Stato_Giuridico_due/Discussione_votazione_in_aula_5_12_2002.asp

Stenografico
Aula in corso di seduta
Seduta n. 235 del 5/12/2002

Seguito della discussione del disegno
di legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
ordine e grado (2480) e delle abbinate proposte di legge:
Molinari; Tonino Loddo ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi;
Coronella e Messa; Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio
Barbieri (561-580-737-909-1433-1487-1493-1908-1972) (ore
9,47).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della
discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado; e delle abbinate proposte
di legge d’iniziativa dei deputati: Molinari; Tonino Loddo
ed altri; Angela Napoli; Lumia; Landolfi; Coronella e Messa;
Di Teodoro ed altri; Luigi Pepe; Antonio Barbieri.
Ricordo che nella seduta di ieri sono stati approvati gli
articoli 1, 2 e 3.
(Esame dell’articolo 4 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo dunque all’esame dell’articolo 4 e
delle proposte emendative al ad esso presentate (vedi l’allegato
A – A.C. 2480 sezione 1).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
il parere della Commissione.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione.
Signor Presidente, sostituisco momentaneamente il relatore,
onorevole Taglialatela.
La Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte
emendative presentate all’articolo 4.
PRESIDENTE. Il Governo?
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
Governo concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione
nominale mediante procedimento elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno
aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico,
decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque
e venti minuti previsti dall’articolo 49, comma 5, del regolamento.

Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso,
sospendo la seduta fino alle 10,10.
La seduta, sospesa alle 9,50, è ripresa alle 10,10.

Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell’articolo 4 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Sasso
4.5.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Signor Presidente, sono
già stati espressi pareri sugli emendamenti all’articolo
4 e mentre confermo il parere conforme a quello espresso
dal relatore, che in realtà è contrario agli
emendamenti presentati, vorrei approfittare di questo momento
della ripresa dei lavori per rivolgermi all’aula e fare
un po’ la storia breve di questo provvedimento e della posizione
del Governo.
Nel ribadire che il Governo si è mosso in continuità
con la volontà politica emersa chiaramente nella
scorsa legislatura, come è stato ricordato da alcuni
deputati che sono già intervenuti, e che questo ci
ha portato a presentare, con iniziativa governativa, il
provvedimento che stiamo discutendo da qualche giorno, vorrei
riaffermare che il Governo in questa scelta è stato
confortato da alcune situazioni che si sono verificate.
Intanto, da un considerevole numero di proposte di legge
presentate anche all’inizio di questa legislatura. In questo
senso, colgo l’occasione per ringraziare i deputati di maggioranza
e del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo che hanno presentato,
immediatamente, all’inizio di questa legislatura, proposte
di legge che andavano in questa direzione. Non solo, in
questo siamo stati confortati dal fatto che la Commissione
lavoro – quindi, ringrazio il presidente Benedetti Valentini
-, prima ancora che il Consiglio dei ministri approvasse
il disegno di legge, aveva già iniziato l’istruttoria
in Commissione. Inoltre, non solo siamo stati confortati
del consenso, certamente pieno, delle forze di maggioranza,
ma anche da quello espresso immediatamente dal gruppo della
Margherita, DL-l’Ulivo, che colgo l’occasione per ringraziare.
Pertanto, ringrazio sia le forze di maggioranza che il gruppo
della Margherita, DL-l’Ulivo per avere contribuito a migliorare
il testo, perché, naturalmente, di questo stiamo
parlando, degli emendamenti: per questo voglio parlare di
come abbiamo lavorato. Poiché, sono intervenute delle
modifiche, mi piace ricordare e riconoscere all’aula, alle
forze politiche di maggioranza e al gruppo della Margherita,
DL-l’Ulivo, che questi miglioramenti sono intervenuti proprio
tenendo contro delle proposte che sono state presentate,
soprattutto per chiarire alcuni passaggi particolarmente
delicati del provvedimento. Ora ne affronteremo certamente
due: la mobilità di questo personale e il primo concorso,
quello riservato agli insegnanti – è stato detto
– precari, gli insegnanti di religione che hanno svolto
finora questo insegnamento nelle nostre scuole.
Mentre mi avvio alla conclusione, voglio ricordare tre questioni.
Intanto, che esistono dei limiti oggettivi alla discussione,
anche tra Governo e forze politiche, perché su questo
provvedimento c’è una norma pattizia. Quindi, noi
abbiamo di vincoli precisi, dettati dal Concordato e dalle
sue norme di attuazione. Pertanto, ancorché ci sia
stata la volontà, naturalmente, di andare incontro
a tutta una serie di problemi aperti e dall’inserimento
di questi insegnanti nel sistema scolastico italiano, il
limite è la norma pattizia che quindi ci impone dei
paletti precisi. Sicuramente, la strada che abbiamo scelto,
quella degli organici e, quindi, dello stato giuridico degli
insegnanti, rispetta la norma pattizia e anche la migliore
tradizione del sistema scolastico italiano e gli insegnanti
precari, ossia quelli che hanno prestato un servizio senza
demerito nella scuola, alla fine si vedono riconosciuto,
comunque, un legittimo stato giuridico.
All’onorevole Duilio, che in questo articolo insiste sul
discorso dell’inserimento nelle graduatorie permanenti piuttosto
che nella mobilità ad altri insegnamenti, voglio
rispondere che la strada indicata dal testo è quella
maggiormente conforme alle norme già esistenti, poiché
le condizioni previste per poter insegnare altre materie
all’interno del sistema scolastico sono le stesse previste
per gli insegnanti che poi vengono immessi in ruolo. Un
conto sono i titoli previsti per insegnare la religione
cattolica, per intenderci i titoli della norma pattizia,
quindi anche titoli ecclesiastici prescindendo dalla laurea
conseguita in università statali, altro conto è
se questi insegnanti verranno utilizzati per insegnamenti
normali, in questo caso per poterlo fare dovranno possedere
gli stessi titoli di tutti gli altri insegnanti. Questo
è il ragionamento che ci ha portato a non considerare
la richiesta dell’onorevole Duilio. Confermo che per quanto
riguarda l’articolo 5 la Margherita ha fornito un grande
contributo, come del resto tutte le forze politiche di maggioranza,
che su tale articolo avevano presentato una serie di emendamenti
che sono stati messi insieme e rivisti. Devo dire che l’onorevole
Taglialatela in questo caso ha svolto un lavoro prezioso,
si può dire tranquillamente che ha saputo tessere
una "tela" molto valida e di ciò lo ringrazio.
Credo che gli sforzi compiuti siano stati tutti quelli possibili,
di più non avremmo potuto fare. Augurandomi che questo
confronto nel merito di alcune materie che discuteremo adesso,
affrontate negli articoli 4 e 5, porterà un ulteriore
arricchimento soprattutto per quanto riguarda gli adempimenti
successivi all’approvazione di questa legge, credo che possiamo
riprendere il nostro lavoro con la consapevolezza che il
Governo ringrazia tutte le forze di maggioranza e quelle
della Margherita per l’iter agevole che il provvedimento
ha avuto per merito di questa convergenza di volontà
politica che noi non abbiamo mai ignorato ma intendiamo,
anzi, valorizzare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. Grazie Presidente. Ringrazio il sottosegretario
Aprea per il suo intervento perché ci consente, anche
a questo punto della discussione, di ribadire una serie
di punti che, per quanto riguarda i democratici di sinistra,
sono dirimenti su questa vicenda. Li voglio ribadire, precisandoli
ulteriormente rispetto a quanto già hanno fatto i
colleghi che mi hanno preceduto su questi argomenti. Innanzitutto,
non sono messi in discussione i contenuti del Concordato
e le sue ispirazioni, che noi condividiamo fino in fondo,
anche per quanto riguarda il tema dell’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado.
Sappiamo che il tema del reclutamento degli insegnanti di
religione cattolica è un argomento delicato ed anche
complicato da risolvere.
Esso, infatti, richiede – d’altronde questo Parlamento e
quelli precedenti si sono impegnati al riguardo – che si
ricerchi un complesso, difficile e delicato equilibrio tra
i docenti di religione cattolica, che devono essere messi
nella condizione di essere stabilizzati, e gli altri docenti
che, tuttavia, non devono uscire da tale situazione palesemente
penalizzati nel loro diritto di uguaglianza rispetto agli
altri docenti, in questo caso a quelli di regioni cattolica.

Inoltre, deve essere evitato un rischio che non riguarda
ovviamente gli insegnanti di religione cattolica. In questo
caso, infatti, stiamo parlando di un argomento concordatario
che, come già ho affermato, condividiamo; tuttavia,
riteniamo che non debba essere scaricato sulle successive
fasi che si possono determinare nella vita di questi docenti,
tra l’altro legate agli articoli dei quali fra poco parleremo
concernenti la mobilità. Non dobbiamo rendere pervasiva
la presenza di una autorità terza, qualunque essa
sia, nell’assunzione di personale dello Stato che non sia
direttamente collegato e connesso al tema di cui stiamo
trattando.
Il provvedimento in esame, a nostro giudizio, invece commette
questo errore perché travalica abbondantemente tale
confine, ricercando una soluzione, che non trova, di equilibrio
e determinando una lesione – è il nostro giudizio
– dei principi di uguaglianza tra i docenti nel loro complesso
ed i docenti di religione cattolica che, dall’approvazione
del provvedimento in poi, diventerebbero a tutti gli effetti
comparabili con gli altri docenti, con riferimento ovviamente
al loro inserimento all’interno del sistema scolastico.

Anche sulla base degli emendamenti ancora da esaminare,
dobbiamo cercare di migliorare il provvedimento in esame,
con l’accoglimento di alcuni nostri emendamenti che, in
qualche modo, risolvono o evitano il determinarsi di questa
situazione di squilibrio in un prossimo futuro; squilibrio
che, a nostro giudizio, tra l’altro finirebbe con il produrre
un’ulteriore conseguenza negativa. Non temiamo tanto l’apertura
su tale argomento di un contenzioso di carattere politico
(non si sta discutendo di concordato perché non è
questa la sede, non è questo l’argomento sul quale
aprire una discussione sul concordato stesso) quanto l’apertura
di un vero e proprio contenzioso di carattere giudiziario.
I docenti che vedranno lesa la loro condizione in seguito
all’immissione nelle altre classi di insegnamento di docenti
provenienti da questo tipo di reclutamento finiranno ovviamente
per ricorrere di fronte all’autorità giudiziaria,
determinando un clima di totale incertezza nella scuola
e di caos in misura maggiore di quanto già oggi non
ce ne sia, sulla base ovviamente anche di altri provvedimenti
(o mancati provvedimenti) assunti dal Governo nel corso
di questo primo anno e mezzo di vita.
Pertanto, richiediamo ulteriormente la disponibilità
a ragionare sui contenuti migliorativi dei nostri emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
a titolo personale, l’onorevole Capitelli a cui ricordo
che ha a disposizione un minuto di tempo. Ne ha facoltà.

PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, chiedo l’attenzione
dell’onorevole Aprea che ha dato i voti ai diversi gruppi,
segnalando chi collabora e chi non lo fa. Il mio gruppo,
sicuramente, avrebbe collaborato se questa volontà
fosse stata reciproca.
Sull’articolo in esame vi sarebbe stato bisogno di maggiore
collaborazione perché sul medesimo, purtroppo, è
arrivato a dissentire anche chi non era ed è ostile
al provvedimento in esame (a molti, infatti, sembra corretto
attribuire lo status giuridico agli insegnanti di religione).
Pertanto, il tema della mobilità avrebbe dovuto essere
affrontato con due paletti: il primo si riferisce ad una
concezione laica della mobilità per revoca. L’autorità
ecclesiastica ha il diritto di procedere alle nomine e alla
revoca, mentre lo Stato italiano non può riassumere
in caso di revoca.
L’altro paletto concerne la valorizzazione del ruolo degli
insegnanti di religione attraverso il requisito della doppia
laurea. Questo requisito avrebbe consentito un passaggio
regolamentato e graduale ad altri insegnamenti.
PIERA CAPITELLI. Non c’è stata alcuna possibilità
di discutere sulla base di questi due paletti che ho ricordato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
l’intervento del rappresentante del Governo mette in evidenza
uno dei punti più delicati di tale questione. Il
sottosegretario ha fatto riferimento al primo concorso speciale
che verrà svolto in base all’articolo 5 del testo
al nostro esame.
Se si legge il testo di questo comma, il programma di esame
del primo concorso è volto unicamente all’accertamento
della conoscenza dell’ordinamento scolastico, degli orientamenti
didattici e pedagogici relativi a questi gradi di scuola.
In sostanza, noi immettiamo circa ventimila persone nei
ruoli dell’amministrazione dello Stato sulla base di questo
semplice accertamento. Come si fa a non considerare una
grave violazione dei principi di reclutamento dei pubblici
funzionari l’introduzione di una norma di questo genere?
Pertanto, se si vuole conferire uno status agli insegnanti
di religione, che è materia facoltativa, si possono
attribuire loro le condizioni economiche analoghe a quelle
degli insegnanti, ma non li si può immettere in alcun
modo nel corpo dei funzionari dello Stato italiano.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Sasso 4.5, non accettato dalla
Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 294
Votanti 291
Astenuti 3
Maggioranza 146
Hanno votato sì 130
Hanno votato no 161
Sono in missione 83)
Prendo atto che l’onorevole Garagnani non è riuscito
ad esprimere il proprio voto. Prendo altresì atto
che l’onorevole Cialente non è riuscito ad esprimere
il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo alla votazione dell’emendamento Alfonso Gianni
4.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo
emendamento, molto simile all’emendamento Sasso 4.5, noi
prevedevamo alcune correzioni al tipo di reclutamento che
questa legge intende adottare. A questo proposito, vorrei
dire all’onorevole Aprea che noi abbiamo discusso molto
in sede di Commissione lavoro, ma tutti i nostri emendamenti
migliorativi per quanto riguarda i concorsi ed il reclutamento
relativi a questo personale, non sono stati accolti.
Vorrei ricordare all’Assemblea che l’unico emendamento presentato
dal gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo accolto dalla
Commissione è stato un emendamento che suggeriva
la di mutare la dizione scuola materna in scuola dell’infanzia;
una questione di editing, più che altro.
Credo che occorrerebbe ricordare realmente all’onorevole
Aprea che i progetti di legge presentati nella scorsa legislatura
su questo tema prevedevano ben altre garanzie sia nei confronti
dei docenti di religione cattolica sia nei confronti dell’insegnamento
che nei confronti dello Stato. Una di tali questioni era
la previsione del requisito della laurea. Noi abbiamo ripresentato
un emendamento in tal senso, in modo da richiedere la laurea
a coloro che partecipavano ad un concorso nella scuola.
Questo è stato respinto.
Credo che con questa legge voi andate nella direzione di
ipotizzare un reclutamento anomalo nei ruoli dello Stato.
Si fa un concorso senza prevedere la laurea. Lo ripeto:
ciò è in controtendenza con quanto sta avvenendo
nella scuola italiana, dove si richiede la laurea per ogni
grado scolastico e per ogni disciplina.
Si fa un concorso che si conclude non con una graduatoria,
come tutti i concorsi del pubblico impiego, ma con un elenco
e noi ieri avevamo presentato un emendamento che proponeva
appunto che, dopo il concorso, venisse fatta una graduatoria.

