Categoria: Congedi Parentali
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I RIPOSI GIORNALIERI RETRIBUITI (già allattamento)
I RIPOSI GIORNALIERI RETRIBUITI
La disciplina che regola i riposi giornalieri (già permessi per allattamento)I riposi giornalieri sono regolati, in via generale, dagli artt.39-40 D.Lgs 151/2001 (T.U.) e, specificatamente per il comparto scolastico, dall’art. 12 (personale a T.I.) e 19 (personale a T.D del CCNL 2006-09.I beneficiari dei riposi giornalieriIl diritto a beneficiare dei riposi giornalieri è riconosciuto ad entrambi i genitori, limitatamente al compimento del primo compleanno del figlio o, nel caso di affidamento/adozione, entro il primo anno dall’ingresso in casa del minore. Tali riposi, al pari del congedo di maternità, spettano a tutto il personale scolastico, senza alcuna distinzione tra lavoratori a tempo indeterminato e quelli con rapporto di lavoro determinato. Ne beneficiano anche coloro che hanno un contratto di part time, di supplenza “breve”. Per coloro ai quali è conferita una supplenza con orario inferiore a quello di cattedra, il diritto è riconosciuto a condizione che il numero di ore di insegnamento sia tale da non comportare di fatto un esonero totale dal servizio (Telex MPI 21-1-1984).La domanda per la fruizione dei riposi giornalieriPer fruire dei riposi giornalieri è necessario produrre una domanda al dirigente scolastico, che, nel caso della madre lavoratrice, dovrà essere corredata da certificato di nascita o dall’autocertificazione attestante il rapporto di maternità. Il padre lavoratore, invece, dovrà produrre una differente documentazione a seconda dei casi che si presentino:a) madre lavoratrice dipendente: dichiarazione di rinuncia ad esercitare tale diritto da parte della madre lavoratrice dipendente che non intende avvalersi dei permessi;b) madre lavoratrice autonoma: dichiarazione sostitutiva attestante il rapporto di lavoro autonomo qualora la madre sia lavoratrice non dipendente;c) affido esclusivo del bambino al padre: dichiarazione sostitutiva che attesti affidamento esclusivo al padre nel caso in cui un tribunale abbia emesso una sentenza in tal senso;d) grave patologia certificata della madre: certificato medico o dichiarazione sostitutiva attestante lo stato di grave infermità della madre se essa si trovi in condizione tale da non poter provvedere alla cura del figlio;e) morte della madre: certificato di morte o dichiarazione sostitutiva nel caso di morte della madre.La fruizione dei riposi giornalieriI riposi giornalieri non sono soggetti ad alcuna discrezionalità da parte dell’amministrazione scolastica e non vi è un termine di preavviso per la loro fruizione, dato che devono assicurare al lavoratore le condizioni per assistere il minore. E’ possibile farne richiesta anche il giorno stesso in cui si prende servizio per la prima volta in una scuola. Di norma, l’orario di lavoro del docente deve essere concordato con il dirigente scolastico, avendo attenzione nel mettere al primo posto l’esigenze del lavoratore. Nell’ipotesi in cui si verificasse un disaccordo tra l’amministrazione e il lavoratore, la distribuzione dei riposi sarà determinata dall’Ispettorato del Lavoro.Per quanto riguarda il diritto della madre a fruire dei riposi giornalieri è opportuno sottolineare che essa ne ha diritto solo dopo aver beneficiato del congedo di maternità e mai contemporaneamente al congedo parentale. Può, invece, utilizzare i riposi giornalieri contestualmente con il periodo di congedo parentale fruito dal padre. Di contro, le norme non prevedono che essa possa rinunciare ai riposi in favore del padre qualora essa stia fruendo del congedo parentale. In caso di parto plurimo, indipendentemente dal numero di gemelli, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.Nel caso in cui sia il padre a beneficiare del diritto ai riposi giornalieri, i riposi potranno essere fruiti solo a talune condizioni:a) il figlio sia stato affidato esclusivamente a lui;b) la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga;c) grave infermità o morte della madre.Allorchè la madre sia lavoratrice autonoma o casalinga, il padre potrà beneficiare dei riposi solo a partire dal giorno successivo ai 3 mesi dopo il parto, ossia alla fine del congedo di maternità. Infine, il padre non ha diritto a fruire dei riposi nello stesso periodo in cui la madre fruisce del congedo di maternità e/o parentale per il medesimo figlio, ad eccezione del caso di parto plurimo.La riduzione dell’orario di lavoro giornalieroLa riduzione dell’orario di lavoro dei beneficiari non si configura come una semplice riduzione aritmetica del quadro orario settimanale, ma è in relazione all’orario di lavoro giornaliero stabilito. Pertanto, se la giornata di lavoro del docente sarà superiore di 6 ore (nel caso in cui oltre alle ore di lezione sono previste riunioni per organi collegiali o altra attività deliberata dal collegio docenti) le spetteranno 2 ore di riposo, mentre nell’ipotesi di un orario giornaliero inferiore a 6 ore le spetterà solo 1 ora di riposo. Generalmente le ore di riposo vengono fruite all’inizio o alla fine della giornata di lavoro.Le disposizioni normative fanno divieto di rinunciare ai riposi giornalieri beneficiando, in loro sostituzione, di un compenso retributivo. Di norma, non è neppure possibile astenersi dal fruire di alcune ore in determinati giorni per cumulare più ore di riduzione in un medesimo giorno. Tuttavia, la tipicità del lavoro docente e le esigenze organizzative scolastiche (evitare fenomeni di frantumazione delle cattedre – Circolare MPI 2210/1980) lasciano margini per soluzioni più “flessibili” circa l’articolazione oraria docente, nel rispetto dell’unicità dell’insegnamento (Telex MPI 278/1985).I riposi giornalieri non subiscono variazioni per i docenti che prestano servizio in più scuole, in quanto la riduzione oraria è sempre rapportata all’orario giornaliero e mai sul totale delle ore assegnate contrattualmente. Nonostante ciò, per i docenti che devono completare l’orario cattedra su più scuole, in taluni casi, si può prendere in considerazione la possibilità di un adattamento del suo quadro settimanale.L’indennità e la valutazione dei riposi giornalieriI periodi di riposo giornaliero sono da considerarsi ore lavorative ordinarie. Pertanto, la loro fruizione non incide in alcun modo sulla retribuzione e non riduce le ferie spettanti al docente (Circolare FP 14/2000). Essendo periodi di “effettivo servizio”, i riposi giornalieri devono essere computati ai fini della validità dell’anzianità di servizio. Inoltre, tali periodi, per i docenti in anno di prova, sono utili al raggiungimento dei 180 giorni, in quanto per la validità dell’anno non vengono prese in considerazione le ore prestate nel corso della giornata, ma solo i giorni di effettiva presenza a scuola.Claudio Guidobaldi -
