PERMESSI RETRIBUITI PER LAVORATORI CHE ASSISTONO FAMILIARI DISABILI IN STATO DI GRAVITÀ

 PERMESSI RETRIBUITI PER LAVORATORI CHE ASSISTONO FAMILIARI DISABILI IN STATO DI GRAVITÀ

 

I permessi retribuiti,introdotti dall’art. 33 c.3 della Legge 104/92, sono espressamente previsti dall’art. 15 c.6 del CCNL Comparto scuola 2006-09. La materia in questione, nondimeno, è normata da una serie di testi legislativi,emanati per chiarire aspetti controversi,e disciplinata da numerose circolari esplicative. Ricordiamo, in particolare, il D.lgs n. 119 del 18 luglio 2011 e la Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n.1 del 3/2/2012, che più recentemente hanno apportato rettifiche e modifiche alla disciplina, dopo la pubblicazione della legge 183/2010.
 
La condizione di gravità del familiare
I permessi retribuiti possono essere attribuiti solo al lavoratore dipendente che assista un familiare disabile al quale siastata dichiarata la condizione di gravità (art.33 c. 3 Legge 104/92). La normativa ha individuato, quali soggetti rientranti in tale categoria, quelle persone dichiarate invalide da una commissione medica, in base all’art. 3 c.3 della L.104/921. Ad esse equiparate, i soggetti con sindrome di Down (art. 93 c.3 della legge 289/2002)2 ed i grandi invalidi di guerra (art. 38 c.5 della legge 448/1998)3.
Per la formale attribuzione dei permessi,inoltre, è da prendere in considerazione il fatto che il disabile grave non deve essere ricoverato a tempo pieno (ossia nelle 24 ore) presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa (Circolare Inps 155/2010)4.

La relazione di parentela e affinità dei beneficiari
Il rapporto di parentela e quello di affinità sono definiti dagli artt.74 e 78 del codice civile5. Secondo le disposizioni vigenti, in linea generale, il diritto alla fruizione dei permessi spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Data la regola generale, la legge ha però previsto la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado “qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti” (art. 33, c. 3, della legge 104/92 novellato dall’art.24 della legge 183/2010 – vedi: Circolare INPS n. 155/2010). Il recente Interpello al Ministero del Lavoro 19/2014 ha chiarito che in tale circostanza non è richiesto il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti ed affini di I e II grado. A tale riguardo è bene precisare che il concetto di “mancanza” (genitore o coniuge) deve essere ricondotto, oltre alle situazioni di assenza naturale e giuridica in senso stretto (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), anche alle situazioni giuridiche ad esse assimilabili, che abbiano carattere stabile e certo, quali il divorzio, la separazione legale e l’abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.La norma, inoltre, va intesa nel senso che il cumulo di più permessi in capo allo stesso lavoratore – nei casi di assistenza plurima – è ammissibile solo a condizione che il familiare da assistere sia il coniuge o un parente o un affine, entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora uno dei genitori o il coniuge della persona disabile in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Da ultimo, ci pare opportuno fare menzione di una recente sentenza della Cassazione, la quale ha stabilito che il lavoratore dipendente ha diritto a fruire dei tre giorni di permesso mensile ex art. 33 della L. 104/92 anche se la moglie non svolge alcuna attività lavorativa ed è in grado di assistere il figlio gravemente disabile, in quanto “l’handicappato ha bisogno dell’affetto anche da parte del padre lavoratore, ma anche perché sussiste tipicamente una ovvia esigenza di avvicendamento e affiancamento, almeno per quei tre giorni mensili, del genitore non lavoratore” (Sentenza Corte Cassazione n. 16460 del 27 settembre 2012).
 
Il referente unico
Con l’entrata in vigore del collegato lavoro, a seguito della pubblicazione della legge 183/2010, i permessi non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza allo stesso familiare, ad eccezione per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità. In questo ultimo caso i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente (Circolare FP n.13/2010).                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     
Di regola, quindi, la norma impone un referente unico, identificato nel dipendente che fruisce dei permessi mensili per tutti i mesi di assistenza alla persona con handicap grave,con esclusione, quindi, di altri eventuali soggetti, salvo cambiamento del beneficiario a seguito di presentazione di nuova istanza (Interpelli Ministero del Lavoro 24/2011 e 32/2011). Esso dovrà essere considerato unico pro tempore, in quanto sarà colui che, di volta in volta, assumerà ‘‘il ruolo e la connessa responsabilità di porsi quale punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito’’(Parere del Consiglio di Stato n. 5078/2008).
 
