Stato_Giuridico_due/Discussione_votazione_in_aula_4_12_2002.asp

Resoconto stenografico
dell’Assemblea
Seduta n. 234 del 4/12/2002

Seguito della discussione del disegno di
legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
ordine e grado (2480) e delle abbinate proposte di legge:
Molinari; Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia;
Landolfi; Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi
Pepe; Antonio Barbieri (561-580-737-909-1433-1487-1493-1908-1972)
(ore 18,05).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della
discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica degli istituti
e delle scuole di ogni ordine e grado; e delle abbinate
proposte di legge d’iniziativa dei deputati: Molinari;
Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi;
Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio
Barbieri.
Ricordo che nella seduta del 2 dicembre 2002 si è
svolta la discussione sulle linee generali.
La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente
calendario (vedi calendario).
(Esame degli articoli – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli del disegno
di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha
espresso il prescritto parere, distribuito in fotocopia
(vedi l’allegato A – A.C. 2480 sezione 1).
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio)
ha espresso il prescritto parere, distribuito in fotocopia
(vedi l’allegato A – A.C. 2480 sezione 2).
(Esame dell’articolo 1 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 1 e delle
proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
A – A.C. 2480 sezione 3).
Ha chiesto di parlare l’onorevole Capitelli. Ne ha facoltà.

PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, colleghi, da molti
anni gli insegnanti di religione cattolica… mi scusi,
signor Presidente, ma è difficile parlare in queste
condizioni…
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole collega, le chiedo scusa.
Le faccio poi recuperare il tempo a sua disposizione.

Colleghi, vi prego di prendere posto e di consentire alla
collega di svolgere il suo intervento. Prego i colleghi
che si trovano al banco del Comitato dei nove… Onorevole
Sasso, la prego di prendere posto perché la collega
deve svolgere il suo intervento.
Prego, onorevole Capitelli.
PIERA CAPITELLI. Da molti anni gli insegnanti di religione
cattolica si trovano in un’ingiusta condizione di precarietà
che necessita di essere superata. Non sono certo i soli,
ma sono però gli unici in questo momento ad avere
l’opportunità di veder concludere questa fase della
loro carriera e storia personale, caratterizzata da incertezze
e promesse non mantenute. Non sono i soli perché
il Governo, anziché accelerare le misure normative
individuate dal centrosinistra per superarla, ha fatto
della precarietà una scelta di sistema.
A fronte di 60 mila posti vacanti, vi sono state solo
18 mila immissioni in ruolo: questo è il risultato
dell’azione compiuta quest’anno dal Governo ed è
il fatto più importante che conferma che questo
Governo ritiene utile disporre di personale non stabilizzato.

Vi è dell’altro: l’incertezza e l’alimentazione
della guerra tra poveri, prima attraverso la modifica
della legge n. 124 del 1999, con l’unificazione della
terza e della quarta fascia per l’immissione in ruolo,
e ora attraverso le ventilate contraddittorie notizie
di modifiche dei punteggi di cultura e di servizio, sono
un’ulteriore conferma dello scarso rispetto del Governo
e della maggioranza nei confronti dei lavoratori a tempo
determinato, tanto più che all’orizzonte non vi
è il miglioramento del sistema di formazione e
di reclutamento dei docenti (magari attraverso un leale
confronto parlamentare con le opposizioni), bensì
l’ipotesi della chiamata diretta (vale a dire la privatizzazione
del sistema di reclutamento).
Tornando agli insegnanti di religione cattolica, ciò
che ho descritto è il clima in cui ci si accinge
a varare una legge finalizzata a dare uno stato giuridico…

PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, la prego.
PIERA CAPITELLI. …agli insegnanti di religione che,
in sé, sarebbe stata giusta se fossero state tenute
sotto controllo alcune problematiche delicate e fortemente
legate alla complessità di questa materia, quali
la mobilità. Invece, si è agito con noncuranza
dei problemi veri e con una determinazione…
PRESIDENTE. Onorevole Perrotta, l’ho pregata, grazie.

PIERA CAPITELLI. …finalizzata ad accreditarsi presso
le autorità ecclesiastiche. Non credo ci si riferisca
ad altro soggetto, perché questo provvedimento
rischia di essere molto popolare perché ingiusto.

Il problema del superamento del precariato si pone in
un modo del tutto peculiare per questi lavoratori, la
cui condizione è in gran parte predeterminata dal
nuovo concordato e dai successivi accordi con la Santa
sede e con la CEI, su cui lo Stato italiano d’altronde
si è impegnato.
PRESIDENTE. Onorevole Mariani, la prego!
PIERA CAPITELLI. Tuttavia, dopo anni di esperienza e mantenendo
inalterato l’impegno a riconoscere una rilevanza pubblica
del fatto religioso e a riconoscere il metodo pattizio,
avrebbero potuto essere ripensate alcune modalità
di applicazione della normativa vigente, che hanno manifestato
limiti obbiettivi, a partire dalla disciplina della revoca
da parte dell’ordinario diocesano che, in più di
un caso concreto, investendo non soltanto la conformità
dottrinale, ma anche quella dei comportamenti privati,
ha portato a varie perplessità e ricorsi. E invece
sono state preferite…
PRESIDENTE. Onorevole Capitelli, la prego di parlare avvicinandosi
al microfono.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, è molto difficile
parlare: sto gridando.
Invece sono state preferite strade brevi che rischiano
di fare apparire gli insegnanti di religione dei privilegiati
che, senza il superamento dello specifico concorso per
altre discipline diverse dalla religione, potranno, in
caso di revoca dell’incarico da parte dell’ordinario diocesano
o in caso di contrazione di organico, transitare ad altri
ruoli a danno di altri colleghi. Un bel pasticcio! Lo
Stato, in caso di revoca, si farebbe carico di una scelta
compiuta da altri, danneggiando terzi: un bel capolavoro!

Non si è nemmeno pensato di esigere come requisito
per l’accesso al concorso per gli insegnanti di religione
il possesso della doppia laurea.
L’articolo 4, sul quale il mio gruppo sicuramente tornerà
– si tratta senz’altro del punto più delicato di
tutto il provvedimento -, andrebbe decisamente riscritto
e quanto meno dovrebbero essere approvati i nostri emendamenti
finalizzati alla riduzione del danno.
A proposito dell’articolo 1, occorre dire invece che la
scelta di sopprimerne molti commi non si identifica, quanto
meno nelle intenzioni di molti, con la scelta di non dare
uno stato giuridico agli insegnanti di religione, bensì
con l’esigenza di dimostrare che esistevano più
strade per affrontare e risolvere il problema. Molti emendamenti
del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo dimostrano
che ciò sarebbe stato possibile.
Vorrei ricordare che una delle nostre linee emendative,
quella finalizzata alla riduzione del danno e a cercare
un’interlocuzione seria con la maggioranza, oltre a tutelare
gli insegnanti di religione in caso di contrazione di
cattedre, valorizza e rafforza il ruolo culturale e professionale
degli insegnanti di religione. Questo infatti è
il senso che abbiamo voluto sottolineare nel porre come
condizione per l’accesso ai concorsi il doppio titolo,
quello previsto dall’intesa per insegnare religione ed
un diploma di laurea valido per l’ammissione ai concorsi
ad altri posti di insegnamento.
In Commissione non abbiamo avuto alcuna risposta alle
nostre proposte. Voteremo quindi contro questo provvedimento
se non ci saranno cambiamenti nel corso di questa discussione.
Non ho molto speranza, considerata la scarsa attenzione…

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, la prego.
PIERA CAPITELLI. …nei confronti di quello che stiamo
proponendo, ma non si dica però che la sinistra
non vuole sanare la situazione di precarietà degli
insegnanti di religione. La sinistra voleva un confronto
vero ed approfondito: sino ad ora questo non c’è
stato. Vedremo nel corso della discussione (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Duilio.
Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei
svolgere un breve intervento che intende riprendere le
motivazioni più significative, a nostro avviso,
perché si possa definire positivo questo provvedimento.