CONGEDO PER MALATTIA DEL FIGLIO
CONGEDO PER MALATTIA DEL FIGLIO
Il congedo per malattia del figlio è attualmente regolato dall’art. 47 D.Lgs 151/2001 (T.U.) e, specificatamente per il comparto scolastico, dall’art. 12 (personale a T.I.) e 19 (personale a T.D del CCNL 2006-09. Tuttavia, tale congedo deve essere considerato distinto ed autonomo rispetto ai congedi parentali, previsti dalle stesse disposizioni normative.I beneficiari del congedoIl congedo di maternità spetta indistintamente a tutto il personale scolastico, assunto a tempo indeterminato e determinato, anche con contratto di part-time o di supplenza “breve”. Tale congedo si configura, quindi, come un diritto attribuito dalla legge ad entrambi i genitori, sul quale non può essere esercitata alcuna forma di discrezionalità o limitazione da parte dell’amministrazione statale. L’inosservanza del datore di lavoro dell’obbligo di attribuzione del congedo comporta per esso sanzioni amministrative e disciplinari.La comunicazione della richiesta di congedoA differenza del congedo parentale, che non ha bisogno di alcuna certificazione per essere fruito, il congedo per malattia del figlio può essere richiesto solo a seguito di motivi di salute documentati con apposita certificazione rilasciata da un medico specialista convenzionato con il SSN. Qualora la malattia del bambino dovesse sopraggiungere poco prima che il dipendente si rechi sul posto di lavoro è fatto obbligo di comunicare l’assenza per malattia del figlio. A tal proposito, è utile sottolineare che l’obbligo di comunicazione “tempestiva” rientra nel dovere di diligenza del dipendente (Sentenza della Corte di Cassazione del 14 maggio 1997). Tale comunicazione dovrà avvenire per le vie brevi, ossia tramite telefono. Successivamente, si dovrà presentare la richiesta formale di congedo con allegata certificazione.La fruizione del congedoPuò essere concessa solo nel caso in cui sia in corso uno stato di malattia certificato. Esso non deve essere necessariamente nella fase acuta o grave, ma anche in quella della cosiddetta “convalescenza”. Sono da escludere controlli medico-legali e l’obbligo di rispetto delle fasce di reperibilità, che sono stabilite solo per la malattia del dipendente (Circolare della Funzione Pubblica n. 14/2000).La fruizione del congedo spetta ad entrambi i genitori, alternativamente, per il figlio di età inferiore a otto anni. Per il figlio di età non superiore a tre anni, il diritto spetta senza alcun limite di giorni; mentre dal terzo anno, il diritto è limitato a 5 giorni lavorativi annui per ogni genitore. Non è prevista la possibilità di rinuncia da parte di un genitore a favore dell’altro, né la fruizione contemporanea (eccezion fatta nel caso di figli gemelli).La madre non può fruire del congedo di malattia durante l’astensione post-partum, in quanto questo periodo è obbligatorio e non può essere interrotto. Se il padre chiedesse di fruire del congedo durante il periodo di astensione obbligatoria della madre, il diritto non gli sarà negato ma in questo caso i giorni non saranno retribuiti.Tuttavia, se la malattia del figlio insorgesse nel periodo in cui uno dei genitori stia già fruendo del congedo parentale (già astensione facoltativa) esso potrà essere concesso al richiedente ed i giorni saranno retribuiti. Qualora la malattia dovesse sopraggiungere durante il godimento di un periodo di congedo parentale, quest’ultimo potrà essere interrotto, senza necessità di ripresa di servizio, presentando certificazione medica. Se la malattia del figlio dovesse comportare ricovero ospedaliero o si protragga per più di tre giorni durante il periodo di ferie, queste potranno essere interrotte e godute successivamente.L’indennità e la valutazione del periodo di congedoI giorni di assenza richiesti per congedo di malattia del figlio sono utili ai fini dell’anzianità di servizio ed ai fini previdenziali. Ciò nonostante, per il personale docente in anno di prova, i periodi di congedo non sono utili ai fine del compimento dei 180 giorni.Dal primo al terzo anno di vita del bambino (compreso il giorno del terzo compleanno) la retribuzione è pari al 100% nei primi 30 giorni di congedo (per ogni anno di età), computati complessivamente per entrambi i genitori. Questo periodo è utile alla maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità.I 5 giorni per anno di vita del bambino, previsti dal terzo anno fino all’ottavo, non sono retribuiti, ma ugualmente utili ai fini dell’anzianità di servizio. Tuttavia, riducono i giorni di ferie, tredicesima mensilità e festività soppresse. I periodi di congedo senza retribuzione possono essere riscattati da contribuzione figurativa relativamente al calcolo dell’importo pensionistico, ad eccezione dell’ammortamento previsto per il TFS/TFR.Claudio Guidobaldi -
CONGEDO DI MATERNITA’ (EX ASTENSIONE OBBLIGATORIA)
LE DISPOSIZIONI NORMATIVE IN MATERIA DI CONGEDO DI MATERNITÀ (GIÀ ASTENSIONE OBBLIGATORIA)