Modalità di fruizione
In base a quanto disposto dall’art 15 c.6 del CCNL 2006-09, il personale scolastico ha diritto a fruire di tre giorni mensili di permessi retribuiti (art. 2, c. 3ter, dalla Lg 423/93). La mancata o parziale fruizione dei giorni di permesso nel corso del mese, non dà diritto al godimento del residuo nel periodo successivo. Devono essere fruiti “possibilmente” in giornate non ricorrenti, in quanto è diritto del lavoratore modificare unilateralmente il giorno stabilito (Circolare FP 13/2010; Interpelli Ministero del Lavoro 31/2010 e 1/2012). Circa la questione della programmazione dei permessi la Circolare Inps 45/2011 così si esprime: “Il dipendente è tenuto a comunicare al Direttore della struttura di appartenenza, all’inizio di ciascun mese, la modalità di fruizione dei permessi, non essendo ammessa la fruizione mista degli stessi nell’arco del mese di riferimento ed è tenuto altresì a comunicare, per quanto possibile, la relativa programmazione”. Dello stesso avviso il Ministero del Lavoro che, con Interpelli 31/2010 e 1/2012, ha riconosciuto al datore di lavoro la facoltà di richiedere una programmazione dei permessi ex art. 33, legge 104/1992, “purché ciò non comprometta il diritto del soggetto disabile ad un’effettiva assistenza”. Pertanto, la programmazione dei permessi da parte del dipendente potrebbe essere ritenuta una buona regola, fermo restando l’urgenza per garantire un’adeguata assistenza.
I tre giorni di permesso non potranno essere negati neanche se i giorni richiesti coincidono con giornate in cui sono previste attività collegiali, compresi gli scrutini intermedi o finali.
Il dipendente che fruisce dei permessi non può essere soggetto al recupero delle ore non lavorate, di attività non prestate o avere l’incombenza di trovarsi i sostituiti per i giorni in cui si assenta (es. assenza al collegio dei docenti, ai consigli di classe, agli scrutini ecc. coincidenti con i giorni di assenza).
Tra gli aspetti più controversi c’è la questione del frazionamento in ore per il personale docente, anche a causa dell’espressione fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti, contenuta nell’art. 15 c.6. Unica eccezione sembrerebbe, a nostro parere, l’attribuzione frazionata per i genitori con figlio disabile minore di tre anni.Tale interpretazione è stata confermata dalla Sentenza della Corte di Cassazione n.14184 del 18 giugno 2009. In questo caso saprebbe applicativo l’algoritmo di calcolo, da applicare ai lavoratori con orario normale determinato su base settimanale (Circolare Inps n.16866/2007).
Infine, nel caso di part time verticale, il numero dei giorni di permesso deve essere ridimensionato proporzionalmente ed arrotondato all’unità inferiore o superiore, a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.
 
L’assistenza al disabile nei giorni di permesso
La sentenza della Cassazione, II sez. penale, n. 54712/2016  entra nel merito della fruizione dei permessi, affermando che, per la legge, l’unico presupposto per la concessione dei permessi è che il lavoratore assista il familiare disabile con continuità e in via esclusiva.                                                                                                                                                                                                                                                                
Pertanto, l’assistenza al parente disabile non deve svolgersi necessariamente nel periodo di tempo coincidente con quello dell’orario lavorativo del dipendente che utilizza i permessi.
Tuttavia, nei giorni di permesso è fatto obbligo al dipendente di prestare assistenza al suo parente per non rispondere del delitto di truffa.

 
Cumulabilità dei permessi
Qualora il lavoratore avesse necessità di assistere più familiari il comma 3 dell’art. 33 della legge 104/92, come novellato dall’art. 6 comma 1 lett a) del D.lgs 119/2011, consente di cumulare i permessi, ma a condizione che il “secondo” familiare da assistere sia il coniuge o un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
La Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del 5 novembre 2012 n.44274 riconosce il diritto di fruire i permessi da parte del lavoratore che assiste un familiare disabile che già fruisce dei permessi per se stesso. Tale diritto è però subordinato a diverse condizioni: a) il lavoratore disabile abbia un’effettiva necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore convivente (la valutazione è effettuata dalla commissione medica INPS); b) nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare non lavoratore in condizione di prestare assistenza.
Circa la possibilità di cumulare i permessi lavorativi in capo al lavoratore disabile che avesse la necessità, a sua volta, di assiste un familiare con handicap grave, la Circolare Inps 53/2008 ammette la cumulabilità a condizione che non vi siano altri familiari in grado di prestare assistenza.
Infine, la Circolare del  Dipartimento Funzione Pubblica del 3 febbraio 2012, n. 1 consente la cumulabilità di permessi e congedi anche per i lavoratori che assistano un parente di cui non siano genitori, precisando che i tre giorni di permesso della Legge 104 spettano per intero, cioè non vanno riproporzionati, anche quando il lavoratore ha fruito nello stesso mese di una frazione di congedo o di ferie, aspettative o altre tipologie di permesso.
 