Noi riteniamo che questa legge rappresenti un provvedimento
positivo per molteplici ragioni. Innanzitutto, senza caricare
la questione eccessivamente di enfasi ideologica – giacché
sarebbe del tutto fuori luogo – noi crediamo si tratti
di un provvedimento dovuto nei riguardi di moltissimi
lavoratori – mi riferisco agli insegnanti di religione
– che per moltissimi anni, nel nostro paese, hanno lavorato
fianco a fianco, nel corpo docenti delle nostre scuole,
per insegnare una "materia", la religione –
lo voglio ricordare: la religione, non il catechismo,
perché anche noi siamo convinti che il catechismo
debba essere oggetto di percorsi formativi che si svolgono
in altre sedi – che si richiama alla storia, alla cultura
e alla spiritualità del nostro paese.
Noi riteniamo che un paese democratico, in un’accezione
non solo positivistica del diritto, debba sostanzialmente
riconoscere, come dice la nostra Costituzione, ciò
che esiste nella realtà. Peraltro, stiamo parlando
di una "materia" pervasiva, una materia, oserei
dire, che definisce i connotati culturali di un paese,
anche di chi non si riconosce strettamente in una fede
religiosa. Quindi, senza caricare di eccessiva enfasi
questo problema, noi riteniamo si tratti di un atto dovuto,
che forse sancisce il carattere di laicità del
nostro paese, del nostro Stato, proprio perché,
con grande serenità e tranquillità, prende
atto di una situazione che esiste. Peraltro, come centrosinistra,
noi avevamo già cominciato il percorso e solo a
causa della fine della legislatura non lo abbiamo potuto
concludere.
Si tratta di un atto dovuto, come dicevo, nei riguardi
di molti lavoratori che si dedicano all’insegnamento di
questa materia; si tratta di un atto che fotografa un
sentire comune, un sentire diffuso e una domanda consistente
che viene confermata – lo voglio ricordare – ogni anno,
allorché si chiede alle nostre scuole di insegnare
la religione.
Detto questo, vorrei dire due parole sugli emendamenti
relativi all’articolo 1, rivolgendomi anche ai colleghi
della sinistra. Certamente io non appartengo né
personalmente né come formazione politica alla
schiera di chi vuole strumentalizzare questa vicenda e
comprendo benissimo alcune questioni che sono state poste.
Noi ci siamo distinti, in particolare, per quanto riguarda
l’articolo 1 – e forse anche più complessivamente
– perché riteniamo sia giusto immettere in ruolo
questo personale, questi insegnanti, dal momento che –
e su questo si è giocata una distinzione che non
voglio rimarcare – ragionando sull’altra possibile soluzione,
abbiamo ritenuto che individuare, anno per anno, uno strumento
come il contratto a tempo determinato sarebbe stato, sul
piano fattuale, una deminutio, come strumentazione, e,
sul piano più concettuale, probabilmente non molto
giusto rispetto alle ragioni di fondo che richiamavo poco
fa.
Per quanto riguarda invece gli emendamenti che abbiamo
presentato, vorrei richiamarne solamente due, che riteniamo
abbastanza qualificanti e che offro ai colleghi del centrodestra,
sperando che gli stessi li prendano in considerazione.
Vorrei dire ai colleghi del centrodestra che noi, nel
riconoscere il carattere laico del nostro Stato che, su
questa materia, ha una sua obiettiva, intrinseca delicatezza,
della quale dobbiamo essere consapevoli, dobbiamo anche
evitare che, per eccesso di zelo, si determinino, all’interno
del nostro ordinamento e della nostra realtà scolastica,
dopo che avremo sanato questo problema, delle nuove "guerre
di religione" – un’espressione che può sembrare
un po’ originale -, cioè una situazione in cui
gli insegnanti che non insegnano religione e che magari
attendono di essere immessi in ruolo si possano sentire
discriminati.
In questo senso, abbiamo presentato due proposte emendative.
Una di esse riguarda l’elenco per il quale crediamo si
debba far riferimento ai titoli previsti dall’Intesa perché
questa è, tra l’altro, materia concordataria. Vorrei
ricordare, in questa sede, che si tratta di titoli conseguiti
attraverso percorsi che ampliano il bagaglio culturale
(non mi riferisco soltanto alle materie teologiche), rendendo
il grado di acculturamento che si raggiunge nelle nostre
facoltà assolutamente assimilabile – se non addirittura
superiore – a quello che si raggiunge in altre facoltà
universitarie. Ovviamente, mi rivolgo a coloro che ritengono
che gli insegnanti di religione non abbiano una cultura
adeguata: si sbagliano. Tuttavia, credo che questo elenco,
dal punto di vista giuridico, non risponda ad una concezione
esatta, perché, se non teniamo conto del punteggio
conseguito nelle prove d’esame (rendendo tale elenco,
di fatto, una vera graduatoria), si potrebbe determinare
qualche problema, anche in termini di parità di
trattamento all’interno dell’unica platea di personale
incardinata nei ruoli organici dello Stato. Ciò
potrebbe produrre, dunque, alcune conseguenze giuridicamente
– se non addirittura costituzionalmente – rilevanti.
Vorrei richiamare l’attenzione su un altro nostro emendamento
(in questo modo, eviterò di intervenire successivamente,
in sede di esame delle singole proposte emendative) riguardante
la mobilità del personale nel caso in cui venga
meno il presupposto per insegnare religione, o perché,
a seguito della libertà individuale che ha portato
a modificare i propri convincimenti e le proprie opinioni,
si è nella posizione in cui manca il presupposto
riconosciuto dall’ordinario diocesano – e quindi vi è
la revoca – o perché non c’è la richiesta
di tale insegnamento da parte degli alunni.
Parlando di dipendenti dello Stato, dobbiamo preoccuparci
di fare in modo che essi conservino il posto di lavoro;
si tratta, infatti, di persone che hanno una famiglia
e determinate esigenze. Dobbiamo evitare che questa diventi
una forma surrettizia attraverso la quale si è
abilitati ad insegnare altre materie seguendo un percorso
che, nei fatti, diventa "privilegiato" e che
va a ledere interessi ed aspettative di persone che, sul
territorio nazionale, hanno seguito percorsi personali
e familiari per acquisire un punteggio al fine di essere
incardinati nei ruoli organici dello Stato. Dobbiamo evitare
ciò perché rappresenterebbe un’ingiustizia,
a mio avviso, insopportabile. Abbiamo, in tal senso, presentato
una proposta emendativa; essa dispone che, quando viene
a mancare il presupposto per insegnare religione o si
passa ad un altro ruolo, quindi, conservando il posto
di lavoro, si potrà fare altro (lo dico in modo
esemplificativo non conoscendo tecnicamente la materia),
come il bibliotecario, oppure, se si vuole insegnare un’altra
materia (matematica, filosofia o altro, a condizione che
si sia in possesso dell’abilitazione), ciò non
può che avvenire attraverso l’inserimento in graduatorie
– insieme agli altri insegnanti che aspirano a conseguire
quel posto -, senza che questo determini surrettiziamente
una via privilegiata che sarebbe un’ingiustizia non sopportabile,
meno che mai in riferimento a quel concetto di laicità
dello Stato di cui ho parlato precedentemente.
Riteniamo che queste proposte emendative siano significative
e qualificanti per ricondurre la materia ad una praticabilità
che non crei una situazione di eccezionalità e
di particolarità nei riguardi di questo personale,
passando all’eccesso opposto, ossia dalla precarietà
che esisteva precedentemente ad una tutela che prescinde
da alcuni titoli che debbono essere posseduti e che li
parificano agli altri insegnanti. Invito il centrodestra,
la maggioranza, a tener conto di queste proposte emendative.

Se riusciamo a compiere questo lavoro che qualifica nel
merito il provvedimento che stiamo esaminando, potremo
dire, non solo di aver compiuto un salto di qualità
sul piano dei principi di uno Stato che riconosce ciò
che esiste nella realtà sul piano culturale, storico
e spirituale, ma anche di avere fatto un buon lavoro per
produrre una buona legge (Applausi dei deputati del gruppo
della Margherita, DL-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito
il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la
Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
emendative presentate all’articolo 1.
Ci tengo, tuttavia, a fare una valutazione. La Commissione
ha dedicato alla discussione di questo disegno di legge
molte ore e molte sedute, nel corso delle quali il contenuto
del provvedimento è stato molto approfondito. È
evidente, pertanto, che buona parte delle questioni è
stata già risolta positivamente in Commissione
con la collaborazione…
PRESIDENTE. Ad ogni modo, il parere è contrario;
questo è il dato.
Il Governo?
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
parere del Governo è conforme a quello espresso
dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Martella
1.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Gambale. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intendo dichiarare
e motivare il voto contrario del gruppo della Margherita,
DL-l’Ulivo su questo emendamento.
L’onorevole Capitelli ha svolto un intervento che ho molto
apprezzato. Ella ha affermato che il suo gruppo ha proposto
un’altra soluzione, non contraria a far uscire dalla condizione
di precariato questi insegnanti, ma diversa. Noi consideriamo
l’articolo 1 di questo disegno di legge un buon punto
di equilibrio che, peraltro, si pone in continuità
con il testo già approvato dal Senato, nella scorsa
legislatura, con il consenso del Governo dell’Ulivo. Anche
per questo lo sosteniamo. Ringraziamo, anzi, il Governo
per la disponibilità dimostrata, in quanto alcune
delle modifiche migliorative apportate durante il lavoro
in Commissione sono dovute al contributo dato dal gruppo
della Margherita, DL-l’Ulivo.
Desidero anche precisare, signor Presidente, affinché
questa discussione possa essere pacata e tranquilla, che
non stiamo parlando dell’insegnamento della religione
cattolica, ma degli insegnanti di religione cattolica,
cioè di alcuni lavoratori che da anni sono impegnati
nella scuola italiana, nella quale svolgono, spesso, anche
funzioni di responsabilità e di collaborazione
notevole con i capi di istituto e con gli altri docenti.
Dobbiamo ricordare che le norme concordatarie, rese esecutive
nel 1985, e l’intesa che ne è seguita chiedevano
al Parlamento di legiferare in questa direzione da oltre
diciassette anni. Ci abbiamo provato in varie legislature
senza riuscirci. Oggi, con soddisfazione, consideriamo
questa legge un buon punto di equilibrio. Sappiamo che
la materia è complessa, anche perché invade
la sfera dei rapporti dello Stato con un altro Stato,
quello Vaticano (più in là, entreremo anche
nel merito di alcune questioni riguardanti la revoca dell’idoneità).

Il gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo considera l’immissione
permanente in ruolo di questi docenti un punto di arrivo
importante. Voglio anche dire, con grande sincerità,
che troverete il mio gruppo sempre disponibile a lavorare
in questa direzione perché siamo coscienti che
la scuola italiana è immagine e fotografia della
nostra società, diventata, ormai, multietnica,
multirazziale ed anche multireligiosa. Perciò,
credo sia molto importante affrontare il tema della presenza
nelle nostre classi di ragazzi che professano altre religioni.

Ogni volta che si tratterà di guardare avanti per
venire incontro alle esigenze della nostra società,
ci troverete sempre d’accordo. Oggi, però, mettiamo
un punto fermo su una questione che riguarda questi lavoratori:
da diciassette anni, essi vivono in una condizione di
precariato; e credo sia giusto riconoscere loro, secondo
le forme e le modalità previste da questo disegno
di legge, uno status certo, una dignità professionale
e la certezza del loro lavoro!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Gambale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, desidero chiarire quale
sia il senso dell’emendamento Martella 1.7 di cui sono
cofirmataria.
Con esso intendiamo migliorare le condizioni di lavoro,
normative ed economiche, degli insegnanti di religione
cattolica nella scuola italiana, preoccupati – anche noi
– per il disagio che essi vivono. Del resto, in questa
direzione si sono mossi, negli ultimi decenni, i contratti
collettivi nazionali di lavoro.
Con questo emendamento noi proponiamo di rendere più
stabili questi miglioramenti, anche per quanto riguarda
la situazione previdenziale, i permessi per maternità
e quant’altro estendendo il trattamento economico e di
carriera, nella stessa misura di quello previsto per gli
insegnanti a tempo indeterminato in servizio nel corrispondente
ordine.
Quello che non ci sembra possibile è che esista
un organico stabile per una disciplina facoltativa. Io
credo che questo sarebbe assai contraddittorio con quanto
stabilito dal Concordato del 1984, quello firmato da Craxi
e Casaroli, che dopo lunga, approfondita e direi tormentata
discussione arrivò ed approdò alla formula
dell’avvalersi o non avvalersi, come superamento dell’obbligatorietà
dell’insegnamento della religione cattolica prevista dal
Concordato del 1929. Voglio ricordare che anche in quel
caso non si prevedeva il ruolo per gli insegnanti della
religione cattolica. Io credo che la facoltà di
avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento della religione
cattolica debba essere una scelta di libertà, così
come garantito e come ribadito da più di una sentenza
della Corte costituzionale. Perciò, la nostra proposta
consente ai docenti di religione cattolica di avere lo
stesso trattamento giuridico ed economico di tutti gli
altri insegnanti a tempo indeterminato, con esclusione
della mobilità professionale, ma compresa la mobilità
professionale nella pubblica amministrazione, in caso
di perdita di posto per contrazione dell’organico o anche
per la revoca della idoneità da parte dell’autorità
diocesana.
Vorrei ricordare che tutti i disegni di legge presentati
nella scorsa legislatura prevedevano che con il ritiro
dell’idoneità prevista dall’autorità diocesana
ci fosse la risoluzione del rapporto di lavoro. Insomma,
il nostro intento è quello di garantire questi
lavoratori, ma all’interno di un quadro di rispetto costituzionale,
di rispetto delle norme pattizie e, soprattutto, di rispetto
dell’uguaglianza dei diritti di tutti lavoratori della
scuola. Va da sé che la nostra proposta emendativa
modifica anche la copertura finanziaria, perché
noi prevediamo l’uguaglianza di trattamento non solo per
il 70 per cento degli insegnanti di religione cattolica,
ma per tutti gli insegnanti che insegnano religione cattolica
nella scuola italiana.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto, a titolo personale, l’onorevole Bimbi. Le ricordo
che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, io avrei dovuto parlare
un attimo prima. Non esprimerò nessun voto durante
l’esame di questa proposta di legge, perché faccio
obiezione di coscienza rispetto al Concordato, in particolare
su questo punto specifico dell’insegnamento della religione
nelle scuole. La mia non è una posizione che vede
un pericolo per la laicità dello Stato, quanto
piuttosto per la libertà religiosa individuale,
per la libertà di insegnamento, quindi rispetto
all’articolo 2 e rispetto all’articolo 33 del della Costituzione,
in quanto, entrando nel ruolo della scuola pubblica, questi
insegnanti vedano condizionata sia la loro testimonianza
religiosa sia la loro libertà di insegnamento da
una autorità dalla quale non si vede come potrebbero
dipendere, dal momento che sono insegnanti di ruolo di
una scuola pubblica. Quindi, c’è un conflitto,
a mio avviso, tra il Concordato ed i principi costituzionali.
Non disconosco neanche molti aspetti positivi del Concordato,
ma in questa situazione ritengo che contrasti con la libertà
individuale che è il primo principio per cui si
fanno anche i concordati e le intese.
Io, però, non intendo essere dichiarata assente,
perché la mia posizione riguarda la discussione
in atto; tuttavia, non intendo appoggiare la mia scheda
elettronica sul mio dispositivo di votazione. (Applausi
di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, le ragioni della
contrarietà che esprimerò su tutti gli articoli
e nel voto finale sul provvedimento in esame sono state
esposte nella discussione generale, ed ancora adesso,
dall’onorevole Alba Sasso, nelle cui motivazioni mi riconosco
pienamente.
Che si possa pensare di immettere nel ruolo ordinario
degli insegnanti, senza i concorsi attraverso i quali
è selezionato il personale insegnante, e poi destinare,
nel caso che venga meno il consenso dell’ordinario diocesano,
tali insegnanti ad altre funzioni, è qualcosa che
non può essere accettato in alcuna maniera.
Capisco le ragioni per le quali è stata presentata
la proposta emendativa Martella 1.7, volta a parificare
il trattamento degli insegnanti che svolgono una funzione
che non può essere considerata organica all’insegnamento.

