Autore: maurizio

  • Congedi parentali: Modello di reclamo per chiedere la retribuzione al 100%

    MODELLO DI RECLAMO

    Al Dirigente Scolastico
    ____________________
    __________________

    La sottoscritta ______________________________________________________
    nata a _____________________il________________Incaricata
    annuale/Supplente annuale/Supplente temporanea di Religione
    Cattolica nella Scuola/Istituto_________ __________________________di________________facendo
    seguito alla nota della S.V. del___________prot.n°________,
    con cui le si comunica la riduzione all’80% dello stipendio
    dal__________________ al_______________ (periodo di astensione
    obbligatoria per maternità), secondo le disposizioni
    pervenute dalla Ragioneria Provinciale di_______________con
    nota del__________Prot. n°__________,

    C H I E D E

    Che le sia corrisposta – per il suddetto periodo – la retribuzione
    al 100%; ciò in base all’art. 11 del CCNL del 15
    marzo 2001, così come confermato dall’ARAN (Agenzia
    per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni)
    in data 16 maggio 2001 (cod: C3.15, C3.13, C3.14, F18, F19),
    nonché dal Consiglio di Stato, con sentenza n°
    2479 dell’8 maggio 2002.

    ___________________
    _________________________

    © Snadir ottobre 2002

  • Testo approvato dal Senato il 12 marzo 2003 – Allegato A

    ALLEGATO A

    Seduta n. 267 del 18 febbraio 2003

    (A.C. 3387 e abb. – Sezione 7)

    ORDINI DEL GIORNO

    La Camera,

    premesso che:

    – in Italia, anche alla luce dei recenti mutamenti
    avvenuti a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione,
    si avverte in maniera sempre più urgente l’esigenza
    di predisporre in tempi rapidi una riforma del Sistema nazionale
    di istruzione e formazione in grado di renderlo maggiormente
    competitivo;
    – il disegno di legge di delega del Governo, A.C. 3387,
    trasmesso dal Senato e attualmente in discussione in Aula,
    si pone in questa direzione, prevedendo non solo le innovazioni
    necessarie anche a livello europeo ma garantendo al tempo
    stesso il mantenimento di tutte quelle caratteristiche positive
    che caratterizzano la scuola italiana;
    – in questo senso, a dimostrazione del fatto che qualsiasi
    riforma che guardi all’Europa non può in alcun modo
    cancellare i tratti indelebili dell’identità, della
    storia, della cultura e delle tradizioni di una Nazione,
    occorre sottolineare come, rispetto alla legge n. 30 del
    2000, siano stati aggiunti nell’articolato alcuni passaggi
    fondamentali (in particolare il richiamo all’identità
    nazionale ed alla cittadinanza europea);
    – quanto ai contenuti, ferma restando la convinzione
    della maggioranza in merito alla bontà del provvedimento
    in esame, si richiama tuttavia la necessità di affrontare
    in sede di completamento della riforma talune problematiche
    alquanto delicate e complesse;
    – una prima questione riguarda gli insegnanti, per
    i quali – allo scopo di incentivare la professionalità
    – si richiede la fissazione di criteri diretti a stabilire
    una progressione di carriera onde consentire loro un minimo
    di apertura della stessa che abbia risvolti anche sul piano
    contributivo e preveda l’acquisizione di titoli utilizzabili
    per i futuri concorsi per il ruolo dirigente;
    – in secondo luogo, sempre per quanto riguarda il reclutamento
    del personale docente, occorre stabilire una graduatoria
    ad esaurimento in modo da salvaguardare i cosiddetti precari,
    i quali – pur avendo superato un concorso – non hanno ancora
    raggiunto la sospirata stabilizzazione;
    – un chiarimento interpretativo per l’utenza si rende,
    inoltre, necessario in ordine ai meccanismi – già
    previsti dalla legge di riforma – che consentono il passaggio
    dal sistema dei licei a quello dell’istruzione e formazione
    professionale e viceversa (il che dovrà avvenire
    secondo il metodo dei crediti certificati e "mediante
    apposite iniziative didattiche");
    – in un’ultima analisi, nel varare una così
    importante riforma non si può non tener conto della
    situazione drammatica in cui versa l’edilizia scolastica
    nel nostro Paese;
    – in tal senso, è molto urgente prevedere un
    piano complessivo di adeguamento delle strutture di edilizia
    scolastica alle più recenti normative antisismiche;

    Impegna il Governo

    • ad affrontare, nell’ambito dell’emanazione dei decreti
    legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione
    e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
    istruzione e formazione professionale, le importanti problematiche
    esposte in premessa, le quali, qualora non ricevessero un’adeguata
    soluzione, renderebbero assai difficile e complicata la
    transizione al nuovo Sistema.

    9/3387/1. Fatuzzo, Buontempo, Butti, Delmastro Delle Vedove,
    Maggi, Angela Napoli, Rositani, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 3, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede la valutazione, periodica e annuale,
    degli apprendimenti e del comportamento degli studenti da
    parte dei docenti e l’affidamento agli stessi docenti della
    valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio
    al periodo successivo;
    – nella medesima lettera a) del comma 1 dell’articolo
    3 non è esplicitata la facoltà dei docenti
    di decidere, annualmente, l’eventuale non ammissione degli
    studenti all’anno successivo;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nell’ambito dei decreti legislativi
    di cui all’articolo 1 del disegno di legge in esame, la
    possibilità per i docenti di ciascun consiglio di
    classe di deliberare, anche all’interno del biennio valutativo,
    nei casi di grave e diffusa insufficienza, la non ammissione
    all’anno successivo del biennio di riferimento.

    9/3387/2. Sterpa.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 3, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede la valutazione, periodica ed annuale,
    degli apprendimenti e del comportamento degli studenti da
    parte dei docenti;
    – nella stessa lettera a) è previsto l’affidamento
    agli stessi docenti della valutazione dei periodi didattici
    (bienni) ai fini del passaggio al periodo successivo;
    – dal contenuto della citata lettera a) sembrerebbe
    soppressa la possibilità, per i docenti, di decidere,
    in base alla situazione del singolo alunno, della promozione
    o meno anno per anno;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nell’ambito dei decreti legislativi
    di cui all’articolo 1 del disegno di legge in esame, la
    facoltà per i docenti del singolo consiglio di classe,
    anche in vigenza del biennio valutativo, sulla base dei
    risultati acquisiti e delle valutazioni, di decidere sull’ammissione
    dell’alunno all’anno successivo o fargli ripetere anche
    il primo anno.

    9/3387/3. Maggi, Angela Napoli, Landolfi, Butti, Castellani,
    Rositani, Cannella, Garagnani, Santulli, Palmieri, Coronella.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 5, comma
    1, lettera b), riguardante la formazione iniziale dei docenti;

    Impegna il Governo

    • nella stesura dei decreti che disciplinano la materia
    a prevedere, relativamente alla formazione iniziale dei
    docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado,
    crediti aggiuntivi, oltre ai 120 della laurea specialistica,
    finalizzati all’acquisizione di competenze professionali
    specifiche, da conseguire e certificare nell’ambito della
    struttura di cui all’articolo 5, comma 1, lettera e).

    9/3387/4. (Testo modificato nel corso della seduta). Anna
    Maria Leone.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 2, comma
    1, lettera g);
    – tenuto conto delle opportunità di costruire
    un autentico sistema binario basato sulla pari dignità
    culturale e organizzativa dei due percorsi, paralleli, graduati
    ed interattivi;

    Impegna il Governo

    • a comprendere nel sistema dell’istruzione e della
    formazione professionale la maggior parte degli istituti
    tecnici, gli istituti professionali ed i centri di formazione
    professionale regionale, articolandoli in diversi indirizzi
    per corrispondere alle molteplici esigenze della società
    e del mondo del lavoro, finalizzandoli prevalentemente all’operatività
    affinché venga trasmessa l’acquisizione di capacità,
    di abilità, di conoscenze e di competenze culturali
    e professionali, dotandoli di un forte legame con la realtà
    produttiva, economica e lavorativa, di una struttura flessibile
    che interagisca con il Sistema di istruzione e formazione
    liceale, di differenti livelli di qualificazione e di certificazioni
    adeguate aventi validità nazionale.

    9/3387/5. Ranieli.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 5, comma
    3;

    Impegna il Governo

    • a consentire, ai docenti che, sprovvisti dell’abilitazione
    all’insegnamento secondario, siano in possesso del diploma
    biennale di specializzazione per le attività di sostegno
    di cui al decreto del Ministro della Pubblica Istruzione
    24 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
    131 del 7 giugno 1999, e al decreto del Presidente della
    Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, nonché del diploma
    di laurea o del diploma di Istituto Superiore di educazione
    fisica (Isef) o di Accademia di Belle Arti o di Istituto
    Superiore per le industrie artistiche o di Conservatorio
    di Musica, Istituto musicale pareggiato, e del diploma di
    maturità quinquennale afferente alle classi di concorso
    area tecnico-professionale, del diploma di maturità
    magistrale, del diploma di scuola magistrale, Scuole di
    specializzazione per l’insegnamento nelle scuole secondarie,
    l’ammissione con il riconoscimento dei crediti maturati,
    anche in soprannumero alle Scuole di specializzazione per
    l’insegnamento secondario o ai corsi di laurea in Scienza
    della formazione primaria per il conseguimento dell’abilitazione
    all’insegnamento. A questi corsi non possono accedere coloro
    che sono già in possesso di una abilitazione.

    9/3387/6. (Testo modificato nel corso della seduta). Giuseppe
    Drago.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 2, comma
    1, lettere e) ed f);

    Impegna il Governo

    • a graduare il più possibile, nel tempo, l’applicazione
    della norma riguardante le iscrizioni al primo anno della
    scuola dell’infanzia e della scuola primaria al fine di
    apprestare le condizioni necessarie di carattere organizzativo
    ed economico per un regolare svolgimento dell’attività
    scolastica.

    9/3387/7. (Testo modificato nel corso della seduta). Volontè.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 5, riguardante
    la formazione degli insegnanti;
    – affermata l’esigenza di adottare criteri di equità
    nel trattamento del personale, di equivalenza nella distribuzione
    dei punteggi per la costituzione delle graduatorie, di rispetto
    dei diritti acquisiti;

    Impegna il Governo

    • a valutare positivamente l’equiparazione dei tre
    titoli di abilitazione (corsi riservati, di cui alle ordinanze
    ministeriali n. 153/1999, n. 33/2000, n. 1/2001, concorso
    ordinario e abilitazione Ssis) attualmente valutabili all’atto
    di inserimento in graduatoria permanente e, per ovviare
    alla mancata attuazione di una norma transitoria, impegna
    ad attribuire per ogni percorso abilitante un punteggio
    aggiuntivo pari a 24 punti e attribuire ai soggetti in possesso
    dell’abilitazione Ssis un ulteriore bonus di 6 punti in
    accordo e nel rispetto dell’articolo 3 del decreto ministeriale
    24 novembre 1998 ed un bonus di 3 punti per i soggetti in
    possesso dell’abilitazione conseguita con il concorso ordinario,
    previo parere positivo del Cnpi e, comunque, senza compromettere
    l’inizio dell’anno scolastico 2003/2004.

    9/3387/8. (Testo modificato nel corso della seduta). De
    Laurentiis.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerata la necessità di tutelare le esperienze
    più qualificate e più rinomate della storia
    scolastica del Paese che tuttora mantengono un proficuo
    rapporto con la società e con il mondo economico
    e produttivo;

    Impegna il Governo

    • a prevedere che alcuni istituti tecnici, professionali
    e d’arte, caratterizzati da peculiarità culturali,
    organizzative e operative e di lunga tradizione educativa
    e di particolare eccellenza, unici sul territorio nazionale,
    possano conservare un ordinamento speciale, evitando di
    conformarli completamente al nuovo modello istituzionale.

    9/3387/9. Mereu.

    La Camera,

    premesso che:

    – lo stato giuridico del personale docente della scuola
    è dettato dal decreto del Presidente della Repubblica
    n. 417 del 1974 ed è pertanto decisamente superato;
    – non appare possibile definire le norme generali ed
    i livelli essenziali delle prestazioni di un sistema nazionale
    di istruzione e di formazione senza alcun riferimento alla
    condizione "giuridica" e professionale degli insegnanti;
    – la qualità della scuola è fondata sulla
    qualità della condizione e della funzione dei docenti;
    – la difficoltà di realizzazione della stessa
    autonomia scolastica è anche dovuta al mancato sviluppo
    ed aggiornamento della professionalità e delle competenze
    del docente;
    – la raccomandazione sullo status degli insegnanti
    redatta dall’Unesco nel 1996 ha posto autorevolmente la
    questione della "professionalizzazione" dell’insegnamento;
    – la tutela costituzionale sia della libertà
    di insegnamento sia del diritto all’istruzione impone la
    definizione legislativa di uno specifico stato giuridico
    degli insegnanti;

    Impegna il Governo

    • nell’ambito dell’attuazione del nuovo sistema di
    istruzione e di formazione, allo scopo di realizzarne pienamente
    i princìpi, le finalità e gli obiettivi insieme
    con quelli di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997,
    n. 59, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
    della delega in esame, a:

    a) definire le caratteristiche generali attraverso cui
    si esplica la funzione docente quale funzione professionale
    dei sistemi pubblici di istruzione e formazione;
    b) diversificare ed articolare la funzione docente, anche
    in rapporto ai nuovi compiti necessari alla piena realizzazione
    dell’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo
    delle istituzioni scolastiche;
    c) individuare specifiche modalità di verifica e
    di valutazione delle prestazioni collegate alla valorizzazione
    professionale.

    9/3387/10. Angela Napoli, Landolfi, Butti, Castellani,
    Maggi, Rositani, Cannella, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – il ruolo dell’insegnante di sostegno deve essere
    valutato quale vera risorsa per l’integrazione all’interno
    della comunità scolastica e sociale;
    – nel mese di luglio 2002 la VII Commissione della
    Camera dei Deputati ha approvato, all’unanimità,
    una risoluzione con la quale si impegnava il Governo a dare
    soluzione al problema degli insegnanti di sostegno che hanno
    conseguito il relativo titolo di specializzazione a norma
    del decreto del Ministro della Pubblica Istruzione 24 novembre
    1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno
    1999, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 970
    del 1975, ma che risultano privi del titolo di abilitazione;
    – in data 26 novembre 2002, con decreto ministeriale,
    sono state emanate apposite disposizioni, in deroga al decreto
    ministeriale 25 giugno 2002, al fine di consentire l’ammissione
    in soprannumero alle Ssis, sin dal corrente anno accademico,
    degli insegnanti di sostegno laureati privi di abilitazione,
    ma le Università non hanno ancora dato relativa esecuzione;
    – il comma 3 dell’articolo 5 del disegno di legge in
    esame contiene una specifica norma per coloro che, sprovvisti
    dell’abilitazione all’insegnamento secondario, sono in possesso
    del diploma biennale di specializzazione per le attività
    di sostegno, di cui al decreto del Ministero della Pubblica
    Istruzione 24 novembre 1998 e al decreto del Presidente
    della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, nonché
    del titolo di studio richiesto ed abbiano superato le prove
    di accesso alle Scuole di specializzazione all’insegnamento
    secondario;

    Impegna il Governo

    • a voler prevedere, nell’ambito dei decreti legislativi
    relativi all’attuazione del comma 3 dell’articolo 5 del
    disegno di legge in esame, una norma transitoria specifica
    che, tenendo conto del dovuto riconoscimento dei titoli
    di studio conseguiti ai sensi del previgente ordinamento,
    preveda la possibilità di conseguire, per i docenti
    specializzati anche privi dell’attuale prescritto titolo
    di studio, la nuova abilitazione necessaria per l’inserimento
    nelle graduatorie permanenti; il tutto alla luce della dovuta
    valutazione del titolo di specializzazione valutato abilitante
    dalla legge n. 104 del 1992.

    9/3387/11. Landolfi, Angela Napoli, Butti, Castellani,
    Maggi, Rositani, Cannella, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – la modifica del Titolo V della Costituzione ha elevato
    il concetto di "autonomia scolastica" al rango
    costituzionale, inserendolo nell’articolo 117;
    – tale articolo, infatti, nel prevedere tra le materie
    oggetto di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni
    quella dell’istruzione, fa esplicitamente salva l’autonomia
    delle singole istituzioni scolastiche;
    – la legge di riforma dei sistemi di istruzione e di
    formazione deve valorizzare e sostanziare l’attuazione dell’autonomia
    scolastica;
    – il disegno di legge in esame prevede, all’articolo
    2, comma 1, lettera l), che i "piani di studio personalizzati"
    contengano un nucleo fondamentale uguale per tutti "su
    base nazionale" ed una quota riservata alle regioni,
    apparentemente negando di fatto alle istituzioni scolastiche
    l’esercizio dell’autonomia di progettazione didattica che
    viene loro riconosciuta dalla Costituzione;
    – lo stesso disegno di legge non prevede, all’articolo
    7, comma 1, nell’ambito dei regolamenti applicativi da emanarsi
    ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto
    1988, n. 400, la determinazione del monte orario di insegnamento
    obbligatorio, suddiviso in quota nazionale e quota di pertinenza
    delle istituzioni scolastiche;
    – da più parti sono state espresse forti riserve
    su tale aspetto del provvedimento in esame, evidenziando
    la preoccupazione per l’annientamento della capacità
    progettuale autonoma delle singole istituzioni scolastiche;

    Impegna il Governo

    • ad attuare il principio costituzionale di autonomia
    delle istituzioni scolastiche riconoscendo alle stesse,
    all’interno dei rispettivi piani di studio, la disponibilità
    di una quota del monte orario annuo obbligatorio, destinata
    a differenziare l’offerta formativa rispetto ai bisogni
    degli utenti;
    • a prevedere che tale quota venga utilizzata per comporre
    in sintesi formativa coerente i fabbisogni dei singoli studenti
    con la domanda espressa dagli enti locali e dalle regioni;
    • a prevedere, altresì, nell’ambito dei regolamenti
    attuativi citati, la determinazione del monte orario obbligatorio
    suddiviso come dinanzi evidenziato.

    9/3387/12. Butti, Angela Napoli, Landolfi, Castellani,
    Maggi, Cannella, Rositani, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5 del disegno di legge in esame prevede
    una nuova fase di formazione con successiva nuova forma
    di reclutamento degli insegnanti;
    – nella fase transitoria, le vigenti modalità
    di accesso all’insegnamento possono creare disparità
    di trattamento nell’attribuzione del punteggio valido ai
    fini dell’inclusione nelle graduatorie permanenti;
    – tra le finalità del disegno di legge in esame
    è previsto il supporto alla valorizzazione professionale
    del personale docente;
    – la legge 15 maggio 1997, n. 127, all’articolo 17,
    comma 111, sottolinea l’esigenza, in riferimento all’accesso
    al pubblico impiego, di tenere in considerazione anche le
    professionalità prodotte dai dottorati di ricerca;

    Impegna il Governo

    • nell’ambito della formazione delle graduatorie permanenti
    di cui all’articolo 401 del Testo Unico, approvato con decreto
    legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni,
    ad assicurare parità di trattamento nell’attribuzione
    del punteggio a coloro che abbiano conseguito la specifica
    abilitazione a seguito di partecipazione a procedure concorsuali
    o abilitanti ed a coloro che abbiano conseguito l’abilitazione
    a seguito di superamento dell’esame di Stato al termine
    delle Scuole di specializzazione di cui all’articolo 4 della
    legge 19 novembre 1990, n. 341;
    • a mettere in atto ogni utile accorgimento perché
    venga dato opportuno riconoscimento all’Alta formazione
    conseguente al dottorato di ricerca, sia ai fini dell’accesso
    ai ruoli docenti della scuola italiana, sia ai fini dell’accesso
    alla dirigenza scolastica.

