DECRETO GELMINI: ANALISI DAL LIMBO

DECRETO GELMINI: ANALISI DAL LIMBO


  


   Una riforma, quella della Gelmini,  che non farà bene alla scuola. E di questo ne sono convinti gli studenti che hanno già dato il via a manifestazioni contro un decreto che non tiene conto delle opinioni di chi nel mondo della scuola ci lavora da anni e di chi, in questo stesso mondo, ripone le sue speranze per un futuro che possa garantire una vita dignitosa.
   Tanti i punti deboli della proposta Gelmini, che presto è destinata a diventare Legge (il 31 ottobre ci sarà infatti il voto del Senato). Basti pensare alla reintroduzione del maestro unico nelle scuole elementari, che nasconde, nonostante i tentativi di analisi pedagogiche, cela solo un’operazione di taglio al personale. Tutti siamo consapevoli che la scuola italiana non può permettersi sperperi, ma anziché giocare con i posti di lavoro degli insegnanti, tanto vale evitare le diecimila lavagne interattive del progetto “Innova Scuola”, e spendere quei soldi per aggiornare gli molti insegnanti e rendere magari più idonei i loro stipendi, mettendoli in linea con quelli dei colleghi europei.
   Per quanto riguarda il mondo di cui mi accingo a far parte, ossia l’Università, desumo queste informazioni dal Bollettino d’Ateneo dell’Università di Catania: “I provvedimenti del governo Berlusconi prevedono dal 2009 al 2013 una riduzione progressiva del Fondo di Finanziamento Ordinario dell’11%, con conseguenti tagli – resi ancor più pesanti dal ripristino della tesoreria unica – che gli Atenei dovranno apportare alle risorse destinate a ricerca, assegni, borse di dottorato e servizi. Il turn over per il personale docente e tecnico-amministrativo sarà limitato fino al 2012 al 20% dei pensionamenti e successivamente al 50%, precludendo così l’inserimento lavorativo a giovani studiosi costretti pertanto a una massiccia migrazione, riducendo la platea degli strutturati a vantaggio dell’ampliamento del precariato, strozzando l’offerta formativa, i servizi e il buon funzionamento della gestione tecnica e amministrativa.
Saranno altresì intaccate le condizioni retributive, già basse, del personale docente e di quello non docente; per quest’ultimo si prevede inoltre la riduzione del Fondo per il finanziamento della contrattazione integrativa. Il riferimento alla possibilità di trasformare le Università pubbliche in fondazioni private che, com’è noto, non sono tenute a rispettare per le tasse il tetto del 20% sul FFO, fa ben comprendere le reali intenzioni del Governo e della Confindustria: lasciare alla deriva l’Università pubblica, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, a vantaggio di alcune aree cosiddette di eccellenza. Un disegno che va contro gli interessi dello sviluppo del nostro Paese, che richiederebbe laureati in maggior numero e di migliore qualificazione, più ricerca di base e innovazione. Nessuno intende giustificare eventuali sprechi, disservizi, e bassa qualità. Al contrario, una seria valutazione del sistema presuppone risorse adeguate al suo funzionamento e al suo sviluppo. Siamo dunque in presenza di un disegno che va fermato e che non può vederci spettatori acritici e passivi. In tale contesto, l’Ateneo di Catania è chiamato, a partire dai suoi vertici, ad una responsabile e immancabile missione di sensibilizzazione culturale e democratica del territorio
.”
   Per i motivi sopracitati la facoltà di Lingue dell’università di Catania ha già proclamato lo stato di agitazione e non è difficile che ben presto venga seguita da altre facoltà e altri atenei.
   Il taglia-taglia della Gelmini non piace a molti, ma di questi tempi, con un governo che fa il bello e il cattivo tempo e tende ad estromettere sempre più i cittadini dalla partecipazione attiva, non so quanto le lotte studentesche possano essere efficaci. Di certo noi non staremo mai zitti, sperando che un giorno arrivi qualcuno, dalle “alte sfere” a chiederci quali sono le nostre reali esigenze in un sistema scolastico che, se non imparerà ad ascoltare le voci di chi al suo interno vive e lavora, non arriverà mai molto lontano.


Serena Cannizzaro


Snadir – giovedì 9 ottobre 2008

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