Il congedo di maternità, in passato denominato astensione obbligatoria, trova ancora la sua fonte principale nel D.Lgs 151/2001 (Testo Unico sulla Tutela della Maternità e Paternità), nonostante le modificazioni che ha subito il testo, nel corso degli anni successivi la sua pubblicazione, a seguito di ulteriori interventi legislativi e di sentenze da parte di diversi organi giurisdizionali. In particolare, con l’approvazione del D.lgs 148 del 14 settembre 2015 tutte le modifiche apportate dal D.lgs 80 del 15 giugno 2015 al Testo Unico, diventano strutturali e, dunque, applicabili negli anni successivi.Per quanto riguarda specificatamente il personale della scuola, il CCNL scuola 2006-09 pur recependo solo le disposizioni del vecchio Dlgs 151/2001 (non novellato dal D.lgs 80/2015), negli artt. 12 (personale a T.I.) e 19 (personale a T.D.) contiene disposizioni innovative che sono state confermate da importanti sentenze della Corte Costituzionale.I beneficiari del congedo di maternitàIl congedo di maternità spetta indistintamente a tutto il personale scolastico assunto a tempo indeterminato e determinato, compreso quello con contratto di part time ed a supplenza “breve”. Ciò a motivo che tale congedo si configura come un diritto concesso dalla legge alla lavoratrice, sul quale non può essere esercitata alcuna forma di discrezionalità o limitazione da parte dell’amministrazione statale. Il D.Lgs prevede, infatti, che durante tale periodo vige il divieto di licenziamento (art.54) e l’obbligo della conservazione del posto (art.56). L’inosservanza di tali disposizioni da parte del datore di lavoro comporterebbe l’applicazione di pesanti sanzioni a suo carico.La determinazione del periodo di congedoL’art.16 c.1. lett a) del D.lgs 151/2001 afferma che è vietato adibire al lavoro le donne durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all’art.20 che permette una certa flessibilità del congedo. Per quanto riguarda la scelta del periodo di congedo sono previste due possibilità: a) 2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo il parto; b) 1 mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto1. I 2 mesi antecedenti e i 3 mesi successivi il parto devono essere calcolati in mesi. Per il calcolo bisogna riferirsi al calendario2. Invece, i periodi non goduti prima del parto, nel caso di parto prematuro, si calcolano a giorni.La durata del congedoLa durata complessiva del congedo è fissata in cinque mesi, anche nei casi di parto plurimo. E’ bene tenere presente che il periodo precedente il parto deve essere determinato senza includere la data presunta del parto. Pertanto, il congedo di maternità è pari a 5 mesi e 1 giorno nel caso in cui la data presunta del parto e quella effettiva coincidonoParto PrematuroL’art.16 citato definisce come parto prematuro quello che si verifica in una qualsiasi data anticipata rispetto a quella presunta. L’art.16 c.1 lett. d) D.lgs 151/2001, introdotto dall’art. 2 D.lgs 80/2015, stabilisce che qualora il parto avvenga in data anticipata, il periodo non goduto (i giorni antecedenti l’inizio del congedo obbligatorio) potrà essere fruito dalla lavoratrice madre dopo la nascita del bambino, anche nel caso in cui ciò comporti il superamento dei cinque mesi previsti dalle lettere a) e c) del medesimo comma, le quali definiscono i termini del periodo pre-partum e post-partum.Nel caso in cui per il parto prematuro avvenga prima dei due mesi antecedenti la data presunta del parto la Circolare Inps 69/2016 si avrà diritto al congedo di maternità per tutti i giorni intercorrenti tra la data effettiva del parto e la data di inizio del congedo (due mesi antecedenti la data presunta del parto) più i cinque mesi previsti per le gravidanze con decorso normale.Congedo di maternità anticipato (interdizione dal lavoro)Su richiesta della lavoratrice e previo rilascio di un certificato medico, in alcuni casi, è possibile ottenere un congedo di maternità anticipato nel periodo precedente l’astensione obbligatoria. Una volta inoltrata la richiesta, qualora il certificato fosse rilasciato da un medico specialista privato, l’ASL di competenza può disporre l’accertamento della validità ed i requisiti avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario nazionale.Per quanto attiene gli organi competenti al rilascio dei provvedimenti relativi, l’art 15 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 – Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” – dispone che le ASL emaneranno i provvedimenti di interdizione anticipata per gravi complicanze della gravidanza (ex art. 17, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 151/2001), mentre alle Direzioni Territoriali del Lavoro resta attribuita l’istruttoria e l’emanazione del provvedimento di interdizione legata a condizioni pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino ed all’impossibilità di spostamento ad altre mansioni (ex art. 17, comma 2, lettere b) e c) del D.Lgs. 151/2001). Dato che il congedo di maternità non rientra nella tipologia di assenze per malattia, anche la dipendente collocata in interdizione dal lavoro per gravi complicanze della gestazione non è soggetta al rispetto delle fasce orarie di controllo.Interruzione di gravidanzaPer quanto riguarda il congedo per maternità viene presa in considerazione solo l’interruzione di gravidanza che avviene dopo del 180° giorno dall’inizio della gravidanza, in quanto il periodo precedente non è equiparato al parto ed è retribuito con l’indennità di malattia. Dunque, solo quando l’interruzione di gravidanza si compie dal 180° giorno la lavoratrice ha diritto all’astensione obbligatoria per i tre mesi successivi all’evento. E’ fatto salvo il diritto della lavoratrice di riprendere l’attività lavorativa dopo aver comunicato all’amministrazione, mediante preavviso di almeno 10 giorni, la sua intenzione di ritornare in servizio ed a condizione che il certificato medico attesti l’assenza di rischi per la salute.Parto multiplo (gemellare o plurigemellare)Per il parto multiplo non è previsto un periodo di congedo ulteriore a quello previsto per il parto singolo.Morte prematura del neonato (durante il parto o nei tre mesi successivi alla nascita)Secondo quanto stabilito dalla Sentenza della Corte di Cassazione n. 3993 del 9 luglio 1984 il decesso del bambino, avvenuto dopo il parto, non può essere considerato interruzione di gravidanza, in quanto quest’ultima sussiste solo nel caso dell’espulsione del feto e non con quello della morte del prodotto del concepimento.Pertanto, se il decesso del bambino avviene entro il periodo di congedo di maternità successivo al parto, la madre fruirà ugualmente dell’assenza per l’intero periodo di tre mesi.Ricovero ospedaliero del