Voterò, quindi, a favore della proposta emendativa,
ma contro gli articoli del provvedimento legislativo in
esame e contro lo stesso nel voto finale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Martella 1.7, non accettato
dalla Commissione né dal Governo e sul quale la
V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 351
Astenuti 5
Maggioranza 176
Hanno votato sì 136
Hanno votato no 215.
Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso Gianni
1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, la proposta emendativa
che ci apprestiamo a votare è analoga, anche se
formalmente non identica, alla precedente, per cui è
stata distinta giustamente dagli uffici competenti. È
separata dalla precedente proposta emendativa non solo
per l’assenza della copertura, che in tal caso non mi
sembrava necessario esplicitare, quanto per il fatto che
gli insegnanti di religione cattolica, a cui ci riferiamo,
sono quelli nominati annualmente, in base alle indicazioni
delle competenti autorità diocesane.
Si tratta di una precisazione che qualcuno ha ritenuto
superflua, ma che, invece, non lo è, in quanto
ribadisce il principio della nostra contrarietà
all’impianto del provvedimento in esame sull’immissione
in ruolo dell’insegnante di religione, e nello stesso
tempo ribadisce, però, che nel momento in cui tali
insegnanti ci sono, essi hanno diritto a garanzie, sebbene
abbiamo obiezioni di fondo rispetto al fatto che la religione
cattolica abbia un privilegio all’interno della scuola
pubblica (ed io non faccio obiezione di coscienza al Concordato,
in quanto, se non sono d’accordo con lo stesso, coerentemente,
voto contro tale provvedimento, dal momento che disponiamo
dello strumento delle votazioni parlamentari, che è
superiore all’obiezione di coscienza, per esprimere la
nostra contrarietà sia verso gli articoli del provvedimento
in esame sia nella votazione finale dello stesso), pur
tuttavia, ci rendiamo conto che si tratta, comunque, di
lavoratrici e lavoratori, rappresentanti di una parte
sociale a cui siamo molto sensibili; quindi, pur ribadendo
le molteplici precisazioni sul loro status giuridico,
siamo favorevoli, nella costanza del loro rapporto di
lavoro, a che il loro trattamento economico e di carriera
sia quello previsto dal contratto nazionale degli insegnanti
a tempo indeterminato nel corrispondente ordine scolastico.

Tali sono le ragioni della nostra proposta emendativa
di cui raccomandiamo all’Assemblea l’approvazione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 1.1, non
accettato dalla Commissione né dal Governo e sul
quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 360
Votanti 354
Astenuti 6
Maggioranza 178
Hanno votato sì 120
Hanno votato no 234).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
1.2 e Grignaffini 1.8, non accettati dalla Commissione
né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio)
ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 368
Votanti 360
Astenuti 8
Maggioranza 181
Hanno votato sì 111
Hanno votato no 249).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Alfonso
Gianni 1.3 e Guerzoni 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, ribadiamo la nostra contrarietà
all’articolo 1 e perciò, nella linea emendativa
illustrata dall’onorevole Capitelli mirante alla riduzione
del danno, proponiamo che dopo le parole "trattamento
economico" si aggiungano le seguenti:" per gli
insegnanti a tempo indeterminato". Tali proposte
emendative vanno quindi nella direzione già illustrata:
intendiamo tutelare questi lavoratori equiparando le loro
condizioni economiche e normative a quelle degli insegnanti
a tempo indeterminato, senza però garantire il
ruolo, cioè un organico definito e preesistente
alle domande ai fini dell’avvalersene o del non avvalersene
da parte degli studenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, i deputati del gruppo
della Margherita esprimeranno un voto contrario su queste
identiche proposte emendative, così come già
fatto sui precedenti emendamenti, perché è
evidente che queste tendono a sostituire l’impianto della
legge, da noi invece condiviso, rappresentato dall’immissione
in ruolo degli insegnanti di religione. Non si tratta
solo di garantire il trattamento economico, perché
questo è già previsto dalla contrattazione
collettiva! Anzi, già oggi, dal punto di vista
del trattamento economico, non vi è alcuna differenza!
Il problema riguarda, invece, il trattamento previdenziale
o la progressione di carriera: sostanzialmente, l’inserimento
degli insegnanti di religione così ed esattamente
come sono. Già oggi l’insegnamento della religione
– faccio riferimento all’intervento della collega Sasso
– è considerata materia curricolare, ed è
materia curricolare tant’è vero che gli insegnanti
di religione partecipano, insieme al resto del corpo docente,
ai momenti di valutazione finale degli alunni nonché
a tutti gli altri momenti attinenti ai diritti-doveri
degli insegnanti.
Non vi è quindi alcun dubbio che si stiano applicando
esattamente gli impegni assunti dal Concordato e che non
si stia affatto andando contro di esso! Anzi, siamo in
clamoroso ritardo nell’attuazione del Concordato con la
legge attuativa del 1985, e lo siamo proprio sulla parte
più rilevante, cioè lo status degli insegnanti
di religione. Mi pare, pertanto, che non vi sia alcunché
di incostituzionale e che, tantomeno, vi sia qualcosa
che vada contro il Concordato. Se la ragione è,
ovviamente, la contrarietà alla modifica del Concordato,
la rispettiamo, ma, lo ripeto, sarebbe fuorviante discutere
di questioni che non attengono al dibattito odierno. Per
queste ragioni esprimeremo un voto contrario sugli identici
emendamenti Alfonso Gianni 1.3 e Guerzoni 1.9.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, per proseguire il mio
dialogo con i colleghi della Margherita faccio presente
il carattere incongruo della posizione appena descritta
dal mio amico, onorevole Delbono; infatti la Camera ha
già purtroppo respinto l’emendamento a mia firma
1.2, identico all’emendamento Grignaffini 1.8: ebbene,
erano esattamente quelli gli emendamenti che tendevano
ad escludere l’inserimento nei ruoli e a mantenere il
principio della nomina ai sensi della legislazione vigente.

A questo punto, con l’articolo 1 che resta purtroppo in
vita così come proposto nel testo dalla Commissione,
si incontra il successivo mio emendamento 1.3, identico
a quello presentato dai colleghi Guerzoni, Sasso ed altri;
con questi, pur essendo tali insegnanti inseriti nei ruoli,
si prevede e si precisa che almeno il loro trattamento
economico sia quello previsto per gli insegnanti a tempo
indeterminato.
Francamente non comprendo il motivo per il quale, una
volta che ci avete battuti sul principio dei ruoli, vogliate
anche negare che il trattamento economico di questi insegnanti,
appunto inseriti nei ruoli contro la nostra volontà,
sia parificato a quello degli insegnanti a tempo indeterminato.
Si tratta di una contraddizione clamorosa, che i colleghi
della Margherita sarebbe bene sciogliessero definitivamente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
1.3 e Guerzoni 1.9, non accettati dalla Commissione né
dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha
espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 361
Votanti 351
Astenuti 10
Maggioranza 176
Hanno votato sì 116
Hanno votato no 235).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Alfonso
Gianni 1.4 e Nigra 1.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte
ad uno dei commi peggiori di questo articolo. Vorrei riuscire
a richiamare l’attenzione dei colleghi dal momento che,
forse, alcuni di loro hanno figli piccoli o comunque parenti
di questa età.
Il comma in questione prevede che nella scuola materna
ed in quella elementare l’insegnamento della religione
cattolica possa essere affidato ai docenti di sezione
o di classe riconosciuti idonei. In altri termini, l’insegnante
di un bambino (ciò è accaduto a mio figlio
quando aveva questa età) che frequenta la scuola
elementare (non cambia il fatto che sia una figura unica
o sdoppiata), la quale insegna tutte le altre materie,
improvvisamente ottiene un’investitura da parte della
diocesi e diventa insegnante di religione.
Cosa fa un padre che intende esercitare il diritto di
opzione, non potendolo fare ovviamente il bambino che
non ha possibilità di libera scelta? Un padre democratico
che ha un bambino di sette o otto anni lo consulta. Ebbene,
egli esercita un diritto che questo Parlamento ha stabilito
con legge, ossia il diritto di stabilire che il figlio
non segua l’insegnamento della religione cattolica, bensì
svolga altre attività. Evidentemente, questo bambino
non andrà al bar. Egli non può uscire da
scuola e fare altre cose, ma occorre che la scuola appresti
per lui, in quell’ora di religione, attività alternative.