Vorrei spiegare all’Assemblea che l’elenco, in luogo della
graduatoria, vuol dire che l’autorità diocesana continua
a decidere chi nominare e dove, con il criterio della chiamata
nominale e, nonostante questo reclutamento anomalo e in
assoluta controtendenza con le norme che regolano i concorsi
per il pubblico impiego, queste persone, una volta in esubero,
passano negli altri ruoli, nelle altre graduatorie e possono
insegnare altre discipline facendo valere il criterio dell’anzianità
e, quindi, superando di fatto in graduatoria coloro che
hanno diritto ad insegnare quelle discipline, creando in
tal modo una norma di diritto diseguale.
In Commissione noi abbiamo sollevato più volte la
questione delle graduatorie – l’onorevole Taglialatela lo
ricorderà -, perché con questa norma voi susciterete
un contenzioso, dal momento che si tratta di una norma che
giuridicamente non tiene. Non si può fare un concorso
pubblico senza che alla fine vi sia una graduatoria! Voi
state creando un sistema di reclutamento anomalo, un canale
privilegiato di accesso all’insegnamento nella scuola italiana,
proprio nel momento in cui, come è avvenuto quest’anno
– il sottosegretario di Aprea lo sa bene – dalle graduatorie
permanenti non è stato immesso in ruolo neanche un
insegnante in tutte le altre discipline.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.1, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 320
Votanti 319
Astenuti 1
Maggioranza 160
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 175).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Nigra 4.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Nigra. Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, il mio emendamento 4.6
chiede di sostituire, al comma 1 dell’articolo 4, la parola
"elenco" con la parola "graduatoria".
È evidente che non si tratta di un emendamento di
carattere simbolico, ma di un emendamento che per noi riveste
grande importanza. Le ragioni che ci spingono a chiedere
questa modifica sono quelle che ha appena finito di illustrare
l’onorevole Sasso.
Sostanzialmente la questione è la seguente: elenco,
di fatto, vuol dire discrezionalità, totale ed assoluta,
mentre graduatoria vuol dire rispetto della posizione ottenuta
da un candidato che ha concorso ad un posto di docente di
religione cattolica, così come avviene per tutti
gli altri docenti, cioè coloro ai quali con questo
provvedimento si vanno ad equiparare i docenti di religione
cattolica.
Noi sappiamo – il tema di cui stiamo discutendo è
stato approfondito in Commissione – che, in realtà,
l’elenco è più coerente con il testo concordatario
– è evidente – perché è ciò
che oggi il concordato prevede. Sappiamo anche – lo abbiamo
già detto durante la discussione sulle linee generali
e qui lo ribadiamo – che il relatore, l’onorevole Taglialatela,
ha tentato – gli va dato atto – di "migliorare"
il più possibile le conseguenze che derivano dall’aver
scelto la strada dell’elenco piuttosto che quella della
graduatoria. Abbiamo già visto ieri che al comma
7 dell’articolo 3 è stato inserito un meccanismo
che, di fatto, rappresenta una sorta di filtro, con il quale
il dirigente regionale scolastico in qualche modo si intromette
– se posso usare questa espressione – nella scelta dei docenti
che però, alla fine, secondo quanto previsto, verrà
fatta dall’ordinario diocesano.
In coerenza con quanto abbiamo già detto in precedenza,
non mettiamo in discussione il fatto che l’ordinario diocesano
possa scegliere i docenti di religione cattolica, giacché
questo lo prevede il concordato, ma la differenza scatta
nel momento in cui questi docenti, ai sensi del provvedimento
di cui stiamo discutendo, diventano equiparabili e comparabili
del tutto gli altri docenti. Allora, a nostro giudizio,
anche su questo argomento, è necessario che questi
docenti siano messi nelle condizioni – il che, tra l’altro,
costituisce una garanzia anche per loro, non solo per quanto
riguarda la facoltà dello Stato di individuarli –
di essere inseriti in una graduatoria che dovrà essere
rispettata, secondo l’ordine determinato dalle prove di
esame, e dalla quale si andranno ad individuare i docenti.

Va detto, tra l’altro – ho già avuto modo di sottolineare
questo aspetto ieri -, che numerosi provvedimenti presentati
anche da parlamentari della maggioranza prevedevano la graduatoria
e non l’elenco. Questo, ovviamente, ci dà forza nel
chiedere questa modifica. Vi sarà stata, infatti,
una qualche ragione che ha spinto questi colleghi a chiedere
la graduatoria, salvo successivamente acconciarsi all’elenco?
Credo che le motivazioni che ho cercato di illustrare in
questa sede fossero alla base anche del loro ragionamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, anche noi voteremo a
favore dell’emendamento presentato dai colleghi del gruppo
dei Democratici di sinistra perché riteniamo che
il testo sia ulteriormente migliorabile. Riconosciamo che
valutare le prove ed i titoli nella predisposizione dell’elenco
costringerà, in qualche modo, alla costruzione di
una graduatoria, anche se l’esplicitare la graduatoria non
sarebbe stato male. Abbiamo cercato di farlo anche con l’emendamento
Duilio 3.7: vi è stato, infatti, il tentativo di
introdurre il punteggio nella valutazione. Chiediamo di
votare a favore dell’emendamento al nostro esame perché,
ovviamente, rende coerente tutto l’impianto del nostro ragionamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Nigra 4.6, non accettato dalla
Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 333
Votanti 330
Astenuti 3
Maggioranza 166
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 186).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.2, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 327
Votanti 237
Astenuti 90
Maggioranza 119
Hanno votato sì 57
Hanno votato no 180).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Alfonso Gianni 4.3, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 331
Votanti 236
Astenuti 95
Maggioranza 119
Hanno votato sì 18
Hanno votato no 218).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Cordoni 4.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Nigra. Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, anche l’emendamento al
nostro esame affronta i temi che ho trattato fino ad ora.
Sostanzialmente, proponiamo che, al comma 3 dell’articolo
4 – in modo particolare in relazione ad un argomento di
cui abbiamo già abbondantemente trattato – si modifichi
il testo che viene proposto. La differenza sta nel fatto
che, come abbiamo visto, possono, di fatto, trovarsi in
condizione di mobilità due categorie di docenti di
religione cattolica. La prima riguarda coloro ai quali viene
revocato, dall’ordinario diocesano, sulla base del codice
canonico e di quanto prevede l’Accordo tra Stato e Chiesa,
l’idoneità ad insegnare religione cattolica. L’altra
riguarda, invece, i docenti di religione cattolica che si
trovano in una situazione di esubero legata a fatti oggettivi
quali, ad esempio, la diminuzione della popolazione scolastica
o la riduzione del numero di coloro che si avvalgono dell’insegnamento
della religione cattolica, anche in questo caso, ai sensi
del Concordato.
Ovviamente, da questo momento, a nostro avviso, scattano
due conseguenze tra loro completamente diverse. La prima
riguarda coloro cui è stata revocata l’idoneità;
a nostro giudizio, non è giusto che entrino nel meccanismo
della mobilità. Infatti, nel momento in cui viene
a mancare un prerequisito che è stato fondamentale
per il reclutamento di una persona all’interno del personale
dello Stato (ossia che la chiesa cattolica, trattandosi
di insegnamento di religione cattolica, abbia reputato quella
persona idonea a poter insegnare tale materia), venendo
meno, dunque, questo rapporto fiduciario (se posso usare
questa espressione non perfetta dal punto di vista giuridico)
tra la persona e la chiesa, automaticamente, a nostro giudizio,
deve venir meno la possibilità di questa persona
di restare all’interno del sistema scolastico e statale
nel quale è stata inserita grazie a quel prerequisito.
L’altra conseguenza riguarda coloro che, invece, sono entrati
in mobilità in conseguenza a fatti oggettivi, non
dipendenti dalla loro volontà.
Allora, noi proponiamo, sostanzialmente, che tali docenti
confluiscano nei meccanismi di mobilità previsti
per il pubblico impiego in generale – si tratta di una tutela
molto forte, applicabile anche all’interno dell’ordinamento
scolastico ove, ovviamente, vi siano le condizioni – affinché
non si determinino disparità e non si passi, di fatto,
da una situazione di minor tutela ad una di disparità
nei confronti degli altri docenti.
Si corre il rischio, infatti, che i predetti docenti scavalchino
gli altri che sono in attesa di avere un posto stabilizzato;
e questa, per noi, sarebbe una situazione insostenibile
che, invece, può essere scongiurata attraverso l’approvazione
di questo emendamento che, lo ribadisco, lascia immutato
tutto quanto abbiamo finora discusso e, quindi, non mette
in discussione né l’inserimento in ruolo né,
tantomeno, la possibilità di salvaguardare questi
docenti qualora perdano il posto di lavoro, pur distinguendo,
nella situazione di nuova precarietà che può
venire a determinarsi, tra coloro che, in qualche modo,
hanno mantenuto quel rapporto con l’autorità ecclesiastica
che ne ha consentito l’immissione in ruolo e coloro che,
invece, tale rapporto hanno perso (per ragioni e valutazioni
nelle quali lo Stato non può entrare, ma di segno
diverso rispetto a quelle che hanno consentito l’ingresso
nei ruoli del personale dello Stato).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
a titolo personale, l’onorevole Motta, alla quale ricordo
che dispone di un minuto. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente…
PRESIDENTE. Pregherei i colleghi che si trovano nelle vicinanze
dell’onorevole Motta di consentirle di parlare senza essere
disturbata.
CARMEN MOTTA. …a sostegno della tesi appena illustrata
dall’onorevole Nigra, vorrei far presente che, prima di
questo testo del Governo, una proposta presentata da un
collega di Forza Italia, Antonio Barbieri, proponeva, praticamente,
la stessa cosa. Ciò dovrebbe chiarire che, da parte
nostra, non c’è alcuna volontà di non manifestare
attenzione per la situazione di tali insegnanti. Tuttavia,
bisogna sottolineare che, se si riconosce la revoca dell’idoneità
quale giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro,
lo Stato dovrebbe fare un passo affinché venga accettato
il principio di un reclutamento specifico condizionato risolutivamente
da un requisito esterno quale, appunto, l’idoneità.

Se non sarà approvato questo emendamento, corriamo
il rischio di creare situazioni di forte discriminazione
nei confronti di tutti gli altri lavoratori che aspirano
all’insegnamento passando attraverso le tradizionali forme
di reclutamento. Nella scuola, da questo punto di vista,
vi è un’alterazione delle regole.
PRESIDENTE. Onorevole Motta…
CARMEN MOTTA. Si rischia la formazione di un secondo canale
di reclutamento…
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Motta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo
personale, l’onorevole Capitelli, alla quale ricordo che
dispone di un minuto. Ne ha facoltà.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, sono assolutamente d’accordo
con i colleghi. Il senso di questo emendamento è
stato già illustrato dall’onorevole Nigra. Desidererei
soltanto aggiungere che il mio gruppo ha prestato attenzione
alla condizione dei lavoratori e degli insegnanti di religione
in tutte queste proposte emendative. In caso di revoca dell’idoneità,
prevediamo la mobilità per le caratteristiche peculiari
di questa materia, che si intreccia fortemente con la materia
concordataria (la quale, forse, dovrebbe essere rivista,
unitamente al senso dell’educazione religiosa e dell’insegnamento
della religione cattolica, ma in un diverso contesto; questo
è un provvedimento che riguarda soltanto i lavoratori).