neonatoL’art. 16 bis D.lgs 151/2001, introdotto dall’art. 2 D.lgs 80/2015, dispone che in caso di ricovero del bambino in strutture ospedaliere, la madre lavoratrice può sospendere il congedo di maternità e fruire del congedo dalla data di dimissione del figlio. Tale diritto può essere esercitato una sola volta ed è condizionato alla presentazione di un certificato medico che attesti l’idoneità alla ripresa dell’attività lavorativa3. Le disposizioni introdotte dall’art 16 bis D.lgs 151/2001 sono applicabili anche per adozioni e affidamenti (art. 26 bis D.lgs 151/2001 introdotto dall’art 4 D.lgs 80/2015).Domanda per il congedo di maternità e certificazione di assistenza al partoPer fruire del congedo di maternità la lavoratrice deve presentare all’amministrazione di appartenenza la domanda relativa, corredata del certificato medico che attesti la data presunta del parto4. Con data presunta del parto si intende quella certificata dal medico (medico di base, ginecologo dell’ASL o ufficiale sanitario) e può essere successivamente modificata. La mancata tempestiva consegna di tale certificato all’amministrazione di appartenenza comporta la perdita dell’indennità per maternità per il periodo anteriore alla sua presentazione (CM 321/1989).Inoltre, entro 30 giorni dal parto la lavoratrice è tenuta ha presentare il certificato di assistenza al parto o, in alternativa, una dichiarazione sostitutiva. Il termine suddetto è di ordine ordinatorio e non perentorio, pertanto la mancata presentazione entro i 30 giorni dall’evento non comporta sanzioni specifiche.L’indennità di maternità e la valutazione del periodo di congedoL’indennità giornaliera di maternità spetta sempre nei seguenti casi: 1) nei 2 mesi prima la data presunta del parto, salvo il caso di flessibilità; 2) l’intervallo di tempo intercorrente tra la data presunta del parto e la data effettiva (nel caso in cui la nascita avvenga dopo la data presunta); 3) nei 3 mesi successivi alla data del parto, salvo il caso di flessibilità; 4) i giorni non goduti prima del parto nel caso di parto prematuro; 5) per tutto il periodo di interdizione dal lavoro; 6) nel periodo successivo al 180° giorno in caso di interruzione di gravidanza, salvo il caso di ripresa dell’attività lavorativa; 7) fino al termine del congedo di maternità anche nei casi di decesso del bambino.Nel periodo di congedo si maturano gli effetti giuridici ed economici. Infatti, il periodo di maternità è riconosciuto utile ai fine della progressione di carriera e della mobilità. Per i docenti in anno di prova, ai fini del compimento dei 180 giorni, esso è calcolato come utile solo per 1 mese (art. 31 R. D. 1542/1937, le circolari Miur n. 54/1972, 2/1973, 219/1975, 80/1979)5.Per tutto il periodo di congedo spettano alla lavoratrice l’intera retribuzione mensile, la tredicesima mensilità e le ferie6. L’indennità di maternità è utile anche ai fini del calcolo del TFS/TFR ed è assoggettata unicamente ai contributi assistenziali e alle ritenute fiscali.Tale diritto è riconosciuto indipendentemente dal contratto di lavoro stipulato dalla lavoratrice. Infatti, il personale supplente temporaneo, ossia che ha un contratto di supplenza breve, che al momento della stipula del contratto si trovi in congedo di maternità avrà diritto anch’esso alla valutazione di tutto il periodo di astensione obbligatoria sia ai fini giuridici che ai fini economici7.L’art.31 c.2 D.lgs 151/2001, novellato dall’art.6 D.lgs 80/2015, stabilisce che il congedo di maternità non retribuito, previsto per la lavoratrice madre nel periodo di permanenza all’estero legata alle pratiche adottive, spetti in alternativa anche al lavoratore padre, anche qualora la madre non sia lavoratrice. All’Ente autorizzato che riceve l’incarico di curare la procedura di adozione spetta il compito di certificare la durata della permanenza all’estero del lavoratore. (Art. 6). Si tratta di interventi positivi a tutela della maternità e di sostegno della genitorialità.Claudio Guidobaldi________________________________________________________________
1. E’ possibile ricorrere alla flessibilità del congedo di maternità a determinate condizioni: a) assenza di condizioni patologiche che determino situazione di rischio per la salute della madre e del nascituro; b) non sia stato emesso un provvedimento di interdizione anticipata. E’, inoltre, prevista la possibilità di modificare in itinere il periodo di flessibilità qualora sopraggiungano fattori di rischio per la salute o per espressa richiesta della lavoratrice. Ai sensi della Circ. Inps 8/2003 la domanda di flessibilità deve essere accettata dal datore di lavoro anche oltre il 7° mese di gravidanza, purchè la certificazione medica sia stata rilasciata nel corso del 7° mese. Nel caso in cui la lavoratrice si sia avvalsa della flessibilità senza autorizzazione, l’indennità di maternità non potrà essere concessa in quanto in quel periodo essa godeva della retribuzione per attività lavorativa. Diverso è il caso in cui la lavoratrice avendo chiesto di rimane a lavoro nel corso l’8° mese chieda, nello stesso mese, di fruire del congedo parentale per un altro figlio.
2. Secondo quanto disposto dal Codice Civile “la prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale; se nel mese di cadenza manca tale giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese” (art.2963 cc.4-5 CC).
3. La norma recepisce quanto già disposto dalla Corte Costituzionale con le Sentenze n. 270 del 1999 e n.116 del 2011. La disposizione era già prevista dall’art.12 c.3 CCNL scuola 2006-09.
4. L’articolo 34, comma 1, lettere a), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013 n. 98, novellando l’art. 21 del D.lgs 151/2001, aveva previsto l’obbligo della trasmissione all’INPS del certificato di parto o del certificato di interruzione di gravidanza esclusivamente per via telematica dalla competente struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Tale disposizione doveva entrare in vigore a seguito della pubblicazione di un decreto interministeriale. Dato che tale decreto non è stato mai emanato trovano applicazione ancora le disposizioni previgenti che prevedono la comunicazione cartacea.