Tuttavia, cosa accade se la figura dell’insegnante è
la stessa? Onorevoli colleghi, si mette in moto un micidiale
ricatto psicologico, nel senso che quei bambini che hanno
operato quella scelta sono gli unici ad uscire dalla loro
classe, mentre tutti gli altri seguono l’ora di religione
con la stessa insegnante. Ebbene, ciò è
insopportabile! Questa norma, cari colleghi cattolici,
cari colleghi del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo,
cari colleghi della lobby trasversale vaticanea, è
insopportabile perché impedisce (Commenti dei deputati
dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)…
Potete anche muggire quanto volete, ma ve lo ripeto. Ciò
impedisce anche ad un’infima minoranza – alla quale mi
onoro di appartenere, che non fa obiezione di coscienza
ma esprime un voto contrario quando gli strumenti del
Parlamento lo permettono – di dire a un bambino che, se
la legge permette di esercitare una facoltà di
scelta, egli può esercitarla, senza essere sottoposto
ad un ricatto. Questo è un punto essenziale. Voi
non potete approvare questo comma così com’è,
perché è inaccettabile! Se vi sono insegnanti
di religione, essi devono essere diversi dalla figura
del maestro e della maestra, altrimenti il meccanismo
della scelta alternativa, della libera scelta non funziona
ed è impraticabile dal punto di vista effettivo.
Questo è il punto e per tale motivo insistiamo
sull’abolizione del comma 3 dell’articolo 1 che contiene
questa negazione della possibilità di scelta del
genitore (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione
comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, effettivamente il
comma 3 dell’articolo 1 crea una commistione, che non
è accettabile, tra la funzione di insegnamento
ordinario nelle scuole elementari e materne e le funzioni
di un insegnamento facoltativo come quello della religione
cattolica. Ciò crea una condizione particolare
non solo dal punto di vista dei bambini ai quali faceva
riferimento l’onorevole Alfonso Gianni, ma anche dal punto
di vista degli insegnanti, che verranno discriminati tra
coloro i quali sono disposti ad impartire tale insegnamento
e coloro i quali non lo sono, con una condizione che crea
una situazione particolarmente grave all’interno dell’insegnamento
scolastico. Per questo motivo, tale emendamento dovrebbe
essere approvato dal Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. Vorrei motivare telegraficamente la ragione
per cui abbiamo presentato un emendamento dal contenuto
analogo a quello che ha illustrato l’onorevole Alfonso
Gianni, ma con un intento molto diverso. Il comma 3 dell’articolo
1, in realtà, non fa altro che recitare quanto
già previsto attualmente dall’intesa tra Stato
e Chiesa. Quanto previsto nel comma 3 avviene già
oggi nella scuola elementare. Pertanto, a nostro giudizio
– e da ciò scaturisce l’emendamento soppressivo
del comma 3 – questa parte del testo era assolutamente
ridondante, inutile, aggiuntiva. Ci sembra opportuno,
dunque, eliminarla dal testo di una nuova legge che si
diversifica rispetto alla situazione esistente e che,
invece, lascia immutato tale aspetto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
1.4 e Nigra 1.10, non accettati dalla Commissione né
dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha
espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 376
Votanti 368
Astenuti 8
Maggioranza 185
Hanno votato sì 120
Hanno votato no 248).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Zeller 1.5, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 380
Votanti 375
Astenuti 5
Maggioranza 188
Hanno votato sì 36
Hanno votato no 339).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Zeller 1.6.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, modificando
il parere precedentemente espresso la Commissione invita
al ritiro dell’emendamento Zeller 1.6.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non accedono
all’invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Zeller 1.6, non accettato
dalla Commissione né dal Governo e sul quale la
V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 383
Votanti 377
Astenuti 6
Maggioranza 189
Hanno votato sì 37
Hanno votato no 340).
Prendo atto che l’onorevole Pasetto avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione dell’articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Grignaffini. Ne ha facoltà.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, prendo la parola
per dichiarare il voto contrario del gruppo dei Democratici
di sinistra all’articolo 1 perché è quello
che più ci consente di dire che attraverso questo
provvedimento abbiamo sprecato un’occasione. L’occasione
era quella di rispondere con dignità e laicità
ad una questione vera che riguarda i diritti di tali insegnanti
e l’applicazione puntuale delle norme concordatarie. Si
trattava, dunque, di dare alcune certezze e di definire
alcune modalità per quanto riguarda la situazione
di precarietà in cui vivono gli oltre 20 mila insegnanti
di religione cattolica nel nostro paese.
Con questo dispositivo di legge, però, non ci siamo
limitati a rispondere ad un diritto ed a dar corso al
negoziato dei patti concordatari. Abbiamo fatto alcune
operazioni che – consentitemelo, colleghi – trovo molto
gravi, nella doppia accezione che ci ha ricordato prima
la collega Bimbi. Sono molto gravi dal punto di vista
della libertà di religione che è, innanzitutto,
una scelta individuale di coscienze, rispetto a cui la
precostituzione di un corpo di 25 mila insegnanti come
corpo docente è il passaggio dalla configurazione
della religione cattolica come libera scelta alla religione
cattolica come religione di Stato che sempre più
impone il proprio arbitro e la propria articolazione.
Il secondo aspetto è dello stesso ordine e si riferisce
alla libertà di insegnamento, altro punto cardine
nella nostra Costituzione, non solo scritta ma anche materiale.

Aggiungo anche che è un punto cardine di quello
stesso fondamento della cultura cristiana e cattolica
che fa della divisione tra studium e sacerdotium il proprio
punto centrale costitutivo. Non si possono confondere
questi due piani, perché proprio nel rispetto reciproco
degli ambiti della libertà di insegnamento e di
quella di religione sta il fondamento di quella civiltà
cristiana e cattolica che qui viene evocata per sostenere
la positività di queste norme. Invece, con questo
provvedimento si invadono pesantemente tali ambiti, dal
momento che ci troviamo di fronte ad una scelta degli
insegnanti delegata all’autorità ecclesiastica.
Insegnanti che, grazie al principio di mobilità,
si trovano non solo a scavalcare nelle graduatorie altri
insegnanti con eguali e maggiori diritti, ma anche a ricoprire
una carica pubblica, su indicazione di un’autorità
che pubblica non è.
È la coscienza cattolica che dovrebbe reagire a
questo punto del provvedimento, che mina alla radice quella
distinzione – lo ripeto ancora una volta – tra il sapere
e la libertà religiosa: nessuna soggezione per
la libertà religiosa (neppure, appunto, alle questioni
del sapere) e, viceversa, nessuna imposizione per il sapere,
sia essa quella del principe o del sacerdote.
È per questa ragione che noi, avendo avanzato proposte
che rispondevano al principio dei diritti e della stabilizzazione
di questo personale – ma mantenendo saldi questi principi
-, esprimeremo un voto contrario sull’articolo 1 (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 376
Votanti 369
Astenuti 7
Maggioranza 185
Hanno votato sì 254
Hanno votato no 115).
(Esame dell’articolo 2 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 2 e delle
proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
A – A.C. 2480 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
il parere della Commissione.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. La Commissione esprime
parere contrario sugli identici emendamenti Alfonso Gianni
2.1 e Martella 2.2.
PRESIDENTE. Il Governo?
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Il Governo esprime parere
conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati presentati solo
due emendamenti interamente soppressivi dell’articolo,
porrò in votazione il mantenimento dell’articolo
2.
Passiamo pertanto alla votazione dell’articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Il nostro emendamento, che chiede la soppressione
dell’articolo 2, parte da una questione di principio che
ritengo difficilmente contestabile. Il relatore, in sede
di discussione generale, ha dichiarato che la consistenza
delle dotazioni organiche per i ruoli, come previsto dall’articolo
1, è pari al 70 per cento dei posti funzionanti.
Questa ipotesi, egli sostiene, è spiegata dalla
peculiarità dell’insegnamento che mal si adatta
– cito le parole testuali del relatore – alle rigidità
proprie della messa in ruolo del personale.
Ho voluto citare le parole del relatore perché
in sostanza si riconosce che, essendo l’insegnamento della
religione cattolica un insegnamento facoltativo, il numero
di classi e quindi dei docenti deve essere impostato –
usando sempre le parole del relatore – con elasticità.
Ma è appunto questa elasticità che non ci
trova d’accordo, nel senso che non è corretto introdurre
con una legge ordinaria una norma sull’organico degli
insegnanti che introduce una contraddizione di fatto innegabile.
Si prevede cioè un organico stabile – sottolineo
stabile, colleghi -, calcolato in percentuale, proprio
per il carattere facoltativo della materia e per la particolarità
del reclutamento.
In sostanza, si istituisce la preesistenza di un ruolo
organico dei docenti alla scelta annuale degli studenti
di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione
cattolica. Questo è il punto di contraddizione,
che determina la nostra contrarietà, non altro.

Infatti, non è possibile che, anche nel rispetto
dello spirito costituzionale, vi possa essere un organico
di docenti – sia pure pari al 70 per cento dei posti di
insegnamento complessivamente funzionanti – che preesista
ad ogni scelta e che, anzi, ne prescinda. Ciò costituisce
il secondo elemento di notevole contraddittorietà
dell’esistenza e delle dimensioni della scelta di avvalersi
di questo insegnamento.
Infine, se l’organico dei docenti di religione cattolica
preesiste alla scelta annuale degli studenti – così
come ha precisato la Corte costituzionale in alcune sentenze
-, ciò cambia radicalmente la natura della soluzione
concordataria, per la presenza nella scuola pubblica di
un insegnamento confessionale.
Tra le condizioni stabilite dalle Corte costituzionale,
assume particolare rilievo proprio lo stato di non obbligo
in cui si devono trovare gli studenti che non intendono
– sottolineo non intendono – avvalersi di tale insegnamento.
Infatti, mai si sono potute considerare obbligatorie le
cosiddette materie alternative. Dunque, sarebbe necessario
prevedere un organico anche per questi insegnanti altrimenti,
per le materie cosiddette alternative, stiamo parlando
di insegnanti di categoria inferiore.
Dalle sentenze della Corte costituzionale è stato,
inoltre, confermato che l’insegnamento della religione
cattolica è materia che lo Stato è obbligato
ad offrire, ma a chi se ne voglia avvalere; questo è
il vero spirito cui avrebbe dovuto ispirarsi una normativa
che si sforzasse di rispettare e agevolare la scelta di
chi vuole l’insegnamento religioso e di chi, invece, non
intende avvalersene. Si tratta di materie che hanno lo
stesso diritto di cittadinanza, al di là del loro
numero e della scelta per eventuali discipline alternative
che – come sappiamo – sono un po’ la Cenerentola dell’offerta
formativa nelle scuole.
Colleghi, non vorrei che queste mie osservazioni vi sembrino
volte ad una pura contraddizione…
PRESIDENTE. Onorevole Motta, la invito a concludere.
CARMEN MOTTA. Presidente, sto per terminare.
Si tratta di osservazioni di buonsenso e assolutamente
coerenti con l’impostazione e con le norme previste dagli
accordi concordatari e dall’intesa tra Ministero della
pubblica istruzione e Conferenza episcopale, recepite
nel decreto del Presidente della Repubblica del 1985.