    9/3387/13. Stagno d’Alcontres, Angela Napoli, Landolfi,
    Butti, Castellani, Maggi, Rositani, Cannella, Garagnani,
    Santulli, Palmieri, Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera b), del disegno di
    legge in esame prevede l’individuazione delle classi dei
    corsi di laurea specialistica finalizzati anche alla formazione
    degli insegnanti;
    – per la formazione degli insegnamenti della scuola
    secondaria di primo grado e del secondo ciclo le classi
    dei corsi di laurea specialistica verranno individuate con
    riferimento all’insegnamento delle discipline impartite
    in tali gradi di istruzione e con preminenti finalità
    di approfondimento disciplinare;

    Impegna il Governo

    • a voler prevedere, nell’ambito delle discipline
    impartite per la formazione degli insegnanti, anche lo sviluppo
    dei relativi aspetti didattici ed epistemologici.

    9/3387/14. Castellani, Angela Napoli, Landolfi, Stagno
    d’Alcontres, Maggi, Butti, Rositani, Cannella, Garagnani,
    Santulli, Palmieri, Coronella.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;
    – considerato, in particolare, l’articolo 5, comma
    1, lettera a);

    Impegna il Governo

    • nella stesura dei decreti di cui all’articolo 1,
    finalizzati alla formazione iniziale dei docenti, ad assicurare
    non solo pari dignità dei corsi che si svolgono presso
    le Università, ma altresì la pari durata.

    9/3387/15. Dorina Bianchi.

    La Camera,

    premesso che:

    – tra le finalità del disegno di legge in esame
    è previsto il supporto alla valorizzazione professionale
    del personale docente e ad iniziative di formazione iniziale
    e continua del personale stesso;
    – l’articolo 5, recante norme in materia di formazione
    degli insegnanti, prevede che i decreti legislativi dettino
    la disciplina della formazione dei docenti della scuola
    dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo;
    – tale formazione dovrà realizzarsi nelle Università
    presso i corsi di laurea specialistica ad accesso programmato,
    con preminente finalità di approfondimento disciplinare
    per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria
    di primo grado e del secondo ciclo;
    – percorsi abbreviati sono già previsti dallo
    stesso articolo 5, comma 3, del disegno di legge in esame
    per alcune categorie di laureati in possesso di titolo di
    studio post lauream;
    – al momento dell’introduzione del nuovo regime di
    formazione iniziale, vi saranno aspiranti docenti ammessi
    alle lauree specialistiche in possesso di laurea quadriennale
    o di maggiore durata conseguita ai sensi del previgente
    ordinamento, nonché di titoli di studio post lauream,
    tra cui il dottorato di ricerca, a norma di legge il più
    alto titolo di studio conseguibile in Italia, oltre che
    i laureati in possesso di laurea di primo livello di durata
    triennale;
    – è nel primario interesse del mondo dell’istruzione
    favorire l’inserimento di personale docente ad alta qualificazione,
    la quale discende anche direttamente dalla durata del percorso
    di studi nel quale sia stato curato l’approfondimento disciplinare
    e dal conseguente livello di formazione conseguito, a cui
    si aggiunge l’elevato valore aggiunto della formazione alla
    ricerca conseguibile con il dottorato di ricerca;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nel caso della formazione di insegnanti
    della scuola secondaria di primo grado e del secondo ciclo,
    norme che prevedano esplicitamente il riconoscimento di
    abbreviazioni del percorso formativo significative per gli
    aspiranti docenti in possesso di laurea quadriennale o di
    maggiore durata conseguita ai sensi del previgente ordinamento,
    nonché di titoli di studio di livello superiore,
    quali il dottorato di ricerca.

    9/3387/16. Cannella, Angela Napoli, Landolfi, Stagno d’Alcontres,
    Butti, Castellani, Maggi, Rositani, Garagnani, Santulli,
    Palmieri, Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – è auspicabile che l’individuazione e la valorizzazione
    di talenti musicali, nonché l’apprendimento di uno
    strumento musicale finalizzato anche a future scelte professionali,
    avvengano in età precoce;
    – è necessario assicurare la possibilità
    di accedere, da parte di talenti, ad un insegnamento di
    uno strumento musicale altamente qualificato;
    – la classe di concorso di Strumento musicale (A077)
    è attualmente ben distinta da quelle di Educazione
    musicale (A031 e A032);
    – la formazione iniziale di tutti i docenti è
    di grado universitario;
    – anche a seguito della legge n. 508 del 1999, la formazione
    abilitante dei docenti di Educazione musicale è di
    competenza dei corsi di Didattica della musica nei Conservatori
    di Musica;
    – è necessario che anche la formazione abilitante
    dei docenti di Strumento musicale sia di competenza dei
    Conservatori di Musica;
    – altra condizione irrinunciabile per un aspirante
    docente di Strumento musicale è l’avere svolto un’adeguata
    attività artistica;

    Impegna il Governo

    • all’emanazione degli atti necessari a garantire
    che:

    a) fin dalla scuola primaria sia presente lo studio di
    uno strumento musicale e della musica d’insieme;
    b) nella scuola secondaria, per l’abilitazione all’insegnamento
    di uno strumento musicale, la formazione dei docenti sia
    di competenza dei Conservatori di Musica;
    c) venga assicurata per i talenti, la possibilità
    di accedere ad un insegnamento di strumento musicale altamente
    qualificato.

    9/3387/17. Rositani, Angela Napoli, Landolfi, Butti, Castellani,
    Maggi, Cannella, Garagnani, Santulli, Palmieri, Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – la conoscenza della Costituzione e dei suoi princìpi,
    delle istituzioni e del loro funzionamento, dell’attività
    della Magistratura e delle Forze dell’ordine, nonché
    della legislazione di riferimento, dell’attività
    di promozione e diffusione della cultura della legalità,
    deve ritenersi indispensabile per il percorso formativo
    e didattico del cittadino italiano;
    – instillare la cultura della legalità, la conoscenza
    delle regole che presiedono alla convivenza ed il loro rispetto
    costituisce uno dei modi più efficaci per lottare
    contro la criminalità organizzata, ancor più
    se di stampo mafioso, giacché consente di combattere
    l’incultura della violenza, della prevaricazione e della
    sottomissione al sistema di controllo socio-economico propri
    della mafia e delle organizzazioni similari;
    – l’acquisizione delle conoscenze menzionate nelle
    precedenti premesse avvicina il giovane cittadino alla "res
    publica" ed alla sua gestione, facendogliela sentire
    come parte del proprio patrimonio e rendendolo compartecipe
    ad essa, al fine di evitare una sensazione di distacco ed
    estraneità prodromica all’accostamento all’incultura
    mafiosa e, comunque, alla violazione delle regole;
    – le manifestazioni sulla legalità e l’attività
    svolta in istituti scolastici o da associazioni di volontariato
    non possono rimanere momenti isolati del percorso didattico
    e formativo, ma devono esserne parte integrante e costante;
    – la violenta reazione registrata in numerose occasioni
    avverso l’attività innanzi accennata e coloro che
    ne sono gli animatori da parte della criminalità
    dimostra la loro efficacia e la loro utilità;

    Impegna il Governo

    • a prevedere nelle indicazioni per la formulazione
    dei piani di studio, all’interno dell’Educazione alla convivenza
    civile, il percorso formativo e didattico illustrato in
    premessa.

    *9/3387/18. Misuraca, Marinello.

    La Camera,

    premesso che:

    – la conoscenza della Costituzione e dei suoi princìpi,
    delle istituzioni e del loro funzionamento, dell’attività
    della Magistratura e delle Forze dell’ordine, nonché
    della legislazione di riferimento, dell’attività
    di promozione e diffusione della cultura della legalità,
    deve ritenersi indispensabile per il percorso formativo
    e didattico del cittadino italiano;
    – instillare la cultura della legalità, la conoscenza
    delle regole che presiedono alla convivenza ed il loro rispetto
    costituisce uno dei modi più efficaci per lottare
    contro la criminalità organizzata, ancor più
    se di stampo mafioso, giacché consente di combattere
    l’incultura della violenza, della prevaricazione e della
    sottomissione al sistema di controllo socio-economico propri
    della mafia e delle organizzazioni similari;
    – l’acquisizione delle conoscenze menzionate nelle
    precedenti premesse avvicina il giovane cittadino alla "res
    publica" ed alla sua gestione, facendogliela sentire
    come parte del proprio patrimonio e rendendolo compartecipe
    ad essa, al fine di evitare una sensazione di distacco ed
    estraneità prodromica all’accostamento all’incultura
    mafiosa e, comunque, alla violazione delle regole;
    – le manifestazioni sulla legalità e l’attività
    svolta in istituti scolastici o da associazioni di volontariato
    non possono rimanere momenti isolati del percorso didattico
    e formativo, ma devono esserne parte integrante e costante;
    – la violenta reazione registrata in numerose occasioni
    avverso l’attività innanzi accennata e coloro che
    ne sono gli animatori da parte della criminalità
    dimostra la loro efficacia e la loro utilità;

    Impegna il Governo

    • a prevedere nelle indicazioni per la formulazione
    dei piani di studio, all’interno dell’Educazione alla convivenza
    civile, il percorso formativo e didattico illustrato in
    premessa.

    *9/3387/19. Antonio Pepe, Angela Napoli, Landolfi, Butti,
    Castellani, Maggi, Rositani, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – la dislessia, disturbo specifico di apprendimento,
    è più diffusa di quanto si possa immaginare
    ed in Italia interessa circa il 4 per cento della popolazione
    scolastica;
    – essa può verificarsi in ragazzi con normale
    intelligenza e le difficoltà evidenziate permangono
    dopo la prima fase di acquisizione;
    – molti dei ragazzi che presentano tale disturbo spesso
    non vengono riconosciuti come dislessici e non possono quindi
    essere posti nelle condizioni di apprendimento più
    agevoli per il loro stato;
    – appare, pertanto, necessario sia trovare gli opportuni
    riferimenti didattici sia una formazione adeguata da parte
    degli insegnanti;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nella fase attuativa delle nuove regole
    per il reclutamento del personale docente, l’introduzione
    nei relativi percorsi formativi di un modulo obbligatorio
    concernente i disturbi di apprendimento degli studenti.

    9/3387/20. Onnis, Angela Napoli, Landolfi, Butti, Castellani,
    Maggi, Rositani, Cannella, Garagnani, Santulli, Palmieri,
    Coronella.

    La Camera,

    premesso che:

    – il disegno di legge in esame pone, tra gli obiettivi
    fondamentali della formazione delle giovani generazioni,
    l’educazione motoria e ludico sportiva;
    – anche nelle indicazioni e nelle raccomandazioni per
    la formulazione dei piani di studio del primo ciclo viene
    opportunamente sottolineato il valore formativo dell’Educazione
    fisica e sportiva e a tale disciplina si riserva un adeguato
    rilievo, sia sotto il profilo didattico che dell’organizzazione
    dei piani di studio stessi;
    – l’impostazione flessibile e personalizzata dei piani
    di studio del secondo ciclo apre nuove possibilità
    di caratterizzare i corsi degli istituti e dei licei destinando
    sia l’orario annuale obbligatorio sia quello aggiuntivo
    all’acquisizione di particolari competenze degli studenti
    per la realizzazione del loro profilo educativo, culturale
    e professionale;
    – con l’istituzione delle facoltà e dei corsi
    di laurea in Scienze motorie è opportuno prevedere
    un percorso formativo specificamente indirizzato alla cultura
    del movimento;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nei piani di studio dei licei e nel
    Sistema di istruzione e formazione professionale, un’adeguata
    intensificazione della formazione culturale e professionale
    in ambito motorio e sportivo;
    • a promuovere nel secondo ciclo di istruzione del
    Sistema scolastico nazionale, con le opportune risorse e
    con la collaborazione delle organizzazioni sportive e degli
    enti locali, indirizzi sportivi in cui dare particolare
    impulso allo studio degli insegnamenti afferenti alle Scienze
    motorie e alla pratica delle discipline a carattere espressivo
    e sportivo che caratterizzano il movimento umano e con essi
    la diffusione dell’associazionismo sportivo scolastico.

    9/3387/21. Santulli, Palmieri.

    La Camera,

    premesso che:

    – il ruolo dell’insegnante di sostegno deve essere
    valutato quale vera risorsa per l’integrazione all’interno
    della comunità scolastica e sociale;
    – nel mese di luglio 2002, la VII Commissione della
    Camera dei Deputati ha approvato, all’unanimità,
    una risoluzione con la quale si impegnava il Governo a dare
    soluzione al problema degli insegnanti di sostegno che hanno
    conseguito il relativo titolo di specializzazione a norma
    del decreto del Ministro della Pubblica Istruzione 24 novembre
    1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno
    1999, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 970
    del 1975, ma che risultano privi del titolo di abilitazione;
    – l’articolo 5, comma 3, del disegno di legge in esame
    contiene norme specifiche per consentire un’abbreviazione
    del percorso formativo al fine del conseguimento, a seconda
    dei casi, dell’abilitazione all’insegnamento secondario
    o della laurea abilitante in Scienze della formazione primaria
    per l’insegnamento nella scuola materna od elementare:

    a) a coloro che, in possesso del diploma biennale di specializzazione
    per le attività di sostegno di cui al decreto del
    Ministro della Pubblica Istruzione 24 novembre 1998 e al
    decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975,
    n. 970, nonché del titolo di studio (laurea o diploma
    di Isef, di Accademia di Belle Arti, di Istituto Superiore
    per le industrie artistiche, di Conservatorio di Musica
    e di Istituto musicale pareggiato) richiesto per l’ammissione
    alle Scuole di specializzazione per il conseguimento dell’abilitazione
    all’insegnamento secondario, abbiano superato le prove di
    accesso alle Scuole di specializzazione all’insegnamento
    secondario;
    b) a coloro che, in possesso del predetto diploma di specializzazione
    per il sostegno e del diploma di scuola secondaria superiore,
    abbiano superato le prove di accesso al corso di laurea
    in Scienze della formazione primaria per l’insegnamento
    nella scuola materna o nella scuola elementare;

    – da molti anni la scuola si sta avvalendo per l’insegnamento
    su posti di sostegno:

    a) nella scuola secondaria, e per classi di concorso per
    le quali il vigente ordinamento non richiede il possesso
    del diploma di laurea, di insegnanti non abilitati con diploma
    di scuola secondaria superiore (insegnanti tecnico-pratici
    e di arte applicata) specializzati per il sostegno;
    b) sempre nella scuola secondaria, anche di insegnanti non
    specializzati, abilitati e non abilitati;
    c) nella scuola materna e nella scuola elementare, di insegnanti
    abilitati e non abilitati e non specializzati per il sostegno,
    nonché di insegnanti della scuola elementare abilitati
    all’insegnamento per la scuola elementare ma che non hanno
    completato il corso dell’istituto magistrale con l’anno
    integrativo di cui all’articolo 191, comma 6, del decreto
    legislativo 16 aprile 1994, n. 297, non specializzati;

    – vanno considerate l’opportunità e l’esigenza
    per la scuola che non vada disperso il pluriennale e prezioso
    patrimonio di esperienza acquisito dai predetti docenti;

    Impegna il Governo

    • a prendere in considerazione la situazione delle
    predette categorie di docenti al fine di consentire loro,
    limitatamente a coloro che hanno prestato servizio continuativo
    per almeno tre anni sul posto di sostegno, di essere ammessi,
    in sovrannumero, alle Scuole di specializzazione o ai corsi
    di laurea in Scienze della formazione primaria, con percorsi
    abbreviati, per conseguire l’abilitazione e/o la specializzazione,
    a seconda dei casi;
    • a porre allo studio i necessari provvedimenti volti
    ad agevolare l’assunzione, su posti di sostegno, di coloro
    che hanno maturato un’adeguata e specifica esperienza.

    9/3387/22. Licastro Scardino, Santulli.

    La Camera,

    premesso che:

    – il comma 1, dell’articolo 2, alla lettera f), prevede
    che alla scuola primaria si possono iscrivere anche le bambine
    e i bambini che compiono sei anni entro il 30 aprile dell’anno
    scolastico di riferimento;
    – la questione dell’utilità e opportunità
    della previsione dell’ingresso anticipato a scuola non si
    risolve in maniera incontrovertibile, evidenziandosi posizioni
    completamente distinte all’interno dell’opinione pubblica
    e delle stesse forze politiche presenti in Parlamento, anche
    di maggioranza;

    Impegna il Governo

    • a disciplinare la previsione dell’iscrizione anticipata,
    nei decreti attuativi, configurandola chiaramente quale
    libera scelta riconosciuta alla singola famiglia, che giudicherà
    sulla base della maturità fisica, psichica e relazionale
    del proprio figlio.

    9/3387/23. Vascon, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – il comma 3, dell’articolo 1 del disegno di legge
    in esame prevede l’approvazione, da parte del Consiglio
    dei Ministri, di un piano programmatico di interventi finanziari
    predisposto dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca entro novanta giorni dalla data di entrata
    in vigore della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, per la realizzazione delle finalità della
    legge medesima;
    – il medesimo comma elenca le singole voci di cui si
    compone la riforma della scuola;
    – tale meccanismo generale di copertura non presenta
    carattere di rigidità, comportando un significativo
    grado di discrezionalità, tenuto conto dei vincoli
    generali di copertura e di compensazione cui esso sottostà;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nei decreti attuativi, dopo l’approvazione
    del Consiglio dei Ministri, il parere delle competenti Commissioni
    parlamentari sul piano programmatico finanziario.

    9/3387/24. Sergio Rossi, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – la riforma delle norme generali dell’istruzione
    prevede che il Sistema educativo si articoli nella scuola
    dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola
    primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un
    secondo ciclo che comprende il Sistema dei licei ed il Sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale;
    – l’articolo 3, nel disciplinare la valutazione degli
    apprendimenti e del comportamento degli studenti, prevede
    la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio
    al periodo successivo;
    – una valutazione negativa al termine del biennio implica,
    per lo studente, la ripetizione dei due anni costituenti
    il biennio, con un notevole investimento di tempo;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nei decreti attuativi, la possibilità
    che, in sede di valutazione annuale ed in presenza di una
    valutazione negativa degli apprendimenti che non lasci ragionevolmente
    prevedere il recupero e l’esito positivo al termine del
    biennio, si disponga la ripetizione del primo anno del biennio
    senza dover attendere il termine dell’anno successivo.

    9/3387/25. Didonè, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, recante norme in materia di formazione
    degli insegnanti, prevede che i decreti legislativi dettino
    la disciplina della formazione dei docenti della scuola
    dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo;
    – lo stesso articolo prevede che con uno o più
    decreti sono individuate le classi dei corsi di laurea specialistica,
    anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati
    anche alla formazione degli insegnanti;
    – i medesimi decreti disciplinano le attività
    didattiche attinenti l’integrazione scolastica degli alunni
    in condizione di handicap;
    – sembra opportuno trovare riferimenti didattici e
    legislativi per fare in modo che i ragazzi dislessici possano
    dare il meglio, mettendo a frutto la loro normale intelligenza
    e le loro spesso vivaci e creative abilità;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nei decreti che disciplinano le attività
    didattiche, misure atte a favorire l’integrazione scolastica
    degli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento
    (Dsa).

    9/3387/26. Polledri, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – la riforma delle norme generali dell’istruzione
    prevede che il Sistema educativo si articoli nella scuola
    dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola
    primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un
    secondo ciclo che comprende il Sistema dei licei ed il Sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale;
    – il comma 1, dell’articolo 2, alla lettera f), stabilisce
    che la scuola primaria promuove, nel rispetto delle diversità
    individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha
    il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le
    abilità di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche,
    di far apprendere i mezzi espressivi, ivi inclusa l’alfabetizzazione
    in almeno una lingua dell’Unione Europea oltre alla lingua
    italiana, di valorizzare le capacità relazionali
    e di orientamento nello spazio e nel tempo;
    – è importante individuare accorgimenti di carattere
    dispensativi e compensativi e/o sussidi che tengano conto
    delle difficoltà specifiche dei ragazzi e che non
    mortifichino le loro effettive capacità intellettuali,
    né incidano pesantemente sulla loro necessaria autostima;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nei decreti attuativi di disciplina
    del primo ciclo, forme di dispensa da alcune prestazioni
    (lettura ad alta voce, verifica scritta, ecc.) e l’uso di
    alcuni strumenti (calcolatrice, tavola pitagorica, registratore,
    ecc.) per gli alunni con difficoltà specifiche di
    apprendimento (Dsa).