5. Per quanto attiene la questione se la docente in congedo di maternità può sostenere il colloquio davanti la commissione di valutazione, la risposta è affermativa: “La lavoratrice madre in congedo di maternità che abbia compiuto i 180 giorni di servizio nell’anno scolastico, può sostenere la discussione della relazione finale col Comitato per la valutazione del servizio anche in periodo di congedo di maternità, previa autorizzazione del suo medico di fiducia, al fine di veder definito il superamento dell’anno di formazione con la relazione del Capo d’istituto” (MPI, telex n. 357/1984). Da valutare, invece, il caso in cui la docente, a motivo della sua condizione, trovi difficile frequentare il corso di formazione: a) ha raggiunto i 180 giorni ma è impossibilitata a seguire i corsi di formazione: in questo caso, con documentazione medica, può essere esonerata in tutto o in parte all’attività in parola e avere comunque l’opportunità di discutere la relazione finale con il Comitato di valutazione.; b) ha frequentato regolarmente le attività seminariali ma non ha compiuto i 180 giorni di servizio minimo richiesto, nell’anno scolastico successivo (anno in cui avrà prorogato il periodo di prova): in questo caso non dovrà ripetere le attività seminariali; c) ha frequentato regolarmente le attività seminariali e compiuto i 180 giorni di servizio minimo richiesto ma che sia legittimamente impedita solo al momento della discussione della relazione finale: in questo caso rinvierà quest’ultima all’anno successivo senza dover ripetere l’anno di prova (180 giorni) e le attività seminariali.
6. Come abbiamo detto in precedenza, il congedo per maternità si configura come un diritto indisponibile e la lavoratrice non può in alcun modo rinunciarvi, né può fruirne secondo modalità e tempi diversi da quelli espressamente stabiliti dalla legge. Per quanto riguarda la fruizione delle ferie, queste non possono essere godute contemporaneamente a tale periodo (art.22 c.6 D.lgs 151/2001). Inoltre, esso a differenza del congedo parentale non è frazionabile e, quindi, non può essere interrotto, ad eccezione di casi particolari. Tenendo conto che le ferie dei docenti devono essere fruite durante i periodi di sospensione delle attività didattiche e per un periodo non superiore a sei giornate lavorative durante la rimanente parte dell´anno (art.13 c. 9 del CCNL), la docente in astensione obbligatoria avrà, comunque, diritto alle ferie, ma esse andranno godute nell´anno scolastico successivo, nei periodi di sospensione delle attività didattiche.
7. E’ bene tenere presente che gli effetti della indennità di maternità hanno validità anche dopo che la supplenza sia terminata, qualora ci sia continuazione del periodo di congedo obbligatorio.Al personale supplente spetta il 100% della retribuzione per il periodo di congedo coperto da nomina , mentre nei periodi fuori copertura contrattuale è fatto salvo esclusivamente il diritto alla corresponsione della relativa indennità di maternità nella misura dell’80% dell’ultimo stipendio relativo all’ultimo contratto. -
CONGEDO PARENTALE (EX ASTENSIONE FACOLTATIVA)
LA NORMATIVA STATALE E SCOLASTICA CHE REGOLA IL CONGEDO PARENTALE (GIÀ ASTENSIONE FACOLTATIVA)Il congedo parentale, più comunemente noto con il nome di astensione facoltativa, è ancora regolato – in via generale – dal D.Lgs 151/2001 (T.U.), nonostante le modificazioni ed integrazioni che ha subito il testo con il passare degli anni. A seguito del D.lgs 148 del 14 settembre 2015, tutte le modifiche apportate dal D.lgs 80 del 15 giugno 2015 al Testo Unico di Tutela della Maternità e Paternità (D.Lgs 151/2001), diventano strutturali e, dunque, applicabili negli anni successivi.Il CCNL 2006-2009, contratto collettivo nazionale della scuola attualmente in vigore, ha recepito le disposizioni del vecchio T.U. negli artt. 12 (personale a T.I.) e 19 (personale a T.D.).I beneficiari del congedoIl congedo parentale “propriamente detto” (ex astensione facoltativa) spetta, al pari del congedo di maternità (ex astensione obbligatoria), a tutto il personale scolastico senza alcuna distinzione alcuna tra quello assunto a tempo indeterminato e determinato. Ne beneficiano anche coloro che hanno un contratto di part time o di supplenza “breve”. E’ bene sottolineare che tale diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori1, ma viene meno qualora, nel periodo di congedo, il figlio venisse a mancare per morte sopraggiunta.Tuttavia, affinché si possa beneficiare di tale diritto vi deve essere un rapporto di lavoro in atto, all’inizio e durante il periodo di congedo richiesto. Più specificatamente, per quanto riguarda la questione della “presa di servizio”, essa si configura come requisito necessario per il perfezionamento del rapporto di lavoro qualora il dipendente dovesse assumere l’incarico per la prima volta o successivamente ad un’eventuale interruzione del rapporto di lavoro stesso. Non è necessaria, di contro, nei casi in cui il personale scolastico, anche assunto a contratto a termine, è già in congedo di maternità o in interdizione per gravi complicanze della gestazione e accetti un nuovo incarico.La domanda di fruizione del congedoPer fruire del diritto al congedo parentale è necessario produrre una domanda al dirigente scolastico, che dovrà essere corredata da autocertificazione attestante il rapporto di maternità/paternità oppure della condizione di genitore “unico”, l’età del figlio e, in tali casi, anche del reddito lordo annuale. Oltre a ciò, è necessaria una dichiarazione dell’altro genitore che specifichi gli eventuali periodi fruiti in precedenza; in alternativa, che intenda non fruire di tale diritto o specifichi che non sia nella condizione di poterne fruire. Con il novellato comma 3 dell’articolo 32, il termine di preavviso al datore di lavoro diventa di cinque giorni; nel caso di fruizione ad ore, è pari a due giorni. Il CCNL della scuola precisa che la domanda, in presenza di particolari situazioni che impediscono il rispetto della tempistica ordinaria, può essere inoltrata anche quarantotto ore prima della fruizione del congedo.La fruizione del periodo del congedoSecondo quanto disposto dall’art.32 c.1 D.lgs 151/2001, novellato dall’art. 7 del D.lgs 80/2015, il congedo parentale potrà essere richiesto fino al compimento del dodicesimo anno di vita del bambino. Nel caso di minori in adozione o affidamento i dodici anni si calcolano