Vale la pena rifletterci e, probabilmente, c’è
ancora il tempo per correggere quella che riteniamo una
forzatura (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
di sinistra-l’Ulivo e Misto-Verdi-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, questo è un
articolo cruciale di questo disegno di legge, rispetto
al quale la Camera dovrebbe accogliere la proposta emendativa
volta a sopprimerlo.
Infatti, mentre nel Concordato del 1929 l’insegnamento
della religione cattolica era previsto come un insegnamento
ordinario dal quale lo studente poteva decidere di essere
esentato, nell’Accordo che ha sostituito il Concordato
del 1929 l’insegnamento della religione cattolica è
un insegnamento del quale lo studente può decidere
di avvalersi.
In queste condizioni non è possibile stabilire
a priori quale debba essere il numero di insegnanti che
possono erogare l’insegnamento religioso. Che il testo
di legge, con la motivazione fornita dal relatore – il
quale ha ammesso che non si può stabilire un ruolo
numericamente fissato, trattandosi di insegnamento facoltativo
di cui i giovani possono avvalersi o meno -, preveda,
invece, una percentuale del 70 per cento rispetto alla
situazione attuale, rappresenta una contraddizione in
termini.
Oltretutto, poiché il numero di bambini che nei
prossimi anni tenderanno ad avvalersi dell’insegnamento
della religione cattolica andrà rapidamente decrescendo,
per l’arrivo in Italia di popolazioni che hanno credi
religiosi diversi da quello cattolico, è chiaro
che attraverso questa normativa predisponiamo che un certo
numero di insegnanti entrino nei ruoli dello Stato, attraverso
un concorso che non è ordinario, per svolgere altre
funzioni di insegnamento o altre attività nel settore
pubblico, al di fuori delle norme che regolano l’ingresso
nel corpo degli insegnanti o nella pubblica amministrazione.

È, quindi, una norma incostituzionale che va ben
oltre il concordato del 1984, recepito nel 1985. È,
in sostanza, una norma che va abrogata, se il Parlamento
esamina con attenzione queste normative.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, vorrei intervenire
su un passaggio cruciale di questo provvedimento perché
in questo modo si altera un punto di equilibrio raggiunto
con il Concordato e con i protocolli aggiuntivi. Cosa
avviene? Rispetto ad una richiesta variabile, che deve
rimanere tale per principio, nei confronti dell’insegnamento
facoltativo della religione, si determina un’offerta rigida,
modificando la natura del difficile punto di equilibrio
del Concordato.
In più, si crea un canale alternativo che vale
soltanto per questi insegnanti, allo scopo di utilizzarli
anche per altri insegnamenti. Insomma, abbiamo istituito
la cassa integrazione a vita della diocesi. Questo è
ciò che il Parlamento italiano sta per approvare
(Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici
italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, sono d’accordo con
tutte le considerazioni svolte dai colleghi a sostegno
anche del nostro emendamento soppressivo dell’articolo
2. Vorrei aggiungere una considerazione di fondo, anche
per sottolineare che la nostra opposizione a questo testo
viene da lontano e continuerà, non essendo dovuta
ad una resipiscenza dell’ultimo momento. Naturalmente,
e per propri maliziosi interessi, la cortese sottosegretaria
Aprea ha fatto presente come alcune norme contenute in
questo provvedimento derivino esplicitamente dal remake
del Concordato del 1984, firmato dal cardinale Agostino
Casaroli e dall’allora Presidente del Consiglio, onorevole
Bettino Craxi, sulla base di uno schieramento politico
che comprendeva molte forze politiche che, in questa sede,
hanno visto alcuni loro esponenti assumere una posizione
di contrarietà – da me condivisa – nei confronti
dell’articolo 2.
Sono disastri che vengono da lontano, ma non per questo
dobbiamo incrementarli. Quindi, abbiamo l’occasione per
fermarli. L’articolo 2 e, come vedremo, l’articolo 3,
sono il cuore di questa manovra legislativa.
Qui c’è il principio di una rigidità, come
veniva detto poco fa, e c’è la possibilità
concreta che chi viene immesso in ruolo possa poi scavalcare
altri o assumere altre funzioni didattiche all’interno
della organizzazione scolastica. Vi è il principio
della sovrapposizione delle competenze in una materia
che ne dovrebbe vedere una, sola ed esclusiva, trattandosi
di scuola pubblica: quella dello Stato repubblicano, dello
Stato nato dalla Costituzione, in sostanza, della Repubblica
italiana. Vi è anche quella considerazione che
è stata giustamente introdotta nella discussione
a cui avevo fatto cenno anche in sede di discussione generale,
e che è utile per il nostro ragionamento. In altre
parole, che lo vogliano o meno alcuni esponenti, per lo
più gli esponenti delle destre al Governo, che
lo voglia o meno la legge Bossi-Fini, il destino del nostro
paese, come d’altro canto di tutti paesi del mondo, è
quello di avere una presenza multietnica e plurietnica,
multirazziale e plurirazziale e conseguentemente, multiculturale
e multireligiosa all’interno del proprio territorio. Si
porrà sempre con maggiore forza il problema – che
noi abbiamo posto teoreticamente e che invece si proporrà
materialmente e pragmaticamente – di una molteplicità
di insegnamenti religiosi. In altre parole, si tratta
di quel principio laico per cui l’insegnamento non è
di una religione, ma è della storia delle religioni,
come pezzo della cultura millenaria dell’umanità,
un pezzo sedimentato, che noi intendiamo valorizzare e
non mistificare, senza cercare di metterlo in un angolo.
Questo principio, che sarebbe già comprensibile
per via storico-teorica e per via filosofica, si imporrà
per via pragmatica. A questo punto, come lo governeremo?
Cercando di temperare uno scontro tra integralismi religiosi
o, appunto, aprendo la cultura laica alla sensibilità
del pensiero religioso nelle sue diverse forme, quelle
che concretamente ha assunto nella storia e che concretamente
assume nel presente, poiché tante donne e tanti
uomini fanno scelte diverse, pur accedendo tutti insieme
– quelli che ritengono che sia opportuno farlo – ad un’idea
di trascendenza.
Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza di
questo testo di legge, anche rispetto alla modernità
che viene avanti. Pertanto, non ha senso, sottosegretario
Aprea, dire che queste norme derivano dal testo Casaroli-Craxi
del 1984. Sì, se si è lì commesso
un disastro, i 18 anni che ci separano da quella data
qualche cosa hanno prodotto di diverso e da questo noi
dovremmo imparare. Questa è la ragione per cui
siamo contrari all’approvazione di questo articolo 2.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
anche noi siamo veramente indignati per questo provvedimento.
Abbiamo già votato l’articolo 1 ed è ormai
chiaro che questo provvedimento non è teso a risolvere
le condizioni concrete e di lavoro di questi insegnanti
di religione, ma è sicuramente un’accelerazione
che interviene pesantemente nella materia costituzionale
ed anche in quella concordataria: si opera una ferita
della materia costituzionale e concordataria. L’hanno
già detto i colleghi, ma occorre ribadirlo. Si
lede pesantemente il diritto di chi non vuole usufruire
della religione cattolica – quindi, si tratta di una disparità
di trattamento -, ma si deforma anche la libertà
di scelta e la libertà di religione. Io credo che
– adesso è chiarissimo – se si elimina questa transitorietà
(i colleghi lo hanno spiegato molto bene), si elimina
l’elemento strutturale a garanzia di questi principi costituzionali
e anche della materia concordataria. Le sentenze della
Corte costituzionale in questo senso sono state esemplari
e chiarissime.
Credo che dovrebbe suscitare anche indignazione perché
l’urgenza di questo provvedimento viene richiamata mentre
la maggioranza sta votando una finanziaria indecente riguardo
alla tutela degli altri operatori della scuola. Si tagliano
risorse, si impediscono nuove assunzioni, persino tra
gli insegnanti di sostegno. Si opera una accelerazione
su questo provvedimento, in una materia delicatissima,
che sconvolge e crea un vulnus nella materia costituzionale
e concordataria senza dare certezza, risorse ed atti concreti
a tutti gli altri lavoratori della scuola.
La posizione della maggioranza non mi suscita indignazione
o perplessità: ciò riguarda esclusivamente
la loro coscienza, la loro propaganda e ipocrisia, perché
la Chiesa viene ascoltata quando si parla di famiglie
sposate mentre non viene ascoltata quando si parla di
pace, viene ascoltata quando si parla degli insegnanti
di religione della scuola privata mentre non viene ascoltata
quando si parla di indulto. Mi rivolgo, invece, ai colleghi
della Margherita: questo è un provvedimento delicatissimo,
pertanto serve una bussola, una cultura di riferimento
generale. Non credo ci si possa affidare alla libertà
di coscienza o a un voto difforme all’interno dello stesso
gruppo, ci vuole una scelta precisa di cultura di riferimento
perché si tratta di un problema di laicità.
La laicità è un pensiero moderno, forte
e democratico, che non ha niente a che vedere con l’anticlericalismo;
essa dovrebbe riguardare tutti, laici e cattolici. La
laicità rappresenta il tema del provvedimento,
perché ricordo, e i colleghi lo sanno bene, che
quando anche il diritto canonico può permettere
di interrompere rapporti di lavoro per questioni inerenti
materie come l’aborto o il divorzio, che riguardano leggi
ordinarie dello Stato, si crea un vulnus anche, e soprattutto,
rispetto alla sovranità dello Stato. Chiedo allora
coerenza e rigore, perché questo provvedimento
non è secondario ma tocca pesantemente la materia
costituzionale e concordataria, mettendo in discussione
la sostanza della cultura laica che dovrebbe tenerci tutti
insieme.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Grazie Presidente. A causa della fretta con
cui l’esame di questo provvedimento sta procedendo, noi
del gruppo dei Verdi non siamo riusciti a presentare in
tempo emendamenti; pertanto vorrei chiedere di aggiungere
la mia firma agli emendamenti soppressivi dell’articolo
2 e dell’articolo 3.
Non intendo ripetere le considerazioni svolte da tutti
i colleghi intervenuti precedentemente nel giudicare questo
provvedimento assolutamente inopportuno ed anacronistico
rispetto all’attuale situazione multiculturale, in cui
vi sono ormai tanti bambini che frequentano la scuola
pubblica di religioni differenti da quella cattolica,
nonché non risolutivo del problema che avrebbe
dovuto affrontare veramente: quello dello stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica. Tale problema
andava affrontato in termini ben diversi, come peraltro
facevano gli emendamenti all’articolo 1, sui quali abbiamo
espresso un voto favorevole. Naturalmente, voteremo a
favore di questi emendamenti soppressivi in base a tutte
le motivazioni precedentemente espresse dai colleghi che
hanno presentato gli emendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, il gruppo della Margherita
esprimerà un voto favorevole sull’articolo 2, conseguentemente
all’approvazione dell’articolo 1, che tratta della disciplina
dell’immissione in ruolo. Vorrei, tuttavia, richiamare,
in modo assolutamente misurato, alcuni interventi dei
colleghi, importanti dal punto di vista della sostanza.