    9/3387/27. Ercole, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – negli ultimi decenni si è assistito all’accentuarsi
    della presenza femminile nel ruolo di insegnante, determinata
    anche dalla perdita di prestigio sociale ed economico che
    ha investito questa figura professionale;
    – tale situazione è stata favorita dalla possibilità
    di conciliare l’impegno del lavoro e la famiglia, grazie
    all’orario di lavoro meno impegnativo rispetto ad altre
    professioni;
    – tale fenomeno provoca delle ripercussioni nei processi
    educativi e di maturazione degli adolescenti, soprattutto
    maschi, a cui vengono a mancare modelli di riferimento e
    di imitazione necessari alla loro crescita;

    Impegna il Governo

    • a studiare forme di incentivi, costituzionalmente
    compatibili, al fine di incoraggiare il reclutamento di
    insegnanti maschi, in particolare nel ciclo secondario.

    9/3387/28. Bianchi Clerici, Lussana, Ercole.

    La Camera,

    premesso che:

    – la riforma delle norme generali dell’istruzione
    prevede che il Sistema educativo si articoli nei seguenti
    gradi di scuola: scuola dell’infanzia, scuola primaria e
    scuola secondaria di primo e di secondo grado;
    – l’articolo 3 del disegno di legge in esame prevede
    l’emanazione di norme generali sulla valutazione del Sistema
    educativo di istruzione e di formazione e degli apprendimenti
    degli allievi;
    – tra i criteri direttivi e i princìpi direttivi
    è previsto che la valutazione, periodica e annuale,
    degli apprendimenti e del comportamento degli studenti,
    e la certificazione delle competenze da essi acquisite,
    siano affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione
    e formazione frequentate;

    Impegna il Governo

    • a prevedere che la valutazione degli alunni con
    handicap non riguardi esclusivamente gli apprendimenti,
    ma avvenga secondo i princìpi fissati nell’articolo
    12, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, i quali
    prevedono quattro ambiti valutativi dell’integrazione scolastica:
    la crescita in autonomia negli apprendimenti, nella comunicazione,
    nella socializzazione e negli scambi relazionali.

    9/3387/29. Francesca Martini, Bianchi Clerici.

    La Camera,

    premesso che:

    – il disegno di legge in esame prevede, all’articolo
    5, comma 1, lettera a), che: "la formazione è
    di pari dignità per tutti i docenti";
    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti, e a maggior ragione tra docenti
    che insegnano all’interno di uno stesso ciclo scolastico;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, l’inquadramento, dalla data di entrata in vigore
    del provvedimento in esame, nel Sistema educativo di istruzione
    e formazione di tutti i docenti in servizio alla stessa
    data con incarico a tempo indeterminato, a prescindere dal
    livello e dalla tipologia del titolo di studio posseduto,
    collocandoli nei ruoli dei docenti laureati del rispettivo
    ciclo scolastico, senza alcuna differenziazione tra i canali
    del ciclo secondario e tra i moduli del ciclo primario.

    *9/3387/30. Bellini, Ruzzante.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti e a maggior ragione tra i docenti
    che insegnano all’interno di uno stesso ciclo scolastico;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, l’inquadramento, dalla data di entrata in vigore
    del provvedimento in esame, nel Sistema educativo di istruzione
    e formazione di tutti i docenti in servizio alla stessa
    data con incarico a tempo indeterminato, a prescindere dal
    livello e dalla tipologia del titolo di studio posseduto,
    collocandoli nei ruoli dei docenti laureati del rispettivo
    ciclo scolastico, senza alcuna differenziazione tra i canali
    del ciclo secondario e tra i moduli del ciclo primario.

    *9/3387/31. Cima, Cento, Bulgarelli.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – a tale formulazione si è giunti al Senato,
    a fronte del testo di iniziativa governativa nel quale si
    prevedeva più esplicitamente "pari dignità
    e durata" per la formazione iniziale di tutti i docenti,
    per la considerazione, da alcuni parlamentari avanzata,
    dell’opportunità di riservare ai provvedimenti delegati
    la possibilità di stabilire eventualmente, ferma
    restando l’imprescindibile parità di dignità
    culturale e professionale di tutti i percorsi formativi
    all’insegnamento, una limitata diversità di durata
    dei percorsi suddetti, in particolare per l’insegnamento
    nella scuola dell’infanzia;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti della scuola
    dell’infanzia, che sentono sminuito innanzi tutto il loro
    decisivo contributo pedagogico, ha ingenerato preoccupazione
    e disagio in altre vaste fasce di personale docente, timorose
    di scelte attuative che "sventaglino" le ipotesi
    di durata formativa su tempistiche immotivatamente differenziate,
    magari al fine di poter poi proporre inquadramenti diversificati;

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti e a maggior ragione tra i docenti
    che insegnano all’interno di uno stesso ciclo scolastico;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, quanto meno una formazione iniziale di pari dignità
    e di pari durata per tutti i docenti che insegnano in uno
    stesso ciclo scolastico.

    *9/3387/32. Pecoraro Scanio, Cento, Bulgarelli.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – a tale formulazione si è giunti al Senato,
    a fronte del testo di iniziativa governativa nel quale si
    prevedeva più esplicitamente "pari dignità
    e durata" per la formazione iniziale di tutti i docenti,
    per la considerazione, da alcuni parlamentari avanzata,
    dell’opportunità di riservare ai provvedimenti delegati
    la possibilità di stabilire eventualmente, ferma
    restando l’imprescindibile parità di dignità
    culturale e professionale di tutti i percorsi formativi
    all’insegnamento, una limitata diversità di durata
    dei percorsi suddetti, in particolare per l’insegnamento
    nella scuola dell’infanzia;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti della scuola
    dell’infanzia, che sentono sminuito innanzi tutto il loro
    decisivo contributo pedagogico, ha ingenerato preoccupazione
    e disagio in altre vaste fasce di personale docente, timorose
    di scelte attuative che "sventaglino" le ipotesi
    di durata formativa su tempistiche immotivatamente differenziate,
    magari al fine di poter poi proporre inquadramenti diversificati;

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, una formazione iniziale di pari dignità e
    di pari durata per i docenti di tutti i livelli ed i cicli
    scolastici.

    **9/3387/33. Lion, Bulgarelli, Cento.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – a tale formulazione si è giunti al Senato,
    a fronte del testo di iniziativa governativa nel quale si
    prevedeva più esplicitamente "pari dignità
    e durata" per la formazione iniziale di tutti i docenti,
    per la considerazione, da alcuni parlamentari avanzata,
    dell’opportunità di riservare ai provvedimenti delegati
    la possibilità di stabilire eventualmente, ferma
    restando l’imprenscindibile parità di dignità
    culturale e professionale di tutti i percorsi formativi
    all’insegnamento nella scuola dell’infanzia;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti della scuola
    dell’infanzia, che sentono sminuito innanzitutto il loro
    decisivo contributo pedagogico, ha ingenerato preoccupazione
    e disagio in altre vaste fasce di personale docente, timorose
    di scelte attuative che "sventaglino" le ipotesi
    di durata formativa su tempistiche immotivatamente differenziate,
    magari al fine di poter poi proporre inquadramenti diversificati;

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente del disegno di legge in
    esame, una formazione iniziale di pari dignità e
    di pari durata per i docenti di tutti i livelli ed i cicli
    scolastici.

    **9/3387/34. Borrelli.

    La Camera,

    premesso che:

    – vi è una specifica vocazione turistico-alberghiera
    del nostro Paese, dove l’industria dell’ospitalità
    costituisce settore fondamentale dell’economia nazionale
    ed in riferimento alla quale è richiesta una sempre
    maggiore uniformità di standard formativi degli operatori,
    anche per continuare a garantire l’alto livello in termini
    occupazionali che l’ha fino ad ora contraddistinta;
    – l’attuale sistema rappresentato dagli istituti turistici
    ed alberghieri di Stato costituisce un "fiore all’occhiello"
    dell’istruzione italiana, i cui alunni da sempre primeggiano
    nel confronto con i propri omologhi degli altri Paesi, anche
    nei concorsi internazionali, e spesso, in unione con i propri
    insegnanti tecnico-pratici di settore, si pongono al servizio
    di enti ed istituzioni dello Stato in occasione di manifestazioni
    ed eventi di alto livello;
    – nell’ambito della riforma del Sistema scolastico
    e formativo, appare opportuno mantenere uno specifico indirizzo
    che garantisca per il settore un’adeguata qualità
    dell’istruzione-formazione a livello nazionale;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, tra gli indirizzi in cui si articolerà
    l’istituendo liceo economico, un indirizzo turistico-alberghiero.

    9/3387/35. Gamba, Coronella, Giuseppe Mancuso, Arrighi,
    Delmastro delle Vedove, Strano.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 2, comma 1, lettera h), del disegno di
    legge in esame definisce assai genericamente i percorsi
    del futuro sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti degli istituti
    tecnici e professionali, che saranno presumibilmente inseriti
    nel Sistema dell’istruzione e della formazione professionale
    e sentono a rischio di svalorizzazione innanzi tutto il
    loro decisivo contributo pedagogico-didattico e di professionalizzazione
    a livello alto, ha ingenerato preoccupazione e disagio anche
    in altre vaste fasce di cittadini, ed in particolare tra
    moltissimi genitori, che vi leggono il rischio di una futura
    preponderanza, nel canale professionale che sarà
    probabilmente scelto dai loro figli, di una preparazione
    professionale eccessivamente specifica e quindi non adeguata
    alle odierne esigenze di preparazione al lavoro, e tra gli
    imprenditori, timorosi di scelte attuative che pregiudichino
    la futura preparazione di quei quadri intermedi, oggi validamente
    "sfornati" dagli istituti tecnici, e di quei tecnici
    specifici di consistente bagaglio generale ora garantiti
    dagli istituti professionali, costituenti complessivamente
    l’ossatura tecnico-operativa principale delle aziende ed
    in generale del Paese;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, che all’interno dei percorsi di istruzione e formazione
    professionale siano individuati tre distinti ambiti di strutturazione
    dei livelli delle prestazioni essenziali, equivalenti rispettivamente
    ai livelli di formazione culturale generale e di preparazione
    professionalizzante attualmente espressi nell’istruzione
    tecnica, nell’istruzione professionale e nella formazione
    professionale.

    9/3387/36. Zanella, Bulgarelli, Cento.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – a tale formulazione si è giunti al Senato,
    a fronte del testo di iniziativa governativa nel quale si
    prevedeva più esplicitamente "pari dignità
    e durata" per la formazione iniziale di tutti i docenti,
    per la considerazione, da alcuni parlamentari avanzata,
    dell’opportunità di riservare ai provvedimenti delegati
    la possibilità di stabilire eventualmente, ferma
    restando l’imprenscindibile parità di dignità
    culturale e professionale di tutti i percorsi formativi
    all’insegnamento nella scuola dell’infanzia;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti della scuola
    dell’infanzia, che sentono sminuito innanzitutto il loro
    decisivo contributo pedagogico, ha ingenerato preoccupazione
    e disagio in altre vaste fasce di personale docente, timorose
    di scelte attuative che "sventaglino" le ipotesi
    di durata formativa su tempistiche immotivatamente differenziate,
    magari al fine di poter poi proporre inquadramenti diversificati;

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente del disegno di legge in
    esame, una formazione iniziale di pari dignità e
    di pari durata per i docenti di tutti i livelli ed i cicli
    scolastici.

    **9/3387/37. Iannuzzi, Realacci.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";

    – a tale formulazione si è giunti al Senato,
    a fronte del testo di iniziativa governativa nel quale si
    prevedeva più esplicitamente "pari dignità
    e durata" per la formazione iniziale di tutti i docenti,
    per la considerazione, da alcuni parlamentari avanzata,
    dell’opportunità di riservare ai provvedimenti delegati
    la possibilità di stabilire eventualmente, ferma
    restando l’imprescindibile parità di dignità
    culturale e professionale di tutti i percorsi formativi
    all’insegnamento, una limitata diversità di durata
    dei percorsi suddetti, in particolare per l’insegnamento
    nella scuola dell’infanzia;
    – la scelta legislativa suddetta, oltre a provocare
    una forte contrarietà tra i docenti della scuola
    dell’infanzia, che sentono sminuito innanzi tutto il loro
    decisivo contributo pedagogico, ha ingenerato preoccupazione
    e disagio in altre vaste fasce di personale docente, timorose
    di scelte attuative che "sventaglino" le ipotesi
    di durata formativa su tempistiche immotivatamente differenziate,
    magari al fine di poter poi proporre inquadramenti diversificati;

    – sia l’attuale funzione docente (nella scuola secondaria
    di primo e secondo grado) che quella futura (all’interno
    di ciascun ciclo scolastico) configurano una condizione
    totalmente paritaria tra tutti i docenti sotto il profilo
    culturale-professionale e normativo-operativo, al di là
    degli attuali inquadramenti e a maggior ragione tra i docenti
    che insegnano all’interno di uno stesso ciclo scolastico;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, in sede di emanazione dei provvedimenti
    attuativi della legge discendente dal disegno di legge in
    esame, quanto meno una formazione iniziale di pari dignità
    e di pari durata per tutti i docenti che insegnano in uno
    stesso ciclo scolastico.

    *9/3387/38. Realacci, Iannuzzi.

    La Camera,

    premesso che:

    – si pone come esigenza prioritaria per la formazione
    iniziale degli insegnanti realizzare un adeguato equilibrio
    tra i momenti della preparazione disciplinare, della preparazione
    psico-pedagogico-didattica e della concreta esperienza nella
    scuola;
    – tale equilibrio deve essere diverso nella formazione
    degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola
    primaria e della scuola secondaria in ragione dei ruoli
    e delle funzioni anche profondamente differenti che, nei
    diversi gradi scolastici, competono ai momenti disciplinari
    o predisciplinari rispetto a quelli più ampiamente
    educativi e formativi;
    – la pari dignità nella formazione di tutti
    gli insegnanti va realizzata assicurando a ciascun insegnante
    una preparazione adeguata ai complessi e delicati compiti
    cui è chiamato, diversi in relazione alle diverse
    fasce di età;
    – occorre non disperdere, ma anzi potenziare l’esperienza
    positiva in corso della collaborazione fra Università
    e scuola nella formazione universitaria degli insegnanti;

    Impegna il Governo

    • a emanare i decreti di cui al comma 1 dell’articolo
    5 del disegno di legge in esame assicurando il rispetto
    dei seguenti parametri:

    1) intervenire sulla disciplina delle classi delle lauree
    triennali in modo che sia assicurata la possibilità
    di percorsi di studi finalizzati alla formazione degli insegnanti
    della scuola dell’infanzia e della scuola primaria che dall’inizio
    prevedano sia un’equilibrata preparazione nei campi psico-pedagogico,
    umanistico, scientifico, artistico e dell’educazione corporea,
    sia attività di laboratorio e tirocinio;
    2) delineare i rapporti tra le facoltà e le strutture
    di Ateneo o di Interateneo di cui al comma 1, lettera e),
    dell’articolo 5 del disegno di legge in esame, quanto alle
    responsabilità di programmazione e governo dei corsi
    di cui alla lettera a) dello stesso comma, nel senso di
    affidare alle facoltà competenze preminenti per gli
    aspetti di preparazione disciplinare, e alle strutture di
    Ateneo o di Interateneo responsabilità di coordinamento
    dei corsi per gli aspetti comuni e gli insegnamenti trasversali;
    3) prevedere che i corsi di cui alla lettera a) del comma
    1 dell’articolo 5 del disegno di legge in esame comprendano
    esperienze di insegnamento e di partecipazione alla vita
    della scuola, da organizzare e gestire con l’apporto coordinato
    di Università e scuola, e che la valutazione positiva
    di tali esperienze sia condizione perché la laurea
    specialistica conseguita abbia valore abilitante;
    4) anche in relazione a quanto indicato al punto 3, indicare
    che allo scopo di salvaguardare le preminenti finalità
    di approfondimento disciplinare di cui al comma 1, lettera
    b), dell’articolo 5 del disegno di legge in esame, parte
    della formazione relativa alle didattiche disciplinari possa
    essere svolta nella fase del tirocinio di cui alla lettera
    e) del medesimo comma;
    5) stabilire che le attività di tirocinio di cui
    al comma 1, lettera e) dell’articolo 5 del disegno di legge
    in esame siano valutate e che la valutazione positiva sia
    condizione necessaria al fine dell’accesso ai ruoli organici
    del personale docente;
    6) valutare la possibilità che la laurea specialistica
    per gli insegnanti della scuola dell’infanzia possa essere
    conseguita con un numero di crediti più limitato
    rispetto a quelli necessari per le altre lauree, considerata
    la minore necessità di crediti in insegnamenti disciplinari;
    7) prevedere che la formazione in servizio degli insegnanti
    di cui al comma 1, lettera g), dell’articolo 5 del disegno
    di legge in esame sia realizzata in collaborazione con le
    strutture dell’Amministrazione scolastica;
    8) prevedere adeguate e specifiche modalità di accesso
    ai corsi di laurea di cui al comma 1, lettera a), dell’articolo
    5 del disegno di legge in esame e di riconoscimento dei
    crediti formativi maturati per i laureati secondo il vecchio
    ordinamento.

    9/3387/39. Garagnani, Santulli, Palmieri.

    La Camera,

    premesso che:

    – recenti e approfondite ricerche scientifiche stanno
    dimostrando che la dislessia è un disturbo complesso
    difficilmente riconoscibile, se non negli aspetti più
    acuti, in quanto non collegabile ai normali parametri dell’intelligenza;
    – sarebbero circa il 3 per cento i ragazzi nella scuola
    italiana che, pur soffrendo di tale disturbo non sono riconosciuti
    e assistiti come dislessici con gravi conseguenze di apprendimento
    e di emarginazione scolastica;
    – appare, pertanto, necessario che dopo la prima fase
    di frequenza scolastica, siano apportati nella scuola e
    presso le famiglie accertamenti volti a scoprire gli aspetti
    silenti e nascosti di tale disturbo;

    Impegna il Governo

    • a prevedere, nella fase attuativa, accordi fra il
    Sistema scolastico e il Sistema sanitario locale per indagini
    specialistiche volte ad individuare l’entità del
    disturbo nella popolazione scolastica, al fine di provvedere
    alla necessaria rieducazione.

    9/3387/40. Spina Diana, Parodi.

    La Camera,

    premesso che:

    – esiste un’ingiusta sperequazione delle retribuzioni
    degli insegnanti in rapporto ai carichi di lavoro, gli orari
    di lavoro, le funzioni ed i compiti che ciascuno di essi
    ha;

    Impegna il Governo

    • a porre in essere ogni utile iniziativa affinché
    ciascun insegnante sia retribuito, anche utilizzando misure
    "accessorie", in rapporto ai carichi di lavoro,
    all’orario di lavoro, ai compiti ed alle funzioni che svolge.

