Il Sapere religioso e la formazione della persona. Convegno a Firenze 27/11/2008

Interessante Convegno di Aggiornamento a Firenze


Il Sapere religioso e la formazione della persona


Intenso e vivace dibattito sui problemi dell’ora alternativa nella scuola


 


   “Non posso voltare la schiena alla religione, perché essa è anche all’origine della mia cultura. Così, anche se non credo in Dio, la sua presenza nella mente di moltissimi esseri umani mi riguarda e mi interessa”.
Con la citazione dello scrittore israeliano A. B. Yehoshua, una citazione che nei suoi interventi sta diventando classica dato che esprime a pieno il rapporto che, anche come sindacato, intendiamo porre tra laicità e Insegnamento della religione cattolica, si è aperto a Firenze il Convegno di studi Il sapere religioso e la formazione della persona. L’autorevolezza, sia intellettuale che istituzionale, dei relatori (On. Rocco Buttiglione, i proff. Giovanni Ferretti, Paolo Moneta, Arnaldo Nesti e Piero Stefani), il luogo strategicamente scelto (Firenze è la diocesi in Italia in cui è più alto il numero dei non avvalentesi), la tematica trattata possono far pensare anche ad un piccola svolta epocale nella vita dell’Adr e del nostro sindacato.
   Dopo la riflessione, la lotta per i raggiungimento dello stato giuridico per gli Insegnanti di religione, l’attivazione del concorso e il conseguimento del ruolo, anche se alcuni problemi sono ben lungi dall’essere risolti e pur non abbandonando l’impegno a proseguire su questa strada, si tratta ora di proporre anche un’altra pista di riflessione.
   Il sapere di cui siamo portatori, la visione dell’uomo che ci caratterizza, la presenza nella storia di ieri e di oggi, possono essere davvero patrimonio esclusivo di chi sceglie di avvalersi dell’insegnamento di religione?
Siamo noi così poco fiduciosi nel nostro lavoro da pensare che altri ragazzi possono crescere altrettanto bene senza il contributo educativo nostro o di un’alta riflessione di pari livello?
   Non pensiamo a quali prospettive esistenziali verranno a mancare a dei ragazzi che, pur non essendo nostri alunni, sono comunque parte del nostro vissuto e della nostra storia, se ad educarli sarà unicamente un gruppo di discipline afferenti ad un sapere meramente tecnologico e cosalizzante?
   So benissimo che non abbiamo l’esclusiva di un contributo di tal genere, do per scontato che nella scuola e nella vita di tutti i ragazzi “avvenga” quella comunicazione che apre alla dimensione dell’alterità, scritto magari con la lettera maiuscola, anche nei modi più impensati.
   Eppure continuo a credere che, senza un riferimento alla trascendenza, in un panorama che, come ha detto sempre Orazio Ruscica citando Giovanni Floris, “condanna alcune discipline a ruoli marginali, quando non inutili, comunicando al tempo stesso una precisa materialistica (nel peggiore senso del termine) concezione di vita, a molti dei ragazzi che non frequentano l’insegnamento della religione cattolica risulterà difficile
   Molte e di vario tipo sono state le proposte, dall’analisi sociologica di A. Nesti, all’idea lucida, ma forse irrealizzabile nel momento attuale, di P. Stefani; chi scrive però è stato particolarmente sollecitato dalla relazione di Giovanni Ferretti, docente di filosofia teoretica, che presentando un quadro straordinariamente ricco di riferimenti filosofici e teologici, ha evidenziato quella linea di continuità che, partendo dall’esperienza dell’autotrascendenza e dall’esperienza dell’altro come elemento indispensabile per la mia crescita individuale, arriva alla trascendenza kenotica di Gesù il Cristo, alla trascendentalità cristiana come condivisione del nostro stato di uomini, ma anche come proposta di un bene che, assumendo il male dentro di sé e non rovesciandolo sull’altro, ci apre alla prospettiva di una realizzazione del regno di Dio qui ed ora.
   Ed ecco che allora mi appare la possibilità di una nuova luce che viene ad illuminare più il nostro ruolo di Insegnamento della religione cattolica che non la realizzazione de un’ora alternativa finalmente significativa. Se il nostro compito diventa (come credo che molti di noi siano già convinti) la comunicazione del valore di un’antropologia che si rivolge alla trascendenza dell’altro perché si configuri come essere autenticamente umano, prima che cristiano (1), se il nostro lavoro, mentre cerca di contribuire alla relazione con il Totalmente Altro, riesce comunque a contribuire alla maturazione della necessità di pacifiche relazioni con l’altro che è vicino a noi, e magari anche in noi, allora forse la nostra ora di religione è quell’autentico spazio educativo di cui nessun bambino, nessun ragazzo può fare a meno a cuor leggero.
   Almeno, non senza una valida alternativa!


Luigi Cioni


Foto del Convegno


(1) Ma davvero queste cose possono essere separate? La lettura dell’incipit della Gaudium et spes mi farebbe pensare il contrario.


Snadir  – Professione i.r. – sabato 29 novembre 2008

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