Il gruppo della Margherita non si sente affatto incoerente
nell’esprimere un voto favorevole sull’articolo in esame
perché questo testo, che prevede una determinata
soluzione circa l’immissione in ruolo, ricalca il disegno
di legge del Governo di centrosinistra (a firma del ministro
Berlinguer e successivamente di De Mauro), approvato,
tra l’altro, in prima lettura al Senato, nella precedente
legislatura, con il voto contrario del gruppo di Rifondazione
comunista. Pertanto, bisogna avere memoria storica e ricostruire
le vicende nel modo in cui sono accadute.
La seconda questione riguarda il profilo di incostituzionalità.
Per correttezza nei confronti dei colleghi, bisogna ricordare
che la legge 121 del 1985, attuativa del Concordato, è
stata sottoposta al giudizio della Corte costituzionale
molte volte; in modo particolare, è stato sottoposto
a tale giudizio l’articolo 9 della suddetta legge secondo
il quale la Repubblica italiana, riconoscendo il valore
della cultura religiosa e tenendo conto che i principi
del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel
quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni
ordine e grado. Conseguentemente, nel protocollo si dava
mandato per la definizione dello status giuridico degli
insegnanti di religione.
La Corte costituzionale è intervenuta ben due volte
in modo significativo: nel 1989, con la sentenza n. 203
e, successivamente, nel 1991, con la sentenza n. 13. In
entrambi i casi, ha riconosciuto la totale legittimità
costituzionale della legge n. 121 e, conseguentemente,
di tutti i protocolli addizionali, affermando inoltre
che l’insegnamento della religione cattolica nella scuola
pubblica non collide con il principio di laicità
dello Stato perché non è impartito sulla
scorta di una scelta confessionale dello Stato stesso,
bensì in base a due ordini di valutazioni: il valore
formativo della cultura religiosa e l’acquisizione dei
principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del
popolo italiano. Questo insegnamento, affermava la sentenza
della Corte costituzionale n. 13 del 1991, si pone al
servizio di concrete istanze della coscienza civile e
religiosa dei cittadini, il tutto confermato dal diritto
soggettivo della scelta e dalla non obbligatorietà
delle materie alternative. Siamo, quindi, esattamente
in sintonia con la Corte costituzionale e non solo con
la materia concordataria.
La terza questione riguarda le cifre menzionate. La percentuale
del 70 per cento tiene conto della realtà odierna
in cui si registra una certa stabilizzazione dell’insegnamento
della religione, oltre alle 18 ore già previste
nelle scuole per l’infanzia, per il 63,8 per cento degli
insegnanti di religione, e nella scuola media superiore
per il 71 per cento. Pertanto, quel 70 per cento di dotazioni
organiche, in realtà, permette una certa flessibilità,
dovuta ad un’eventuale modifica dell’assestamento di coloro,
le famiglie ed i ragazzi, che scelgono l’insegnamento
della religione cattolica nella scuola, e tiene conto
dell’orario consumato.
Mi affascina, inoltre la riflessione dell’onorevole Alfonso
Gianni sul cambiamento prospettico della società
italiana perché è vera e fondata. Tuttavia,
è una prospettiva probabilmente molto di là
da venire. Ricordo che anche quest’anno il 93,2 per cento
delle famiglie italiane e dei ragazzi ha scelto l’insegnamento
della religione cattolica nella scuola, come tutti sanno,
in quella cifra non è compresa solo la scelta dei
cosiddetti cattolici, quindi una scelta confessionale,
ma anche quella di coloro che ritengono che si tratti
di una materia, oggi curricolare, di cultura, inerente
al patrimonio civile del paese. Credo, quindi, che riportare
a correttezza il dibattito serva anche a non ideologizzare
ulteriormente il provvedimento che ci accingiamo a votare,
che disciplina lo status giuridico degli insegnanti di
religione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 365
Votanti 355
Astenuti 10
Maggioranza 178
Hanno votato sì 235
Hanno votato no 120).

(Esame dell’articolo 3 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 3 e delle
proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
A – A.C. 2480 sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
il parere della Commissione.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la
Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
emendative riferite all’articolo 3.
PRESIDENTE. Il Governo?
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Il Governo esprime parere
conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso
Gianni 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
si tratta di un emendamento soppressivo dell’intero articolo
3, che, come l’altro, è gran parte della sostanza
di questo provvedimento. Ci sembra che ciò sia
del tutto coerente rispetto all’impostazione della discussione
di questo disegno di legge. D’altro canto, onorevole Delbono,
non avendo noi approvato, ma votato contro, le proposte
Berlinguer nella passata legislatura, lei converrà
sul fatto che siamo puri come vergini da questo punto
di vista. Abbiamo quindi almeno il pregio della coerenza.

L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso al ruolo degli
insegnanti di religione. Per i motivi che già altri
colleghi, probabilmente più impuri di noi, hanno
sapientemente illustrato, siamo contrari a questo accesso
al ruolo. Qui si delinea tutto il male di questo disegno
di legge: la possibilità di conseguire tale accesso
per via diversa rispetto ad altre tipologie di insegnante
e di insegnamento, la possibilità che chi entra
come insegnante di religione possa poi fare altro nel
corso della sua collocazione nell’organizzazione scolastica
e tutti quegli aspetti di rigidità che prima venivano
richiamati.
Per questa ragione, noi non ci limitiamo in questo caso
ad un contenimento del danno, scelta che in generale dal
punto di vista tattico condividiamo, ma insistiamo su
una scelta netta rappresentata dalla soppressione dell’articolo.

Si badi, inoltre, che questo articolo 3 si collega per
forza di cose con l’articolo 4, relativo alla mobilità
e del quale parleremo tra poco: infatti, se prendiamo
per esempio uno dei commi che compongono questo articolo,
in particolare il 9, leggiamo che "ai motivi di risoluzione
del rapporto di lavoro previsti dalle disposizioni vigenti
si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
diocesano competente per territorio divenuta esecutiva
a norma dell’ordinamento canonico, purché non si
fruisca della mobilità professionale o della diversa
utilizzazione o mobilità collettiva,".
In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
ed è però sottoposto costantemente a due
autorità. Se questi perde il giudizio di idoneità
all’insegnamento della scuola cattolica può essere
sottoposto o alla risoluzione del rapporto di lavoro o
al passaggio ad altro tipo di insegnamento. La questione
è poi ribadita nel comma terminale dell’articolo
4, di cui chiederemo tra breve la soppressione. Mi sembra
che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per
cui raccomandiamo, con molta forza la soppressione di
questo articolo.
Quanto poi alle considerazioni dell’onorevole Delbono,
mi sia permesso di insistere su un punto, come peraltro
ho già fatto in sede di discussione sulle linee
generali.
Viene citata come un grande successo la scelta del 93,2
per cento – se ho bene inteso -, di adesione alla fruizione
dell’insegnamento della religione cattolica. Vorrei dire
che questo è il frutto non semplicemente di un’adesione
largamente maggioritaria – rispetto alla quale non ho
nulla in contrario -, ma è anche il frutto di quella
pressione ricattatoria, di quello stato di privilegio
o di costrizione cui il sistema concordatario, le sue
previsioni di 20 anni fa e questa legge, sottopongono
il cittadino, lo studente e il genitore.
Viene richiamata spesso la sentenza dell’11 gennaio 1991
della Corte costituzionale che ho già avuto modo
di criticare nel corso della discussione sulle linee generali
e che non condivido.
Onorevoli colleghi, non è che tutto ciò
che è sbagliato debba essere per forza incostituzionale
e, nello stesso tempo, tutto ciò che formalmente
può anche rientrare nell’ambito della Costituzione
sia necessariamente giusto! Altrimenti, il ruolo del Parlamento
sarebbe finito, basterebbe la Corte costituzionale a decidere
le cose.
In secondo luogo, la Corte non sempre fa bene. Non mi
pare, dalla lettura di questa sentenza, che afferma che:
lo stato di non obbligo vale dunque a separare il momento
dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà
di religione o dalla religione, da quello delle libere
richieste individuali alla organizzazione scolastica,
che essa possa risolvere il problema che ho posto nel
precedente intervento: come può, nel caso di specie
– che è solamente quello più emblematico
-, un bimbo che si trova di fronte sempre alla stessa
insegnante a compiere una libera scelta? Eppure, mentre
lo stesso testo del 1984 richiamava la libertà
di scelta degli alunni; questa non viene condivisa, né
garantita, né tantomeno praticata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
con gli articoli 3 e 4 affrontiamo il tema delle procedure
e delle modalità con cui questo personale viene
selezionato e si definiscono i criteri con cui si può
accedere all’insegnamento di religione. Si dovrebbero
stabilire regole che possano mettere in condizione anche
questi lavoratori – mi riferisco agli insegnanti di religione
– di conoscere il loro futuro. Dico questo perché,
nella discussione che stiamo facendo, sembrerebbe che
siamo di fronte all’assenza di una proposta alternativa.