a partire dalla data di ingresso in famiglia.Le norme consentono alla madre o al padre di assentarsi dal lavoro per un periodo di 6 mesi. Il padre può fruire del periodo di astensione facoltativa anche contemporaneamente alla madre.L’astensione non deve superare comunque i 10 mesi complessivi. Tuttavia, se il padre si astiene dal lavoro per più di 3 mesi, il limite di astensione complessiva diventa di 11 mesi e il limite del padre passa da 6 a 7 mesi. Inoltre, il padre può richiedere il congedo anche nel periodo post partum della madre e durante i periodi nei quali la madre beneficia dei permessi giornalieri di allattamento. Allorché uno di essi sia nella condizione di “genitore unico” il periodo di fruizione di quest’ultimo è elevabile a 10 mesi. Ciononostante, la situazione di genitore “single” non configura automaticamente la condizione di “genitore solo”. Pertanto, è necessario che sia certificato uno dei seguenti eventi: a) morte dell’altro genitore; b) mancato riconoscimento del figlio (anche nel corso dei primi otto anni di età del figlio); c) affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore.Il congedo parentale può essere fruito in due diverse modalità: in modo continuativo e in modo frazionato2. Nel primo caso, verranno inclusi nel conteggio anche i giorni festivi intermedi, l’eventuale giorno libero ed i periodi di sospensione didattica. Nel caso di fruizione frazionata, invece, è opportuno fare alcune precisazioni data impropria applicazione dell’art.12 c.6 del CCNL3 da parte di alcuni dirigenti scolastici che, alla luce di una lettura parziale di una vecchia Nota del Tesoro del 15 giugno 19994, obbligano il docente a recarsi fisicamente a scuola nel primo giorno di sospensione delle lezioni o addirittura consigliano di anticipare di un giorno la ripresa dal servizio, soprattutto nel caso in cui il docente manifesti la volontà di volersi assentare nuovamente a partire dal primo giorno utile di lezione dopo la sospensione delle attività didattiche. A tal proposito, è utile sottolineare che l’art. 12 del CCNL si riferisce ai “giorni festivi” e non al periodo di “sospensione delle lezioni”. In quest’ultimo caso non esiste nessuna norma di legge o contrattuale che legittima l’Amministrazione a pretendere che il docente si rechi a scuola nel primo giorno utile delle vacanze senza che sia programmata alcuna attività funzionale all’insegnamento, per interrompere il congedo. Comunque, dato che la decorrenza e il termine del periodo di congedo parentale è esclusiva prerogativa del dipendente, nulla vieta al docente di inviare il primo giorno di sospensione delle lezioni una comunicazione, nella quale venga espressa la propria volontà di riprendere il servizio a scuola e, contestualmente, un ulteriore motivata istanza, nel caso il docente volesse fruire di un ulteriore periodo di congedo parentale dal giorno della ripresa delle lezioni.L’art.32 c.1 ter D.lgs 151/2001, modificato dall’art.7 c.1 lett. b) D.lgs 80/2014, introduce la possibilità di scelta tra fruizione giornaliera o oraria del congedo parentale, in conformità della Legge 228/2012 e in attuazione della direttiva europea 2010/18/UE. Nel caso in cui la contrattazione collettiva non regoli la fruizione oraria, il genitore lavoratore avrà diritto ad utilizzarla in misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga che ha preceduto la richiesta di congedo (per il personale docente si calcola la metà dell’orario della giornata in cui si presta servizio). Non è consentito cumulare la fruizione del congedo a ore con altre tipologie di permessi5.Frequenza a corsi di formazione nel periodo di congedoNessuna norma impedisce al personale scolastico di frequentare corsi di specializzazione o di aggiornamento mentre fruisce dei giorni di congedo parentale. Questo perché durante il periodo di congedo parentale il dipendente non è soggetto ad alcun obbligo di reperibilità, come nel caso di assenza per malattia. Diverso è, invece, il discorso dello svolgimento di altra attività lavorativa mentre si è in congedo parentale. A tale proposito la giurisprudenza ha più volte affermato che si configura un abuso, per sviamento dalla funzione propria del diritto, qualora si accerti che il periodo di congedo viene utilizzato per svolgere una diversa attività lavorativa, non essendo rilevante il fatto che lo svolgimento di tale attività contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia6.L’indennità e la valutazione del periodo di congedoL’attuale CCNL scuola, prevedendo un trattamento più favorevole rispetto dal T.U., dispone che il personale scolastico abbia diritto alla retribuzione intera per i primi 30 giorni e che il periodo è utile alla maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità, indipendentemente che essi siano richiesti nei primi tre anni di vita del figlio7. I restanti 5 mesi sono retribuiti con un’indennità pari al 30% riducendo in misura proporzionale le ferie e la tredicesima mensilità, mentre il periodo residuo è retribuito al 30% solo qualora il soggetto richiedente abbia un reddito annuo inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione annualmente determinato da una circolare INPS8.In ogni caso, tutti i periodi – retribuiti e non – sono validi ai fini dell’anzianità di servizio, in quanto sono da considerarsi a tutti gli effetti servizio “effettivo”.Claudio Guidobaldi
________________________________________________________________1. Le norme citate fanno riferimento alla “madre”, al “padre”, ai “genitori” ed ai “lavoratori” e mai utilizzano termini come “moglie” o “marito”, lasciando intendere che per essere titolari di tale diritto non è necessario dimostrare alcun coniugio.2.Nonostante che l’art.1 c.339 della Lg 228/2012 (legge di Stabilità 2013) preveda che il congedo parentale possa essere fruito anche in ore, bisognerà attendere la stipula del nuovo CCNL affinchè tale modalità possa essere fruita anche dal personale scolastico.3. “I periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5 [congedo parentale e malattia del bambino], nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi.Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice.”4. “[…] poiché la funzione docente si esplica non solo con l’insegnamento ma anche con la partecipazione ad altre attività individuali e collettive, la sospensione delle attività didattiche di fatto non preclude l’effettiva ripresa del servizio al termine del periodo di assenza. È appena il caso di precisare che ricade nella responsabilità del capo di istituto la dichiarazione della avvenuta ripresa del servizio” (Nota del Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato 108127 del 15 giugno 1999).5. Si osserva che la fruizione oraria del congedo parentale presenta difficoltà applicative nel caso di rapporto di lavoro part time. A parere dello scrivente sarebbe opportuno un maggiore approfondimento da parte degli organi preposti alla sua regolamentazione.6. Cfr. Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 16207/2008. Più di recente, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che una lavoratrice in congedo obbligatorio di maternità non può essere esclusa da un corso di formazione proprio a causa della fruizione del congedo obbligatorio in quanto, questo costituisce un trattamento contrario al diritto dell’Unione (Sentenza C-595/12 del 6 marzo 2014).7. Da ricordare che a pochi mesi dalla stipula del CCNL scuola, il Miur emanò una circolare che riprendendo il Parere del Ministero dell’economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – IGF, fornito in data 25 ottobre 2007, stabiliva in modo unilaterale che solo nei primi tre anni di vita del bambino si potesse avere untrattamento più favorevole. (Nota Miur 24109 del 20 dicembre 2007). Dopo diverse sentenze, l’orientamento interpretativo sembra attestarsi verso una lettura meno restrittiva di quella data dal Miur (in particolare si veda: Sentenza Tribunale di Sassari 1424/11, Sezione lavoro).8. I periodi residui però possono essere coperti da contribuzione figurativa. -
I CONGEDI PARENTALI NEI CASI DI ADOZIONE O AFFIDAMENTO DI MINORE
I CONGEDI PARENTALI NEI CASI DI ADOZIONE O AFFIDAMENTO DI MINORE
I congedi parentali, previsti dall’art. 12 del CCNL 2006-09 (congedo di maternità, congedo parentale p.d., congedo per malattia del figlio e riposi giornalieri), sono riconosciuti – secondo quanto disposto dalla normativa vigente – anche ai lavoratori che intendono adottare o prendere in affidamento un minore. La principale fonte normativa è il D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (T.U. sulla maternità e paternità), il quale ha subito, nel corso degli anni, molte modifiche ed integrazioni a causa di vari interventi legislativi e giurisdizionali. Gli stessi articoli del T.U. che regolano i congedi parentali nei casi di adozione e affidamento, presentano tracce di ripetute modifiche apportate dal legislatore (Legge 24 dicembre 2007, n. 244 e D.Lgs 15 giugno 2015, n.80).
Congedo di maternità
A chi spetta – Il congedo di maternità può essere richiesto dalle lavoratrici che abbiano adottato o ottenuto l’affidamento di un minore. Qualora non venga richiesto dalla madre, il congedo è riconosciuto anche al padre, alle medesime condizioni. Il padre lavoratore può fruire del suddetto congedo anche in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
La durata del congedo – In caso di adozione o affidamento pre-adottivo internazionale la durata massima del congedo è di cinque mesi, mentre per l’affidamento è previsto un periodo massimo di tre mesi.
Quando può essere fruito – In caso di adozione nazionale e affidamento, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia. Nei casi di adozione internazionale o affidamenti pre-adottivi internazionali, ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito, parzialmente, anche prima dell’ingresso del minore in Italia, allo scopo di assicurare periodi di permanenza all’estero necessari per conoscere il minore ed espletare i relativi adempimenti burocratici. La certificazione della durata del periodo di permanenza all’estero è di competenza dell’ente che ha ricevuto l’incarico di seguire la procedura di adozione.
Come può essere fruito – La fruizione può avvenire in modalità frazionata o continuativa. Secondo quanto disposto dall’art.32 c.1 del D.lgs 15172001, come novellato dall’art. 7 c.1. lett.b) D.lgs 80/2015, è possibile scegliere anche tra la fruizione giornaliera e quella oraria. In quest’ultimo caso il lavoratore avrà diritto alla fruizione del congedo nella misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero (per il personale docente si calcola la metà dell’orario della giornata in cui si presta servizio).
In caso di ricovero del neonato, in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto a chiedere la sospensione del congedo di maternità fino alla data di dimissioni del bambino. Questo diritto – al pari di quello riconosciuto alla madre naturale – può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica.
L’indennità retributiva – Si ha diritto ad un’indennità pari al 100% della retribuzione. E’ previsto anche un congedo non retribuito qualora non si intenda utilizzare o utilizzare solo in parte il congedo di maternità.
Congedo parentale
A chi spetta – Il congedo parentale spetta alle lavoratrici e ai lavoratori nel caso di adozione e di affidamento di minore.
La durata del congedo – Il congedo parentale può essere fruito, dal genitore adottivo e affidatario, per un periodo di sei mesi, elevabile a sette per il padre che ne usufruisca per almeno sei mesi. Complessivamente, il periodo di congedo parentale goduti dai due genitori non può superare i dieci mesi (undici nel caso in cui il padre ne usufruisca per almeno tre mesi). La fruizione del congedo deve avvenire entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, qualunque sia l’età del minore e, comunque, non oltre il raggiungimento della maggiore età.
Come può essere fruito – In modalità frazionata o continuativa.
L’indennità retributiva – Da un punto di vista retributivo, ai dipendenti pubblici è dovuta un’indennità pari al 100% della retribuzione per i primi trenta giorni, al 30 % per i successivi cinque mesi, il periodo restante non è retribuito.
Congedo per la malattia del figlio
A chi spetta – Il congedo per la malattia del figlio spetta ad entrambi i genitori adottivi o affidatari. Lo stato di malattia deve essere provato da certificazione medica; il decorso patologico non deve essere necessariamente nella fase acuta o grave, includendo anche quella della cosiddetta “convalescenza”. Nei giorni di congedo non sono previsti controlli medico-legali e non sussiste l’obbligo di rispetto delle fasce di reperibilità, che sono stabilite per la malattia del dipendente (Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica del 16 novembre 2000, n. 14).