    9/3387/41. Boccia.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5 del disegno di legge in esame detta
    i princìpi e criteri direttivi in tema di formazione
    degli insegnanti;
    – la costruzione della cittadinanza europea assume
    carattere prioritario sia nell’agenda politico-istituzionale
    dell’Unione Europea, sia nel quadro formativo e didattico
    culturale delle politiche scolastiche di tutti i Paesi membri;
    – il diritto alla mobilità culturale e professionale
    costituirà uno dei diritti fondamentali riconosciuti
    dalla Carta Costituzionale europea in via di stesura;
    – tale diritto deve poter essere pienamente esercitato
    anche dagli insegnati italiani e a tale obiettivo essi devono
    risultare adeguatamente preparati sia in sede di formazione
    iniziale che di formazione continua;
    – esiste una grande difformità di strategie
    operanti a favore della formazione del diritto alla mobilità
    culturale e professionale dei cittadini europei nelle diverse
    dimensioni nazionali, in considerazione delle differenze
    storiche e culturali dei Paesi membri che costituiscono
    patrimonio irrinunciabile dell’Unione Europea;
    – è necessario promuovere e sviluppare, in regime
    di sussidiarietà, l’armonizzazione dei processi concorrenti
    a sviluppare senso e visione della cittadinanza europea,
    unitariamente all’esercizio diffuso del diritto alla mobilità
    culturale e professionale;
    – è imminente l’assunzione da parte del Governo
    italiano della presidenza di turno dell’Unione Europea;

    Impegna il Governo
    ed in particolare il Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca,

    • a concertare con i colleghi dei Paesi membri dell’Unione
    Europea e a promuovere unitariamente iniziative e strategie,
    assistite dalla Commissione europea, che assicurino l’armonizzazione
    progressiva dei curricoli di formazione iniziale degli insegnanti;
    • a promuovere e sviluppare iniziative, anche regolamentari,
    che consentano agli italiani il pieno esercizio del loro
    diritto, in quanto cittadini europei, alla più ampia
    e libera mobilità culturale, professionale e lavorativa
    in seno all’Unione Europea.

    9/3387/42. Galvagno.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 6 del disegno di legge in esame fa salve
    le competenze delle regioni a Statuto speciale;
    – l’articolo 21, comma 20/bis, della legge 15 marzo
    1997, n. 59, ha aggiunto all’esame di Stato da sostenersi
    in Valle d’Aosta un’ulteriore prova scritta di lingua francese;
    – l’attuale articolazione dell’esame di maturità
    in Valle d’Aosta, che penalizza gli studenti valdostani
    rispetto ai loro colleghi del resto d’Italia, è stata
    a più riprese contestata dal mondo della scuola valdostana
    nella sua più completa articolazione (studenti, insegnanti,
    genitori);
    – un sondaggio socio-linguistico, divulgato nel giugno
    scorso dalla "Fondazione E. Chanoux", con il patrocinio
    della Presidenza della regione valdostana, ha attestato
    al di sotto del due per cento la presenza di una comunità
    francofona in Valle d’Aosta;
    – per qualsiasi modifica all’impostazione dell’esame
    di maturità in Valle d’Aosta è necessaria
    una modifica della legislazione statale sopra richiamata;
    – è necessario agire nel rispetto del principio
    della libertà di scelta educativo-culturale, nell’ambito
    della tutela dell’identità nazionale e della specificità
    regionale della Valle d’Aosta, anche al fine di evitare
    penalizzazioni ai maturandi;

    Impegna il Governo

    • a predisporre, d’intesa con la regione Valle d’Aosta,
    le opportune modificazioni legislative a valere dalla maturità
    del prossimo anno scolastico affinché, nel rispetto
    dei princìpi esposti, l’esame di Stato da sostenersi
    in Valle d’Aosta preveda:

    a) in affiancamento alla maturità in lingua italiana,
    articolata secondo omogenei criteri e princìpi nazionali,
    la possibilità di scelta, da parte dello studente,
    di una maturità parallela e alternativa, strutturata
    totalmente o parzialmente in lingua francese;
    b) il conferimento, a seguito di positivo superamento della
    maturità francofona, di un attestato con valore legale
    di piena conoscenza della lingua francese.

    9/3387/43. Palmieri, Garagnani.

    La Camera,

    premesso che:

    – l’articolo 5, comma 1, lettera a), del disegno di
    legge in esame prevede che "la formazione iniziale
    è di pari dignità per tutti i docenti";
    – sia l’attuale funzione docente nella scuola secondaria
    di secondo grado, sia quella futura del ciclo scolastico
    secondario, configurano una condizione totalmente paritaria
    tra tutti i docenti che vi insegnano, sotto il profilo culturale-professionale
    e normativo-operativo, al di là degli attuali inquadramenti;
    – in particolare, la legge 3 maggio 1999, n. 124, all’articolo
    5, comma 1, ha reso totalmente paritaria la condizione giuridica
    e la funzione docente degli insegnanti tecnico-pratici rispetto
    a tutti gli altri docenti, anche quando il loro insegnamento
    si svolge in compresenza, risultando essi in tal caso, ai
    sensi del disposto legislativo citato, del tutto paritariamente
    con titolari delle unitarie materie scolastiche cui sono
    preposti congiuntamente un docente tecnico-pratico ed un
    docente tecnico-teorico, come hanno, peraltro, ulteriormente
    precisato sia la circolare ministeriale n. 28 del 2000,
    sia i decreti ministeriali sugli esami di Stato emanati
    a far data dall’entrata in vigore della legge predetta;
    – la citata legge n. 124 del 1999, all’articolo 8,
    comma 3, ha inoltre disposto che "Il personale di ruolo
    che riveste il profilo professionale di insegnante tecnico-pratico
    o di assistente di cattedra appartenente al VI livello nell’ordinamento
    degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche
    statali, è trasferito alle dipendenze dello Stato
    ed è inquadrato nel ruolo degli insegnanti tecnico-pratici",
    e tali docenti sono oggi totalmente inquadrati tra i docenti
    tecnico-pratici;
    – i docenti di trattamento testi, già docenti
    di Stenografia e Dattilografia, a loro volta, hanno attualmente
    ed hanno sempre avuto totale parità di funzione con
    tutti gli altri docenti degli istituti di istruzione secondaria
    nei quali insegnano;

    Impegna il Governo

    • a statuire, con successivi provvedimenti legislativi,
    l’inquadramento nel Sistema educativo di istruzione e formazione
    di tutti i docenti di Stenodattilografia e Trattamento testi
    e di tutti i docenti tecnico-pratici in servizio alla stessa
    data con incarico a tempo indeterminato.

    9/3387/44. (Testo modificato nel corso della seduta). Ascierto,
    Castellani, Gamba, Angela Napoli.

    La Camera,

    nell’esame del disegno di legge n. 3387 in materia di definizione
    delle norme generali sull’istruzione:

    – rilevato che l’articolo 1 del disegno di legge in
    esame prevede che il Governo sia delegato ad adottare anche
    più decreti legislativi in coerenza però con
    le scelte educative della famiglia e con il principio di
    autonomia delle istituzioni scolastiche;
    – osservato che la legge 10 marzo 2000, n. 62 recante
    "Norme per la parità scolastica e disposizioni
    sul diritto allo studio e all’istruzione", all’articolo
    1, comma 3, sancisce che: "Le scuole paritarie, svolgendo
    un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il
    progetto educativo, richieda di iscriversi", pregiudicando
    in tal modo la facoltà delle scuole private, nell’esercizio
    della loro autonomia, di stabilire nel progetto formativo
    proposto criteri particolari di merito per accedere a tali
    scuole da sempre rinomate come scuole prestigiose e per
    questo scelte dalle famiglie per l’educazione dei propri
    figli;

    Impegna il Governo

    • ad adottare, all’atto dell’emanazione dei decreti
    legislativi delegati, norme volte a garantire l’effettivo
    dispiegarsi dei princìpi di autonomia delle istituzioni
    scolastiche e di cooperazione tra scuola e genitori, come
    richiamati dall’articolo 1, al fine di assicurare alle scuole
    paritarie la possibilità di salvaguardare la propria
    specificità formativa e qualitativa, anche attraverso
    una valutazione dei pregressi meriti scolastici e dei crediti
    formativi degli studenti che chiedono l’iscrizione.

    9/3387/45. Brugger, Zeller, Widman, Detomas, Collè,
    Bressa.

    La Camera,

    premesso:

    – che gli scambi culturali costituiti anche dai soggiorni
    individuali di studio nella scuola secondaria superiore,
    inquadrati nella cosiddetta "mobilità studentesca
    internazionale" disciplinata dalle circolari ministeriali
    17 marzo 1997 n. 181 e 8 ottobre 1999 n. 236, negli scorsi
    anni hanno dato ottima prova, contribuendo in modo assai
    importante alla formazione culturale di molti studenti italiani;
    – che, nell’ambito della complessiva riforma dell’istruzione
    e formazione, appare opportuno non solo mantenere la possibilità
    per gli studenti italiani di partecipare a soggiorni di
    studio all’estero, ma anzi ampliarla e rendere più
    facile l’accesso alla "mobilità studentesca
    internazionale";

    Impegna il Governo

    • ad adeguare tempestivamente le disposizioni contenute
    nelle ricordate circolari alle eventuali diverse evenienze
    derivanti dall’emanazione delle norme delegate di riforma
    del sistema dell’istruzione e della formazione.

    9/3387/46. Strano, Gamba, Airaghi.

    La Camera,

    – esaminato il testo della delega al Governo per la
    definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli
    essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
    formazione professionale;

    Impegna il Governo

    • nell’ambito dell’attuazione del nuovo Sistema di
    istruzione e formazione, ad evitare l’equiparazione dei
    centri di formazione professionale agli istituti professionali
    maggiormente qualificati e qualificanti.

    9/3387/47. Airaghi.

    La Camera,

    – esaminato il testo di "Delega al Governo per
    la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei
    livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione
    e formazione professionale";
    – considerato l’articolo 5, comma 3;

    Impegna il Governo

    1) per i docenti che, sprovvisti dell’abilitazione/idoneità,
    siano in possesso del diploma biennale di specializzazione
    per le attività di sostegno di cui al decreto del
    Ministero della Pubblica Istruzione 24 novembre 1998, pubblicato
    nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999, e al
    decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975,
    n. 970, nonché del diploma di laurea o del diploma
    di Istituto Superiore di educazione fisica (Isef) o di Accademia
    di Belle Arti o di Istituto Superiore per le industrie artistiche
    o di Conservatorio di Musica o Istituto musicale pareggiato,
    e del diploma di maturità quinquennale afferente
    alle classi di concorso area tecnico-professionale, del
    diploma di maturità magistrale, del diploma di scuola
    magistrale ad istituire presso le facoltà di Scienze
    della formazione o altra sede universitaria un corso di
    formazione professionale post-specializzazione della durata
    di 400 ore il cui esame, sostenuto a conclusione del corso,
    abbia valore di esame di Stato e abiliti all’insegnamento,
    rispettivamente, nella scuola secondaria (secondo la classe
    di concorso o ambito disciplinare indicati all’atto dell’iscrizione),
    nella scuola materna o nella scuola elementare; ovvero al
    termine di tale corso i frequentanti debbano sostenere un
    esame di Stato con valore di prova concorsuale ai fini dell’inserimento
    nelle graduatorie permanenti previste dall’articolo 401
    del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297, come sostituito
    dall’articolo 1, comma 6, della legge 3 maggio 1999, n.
    124, entro l’anno scolastico 2003/2004. A questi corsi non
    possono accedere coloro che sono già in possesso
    di un’abilitazione e/o idoneità;
    2) per i docenti che, in possesso del requisito di insegnamento
    per almeno 360 giorni su posti di sostegno e dell’abilitazione/idoneità,
    ma sprovvisti del diploma biennale di specializzazione per
    le attività di sostegno di cui al decreto del Ministero
    della Pubblica Istruzione 24 novembre 1998, pubblicato nella
    Gazzetta Ufficiale n. 131 dal 7 giugno 1999, e al decreto
    del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970,
    ad istituire presso le facoltà di Scienze della formazione
    o altra sede universitaria un apposito corso di specializzazione
    della durata di 400 ore il cui esame, sostenuto a conclusione
    del corso, sia equiparato al diploma biennale di specializzazione
    per le attività di sostegno di cui al decreto del
    Ministero della Pubblica Istruzione 24 novembre 1998, pubblicato
    dalla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999, e al
    decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975,
    n. 970 e, quindi, sia titolo valido per l’insegnamento di
    sostegno;
    3) per i docenti che, in possesso del requisito di insegnamento
    per almeno 360 giorni su posti di sostegno, ma sprovvisti
    dell’abilitazione/idoneità e del diploma biennale
    di specializzazione per le attività di sostegno di
    cui al decreto del Ministero della Pubblica Istruzione 24
    novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131
    del 7 giugno 1999, e al decreto del Presidente della Repubblica
    31 ottobre 1975, n. 970, nonché del diploma di laurea
    o del diploma di Istituto Superiore di educazione fisica
    (Isef) o di Accademia di Belle Arti o di Istituto Superiore
    per le industrie artistiche o di Conservatorio di Musica
    o Istituto musicale pareggiato, e del diploma di maturità
    quinquennale afferente alle classi di concorso area tecnico-professionale,
    del diploma di maturità magistrale, del diploma di
    scuola magistrale ad istituire presso le facoltà
    di Scienze della formazione o altra sede universitaria un
    corso di formazione professionale della durata di 400 ore
    il cui esame, sostenuto a conclusione del corso, abbia valore
    di esame di Stato e abiliti all’insegnamento, rispettivamente,
    nella scuola secondaria (secondo la classe di concorso o
    ambito disciplinare indicati all’atto dell’iscrizione),
    nella scuola materna o nella scuola elementare; ovvero al
    termine di tale corso i frequentanti debbano sostenere un
    esame di Stato con valore di prova concorsuale ai fini dell’inserimento
    nelle graduatorie permanenti previste dall’articolo 401
    del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297, come sostenuto
    dall’articolo 1, comma 6, della legge 3 maggio 1999, n.
    124 entro l’anno scolastico 2003/2004. Nonché ad
    istituire, per coloro che abbiano conseguito l’abilitazione/idoneità
    di cui sopra, presso le facoltà di Scienze della
    formazione o altra sede universitaria un apposito corso
    di specializzazione della durata di 400 ore il cui esame,
    sostenuto a conclusione del corso, sia equiparato al diploma
    biennale di specializzazione per le attività di sostegno
    di cui al decreto del Ministero della Pubblica Istruzione
    24 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
    131 del 7 giugno 1999, e al decreto del Presidente della
    Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970 e, quindi, sia titolo
    valido per l’insegnamento di sostegno. A questi corsi non
    possono accedere coloro che sono già in possesso
    di un’abilitazione e/o idoneità;
    4) per i docenti che in possesso del requisito di insegnamento
    per almeno 360 giorni, ma sprovvisti dell’abilitazione/idoneità
    nonché del diploma di laurea o del diploma di Istituto
    Superiore di educazione fisica (Isef) o di Accademia di
    Belle Arti o di Istituto Superiore per le industrie artistiche
    o di Conservatorio di Musica o Istituto musicale pareggiato,
    e del diploma di maturità quinquennale afferente
    alle classi di concorso area tecnico-professionale, del
    diploma di maturità magistrale, del diploma di scuola
    magistrale ad istituire presso le facoltà di Scienze
    della formazione o altra sede universitaria un corso di
    formazione professionale della durata di 400 ore il cui
    esame, sostenuto a conclusione del corso, abbia valore e
    esame di Stato e abiliti all’insegnamento, rispettivamente,
    nella scuola secondaria (secondo la classe di concorso o
    ambito disciplinare indicati all’atto dell’iscrizione),
    nella scuola materna o nella scuola elementare; ovvero al
    termine di tale corso i frequentanti debbano sostenere un
    esame di Stato con valore di prova concorsuale ai fini dell’inserimento
    nelle graduatorie permanenti previste dall’articolo 401
    del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297, come sostituito
    dall’articolo 1, comma 6, della legge 3 maggio 1999, n.
    124, entro l’anno scolastico 2003/2004.

    9/3387/48. Lisi, Butti, Maggi.

    La Camera,

    premesso che:

    – la dislessia è un disturbo specifico d’apprendimento
    che riguarda la lettura e la scrittura. La difficoltà
    di lettura (lentezza, errori) può essere più
    o meno grave e spesso si accompagna a problemi nella scrittura
    (scambio e inversione di lettere, lentezza, errata direzionalità
    nella scrittura, inesatta legatura dei segni e delle parole,
    errato uso della spazio su foglio) e/o nel calcolo (difficoltà
    nel contare all’indietro, salto nella numerazione, difficoltà
    ad imparare le tabelline, ecc.);
    – essa può verificarsi in ragazzi con normale
    intelligenza, in altre parole senza handicap neurologici
    o sensoriali (uditivi, visivi) e in assenza di situazioni
    di svantaggio sociale;
    – si tratta di un problema piuttosto frequente, che
    in Italia interessa il 4 per cento della popolazione scolastica;
    – i ragazzi dislessici ora non hanno nessuna tutela
    specifica, a differenza di quanto accade in numerosi Paesi
    europei (in particolare in Inghilterra);
    – è necessario trovare riferimenti didattici
    e riferimenti legislativi per fare in modo che i ragazzi
    dislessici possano mettere a frutto la loro normale intelligenza
    e le loro spesso vivaci e creative abilità;
    – è necessario rivedere la didattica e modificarla
    in modo da semplificare il godimento del sapere permettendo
    l’uso di strumenti che facilitino la conquista della conoscenza;
    – l’intelligenza presente nei ragazzi dislessici e
    conseguenti consapevolezze e sensibilità, non consentono,
    o meglio non rendono opportuno, nella maggioranza dei casi,
    l’utilizzo della legge n. 104 del 1992, che permette un
    percorso agevolato, ma richiede una segnalazione di handicap;

    Impegna il Governo

    • a riconoscere l’esistenza nella scuola, di persone
    con disturbi specifici d’apprendimento (Dsa), promuovendo
    azioni finalizzate al raggiungimento del successo formativo
    delle persone con Dsa;
    • a prevedere la formazione degli insegnanti, sulle
    difficoltà specifiche d’apprendimento Dsa.

    9/3387/49. Fratta Pasini, Zanettin, Alberto Giorgetti.

    Ordini del Giorno accolti dal Governo

    (Senato, 6-12 dicembre 2002)
    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    – visto l’articolo 1, comma 3, del disegno di legge,
    che prevede l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri,
    di un piano programmatico di interventi finanziari predisposto
    dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
    Ricerca entro novanta giorni dall’entrata in vigore della
    presente legge per la realizzazione delle finalità
    della legge medesima;
    – tenuto conto che l’articolo 7, comma 6, stabilisce
    che all’attuazione del piano programmatico si provvede mediante
    finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge Finanziaria,
    in coerenza con quanto previsto dal Documento di programmazione
    economico-finanziaria;
    – considerato che il Governo è tenuto a presentare
    alle Camere entro il termine del 30 giugno 2002 il Documento
    di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003/2006;
    – ravvisata la necessità di realizzare sin dall’anno
    2003 interventi finanziari a sostegno dell’istruzione e
    della formazione;

    Impegna il Governo

    • a predisporre il piano programmatico di interventi
    finanziari di cui in premessa anche prima del completamento
    dell’iter parlamentare del disegno di legge n. 1306 e comunque
    nei tempi utili per la previsione, già nella legge
    Finanziaria 2003, delle risorse finanziarie da destinare
    all’avvio dell’attuazione del piano stesso; il piano dovrà
    destinare complessivamente, nel periodo 2003/2007, risorse
    da 7.746 a 10.283 milioni di euro, pari a lire da 15.000
    a 19.910 miliardi, a sostegno:

    a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi
    con la loro attuazione e con lo sviluppo dell’autonomia;
    b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione
    del sistema scolastico;
    c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e dell’alfabetizzazione
    nelle tecnologie informatiche;
    d) della valorizzazione professionale del personale docente;
    e) delle iniziative di formazione iniziale e continua del
    personale;
    f) del rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute
    dai docenti;
    g) della valorizzazione professionale del personale amministrativo,
    tecnico ed ausiliario (Ata);
    h) degli interventi di orientamento contro la dispersione
    scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere
    di istruzione e formazione;
    i) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;
    l) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia
    scolastica;

    • ad indicare conseguentemente nel Documento di programmazione
    economico-finanziaria per gli anni 2003/2006, ai fini di
    quanto sopra, gli obiettivi da conseguire nel settore dell’istruzione
    e della formazione, in coerenza con le aree di intervento
    predette.

