—————— XIV LEGISLATURA ——————
413a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 11 GIUGNO 2003
(Antimeridiana)
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Presidenza del presidente PERA
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del presidente PERA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,34).
Omissis
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1877) Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di
religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni
ordine e grado (Approvato dalla Camera dei deputati)
(202) EUFEMI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento dei docenti di religione cattolica
(259) BASTIANONI. – Norme in materia di stato giuridico
e di reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
(554) BEVILACQUA ed altri. – Norme sullo stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica
(560) SPECCHIA ed altri. – Norme in materia di stato
giuridico e di reclutamento degli insegnanti di religione
cattolica
(564) BRIGNONE. – Norme in materia di reclutamento
e stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
(575) MONTICONE e CASTELLANI. – Norme sullo stato
giuridico degli insegnanti di religione cattolica
(659) MINARDO ed altri. – Norme in materia di stato
giuridico e di reclutamento dei docenti di religione cattolica
(811) COSTA. – Norme in materia di stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica
(1345) TONINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
(1909) ACCIARINI ed altri. – Norme sullo stato giuridico
e sul reclutamento degli insegnanti di religione cattolica
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge nn. 1877, già approvato dalla
Camera dei deputati, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659,
811, 1345 e 1909.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto luogo
la replica del relatore.
Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Signor Presidente, devo innanzitutto ringraziare
la 7a Commissione e il relatore, senatore Brignone, perché
ancora una volta su questo tema, dopo aver dimostrato già
nella scorsa legislatura un impegno e un’attenzione
straordinari – tra l’altro, anche allora il provvedimento
aveva visto il senatore Brignone impegnato come relatore
-, hanno investito moltissimo nel portare avanti il provvedimento.
Ringrazio quindi il presidente Asciutti, il relatore e l’intera
Commissione.
Non posso non far riferimento anche al livello del dibattito
che si è svolto in Aula. Mi riferisco alla discussione
generale che ha visto intervenire numerosi senatori e senatrici
a testimonianza del fatto che è un provvedimento
ormai maturo per l’approvazione.
Come è stato ricordato siamo in seconda lettura
e di fatto, se stamattina l’Aula del Senato approverà
il testo, ritorneremo alla Camera probabilmente soltanto
per alcune norme tecniche.
Quello che mi sento di dire stamattina è che, nonostante
sia stato richiamato anche in quest’ultimo dibattito un
insieme di aspetti ancora critici, credo che davvero il
Governo ed il Parlamento abbiano sul tema dello stato giuridico
degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado tentato di effettuare
la famosa quadratura del cerchio, perché la questione
è e resta complessa anche dopo l’approvazione di
questo provvedimento.
Ed è per queste ragioni che io richiamo velocemente
le norme pattizie, in particolare i due punti delle norme
pattizie che hanno dato origine a questo provvedimento legislativo,
peraltro richiamate anche nel dibattito; risponderò
e ricorderò la posizione del Governo in merito a
questi aspetti proprio per dimostrare ancora una volta che
nessuno ha voluto sottovalutare la criticità o la
complessità di questo aspetto, ma eravamo e siamo
tenuti a dare delle risposte e a ricercare delle soluzioni
sul piano legislativo.
Il comma 2 dell’articolo 9 dell’Accordo di revisione del
Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, come ben sa
quest’Aula, stabilisce che la Repubblica italiana, riconoscendo
il valore della cultura religiosa e tenendo conto del fatto
che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio
storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare,
nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie
di ogni ordine e grado.
Questo punto del Concordato è stato riconfermato
nel 1984, quindi in una data più vicina a noi, e
nel Protocollo addizionale di quell’Accordo, firmato
a Roma il 18 febbraio 1984 con l’intento di assicurare
con opportune precisazioni la migliore applicazione delle
norme e di evitare ogni difficoltà di interpretazione,
fra i vari punti venne stipulato anche questo tipo di intesa:
si dettano norme sull’insegnamento e sugli insegnanti
della religione cattolica e si rinviano ad una successiva
intesa tra le competenti autorità scolastiche e la
Conferenza episcopale italiana le determinazioni riguardanti
i programmi, le modalità di organizzazione dell’insegnamento,
i criteri per la scelta dei libri di testo ed i profili
della qualificazione professionale degli insegnanti di religione.