Per quanto riguarda i democratici di sinistra, non abbiamo
presentato esclusivamente emendamenti soppressivi che
potrebbero lasciar pensare all’assenza dell’interesse
a regolamentare una materia come quella degli insegnanti
di religione oppure ad una battaglia ideologica contro
uno strumento, come quello del Concordato, che il nostro
paese ha sottoscritto. Se qualcuno avesse la pazienza
di leggere le nostre proposte emendative, noterebbe che
abbiamo affrontato il problema di come dare maggiore certezza
agli insegnanti di religione che, come tanti altri gruppi
di lavoratori, stanno cercando di rispondere alla precarietà
che li minaccia, con la richiesta di un ingresso nel ruolo
a tempo indeterminato.
Sicuramente, nella precedente legislatura, ci siamo trovati
di fronte ad un testo diverso da questo – vorrei dirlo
all’onorevole Delbono: il testo di cui stiamo discutendo
non è uguale a quello approvato dal Senato nella
precedente legislatura -, ma vorrei sottolineare che,
nel frattempo, noi abbiamo riflettuto – anche perché
la Camera non ha portato a termine l’approvazione di quel
provvedimento – e abbiamo cercato di rispondere al dilemma
che, comunque, è presente quando si affronta questo
argomento: da una parte, lavoratori precari che cercano
la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro e, dall’altra,
il fatto che, per accedervi, hanno bisogno dell’idoneità
che viene data dalla Chiesa e dall’ordinario diocesano.
Ci troviamo di fronte a due poteri, quello dello Stato
e quello della Chiesa, e abbiamo cercato di rispondere
con equilibrio, per fare in modo che non si vada oltre
le intenzioni del Concordato, che erano quelle del riconoscimento
della possibilità dell’insegnamento di religione
e, quindi, degli insegnanti. Nello stesso tempo non volevamo
e non vogliamo che la Chiesa – come ha detto l’onorevole
Gambale – invada la sfera dello Stato.
È necessario trovare una soluzione equilibrata
a questo problema: non è un problema soltanto della
sinistra, è un problema di tutto il Parlamento,
perché la normativa che approveremo non solo non
risolve il problema del precariato degli insegnanti di
religione, ma vulnera un principio fondamentale, perché
lascia in mano agli ordinari diocesani la politica degli
organici e del personale del Ministero della pubblica
istruzione.
Noi prevediamo, ogni anno, la possibilità di attuare
le revoche. Si modifica in tal modo la pianta organica
della pubblica istruzione. È un punto che non può
essere sottaciuto né sottovalutato da parte di
alcuno. Infatti, attraverso atteggiamenti che potrebbero
essere estremi, potremmo trovarci di fronte, ogni anno,
a 17 mila insegnanti cui può essere revocata l’idoneità.
Lo Stato, dunque, dovrebbe farsi carico, ogni anno, senza
possibilità di interruzione del rapporto di lavoro,
di questa massa enorme di persone. Si viola un principio
importante.
Con riferimento agli articoli 3 e 4, su cui tornerò
successivamente, vi dimostreremo che esiste una soluzione
alternativa che riesce a dare stabilità a questi
lavoratori e, nello stesso tempo, a non violare questo
delicato punto di equilibrio tra due Stati, quello della
chiesa ed il nostro, ossia lo Stato italiano repubblicano.
Nessuno può pensare di mettere in discussione ciò,
perché metteremmo in discussione la sovranità
del nostro Stato e delle sue possibilità (Applausi
dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto, a titolo personale, l’onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, sulla linea dell’intervento
svolto dall’onorevole Cordoni, vorrei ricordare che il
problema di questi insegnanti deriva proprio dalla natura
degli accordi tra lo Stato italiano e la Santa Sede e
dall’Intesa tra il Ministero della pubblica istruzione
e la Conferenza episcopale. Questi accordi determinano
una situazione del tutto particolare per gli insegnanti,
perché la disciplina è, comunque, facoltativa,
sebbene se ne avvalga un maggior numero di studenti. Ciò
non cambia la situazione. Questa facoltatività
è condizione necessaria perché nella scuola
pubblica non si configurino elementi di incostituzionalità.
In questo senso, si sono pronunciate – mi rivolgo all’onorevole
Delbono – le sentenze delle Corte costituzionale n. 203
del 1989 e n. 13 del 1991.
Di fronte a questo quadro giuridico – sto concludendo,
Presidente -, separare il problema degli insegnanti da
quello della disciplina facoltativa porta ad esiti non
equilibrati né rispettosi delle intese, delle reciproche
autonomie e degli stessi lavoratori interessati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per confermare
il voto contrario del gruppo della Margherita sull’emendamento
al nostro esame. Devo riconoscere una grande onestà
intellettuale nell’intervento dell’onorevole Cordoni la
quale ha ammesso che, rispetto alla precedente legislatura,
il suo gruppo preferisce un’altra soluzione al problema.
Non condividiamo questa soluzione. Voglio ribadire, onorevole
Cordoni, che il testo di questo provvedimento è,
niente di più e niente di meno, che l’applicazione
dell’Intesa; i titoli richiesti sono quelli stabiliti
dall’Intesa. È previsto un concorso con frequenza
triennale. Altro non c’è rispetto a quello che
il Concordato e l’Intesa hanno stabilito. Tutto si può
fare: si può affrontare la modifica del Concordato
o stabilire un’altra Intesa con lo Stato Vaticano, tuttavia,
questo testo – lo ripeto – è semplicemente l’applicazione
di un Accordo che lo Stato italiano, nel 1985, ha stabilito
con Stato Vaticano. Di questo dobbiamo essere coscienti.
Con riferimento ad alcune sue argomentazioni, mi rivolgo
a lei con grande sincerità, anche per operare un
chiarimento tra di noi: quello di revoca dell’idoneità
è un meccanismo complesso che necessita di un procedimento
di diritto canonico piuttosto lungo e i casi in Italia
di revoca dell’idoneità sono pochissimi. Devo dire,
con altrettanta sincerità, che ritengo folcloristica
l’idea che i vescovi italiani possano revocare l’idoneità,
ogni anno, a 17 mila insegnanti, per creare mobilità
nel comparto della scuola.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 3.1, non
accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 334
Astenuti 8
Maggioranza 168
Hanno votato sì 109
Hanno votato no 225).
Prendo atto che l’onorevole Santori non è riuscito
a votare.
Passiamo alla votazione dell’emendamento Grignaffini 3.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Capitelli. Ne ha facoltà.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
più che esprimere una posizione compiuta, questo
emendamento esprime una linea finalizzata alla riduzione
del danno e la volontà di mandare un messaggio
forte a questa maggioranza e a questo Governo (e non solo
a costoro). Chiedere di attenersi a criteri di merito
non ci è sembrato irrispettoso, anche se la richiesta
è inoltrata alle autorità ecclesiastiche:
noi crediamo nei criteri; noi crediamo nelle graduatorie
di merito, siano esse per titoli o per esami; noi crediamo
che dettare criteri tuteli sia chi fa la scelta sia chi
ne è oggetto. È questo il messaggio forte
che si voleva mandare e che non è stato recepito.

Se questo Governo e questa maggioranza, anziché
accettare la situazione attuale, avessero avuto la minima
ambizione di migliorarla, con particolare riguardo all’ambiguità
che connota il reclutamento degli insegnanti di religione
cattolica, avrebbero aperto, insieme a noi, una interlocuzione
vera con le autorità ecclesiastiche. Invece, non
hanno avuto l’energia e la forza politica per farlo: questa
è la verità!
PRESIDENTE. Pasiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Grignaffini 3.2, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 348
Votanti 338
Astenuti 10
Maggioranza 170
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 225).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 3.3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Nigra. Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, i colleghi che stanno
attentamente seguendo la discussione si saranno resi conto
che, mentre sugli articoli 1 e 2, si sono confrontate,
com’è stato già detto dettagliatamente,
due idee diverse su come si debba andare verso la stabilizzazione
degli insegnanti di religione, con le proposte emendative
presentate agli articoli 3 e seguenti stiamo tentando
un’operazione non già diversa, ma complementare,
conseguente: quella di migliorare, laddove è possibile,
il testo del Governo.
Orbene, l’emendamento Cordoni 3.3 ripropone di stabilire,
nel comma 3 dell’articolo 3, che i partecipanti alle procedure
concorsuali debbano possedere non solo i titoli di qualificazione
professionale stabiliti al punto 4 dell’intesa di cui
all’articolo 1, comma 1 (com’è già previsto),
ma, unitamente a questi, un diploma di laurea valido per
l’ammissione ai concorsi a posti di insegnamento.
Sottolineo che, com’è noto, prima di questo disegno
di legge, sono state presentate, su iniziativa di numerosi
parlamentari di vari gruppi della maggioranza e dell’opposizione,
molteplici proposte di legge che, in qualche modo, tentavano
di affrontare la questione di cui stiamo discutendo.
Ebbene, molte di queste proposte di legge contenevano,
per l’appunto, ciò che noi chiediamo nell’emendamento
Cordoni 3.3, e cioè che, unitamente ai titoli di
cui sopra, fosse richiesto un diploma di laurea. La richiesta
non è assurda, non ce la siamo inventata noi con
questo emendamento, e i colleghi che hanno presentato
proposte di legge che prevedevano, analogamente a quanto
da noi richiesto, di inserire questo requisito, evidentemente
lo facevano sulla base di una logica ragionata.
Per concludere, il ragionamento, molto semplicemente,
è questo. Nel momento in cui la condizione degli
insegnanti di religione cattolica, come previsto da questo
provvedimento e come da noi condiviso sul piano del principio,
si stabilizza, cioè in qualche modo diventa meno
precaria di quella che oggi è, nel momento in cui
si prevede che questi insegnanti diventino, di fatto,
a tutti gli effetti, insegnanti come gli altri entrando
nel ruolo, noi chiediamo che questi insegnanti di religione
cattolica abbiano gli stessi requisiti che vengono chiesti
agli altri insegnanti. Niente di più e niente di
meno. Questo per evitare, come abbiamo già avuto
modo di dire in occasione della discussione generale su
questo provvedimento e nella discussione in Commissione,
che si passi da una situazione nella quale questi insegnanti
si trovavano in una condizione meno stabile rispetto agli
altri insegnanti, in una condizione di inferiorità
quindi rispetto ai loro colleghi, ad una situazione opposta,
nella quale si richiede a questi insegnanti molto meno
di quello che si richiede agli altri. Francamente, ci
sembra che questo aspetto sia da migliorare.
Pertanto, questi emendamenti sono migliorativi, svolgono
questa funzione, hanno questo obiettivo. Noi chiederemo
ovviamente, anche di fronte a un’espressione di parere
contrario, di ragionarci e di avere un atteggiamento diverso,
che in qualche modo aiuti questo provvedimento ad uscire
migliorato, e migliorato per noi vuol dire che alla fine
gli insegnanti di religione, come previsto già
negli articoli approvati, siano messi in una condizione
di stabilità, senza creare, però, al tempo
stesso, delle discriminazioni nei confronti degli altri
insegnanti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Cordoni 3.3, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 353
Votanti 297
Astenuti 56
Maggioranza 149
Hanno votato sì 98
Hanno votato no 199).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Gasperoni 3.4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, come dicevo nel
mio precedente intervento, stiamo discutendo emendamenti
molto importanti, perché sottolineano lo spirito
con cui si affronta questa discussione e la questione
degli insegnanti di religione. Con la proposta che stiamo
approvando si sta determinando, da una parte, quel vulnus
di cui parlavo prima in merito al ruolo dello Stato e
all’equilibrio che è necessario trovare fra questi
due soggetti; dall’altra parte, mentre si procede decidendo
sulle modalità, si cominciano a realizzare discriminazioni
fra insegnanti che accedono alla scuola pubblica con percorsi
e modalità diverse; dentro a questo percorso, poi,
si cominciano a definire dei percorsi alternativi in riferimento
alle modalità, difficili da spiegare agli altri
insegnanti. In altre parole, nelle proposte della maggioranza
si dice che si farà un concorso, però per
questo concorso per titoli e per esami non si costruirà
una graduatoria, ma un elenco, e non si capisce che valore
avrà quell’elenco rispetto al risultato di quel
concorso.
Fino ad oggi la legge ci diceva che quando si fa un concorso
si fa poi una graduatoria (in base alla quale si è
primi, secondi, terzi, quarti) e su tale base si viene
scelti per il lavoro che è a disposizione. Invece,
in questo caso, noi stiamo parlando di un elenco ordinato
che poi verrà dato all’ordinario diocesano, il
quale sceglierà fra queste persone gli insegnanti
che lui riterrà più idonei sulla base di
sue personali valutazioni, perché questi insegnanti
sono in possesso dell’idoneità all’insegnamento
della religione cattolica, altrimenti non avrebbero potuto
partecipare al concorso.
Nella fase successiva esiste una ulteriore discrezionalità
cui ci si affida, senza garantire i diritti degli insegnanti
di religione. Anche in tal caso può esserci una
soluzione alternativa: dopo avere deciso che accedono
in base ai titoli definiti dal Concordato, si può
prevedere il concorso con una graduatoria da cui anche
l’ordinario diocesano è obbligato ad attingere
nell’ordine in cui le persone si sono qualificate ed hanno
determinato il loro risultato concorsuale.
Nel nostro caso, invece, siamo di fronte ad un ibrido,
ad un concorso che non ha la validità di un concorso,
perché non si redige una graduatoria. E ciò
varrà anche per coloro che saranno assunti a tempo
determinato; infatti, questi ultimi non saranno scelti
fra gli idonei poiché si lascia un’altra possibilità
di assunzioni a tempo determinato, per un altro quantitativo,
non definito, di idonei all’insegnamento della religione,
senza che gli stessi abbiano fatto le selezioni di cui
stiamo parlando.
Come vedete, stiamo discutendo di modalità che
potrebbero essere ben diverse da quelle proposte, anche
all’interno della strutturazione della normativa in esame.