L’attenzione che il mio gruppo ha riservato alla situazione
di tutti questi lavoratori si evince chiaramente dalla proposta
che, in caso di sospensione, l’insegnante venga mantenuto
in servizio. È evidente, pertanto, che abbiamo pensato
soprattutto alla tutela dei lavoratori e che non abbiamo
voluto assentire a regole alle quali lo Stato non può
accondiscendere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
a titolo personale, l’onorevole Rossiello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROSSIELLO. Signor Presidente, intervengo solo per
esprimere un grande stupore davanti a come si pensa di ordinare
per privilegi al quadrato. Prego il Governo di essere un
po’ attento. Mi sono occupato per una vita di organico di
fatto, di organico di diritto, per una vita ho avuto lettere
da parte della Curia che smembrava ore e moltiplicava gli
insegnanti, rendendo persino difficile la compilazione di
un orario didattico. Io mi ritrovo negli argomenti dell’onorevole
Nigra e vorrei aggiungere una cosa. Santa madre Chiesa è
animata, come si sa, dallo spirito di carità; posso
non ritenere idoneo un docente che poi, calpestando i diritti
di altri docenti, resterà e continuerà a far
nomine. Voi con questo articolo state rendendo la Curia
un ufficio di collocamento, questa è la verità.
Rispetto il Concordato, però qui c’è la possibilità
che lo Stato, in maniera impropria, colpisca i diritti di
altri docenti – attenti, vedo la sistemazione dei docenti
laureati in lettere e filosofia sempre più difficile
con questo meccanismo – , che diventano a carico nostro,
e la curia ne indicherà ancora tre, quattro, sei,
cinque, con i soliti meccanismi di spezzettamento. Questo
è un privilegio che non va (Applausi dei deputati
del gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Cordoni 4.7, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 341
Votanti 328
Astenuti 13
Maggioranza 165
Hanno votato sì 115
Hanno votato no 213).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Sasso 4.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso. Ne ha facoltà.
La debbo informare, onorevole Sasso, che il suo gruppo ha
terminato il tempo a disposizione, per cui lei parla a titolo
personale per un minuto.
ALBA SASSO. Signor Presidente, questo emendamento si colloca
lungo quella linea migliorativa che il gruppo ha voluto
portare avanti. È un emendamento un po’ tecnico,
quindi lei mi perdonerà se sforerò di qualche
secondo. Vorrei far capire all’Assemblea una questione molto
delicata. Riguarda la questione dei docenti di religione
cattolica eventualmente in esubero.
Con questo provvedimento sono immessi in ruolo il 70 per
cento dei docenti rispetto ai posti disponibili. Qualcuno
non ci ha mai spiegato, nella discussione in Commissione
e neanche oggi in Assemblea, perché un docente in
esubero rispetto al 70 per cento dei posti non possa rientrare
in quel 30 per cento dei posti comunque disponibili, che
la Curia continuerà a dare, come ha detto da ultimo
l’onorevole Rossiello, per incarichi a tempo determinato.
In altre parole, si continua così ad immettere in
ruolo persone e i docenti in esubero non vanno ad occupare
il 30 per cento dei posti per incarico a tempo determinato,
ma sono destinati ad altre graduatorie.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Sasso 4.8, non accettato dalla
Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 336
Astenuti 6
Maggioranza 169
Hanno votato sì 150
Hanno votato no 186).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Duilio 4.4. Ha
chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Capitelli. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha un minuto
di tempo a disposizione.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, francamente, non capisco
perché si è dato parere non favorevole a questo
emendamento, che è non solo finalizzato alla riduzione
del danno, ma fa anche un grandissimo sforzo e dà
una grande fiducia al Governo cui delega il compito di adottare
con un decreto una soluzione che renda possibile la mobilità
senza ledere diritti di altri.
Noi siamo contrari alla mobilità in caso di revoca;
tuttavia, la misura presentata rende onore quantomeno al
fatto che c’è la preoccupazione per i lavoratori
che rimarrebbero senza occupazione.
Abbiamo già detto che la mobilità sarà
soltanto ad alcune condizioni, ad esempio, non nel caso
di revoca, secondo requisiti come il possesso della laurea,
e non per corsi abbreviati, o superamento delle posizioni
di altri docenti aventi diritto.
Voteremo la proposta emendativa, anche se presenta una delega
al Governo; tuttavia, non si può manifestare un forte
apprezzamento per un tentativo di risolvere questioni che
potrebbero gravare sui lavoratori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Duilio. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO. Signor Presidente, ritengo importante la proposta
emendativa che ho firmato, perché raccoglie alcune
considerazioni svolte dal rappresentante del Governo, in
precedenza, e che avrei ringraziato per i ringraziamenti,
sebbene ciò non possa fare velo su alcune questioni
di sostanza, che attengono a ciò che accade dopo
l’approvazione del provvedimento in esame nel mondo scolastico
italiano.
Al sottosegretario Aprea avrei detto che la levità
con cui esprime le sue considerazioni, peraltro, non serve
a modificare la rigidità nei riguardi di alcuni contenuti
del provvedimento; il sottosegretario, infatti, insiste
su una valutazione che non possiamo condividere; in particolare,
per ciò che riguarda la mobilità, allorché
viene a mancare il presupposto per l’insegnamento della
religione.
Tale questione è stata richiamata da me già
in altro momento, quindi, non mi dilungherò. La proposta
emendativa in esame è importante perché sostiene
che, se un insegnante di religione non insegnerà
più la sua materia, o perché modifica i suoi
convincimenti, e quindi è venuto meno il presupposto
dell’incarico dell’ordinario diocesano, o perché
non c’è più la domanda specifica dell’insegnamento,
lo stesso insegnante cambierà il proprio ruolo, se
non ha i requisiti per insegnare, oppure, se li ha, come
ad esempio l’abilitazione per un’altra materia, potrà,
allora, insegnare, senza però ledere i diritti e
le aspettative di altro personale, che magari gira l’Italia
per accumulare punteggio utile al conseguimento di una cattedra.

Mi sembra un modo surrettizio ed ingiusto per insegnare
ad un’altra materia; e sia anche ingiusto evitare che l’insegnante,
che conserva il suo posto di lavoro, non venga inserito
in una graduatoria utile, che lo ponga in una condizione
di parità agli insegnanti di altre materie; si tratta
di un discorso di una razionalità quasi elementare,
oltre che di giustizia sostanziale.
Mi rivolgo ai colleghi del centro destra affinché
facciano una riflessione sulla proposta emendativa in esame.
Infatti, non possiamo, contro le nostre intenzioni, ghettizzare
nei fatti gli insegnanti di religione, dopo averli inseriti
ruolo, in quanto il rischio è di scatenare da parte
degli insegnanti di altre materie un atteggiamento che stigmatizza
una sorta di preferenza verso gli insegnanti di religione,
per i percorsi diversi compiuti per giungere al posto a
cattedra.
Chiedo che si faccia attenzione al merito della proposta
emendativa, che invito, dunque, a votare favorevolmente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Mazzuca. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, il gruppo del
UDEUR voterà favorevolmente la proposta emendativa,
e chiediamo all’onorevole Duilio di poterlo sottoscrivere,
per la misura e l’intelligenza delle proposte risolutive
presentate, che non vanno assolutamente contro il senso
e la ratio della provvedimento in esame, atteso da molto
tempo, che al termine voteremo.
Nella proposta emendativa in esame c’è un’attenzione
dal punto di vista legislativo, istituzionale, e nei rapporti
di lavoro pubblico, una sorta di equilibrio in rapporto
ad altre figure di precariato, ed anche, soprattutto, di
altre insegnanti.
Noi ci auguriamo vivamente che il parere espresso dal Governo
possa modificarsi ad una lettura più attenta, proprio
perché questo emendamento propone una soluzione positiva
e congruente con l’orientamento che dovrebbe caratterizzare
il mondo delle carriere scolastiche, un orientamento, cioè,
che premi il merito, nonché la presenza e la competenza
negli insegnamenti, anche per una questione di rispetto
nei confronti degli studenti. Di tale fatto, purtroppo,
spesso ci si dimentica: dovremmo invece ricordarci – ma
mi sembra che il Governo non lo faccia, dato che ha previsto,
in un senso quasi automatizzato, il passaggio dall’insegnamento
della religione ad altro insegnamento – che l’oggetto della
scuola, l’oggetto, il fine dei moltissimi miliardi stanziati
– tantissimi, ma sempre pochi rispetto al grande lavoro
svolto dagli insegnanti – nonché il nostro dovere
quale legislatore sia quello di fornire il miglior insegnamento
possibile ad ogni ragazzo. Ebbene, questo migliore insegnamento
dipende dal tipo di insegnante che lo impartirà.
Dobbiamo quindi cautelarci rispetto a questo nostro dovere,
dovere che il presente emendamento mi sembra rispetti in
pieno, attraverso una forma, lo ripeto, equilibrata, intelligente
e coerente con quella che dovrebbe essere un’impostazione
generale. Mi sembra che il Governo, volendo far meglio degli
altri, nel senso di voler sanare una situazione per troppo
tempo rimasta insoluta, intenda invece operare con non molto
equilibrio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Grignaffini, alla quale ricordo che ha un minuto
di tempo a sua disposizione. Ne ha facoltà.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, intervengo solo
per sottolineare come il modo con il quale il Governo ed
il relatore continuano ad esprimere un parere contrario
su questi emendamenti "collettivi", presentati
anche dai colleghi della Margherita oltre che dai deputati
del nostro gruppo, dimostri come non ci si trovi di fronte
ad un provvedimento per "sistemare" i diritti
dei docenti di religione e neppure di fronte al tema del
rispetto delle norme concordatarie, che tutti stiamo rispettando.
In questo caso si sta compiendo un’altra operazione, più
subdola e che va denunciata: si tratta dell’istituzione
di un canale di reclutamento parallelo sottratto ad ogni
regola e ad ogni norma che definisce le procedure per l’assunzione
nella pubblica amministrazione! Si tratta, soprattutto (lo
voglio ribadire con forza), dell’istituzione di una sorta
di forma di reclutamento ispirata al principio di una docenza
etica!
In Assemblea abbiamo già sentito parlare di fisco
etico: in questo modo, ledendo i diritti di lavoratori che
hanno seguito il normale iter previsto per tutti i concorsi
pubblici, si definiscono norme arbitrarie che hanno l’imprimatur
della cultura e della regione cattolica. È un’operazione
che va denunciata e contrastata (Applausi dei deputati del
gruppo dei Democratici di sinistra-l’Ulivo)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Duilio 4.4, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 348
Votanti 344
Astenuti 4
Maggioranza 173
Hanno votato sì 156
Hanno votato no 188).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Gasperoni 4.9.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Motta, alla quale ricordo che ha un minuto di tempo a sua
disposizione. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente, dato che il nostro gruppo
ha esaurito i tempi a sua disposizione mi limiterò
per ora a svolgere solo alcune considerazioni e chiedo alla

Presidenza l’autorizzazione alla pubblicazione in calce
al resoconto stenografico della seduta odierna delle considerazioni
integrative alla mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza l’autorizza sulla base dei consueti
criteri. Prego, onorevole Motta, prosegua il suo intervento.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, questo emendamento è
teso a mantenere almeno una soglia significativa di requisiti
nel caso della mobilità professionale. Intendiamo
cioè prevedere che la mobilità verso altro
insegnamento sia consentita solo dopo cinque anni di effettivo
insegnamento dall’assunzione in ruolo e che i posti resisi
così vacanti non concorrano a determinare le dotazioni
organiche di cui all’articolo 2 della presente legge.
Per quale motivo vi è questa necessità di
requisiti? Perché anche l’assenza di questi elementi
minimi configurerebbe l’insegnamento della religione come
un nuovo modo di passaggio artificioso ad altro insegnamento,
una sorta di copertura per una finalità surrettizia.
Pertanto, come già hanno affermato altri colleghi,
vi sarebbe la formazione di un secondo canale di reclutamento.
Credo che ciò non lo vogliano nemmeno gli insegnanti
di religione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Gasperoni 4.9, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 349
Votanti 339
Astenuti 10
Maggioranza 170
Hanno votato sì 152
Hanno votato no 187).
Avverto che l’emendamento Capitelli 4.10 è precluso,
perché sono stati respinti gli emendamenti riferiti
al terzo comma dell’articolo 4 e, pertanto, si è
consolidata una determinata situazione; questo emendamento,
quindi, metterebbe in discussione una decisione precedentemente
assunta dal Parlamento.
Passiamo alla votazione dell’articolo 4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, intervengo
solo per dire che esprimeremo un voto contrario sull’articolo
4 per l’insensibilità mostrata dal Governo, che non
ha tenuto in considerazione la proposta contenuta nel precedente
emendamento dell’onorevole Duilio da noi sottoscritto e
sul quale è stato espresso un parere contrario. Questo
mi sembra un fatto molto grave. Al di fuori di quest’aula
si dice che vi è un muro contro muro. Tuttavia, bisogna
anche considerare chi erge questo muro: in tal caso mi sembra
che il muro lo abbia tirato su il Governo e vorrei che ciò
rimanga agli atti, affinché tutto il mondo della
scuola sappia chi (come noi e come la minoranza che ha sottoscritto
i precedenti emendamenti) aveva ed ha volontà di
giungere ad una soluzione equa, che non sia punitiva verso
altre categorie, pur essendo a favore della regolarizzazione
e dell’inserimento degli insegnanti di religione all’interno
dell’ordinamento scolastico.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 4.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 353
Votanti 309
Astenuti 44
Maggioranza 155
Hanno votato sì 192
Hanno votato no 117).
(Esame dell’articolo 5 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo dunque all’esame dell’articolo 5 e
delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l’allegato
A – A.C. 2480 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
il parere della Commissione.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione
esprime parere contrario su tutte le proposte emendative
riferite all’articolo 5.
PRESIDENTE. Il Governo?
STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Signor Presidente, il
Governo esprime parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti
Alfonso Gianni 5.1 e Grignaffini 5.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Capitelli. Ne ha facoltà.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, riteniamo inaccettabile
la logica complessiva di questo articolo, che poi è
la logica dell’intero provvedimento. Tra le tante incongruenze
(sono considerazioni che abbiamo già espresso ma
che si ripropongono), ci chiediamo perché si dica
di no ad un primo concorso serio, perché si dica
di no all’inserimento delle scienze umane, filosofiche e
sociali nel primo concorso e poi in quelli a regime, quando
poi nella logica del provvedimento come voluto dalla maggioranza
e dal Governo vi è la possibilità di transitare
ad altri insegnamenti, perché si dica di no alle
graduatorie e si prevedano elenchi, perché si dica
di no al sistema delle graduatorie che tutelerebbe anche
gli ordinari diocesani da qualsiasi forma di discriminazione
e di discrezionalità, perché si dica di no
a criteri seri di merito. Il criterio serio di merito è
totalmente disatteso ed è l’unico in base al quale
si deve poter entrare nella scuola.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sugli identici emendamenti Alfonso Gianni 5.1
e Grignaffini 5.7, non accettati dalla Commissione né
dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso
parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 343
Astenuti 13
Maggioranza 172
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 230).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Rodeghiero 5.6.

FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, vorrei ritirare il
mio emendamento…
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente, vorremmo sottoscrivere
l’emendamento del collega Rodeghiero, perché il contenuto
ci sembra condivisibile: più il personale è
qualificato e più il ruolo assume carattere culturale
piuttosto che confessionale.
Infatti, abbiamo proposto nei nostri emendamenti per il
primo concorso il mantenimento della prova di cultura generale
e di conoscenza dell’ordinamento scolastico e, quando il
provvedimento sarà completamente a regime, anche
la laurea. Dunque, l’emendamento che va nella direzione
di consolidare la qualificazione del personale ci sembra
assolutamente condivisibile ed annuncio il voto favorevole
del nostro gruppo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Gambale. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GAMBALE. Signor Presidente, intervengo per annunciare
il mio voto contrario a questo emendamento che mi sembra
vada nella direzione non di mettere paletti alla qualificazione
di tali insegnanti, ma abbia soltanto un obiettivo punitivo.
Oggettivamente, pensare ad una norma transitoria per docenti
che abbiano prestato dieci anni di servizio continuativo
nel sistema scolastico mi sembra una provocazione. L’idea
chiara ed esplicita che vi è dietro questo emendamento
è quella di un atteggiamento punitivo e contrario
ai suddetti insegnanti. Mi meraviglio che venga dalla Lega
che sostiene il provvedimento, ma ne prendiamo atto.
FLAVIO RODEGHIERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, avevo già chiesto
di parlare ma, purtroppo, non mi ha visto. Ritiro il mio
emendamento 5.6.
RENZO INNOCENTI. Lo faccio mio a nome del gruppo dei Democratici
di sinistra.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento 5.6 ritirato dall’onorevole
Rodeghiero e fatto proprio dal gruppo dei Democratici di
sinistra-l’Ulivo, non accettato dalla Commissione né
dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 357
Votanti 346
Astenuti 11
Maggioranza 174
Hanno votato sì 107
Hanno votato no 239).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Innocenti 5.8.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso alla quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, con l’emendamento in esame
riproponiamo la questione riguardante il fatto che sotto
la specie del concorso, in realtà, si sta proponendo
un’ope legis. Come abbiamo già detto si entra nei
ruoli dello Stato senza laurea, non ci sono graduatorie
e su questo – ripeto – vi è stata una chiusura nella
Commissione nell’accettare i nostri emendamenti. L’assenza
di graduatorie vuol dire che l’autorità diocesana
continua a decidere ma, oggi, chi entra nei ruoli dello
Stato.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sasso.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Innocenti 5.8, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 358
Votanti 350
Astenuti 8
Maggioranza 176
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 195).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Trupia 5.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Sasso alla quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, continuo il discorso che
stavo facendo prima. L’ultima ciliegina di questo concorso,
che in realtà non è un concorso, riguarda
le prove che vengono proposte. Praticamente, il programma
d’esame per questi docenti, a differenza di tutti gli altri
che si sottopongono a prove di concorso, non prevede quasi
nulla. Infatti, prevede una conoscenza dell’ordinamento
scolastico ed orientamenti relativi agli ordini e gradi
di scuola ai quali si riferisce il concorso. Proponiamo
che almeno questo concorso abbia un’aria di serietà
e che si accerti durante l’esame la cultura posseduta dal
candidato nel campo delle scienze sociali, filosofiche e
storiche visto che di ciò si è parlato molto
anche in quest’aula.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Trupia 5.9, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 349
Votanti 344
Astenuti 5
Maggioranza 173
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 189).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Guerzoni 5.10.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Nigra al quale ricordo che ha un minuto a disposizione.
Ne ha facoltà.
ALBERTO NIGRA. L’emendamento in esame chiede che i docenti
di religione cattolica debbano superare, per poter accedere
al ruolo, le prove che devono superare i docenti di altre
materie. In modo particolare, mi riferisco ad una prova
scritta ed orale volta all’accertamento della conoscenza
della legislazione e dell’ordinamento scolastici, degli
orientamenti didattici e pedagogici relativi ai gradi di
scuola ai quali si riferisce il concorso. Non ci sembra
di chiedere nulla di straordinario e non si capisce perché
docenti che diventano equiparabili agli altri per ogni aspetto
della loro vita all’interno del mondo scolastico debbano
essere esclusi da ciò che si richiede agli altri
docenti. Francamente, questo ci pare un accanimento del
Governo nel non voler accogliere alcun emendamento, neanche
quelli che hanno un valore decisamente migliorativo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Guerzoni 5.10, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 358
Votanti 353
Astenuti 5
Maggioranza 177
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 192).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Lumia 5.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Annunciamo la nostra volontà di sottoscrivere
questo emendamento, in quanto attraverso di esso si rende
ulteriormente serio il percorso che porta al concorso per
titoli ed esami. Questo emendamento, che prevede infatti
la possibilità di un corso di approfondimento di
60 ore avente ad oggetto le materie di esame, rappresenta
l’ulteriore riprova della nostra volontà affinché
questo sia un percorso assolutamente severo e che garantisca
dal punto di vista del diritto non solo gli insegnanti,
ma anche ovviamente gli alunni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Anche noi chiediamo di sottoscrivere
questo emendamento, per gli stessi motivi appena esposti
dal collega Delbono, cioè per questo obbligo di serietà
relativamente al percorso da effettuare. Peraltro, pensando
che nella scuola si fanno migliaia di corsi finalizzati
ad approfondimenti e ad aggiornamenti, non si vede perché
in questo caso – che è così particolare proprio
per le norme sulla mobilità, precedentemente votate
– lo Stato non ritenga opportuno rassicurarsi in tal senso,
attraverso la frequenza ad un corso (peraltro abbastanza
limitato di 60 ore), che mi sembra utile e congruo, con
riferimento a tutto l’impianto che il Governo ha voluto
conferire a questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Gambale, al quale ricordo che ha un minuto di
tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GAMBALE. Vorrei aggiungere anche la mia firma su
questo emendamento e al tempo stesso vorrei chiedere al
Governo le motivazioni del parere contrario espresso su
di esso. Vorrei sapere se si tratta solo di motivi economici,
perché in tal caso si potrebbe in qualche maniera
trovare una soluzione. Non si comprende infatti, da un punto
di vista oggettivo, la contrarietà del Governo nei
confronti di un corso di formazione per questi docenti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Lumia 5.2, non accettato dalla
Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
(Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 363
Votanti 359
Astenuti 4
Maggioranza 180
Hanno votato sì 164
Hanno votato no 195).
Passiamo alla votazione dell’emendamento Delbono 5.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Questo è un emendamento che in realtà
vuole esplicitare un qualcosa che ci auguriamo sia implicito:
cioè che si attinge a questo famoso elenco ordinato
(o elenco sottoposto al vaglio dei titoli e degli esami)
non solo per la quota di dotazioni organiche del 70 per
cento, ma anche per la restante parte dei posti in organico
che rimangono scoperti. È infatti evidente che un
concorso poi produce una sostanziale graduatoria, alla quale
si attinge sia per i contratti a tempo indeterminato, sia
ovviamente per quelli a tempo determinato.
Mi auguro quindi che anche i colleghi della maggioranza
comprendano il senso dell’emendamento e che pertanto esso
possa essere approvato dall’Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Delbono 5.11, non accettato
dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 363
Votanti 360
Astenuti 3
Maggioranza 181
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 199).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Lumia 5.3, non accettato dalla
Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 363
Astenuti 4
Maggioranza 182
Hanno votato sì 164
Hanno votato no 199).
Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Lumia 5.4, non accettato dalla
Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 365
Votanti 356
Astenuti 9
Maggioranza 179
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 197).
Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Lumia 5.5, non accettato dalla
Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione
(Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 279
Astenuti 77
Maggioranza 140
Hanno votato sì 86
Hanno votato no 193).
Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 5.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 373
Votanti 359
Astenuti 14
Maggioranza 180
Hanno votato sì 239
Hanno votato no 120).
Prendo atto che l’onorevole Giordano non è riuscito
ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell’articolo 6 – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 6 e delle proposte
emendative ad esso presentate (vedi l’allegato A – A.C.
2480 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere
il parere della Commissione.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. La Commissione esprime
parere contrario sull’emendamento Martella 6.1, mentre esprime
parere favorevole sull’emendamento 6.2 della Commissione
medesima.
PRESIDENTE. Il Governo?
STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l’istruzione,
l’università e la ricerca. Il Governo concorda con
il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento Martella
6.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente, la nostra proposta soppressiva
è determinata dal fatto che, ovviamente, non abbiamo
condiviso il provvedimento.
Tuttavia, per quanto concerne la copertura, vorrei svolgere
una precisazione. Il triennio 2002-2004 prevedeva i fondi
così suddivisi: nel 2002, le risorse impegnate per
la fase concorsuale e, nell’altro biennio, le risorse impegnate
per l’immissione in ruolo degli insegnanti.
Risulta che – e su ciò vorrei essere smentita dal
Governo -, con il decreto-legge n. 212, recentemente convertito
in legge, la tabella A abbia praticamente prosciugato i
fondi previsti per la fase concorsuale, con i quali sarebbe
finanziato questo provvedimento.
Occorre, dunque, ricevere una risposta, in quanto credo
debbano essere rimodulate le pluriannalità: Inoltre,
se questo provvedimento dovesse essere approvato entro l’anno,
vorremmo conoscere in base a quale norma saranno rintracciate
le risorse previste che, a quanto sembra, non esistono più.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento Martella 6.1, non accettato
dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V
Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
(Vedi votazioni).
(Presenti 360
Votanti 352
Astenuti 8
Maggioranza 177
Hanno votato sì 75
Hanno votato no 277).
Prendo atto che l’onorevole Nigra ha erroneamente espresso
un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno
favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’emendamento 6.2 della Commissione, accettato
dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 360
Votanti 222
Astenuti 138
Maggioranza 112
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 16).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento
elettronico, sull’articolo 6, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva
(Vedi votazioni).
(Presenti 360
Votanti 348
Astenuti 12
Maggioranza 175
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 124).
(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso
del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svolgerò
poche considerazione in quanto ritengo che, sulle questioni
di fondo, ogni gruppo – e, in particolare, il gruppo della
Margherita – abbia avuto modo di esprimere approfonditamente
il proprio giudizio.
Il provvedimento sullo stato giuridico degli insegnanti
di religione, finalmente, procede verso un traguardo conclusivo
e, a nostro parere, anche positivo. Come è stato
ricordato, sono passati ben 17 anni da quando la legge n.
121 del 1985, di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra
lo Stato e la Chiesa cattolica 1984, è entrata in
vigore.
Questa legge, proprio all’articolo 9, sancendo il valore
della cultura religiosa e riconoscendo i principi del cattolicesimo
come parte integrante del patrimonio storico del popolo
italiano, affermava e ribadiva l’impegno della Repubblica
italiana ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Nella stessa
premessa all’Intesa del 1985, lo Stato si assumeva un ulteriore
impegno, vale a dire quello di dare una nuova disciplina
dello stato giuridico degli insegnanti di religione; e questo
è esattamente ciò che si sta facendo attraverso
questo provvedimento.
Ebbene, tutti questi anni non sono trascorsi inutilmente.
Come è stato dimostrato anche dal dibattito svoltosi
in aula, oggi le opposizioni ideologiche a questo passaggio
legislativo si sono fortemente allentate, tanto da far registrare
un’ampia disponibilità tra le forze politiche di
maggioranza e di opposizione, in modo tale da approvare
rapidamente questo provvedimento, e tanto da fare esprimere
un sostanziale via libera anche dalla gran parte delle organizzazioni
sindacali. Abbiamo avuto modo di ascoltarle e, seppure con
qualche rilievo, dalla CISL, alla UIL allo SNALS, è
stato espresso un giudizio sostanzialmente positivo. La
Camera dei deputati si appresta, quindi, a licenziare un
testo ampiamente condiviso, frutto di ben otto proposte
di legge di iniziativa parlamentare, a cui si è aggiunto
in conclusione lo stesso disegno di legge del Governo. Il
testo originale è stato, poi, migliorato in Commissione
grazie ad emendamenti presentati anche dall’opposizione.

Ma cosa è mutato in questi ultimi anni, tanto da
far maturare questa decisione, così osteggiata sino
a qualche anno fa? Innanzitutto, si è diffusa la
completa consapevolezza che gli insegnanti di religione
sono pienamente inseriti nel quadro della finalità
della scuola, come previsto dalla legge 25 marzo 1985, n.
121; ciò ha comportato un’evoluzione contrattuale
positiva che ha sostanzialmente costruito una rete pressoché
equiparata di diritti e di doveri degli insegnanti di religione
rispetto al resto del personale docente. A ciò si
sono aggiunti alcuni elementi, già richiamati da
altri colleghi. Tra questi, vorrei citare l’espandersi della
componente cosiddetta laica all’interno del corpo docente
degli insegnanti di religione: oggi l’80,5 per cento del
totale è rappresentato da insegnati laici e soltanto
il 19,5 da quelli religiosi. Inoltre, vi è un altro
elemento positivo: la stabilizzazione della posizione. Attualmente,
l’impegno superiore alle 18 ore settimanali interessa il
63,8 per cento degli insegnanti di religione, rispetto al
23,7 per cento registrato nell’anno scolastico 1993-1994.
Nella scuola media superiore, addirittura, gli insegnanti
di religione a tempo pieno sono passati dal 29,3 per cento
al 71 per cento. Tutto ciò ha prodotto una spinta
alla stabilità ed alla migliore professionalità
che hanno bisogno di essere sancite da un quadro legislativo
certo, ovvero da una piena immissione in ruolo dei docenti
di religione.
Inoltre, vi è da aggiungere che, nell’anno scolastico
2001-2002, la scelta dell’ora di religione si è assestata
addirittura al 93,2 per cento, dimostrandosi in tal modo
che la quasi totalità degli alunni e delle loro famiglie
è ancora perfettamente in sintonia con le indicazioni
dell’accordo del 1984, richiamato dalla legge n. 121 del
1985.
Passando al testo di legge che sta per essere licenziato,
esso prevede – e su questo siamo totalmente d’accordo –
l’entrata in ruolo tramite il superamento di un concorso
per titoli e per esami, da tenersi triennalmente a livello
regionale. Si tratta degli stessi titoli oggi richiesti
sulla base del decreto del Presidente della Repubblica 16
dicembre 1985, n. 751. Lo stesso primo esame sarà
riservato, invece, agli insegnanti di religione che abbiano
coperto tale ruolo per almeno quattro anni consecutivi negli
ultimi dieci anni. Abbiamo, quindi, voluto rendere rigorosa
e severa la legge anche con emendamenti proposti dal gruppo
cui appartengo. Inoltre, è chiaro che ciò
non implica in alcun modo un disconoscimento del ruolo che
l’ordinario diocesano, inevitabilmente, continua a mantenere
in merito alle idoneità, come prevede l’intesa tra
lo Stato e la Chiesa.
Il punto su cui, invece, abbiamo tentato di modificare il
testo originario, riuscendovi solo in parte, è relativo
al cosiddetto elenco. È vero che nel predisporre
l’elenco si farà riferimento a titoli, ad esami e
alle prove stesse; tuttavia, avremmo preferito che l’espressione
"graduatoria" trovasse pienamente il suo riconoscimento
nel dettato legislativo. Si è anche detto che la
legge n. 121 del 1985 e questo stesso provvedimento possono
apparire incostituzionali. Come ho già avuto modo
di dire, riteniamo che i rilievi di incostituzionalità
siano del tutto infondati. Lo ha già sostenuto la
Corte costituzionale in ben due sentenze, la più
importante delle quali, la n. 203 del 1989, ha dichiarato
che l’insegnamento della – e non "sulla", come
specificato recentemente dal vescovo Nicora – religione
cattolica non collide affatto con il principio di laicità,
perché impartito sulla scorta di due ordini di valutazioni,
ovvero del valore formativo della cultura religiosa e dell’acquisizione
dei principi del cattolicesimo al patrimonio storico del
popolo italiano.
Abbiamo anche affrontato il tema scottante della mobilità
professionale. Ci auguriamo che il testo, così com’è
scritto – ovvero, che riguardo agli insegnanti di religione
cattolica si applicano in materia di mobilità professionale
le disposizioni vigenti nel comparto del personale della
scuola -, non implichi in nessun modo la violazione del
principio di eguaglianza e di equità nei confronti
degli altri docenti precari o di quelli che dovessero perdere
la stabilità del posto di lavoro. Questo non lo vogliamo
e credo che il Governo vigilerà perché questo
non avvenga.
Avviandomi alla conclusione di alcune considerazioni politiche,
si è trattato di un provvedimento che non ha in nessun
modo voluto affrontare il tema dell’insegnamento della religione
cattolica ma, appunto, come si è ben detto, definitivamente
quello della immissione in ruolo degli insegnanti di religione.
Ci spiace che il centrosinistra e l’Ulivo abbiano segnato
una divaricazione, non drammatica per la verità,
ma comunque una divaricazione, perché noi ritenevamo
che un segno di coerenza sarebbe stato quello, almeno sul
tema dell’immissione in ruolo, di mantenere la posizione
già assunta nel corso della passata legislatura grazie
al disegno di legge Berlinguer-De Mauro. Quindi, noi non
vogliamo in nessun modo ideologizzare questa materia e crediamo
che sia stata una scelta di natura prettamente giuslavoristica
e una scelta di equità e di giustizia. Perciò
noi voteremo a favore di questo disegno di legge, non essendo,
tuttavia, pienamente soddisfatti rispetto al testo; in ogni
caso, voteremo a favore perché abbiamo cercato e
voluto anche ulteriori correzioni e miglioramenti ed alcune
le abbiamo ottenute. Votiamo a favore, ovviamente, perché
l’oggetto di questo provvedimento è quello di sanare
una condizione di precarietà e anche di iniquità
di molti lavoratori, che nel mondo della scuola ormai sono
pienamente inseriti. Per questa ragione, lo ripeto, il gruppo
della Margherita, DL-l’Ulivo, senza enfasi, ha lavorato
con serietà, con equilibrio e con misura perché
questa vicenda, che ormai durava da 17 anni, finalmente
arrivasse a conclusione e ci arrivasse senza fratture ideologiche,
che noi invece consegniamo, assolutamente, al nostro passato
(Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l’Ulivo).