Quando può essere fruito – Il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, ma la fruizione non può avvenire congiuntamente. Si può fruirne senza limiti temporali fino all’età di sei anni del bambino. Qualora, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra i sei anni e la maggiore età, il congedo per la malattia del figlio è fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, nei limiti di cinque giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore.
L’indennita retributiva – Sono retribuiti per intero trenta giorni per i primi tre anni di vita del figlio, calcolati a partire dall’ingresso in famiglia del figlio. Non è prevista alcuna retribuzione per il restante periodo, ma è possibile una contribuzione figurativa ai fini previdenziali.
Riposi giornalieri
A chi spetta – I riposi giornalieri (già permessi per allattamento) spettano anche nel caso delle adozioni e degli affidamenti. La madre adottiva o affidataria può beneficiare dei riposi giornalieri durante il congedo parentale del padre adottivo o affidatario, ma non durante il congedo di paternità di quest’ultimo. Il padre adottivo o affidatario non può invece godere dei riposi durante il congedo di maternità, il congedo parentale della madre e nei periodi di sospensione del rapporto di lavoro della madre stessa. Nel caso in cui i genitori abbiano fruito dei riposi giornalieri durante l’affidamento pre-adottivo, non avranno diritto ad ulteriori periodi dopo l’adozione.
La durata del congedo – I riposi giornalieri possono essere fruiti entro il primo anno, a partire dal giorno successivo all’ingresso in famiglia del minore (Sentenza della Corte Costituzionale del 1 aprile 2003, n. 104).
Quando può essere fruito – Si ha diritto a due periodi di riposo al giorno, di un’ora ciascuno, anche cumulabili. Tuttavia, se l’orario di lavoro giornaliero è inferiore alle sei ore si ha diritto ad una sola ora al giorno. Nel caso in cui il figlio sia affidato solo al padre (o nei casi in cui la madre adottiva o affidataria sia deceduta, affetta da grave infermità o non si avvalga di questi riposi), i riposi giornalieri spettano al padre adottivo o affidatario.
Nell’ipotesi di adozione o affidamento di due o più minori nella stessa data è previsto il raddoppio dei riposi come nel caso di parto plurimo.
Claudio Guidobaldi
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RIPOSI GIORNALIERI DELLA LAVORATRICE MADRE. Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono un diritto che la lavoratrice può scegliere di fruire a sua libera scelta
RIPOSI GIORNALIERI DELLA LAVORATRICE MADRE
Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono un diritto che la lavoratrice può scegliere di fruire a sua libera sceltaA tale riguardo, il Ministero ha riaffermato il principio giuridico, secondo il quale i riposi giornalieri non sono soggetti ad alcuna discrezionalità da parte del datore di lavoro e quest’ultimo è obbligato a consentire la loro fruizione (per il personale scolastico è l’amministrazione scolastica).Inoltre, ha specificato che la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno tale diritto. Nell’ipotesi in cui decida di non esercitarlo, il datore di lavoro – a differenza dell’astensione obbligatoria di maternità – non sarà sanzionabile per la mancata fruizione.Per completezza di informazione, si ricorda che non vi è un termine di preavviso per la loro fruizione, dato che devono assicurare al lavoratore le condizioni per assistere il minore.La riduzione dell’orario di lavoro dei beneficiari non si configura come una semplice riduzione aritmetica del quadro orario settimanale, ma è in relazione all’orario di lavoro giornaliero stabilito. Pertanto, se la giornata di lavoro del docente sarà superiore di 6 ore (nel caso in cui oltre alle ore di lezione sono previste riunioni per organi collegiali o altra attività deliberata dal collegio docenti) le spetteranno 2 ore di riposo, mentre nell’ipotesi di un orario giornaliero inferiore a 6 ore le spetterà solo 1 ora di riposo. Generalmente le ore di riposo vengono fruite all’inizio o alla fine della giornata di lavoro.I periodi di riposo giornaliero sono da considerarsi ore lavorative ordinarie. Pertanto, la loro fruizione non incide in alcun modo sulla retribuzione e non riduce le ferie spettanti al docente. Essendo periodi di “effettivo servizio”, i riposi giornalieri devono essere computati ai fini della validità dell’anzianità di servizio. Inoltre, tali periodi, per i docenti in anno di prova, sono utili al raggiungimento dei 180 giorni, in quanto per la validità dell’anno non vengono prese in considerazione le ore prestate nel corso della giornata, ma solo i giorni di effettiva presenza a scuola.Snadir – Professione i.r. – 7 ottobre 2015
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Indennità di maternità al 100% anche ai precari di religione
Indennità di maternità al 100% anche ai precari di religione
Importante sentenza emessa dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Treviso, il quale ha accolto il ricorso presentato nei confronti del Miur – relativamente all’indennità di maternità – da una docente di religione cattolica.Il Giudice, richiamando le argomentazioni formulate nel ricorso dai legali dello Snadir del Veneto, avv. Gianni Cristofari e avv. Michele Stratta del Foro di Vicenza , ha riconosciuto che i precari hanno diritto a ricevere lo stesso trattamento di maternità degli insegnanti di ruolo (ossia il 100% della retribuzione invece dell’ 80% previsto genericamente dalla legge), in quanto questo diritto è sancito sia dal CCNL di settore sia – in ogni caso – dal Principio di non discriminazione dei precari previsto dal diritto dell’Unione Europea.In particolare il Giudice, nel motivare la decisone – peraltro coerente con alcuni pronunciamenti della Corte di Cassazione – ha citato la clausola 4, punto 1 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70 che recita: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragione oggettive”.Lo SNADIR esprime soddisfazione per la sentenza in questione, che ha condannato l’Amministrazione al pagamento di circa 3.000 euro, oltre agli interessi legali, e che va ad incrementare la positiva giurisprudenza in materia.Domenico Zambito- Tribunale di Treviso – sentenza n.105/2013. I precari hanno diritto a ricevere lo stesso trattamento di maternità degli insegnanti di ruolo
- Sentenza tribunale di Sassari 1424/11, sezione lavoro – congedo parentale 100% anche fino all’ottavo anno
Snadir – Professione i.r. 15 marzo 2013