    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    premesso:

    – che la riforma delle norme generali dell’istruzione
    prevede che il Sistema educativo si articola nei seguenti
    gradi di scuola: scuola dell’infanzia; scuola primaria e
    scuola secondaria di primo e di secondo grado;
    – che l’articolo 2 del disegno di legge n. 1306, al
    comma 1, lettera g), prevede che l’attività didattica
    della scuola secondaria di primo grado si articola in un
    primo biennio seguito da un anno che prioritariamente completa
    il percorso disciplinare, e quella della scuola secondaria
    di secondo grado in due periodi biennali e in un quinto
    anno che prioritariamente completa il percorso disciplinare;
    – che il medesimo disegno di legge prevede, inoltre,
    all’articolo 3 l’emanazione di norme generali sulla valutazione
    del Sistema educativo di istruzione e di formazione e degli
    apprendimenti degli allievi, contemplando, tra i criteri
    e princìpi direttivi, quello delle valutazioni biennali
    dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo;
    – che quanto previsto costituisce, senza dubbio, un
    importante passo avanti rispetto al Sistema dei debiti infiniti
    previsti dalla normativa vigente voluta dal Governo di centrosinistra,
    Sistema che non garantisce una seria valutazione;
    – che le valutazioni biennali, nell’ottica del proponente,
    sono state concepite per responsabilizzare gli studenti;

    Impegna il Governo

    • a valutare, entro tre anni dall’entrata in vigore
    della legge di riforma dell’istruzione, gli effetti concreti
    dell’innovazione ivi prospettata e, in particolare, se tale
    finalità di responsabilizzazione dello studente si
    sia nei fatti verificata; in caso negativo, a prevedere
    valutazioni annuali ai fini del passaggio al periodo didattico
    successivo.

    Il Senato,

    premesso che:

    – la conoscenza della Costituzione e dei suoi princìpi,
    delle istituzioni e del loro funzionamento, dell’attività
    della Magistratura e delle Forze dell’ordine nonché
    della legislazione di riferimento, dell’attività
    di promozione e diffusione della cultura della legalità
    deve ritenersi indispensabile per il percorso formativo
    e didattico del cittadino italiano;
    – instillare la cultura della legalità, la conoscenza
    delle regole che presiedono alla convivenza ed il loro rispetto
    costituisce uno dei modi più efficaci per lottare
    la criminalità organizzata, ancor più se di
    stampo mafioso, giacché consente di combattere l’incultura
    della violenza, della prevaricazione e della sottoposizione
    al Sistema di controllo socio-economico propri della mafia
    e delle organizzazioni similari;
    – l’acquisizione delle conoscenze menzionate nella
    pregressa narrativa avvicina il giovane cittadino alla "res
    publica" ed alla sua gestione, facendogliela sentire
    come parte del proprio patrimonio e rendendolo compartecipe
    ad essa, al fine di evitare una sensazione di distacco ed
    estraneità prodromica all’accostamento all’incultura
    mafiosa e, comunque, alla violazione delle regole;
    – le manifestazioni sulla legalità e l’attività
    svolta in istituti scolastici o da associazioni di volontariato
    non possono rimanere momenti isolati del percorso didattico
    e formativo ma devono essere parte integrante e costante;
    – la violenta reazione registrata in numerose occasioni
    avverso l’attività anzi accennata e coloro che ne
    sono gli animatori da parte della criminalità dimostra
    la loro efficacia e la loro utilità;

    Impegna il Governo

    • a prevedere nelle indicazioni per la formulazione
    dei piani di studio, all’interno dell’Educazione alla convivenza
    civile, il percorso formativo e didattico illustrato in
    premessa.

    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    premesso che:

    – l’articolo 5, recante norme in materia di formazione
    degli insegnanti, prevede che i decreti legislativi dettino
    la disciplina della formazione dei docenti della scuola
    dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo;
    – tale formazione dovrà realizzarsi nelle Università
    presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è
    programmato in base ai posti effettivamente disponibili
    in ogni regione e nei ruoli organici;
    – vi sono proposte di vario genere miranti all’istituzione
    di una laurea specialistica didattico-pedagogica quale unico
    titolo per accedere all’insegnamento;
    – appare necessario, invece, che i corsi di laurea
    specialistica in funzione dell’insegnamento siano principalmente
    di approfondimento disciplinare, posto che altrimenti la
    preparazione nella relativa disciplina si limiterebbe a
    soli tre anni indebolendola rispetto al vecchio ordinamento;

    Impegna il Governo

    • a mantenere la formazione degli insegnanti della
    scuola secondaria inferiore e superiore nell’ambito delle
    lauree specialistiche di riferimento per le rispettive discipline
    (in Storia per i futuri insegnanti di storia, in Filosofia
    per i futuri insegnanti di filosofia, e così via);
    • a non attivare alcun tipo di laurea specialistica
    a carattere didattico-pedagogico quale percorso comune di
    formazione degli insegnanti.

    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    – premesso che l’articolo 5, comma 1, lettera a),
    prevede che la formazione iniziale degli insegnanti sia
    di pari dignità e durata per tutti i docenti;
    – accertato che attualmente solo una piccola parte
    dei docenti della scuola dell’infanzia è in possesso
    di laurea;
    – constatato che le competenze oggi richieste per operare
    nella scuola dell’infanzia non possono essere fornite in
    modo esauriente dalle scuole secondarie di secondo grado
    ad indirizzo pedagogico;
    – accertato che nella scuola vi è una diffusa
    tendenza fra i docenti a trasferirsi, nel corso della carriera,
    a cicli e gradi superiori, se in possesso dei titoli necessari;
    – previsto che la disposizione contenuta nell’articolo
    5, comma 1, lettera a), determinerebbe per molti anni nella
    scuola dell’infanzia la compresenza di docenti in possesso
    di titoli di studio qualitativamente molto diversi;

    Impegna il Governo

    • ad adeguare in modo progressivo la durata della
    formazione iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia;
    • ad istituire, nel contempo, corsi di aggiornamento
    presso le Università per docenti in possesso di diplomi
    di scuola secondaria di secondo grado di durata triennale,
    quadriennale, quinquennale.

    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    Impegna il Governo

    • a prevedere che la programmazione e la realizzazione
    dei corsi di laurea specialistica finalizzati anche alla
    formazione degli insegnanti, di cui all’articolo 5, comma
    1, lettera b), avvengano previa apposita convenzione tra
    le singole Università e uno o più istituti
    scolastici autonomi finalizzata a garantire la presenza
    di docenti dei medesimi istituti.

    Il Senato,

    Impegna il Governo

    • a consentire che i docenti, i quali abbiano conseguito
    la laurea specialistica (di cui alla lettera a, dell’articolo
    5), debitamente formati, possano svolgere anche attività
    di tutoraggio e supporto didattico nei corsi di laurea specialistici
    abilitanti per l’insegnamento, previa convenzione apposita
    tra scuole ed Atenei.

    Il Senato,

    in sede di esame del disegno di legge n. 1306, concernente
    delega al Governo per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di formazione professionale;

    – visto l’articolo 6 riguardante le regioni a Statuto
    speciale;
    – considerato che, in base agli articoli 38, 39 e 40
    dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta – Legge costituzionale
    26 febbraio 1948, n. 4:

    – nelle scuole della regione Valle d’Aosta all’insegnamento
    della lingua francese vengono attribuite tante ore quante
    quelle dedicate all’insegnamento della lingua italiana;
    – la lingua francese fa parte integrante dell’intero curricolo
    scolastico;

    – considerato che l’articolo 21, comma 20/bis, della
    legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento
    di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la
    riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
    amministrativa), confermato in sede di votazione di questo
    disegno di legge, ha introdotto in aggiunta alle altre prove
    scritte dell’esame di Stato, previste dalla legge 10 dicembre
    1997, n. 425, una "quarta prova scritta di lingua francese";
    – preso atto, pertanto, che l’esame di Stato svolto
    e superato in Valle d’Aosta certifica anche la conoscenza
    della lingua francese;
    – ritenuto opportuno valorizzare in ambito nazionale
    ed europeo tali competenze linguistiche;

    Impegna il Governo

    • a prendere le opportune iniziative perché
    il titolo di studio rilasciato in Valle d’Aosta, a conclusione
    deI superamento dell’esame di Stato comprensivo della quarta
    prova di lingua francese, venga riconosciuto come attestato
    della conoscenza della lingua francese su tutto il territorio
    nazionale e, in prospettiva, anche a livello europeo.

  • Testo approvato dal Senato il 12 marzo 2003

    disegno
    di legge n. 1306-b del 12 marzo 2003
    testo approvato in via definitiva
    dal senato della repubblica il 12/3/2003

    art. 1 – delega in materia di norme generali sull’istruzione
    e di livelli essenziali delle prestazioni in materia di
    istruzione e di formazione professionale
    1. al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della
    persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva,
    delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle
    scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione
    tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia
    delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi
    sanciti dalla costituzione, il governo è delegato
    ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata
    in vigore della presente legge, nel rispetto delle competenze
    costituzionali delle regioni, e di comuni e province, in
    relazione alle competenze conferite ai diversi soggetti
    istituzionali, e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche,
    uno o più decreti legislativi per la definizione
    delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali
    delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione
    e formazione professionale.
    2. fatto salvo quanto specificamente previsto dall’articolo
    4, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati
    su proposta del ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca, di concerto con il ministro dell’economia
    e delle finanze, con il ministro per la funzione pubblica
    e con il ministro del lavoro e delle politiche sociali,
    sentita la conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
    decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere
    delle competenti commissioni della camera dei deputati e
    del senato della repubblica da rendere entro sessanta giorni
    dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso
    tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque
    adottati. i decreti legislativi in materia di istruzione
    e formazione professionale sono adottati previa intesa con
    la conferenza unificata di cui al citato decreto legislativo
    n. 281 del 1997.
    3. per la realizzazione delle finalità della presente
    legge, il ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca predispone, entro novanta giorni dalla data
    di entrata in vigore della legge medesima, un piano programmatico
    di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione
    del consiglio dei ministri, previa intesa con la conferenza
    unificata di cui al citato decreto legislativo n. 281 del
    1997, a sostegno:

    a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi
    con la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione
    dell’autonomia delle istituzioni scolastiche;
    b) dell’istituzione del servizio nazionale di valutazione
    del sistema scolastico;
    c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e dell’alfabetizzazione
    nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio
    di pluralismo delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione
    tecnologica, al fine di incoraggiare e sviluppare le doti
    creative e collaborative degli studenti;
    d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze
    ludico-sportive degli studenti;
    e) della valorizzazione professionale del personale docente;
    f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del
    personale;
    g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento
    sostenute dai docenti;
    h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo,
    tecnico ed ausiliario (ata);
    i) degli interventi di orientamento contro la dispersione
    scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere
    di istruzione e formazione;
    l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;
    m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia
    scolastica.

    4. ulteriori disposizioni, correttive e integrative dei
    decreti legislativi di cui al presente articolo e all’articolo
    4, possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi
    criteri e princìpi direttivi e con le stesse procedure,
    entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore.

    art. 2 – sistema educativo di istruzione e di formazione
    1. i decreti di cui all’articolo 1 definiscono il sistema
    educativo di istruzione e di formazione, con l’osservanza
    dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

    a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della
    vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di
    raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le
    capacità e le competenze, attraverso conoscenze e
    abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini
    e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita
    sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle
    dimensioni locali, nazionale ed europea;
    b) sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale
    e morale, anche ispirata ai princìpi della costituzione,
    e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza
    alla comunità locale, alla comunità nazionale
    ed alla civiltà europea;
    c) è assicurato a tutti il diritto all’istruzione
    e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino
    al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo
    anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza
    nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione
    professionale, secondo livelli essenziali di prestazione
    definiti su base nazionale a norma dell’articolo 117, secondo
    comma, lettera m), della costituzione e mediante regolamenti
    emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
    23 agosto 1988, n. 400 e garantendo, attraverso adeguati
    interventi, l’integrazione delle persone in situazione di
    handicap a norma della legge 5 febbraio 1992, n. 104. la
    fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce
    un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti
    di diritto all’istruzione e formazione e di correlativo
    dovere viene ridefinito ed ampliato l’obbligo scolastico
    di cui all’articolo 34 della costituzione, nonché
    l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge
    17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. l’attuazione
    graduale del diritto-dovere predetto è rimessa ai
    decreti legislativi di cui all’articolo 1, commi 1 e 2,
    della presente legge correlativamente agli interventi finanziari
    previsti a tale fine dal piano programmatico di cui all’articolo
    1, comma 3, adottato previa intesa con la conferenza unificata
    di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
    1997, n. 281, e coerentemente con i finanziamenti disposti
    a norma dell’articolo 7, comma 6, della presente legge;
    d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si
    articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che
    comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo
    grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei
    licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
    e) la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre
    all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio,
    cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei
    bambini promuovendone le potenzialità di relazione,
    autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare
    un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative;
    nel rispetto della primaria responsabilità educativa
    dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale
    delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà
    didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa
    con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola
    primaria. e’ assicurata la generalizzazione dell’offerta
    formativa e la possibilità di frequenza della scuola
    dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono essere
    iscritti secondo criteri di gradualità e in forma
    di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i
    3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico
    di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove
    professionalità e modalità organizzative;
    f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla
    scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola
    secondaria di primo grado della durata di tre anni. ferma
    restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola
    primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento
    delle strumentalità di base, e in due periodi didattici
    biennali; la scuola secondaria di primo grado si articola
    in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente
    il percorso disciplinare ed assicura l’orientamento ed il
    raccordo con il secondo ciclo; nel primo ciclo è
    assicurato, altresì, il raccordo con la scuola dell’infanzia
    e con il secondo ciclo; è previsto che alla scuola
    primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono
    i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi
    anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30
    aprile dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria
    promuove, nel rispetto delle diversità individuali,
    lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far
    acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità
    di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di
    fare apprendere i mezzi espressivi, ivi inclusa l’alfabetizzazione
    in almeno una lingua dell’unione europea oltre alla lingua
    italiana, di porre le basi per l’utilizzazione di metodologie
    scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni
    e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali
    e di orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai
    princìpi fondamentali della convivenza civile; la
    scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline
    di studio, è finalizzata alla crescita delle capacità
    autonome di studio ed al rafforzamento delle attitudini
    all’interazione sociale; organizza ed accresce, anche attraverso
    l’alfabetizzazione e l’approfondimento nelle tecnologie
    informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in
    relazione alla tradizione culturale e all’evoluzione sociale,
    culturale e scientifica della realtà contemporanea;
    è caratterizzata dalla diversificazione didattica
    e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità
    dell’allievo; cura la dimensione sistematica delle discipline;
    sviluppa progressivamente le competenze e le capacità
    di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni degli
    allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle
    attività di istruzione e di formazione; introduce
    lo studio di una seconda lingua dell’unione europea; aiuta
    ad orientarsi per la successiva scelta di istruzione e formazione;
    il primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di
    stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso
    al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della
    formazione professionale;
    g) il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa,
    culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere,
    il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi,
    è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità
    di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale
    e sociale; in tale ambito, viene anche curato lo sviluppo
    delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie;
    il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei
    e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
    dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi
    e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro
    o attraverso l’apprendistato; il sistema dei licei comprende
    i licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale
    e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane;
    i licei artistico, economico e tecnologico si articolano
    in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi;
    i licei hanno durata quinquennale; l’attività didattica
    si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno
    che prioritariamente completa il percorso disciplinare e
    prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze
    e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo,
    culturale e professionale del corso di studi; i licei si
    concludono con un esame di stato il cui superamento rappresenta
    titolo necessario per l’accesso all’università e
    all’alta formazione artistica, musicale e coreutica; l’ammissione
    al quinto anno dà accesso all’istruzione e formazione
    tecnica superiore;
    h) ferma restando la competenza regionale in materia di
    formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale realizzano
    profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono
    titoli e qualifiche professionali di differente livello,
    valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti
    ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera
    c); le modalità di accertamento di tale rispondenza,
    anche ai fini della spendibilità dei predetti titoli
    e qualifiche nell’unione europea, sono definite con il regolamento
    di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c); i titoli e le
    qualifiche costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione
    e formazione tecnica superiore, fatto salvo quanto previsto
    dall’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144; i titoli
    e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale di durata
    almeno quadriennale consentono di sostenere l’esame di stato,
    utile anche ai fini degli accessi all’università
    e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa
    frequenza di apposito corso annuale, realizzato d’intesa
    con le università e con l’alta formazione artistica,
    musicale e coreutica, e ferma restando la possibilità
    di sostenere, come privatista, l’esame di stato anche senza
    tale frequenza;
    i) è assicurata e assistita la possibilità
    di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei,
    nonché di passare dal sistema dei licei al sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa,
    mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione
    di una preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza
    positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta
    l’acquisizione di crediti certificati che possono essere
    fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente
    interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle
    lettere g) e h); nel secondo ciclo, esercitazioni pratiche,
    esperienze formative e stage realizzati in italia o all’estero
    anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali,
    sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono riconosciuti
    con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle
    istituzioni scolastiche e formative; i licei e le istituzioni
    formative del sistema dell’istruzione e della formazione
    professionale, d’intesa rispettivamente con le università,
    con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale
    e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo
    anno del percorso di studi, specifiche modalità per
    l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità
    richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari,
    dell’alta formazione, ed ai percorsi dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore;
    l) i piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia
    delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale,
    omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le
    tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una
    quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di
    interesse specifico delle stesse, anche collegata con le
    realtà locali.

    art. 3 – valutazione degli apprendimenti e della qualità
    del sistema educativo di istruzione e di formazione
    1. con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate le norme
    generali sulla valutazione del sistema educativo di istruzione
    e di formazione e degli apprendimenti degli studenti, con
    l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

    a) la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti
    e del comportamento degli studenti del sistema educativo
    di istruzione e di formazione, e la certificazione delle
    competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti delle
    istituzioni di istruzione e formazione frequentate; agli
    stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi
    didattici ai fini del passaggio al periodo successivo; il
    miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa
    valutazione, nonché la continuità didattica,
    sono assicurati anche attraverso una congrua permanenza
    dei docenti nella sede di titolarità;
    b) ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione
    della qualità del sistema di istruzione e di formazione,
    l’istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione
    effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze
    e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva
    dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative;
    in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le
    funzioni e la struttura del predetto istituto;
    c) l’esame di stato conclusivo dei cicli di istruzione considera
    e valuta le competenze acquisite dagli studenti nel corso
    e al termine del ciclo e si svolge su prove organizzate
    dalle commissioni d’esame e su prove predisposte e gestite
    dall’istituto nazionale per la valutazione del sistema di
    istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento
    del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento
    dell’ultimo anno.

    art. 4 – alternanza scuola-lavoro
    1. fermo restando quanto previsto dall’articolo 18 della
    legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di assicurare agli
    studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età
    la possibilità di realizzare i corsi del secondo
    ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità
    di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata
    e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione
    con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza
    e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
    che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base,
    l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del
    lavoro, il governo è delegato ad adottare, entro
    il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in
    vigore della presente legge e ai sensi dell’articolo 1,
    commi 2 e 3, della legge stessa, un apposito decreto legislativo
    su proposta del ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca, di concerto con il ministro del lavoro
    e delle politiche sociali e con il ministro delle attività
    produttive, d’intesa con la conferenza unificata di cui
    all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
    281, sentite le associazioni maggiormente rappresentative
    dei datori di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi
    e criteri direttivi:

    a) svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso
    l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la
    responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa,
    sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive
    associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio,
    industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici
    e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili
    ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che
    non costituiscono rapporto individuale di lavoro; le istituzioni
    scolastiche, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro,
    possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e formazione
    professionale ed assicurare, a domanda degli interessati
    e d’intesa con le regioni, la frequenza negli istituti di
    istruzione e formazione professionale di corsi integrati
    che prevedano piani di studio progettati d’intesa fra i
    due sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati
    con il concorso degli operatori di ambedue i sistemi;
    b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione
    delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione
    dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per
    le imprese, la valorizzazione delle imprese come luogo formativo
    e l’assistenza tutoriale;
    c) indicare le modalità di certificazione dell’esito
    positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi
    acquisiti dallo studente.

