La scuola italiana vittima di un gioco al massacro: è ora di smetterla!
Da qualche settimana impazza un nuovo gioco con cui alcuni personaggi di spicco nel panorama politico-economico italiano si dilettano. E’ il “taglia taglia”. Consiste nello spararla più grossa sui tagli da effettuare nella scuola per avere diritto al premio “Attila” (ovvero “dove passo non cresce neppure l’erba”).
Il 12 ottobre scorso il Governatore della Banca d’Italia, in audizione davanti alle Commissioni di Camera e Senato, ha dichiarato: “L’innalzamento del numero medio di studenti per classe, se effettuato attraverso la riorganizzazione e l’aggregazione degli istituti scolastici, può consentire di sfruttare pienamente le risorse del sistema senza incidere sulla qualità del servizio (…) La qualità dell’insegnamento sembra dipendere meno dal numero degli insegnanti e più dalla loro motivazione“.
Cioè è meglio avere pochi insegnanti ma buoni.
A seguire troviamo l’intervento del Ministro Padoa-Schioppa che propone l’aumento del rapporto alunni/classe dello 0,4% in modo tale da diminuire ogni anno il personale docente di circa 20.000 unità.
Interviene sul Corriere della sera il Prof. Pietro Ichino che suggerisce di incominciare ad essere più cattivi nei confronti dei docenti assenteisti. E in particolare propone di licenziare gli insegnanti “fannulloni” cosicché da risparmiare, come zio Paperone, cent dopo cent per mettere insieme una “fortuna”.
Risponde il Ministro Fioroni che, per dimostrare di essere in sintonia col Prof. Ichino, si vanta di aver già liquidato in cinque mesi due professori.
Il Ministro, poi, quasi per un moto di orgoglio per il dicastero che dirige, giustamente afferma che insegnanti “fannulloni” ce ne sono pochi e che sono i meno assenteisti tra il personale della pubblica amministrazione.
Il Prof. Ichino, ricordiamo, già dirigente della CGIL, vuole introdurre la libertà di licenziare utilizzando strumenti più snelli per migliorare la qualità degli insegnanti e dell’insegnamento.
Senza voler difendere in alcun modo casi come quelli portati ad esempio dal Prof. Ichino (che vanno severamente perseguiti con l’aiuto delle leggi già esistenti), non crediamo assolutamente che la minaccia di licenziamenti facili diventi lo strumento idoneo per migliorare la qualità dell’offerta formativa.
Non dimentichiamo che un conto è produrre bulloni e un altro è insegnare (senza offesa per i produttori di bulloni); lo diciamo con ironia, come Freud: insegnare ed educare sono mestieri impossibili.
Non siamo d’accordo con il Ministro Padoa-Schioppa nel proporre in Finanziaria 2007- ci auguriamo infatti che il Governo riveda tale decisione – l’aumento del rapporto alunni/classe, perché se vogliamo attivare “idonei interventi finalizzati al contrasto degli insuccessi scolastici” e assicurare a tutti gli studenti il successo scolastico, non è pensabile incrementare il numero degli alunni per classe. E’ chiaro che “pochi insegnanti ma buoni” e “più alunni” non soddisfa l’esigenza di progettare e svolgere percorsi individualizzati per contrastare l’insuccesso scolastico degli studenti. A meno che non si voglia introdurre il principio di una scuola di élite.
A noi piace una scuola democratica, dove anche chi parte da una situazione di svantaggio venga messo nelle condizioni di raggiungere il successo scolastico al pari di chi non ha bisogno di alcun particolare intervento didattico.
Una scuola che non lasci indietro nessuno e che si adoperi per la crescita culturale e personale degli studenti.
Una scuola che combatta “l’impoverimento culturale, l’analfabetismo di ritorno, il fallimento formativo, la dispersione scolastica”. Per fare ciò occorrono certamente docenti motivati. Come motivarli, allora? Certamente innalzando l’autorevolezza degli insegnanti e dando loro dignità.
Dignità spesso negata nei fatti con contratti di lavoro che si aprono con notevole ritardo (in media dopo due anni dalla scadenza) e che si chiudono con un beneficio economico di pochi euro mensili.
Dignità che spesso è negata quando si nota con grande disappunto che gli insegnanti di scuola elementare (stipendio iniziale 17.582,23) sono più ricchi dei gioiellieri (16.644 euro annui).
Se, come dice il prof. Ichino, si volesse davvero incominciare a recuperare qualche cent, sarebbe necessario far pagare le tasse a chi ostentando un tenore di vita elevato dichiara, invece, redditi annui da fame.
Ma, ritornando agli insegnanti, è necessario rimotivarli, magari assicurando loro stipendi adeguati alla professione che svolgono, rispettando le scadenze del rinnovo contrattuale e investendo molto sulla formazione continua. «Non solo le riforme non si fanno “senza insegnanti”, ma la “vera” riforma è la formazione degli insegnanti» (E. Damiano).
Ed è bene, allora, reperire risorse nella spesa pubblica per investire nell’istruzione e nella formazione, invece che tagli “razionalizzati”. Così come peraltro indica il Consiglio europeo di Barcellona nel 2002: “Sebbene le finanze pubbliche dei paesi dell’UE siano sottoposte a maggiori restrizioni, questo è un campo nel quale l’Europa non può permettersi di risparmiare“.
Orazio Ruscica
Segretario Nazionale Snadir
Snadir – 27 ottobre 2006
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