A BREVE PROFESSORI DI SERIE A, B e C
Il 15 febbraio 2005 è stato nuovamente presentato in Commissione cultura e istruzione della Camera un disegno di legge sullo stato giuridico degli insegnanti. Il testo attuale, presentato dall’onorevole Santulli di Forza Italia, modifica in pochi punti un testo (Napoli-Santulli) fermatosi in VII commissione ormai 4 mesi fa.
La maggioranza sembra ostinatamente intenzionata a stringere i tempi dell’approvazione di una nuova legge che regoli il reclutamento nonché la carriera dei docenti, dal momento che quella attuale risale al 1974.
La materia trattata da questo disegno di legge, che scaturisce dall’unione di due proposte molto simili, è veramente molto delicata, e vuole incidere profondamente sul futuro degli insegnanti, sulla loro formazione iniziale e in servizio, nonché sull’intero sistema di reclutamento.
Il disegno di legge "nuove norme sullo stato giuridico degli insegnanti delle istituzioni scolastiche e formative"(T.u.C. 4091 e abb.) si propone, almeno sulla carta, di riconoscere e valorizzare il lavoro del docente, "attraverso un efficace sistema di reclutamento, la formazione iniziale e continua, lo sviluppo della carriera e la retribuzione per merito".
Il testo fa riferimento, nei primi articoli, a principi assolutamente non discutibili, come la ricerca di una funzione docente "prioritariamente rivolta a educare i giovani all’autonomia e alla responsabilità" e a perseguire"alti livelli formativi"ecc.
E’ ciò che segue negli articoli successivi che ci lascia molto perplessi, e soprattutto, il fatto che su aspetti così sostanziali possa essere il Governo a decidere legiferando al di fuori di un ampio dibattito parlamentare. Tutto sarebbe, infatti, regolamentato da un decreto governativo da emanare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge.
Sembra curioso che i docenti debbano avere uno "Statuto" di categoria che essi non hanno pensato né elaborato.
La grande novità è l’articolazione della professione docente su tre livelli: iniziale, ordinario ed esperto (corrispondenti a 7°, 8° e 9° livello dell’inquadramento del pubblico impiego). Si passa da un livello all’altro attraverso una valutazione periodica svolta da una "commissione permanente di valutazione" in ordine a 1)efficacia dell’azione didattica e formativa 2)impegno professionale nella progettazione ed attuazione del POF, 3) contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione scolastica o formativa 4) titoli professionali acquisiti in servizio.
Questo ci da molto da pensare, perché è ben comprensibile come non si possa mai verificare l’efficacia della prassi didattica e come questa non abbia quasi mai niente a che vedere con i titoli accademici. Proprio qui un punto debole della legge che non ha mai permesso fino ad ora una differenziazione anche economica tra i docenti: chi o come può stabilire quale efficacia reale abbia un certo tipo di insegnamento rispetto ad un altro? Quali competenze risulteranno realmente acquisite in un futuro a lungo termine? Quale insegnante è realmente in grado di far "passare" certi valori con un reale rapporto umano con il suo allievo?
Si potrà passare al livello successivo dopo essere rimasti per almeno cinque anni nel livello d’ appartenenza.
Per passare dal primo al secondo livello sarà necessario fare domanda senza essere sottoposti a nessuna prova né scritta né orale; saranno valutati i titoli acquisiti e tutti i 4 criteri sopra esposti oltre ad una valutazione del dirigente dell’istituzione scolastica. La valutazione della commissione costituirà dei crediti da inserire nel portfolio del docente.
Il docente esperto (terzo livello) avrà compiti più articolati, come formare gli altri docenti, coordinare dipartimenti e gruppi di progetto, collaborare col dirigente. Per passare a questo livello sarà però necessario frequentare un corso di formazione e sostenere un concorso.
Gli Uffici scolastici regionali dovranno istituire delle commissioni permanenti per questi passaggi di livello. Un decreto del MIUR, in concerto col Ministro dell’Economia e delle finanze, determinerà il numero massimo di personale docente per ciascuno dei livelli professionali.
Questo testo recupera almeno, rispetto al precedente, che le modalità per il passaggio tra un livello docente e l’altro e la relativa progressione economica siano discusse in sede di contrattazione collettiva.
Ultimi aspetti rilevanti sono l’istituzione della qualifica di vicedirigente, figura che andrà ad affiancare il capo di istituto nella gestione della scuola, e l’istituzione di un albo nazionale dei docenti, suddiviso in sezioni regionali. Dopo aver conseguito una delle lauree specialistiche per l’insegnamento,(legge 53/03), si potrà essere assunti dall’istituzione scolastica con contratto temporaneo di formazione e lavoro per svolgere un periodo di tirocinio, ed infine dopo il superamento positivo si potrà chiedere l’iscrizione all’albo nazionale. Saranno quindi le scuole ad assumere i docenti con contratti a tempo indeterminato dopo aver indetto concorsi per soli titoli, previa autorizzazione dell’Ufficio scolastico regionale. La commissione giudicatrice presieduta dal dirigente dell’Istituzione scolastica provvederà alla nomina dei vincitori di concorso. Dire che questo ci lascia perplessi è dir poco: niente più concorsi pubblici anonimi fino ad oggi garanzia di pluralismo culturale. Come potranno essere evitati fenomeni di discrezionalità o di selezione per affinità ideologico-culturale?
Alla carica di vicedirigente si arriverebbe attraverso un concorso per titoli ed esami a livello regionale, al quale possono partecipare i docenti ordinari ed esperti in possesso di laurea.
Ultima, ma non in ordine di importanza, l’eliminazione delle RSU per i docenti, garanzia di rappresentanza democratica sul posto di lavoro. E’ difficile da accettare la cancellazione di ciò che faticosamente si era conquistato nell’ultimo decennio: infatti le RSU saranno istituite solo per il personale non docente.
Come si può vedere la materia non mancherà di provocare nella categoria ampie proteste, poiché si va ad incidere su diritti faticosamente acquisiti con anni di lavoro democratico e sindacale.
Sandra Fornai
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