di gestione.
       Si può ipotizzare fin d’ora che, con l’assestarsi del sistema della previdenza integrativa, burocrazia e spese di mantenimento degli organi politici di controllo e gestione (Consigli di Amministrazione) di nomina sindacale diretta o indiretta tenderanno a crescere a discapito dei rendimenti per gli associati.
       Le possibilità per gli iscritti di arrivare a sistemi autentici di controllo e di verifica sono di fatto interdetti: i meccanismi elettorali inventati sono fatti in modo da consentire l’accesso ai livelli di controllo solo ai gruppi fortemente organizzati e diffusi sul territorio nazionale (sindacati).
       Se invece ci si rivolge al privato i rendimenti sono sicuramente maggiori, ma i rischi enormemente più alti. Costi di gestione, profitti e rischi di investimento possono costituire il vero problema.
       Quello che appare evidente è che nel nostro paese continuiamo a fare scelte in materia di garanzie sociali che tendono a disimpegnare economicamente lo Stato il quale progressivamente si ritira da Scuola, Sanità, Pensioni, baluardi della nostra civiltà collettiva e garanzia di equità sociale, per affidare al privato (vero e finto) gran parte di questi sistemi.
       Eppure l’Europa ed altri paesi ad economia avanzata stanno riscoprendo il Welfare non solo come strumento di tutela dei cittadini, ma addirittura come fattore di crescita e di sviluppo.
       Queste scelte non hanno portato finora vantaggi (le tasse, al di là delle chiacchiere, sono mediamente le stesse e a pagarle le medesime categorie), ma il sistema di garanzie sociali si è enormemente indebolito, in pratica lo Stato spende lo stesso una grande quantità di denaro che ricava da un sistema di tassazione iniquo, ma spende sempre di meno nelle tutele sociali e nelle protezioni per tutti.
       Le risorse in realtà le sperpera la politica con costi sempre più alti,  sono quasi 180 mila gli eletti, (dai parlamentari nazionali ai rappresentati di quartiere). Il costo della rappresentanza politica nel suo complesso in Italia è pari a quello di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna messi insieme: vicino ai 4 miliardi di euro.
       Ma il problema maggiore forse non sta nemmeno nei costi della politica, ciò che pesa di più è soprattutto la sua inefficienza, l’ incapacità di questa stessa politica di essere al servizio della crescita civile, culturale ed economica del nostro Paese, la sua incapacità di contrastare l’evasione fiscale e il degrado sociale di ampie aree del paese, l’incapacità di investire nella scuola, nell’università, nella ricerca, la sua incapacità di costruire prospettive per tutti, di dare futuro.
       Per questo sono tanto più iniqui e inaccettabili gli interventi sulle pensioni: togliere a chi lavora la piccola certezza di una modesta pensione per una dignitosa vecchiaia è indegno di un paese civile.
     
    CINQUE PROPOSTE
    E’ necessario realizzare provvedimenti che agiscano sul futuro dei lavoratori e che contribuiscano ad eliminare gli elementi di debolezza strutturale nel sistema di tutela previdenziale agendo per:



    1. Eliminare il precariato e le condizioni politiche che lo determinano;

    2. Consentire la carriera retributiva anche ai contratti a tempo determinato;

    3. Coprire con contribuzione i periodi di interruzione lavorativa;

    4. Accelerare la carriera retributiva di tutti i lavoratori consentendo di arrivare al massimo stipendiale in un numero minore di anni;

    5. Spostare sulla fiscalità generale le spese relative alle garanzie sociali;

    Cinque provvedimenti di crescita civile alla portata di Governo e Sindacati. Cinque cambiamenti possibili subito.


    Alessandro Ameli

  • Assegno sociale

    Assegno sociale


     


       L’assegno sociale sostituisce dal 1° gennaio 1996 la pensione sociale.


       Viene riconosciuto in presenza di precisi requisiti anagrafici e reddituali, ossia:




    • 65 anni di età;


    • residenza in Italia;


    • un reddito pari a zero o di modesto importo.

     


       I richiedenti non devono avere, quindi altri redditi ovvero redditi inferiori a quelli fissati ogni anno dalla legge. Per avere diritto all’assegno si considerano non solo i redditi propri del titolare ma anche quelli eventuali del coniuge.


       Per il 2007 tali limiti sono pari a €. 5.061,68 annui se il pensionato è solo, €. 10.123,36 annui se coniugato.


       L’assegno non è reversibile  e quindi non può essere trasmesso ai familiari superstiti.


       L’importo dell’assegno per il 2007 è pari a €. 389,36.


       Coloro che lo percepiscono  possono, a determinate condizioni, avere diritto alle maggiorazioni sociali.


       La domanda che va redatta su apposito modulo in carta semplice deve essere presentata o inviata per posta a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento a qualunque sede Inps. Ad essa devono essere allegati:




    • autocertificazione dati personali;


    • dichiarazione della situazione reddituale;


    • dichiarazione di responsabilità riguardo eventuale ricovero presso istituti a carico dello Stato o enti pubblici.

    Loredana Belluardo


     


    Modello richiesta assegno sociale


    Snadir – lunedì 26 marzo 2007