PRESIDENTE. Colleghi, vorrei rivolgere un saluto ai ragazzi
e degli insegnanti della IV classe, sezione B, dell’Istituto
tecnico industriale statale di Brindisi che sono presenti
in aula (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l’onorevole
La Malfa, al quale ricordo che ha 5 minuti a disposizione.
Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sulla materia conviene
sgombrare immediatamente il campo da un accenno che c’è
stato in molti interventi della maggioranza, di questa vasta
maggioranza. Quello di cui si sta discutendo nel dibattito
di questo disegno di legge non riguarda i rapporti fra lo
Stato e la Chiesa nel nostro paese, che sono regolati da
un Concordato e da un’intesa, né tantomeno il rispetto
nei confronti della religione cattolica, parte o non parte
del patrimonio storico del nostro paese, questioni che non
riguardano la legislazione che stiamo esaminando. Quello
che è in questione in questo disegno di legge, che
questo disegno di legge affronta in un modo – che mi permetto
di considerare – negativo e foriero di conseguenze negative
per il futuro, è il rispetto dello Stato italiano
e delle sue leggi, della Carta costituzionale e della condizione
di parità dei cittadini di fronte alla legge. Questo
disegno di legge punta ad immettere nei ruoli dello Stato
degli insegnanti di una materia facoltativa, la religione
cattolica, e punta a lasciare nei ruoli dello Stato questi
insegnanti selezionati in un modo che non ha nulla a che
fare con la selezione del corpo degli insegnanti della scuola
italiana, anche quando siano venute meno le ragione della
loro assunzione, ciò che può avvenire in due
circostanze: se l’ordinario diocesano decida che essi non
sono più indicati per l’insegnamento della religione
cattolica oppure se la richiesta sia inferiore, perché,
per esempio, i ragazzi, di quella scuola o di quell’area
non fanno più domanda di insegnamento della religione
cattolica.
In quel momento lo Stato si troverebbe all’interno del suo
organico dei docenti che non hanno più la funzione
per la quale essi sono stati reclutati, da allora in poi
se ne dovrebbe fare carico lo Stato creando una condizione
di disparità nei confronti degli altri suoi dipendenti
che hanno seguito una trafila diversa per la loro immissione
in ruolo. Onorevoli colleghi della maggioranza, immaginate
la circostanza in cui l’ordinario diocesano accerti che
l’insegnante di religione ha perso il titolo all’insegnamento
perché magari abbia sviluppato una concezione immorale
o abbia seguito dei comportamenti eticamente inaccettabili,
da quel momento per la Chiesa cattolica quell’insegnante
non è più in grado di insegnare, mentre per
lo Stato diventa un dipendente pubblico, un deputato della
Margherita ci ha fatto presente come naturalmente non potremmo
mandarlo ad insegnare dovendolo piuttosto collocare in una
biblioteca. Attraverso questa normativa può capitare
che lo Stato assuma nei suoi ruoli, come impiegati o insegnanti,
persone che la stessa autorità diocesana con delle
buone ragioni, che lo Stato potrebbe anche condividere,
non consideri più adatti all’insegnamento. Può
resistere una condizione di tal genere? Il Governo è
assente e distratto riguardo a questi problemi. Può
lo Stato italiano assumere una condizione per cui si entra
nell’organico dello Stato anche qualora vengano meno le
ragioni per le quali provvisoriamente se ne faceva parte?
Onorevoli colleghi credo che su questa materia vi sia anche
una questione di costituzionalità, comunque vi è
una vi è una questione di principio che va affrontata
seriamente. La questione dei rapporti fra Stato e Chiesa
in questa materia non entrano, come del resto ha affermato
uno dei sostenitori del provvedimento, ma se tale questione
non rientra nel provvedimento, ben entrano le questioni
di una ordinata sistemazione del funzionamento dello Stato
sulle quali non si può transigere. Per tale motivo
voterò contro questo provvedimento mentre i miei
colleghi del Nuovo Psi si asterranno, anche perché
lo considero un grave errore della maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Emerenzio Barbieri.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi,
con il provvedimento che ci accingiamo oggi ad approvare
termina dopo una lunga attesa il precariato degli insegnanti
di religione cattolica, un ruolo che sin dal Concordato
del 1929 è stato considerato diverso dai loro stessi
colleghi, comportando un diverso trattamento giuridico,
previdenziale e di carriere. Il disegno di legge in esame
giunge in Assemblea, lo ricordava prima il collega Delbono,
dopo ben 17 anni, da quando cioè con l’intesa del
1985 si era espresso l’intento da parte dello Stato di addivenire
alla definizione di un nuovo stato giuridico per gli insegnanti
di religione. Tale riconoscimento prescinde da qualsiasi
considerazione e diatriba ideologica in quanto oggi i docenti
sono per almeno l’ottanta per cento laici, spesso con famiglie
a carico, essi sono dei lavoratori che svolgono la loro
professione al servizio degli studenti. Per ragioni di eguaglianza
riteniamo che a parità di doveri debba corrispondere
parità di diritti. Con il tempo sono svanite, pertanto,
certe affermazioni circa il carattere clericale dell’ora
di religione. Esse potevano essere vero finché l’affidamento
dell’ora di religione era assegnata esclusivamente a docenti
religiosi, ma già con il Concilio Vaticano II e con
l’avvio del processo di secolarizzazione la Chiesa ha iniziato
ad introdurre nella scuola docenti di religione laici che,
oltre al catechismo, cercavano di far giungere alle giovani
generazioni il messaggio etico e culturale della religione
cattolica, fino a quando, con la revisione concordataria
del 1985, questo processo ha avuto il suo riconoscimento
formale.
Sino ad oggi eravamo in presenza di un ruolo ibrido: gli
insegnanti di religione cattolica venivano retribuiti dallo
Stato italiano, ma il titolo accademico necessario per la
docenza doveva essere conferito da facoltà, approvate
dalla Santa Sede, oppure da istituti italiani, purché
accompagnato dal diploma in scienze religiose, riconosciuto
dalla conferenza episcopale italiana. Era prevista poi la
revocabilità in qualsiasi momento ed a giudizio insindacabile
dell’autorità diocesana dell’incarico di docenza.

La nuova disciplina prevede non più l’attribuzione
subordinata al placet dell’ordinario diocesano competente
per territorio e del dirigente scolastico, ma l’accesso
al ruolo, previo superamento di concorsi per titoli ed esami.
Si tratta, quindi, di un provvedimento di assoluta novità
per collocare in ruolo tali docenti, ad esclusione dell’esperienza
delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Si tratta di un buon testo e dobbiamo riconoscere che su
tale argomento, sin dalla scorsa legislatura, anche da parte
delle forze che oggi sono opposizione, non vi fu un atteggiamento
pregiudizialmente contrario. Sto parlando di un provvedimento
che interessa circa 10 mila docenti ad orario pieno nella
scuola secondaria e circa 3 mila nella scuola elementare
e materna che potrebbero ottenere l’immissione in ruolo
già dal prossimo anno, se in possesso di un’anzianità
di servizio di almeno quattro anni.
Si tratta di un mondo che, dopo anni di attesa, amarezze
e disillusioni, stava invecchiando in uno Stato di precariato
inaccettabile. Oggi, con questo provvedimento, diamo una
risposta definitiva a queste attese e per tali motivi preannuncio
il voto favorevole del gruppo dell’UDC della Camera dei
deputati (Applausi dei deputati del gruppo dell’UDC (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, con il disegno di legge
che ci accingiamo a votare si altera il punto di equilibrio
raggiunto tra Stato e Chiesa con il nuovo Concordato, promosso
e firmato dall’allora Presidente del Consiglio, Bettino
Craxi.
La questione, allora, non fu affatto facile da affrontare
e da risolvere. L’insegnamento nelle scuole era nato dalla
proclamazione del cattolicesimo come religione di Stato.
Una volta che la stessa Chiesa si apprestava a riconoscere
che il cattolicesimo non era più religione di Stato,
veniva a cadere il presupposto che sosteneva l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche, gestito
dalle diocesi e pagato dallo Stato.
La contraddizione, onorevoli colleghi, era ben presente
all’onorevole Craxi che si considerava seguace di Garibaldi
ed interprete delle sue idee laiche e socialiste. Bisognava,
tuttavia, trovare un compromesso che evitasse nuovi ed anacronistici
conflitti di cui l’Italia non aveva, ieri, bisogno (neppure
oggi ne ha bisogno).
L’architrave del nuovo Concordato e dei protocolli annessi
fu il carattere facoltativo dell’insegnamento di religione.
Non era la soluzione migliore che si potesse ottenere, ma
l’unica soluzione possibile per chi, come i socialisti,
è laico, ma non ama le guerre di religione. La sostanza
dell’accordo era semplice, come spesso capita a chi vuole
trovare una soluzione ad un problema complesso.
La Chiesa, proponendo e revocando gli insegnanti di religione,
offriva un servizio di tipo facoltativo il cui costo ricadeva
sullo Stato. I critici di quell’accordo dissero che era
una soluzione gattopardesca e che in realtà non cambiava
nulla. Con la modifica che oggi voi proponete, – mi riferisco
in modo particolare alla maggioranza di centrodestra -,
dimostrate proprio voi che non era così.
Il nuovo concordato fece fare un passo in avanti assai importante
sul piano dei principi. Oggi voi ci fate fare un passo indietro.
Sotto le spoglie di un intervento che dovrebbe servire soltanto
a risolvere un problema di lavoro precario, o almeno così
si sostiene, si passa da un servizio facoltativo reso dalla
Chiesa e pagato dallo Stato, alla creazione di una costola
educativa di tipo confessionale, diretta dalla diocesi,
rigida nei ruoli e impiantata saldamente nella struttura
della scuola pubblica.
La vostra legge crea un vero e proprio mostriciattolo all’interno
della scuola pubblica: viene creato un corpo anomalo di
insegnanti che non hanno nulla di diverso dagli altri, se
non di essere assoggettati in parte alle regole dello Stato
italiano ed in parte a quelle del diritto canonico.
Per capire meglio la differenza fra quello che accade oggi
e ciò che avverrà domani, si potrebbe dire
che oggi l’insegnamento di religione risponde più
alla figura del lavoro interinale, fornito dalla diocesi
e pagato dallo Stato, mentre domani sarà come se
la chiesa gestisse un pezzo della struttura della scuola
pubblica.
Questo è un punto discriminante ed importante sul
piano dei principi. Facendolo apparire come un intervento
sociale, si sono assicurati percorsi privilegiati attraverso
i quali docenti revocati dalla diocesi, o quelli in esubero,
potranno accedere ad altri insegnamenti che nulla hanno
a che vedere con l’insegnamento di religione, tanto da poter
far parlare di una sorta di cassa di integrazione a vita.
Non c’è lavoratore precario che possa vantare simili
paracaduti, men che meno gli insegnanti ancora precari nella
scuola pubblica, che non siano naturalmente quelli di religione.

Solo nel caso degli insegnanti di religione il centro destra,
che è andato a testa bassa contro l’articolo 18 in
nome della flessibilità, riscopre il valore del posto
fisso. Nel Parlamento italiano si riaprono così questioni
spinose, che sollevano nuovi interrogativi: oltre a quelli
legati all’insegnamento di religione, anche quelli del finanziamento
alla scuola privata. L’idea che è alla base di questi
ragionamenti consiste nel credere che il senso della laicità
dello Stato si sia molto appannato nella società
italiana, dopo la stagione dei referendum sull’aborto e
sul divorzio.
L’onorevole Pietro Squeglia, durante la discussione sulle
linee generali, ha affermato: "oggi, anche atei ed
agnostici riconoscono il forte valore educativo e l’importanza
della religione cattolica nel processo educativo e di sviluppo
umano e culturale dei ragazzi". Non lo contraddico,
ma ricambierò questa affermazione dicendo che molte
famiglie cattoliche preferirebbero che si utilizzassero
tempi e risorse che vanno all’insegnamento della religione
per rafforzare quello di inglese.
Una larga maggioranza della Camera crede che l’insegnamento
religioso sia molto efficace e riscuota tante adesioni da
renderlo strutturale nella scuola italiana. Voi approverete
queste misure; dovete sapere, tuttavia, che avete imboccato
una strada lungo la quale il problema che si porrà
non sarà più come gestire l’insegnamento religioso
nelle scuole, secondo uno schema che è in via di
obsolescenza: l’Italia deve muoversi, anche in questo campo,
verso l’Europa, nella quale non c’è questo tipo di
insegnamento religioso, ma c’è il finanziamento pubblico
alle scuole private. Bisognerà quindi promuovere
un’azione che, attraverso modifiche della Costituzione e
del Concordato, abolisca l’insegnamento religioso come corpo
dipendente dalla Chiesa e che, con le ingenti risorse che
si saranno così liberate, finanzi le scuole private.

Con questa legge – mi rivolgo a coloro che l’approveranno
– ci avete dato anche uno strumento per rimettere in discussione
in futuro l’insegnamento religioso nelle scuole, perché
questa legge può essere sicuramente sottoposta a
referendum. Non so se lo si potrà fare, ma ricordo
che tutti gli avanzamenti civili sono dovuti passare, in
Italia, attraverso referendum.
Noi socialisti, quindi, confermiamo la nostra contrarietà
a questa legge, sapendo di interpretare il pensiero di una
vasta area di opinione laica, un’opinione laica composta
da credenti e da non credenti (Applausi dei deputati del
gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, la ringrazio
per avermi dato la parola adesso – lo dico per scusarmi
con i colleghi – dovendo più tardi assentarmi da
questa sede per un impegno istituzionale non rinunciabile.