    2. i compiti svolti dal docente incaricato dei rapporti
    con le imprese e del monitoraggio degli allievi che si avvalgono
    dell’alternanza scuola-lavoro sono riconosciuti nel quadro
    della valorizzazione della professionalità del personale
    docente.

    art. 5 – formazione degli insegnanti
    1. con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme
    sulla formazione iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia,
    del primo ciclo e del secondo ciclo, nel rispetto dei seguenti
    princìpi e criteri direttivi:

    a) la formazione iniziale è di pari dignità
    per tutti i docenti e si svolge nelle università
    presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è
    programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge
    2 agosto 1999, n. 264, e successive modificazioni. la programmazione
    degli accessi ai corsi stessi è determinata ai sensi
    dell’articolo 3 della medesima legge, sulla base della previsione
    dei posti effettivamente disponibili, per ogni ambito regionale,
    nelle istituzioni scolastiche;
    b) con uno o più decreti, adottati ai sensi dell’articolo
    17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche
    in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 10, comma
    2, e all’articolo 6, comma 4, del regolamento di cui al
    decreto del ministro dell’università e della ricerca
    scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sono
    individuate le classi dei corsi di laurea specialistica,
    anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati
    anche alla formazione degli insegnanti di cui alla lettera
    a) del presente comma. per la formazione degli insegnanti
    della scuola secondaria di primo grado e del secondo ciclo
    le classi predette sono individuate con riferimento all’insegnamento
    delle discipline impartito in tali gradi di istruzione e
    con preminenti finalità di approfondimento disciplinare.
    i decreti stessi disciplinano le attività didattiche
    attinenti l’integrazione scolastica degli alunni in condizione
    di handicap; la formazione iniziale dei docenti può
    prevedere stage all’estero;
    c) l’accesso ai corsi di laurea specialistica per la formazione
    degli insegnanti è subordinato al possesso dei requisiti
    minimi curricolari, individuati per ciascuna classe di abilitazione
    nel decreto di cui alla lettera b) e all’adeguatezza della
    personale preparazione dei candidati, verificata dagli atenei;
    d) l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica
    di cui alla lettera a) ha valore abilitante per uno o più
    insegnamenti individuati con decreto del ministro dell’istruzione,
    dell’università e della ricerca;
    e) coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di
    cui alla lettera a), ai fini dell’accesso nei ruoli organici
    del personale docente delle istituzioni scolastiche, svolgono,
    previa stipula di appositi contratti di formazione lavoro,
    specifiche attività di tirocinio. a tale fine e per
    la gestione dei corsi di cui alla lettera a), le università,
    sentita la direzione scolastica regionale, definiscono nei
    regolamenti didattici di ateneo l’istituzione e l’organizzazione
    di apposite strutture di ateneo o d’interateneo per la formazione
    degli insegnanti, cui sono affidati, sulla base di convenzioni,
    anche i rapporti con le istituzioni scolastiche;
    f) le strutture didattiche di ateneo o d’interateneo di
    cui alla lettera e) promuovono e governano i centri di eccellenza
    per la formazione permanente degli insegnanti, definiti
    con apposito decreto del ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca;
    g) le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione
    in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni
    di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività
    educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche
    e formative.

    2. con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme
    anche sulla formazione iniziale svolta negli istituti di
    alta formazione e specializzazione artistica, musicale e
    coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, relativamente
    agli insegnamenti cui danno accesso i relativi diplomi accademici.
    ai predetti fini si applicano, con i necessari adattamenti,
    i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1
    del presente articolo.
    3. per coloro che, sprovvisti dell’abilitazione all’insegnamento
    secondario, sono in possesso del diploma biennale di specializzazione
    per le attività di sostegno di cui al decreto del
    ministro della pubblica istruzione 24 novembre 1998, pubblicato
    nella gazzetta ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999, e al
    decreto del presidente della repubblica 31 ottobre 1975,
    n. 970, nonché del diploma di laurea o del diploma
    di istituto superiore di educazione fisica (isef) o di accademia
    di belle arti o di istituto superiore per le industrie artistiche
    o di conservatorio di musica o istituto musicale pareggiato,
    e che abbiano superato le prove di accesso alle scuole di
    specializzazione all’insegnamento secondario, le scuole
    medesime valutano il percorso didattico teorico-pratico
    e gli esami sostenuti per il conseguimento del predetto
    diploma di specializzazione ai fini del riconoscimento dei
    relativi crediti didattici, anche per consentire loro un’abbreviazione
    del percorso degli studi della scuola di specializzazione
    previa iscrizione in sovrannumero al secondo anno di corso
    della scuola. i corsi di laurea in scienze della formazione
    primaria di cui all’articolo 3, comma 2, della legge 19
    novembre 1990, n. 341, valutano il percorso didattico teorico-pratico
    e gli esami sostenuti per il conseguimento del diploma biennale
    di specializzazione per le attività di sostegno ai
    fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici e
    dell’iscrizione in soprannumero al relativo anno di corso
    stabilito dalle autorità accademiche, per coloro
    che, in possesso di tale titolo di specializzazione e del
    diploma di scuola secondaria superiore, abbiano superato
    le relative prove di accesso. l’esame di laurea sostenuto
    a conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria
    istituiti a norma dell’articolo 3, comma 2, della legge
    19 novembre 1990, n. 341, comprensivo della valutazione
    delle attività di tirocinio previste dal relativo
    percorso formativo, ha valore di esame di stato e abilita
    all’insegnamento, rispettivamente, nella scuola materna
    o dell’infanzia e nella scuola elementare o primaria. esso
    consente, altresì, l’inserimento nelle graduatorie
    permanenti previste dall’articolo 401 del testo unico di
    cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive
    modificazioni. al fine di tale inserimento, la tabella di
    valutazione dei titoli è integrata con la previsione
    di un apposito punteggio da attribuire al voto di laurea
    conseguito. all’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre
    1990, n. 341, le parole: "i concorsi hanno funzione
    abilitante." sono soppresse.

    art. 6 – regioni a statuto speciale e province autonome
    di trento e di bolzano
    1. sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto
    speciale e delle province autonome di trento e di bolzano,
    in conformità ai rispettivi statuti e relative norme
    di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18
    ottobre 2001, n. 3.

    art. 7 – disposizioni finali e attuative
    1. mediante uno o più regolamenti da adottare a norma
    dell’articolo 117, sesto comma, della costituzione e dell’articolo
    17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite
    le commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia
    delle istituzioni scolastiche, si provvede:

    a) all’individuazione del nucleo essenziale dei piani di
    studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli
    obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e
    alle attività costituenti la quota nazionale dei
    piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità
    interni nell’organizzazione delle discipline;
    b) alla determinazione delle modalità di valutazione
    dei crediti scolastici;
    c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti
    per la spendibilità nazionale dei titoli professionali
    conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché
    per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.

    2. le norme regolamentari di cui al comma 1, lettera c),
    sono definite previa intesa con la conferenza permanente
    per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome
    di trento e di bolzano, di cui al decreto legislativo 28
    agosto 1997, n. 281.
    3. il ministro dell’istruzione, dell’università e
    della ricerca presenta ogni tre anni al parlamento una relazione
    sul sistema educativo di istruzione e di formazione professionale.
    4. per gli anni scolastici 2003/2004, 2004/2005 e 2005/2006
    possono iscriversi, secondo criteri di gradualità
    e in forma di sperimentazione, compatibilmente con la disponibilità
    dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni, secondo
    gli obblighi conferiti dall’ordinamento e nel rispetto dei
    limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità,
    al primo anno della scuola dell’infanzia i bambini e le
    bambine che compiono i tre anni di età entro il 28
    febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente anticipate,
    fino alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma
    1, lettera e). per l’anno scolastico 2003/2004 possono iscriversi
    al primo anno della scuola primaria, nei limiti delle risorse
    finanziarie di cui al comma 5, i bambini e le bambine che
    compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004.
    5. agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2,
    comma 1, lettera f), e dal comma 4 del presente articolo,
    limitatamente alla scuola dell’infanzia statale e alla scuola
    primaria statale, determinati nella misura massima di 12.731migliaia
    di euro per l’anno 2003, 45.829migliaia di euro per l’anno
    2004 e 66.198migliaia di euro a decorrere dall’anno 2005,
    si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
    iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003/2005, nell’ambito
    dell’unità previsionale di base di parte corrente
    "fondo speciale" dello stato di previsione del
    ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003,
    allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
    al ministero dell’istruzione, dell’università e della
    ricerca. il ministro dell’istruzione, dell’università
    e della ricerca provvede a modulare le anticipazioni, anche
    fino alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma
    1, lettera f), garantendo, comunque, il rispetto del predetto
    limite di spesa.
    6. all’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo
    1, comma 3, si provvede, compatibilmente con i vincoli di
    finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente
    nella legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto
    dal documento di programmazione economico-finanziaria.
    7. ciascuno dei decreti legislativi di cui agli articoli
    1 e 4 deve essere corredato da relazione tecnica ai sensi
    dell’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978,
    n. 468 e successive modificazioni.
    8. i decreti legislativi di cui al precedente comma 7 la
    cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza
    pubblica sono emanati solo successivamente all’entrata in
    vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti
    risorse finanziarie.
    9. il parere di cui all’articolo 1, comma 2, primo periodo,
    è espresso dalle commissioni parlamentari competenti
    per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.
    10. la legge 10 febbraio 2000, n. 30, è abrogata.
    11. la legge 20 gennaio 1999, n. 9, è abrogata.

    allegato
    a

  • Il Gazzettino (8 marzo 2003)

     

    IL GAZZETTINO

     

    Sabato, 8 Marzo 2003

     
    VENEZIA I docenti
    di religione chiedono anche l’equiparazione giuridica
     

    “Non siamo
    riconosciuti”

     

    I 22 mila insegnanti
    ritengono di essere lontani da un assetto normativo

    Equiparati come stipendio, non come stato
    giuridico che li integri nel mondo scolastico quali docenti
    di ruolo. Gli insegnanti di religione (22 mila in Italia)
    sono convenuti ieri a congresso a Venezia, nella scuola
    San Giovanni Evangelista; un incontro promosso dalla loro
    associazione nazionale (Adr) e dal sindacato di categoria
    Snadir. Si ancora lontani, infatti, dal riconoscimento
    agli insegnanti di religione di un assetto normativo,
    presente sia nella riforma Berlinguer, che in quella recente
    Moratti, pur previsto dalla revisione del Concordato del
    1985, a firma Bettino Craxi e Mons. Agostino Casaroli.
    Da 18 anni, quindi , questi docenti attendono che si dissolva
    il vecchio dileggio “mandati dalla Chiesa, pagati dallo
    Stato”, perch – rivendicano gli insegnanti – la scuola
    pretende da noi gli stessi doveri dei colleghi, non i
    medesimi diritti. Sinora, infatti, gli insegnati venivano
    segnalati ai Provveditorati dall’ufficio Scuola delle
    Curie. Una sorta di “chiamata” – stato detto – poco
    idonea alla preparazione, al ruolo, all’identit professionale
    dei docenti di religione . Licenziato favorevolmente dalla
    Camera, il disegno di legge ora giace in Senato. “Mi auguro
    divenga presto legge dello Stato – ha detto Cesare Campa,
    componente dell’XI commissione Lavoro – forse a giugno
    ci arriveremo. Per troppo tempo gli insegnanti di religione
    hanno vissuto una situazione di precariato, a fronte di
    una cultura italiana che garantisce questa disciplina
    e la pone al pari delle altre”. “Quello rivendicato da
    Adr e Snadir un diritto legittimo – ha affermato Luigino
    Busatto, presidente della Provincia di Venezia – cos
    come l’insegnamento della religione diviene una formativa
    ricerca di sensi e di significati; il cammino dell’uomo
    verso la sua dignit e libert”. “L’ignoranza religiosa
    – ha aggiunto don Giosu Tosoni – non una mancata conoscenza,
    ma il rinunciare ad aprirsi alle prospettive. In Italia,
    l’insegnamento della religione da facoltativo, cio eventualmente
    sostituito da altre attivit, ora divenuto opzionale,
    con ragazzi che vagano per i corridoi”. In Germania,
    obbligatorio l’insegnamento di una scienza etica, mentre
    anche la Francia, Paese laicista per antonomasia, si sta
    adeguando all’Europa con la proposta di inserimento di
    una materia relativa allo studio dei fatti religiosi.
    “Decodificare duemila anni di storia cristiana in Italia
    – ha concluso Pasquale Troia, direttore del centro studi
    Snadir – materia fondamentale; cos come la religione
    cattolica basilare con i suoi valori e principi immortali:
    punto di riferimento per il futuro nebuloso dei giovani”.
    Il disegno di legge prevede per gli insegnati di religione
    una prova concorsuale per titoli ed esami e la stipula
    di contratti a tempo indeterminato per il 70\% degli idonei.

    Tullio Cardona

  • Circolare Inps del 17 gennaio 2003 n.8. Precisazioni sul testo unico maternità

    Prestazioni economiche di maternità di cui al D. Lgs. n. 151 del 26/03/2001 (T. U. sulla maternità). Chiarimenti.


     



    Direzione Centrale
    Prestazioni a Sostegno del Reddito


    Ai Dirigenti centrali e periferici
    Ai Direttori delle Agenzie
    AiCoordinatori generali, centrali e
    periferici dei Rami professionali
    Al Coordinatore generale Medico legale e
    Dirigenti Medici


    Roma, 17 Gennaio 2003
    Circolare n. 8


    e, per conoscenza,
    Al Commissario Straordinario
    Al Vice Commissario Straordinario
    Al Presidente e ai Membri del Consiglio
    di Indirizzo e Vigilanza
    Al Presidente e ai Membri del Collegio dei Sindaci
    Al Magistrato della Corte dei Conti delegato
    all’esercizio del controllo
    Ai Presidenti dei Comitati amministratori
    di fondi, gestioni e casse
    Al Presidente della Commissione centrale
    per l’accertamento e la riscossione
    dei contributi agricoli unificati
    Ai Presidenti dei Comitati regionali
    Ai Presidenti dei Comitati provinciali




    Allegati 1
    OGGETTO:
    Prestazioni economiche di maternità di cui al D. Lgs. n. 151 del 26/03/2001 (T. U. sulla maternità). Chiarimenti.


















    SOMMARIO:


    1. La situazione di “genitore solo” è riscontrabile anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore.


    2. Il padre non ha diritto ai riposi giornalieri (c.d. per allattamento) se la madre non è lavoratrice.


    3. Distinzione tra “affidamento” e “inserimento” dei minori ai fini delle prestazioni economiche di maternità e di paternità.


    4. La domanda di flessibilità è accoglibile anche se presentata oltre il 7° mese di gravidanza, purché le previste attestazioni del medico specialista siano state acquisite dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza.


    5. La malattia insorta durante il congedo parentale o dopo la fine dello stesso è indennizzabile secondo le regole ordinarie. La malattia insorta durante il congedo di maternità non è indennizzabile. I periodi di malattia che si verifichino durante il congedo parentale vanno considerati neutri ai fini del complessivo periodo di congedo parentale spettante.


    6. Carattere ordinatorio del termine di 30 giorni previsto per la presentazione del certificato di nascita o dichiarazione sostitutiva.


    7. L’indennità per congedo parentale è erogabile, in caso di adozione e affidamento, entro 3 anni dall’ingresso in famiglia del minore.


    8. La norma secondo cui, in caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto a fruire del congedo parentale, per ogni nato, è applicabile anche in caso di adozioni/affidamenti plurimi.


    9. Non è richiesta la verifica della convalida delle dimissioni volontarie, ai fini della corresponsione dell’ indennità di maternità/paternità.


    10. Il congedo di paternità con indennità all’80 % spetta anche quando la madre, nelle ipotesi di cui all’art. 28 del T.U., non sia (o non sia stata) una lavoratrice.


    11. Retribuzione di riferimento ai fini della determinazione dell’indennità per congedi parentali.


    12. Il licenziamento per giusta causa intervenuto durante il congedo per maternità non esclude l’indennizzabilità del congedo stesso.


    13. Requisito dei 26 contributi settimanali in mancanza di assicurazione contro la disoccupazione.






    Con la circ. n. 109 del 6.6.2000 sono state date disposizioni attuative della legge n. 53 del 8 marzo 2000 in materia di maternità, con particolare riguardo alla astensione facoltativa, ai riposi orari, e alla astensione obbligatoria (flessibilità, parto prematuro, astensione del padre con indennità all’80%). Com’è noto, successivamente alla legge 53/2000, al fine di conferire omogeneità e sistematicità alle norme in materia di sostegno della maternità e della paternità, come previsto dall’art. 15 della stessa legge, è stato emanato il D. Lgs. 26.3.2001, n. 151 (“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”….), entrato in vigore il 27.4.2001.



    Con la presente si forniscono ulteriori precisazioni sull’argomento (per quanto riguarda le lavoratrici autonome si rinvia alla circ. n. 136 del 26.7.2002).







    1) “Genitore solo”



    Ai sensi dell’art. 32, comma 1, lettere a) e b) del T.U., la madre lavoratrice ed il padre lavoratore hanno diritto al godimento di un periodo individuale massimo di congedo parentale (astensione facoltativa) pari, rispettivamente, a 6 mesi e a 7 mesi. Ai sensi della lett. c) del medesimo comma “qualora vi sia un solo genitore” il periodo è elevato fino a un massimo di 10 mesi.



    La situazione di “genitore solo” è riscontrabile, oltre che nei casi di morte dell’altro genitore o di abbandono del figlio o di affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore (casi già indicati nella circ. 109 citata), anche nel caso di non riconoscimento del figlio da parte di un genitore.



    Nell’ipotesi di non riconoscimento del figlio da parte del padre, la madre richiedente il maggior periodo di congedo parentale, dovrà rilasciarne apposita dichiarazione di responsabilità; e ciò, anche qualora dalla certificazione anagrafica risulti che il cognome del bambino è quello della madre. Una analoga dichiarazione dovrà essere fornita dal padre richiedente in caso di non riconoscimento del figlio da parte della madre.



    La situazione di “ragazza madre” o di “genitore single” non realizza di per sé la condizione di “genitore solo”: deve infatti risultare anche il non riconoscimento dell’altro genitore. Analogamente dicasi per la situazione di genitore separato: nella sentenza di separazione deve risultare che il figlio è affidato ad uno solo dei genitori.



    Si sottolinea, peraltro, che gli ulteriori mesi riconoscibili al “genitore solo” sono indennizzabili subordinatamente alle condizioni del proprio reddito, anche qualora siano fruiti entro tre anni di età del figlio.



    La situazione di “genitore solo” viene meno con il riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore, circostanza che, si rammenta, deve essere portata a conoscenza sia dell’INPS che del datore di lavoro. E’ ovvio che il riconoscimento interrompe la fruizione del maggior periodo di congedo parentale concesso al genitore inizialmente considerato “solo” ed è ovvio, altresì, che il maggior periodo di congedo, già fruito in tale qualità, determina la riduzione del periodo di congedo spettante all’altro. In proposito si rammenta che il periodo di congedo fruibile tra i due genitori è, in via ordinaria, di 10 mesi e che l’elevazione a 7 mesi a favore del padre (con conseguente totale, tra i due, di un massimo di 11 mesi) è prevista solo nel caso in cui il padre abbia già fruito di un periodo di congedo non inferiore a 3 mesi: tanto comporta, ad esempio, che se la madre abbia goduto, come “genitore solo” (quale era da considerare fino al riconoscimento del figlio da parte del padre) di un periodo di 8 mesi, il padre non potrà mai arrivare ad un periodo di tre mesi di congedo (1).




    2) Riposi giornalieri (c.d. per allattamento).



    A chiarimento di quanto disposto nella circ. 109/2000, si conferma che la madre ha diritto ai riposi giornalieri di cui all’art. 10 della legge 1204/71 (ora art. 39 del T.U.) durante il congedo parentale del padre.