Tutto questo è avvenuto.
Un altro punto, invece, del Protocollo addizionale non
ha trovato finora applicazione: si tratta di quel punto
dello stesso Protocollo che prescrive tutto ciò,
fermo restando l’intento dello Stato – ecco perché
noi stiamo varando il provvedimento in esame – di dare una
nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti
di religione. Da questo punto di vista, quindi, come è
stato ricordato in questi mesi, lo Stato è stato
per anni inadempiente; oggi chiudiamo pertanto una partita
che avrebbe dovuto vedere lo Stato impegnarsi fin dal 1984,
mentre l’insegnamento di religione cattolica è
stato da allora garantito da accordi, che naturalmente sono
comunque intervenuti, tra l’autorità ecclesiastica
e l’amministrazione scolastica, nell’assenza,
in realtà, di una cornice giuridica.
Questa dunque è la matrice giuridica del provvedimento.
In riferimento alle questioni che sono state sollevate,
innanzitutto mi riconosco in tutte le posizioni ed in tutti
i rilievi effettuati dal relatore Brignone, che ringrazio
per l’approfondita replica che ha voluto offrire ieri
sera qui in Aula. Mi preme solo dare alcune risposte, in
primo luogo ai colleghi senatori che hanno voluto presentare
eccezioni di costituzionalità, chiedendosi come sia
possibile che docenti scelti da un’altra autorità
diventino poi dipendenti dello Stato. Noi prevediamo – il
disegno di legge lo dice chiaramente – all’articolo
3 l’accesso ai ruoli previo superamento di concorsi
per titoli ed esami pubblici, quindi la segnalazione e l’individuazione
di questi docenti da parte della Conferenza episcopale italiana
costituisce una sorta di requisito essenziale, di preselezione,
come peraltro si usa fare anche in altri settori del pubblico
impiego, ancorché con modalità diverse. Pertanto,
possono accedere a detti concorsi solo coloro che possiedono
certi titoli, tra cui l’idoneità, che rappresenta
il titolo imprescindibile. Successivamente interviene il
concorso, che è la modalità di reclutamento
del pubblico impiego per eccellenza; in questo senso lo
Stato non va a violare nessuna legge riferita al reclutamento
dei propri dipendenti.
Quindi, c’è un reclutamento attraverso un concorso
regolare. Altra questione, poi, è il primo concorso,
proprio perché lo Stato è inadempiente e deve
quindi riconoscere un servizio prestato in assenza di questa
cornice giuridica che pure avrebbe dovuto garantire. Rispondo
quindi in questo senso alle eccezioni presentate dai senatori
Contestabile, Passigli, Malabarba e da tutti coloro che
hanno voluto rimarcare questo aspetto.
Ci sono poi ancora tre questioni che hanno animato il dibattito
e che restano un po’ sullo sfondo come aspetti che
in parte dividono le forze politiche, soprattutto di opposizione.
Per esempio, il senatore Tonini diceva che sarebbe stato
meglio garantire la mobilità verso altri insegnamenti
dopo cinque anni, questo per evitare che insegnanti di religione
inseriti poi nei ruoli possano richiedere immediatamente
il passaggio su altri insegnamenti. Allora, confermo anche
qui in Aula ciò che ho detto in Commissione: questa
è materia contrattuale, per cui è una rigidità
che non può essere prevista da una norma quadro e
da una legge che istituisce lo stato giuridico di una categoria
di insegnanti. Questo tipo di istituto potrà essere
previsto nel tempo se dovessimo davvero riscontrare una
mobilità eccessiva una volta inseriti in ruolo questi
docenti.
Devo anche dire, però, che non mi sento di fare
un processo alle intenzioni, perché la nostra legislazione
ha garantito e tutelato la libertà di insegnamento
e anche la funzione, cioè gli insegnanti che hanno
titolo ad effettuare passaggi possono farlo in qualsiasi
ordine di scuola. Allora non capisco perché bisognerebbe
privare gli insegnanti di religione in possesso di titoli
ovviamente idonei della possibilità di effettuare
questa mobilità. Quindi c’è anche una
riserva personale, ma in questo momento voglio far valere
molto di più il fatto che, essendo materia contrattuale,
non potrebbe rientrare in una legge che stabilisce questo
tipo di istituto.