Vorrei fare alcune brevi considerazioni. Innanzitutto, vorrei
constatare con soddisfazione che, quando la Commissione
ha il tempo, il modo e le possibilità per affrontare
adeguatamente un tema, produce oggettivamente un buon lavoro
e mette nelle condizioni le componenti parlamentari di svolgere
la loro funzione e di conseguire anche, nei limiti del possibile,
i propri risultati politici.
Tutti hanno dato il loro contributo. La maggioranza – debbo
dire, in verità, assai compatta – ha sostenuto il
corso di questo iter e debbo dire, a conferma di quanto
l’onorevole Taglialatela – che ringrazio sentitamente dell’opera
svolta – ha detto poco fa, che se vi è stato il parere
sostanzialmente contrario su tutti gli emendamenti presentati
in aula, è soltanto dovuto al fatto che si è
avuta la possibilità di un grande approfondimento
e di un ampio confronto in Commissione lavoro. È
stato sottolineato il contributo che una parte dell’opposizione,
in particolare il gruppo della Margherita, ha inteso dare,
come ha confermato l’onorevole Delbono, ma del resto è
stato di pregio parlamentare anche il contributo dell’opposizione
di sinistra.
Come ha detto peraltro il già citato onorevole Delbono,
a nome della Margherita – che pure ha inteso sottolineare
e, in qualche caso, enfatizzare l’adesione del gruppo –
si tratterebbe della soluzione di un problema meramente
giuslavoristico. Non so se sia esattamente così.
Mi guardo bene, in sede di dichiarazione di voto finale,
dall’aprire o riaprire un dibattito a questo riguardo o
caricarlo di contenuti ulteriori (non dico ultronei, ma
ulteriori). Io dico che noi abbiamo sicuramente condotto
in porto la soluzione di un problema multiennale, ormai
cancrenoso, sotto molti aspetti – le audizioni che abbiamo
svolto con le organizzazioni di categoria sono state estremamente
significative a questo riguardo – e, quindi, tutti noi abbiamo
avuto il merito di aver saputo finalmente affrontare e risolvere
un problema di questo genere, che riguardava migliaia di
insegnanti che si trovavano ad essere dei paria nel nostro
ordinamento scolastico.
Noi abbiamo prestato attenzione – il legislatore, dunque
– anche al razionale svolgimento e all’organizzazione dell’insegnamento
della religione cattolica. Questo, con tutta onestà,
va ribadito, anche nella contrapposizione dei pensieri,
perché la maggioranza del Parlamento recepisce la
tesi che i principi della religione cattolica sono recepiti,
a pieno titolo, dalla parte più identitaria della
tradizione culturale e civile italiana e, quindi, l’esigenza
di razionalizzare il corpo degli insegnanti, i loro afflusso,
la loro organizzazione, per rendere ciò razionale
e all’altezza della dignità di questa fondamentale
materia di insegnamento (vale a dire quello della religione
cattolica) nell’ambito dell’ordinamento scolastico.
Si trattava – e questo stato affrontato con un’adeguata
normativa – di dare dignità a questi insegnanti.
Se è vero, infatti, quanto è stato detto,
ossia che determinati problemi possono nascere nei rapporti
con altre categorie di insegnanti, è anche vero che
questi insegnanti non si poteva lasciarli, paradossalmente,
ad un destino – pongo ciò all’attenzione dei critici
di questo provvedimento – rimesso completamente all’autorità
religiosa, alla revoca della dichiarazione di idoneità
cui sarebbe conseguito l’abbandono a loro stessi, come,
fino ad oggi, poteva accadere a questi insegnanti.
Proprio per questo motivo, lo ripeto, si è trattato
di trovare una soluzione non semplice – come qualcuno sosteneva
– ma complessa ad un problema complesso: mettere insieme
la disciplina pattizia, le esigenze giuslavoristiche e quelle
di razionalizzare l’insegnamento della religione cattolica.

Mi avvio alla conclusione, ricordando che non ignoriamo
– anche come maggioranza parlamentare, oltre che come Commissione
nel suo insieme – l’esistenza di determinati problemi, con
riguardo, in particolare, alla transitabilità, dall’insegnamento
della religione (che deve restare l’insegnamento essenziale
di questi professionisti) ad altre branche. Vi possono essere
problemi di conciliazione con le aspettative ed i diritti
degli altri insegnanti ma voglio anche dire che, nell’immediato
e nel medio periodo, si potranno effettuare verifiche, controlli
sul campo, sul funzionamento di questa normativa. Dovranno
stare certi – soprattutto coloro che sono interessati ma
anche coloro che sono stati critici nei confronti di questa
normativa – che, se si verificheranno delle incongruenze
e degli abusi, nessuno vieta naturalmente al Parlamento
nel suo insieme e alla sua maggioranza di tornare su questa
normativa e di definire le eventuali rettifiche.
Detto tutto questo, siamo convinti che torni ad onore dell’intero
Parlamento essere riusciti a trovare finalmente una soluzione
normativa ad un problema che, per troppo tempo, era stato
discusso ed affrontato soltanto a livello teorico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
a titolo personale, l’onorevole Antonio Barbieri, quale
ricordo che ha tre minuti di tempo a sua disposizione. Ne
ha facoltà.
ANTONIO BARBIERI. Signor Presidente, signori rappresentanti
del Governo, onorevoli colleghi, ho chiesto di prendere
la parola per manifestare il mio compiacimento in quanto
deputato del gruppo di Forza Italia e presentatore della
proposta di legge su tale materia, l’ultima in ordine di
tempo – mi riferisco al momento della sua presentazione
– rispetto all’intervento legislativo del Governo, ossia
il disegno di legge al nostro esame, intessuto anche con
l’audizione e con il consenso della conferenza dei vescovi.

Desidero, quindi, osservare, innanzitutto, che il testo
giunto in aula dopo una laboriosa discussione delle proposte
emendative dell’opposizione, rappresenta, in grandissima
parte, il testo di quel disegno di legge intessuto dal nostro
Governo. È questo il primo dato di carattere politico
che deve essere evidenziato, a mio avviso, perché
– per rispondere anche alle posizioni assunte dai rappresentanti
del gruppo della Margherita -, se è vero che, nella
passata legislatura, alcuni parlamentari del gruppo Margherita
presentarono proposte di legge analoghe su tale materia,
è anche vero che, nella passata legislatura, quelle
proposte di legge non ebbero il sostegno del Governo dell’Ulivo
di allora.
A tutte le altre questioni sollevate dall’opposizione, ha
già esaurientemente risposto il relatore, presentando
le regioni della maggioranza. Vorrei soltanto aggiungere,
essendo stato chiamato in causa, in più di un intervento,
dai colleghi dell’opposizione, che è vero che, nella
mia proposta, era prevista l’ipotesi della risoluzione del
rapporto di lavoro a fronte della revoca dell’idoneità
da parte dell’ordinario diocesano, ma è anche vero
che, in quella proposta, non era prevista l’ipotesi della
mobilità. Se, invece, oggi, il testo portato in aula,
integrato e migliorato dal Governo, avesse previsto anche
l’istituto della mobilità, vi sarebbe stata una contradictio
in terminis tra revoca – e, quindi, risoluzione del rapporto
di lavoro – ed istituto della mobilità.
Finalmente, dopo tanti anni, per adempiere gli impegni concordatari,
si arriverà, con il nostro voto favorevole, a garantire
agli insegnanti di religione cattolica dignità culturale
ed economica ed alla Chiesa cattolica di poter ben operare
per fornire la qualità didattica e morale derivante
dal suo servizio di presenza formativa.
Questo è un segno di rinnovamento esplicito dell’Italia
che stiamo cambiando: ripristiniamo uno spazio che i corpi
sociali intermedi e la tradizione giudaico-cristiana debbono
conservare per assicurare alla nostra società quella
forza di valori sulla quale si fonda la grandezza di gran
parte dell’occidente. Questo rinnovamento, che noi inauguriamo,
aveva trovato, nella precedente legislatura, una sostanziale
opposizione in questioni di principio, sollevate con grande
ipocrisia ma, sostanzialmente, profondamente offensive per
la Chiesa cattolica e per l’alta e ben nota dignità
degli studi ecclesiastici.
Ecco perché in quest’odierno coronamento dell’azione
di Forza Italia e nel voto favorevole nostro e della Casa
delle libertà vedo un grande smascheramento: quello
di una sinistra ipocrita e in corde suo spregiatrice, da
sempre, della natura spirituale della persona umana e della
fontale libertas cristiana, che pure ha avuto…
PRESIDENTE. Onorevole Antonio Barbieri…
ANTONIO BARBIERI. …come suo grande mallevadore Erasmo
da Rotterdam.
Un’ultima considerazione riguarda la questione della laicità
dello Stato, sollevata da rappresentanti della maggioranza
e dell’opposizione e, da ultimo, da parte dell’onorevole
Villetti.
Sul concetto di laicità ha ben detto, ieri, il collega
Adornato, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano:
lo Stato moderno, per noi, non può essere certamente
confessionale; su questo siamo d’accordo: in nessun senso,
però! Non in senso religioso, ma sicuramente neanche
in senso materialistico ed etico o ateo, per esempio marxista,
e nemmeno in senso laicistico, se per laicismo intendiamo
una particolare concezione del mondo e dell’uomo di ispirazione
immanentistica ed illuministica che nega i valori trascendenti
o li confina nel segreto della coscienza individuale. Davanti
a questa concezione della sinistra, noi ci poniamo, e ci
confrontiamo, come rappresentanti del popolarismo europeo
di Forza Italia, con un segno chiarissimo di futuro, di
progresso e di rinnovamento (Applausi dei deputati del gruppo
di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur
parlando a titolo personale, il collega Barbieri ha già
ampiamente illustrato i motivi di soddisfazione e ciò
esime il sottoscritto da un intervento più articolato.

Mi si consenta, però, di ricordare a quest’Assemblea
che questo disegno di legge finalmente sana una situazione
annosa di precariato subita dagli insegnanti di religione
cattolica ed elimina la disparità di trattamento
finora vigente nei confronti di questi insegnanti rispetto
agli altri. Tale parificazione consentirà di riconoscere
il giusto ruolo dell’insegnamento della religione che, pur
essendo materia facoltativa, com’è stato qui ricordato,
è fondamentale per trasmettere ai giovani quei valori
morali, etici e sociali sui quali, da sempre, si fonda la
nostra società, al di là delle convinzioni
religiose e della sempre più marcata secolarizzazione
della nostra società, come dimostra – è stato
ricordato anche da Delbono – la grande e capillare adesione
a questo insegnamento da parte degli allievi e delle famiglie
italiane. Ciò nonostante, ritengo doveroso un richiamo
a tutte le componenti politiche affinché venga fatto
uno sforzo e si lasci da parte ogni rigidità ideologica.

Abbiamo sentito qui anche prima ricordare rispetto a questa
materia il ricorso al referendum e altre questioni. Io credo
che sia dovere di questo Parlamento valutare la questione
con grande serenità, ma anche con grande coerenza
intellettuale. Stiamo discutendo, onorevole Capitelli, sulla
precarietà in cui versa un gran numero di lavoratori,
al di là che questi lavoratori insegnino la religione
cattolica; abbiamo tutti il dovere di dare uno stato giuridico
definito a questi insegnanti. Come è stato da più
parti sottolineato, sia nel dibattito in Commissione sia
in Assemblea, un dibattito che ha visto in alcuni momenti
superate le diversità e le contrapposizioni che normalmente
ci sono, questi lavoratori godono di una retribuzione pressoché
uguale a quella di altri insegnanti, ma non hanno a tutt’oggi
un trattamento previdenziale e di carriera. Sono di fatto,
onorevole Capitelli, lavoratori precari, ai quali lei si
rivolge sempre con grande attenzione, che da anni aspettano
la definizione dello stato giuridico. È arrivato
il momento di dare loro questo riconoscimento.
È opportuno ricordare a me stesso, ma anche all’Assemblea
che negli ultimi anni, anche nella passata legislatura,
si era cercato di risolvere in via definitiva questa situazione
di precariato, certo con una legge non all’altezza (quella
di oggi è migliore di quella del passato), ma gli
intendimenti c’erano anche nel passato e voglio qui ricordarli.

Ad oggi noi abbiamo nella scuola operatori che devono rispondere
degli stessi doveri ma non hanno gli stessi diritti. Ha
ragione Duilio quando ricorda questo atto di giustizia che
noi dobbiamo fare nei confronti di questi lavoratori, un
atto di giustizia e di perequazione sociale. Nella scuola
la disparità con gli altri insegnanti era nel passato
meno avvertita in quanto gli insegnanti di religione cattolica
erano per lo più sacerdoti religiosi, oggi, invece,
la presenza di laici è sempre maggiore e raggiunge
punte dell’80 per cento, mentre quella di sacerdoti e religiosi,
che godono di un sistema di sostentamento e di garanzie
diocesane, è sempre più esigua.
Ritengo doveroso ricordare, come accennavo prima, che nelle
scuole italiane l’adesione all’insegnamento della religione
cattolica è elevatissima e complessiva. Nell’anno
scolastico 2001 2002 la percentuale è stata del 93,2
per cento, un dato costante degli ultimi dieci anni, in
quanto la percentuale non è mai scesa sotto il 92
per cento.
Vorrei soffermarmi brevemente però a questo punto,
concludendo il mio intervento, su due passaggi che, a mio
avviso, sono particolarmente qualificanti della legge. Innanzitutto,
si dà finalmente attuazione a quanto stabilito dal
nuovo Concordato tra santa sede e stato italiano; certo
con molto ritardo, ma si dà corso a questo adempimento.
Vorrei ricordare, ma l’ha ricordato anche il collega Barbieri,
quanto era stato concordato: la Repubblica italiana, riconoscendo
i valori della cultura religiosa e tenendo conto che i principi
del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del
popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro
della finalità della scuola, l’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie
di ogni ordine e grado e che l’insegnamento della religione
cattolica, impartito nel quadro delle finalità della
scuola, deve avere dignità formativa e culturale
pari a quella delle altre discipline. Questo anche per puntualizzare
alcuni interventi che qui abbiamo sentito e che non erano
in sintonia con questi impegni che lo Stato si era assunto.

Vorrei inoltre ricordare che, nel testo dell’intesa tra
autorità scolastiche italiane e Conferenza episcopale
per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
pubbliche, l’allora Governo si era impegnato a risolvere
la questione dello stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica.
Il secondo punto a mio avviso qualificante del testo è
che con questa legge si intende porre fine, come dicevo,
alla condizione di precariato che ha caratterizzato dal
1930 ad oggi lo stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica, che oggi sono per l’80 per cento insegnanti laici,
che devono avere quindi il loro stato giuridico ben definito.