    Non è, invece, possibile che il padre utilizzi i riposi di cui all’art. 13 della legge 53/2000 (ora art. 40 del T.U.) durante il congedo di maternità e/o parentale della madre, come pure nei casi in cui la madre non si avvale dei riposi in quanto assente dal lavoro per cause che determinano una sospensione del rapporto di lavoro (es.: aspettative o permessi non retribuiti, pause lavorative previste nei contratti a part-time verticale di tipo settimanale, mensile, annuale).



    Si ricorda che in caso di parto plurimo, invece, le ore aggiuntive di cui all’art. 41 del T.U. possono essere utilizzate dal padre anche durante il congedo di maternità parentale della madre lavoratrice dipendente.



    Se la madre è lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, parasubordinata, libera professionista), il padre può fruire dei riposi dal giorno successivo a quello finale del periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto e sempre che la madre (qualora si tratti di commerciante, artigiana, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola) non abbia chiesto di fruire ininterrottamente, dopo il suddetto periodo, del congedo parentale, durante il quale, come sopra detto, è precluso al padre il godimento dei riposi giornalieri.



    Se la madre non è lavoratrice, il padre lavoratore non ha diritto ai riposi giornalieri per allattamento. Non ha diritto, come pure se la madre è una lavoratrice autonoma, neanche alle ore che il citato art. 41 riconosce al padre, in caso di parto plurimo, come “aggiuntive” rispetto alle ore previste dall’art. 39 (vale a dire quelle fruibili dalla madre), per l’evidente impossibilità di “aggiungere” ore quando la madre non ha diritto ai riposi giornalieri.



    Il diritto del padre ai riposi in questione, infatti, continua ad essere “derivato” da quello della madre, a differenza del diritto del padre al congedo parentale che, in virtù delle più recenti disposizioni di legge, ha acquistato una propria autonomia e indipendenza rispetto alla sussistenza o meno del diritto della madre.



    Un diritto “autonomo” del padre ai riposi giornalieri è previsto solo nelle ipotesi di cui alle lettere a), c), d) dell’art. 40 del T.U..




    3) Affidamento e inserimento dei minori.



    La distinzione tra “affidamento” e “inserimento” dei minori, rilevabile dall’art. 2, comma 2, della legge 149 del 28.3.2001, è da tenere presente non solo ai fini delle provvidenze previste in favore dei genitori di disabili gravi (v. circ. 138 del 10.7.2001, par. 1, 11° e 12° cpv.), ma anche ai fini delle prestazioni economiche di maternità e di paternità.



    Pertanto, l’inserimento del minore in “comunità di tipo familiare” non è equiparabile all’ affidamento.




    4) Flessibilità del congedo di maternità.



    La circ. 109/2000, contenente le prime istruzioni applicative in materia di flessibilità del congedo di maternità (già art. 12 della legge 53/2000, ora art. 20 del D. Lgs. 151/2001), è stata integrata dalle disposizioni della circ. 152 del 4.9.2000, sulla quale si forniscono alcuni chiarimenti.



    La domanda di flessibilità, tendente ad ottenere l’autorizzazione a continuare l’attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza (in tutto o in parte), ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, è accoglibile anche qualora sia presentata oltre il 7° mese di gravidanza (peraltro, sempre entro il limite della prescrizione annuale, decorrente dal giorno successivo al periodo di congedo dopo il parto che, in questi casi, risulta superiore ai normali 3 mesi), purché le previste attestazioni del ginecologo del S.S.N. o con esso convenzionato e del medico aziendale, siano state acquisite dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza.



    Quanto precede nel presupposto che la lavoratrice abbia continuato a lavorare nel periodo in questione.



    Se le attestazioni suddette sono state acquisite dopo il 7° mese di gravidanza, la domanda è accoglibile solo per l’eventuale residuo di giorni decorrenti dal rilascio delle attestazioni.



    Per i giorni in cui la lavoratrice si è avvalsa della flessibilità senza esserne formalmente autorizzata (attraverso le attestazioni dei medici sopra indicati), l’indennità di maternità non è erogabile ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge n. 138/1943 in quanto, per tali giorni, la lavoratrice ha percepito o ha diritto a percepire la retribuzione dal datore di lavoro; i suddetti giorni, pur non potendo essere recuperati dalla lavoratrice dopo il parto, quali giorni di congedo per maternità, devono essere comunque conteggiati ai fini della durata complessiva del congedo stesso.



    Si precisa, infine, che la domanda della lavoratrice che, pur essendo stata autorizzata alla flessibilità, e, quindi, allo svolgimento di attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza, chiede di fruire in questo stesso mese del congedo parentale per un altro figlio, può essere accolta. In ogni caso, il congedo di maternità spetterà alla suddetta lavoratrice per tutta la sua prevista durata complessiva (2).




    5) Malattia, congedo parentale, congedo di maternità.



    a) Malattia e congedo parentale.



    In merito alla sussistenza o meno del diritto all’indennità di malattia nell’ipotesi di malattia insorta durante il congedo parentale o dopo la conclusione dello stesso si fa presente quanto segue.



    L’assenza dal lavoro per cause (come il congedo parentale) legate non ad una “sospensione” del rapporto di lavoro ma ad una semplice inesigibilità della relativa prestazione lavorativa non configura, agli effetti erogativi della indennità di malattia, una sospensione del rapporto di lavoro.



    Tanto comporta che il periodo di protezione assicurativa (60 gg. o 2 mesi), previsto per le prestazioni di malattia dall’art. 30 del C.C.N. 3.1.1939, decorre dal giorno immediatamente successivo al termine finale del periodo di assenza dal lavoro correlato ad una delle cause di cui trattasi.



    Ne consegue che per la malattia della lavoratrice madre (o del lavoratore padre) insorta durante la fruizione del congedo parentale, anche oltre 60 gg. dall’inizio del congedo stesso (che, come è noto, è frazionabile), il periodo di protezione assicurativa non inizia a decorrere e la malattia stessa, debitamente notificata e documentata, deve essere indennizzata (in misura intera), ove ne ricorrano i presupposti, secondo i limiti e le modalità previsti dalla relativa normativa, ovviamente nella presunzione, salvo diversa indicazione del genitore interessato, che quest’ultimo intenda sospendere la fruizione del congedo parentale.



    Per la malattia della lavoratrice madre (o del lavoratore padre) insorta dopo la conclusione del periodo di congedo parentale, a cui faccia seguito una mancata ripresa dell’attività, configurabile quale “sospensione del rapporto di lavoro”, il periodo di protezione assicurativa decorre, secondo le regole ordinarie, dal giorno successivo alla fine del congedo parentale, da considerare periodo neutro.



    Per quanto riguarda il diritto al congedo parentale, si precisa che anche i periodi di malattia indennizzati o indennizzabili, che si verifichino durante il congedo parentale, devono essere considerati neutri ai fini del complessivo periodo di congedo parentale spettante.



    Terminata la malattia, quindi, la fruizione del congedo parentale, salvo diverse indicazioni e comunicazioni del genitore interessato, può riprendere con o senza erogazione dell’indennità del 30% che, com’è noto, compete per complessivi 6 mesi entro 3 anni di età del bambino.



    Ai fini del calcolo del periodo massimo di congedo parentale (6 mesi per la madre, 7 mesi per il padre, 11 mesi fra i due genitori), durante il quale si siano verificati periodi di malattia, vanno tenute presenti le indicazioni fornite per i casi in cui frazioni di congedo siano intervallate da ferie (v. circ. n. 82 del 2.4.2001, punto 1, ultimo capoverso).



    Pertanto, ad esempio, se la malattia è iniziata il lunedì immediatamente successivo al venerdì del congedo parentale, ed è terminata il venerdì immediatamente precedente il lunedì in cui è ripreso il congedo, le domeniche ed i sabati della settimana corta, cadenti subito prima e subito dopo la malattia, devono essere conteggiati come giorni di congedo parentale.



    b) Malattia e congedo di maternità



    La malattia insorta durante il congedo di maternità (astensione obbligatoria) non è indennizzabile, in quanto l’indennità per congedo di maternità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia (art. 22, comma 2, del T.U.).



    Anche il congedo di maternità – analogamente a quello parentale (v. lett. a)- è da considerare periodo “neutro” ai fini del computo della c.d. “protezione assicurativa”, in caso di malattia insorta successivamente.




    6) Termini per la presentazione della documentazione.



    L’art. 21 del T.U. stabilisce che la lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio o dichiarazione sostitutiva (ex lege 445/2000).



    Tale articolo assorbe la disposizione già contenuta nell’art. 11 della legge 53/2000 relativa alla presentazione, entro 30 giorni, del certificato attestante la data del parto in caso di parto prematuro, nel senso che il termine di trenta giorni per la presentazione della suddetta documentazione è ora previsto in tutti i casi di parto (anche non prematuro).



    Ciò premesso, si fa presente che il termine in questione è da ritenere di carattere ordinatorio, non essendone stata prevista la perentorietà, né l’applicazione di sanzioni in caso di sua inosservanza.



    Il mancato rispetto del termine, quindi, non fa venire meno il diritto alla prestazione; potrebbe avere riflessi soltanto nell’ambito contrattuale del rapporto di lavoro.




    7) Congedo parentale in caso di adozione o di affidamento.



    Si ritiene opportuno riassumere i criteri applicativi delle disposizioni del T.U., che, peraltro, confermano quasi integralmente quelli già indicati nella circ. 109/2000, riguardanti il congedo parentale in caso di adozione o di affidamento.



    L’art.36, comma 2, del T.U. stabilisce che il limite di età del bambino (3 anni) previsto dall’art. 34, comma 1, per la corresponsione dell’indennità al 30%, indipendentemente dalle condizioni di reddito e per un periodo di congedo parentale massimo complessivo tra i genitori di sei mesi, sia elevato a 6 anni di età in caso di adozione o di affidamento. Stabilisce anche che, in ogni caso, il congedo parentale può essere fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia.



    Ciò significa che l’indennità è riconoscibile, indipendentemente dalle condizioni di reddito, per complessivi sei mesi fino al compimento dei 6 anni di età del bambino adottato o affidato, purché il congedo parentale sia richiesto entro i tre anni dall’ingresso del bambino in famiglia.



    Significa anche che, dopo il compimento dei 6 anni di età e fino al compimento degli 8 anni (limite di età uguale a quello previsto per i figli non adottati o affidati), i periodi di congedo ulteriori rispetto a quelli fruiti fino ai 6 anni, ferma restando la possibilità di astensione dal lavoro, sono indennizzabili subordinatamente alle condizioni reddituali.



    Il comma 3 dello stesso art. 36 stabilisce che, qualora all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia una età compresa fra i 6 e i 12 anni, il congedo parentale è fruito nei primi tre anni dall’ingresso in famiglia. Il tenore letterale della norma lascia intendere che, per il minore adottato o affidato ad una età fra i 6 e i 12 anni, il congedo parentale e la relativa indennità possano essere riconosciuti solo se richiesti entro tre anni dall’ingresso.



    Non sembra prevista, in altre parole, la possibilità di beneficiare né del congedo, né della indennità, neppure subordinatamente alle condizioni di reddito, qualora il congedo sia chiesto dopo tre anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato tra i 6 e i 12 anni di età.



    In caso di adozione o di affidamento preadottivo internazionale si applica la disposizione prevista


    dall’art. 36 del T.U..




    8) Congedo parentale in caso di parto gemellare o plurigemellare



    Come già precisato nel messaggio n. 569 del 27/06/2001, che ad ogni buon conto si allega, in caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto a fruire, per ogni nato, del numero di mesi di congedo parentale previsti dall’art. 32 del T.U..



    La norma suddetta trova applicazione anche nell’ipotesi di adozioni ed affidamenti di minori (anche non fratelli) il cui ingresso in famiglia sia avvenuto nella stessa data.




    9) Dimissioni



    L’art. 55 del T.U. stabilisce che le dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza o dal lavoratore che abbia fruito del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di vita del bambino o entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia, devono essere convalidate dal Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro, competente per territorio.



    La previsione della convalida risponde unicamente a finalità di tutela del rapporto di lavoro della lavoratrice madre o del lavoratore padre.



    La legge, infatti, subordina espressamente alla convalida la risoluzione del rapporto di lavoro e non anche il diritto all’indennità di maternità/paternità, alla cui corresponsione si potrà procedere indipendentemente dalla verifica della convalida suddetta.



    Con l’occasione si fa presente che detta verifica non è richiesta neppure ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione che, com’è noto, spetta anche in caso di dimissioni volontarie intervenute durante il periodo previsto per il divieto di licenziamento o entro un anno dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria (v. circ. 128 del 5.7.2000 e circ. 143 del 16.7.2001), indennità di disoccupazione che frequentemente costituisce il presupposto per la erogabilità dell’indennità per congedo di maternità.



    Infatti, se il congedo di maternità ha inizio trascorsi 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice, all’inizio del congedo di maternità, fruisce o ha comunque un diritto teorico all’indennità di disoccupazione, alla stessa è erogabile l’indennità giornaliera di maternità, anziché quella di disoccupazione (art. 24, comma 4 del T.U.).



    Si rammenta, ad ogni buon conto, che il diritto o meno all’indennità di disoccupazione è ininfluente quando il congedo di maternità inizia entro 60 giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro (per dimissioni o licenziamento), periodo entro il quale è senz’altro riconoscibile il diritto all’ indennità giornaliera di maternità (art. 24, comma 2 del T.U.).




    10) Indennità di paternità



    L’art. 28 del T.U. riconosce al padre lavoratore il diritto al congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice madre, in caso di morte o di grave infermità della stessa ovvero di abbandono del figlio da parte della madre, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.



    Il tenore letterale della norma sembrerebbe escludere il diritto del padre al congedo in questione nell’ipotesi in cui la madre non sia (o non sia stata) lavoratrice.



    Tuttavia, la ”ratio” dell’astensione obbligatoria post- partum vuole garantire al neonato, proprio nei primi tre mesi di vita, l’assistenza materiale ed affettiva di un genitore (vedi sent. Corte Costituzionale n.1 del 19.1.1987).



    Qualora, infatti, la richiesta del padre di fruire del congedo di paternità venisse riconosciuta solo subordinatamente al fatto che la madre sia o (sia stata) una lavoratrice, non solo si arrecherebbe un danno al neonato, ma ciò risulterebbe in contrasto con l’ordinanza n. 144 del 16/4/1987 con cui la Corte Costituzionale ha stabilito a proposito della suddetta sentenza n. 1/1987: ”in luogo di lavoratrice madre leggasi madre, lavoratrice o meno”.



    Per tali ragioni, è da ritenere che, in tutti i casi previsti dall’art. 28 del T.U., il padre lavoratore abbia un diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, correlato, quanto alla sola durata, alla eventuale fruizione del congedo di maternità da parte della madre (ovviamente lavoratrice). In tale ipotesi, la durata del congedo di paternità è pari al periodo di astensione obbligatoria non fruito in tutto o in parte dalla madre, compresi quindi i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla flessibilità e/o al parto prematuro.




    11) Calcolo dell’indennità per congedi parentali.



    Agli effetti della determinazione della misura dell’indennità per congedo parentale si prende a riferimento la retribuzione media globale giornaliera del mese o del periodo di paga quadrisettimanale immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione dal lavoro.



    Tuttavia, nell’ipotesi in cui la lavoratrice fruisca del congedo parentale immediatamente dopo il congedo di maternità (ipotesi praticabile anche senza ripresa dell’attività lavorativa prima del congedo parentale), la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità per congedo parentale è quella del periodo mensile o quadrisettimanale scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità (senza conteggiare i ratei di mensilità aggiuntive).



    Laddove, invece, dopo il congedo di maternità, la lavoratrice riprenda l’attività lavorativa (anche per un solo giorno), si prende a riferimento, trattandosi di prestazioni diverse, la retribuzione relativa a tale periodo di ripresa dell’attività, ancorché questo cada nello stesso mese in cui ha avuto inizio il congedo parentale.



    In caso di fruizione frazionata del congedo parentale, invece, si prende a riferimento la retribuzione del mese precedente, nonostante le frazioni siano intervallate da giorni di ripresa dell’attività.



    Ovviamente la retribuzione va divisa per il numero dei giorni lavorati o retribuiti, eventualmente ridimensionati in caso di “settimana corta”.




    12) Sentenza della Corte Costituzionale n. 405/2001.



    Si rende noto che, con la sentenza n. 405 del 3-14 dicembre 2001, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, 1° comma, della legge 1204/71 nella parte in cui esclude la corresponsione della indennità di maternità nell’ipotesi prevista dall’art. 2, lett. a) della medesima legge (vigente all’epoca del procedimento instaurato davanti alla Corte).



    Ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 1, del D. Lgs. 151/2001, nella parte in cui esclude la corresponsione dell’indennità di maternità nell’ipotesi prevista dall’art. 54, comma 3, lett. a) del medesimo decreto legislativo.



    In attuazione della suddetta sentenza, pertanto, il diritto alla indennità di maternità potrà essere riconosciuto anche nei casi di licenziamento per giusta causa che si verifichino durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli artt. 16 e 17 del T.U..



    La presente disposizione è applicabile alle fattispecie pregresse per le quali non sia intervenuta prescrizione, decadenza o sentenza passata in giudicato.




    13) Requisito contributivo in mancanza di assicurazione contro la disoccupazione.



    Il comma 5 dell’art. 24 del T.U. recita testualmente: “La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell’inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e, nell’ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell’assicurazione obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei contributi settimanali. ”.



    Ciò, a differenza dell’art. 17 comma 4 della legge 1204/1971 (non più in vigore) che prevedeva per la lavoratrice nelle medesime condizioni di cui al suddetto comma 5 dell’art. 24 ora vigente, il possesso di 26 contributi settimanali nell’assicurazione di malattia.



    Com’è noto, infatti, la norma della legge 1204 era già divenuta non più attuale, essendo venuto meno, dal 1/1/1998, l’obbligo di versamento all’INPS (Ente subentrato agli Enti assicuratori di malattia) dei contributi di malattia per il S.S.N..



    Le Sedi, pertanto, dovranno ricercare il requisito di cui trattasi (26 contributi settimanali nell’ultimo biennio, sempre che non siano trascorsi più di centottanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro), nell’ambito della sola contribuzione di maternità.



    Eventuali domande per congedo di maternità avanzate da lavoratrici che siano state licenziate, ma che non abbiano diritto alla indennità di disoccupazione, in quanto non soggette all’obbligo assicurativo per la disoccupazione, potranno essere accolte, quindi, subordinatamente alla verifica del suddetto requisito.






    IL DIRETTORE GENERALE f.f.


    PRAUSCELLO

  • Testo approvato dalla Camera dei Deputati il 18 febbraio 2003

    Disegno
    di legge n. 3387 del 18 febbraio 2003
    Testo approvato dalla Camera dei Deputati il 18 febbraio
    2003

    Art. 1 – Delega in materia di norme generali sull’istruzione
    e di livelli essenziali delle prestazioni in materia di
    istruzione e di formazione professionale

    1. Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della
    persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva,
    delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle
    scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione
    tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia
    delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi
    sanciti dalla Costituzione, il Governo è delegato
    ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata
    in vigore della presente legge, nel rispetto delle competenze
    costituzionali delle regioni, comuni e province, in relazione
    alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali,
    e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, uno o più
    decreti legislativi per la definizione delle norme generali
    sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
    in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale.
    2. Fatto salvo quanto specificamente previsto dall’articolo
    4, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati
    su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca, di concerto con il Ministro dell’Economia
    e delle Finanze, con il Ministro per la Funzione Pubblica
    e con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali,
    sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
    decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere
    delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e
    del Senato della Repubblica da rendere entro sessanta giorni
    dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso
    tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque
    adottati. I decreti legislativi in materia di istruzione
    e formazione professionale sono adottati previa intesa con
    la Conferenza unificata di cui al citato decreto legislativo
    n. 281 del 1997.
    3. Per la realizzazione delle finalità della presente
    legge, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca predispone, entro novanta giorni dalla data
    di entrata in vigore della legge medesima, un piano programmatico
    di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione
    del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza
    unificata di cui al citato decreto legislativo n. 281 del
    1997, a sostegno:

    a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi
    con la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione
    dell’autonomia delle istituzioni scolastiche;
    b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione
    del sistema scolastico;
    c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e dell’alfabetizzazione
    nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio
    di pluralismo delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione
    tecnologica, al fine di incoraggiare e sviluppare le doti
    creative e collaborative degli studenti;
    d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze
    ludico-sportive degli studenti;
    e) della valorizzazione professionale del personale docente;
    f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del
    personale;
    g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento
    sostenute dai docenti;
    h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo,
    tecnico ed ausiliario (Ata);
    i) degli interventi di orientamento contro la dispersione
    scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto-dovere
    di istruzione e formazione;
    l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;
    m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia
    scolastica.

