Riforma dell’art.18: il vero obiettivo è licenziare i dipendenti pubblici

 Riforma dell’art.18: il vero obiettivo è licenziare i dipendenti pubblici

 

 
Mario Monti ed Elsa Fornero hanno presentato (4 aprile 2012) le novita’ del ddl sulla riforma del lavoro; come al solito,  nel documento mancano  la data e la copertura economica (che volete, queste cose sono quisquilie!).
In sintesi, il giudice potrà  – in caso di licenziamento senza giusta causa del lavoratore – optare per l’indennizzo oppure per  il reintegro. Anche in caso di licenziamento per motivi economici il datore di lavoro dovrà dimostrare che la decisione assunta non sia palesemente infondata. Insomma, se il posto di lavoro non è stato soppresso, si ha la “manifesta insussistenza” e quindi il reintegro.
Fin qui tutto bene. Rimangono però delle situazioni poco chiare che consentiranno ulteriori possibilità di licenziamento: il caso in cui il Giudice – non riscontrando la “manifesta insussistenza” ed  avendo accertato il licenziamento senza giustificato motivo- approvi  soltanto l’indennizzo (max 24 mensilità) senza reintegro .
Secondo il premier tecnico, Mario Monti, l’obiettivo della riforma del lavoro è la "riduzione permanente del tasso di disoccupazione". La ministra Fornero ha poi precisato che "tutte le economie con basso tasso di disoccupazione hanno flussi in entrata e in uscita più rilevanti". Poi Mario Monti ha anche affermato che “è una riforma importante, difficile da capire e da spiegare”. Insomma, ci troviamo di fronte ad un premier tecnico che non sa spiegare la sua riforma.
Risulta abbastanza evidente però che  secondo entrambi  i tecnici la disoccupazione si elimina introducendo la possibilita’ di licenziare con grande facilità e di assumere con altrettanta fattibilità. Insomma, una genialità tecnica di rilievo.
Una riforma del lavoro – quindi –  che in pratica lascia quasi invariata la situazione precedente per il settore privato . Molto rumore per nulla?  Assolutamente no! Perché per il settore pubblico, invece, il tecnico governo con una serie di equivoci e inganni ha portato a termine l’opera di demolizione dell’articolo 18.
Infatti, all’art. 2 del ddl sulla riforma del lavoro si legge testualmente: “Le disposizioni della presente legge (…) costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. E prosegue il testo: “A tal fine il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche”.
E’ bene ricordare che ai sensi del Dlgs 165/2001 “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative
Se teniamo presente che direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, ha affermato che “dovremmo porci anche la prospettiva dei tagli nel pubblico impiego[1]. E’ chiaro che coloro che dovranno temere per il proprio posto saranno i lavoratori del Pubblico impiego.
Infatti, secondo la nuova formulazione, il licenziamento è legittimo ed è  possibile se la mansione soppressa  viene ridistribuita tra i dipendenti rimasti. L’Amministrazione pubblica (datore di lavoro) potrà, quindi, licenziare per motivi economici; sarà sufficiente riassegnare la funzione eliminata agli altri dipendenti (vedi gli uffici che da anni sono sottodimensionati).
Quindi è del tutto evidente che Mario Monti e la Fornero preparano l’Italia ai licenziamenti nella pubblica amministrazione. Insomma la precarizzazione dei lavoratori della pubblica amministrazione è stata avviata; la possibilità di licenziare i lavoratori della scuola è una drammatica situazione che si palesa all’orizzonte.
Noi siamo certi che la disoccupazione può essere eliminata soltanto creando nuovi posti di lavoro, intervenendo con apposite  norme per eliminare con decisione la corruzione e l’evasione fiscale, per contrastare con azioni efficaci le mafie, mettendo gli speculatori finanziari nelle condizioni di non nuocere all’economia reale.
Occorre recuperare, riavvicinare l’economia e l’etica, perché,  come afferma Amartya Sen,  “la natura dell’economia moderna ha subito un sostanziale impoverimento a causa della distanza venutasi a creare tra l’economia e l’etica[2]
Fondamentale per uno Stato democratico è mettere assieme etica ed economia tramite una azione politica che tenga ben presente che “fine dello stato è il vivere bene[3]
Questo tecnico governo invece predilige un approccio semplicistico alle questioni economiche: tagli di posti di lavoro nella pubblica amministrazione, retribuzioni più basse, facilità di licenziare.
Desideriamo che  finalmente la Politica, sottoposta al giudizio democratico dei cittadini, recuperi il suo impegno primario, riprenda la barra del Governo per assicurare ad ogni uomo la possibilità di vivere bene.
 
Orazio Ruscica
 


[1] La trasmissione “Omnibus” di La7- 3 gennaio 2012
[2] Amartya Sen, Etica ed economia, Editori Laterza, 2010, pag.14
[3] Aristotele, Politica, 1240b, 40
 
Snadir – Professione i.r. – 6 aprile 2012 

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