Il testo in esame, inoltre, ha l’indiscusso merito di chiarire,
oltre allo stato giuridico di questi lavoratori, le procedure
di reclutamento ed afferma l’atipicità, rispetto
ad altri docenti, di questi insegnanti, in quanto hanno
un duplice rapporto professionale con lo Stato da un lato
e con la Chiesa cattolica dall’altro.
Viene, quindi, tenuta in particolare considerazione tale
atipicità, su cui viene fondato uno specifico impianto,
che offre una serie di positive e concrete risposte alle
esigenze di questa particolare categoria di insegnanti.

Certo è positivo l’istituzione dei ruoli regionali,
articolati per ambiti territoriali corrispondenti alle diocesi;
agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli
regionali si applicano, quindi, le norme di stato giuridico
e trattamento economico, previsti nel Testo unico delle
disposizioni legislative, per quanto riguarda tutti gli
insegnanti; non c’è, quindi, nessuna corsia preferenziale,
bensì un atto dovuto.
Credo, colleghi, che siamo qui in presenza di un atto di
giustizia, di perequazione, e di giustizia sociale; un atto
di coerenza con i principi solennemente affermati anche
in quest’aula; un atto dovuto conseguenziale al rispetto
degli impegni assunti e dei patti definiti.
Ma si tratta, anche, di un passaggio significativo, in quanto
attesta il forte valore formativo e l’importanza della religione
cattolica nel processo educativo e di sviluppo umano e culturale
dei nostri ragazzi.
Esprimo, quindi, con convinzione un voto deciso di Forza
Italia, fortissimamente convinta, di aver compiuto un atto
di giustizia nei confronti di tali insegnanti, ma anche
della cultura italiana. (Applausi dei deputati del gruppo
di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto,
a titolo personale, l’onorevole Maccanico. Ne ha facoltà.

ANTONIO MACCANICO. Signor Presidente, dichiaro che voterò
contro il provvedimento in esame.
Con tutto il rispetto delle argomentazioni del relatore,
credo che non sia accettabile che il personale insegnante
di una materia facoltativa sia inserito nei ruoli della
pubblica istruzione, senza concorso; ed è ancor meno
accettabile che tale personale sia revocabile a giudizio
dell’ordinario diocesano, con violazione della libertà
di insegnamento, che dovrebbe titolare tutti gli insegnante
di ruolo.
Si crea una grave anomalia che non mi sento di approvare
(Applausi dei deputati del gruppi Misto-Socialisti democratici
italiani e della Margherita, DL-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Nigra. Ne ha facoltà. Le ricordo che
ha a sua disposizione cinque minuti.
ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, il provvedimento legislativo
in esame tratta, come è noto, la "sprecarizzazione"
della condizione degli insegnanti di religione cattolica.

Come abbiamo avuto modo di dire, a nostro giudizio, nel
corso della discussione del provvedimento, tale intervento
viene portato in modo sbagliato, che, fin dall’approvazione
del provvedimento in esame nel testo presentato alla Camera,
originerà numerosi problemi di cui ora dirò.

L’approfondimento della discussione su tale normativa, che
come è già stato ricordato si è svolta
anche nella precedente legislatura, consente di dire che
reputiamo sia un atto doveroso del Parlamento la definizione
di una normativa che dia certezza agli insegnanti di religione
cattolica, in merito al loro status giuridico ed economico,
prescindendo dalla materia di insegnamento.
È perciò che abbiamo proposto nel corso della
discussione, prima in Commissione e poi in Assemblea, molte
soluzioni idonee, per ridurre ed eliminare gli anacronismi
presenti nell’attuale legislazione.
A nostro giudizio il provvedimento in questione compie male
il suo intervento, trovando soluzioni non equilibrate tra
i docenti di religione e gli altri.
Il provvedimento legislativo lascia aperta, anzi apre ancora
di più e divarica, una ulteriore serie di contraddizioni,
in modo particolare, per quanto riguarda la parità
di trattamento, determinata dal meccanismo di reclutamento,
tra precari in generale del mondo della scuola e docenti
di religione. E tra l’altro, introduce un precedente pericoloso,
perché la distinzione tra elenco e graduatoria, da
voi non accettata, di fatto, come abbia avuto modo di dire,
consente di "prelevare" coloro che saranno inseriti
nel ruolo con discrezionalità, e per noi è
già sbagliato, ma rappresenta, il che è ancora
più grave, un precedente pericoloso che potrebbe
trovare nell’ambito di altre applicazioni successive lo
stesso meccanismo di reclutamento, al quale noi, fermamente,
ci opponiamo.
La nostra proposta si compone di un meccanismo di stabilizzazione
degli insegnanti di religione secondo le previsioni del
contratto collettivo nazionale per gli insegnanti a tempo
indeterminato ma non raggiunge e supera quella che, invece,
a nostro giudizio, raggiunge e supera il provvedimento,
cioè la soglia dell’immissione in ruolo, dalla quale
poi deriva una serie di conseguenze negative che abbiamo
lungamente illustrato nel corso della discussione.
Il tema delicato della risoluzione del rapporto di lavoro
di questi insegnanti ai sensi dell’accordo concordatario,
pure in presenza di una loro ammissione in ruolo, conserva,
tra le ipotesi previste, oltre a quelle generali, la revoca
dell’idoneità. A nostro giudizio, come abbiamo lungamente
detto, questo aspetto andrebbe trattato diversamente rispetto
alla situazione di coloro che vengono a trovarsi in mobilità
e che, in conseguenza di essa, devono in qualche modo essere
accolti all’interno dello Stato attraverso meccanismi che
si richiamino in maniera generale e generica agli altri
meccanismi previsti per gli altri dipendenti del settore
scolastico e pubblico in generale.
Infine, sul tema della mobilità il provvedimento
mette in atto una serie di procedure che viaggiano ai confini
dell’accordo tra Stato e Chiesa; anzi, la soluzione adottata
oltrepassa, a nostro giudizio, a danno di tutti gli altri
insegnanti, tale confine. Pertanto, il nostro giudizio negativo
complessivo sul provvedimento nasce dal fatto che, come
qualcuno ha detto, non si tratta, in questo caso, di criticare
la normativa in questione pronunciandosi contro l’attuale
Concordato tra Stato e Chiesa; anzi, circa il rispetto del
concordato Craxi-Casaroli del 1984 le nostre proposte sul
provvedimento erano lineari, mentre il disegno di legge
di cui stiamo discutendo, a nostro giudizio, va oltre il
Concordato e lo spirito degli accordi, supera abbondantemente
la soglia di ragionevole miglioramento della condizione
di persone che non posso, come abbiamo detto, rimanere per
tutta la loro vita lavorativa precari e, nel difficile tentativo
di ricercare un nuovo equilibrio ad intesa vigente, travalica
abbondantemente i confini stabiliti dal principio costituzionale
di uguaglianza di fronte alla legge.
Vi è un eccesso di zelo nel vostro provvedimento,
che era facilmente rimediabile accogliendo parte dei nostri
emendamenti, cosa che voi non avete fatto. Pertanto, avete
determinato una pletora di situazioni complicate e di difficile
risoluzione e, in modo particolare (questo è il fatto
più grave), ascoltando i nostri suggerimenti non
avreste fatto venir meno i principi di laicità ai
quali si richiama e si riconduce l’ordinamento generale
dello Stato, principi che con questo provvedimento, voi,
invece, ledete in modo grave.
Per tutte queste ragioni i deputati del gruppo dei Democratici
di sinistra-l’Ulivo esprimeranno un voto contrario al presente
provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici
di sinistra-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, voglio innanzitutto
ricordare il lavoro svolto nella scorsa legislatura dall’altro
ramo del Parlamento su tale questione e, in particolare,
quello del senatore Brignone, che ha svolto un’eccellente
introduzione anche in riferimento all’evolversi, nelle varie
forme in cui questo si è espresso, dell’insegnamento
della religione cattolica nel nostro paese, grazie anche
ad un largo e condiviso supporto da parte delle commissioni
cultura e lavoro.
Si tratta di un atto di giustizia che, come è già
stato sottolineato, ha preso avvio nella scorsa legislatura
e che ha visto coinvolte tutte le parti politiche, seppure
oggi su fronti diversi in tema di responsabilità
di Governo del paese.
Il provvedimento che è stato approvato durante la
scorsa legislatura al Senato, come quello che stiamo per
approvare oggi, è un atto complesso che va incontro
ad un problema altrettanto complesso: per tale motivo, ritengo
che alcuni rilievi svolti dall’opposizione circa possibili
disparità presenti in alcuni aspetti che potrebbero
trasparire dal testo non siano totalmente infondati.
Tuttavia, siamo di fronte ad una situazione determinata
da un aspetto storico, quello della realtà del nostro
paese, nel quale l’esistenza dello Stato della Chiesa e
il grande patrimonio storico che costituisce la cultura
religiosa nell’evoluzione storica e sociale di questo paese,
evidentemente ci fanno assumere anche degli impegni, come
è accaduto con il Concordato, rinnovato nel 1984.
Siamo di fronte a situazioni che vanno riconosciute – lo
ripeto – nella loro fondatezza storica. Ciò è
dimostrato dalle adesioni alle richieste di fruizione di
questo insegnamento da parte di moltissimi alunni, anche
al di là delle convinzioni religiose.
Pertanto il nostro intervento, come dicevo, è inquadrato
in questa cornice storica ed istituzionale. D’altra parte,
vi è anche un dovere da parte della Commissione lavoro
di dare dignità (una dignità che per troppo
tempo è mancata) alla preziosa funzione di questo
insegnamento nell’ambito delle materie curricolari nella
scuola italiana ed a quanto svolto da questi insegnanti
in tanti anni anche con riferimento ad una disparità
di trattamento esistente, per esempio dal punto di vista
previdenziale, rispetto agli altri colleghi.
Si è inteso, quindi, dare certezze e modalità
precise. Credo che questo rappresenti l’assolvimento di
una responsabilità che il Governo nel 1984, con la
conclusione di quel Concordato, e complessivamente questo
Parlamento hanno assunto.
A mio avviso, in questa occasione non è stato sufficientemente
approfondito un aspetto culturale, neanche da parte dell’opposizione.
Mi riferisco a quello dell’organizzazione, per quanto riguarda
le competenze e gli ambiti, delle facoltà di teologia.
A tal riguardo, vi è, per certi versi, un’anomalia
del sistema italiano, che di per sé stesso, se affrontato
con una modalità organizzativa diversa, potrebbe
invece costituire una ricchezza anche di riflessione e di
studio.
Non va dimenticato, infatti, che oggi il titolo di studio
richiesto per l’insegnamento e, comunque, la formazione
data dalle facoltà di teologia è estremamente
ricche e potrebbe arricchirsi ancora di più, se la
ricerca fosse ampliata anche ad un ambito di responsabilità
di organizzazione determinata dallo Stato. Il titolo di
studio richiesto oggi per l’insegnamento è comprensivo
anche di una formazione circa le scienze sociali, filosofiche
e storiche estremamente ricca. Pertanto, non concordo con
alcuni rilievi svolti dall’opposizione in ordine al fatto
che non sia richiesta la laurea o che questi soggetti, una
volta che vi sia un esubero o che venga revocata l’idoneità,
siano adibiti ad altro insegnamento. Lo ripeto: il titolo
di studio richiesto è estremamente ricco e potrebbe
arricchirsi ancora di più. Tuttavia, in sostanza,
si dà una certezza giuridica a tanti lavoratori (questo
è il fatto nuovo anche rispetto alla conclusione
del Concordato nel 1984). Peraltro, più dell’80 per
cento di essi sono laici e avvertono il bisogno di una sicurezza
economica, anche in considerazione del fatto che molti di
loro hanno una famiglia e dei figli. Quindi, è una
situazione complessivamente nuova che ha un fondamento estremamente
legato alle nostre responsabilità istituzionali.

Non si tratta di discutere di laicità o meno dello
Stato, bensì di affrontare un problema concreto.
Credo che questo Parlamento lo abbia fatto in modo concreto
e – lo ripeto – ulteriori ambiti di riflessione, anche per
quanto riguarda le facoltà di teologia, potranno
essere ripresi in altri momenti. Certamente, quello che
stiamo compiendo oggi è un atto dovuto, pur nella
complessità dell’articolato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, il gruppo Misto-UDEUR-Popolari
per l’Europa, pur con talune perplessità, voterà
a favore di questo provvedimento e ciò, innanzitutto,
perché davvero da troppo tempo precari ed insegnanti
di religione attendono l’immissione in ruolo. Tuttavia,
occorre sottolineare ancora una volta l’incongruità
del Governo, che sceglie questa immissione in ruolo e, poi,
destina e condanna alla precarietà migliaia di altri
insegnanti.
In secondo luogo, perché l’insegnamento della religione
– che non è catechismo, come sappiamo benissimo –
concorre a trasmettere alle giovani generazioni valori fondamentali
propri non solo della religione cattolica, ma anche di tutte
le altre religioni. Si tratta di valori che servono ad alimentare
la base del convivere civile pur all’interno di uno Stato
laico: credo sia assurdo volersene dimenticare.
Votiamo a favore, quindi, ma – come ho detto – con giustificate
perplessità ed un punta forte di amarezza. È,
infatti, grave, a nostro parere, in rapporto al modo dell’inserimento,
alla mobilità ed alla formazione, che il Governo
abbia voluto respingere tutti gli emendamenti e non abbia
accettato soluzioni coerenti innanzitutto con il quadro
costituzionale e delle leggi vigenti, nonché con
le giuste aspettative di altre migliaia di insegnanti. Si
sarebbe mostrato rispetto per il mondo della scuola ma,
più in generale, rispetto per lo Stato e le sue leggi.
Questo è un valore forte, colleghi parlamentari,
che giustifica la nostra permanenza in questa sede, la nostra
responsabilità, l’esistenza stessa di un Parlamento
democraticamente eletto e tutti i poteri della Repubblica
in quanto tutte le forme istituzionali che essa si è
data vengono rispettate in toto. Ciò non è
stato fatto con questa legge. Dunque, ritengo opportuna
una riflessione perché questo può costituire
un passetto verso una strada scivolosa che non si sa dove
potrebbe portarci (Applausi dei deputati del gruppo misto-UDEUR-Popolari
per l’Europa).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
a titolo personale l’onorevole Di Teodoro, al quale ricordo
che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ANDREA DI TEODORO. Signor Presidente, voglio esprimere come
laico, prima ancora che come credente, il mio voto favorevole
a questo provvedimento. Si sana finalmente, dopo moltissimi
anni di disparità di trattamento, la condizione di
20 mila lavoratori italiani che erano in una situazione
insostenibile dal punto di vista della giustizia e della
parità di trattamento rispetto a tutti gli altri
lavoratori del comparto della scuola. Tali insegnanti che,
come è stato ricordato, sono per l’80 per cento laici
e che hanno la necessità di mantenere una famiglia
ed affrontare il costo della vita come tutti gli altri insegnanti
della scuola italiana, sono finalmente inquadrati nei ruoli
organici della scuola e trattati come tutti gli altri insegnanti.