    4. Ulteriori disposizioni, correttive e integrative dei
    decreti legislativi di cui al presente articolo e all’articolo
    4, possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi
    criteri e princìpi direttivi e con le stesse procedure,
    entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore.

    Art. 2 – Sistema educativo di istruzione e di formazione
    1. I decreti di cui all’articolo 1 definiscono il sistema
    educativo di istruzione e di formazione, con l’osservanza
    dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

    a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della
    vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di
    raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le
    capacità e le competenze, attraverso conoscenze e
    abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini
    e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita
    sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle
    dimensioni locali, nazionale ed europea;
    b) sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale
    e morale, anche ispirata ai princìpi della Costituzione,
    lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla
    comunità locale, alla comunità nazionale ed
    alla civiltà europea;
    c) è assicurato a tutti il diritto all’istruzione
    e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino
    al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo
    anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza
    nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione
    professionale, secondo livelli essenziali di prestazione
    definiti su base nazionale a norma dell’articolo 117, secondo
    comma, lettera m), della Costituzione e mediante regolamenti
    emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
    23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e garantendo,
    attraverso adeguati interventi, l’integrazione delle persone
    in situazione di handicap a norma della legge 5 febbraio
    1992, n. 104. La fruizione dell’offerta di istruzione e
    formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato;
    nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e formazione
    e di correlativo dovere viene ridefinito ed ampliato l’obbligo
    scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione, nonché
    l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge
    17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. L’attuazione
    graduale del diritto-dovere predetto è rimessa ai
    decreti legislativi di cui all’articolo 1, commi 1 e 2,
    della presente legge correlativamente agli interventi finanziari
    previsti a tale fine dal piano programmatico di cui all’articolo
    1, comma 3, adottato previa intesa con la Conferenza unificata
    di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
    1997, n. 281, e coerentemente con i finanziamenti disposti
    a norma dell’articolo 7, comma 6, della presente legge;
    d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si
    articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che
    comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo
    grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei
    licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
    e) la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre
    all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio,
    cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei
    bambini promuovendone le potenzialità di relazione,
    autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare
    un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative;
    nel rispetto della primaria responsabilità educativa
    dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale
    delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà
    didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa
    con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola
    primaria. È assicurata la generalizzazione dell’offerta
    formativa e la possibilità di frequenza della scuola
    dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono essere
    iscritti secondo criteri di gradualità e in forma
    di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i
    3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico
    di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove
    professionalità e modalità organizzative;
    f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla
    scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola
    secondaria di primo grado della durata di tre anni. Ferma
    restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola
    primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento
    delle strumentalità di base, e in due periodi didattici
    biennali; la scuola secondaria di primo grado si articola
    in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente
    il percorso disciplinare ed assicura l’orientamento ed il
    raccordo con il secondo ciclo; nel primo ciclo è
    assicurato altresì il raccordo con la scuola dell’infanzia
    e con il secondo ciclo; è previsto che alla scuola
    primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono
    i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi
    anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30
    aprile dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria
    promuove, nel rispetto delle diversità individuali,
    lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far
    acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità
    di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di
    fare apprendere i mezzi espressivi, ivi inclusa l’alfabetizzazione
    in almeno una lingua dell’Unione Europea oltre alla lingua
    italiana, di porre le basi per l’utilizzazione di metodologie
    scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni
    e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali
    e di orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai
    princìpi fondamentali della convivenza civile; la
    scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline
    di studio, è finalizzata alla crescita delle capacità
    autonome di studio ed al rafforzamento delle attitudini
    all’interazione sociale; organizza ed accresce, anche attraverso
    l’alfabetizzazione e l’approfondimento nelle tecnologie
    informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in
    relazione alla tradizione culturale e all’evoluzione sociale,
    culturale e scientifica della realtà contemporanea;
    è caratterizzata dalla diversificazione didattica
    e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità
    dell’allievo; cura la dimensione sistematica delle discipline;
    sviluppa progressivamente le competenze e le capacità
    di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni degli
    allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle
    attività di istruzione e di formazione; introduce
    lo studio di una seconda lingua dell’Unione Europea; aiuta
    ad orientarsi per la successiva scelta di istruzione e formazione;
    il primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di
    Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso
    al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della
    formazione professionale;
    g) il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa,
    culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere,
    il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi,
    è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità
    di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale
    e sociale; in tale ambito, viene anche curato lo sviluppo
    delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie;
    il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei
    e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
    dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi
    e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro
    o attraverso l’apprendistato; il sistema dei licei comprende
    i licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale
    e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane;
    i licei artistico, economico e tecnologico si articolano
    in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi;
    i licei hanno durata quinquennale; l’attività didattica
    si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno
    che prioritariamente completa il percorso disciplinare e
    prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze
    e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo,
    culturale e professionale del corso di studi; i licei si
    concludono con un esame di Stato il cui superamento rappresenta
    titolo necessario per l’accesso all’Università e
    all’Alta Formazione artistica, musicale e coreutica; l’ammissione
    al quinto anno dà accesso all’istruzione e formazione
    tecnica superiore;
    h) ferma restando la competenza regionale in materia di
    formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale realizzano
    profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono
    titoli e qualifiche professionali di differente livello,
    valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti
    ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera
    c); le modalità di accertamento di tale rispondenza,
    anche ai fini della spendibilità dei predetti titoli
    e qualifiche nell’Unione Europea, sono definite con il regolamento
    di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c); i titoli e le
    qualifiche costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione
    e formazione tecnica superiore, fatto salvo quanto previsto
    dall’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144; i titoli
    e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale di durata
    almeno quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato,
    utile anche ai fini degli accessi all’Università
    e all’Alta Formazione artistica, musicale e coreutica, previa
    frequenza di apposito corso annuale, realizzato d’intesa
    con le Università e con l’Alta Formazione artistica,
    musicale e coreutica, e ferma restando la possibilità
    di sostenere, come privatista, l’esame di Stato anche senza
    tale frequenza;
    i) è assicurata e assistita la possibilità
    di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei,
    nonché di passare dal sistema dei licei al sistema
    dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa,
    mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione
    di una preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza
    positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta
    l’acquisizione di crediti certificati che possono essere
    fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente
    interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle
    lettere g) e h); nel secondo ciclo, esercitazioni pratiche,
    esperienze formative e stage realizzati in Italia o all’estero
    anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali,
    sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono riconosciuti
    con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle
    istituzioni scolastiche e formative; i licei e le istituzioni
    formative del sistema dell’istruzione e della formazione
    professionale, d’intesa rispettivamente con le Università,
    con le istituzioni dell’Alta Formazione artistica, musicale
    e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo
    anno del percorso di studi, specifiche modalità per
    l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità
    richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari,
    dell’Alta Formazione, ed ai percorsi dell’istruzione e formazione
    tecnica superiore;
    l) i piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia
    delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale,
    omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le
    tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una
    quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di
    interesse specifico delle stesse, anche collegata con le
    realtà locali.

    Art. 3 – Valutazione degli apprendimenti e della qualità
    del sistema educativo di istruzione e di formazione

    1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate le norme
    generali sulla valutazione del sistema educativo di istruzione
    e di formazione e degli apprendimenti degli studenti, con
    l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

    a) la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti
    e del comportamento degli studenti del sistema educativo
    di istruzione e di formazione, e la certificazione delle
    competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti delle
    istituzioni di istruzione e formazione frequentate; agli
    stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi
    didattici ai fini del passaggio al periodo successivo; il
    miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa
    valutazione, nonché la continuità didattica,
    sono assicurati anche attraverso una congrua permanenza
    dei docenti nella sede di titolarità;
    b) ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione
    della qualità del sistema di istruzione e di formazione,
    l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione
    effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze
    e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva
    dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative;
    in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le
    funzioni e la struttura del predetto Istituto;
    c) l’esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione considera
    e valuta le competenze acquisite dagli studenti nel corso
    e al termine del ciclo e si svolge su prove organizzate
    dalle commissioni d’esame e su prove predisposte e gestite
    dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di
    istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento
    del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento
    dell’ultimo anno.

    Art. 4 – Alternanza scuola-lavoro
    1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 18 della
    legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di assicurare agli
    studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età
    la possibilità di realizzare i corsi del secondo
    ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità
    di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata
    e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione
    con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza
    e con le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
    che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base,
    l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del
    lavoro, il Governo è delegato ad adottare, entro
    il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in
    vigore della presente legge e ai sensi dell’articolo 1,
    commi 2 e 3, della legge stessa, un apposito decreto legislativo
    su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca, di concerto con il Ministro del Lavoro
    e delle Politiche Sociali e con il Ministro delle Attività
    Produttive, d’intesa con la Conferenza unificata di cui
    all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
    281, sentite le associazioni maggiormente rappresentative
    dei datori di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi
    e criteri direttivi:

    a) svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso
    l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la
    responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa,
    sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive
    associazioni di rappresentanza o con le Camere di commercio,
    industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici
    e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili
    ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che
    non costituiscono rapporto individuale di lavoro; le istituzioni
    scolastiche, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro,
    possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e formazione
    professionale ed assicurare, a domanda degli interessati
    e d’intesa con le regioni, la frequenza negli istituti di
    istruzione e formazione professionale di corsi integrati
    coerenti con il profilo educativo, culturale e professionale
    e realizzati con il concorso degli operatori di ambedue
    i sistemi;
    b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione
    delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione
    dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per
    le imprese, la valorizzazione delle imprese come luogo formativo
    e l’assistenza tutoriale;
    c) indicare le modalità di certificazione dell’esito
    positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi
    acquisiti dallo studente.

    2. I compiti svolti dal docente incaricato dei rapporti
    con le imprese e del monitoraggio degli allievi che si avvalgono
    dell’alternanza scuola-lavoro sono riconosciuti nel quadro
    della valorizzazione della professionalità del personale
    docente.

    Art. 5 – Formazione degli insegnanti
    1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme
    sulla formazione iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia,
    del primo ciclo e del secondo ciclo, nel rispetto dei seguenti
    princìpi e criteri direttivi:

    a) la formazione iniziale è di pari dignità
    per tutti i docenti e si svolge nelle Università
    presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è
    programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge
    2 agosto 1999, n. 264, e successive modificazioni. La programmazione
    degli accessi ai corsi stessi è determinata ai sensi
    dell’articolo 3 della medesima legge, sulla base della previsione
    dei posti effettivamente disponibili, per ogni ambito regionale,
    nelle istituzioni scolastiche;
    b) con uno o più decreti, adottati ai sensi dell’articolo
    17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche
    in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 10, comma
    2, e all’articolo 6, comma 4, del regolamento di cui al
    decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca
    Scientifica e Tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sono
    individuate le classi dei corsi di laurea specialistica,
    anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati
    anche alla formazione degli insegnanti di cui alla lettera
    a) del presente comma. I decreti stessi disciplinano le
    attività didattiche attinenti l’integrazione scolastica
    degli alunni in condizione di handicap; la formazione iniziale
    dei docenti può prevedere stage all’estero; per la
    formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo
    grado e del secondo ciclo le classi predette sono individuate
    con riferimento all’insegnamento delle discipline impartito
    in tali gradi di istruzione e con preminenti finalità
    di approfondimento disciplinare;
    c) l’accesso ai corsi di laurea specialistica per la formazione
    degli insegnanti è subordinato al possesso dei requisiti
    minimi curricolari, individuati per ciascuna classe di abilitazione
    nel decreto di cui alla lettera b) e all’adeguatezza della
    personale preparazione dei candidati, verificata dagli Atenei;
    d) l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica
    di cui alla lettera a) ha valore abilitante per uno o più
    insegnamenti individuati con decreto del Ministro dell’Istruzione,
    dell’Università e della Ricerca;
    e) coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di
    cui alla lettera a), ai fini dell’accesso nei ruoli organici
    del personale docente delle istituzioni scolastiche, svolgono,
    previa stipula di appositi contratti di formazione lavoro,
    specifiche attività di tirocinio. A tale fine e per
    la gestione dei corsi di cui alla lettera a), le Università,
    sentita la Direzione scolastica regionale, definiscono nei
    regolamenti didattici di Ateneo l’istituzione e l’organizzazione
    di apposite strutture di Ateneo o d’interateneo per la formazione
    degli insegnanti, cui sono affidati, sulla base di convenzioni,
    anche i rapporti con le istituzioni scolastiche;
    f) le strutture didattiche di Ateneo o d’interateneo di
    cui alla lettera e) promuovono e governano i centri di eccellenza
    per la formazione permanente degli insegnanti, definiti
    con apposito decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università
    e della Ricerca;
    g) le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione
    in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni
    di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività
    educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche
    e formative.

    2. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme
    anche sulla formazione iniziale svolta negli istituti di
    Alta Formazione e specializzazione artistica, musicale e
    coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, relativamente
    agli insegnamenti cui danno accesso i relativi diplomi accademici.
    Ai predetti fini si applicano, con i necessari adattamenti,
    i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1
    del presente articolo.
    3. Per coloro che, sprovvisti dell’abilitazione all’insegnamento
    secondario, sono in possesso del diploma biennale di specializzazione
    per le attività di sostegno di cui al decreto del
    Ministro della Pubblica Istruzione 24 novembre 1998, pubblicato
    nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 1999, e al
    decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975,
    n. 970, nonché del diploma di laurea o del diploma
    di Istituto superiore di educazione fisica (Isef) o di Accademia
    di Belle Arti o di Istituto superiore per le industrie artistiche
    o di Conservatorio di Musica o Istituto musicale pareggiato,
    e che abbiano superato le prove di accesso alle scuole di
    specializzazione all’insegnamento secondario, le scuole
    medesime valutano il percorso didattico teorico-pratico
    e gli esami sostenuti per il conseguimento del predetto
    diploma di specializzazione ai fini del riconoscimento dei
    relativi crediti didattici, anche per consentire loro un’abbreviazione
    del percorso degli studi della scuola di specializzazione
    previa iscrizione in sovrannumero al secondo anno di corso
    della scuola. I corsi di laurea in Scienze della formazione
    primaria di cui all’articolo 3, comma 2, della legge 19
    novembre 1990, n. 341, valutano il percorso didattico teorico-pratico
    e gli esami sostenuti per il conseguimento del diploma biennale
    di specializzazione per le attività di sostegno ai
    fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici e
    dell’iscrizione in soprannumero al relativo anno di corso
    stabilito dalle Autorità accademiche, per coloro
    che, in possesso di tale titolo di specializzazione e del
    diploma di scuola secondaria superiore, abbiano superato
    le relative prove di accesso. L’esame di laurea sostenuto
    a conclusione dei corsi in Scienze della formazione primaria
    istituiti a norma dell’articolo 3, comma 2, della legge
    19 novembre 1990, n. 341, comprensivo della valutazione
    delle attività di tirocinio previste dal relativo
    percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita
    all’insegnamento, rispettivamente, nella scuola materna
    o dell’infanzia e nella scuola elementare o primaria. Esso
    consente altresì l’inserimento nelle graduatorie
    permanenti previste dall’articolo 401 del Testo Unico di
    cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive
    modificazioni. Al fine di tale inserimento, la tabella di
    valutazione dei titoli è integrata con la previsione
    di un apposito punteggio da attribuire al voto di laurea
    conseguito. All’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre
    1990, n. 341, le parole: "I concorsi hanno funzione
    abilitante." sono soppresse.

    Art. 6 – Regioni a statuto speciale e province autonome
    di Trento e di Bolzano

    1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto
    speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano,
    in conformità ai rispettivi statuti e relative norme
    di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18
    ottobre 2001, n. 3.

    Art. 7 – Disposizioni finali e attuative
    1. Mediante uno o più regolamenti da adottare a norma
    dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione e dell’articolo
    17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite
    le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia
    delle istituzioni scolastiche, si provvede:

    a) all’individuazione del nucleo essenziale dei piani di
    studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli
    obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e
    alle attività costituenti la quota nazionale dei
    piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità
    interni nell’organizzazione delle discipline;
    b) alla determinazione delle modalità di valutazione
    dei crediti scolastici;
    c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti
    per la spendibilità nazionale dei titoli professionali
    conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché
    per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.

    2. Le norme regolamentari di cui al comma 1, lettera c),
    sono definite previa intesa con la Conferenza permanente
    per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome,
    di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
    3. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e
    della Ricerca presenta ogni tre anni al Parlamento una relazione
    sul sistema educativo di istruzione e di formazione professionale.
    4. Per gli anni scolastici 2003/2004, 2004/2005 e 2005/2006
    possono iscriversi, secondo criteri di gradualità
    e in forma di sperimentazione, compatibilmente con la disponibilità
    dei posti e delle risorse finanziarie e dei comuni, secondo
    gli obblighi conferiti dall’ordinamento e nel rispetto dei
    limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità,
    al primo anno della scuola dell’infanzia i bambini e le
    bambine che compiono i tre anni di età entro il 28
    febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente anticipate,
    fino alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma
    1, lettera e). Per l’anno scolastico 2003/2004 possono iscriversi
    al primo anno della scuola primaria, nei limiti delle risorse
    finanziarie di cui al comma 5, i bambini e le bambine che
    compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004.
    5. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2,
    comma 1, lettera f), e dal comma 4 del presente articolo,
    limitatamente alla scuola dell’infanzia statale e alla scuola
    primaria statale, determinati entro il limite massimo di
    12.731 migliaia di euro per l’anno 2003, 45.829 migliaia
    di euro per l’anno 2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere
    dall’anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione
    dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
    2002/2004, nell’ambito dell’unità previsionale di
    base di parte corrente "Fondo speciale" dello
    stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle
    Finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando
    l’accantonamento relativo al Ministero dell’Istruzione,
    dell’Università e della Ricerca. Il Ministro dell’Istruzione,
    dell’Università e della Ricerca provvede a modulare
    le anticipazioni, anche fino alla data del 30 aprile di
    cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), garantendo, comunque,
    il rispetto del predetto limite di spesa.
    6. All’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo
    1, comma 3, si provvede, compatibilmente con i vincoli di
    finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente
    nella legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto
    dal Documento di programmazione economico-finanziaria.
    7. I decreti legislativi attuativi della presente legge,
    che comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello
    Stato, hanno attuazione nell’ambito dei finanziamenti disposti
    a norma del comma 6.
    8. Con periodicità annuale, il Ministero dell’Istruzione,
    dell’Università e della Ricerca ed il Ministero dell’Economia
    e delle Finanze procedono alla verifica delle occorrenze
    finanziarie, in relazione alla graduale attuazione della
    riforma, a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio
    per lo stesso fine. Le eventuali maggiori spese dovranno
    trovare copertura ai sensi dell’articolo 11/ter, comma 7,
    della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
    9. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze è autorizzato
    ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni
    di bilancio.
    10. La legge 10 febbraio 2000, n. 30, è abrogata.
    11. La legge 20 gennaio 1999, n. 9, è abrogata.

  • La Riforma della Scuola

    La Riforma
    della Scuola

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