I poteri attribuiti al dirigente scolastico
La fruizione dei permessi non è soggetta al potere discrezionale del datore, il quale dovrà limitarsi a prendere atto della richiesta e non potrà esigere documentazione giustificativa, se non nel caso in cui il dipendente assista il familiare residente in località distante oltre 150 km dalla propria (art. 6, c.1, lett. b del D.lgs 119/11; Circolare INPS n. 32/2012).
Incombe, tuttavia, sull’amministrazione "il diritto-dovere di verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione dei permessi citati, rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità, al di là della verifica della sussistenza dei requisiti di legge” (Circolare INPS n. 53/2008). Ai sensi dei punti 8 e 9 della circolare della Funzione Pubblica n.13/2010 l’amministrazione che riceve l’istanza di fruizione delle agevolazioni da parte del dipendente interessato deve verificare l’adeguatezza e correttezza della documentazione presentata, chiedendone, se del caso, l’integrazione. I provvedimenti di accoglimento dovranno essere periodicamente monitorati, al fine di ottenere l’aggiornamento della documentazione e verificare l’attualità delle dichiarazioni sostitutive prodotte a supporto dell’istanza.
 
Permessi legge 104/93 e ferie
La Legge n. 104/1992 e le ferie costituiscono due istituti aventi natura e carattere totalmente diversi e non ‘‘interscambiabili’’. Pertanto, la fruizione delle ferie non va ad incidere sul godimento dei permessi di cui all’art. 33, Legge n. 104/1992. Pertanto, non appare possibile un proporzionamento degli stessi permessi, in base ai giorni di ferie fruiti nel medesimo mese.
 
Claudio Guidobaldi

 

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1. Nonostante la legislazione attuale non abbia definito mai la nozione di “patologie invalidanti”,un utile punto di riferimento per l’individuazione di queste patologie è rappresentato dall’art. 2, comma 1, let. d), del D.I. n.278 del 21 luglio 2000, n. 278.
2. La circolare INPS 128/2003haprecisato che i soggetti, affetti da sindrome di Down, ai fini della fruizione dei benefici di cui alla legge 104/92, possano essere dichiarati in situazione di gravità, oltre che dall’apposita Commissione ASL anche dal proprio medico di base, previa richiesta corredata da presentazione del “cariotipo. Inoltre, data l’irreversibilità della sindrome sono dispensati da ulteriori successive visite e controlli.
3. La Circolare INPS 128/2003 ha precisato che per la fruizione dei benefici di cui all’art. 33 della legge 104/92 per i grandi invalidi di guerra, l’attestato di pensione rilasciato dal Ministero del Tesoro (Mod. 69) o di copia del decreto concessivo della stessa, può validamente sostituire la certificazione di handicap in situazione di gravità rilasciata dalle competenti Commissioni ASL.
4. Fanno eccezione a tale presupposto le seguenti condizioni: a) interruzione del ricovero da parte del disabile per effettuare visite e terapie appositamente certificate; b) ricovero del disabile in stato terminale; c) ricovero di un minore per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza.
5. “La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite” (art. 74 c.c.), mentre “L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge” (art. 78 c.c.). Si definiscono parenti di: a) primo grado: figli e genitori (linea retta); b) secondo grado: fratelli e sorelle; linea collaterale: sorella, padre (che non si conta), sorella; nipoti e nonni; linea retta: nipote, padre, nonno (che non si conta); c) terzo grado: nipote e zio; linea collaterale: nipote, padre, nonno (che non si conta – zio); bisnipote e bisnonno; linea retta: bisnipote, padre, nonno, bisnonno (che non si conta).Si definiscono affini di: a) primo grado: suocero e genero (in quanto la moglie è parente di primo grado con il proprio padre), suocero e nuora; b) secondo grado: marito e fratello della moglie (in quanto la moglie è parente di secondo grado con il proprio fratello), moglie e sorella del marito etc.. c) terzo grado: zio del marito rispetto alla moglie (lo zio è parente di terzo grado rispetto al marito-nipote), zia della moglie rispetto al marito ecc..Tra marito e moglie non vi è rapporto di parentela o affinità ma una relazione detta di coniugio.

 

 

 

 

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