Apprezzo molto l’atteggiamento di quella parte dell’opposizione
che voterà con noi favorevolmente a questo provvedimento,
mentre mi rammarico per l’atteggiamento di chiusura preconcetta
e pregiudiziale dei Democratici di sinistra che, pur avendo
dato in Commissione un accenno, al principio della nostra
istruttoria, di disponibilità si sono, poi, attestati
su una posizione di chiusura. Basti soltanto ricordare le
critiche che ho sentito avanzare in questa sede circa il
concorso con cui sarebbero immessi in ruolo, per il 70 per
cento delle disponibilità degli organici, gli insegnanti
di religione cattolica: è stato definito un concorso
anomalo quando, in realtà, vi sono stati, negli anni
scorsi, migliaia e migliaia di precari sanati con scivoli
di ingresso assolutamente agevolati quali corsi abilitanti
o corsi-concorsi. Per gli insegnanti di religione cattolica,
almeno, il legislatore prevede un concorso, cosa che non
è stata fatta per altri precari, come ho appena detto.

Inoltre, mi pare che la procedura di mobilità professionale
a cui gli insegnanti di religione sarebbero sottoposti nel
caso di revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
diocesano sia subordinata al possesso dei requisiti per
l’insegnamento della disciplina cui sarebbero dirottati.
Ciò, quindi, non prevarica in alcun modo la possibilità
di altri insegnanti di accedere con parità di trattamento
allo stesso insegnamento, fermo restando che tale tipo di
procedura viene oggi applicata per altre categorie di insegnanti,
come gli insegnanti di sostegno.
Per tutte queste ragioni voterò, con coscienza serena
di laico, favorevolmente a questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Alfonso Gianni, al quale ricordo che ha sei
minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Vorrei ribadire la contrarietà al
provvedimento in esame, sulla quale più volte abbiamo
insistito. È una contrarietà di fondo di chi,
come noi, è contrario all’idea e alla pratica del
testo concordatario e non lo fa ovviamente per una guerra
di religione, ma in base a un semplice principio liberale,
in verità assai negletto in questa nostro paese:
libera Chiesa in libero Stato.
Siamo quindi contrari alla posizione di privilegio derivante
dal testo concordatario (più le innovazioni e gli
aggiornamenti del 1984) all’insegnamento della religione
cattolica all’interno della nostra scuola pubblica. Siamo
contrari, perché pensiamo che una scuola pubblica
debba insegnare la storia delle religioni, cioè come
l’umanità ha affrontato il problema della trascendenza
e quanto questa abbia pesato nella storia della formazione
del pensiero moderno, della filosofia, dei modi di vita
e dei modi di pensiero: che è evidentemente un’altra
cosa.
Questo tema verrà riproposto, onorevole colleghi,
perché che lo vogliate o no, legge Bossi-Fini o meno,
questa società è destinata a diventare multireligiosa
e multiculturale, con una presenza variegata di popoli del
mondo. Ci troveremo quindi anche di fronte alla necessità
di dover affrontare altri temi, anche in materia religiosa.

Siamo dunque di fronte a un testo che oltretutto è
antistorico, oltre ad essere, dal mio punto di vista, cioè
dal punto di vista del principio di una sana laicità
dello Stato, un testo sbagliato. Naturalmente, anche se
questo non è l’unico problema, tuttavia è
il problema di fondo, che richiamo con insistenza.
Un ulteriore problema riguarda la modalità con la
quale si è voluto risolvere il tema degli insegnanti
di religione, cioè con l’immissione in ruolo. Cosa
sbagliata: perché crea un doppio canale. Cosa grave:
perché crea una possibilità di scavalco di
altri. Cosa ancora più grave, dal momento che qualora
venisse meno l’idoneità questi insegnanti potranno
passare ad altro insegnamento.
In sostanza si crea quindi una doppia autorità all’interno
dell’ordinamento scolastico: quella che deriva appunto dalla
responsabilità statuale in materia di pubblica istruzione
e di organizzazione della medesima e quella che deriva dall’organizzazione
chiesastica, cioè dalla diocesi. Tutto ciò
lo ritengo assolutamente inaccettabile. È questa
la ragione della nostra contrarietà.
Vorrei però sottolineare che noi abbiamo affrontato
questo tema non in maniera integralista, né tanto
meno fondamentalista. Detta l’opposizione di fondo, non
mascherata ipocriticamente ma obiezione alla sostanza del
provvedimento, ci siamo anche fatti carico naturalmente
del fatto che questi insegnanti di religione sono lavoratori
a tutti gli effetti, e come tali sotto questo profilo vanno
tutelati. Per questo, pur scartando l’ipotesi dell’immissione
in ruolo, abbiamo insistentemente chiesto che le loro condizioni
in base alla nomina annuale fossero quelle degli insegnanti
a tempo indeterminato e che essi quindi godessero delle
stesse condizioni degli altri insegnanti, sotto ogni profilo.

Infine ci siamo occupati – ma, francamente, siamo stati
solamente in pochi a farlo – del principio della libertà
di scelta, sancito dalla legislazione (formalmente sarebbe
anche sancito persino dal patto concordatario, salvo che
poi dallo stesso venga immediatamente negato), cioè
della possibilità di un’alternativa alla cosiddetta
ora di religione. Ora se questo è possibile per ciò
che riguarda alunni che dispongono di libera scelta, è
assolutamente ed evidentemente negato (e ciò è
particolarmente grave) per gli alunni della scuola materna
e della scuola elementare, i quali in base all’unicità
della figura del docente normale, al quale si sovrappone
l’insegnante di religione, vedono evidentemente ricattata
la loro possibilità – che in questo caso ovviamente
viene esercitata su volontà diretta ed espressa da
parte dei genitori – di svolgere altre attività didattiche
utili alla loro formazione, mentre altri liberamente scelgono
l’insegnamento religioso.
Tutto ciò configura, ancora una volta, un oscuramento
e un oscurantismo della ragione, delle libertà collettive
ed individuali, dei diritti e della qualità dell’istruzione
nel nostro paese.
Si tratta di un passo grave, quindi esprimeremo un voto
contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati
del gruppo di Rifondazione comunista e di deputati del gruppo
dei Democratici di sinistra-l’Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Galvagno, al quale ricordo che ha a disposizione
tre minuti. Ne ha facoltà.
GIORGIO GALVAGNO. Signor Presidente, intervengo per svolgere
alcune considerazioni su questo disegno di legge.
Se ci sono voluti 17 anni per giungere a questa formulazione
è perché la materia è complessa e complicata
ed è difficile trovare un giusto punto di equilibrio.
Con questo provvedimento si è cercato di trovare
tale equilibrio e, quando le cose sono così complesse,
difficilmente si fanno dei capolavori. Comunque, questo
disegno di legge, grazie anche al lavoro svolto dalla Commissione
e, in particolare, da alcuni suoi membri che hanno dimostrato
molta qualità e capacità, riesce a sistemare
le cose.
Il fatto che ormai, all’interno della scuola, ci sono così
tanti laici, non costituisce un fatto positivo o negativo,
ma rappresenta una constatazione, in quanto non ci sono
più preti, neanche per le parrocchie. Dunque, presumibilmente,
l’ingresso dei laici è un fatto che si è verificato
per circostanze del tutto occasionali, fortuite. A dire
il vero, i preti che insegnavano religione a me davano qualche
garanzia in più in quanto, trattandosi di persone
che ascoltano i peccati della gente, hanno sicuramente maggiore
umanità e capacità di comprendere; speriamo
che i nuovi insegnanti siano altrettanto capaci!
L’elemento positivo di questo provvedimento – che, peraltro,
è contraddittorio e presenta dei limiti – sta nel
fatto che non introduce nella scuola elementi di difficoltà;
la scuola ha sopportato così tante cose, quindi sopporterà
anche questo! Siamo di fronte ad un punto che, paradossalmente,
la sinistra considera negativo, vale a dire il fatto che
viene tolto all’autorità ecclesiastica il potere
di vita e di licenziamento nei confronti degli insegnanti.
È giusto che tale potere sia sottratto all’autorità
ecclesiastica e che gli insegnanti, che possiedono un’altra
formazione rispetto a quella di qualche anno fa, possano
trovare nello Stato elementi di garanzia e di continuità
per il loro lavoro.
Per queste ragioni esprimerò un voto favorevole sul
presente provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto
l’onorevole Filippo Mancuso. Ne ha facoltà.
FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, signori deputati, duole
non vedere presente al dibattito e al voto di questo testo
significativo il ministro della pubblica istruzione, che
pure è intestatario di esso e dal quale deriva il
senso culturale, filosofico e pedagogico del testo medesimo.

Modestamente, sono dell’avviso che ciò, invece, sarebbe
stato conveniente, in funzione della sempre invocata coerenza
dell’azione politica e per dar forza, anche simbolica, a
quanto questo testo – che non è né ideologico,
né fanatico, né facinoroso – comporta.
Sto intervenendo proprio per sottolineare che vi sono ancora
uomini che possono testimoniare, in un paese in cui la religione
cattolica non è più concepita come religione
di Stato, ma comunque come l’anima stessa della propria
cultura prevalente, il debito di riconoscenza e di devozione
che, nella loro formazione e nella loro vita, hanno tratto
dall’insegnamento scolastico della religione.
Del resto, la materia controvertibile sarebbe stata quella
disciplinata dalla riforma del Concordato, che stabilisce
proprio il tipo di insegnamento della religione cattolica
nei nostri sistemi scolastici. Questo provvedimento non
fa altro che sistemare il personale addetto ad una funzione
già prestabilita. Come forse avrebbe dovuto venire
a dire il ministro, e non il più modesto dei deputati,
si tratta di cosa che appartiene al dovere di chi sente
queste cose, come appartiene al dovere di chi, invece, le
avversa, dirlo e dichiararlo. Non vedo fanatismo nella legge
né come finalità né come strumento.

Quanto allo strumento, ne ho parlato. Quanto alla finalità,
si potrebbe persino censurare in senso opposto che il reclutamento
del personale abilitato a questo tipo di insegnamento venga
fatto con esclusione tassativa di una valutazione della
cultura religiosa, laddove, se fosse vero che si tratta
di un provvedimento di tipo teocratico, come prima misura,
il legislatore avrebbe dovuto garantirsi la formazione e
non soltanto l’idoneità didattica dei possibili docenti.
Ancora una volta, ci stiamo trovando nella discordanza logica
nella politica che, purtroppo, non guarda in faccia a nulla,
pur di significare persino le proprie assenze. Con tutto
il rispetto per la presenza di eventuali sostituti, non
cesserò di deplorare l’assenza del ministro che offende
noi, offende noi cattolici, praticanti e ferventi, e offende
il senso politico di cui la Casa delle libertà ha
fatto uno degli alimenti, purtroppo solo propagandistici,
della propria azione.
Con la consapevolezza piena della modestia della persona
che parla, sentiamo il dovere e – starei per dire – l’impeto
di sostenere che la scuola cattolica è la scuola
dell’anima italiana (Applausi del deputato Camo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di
voto sul complesso del provvedimento.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, intervengo
per pochi minuti, soltanto per puntualizzare alcune questioni
che, francamente, sembrano essere state esattamente capovolte
dalla discussione svoltasi in aula ieri ed oggi. Vorrei
ricordare ai colleghi che, attraverso questo provvedimento,
viene istituito il ruolo degli insegnanti di religione.
Sulla base di questa considerazione, risulta evidente che,
sino ad oggi, sono stati proprio gli insegnanti di religione
ad essere considerati come figli di un Dio minore e che
questa legge garantisce loro parità di diritti rispetto
ai colleghi che insegnano altre materie all’interno della
scuola italiana.
C’è bisogno anche di ribadire qualche giudizio che
mi sembra sia stato espresso in modo frettoloso. Non è
vero che tali docenti non abbiano titoli di studio: per
poter insegnare la religione cattolica nelle scuole italiane,
ai sensi dell’intesa con lo Stato Vaticano, gli insegnanti
hanno bisogno di un titolo ecclesiastico, specificamente
previsto. È altrettanto vero un ulteriore dato che
mi sembra sia stato dimenticato quest’oggi. Tali insegnati
svolgeranno un concorso. Saranno sottoposti ad una prova
e questa prova sarà valutata. È vero che nel
testo di legge non compare il termine "graduatoria",
ma i colleghi della Commissione sanno perfettamente i motivi
per i quali ciò accade. Sanno anche perfettamente
che è stata trovata una soluzione, che a me pare
felice, in modo tale che si possa determinare una graduatoria
di merito.
Certamente, molti altri argomenti potranno essere portati
all’attenzione del Parlamento per quanto riguarda, complessivamente,
l’aspetto culturale della religione, non soltanto di quella
cattolica.
Ma questo disegno di legge ha un compito diverso che mi
pare svolga bene e con precisione: quello di istituire il
ruolo degli insegnanti di religione, di dare loro pari dignità
e di farlo attraverso una procedura che mette al centro
il direttore regionale scolastico rispetto alle assegnazioni;
tutto questo contrariamente rispetto al passato. Mi pare
questa una conquista di cui tutto il Parlamento potrà
andare fiero.
Ringrazio, ovviamente, tutti i colleghi della Commissione,
sia quelli che voteranno a favore, ma anche quelli che voteranno
in dissenso, perché comunque il loro contributo in
Commissione è stato particolarmente significativo,
tant’è vero che la Commissione si è riunita
molte volte, vi sono state molte audizioni ed si è
svolta con grande profondità la valutazione del testo.

(Coordinamento – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo
che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento
formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).
(Votazione finale e approvazione – A.C. 2480)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento
elettronico, sul disegno di legge n. 2480, di cui si è
testé concluso l’esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
"Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
grado" (2480):
Presenti 347
Votanti 336
Astenuti 11
Maggioranza 169
Hanno votato sì 231
Hanno votato no 105
Sono in missione 105 deputati.
(La Camera approva – Vedi votazioni).
Prendo atto che l’onorevole Lucidi voleva astenersi e non
esprimere voto contrario, che l’onorevole Burtone voleva
votare a favore e non astenersi e che l’onorevole Lettieri
voleva votare a favore e non in senso contrario.
Pertanto, sono così assorbite le proposte di legge
n. 561, 580, 737, 909, 1433, 1487, 1493, 1908, 1972

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