Categoria: Iscrizione e scelta Irc – Libri di testo

  • Iscrizione e Scelta dell’Irc. Il termine sarà fissato dal Miur al 25 gennaio 2006?

    Iscrizione e Scelta dell’Irc
    Il termine sarà fissato dal Miur al 25 gennaio 2006?


    Il termine ultimo di presentazione delle domande di iscrizione alle scuole dell’infanzia e alle classi delle scuole di ogni ordine e grado è fissato, in genere, al 25 gennaio di ogni anno. Pertanto per il prossimo anno scolastico il termine, in attesa di disposizioni del Miur, sarà quello del 25 gennaio 2006.
    Con l’attuazione della 53/03 ci sono diverse novità in relazione all’età dei neo iscritti, ma nulla è cambiato per la scelta dell’Irc. Questa va fatta all’atto di iscrizione di ogni ciclo scolastico e permane salvo espressa volontà dell’alunno o dei genitori (art. 310, c.3, D.L.vo 16 aprile 1994, n.297; n.119 del 6 aprile 1995) di modificare la scelta entro il termine previsto per l’iscrizione.
    Dalla legge n.281 del 18 giugno 1986 e dalla sentenza della Corte Costituzionale n.13 dell’11/14 gennaio 1991 discende l’obbligo di separare il momento della scelta di avvalersi (o non) dell’Irc dalle opportunità per i non avvalentesi.
    Ricordiamo che nella scuola dell’infanzia la scelta va proposta anno per anno, mentre nella scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado solo il primo anno. Soltanto dopo aver eventualmente fatto la scelta di non avvalersi deve essere presentato il modello che prevede le diverse opzioni alternative all’Irc: attività didattiche e formative; attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente; libera attività di studio e/o di ricerca senza assistenza di personale docente; uscita da scuola. La circolare più recente che tratta l’argomento è del 20 dicembre 2002, prot.3642, e recita testualmente: ” (…..) si richiama l’attenzione sul modello D, nel quale viene chiarito che la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della Religione cattolica ha effetto non solo per l’intero anno scolastico cui si riferisce, ma anche per i successivi anni di corso, nei casi in cui sia prevista l’iscrizione d’ufficio, compresi, quindi, gli istituti comprensivi e ferma restando la possibilità di modificare la scelta compiuta l’anno precedente”.



    Redazione

  • Avvalentisi e non: la situazione nella scuola italiana

    Avvalentisi e non: la situazione nella scuola italiana


    Il Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica, in collaborazione con l’Osservatorio Socio-Religioso del Triveneto, ha realizzato anche quest’anno una indagine statistica (nel nostro sito readdoc.asp?ID=1016 trovate quella di questo anno e degli anni precedenti) per fotografare la situazione in Italia circa tre importanti tematiche scolastiche:  il numero di avvalentisi dell’Irc, la composizione del corpo docente, le attività alternative.


    Prenderemo in considerazione solo la prima di queste tre tematiche, al fine di fornire qualche dato statistico su cui formulare qualche breve riflessione.


    La percentuale degli alunni che si avvalgono dell’Irc resta ancora molto alta in Italia: nell’anno scolastico 2004/2005 risulta essere del 91,8%.    E’ un dato importante che, comunque lo si voglia leggere, indica una accettazione ed una positiva considerazione, da parte della generalità delle famiglie e degli alunni, dei contenuti dell’Irc, ritenuti significativi per un percorso scolastico capace di incidere positivamente sulla formazione individuale.


    I dati dell’indagine meritano una lettura approfondita in quanto consentono di rilevare non solo la situazione aggiornata ad oggi ma anche le variazioni registrate nell’ultimo decennio.


    I valori numerici che la ricerca raccoglie, con riferimento agli anni scolastici dal 1993/94 al 2004/05, evidenziano un calo contenuto del numero degli avvalentisi: si è passati infatti dal 93,5% al 91,8%, con un decremento più sensibile nella scuola secondaria di secondo grado.    Aggregando i dati secondo la distribuzione geografica emerge che le Regioni dove maggiore è il numero degli alunni che si avvalgono dell’Irc sono la Basilicata, la Campania e la Calabria.  Al contrario, le Regioni dove maggiore è il numero dei non avvalentisi sono la Lombardia, il Piemonte e la Toscana.


    Se vogliamo leggere i dati evidenziando la corrispondente percentuale dei non avvalentisi, si rileva che si è passati dal 6,5% dell’anno scolastico 1993/94 all’8,2% dell’anno scolastico 2004/05.    La ripartizione geografica di questi dati evidenzia che i non avvalentisi sono aumentati, nell’anno scolastico che si è concluso, soprattutto nelle regioni del nord (13% rispetto all’8,2% della media nazionale).  Nelle regioni del centro Italia la percentuale dei non avvalentisi è sostanzialmente in linea con il dato nazionale (8,9%) mentre al sud il valore percentuale è molto contenuto (1,6%).
    Per inquadrare la problematica relativa agli alunni avvalentisi e non, in una prospettiva che sia la più ampia possibile, tenuto anche conto che altre ricerche (cfr. “la Repubblica” di venerdì 12 agosto u.s.) presentano un quadro della situazione molto più negativo di quanto riportato nella ricerca sin qui citata, è certamente importante introdurre un ulteriore elemento di valutazione, ossia la composizione della platea studentesca e le modificazioni che la stessa ha evidenziato negli ultimi anni a seguito dei flussi migratori.