Da una parte, stiamo compiendo un’operazione che viola
un principio importante di equilibrio fra due Stati, e,
dall’altra, stiamo introducendo enormi discriminanti tra
gli stessi insegnanti di religione e tra insegnanti che
si troveranno con modalità, procedure e percorsi
diversi, ad insegnare nella stessa scuola, sebbene materie
differenti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Gasperoni 3.4, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 344
Votanti 337
Astenuti 7
Maggioranza 169
Hanno votato sì 147
Hanno votato no 190).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Duilio 3.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo brevemente
sulla proposta emendativa, in quanto l’ho già richiamata,
parlando dell’articolo 1.
Mi rivolgo, in particolare, ai colleghi della maggioranza,
perché ho espresso personalmente le mie considerazioni
sul provvedimento, considerandolo positivo; tuttavia,
credo sia necessario conservare nel provvedimento alcune
elementi, affinché lo stesso sia qualificato in
termini di giustizia e di inappuntabilità sul piano
giuridico, e perché possa inquadrarsi all’interno
di uno Stato laico, che approva anche un provvedimento
così delicato.
Desidero riferirmi al discorso dell’elenco; stiamo parlando,
infatti, di persone che partecipano a prove, che in altro
momento avremmo definito concorso; le stesse sono selezionate,
dopo di che saranno immesse in una graduatoria, che distingue
i vincitori. Ovviamente, non entro nel merito della valutazione
delle persone che insegnano da molto tempo, tuttavia,
le prove si svolgono per stabilire una graduatoria, secondo
cui, poi, nascono legittime aspettative.
In tal caso, parlando di persone che saranno incluse nei
ruoli organici dello Stato, di dipendenti a tutti gli
effetti, ne deriva il principio in base al quale non possono
essere trattate diversamente dagli insegnanti di altre
materie.
È questo il motivo per cui abbiamo proposto che
non solo si faccia riferimento ai titoli, previsti nell’Intesa,
ma anche al punteggio conseguito nella prova d’esame,
in quanto si potrebbe porre in essere un istituto che,
giuridicamente, può essere definito originale,
ma che, a mio avviso, porrebbe, nella pratica attuazione
della norma, problemi che potrebbero anche essere di ordine
costituzionale in relazione alla disparità di trattamento
dei dipendenti inseriti nei ruoli organici dello Stato.

Invito pertanto i colleghi della maggioranza, in particolare,
a votare a favore del mio emendamento 3.7.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Invito il collega al
ritiro della proposta emendativa.
Infatti, il comma 7 recita: "le commissioni compilano
l’elenco di coloro che hanno superato il concorso valutando,
oltre al risultato delle prove (…)". Quindi, le
prove già vengono considerate.
PRESIDENTE. Onorevole Duilio, accoglie l’invito al ritiro
formulato dal relatore?
LINO DUILIO. Signor Presidente, se le cose stanno come
dice il collega relatore, trattandosi di una materia così
delicata, non vedo per quale motivo la mia proposta emendativa
non possa essere accolta. Pertanto, ritengo sia meglio
abbondare. Ripeto, dato che si tratta di una materia molto
delicata: insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Duilio 3.7, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 344
Votanti 335
Astenuti 9
Maggioranza 168
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 191).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 3.5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Cordoni. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, il comma 9 dell’articolo
3 affronta la questione dell’eventualità di una
possibile risoluzione del rapporto di lavoro dell’insegnante
di religione perché, così come per gli altri
lavoratori, tale possibilità è sempre contemplata
nel nostro ordinamento. Si riconosce pertanto la possibilità
della risoluzione del rapporto vigente di lavoro sulla
base dei principi generali che disciplinano il pubblico
impiego ed il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici
in genere e si propone che anche la revoca dell’idoneità
da parte del vescovo o dell’ordinario diocesano sia una
delle ragioni alla base della possibile risoluzione del
rapporto di lavoro. Si aggiunge però che questo
non può essere fatto, perché questi insegnanti
di religione avranno un percorso particolare.
Mi rivolgo di nuovo all’onorevole Gambale, che ha voluto
interloquire con quanto da me precedentemente detto: se
è vero che nell’esperienza concreta le revoche
delle idoneità sono assai rare, questa è
una ragione di più per dire con maggior forza,
come facciamo in nostre successive proposte emendative,
che se è vero che gli insegnanti di religione devono
essere assunti a tempo indeterminato, in base ai criteri
dei quali abbiamo discusso, è altrettanto vero
che la revoca dell’idoneità – una delle ragioni
per le quali possono insegnare nella scuola pubblica –
deve rappresentare una causa di risoluzione del rapporto
di lavoro, perché viene meno una delle condizioni
stabilite per l’accesso. Questa è la nostra proposta:
quando siamo di fronte alla revoca dell’idoneità
si deve sospendere il rapporto di lavoro!
Mi dispiace che questa ipotesi non venga sostenuta in
Assemblea dall’onorevole Barbieri dell’UDC, perché
tale ipotesi è contenuta in una proposta di legge
da loro elaborata che va in tale direzione. In questo
modo, si prevedono assunzioni a tempo indeterminato, dando
stabilità ai lavoratori, ma si stabilisce anche
che se viene revocata l’idoneità da parte di un
altro potere, diverso dallo Stato, si perde il rapporto
di lavoro, perché viene meno un’importante ed essenziale
ragione che è alla base della collocazione in ruolo.
Possiamo poi discutere, come proponiamo, su come evitare
di mettere in strada queste persone! Possiamo discutere
su come fare per evitare che a queste manchino solidarietà
e protezione sociale! Noi proponiamo percorsi per fare
in modo che gli insegnanti che si dovrebbero trovare malauguratamente
di fronte ad una revoca dell’idoneità abbiano una
risposta ed una soluzione sul piano sociale, ma questa
non è quella che voi individuate. La vostra risposta,
semmai, può mettere questi lavoratori in grande
concorrenza e conflittualità con altri insegnanti
precari che da anni aspettano la loro collocazione nella
scuola ed hanno dovuto rispettare le regole che lo Stato
ha dato loro. Questo è il punto! Vi è una
proposta alternativa, e mi sento così tranquilla
nel continuare a sostenerla proprio grazie alle espressioni
dell’onorevole Gambale: ci sono poche revoche di idoneità
e, quindi, ci troveremmo di fronte a casi rarissimi. Perché,
allora, non assumere questo principio che, in questo modo,
non lederebbe il ruolo dello Stato, la sua politica del
personale e la sua politica di bilancio? Come vedete,
si possono trovare soluzioni che tengono insieme i corni
dello stesso problema, senza ledere l’autonomia dello
Stato e la sua possibilità di decidere rispetto
a quella del Vaticano e della chiesa (Applausi dei deputati
del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto, a titolo personale, l’onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, riconosco che il relatore,
onorevole Taglialatela, abbia compiuto uno sforzo in Commissione,
raccogliendo diversi suggerimenti ed osservazioni nate
su questo punto e rendendosi conto, come gli altri colleghi
della Commissione, che tale aspetto era dirimente e di
grande delicatezza. La mia preoccupazione, che voglio
ancora una volte esternare ai colleghi, riguarda il ruolo
dello Stato. Tutti sappiamo benissimo che una cosa è
fare una graduatoria ed altro è redigere un elenco
che, come sappiamo, ovviamente, non avendo stabilito un
prima e un dopo, ammette un’ampia discrezionalità.
Il relatore ha compiuto uno sforzo (e gliene do atto)
perché ciò, in effetti, per le istituzioni
e per lo Stato, crea un certo imbarazzo. La risoluzione
del rapporto di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)…
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Motta.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Cordoni 3.5, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 325
Votanti 318
Astenuti 7
Maggioranza 160
Hanno votato sì 94
Hanno votato no 224).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Guerzoni 3.6.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Cordoni. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei
gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, come sempre la
maggioranza è impaziente (Commenti dei deputati
dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Nonostante
sia trascorso un anno e mezzo, in questa Assemblea parlamentare
non avete ancora acquisito la pazienza dell’ascolto. Spero
che almeno l’opposizione abbia la possibilità di
esprimere le proprie opinioni nei tempi previsti dal regolamento
della Camera. Credo che, anziché fare questo tipo
di commenti, fareste meglio ad interloquire nella discussione
che stiamo proponendo, perché essere gelosi delle
prerogative dello Stato non è un problema di una
sola parte del Parlamento, ma credo debba appartenere
a tutte le forze politiche.
Ciò non significa non rispettare i Patti lateranensi
stipulati con il Vaticano. Vi possono essere soluzioni
alternative a quelle predisposte. Si può tentare
(abbiamo cercato di dimostrarlo dall’inizio di questo
dibattito) di stabilizzare gli insegnanti di religione,
possiamo costruire norme non discriminatorie fra gli insegnanti
di religione e gli altri e possiamo redigere norme che
non creino un’ulteriore dipendenza degli insegnanti di
religione dall’ordinario diocesano dopo l’ottenimento
dell’idoneità. Come abbiamo detto, si può
trovare un’altra soluzione, che salvi anche le prerogative
dello Stato.
Questa è la ragione per cui vi invitiamo ad interloquire
con queste posizioni, perché le stesse consentono
di rispettare i patti, ma considerano anche con molta
gelosia il ruolo dello Stato. Lo ripeto: siamo di fronte
ad una proposta alternativa. Non avremo problemi a discutere
né con gli insegnanti di religione né con
gli altri, perché abbiamo cercato di trovare una
soluzione ad un problema che da anni si trascina e, nello
stesso tempo, stiamo cercando di non ledere l’autonomia,
la laicità ed il ruolo dello Stato. Credo che questo
dovrebbe essere un problema di tutte le forze politiche
e non soltanto di una parte del Parlamento (Applausi dei
deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto, a titolo personale, l’onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, dal momento che la revoca,
come abbiamo detto, viene effettuata non in base ad una
norma dell’ordinamento dello Stato, ma in base al codice
canonico, vorrei sottoporre ai colleghi la seguente considerazione.
Non si capisce la ragione per la quale, nel caso in cui
la revoca venga esercitata, lo Stato se ne debba fare
carico. Abbiamo proposto questi emendamenti migliorativi
perché effettivamente, come purtroppo vedrete,
queste norme, così formulate, daranno luogo a contenzioso.

Invece, i nostri emendamenti hanno precisato in maniera
più puntuale la possibilità che lo Stato
non venga coinvolto in una situazione che non lo riguarda.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di
voto l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per annunciare
il voto favorevole della Margherita sull’emendamento Guerzoni
3.6. Credo che se ragioniamo nel merito delle questioni
senza pregiudizi ideologici riusciamo anche a trovare
punti di accordo concreti. Proporre che gli insegnanti,
oltre quelli messi in ruolo, possano essere scelti dalle
graduatorie degli idonei non vincitori di concorso è
un elemento di razionalità. Spero che anche la
maggioranza ed il Governo vogliano accoglierlo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Guerzoni 3.6, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 334
Votanti 329
Astenuti 5
Maggioranza 165
Hanno votato sì 139
Hanno votato no 190).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 347
Votanti 296
Astenuti 51
Maggioranza 149
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 103).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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