    Negli anni che vanno dal 1993-94 al 2003-04 l’incidenza sulla popolazione scolastica italiana di alunni stranieri è passata dallo 0,41%  al  3,49% e la prospettiva per i prossimi dieci anni è che possa giungere fino al 7,5% (fonte: “Tuttoscuola” su dati MIUR 2004, numero 445 ottobre 2004).  Si tratta di alunni ovviamente appartenenti a contesti socio-geografici e religiosi diversi dai nostri e che, quindi, nella scuola italiana non si avvarranno, in gran parte, dell’Irc.  Con ciò si vuole evidenziare che la crescita del numero di non avvalentisi non è solo e sempre la conseguenza di un “no” all’insegnamento della religione cattolica ma, il più delle volte,  è il risultato di una diversa composizione socio-culturale della platea scolastica.
    Che ciò debba significare mettere da parte l’insegnamento della religione cattolica, come alcuni vorrebbero, in quanto non rispondente alle radici culturali degli alunni immigrati equivarrebbe a dover mettere da parte anche tutta la nostra letteratura, storia e filosofia, anch’esse estranee  alle culture medio-orientali ed africane.


    Se così dovesse succedere chiuderemmo in soffitta l’unico libro capace di costruire un ponte culturale con le popolazioni immigrate: la Bibbia.


    Comunque, la valutazione del fenomeno “avvalentisi e non”, ci richiama alla necessità di ripensare non tanto i contenuti dell’Irc (dovrebbe bastare quanto già fatto nel periodo immediatamente antecedente alla riforma Moratti) quanto l’approccio didattico e metodologico, con particolare riferimento agli alunni della scuola secondaria.  La formazione degli insegnanti di religione dovrà, nei prossimi anni, prestare maggiore attenzione allo studio delle dinamiche giovanili, nella consapevolezza che, oggi più di ieri, è necessario acquisire la capacità di parlare anche a chi si pone nei confronti della religione e della religiosità in un atteggiamento di diffidenza o addirittura di chiusura.


    Un’ultima osservazione riguarda l’aspetto lavorativo: risulta fin troppo evidente, purtroppo, che la professione dell’insegnante di religione è minacciata da tante (troppe) incognite. Al rischio di una diminuzione del numero degli avvalentisi si aggiunge quello del calo demografico, particolarmente rilevante in alcune aree geografiche.  Il concorso è stata la strada obbligata per offrire una prospettiva di stabilità lavorativa al maggior numero possibile di insegnanti e il sindacato intende mantenere viva l’attenzione su questo aspetto, fino a quando tutti gli Idr avranno trovato una collocazione lavorativa capace di garantire loro un futuro.


    Ernesto Soccavo

  • L’Irc e l’ora alternativa

    L’Irc e l’ora alternativa


    “In 182 classi nelle scuole di Milano nessuno si avvale dell’ora di religione”. Molte testate giornalistiche a diffusione nazionale, all’inizio del nuovo anno scolastico, hanno riportato la notizia in grande evidenza. Certamente un dato del genere deve far riflettere piuttosto che compiacere, innanzitutto la società milanese, ma anche tutti coloro che hanno a cuore il destino delle giovani generazioni. Non può essere solo la Chiesa ad occuparsi del problema, come alcuni vorrebbero, ma l’intera società. Infatti un dato del genere indica una tendenza del mondo giovanile che non riguarda solo la metropoli lombarda. E’ facilmente prevedibile che nell’arco di pochi anni , soprattutto nella scuola superiore, il fenomeno abbia ad estendersi nel resto della penisola.
    Se guardiamo alle percentuali dei non avvalentesi negli ultimi dieci anni nella scuola superiore si è avuto un incremento del 2% circa che può essere ritenuto fisiologico. Ma se attenzioniamo i dati delle grandi città è necessario cominciare ad analizzare il problema con la dovuta cura. E’indubbio che la scelta l’Irc coinvolge la coscienza di ogni alunno e della rispettiva famiglia per cui ci si può ritenere abbastanza soddisfatti per le alte percentuali che ancora si registrano fra gli avvalentesi.
    Se andiamo,poi, ad analizzare il problema da un’altra angolatura ci si accorge che chi non si avvale dell’Irc la fa per motivazioni meno nobili, ma sicuramente plausibili. I quotidiani nel dare risalto al dato clamoroso dei non avvalentesi a Milano hanno dimenticato di evidenziare che la scelta dell’Irc è in alternativa al nulla . Un adolescente stante la situazione attuale si trova a scegliere tra l’Irc e l’ora d’aria considerando che sono pochi coloro che scelgono di avvalersi delle altre opportunità previste: studio individuale, studio assistito, materia alternativa. Data tale condizione, onore e merito a tutti gli adolescenti d’Italia per il senso di responsabilità che hanno dimostrato e continuano a dimostrare. Infatti i dati dell’anno scolastico 2003/2004 dicono che alle Medie Superiori si sono avvalsi dell’Irc l’86,5% degli alunni.
    E’ necessario , però, riaprire un dibattito su come la scuola italiana gestisce ed intende gestire nel futuro l’Irc anche a seguito del processo riformatore in corso. Se la scuola è un momento educativo è mai possibile che possa proporre una disciplina di studio in alternativa al nulla? Che tipo di messaggio si intende dare alle giovani generazioni ponendo l’ora di religione in alternativa all’ora d’aria e al bighellonare? Si, proprio così! Quando c’è l’ora di religione i non avvalentesi molte volte dicono: andiamo a bighellonare. Non è forse giunto il momento di pensare seriamente all’opportunità della materia alternativa, lasciata cadere nel dimenticatoio troppo presto e facilmente?
    Dopo aver dato una soluzione allo stato giuridico dei docenti di religione, è venuto il momento di affrontare altri problemi che riguardano l’Irc e fra questi c’è sicuramente la necessità di ripensare la collocazione di tale insegnamento nella scuola riformata ovviando ai limiti riscontrati nel recente passato e alla loro ricaduta negativa dal punto di vista educativo.


    Salvatore Modica