Rispondendo poi al senatore Tonini, ma in realtà
si tratta di questioni che sono state sollevate un po’
da tutti, dalla senatrice Soliani, dal senatore Monticone
e da tutti coloro che hanno voluto evidenziare più
di altri elementi di criticità nella legge, vengo
alla questione dei titoli di questi insegnanti, quindi il
possesso di diploma di laurea per essere poi abilitati all’accesso
ai ruoli (diceva il senatore Tonini, ma credo che sia anche
nel provvedimento presentato dalla senatrice Acciarini)
almeno a regime. A questi colleghi mi sento di rispondere
tranquillamente che la questione dei titoli non può
essere unilaterale, cioè lo Stato non può
decidere, neanche attraverso una legge quali possono essere
i titoli di accesso all’insegnamento della religione
cattolica perché dovremmo andare a rivedere quel
famoso Protocollo addizionale dell’Accordo del 18 febbraio
1984. Quindi, essendo una norma pattizia, insieme la Conferenza
episcopale italiana e lo Stato devono rivedere i titoli
di studio di accesso a questa materia.
Posso già annunciare che sarà sensibilità
della CEI compiere questo tipo di revisione. Cioè,
la CEI è disponibile, si rende conto che è
trascorso troppo tempo da quando sono stati indicati quei
titoli di accesso e, poiché sono cambiate anche le
normative che riguardano il reclutamento e l’accesso
ai ruoli per tutti gli altri insegnamenti, non ultima la
legge n. 53 del 2003, che prevede un percorso universitario
specialistico e un tirocinio per l’accesso ai ruoli,
non vi è dubbio che al più presto, chiarita
la faccenda dello stato giuridico, CEI e Stato dovranno
incontrarsi per rivedere tanto i titoli di accesso a questo
tipo di insegnamento della religione cattolica, quanto poi
l’accesso ai ruoli e quindi ai concorsi.
Un’ultima cosa. Sempre nei discorsi che ho sentito
e nelle obiezioni che sono state mosse si parla di rendere
più cogente la prova generale e addirittura le prove
d’esame. Da una parte, si è chiesto di prevedere
una prova di cultura generale per, si dice, garantire una
maggiore qualità di tale insegnamento e di questi
insegnanti e, dall’altra, è stata evidenziata
la "curvatura" sull’insegnamento della storia
delle religioni.
Rispetto a questa seconda questione il relatore Brignone
ha risposto molto bene: qui non stiamo parlando della possibilità
di modificare tale insegnamento; stiamo trattando della
definizione dello stato giuridico di una categoria di insegnanti,
quelli che sono chiamati a insegnare la religione cattolica,
perché il Concordato parla di questo tipo di insegnamento
e non di altro. Tutto il resto, e qui mi riferisco anche
alle richieste del senatore Cortiana e all’ordine del
giorno da lui presentato, attiene invece alle discipline,
agli approfondimenti e al livello culturale che si può
favorire attraverso tutti gli altri insegnamenti.
Quindi, in virtù del fatto che stiamo riscrivendo
le indicazioni nazionali per tutti gli ordini di scuola
e che esiste l’autonomia delle istituzioni scolastiche,
e quindi anche l’autonomia didattica, e poiché
ci saranno attività opzionali facoltative che le
famiglie e gli studenti potranno scegliere, siamo certi
che le scuole potranno garantire anche questo tipo di approfondimento
e di insegnamento. Si tratta, cioè, di un’attenzione
alla storia delle religioni, qualcosa che riguarda una dimensione
molto più culturale, che quindi rimanda ad un profilo
più generale e non ad un insegnamento specifico,
il quale, come abbiamo visto, trae origine da norme pattizie
che hanno una finalità ben precisa.
Per quanto riguarda poi gli approfondimenti da richiedere
o le prove più ampie di concorso, ribadisco che noi
abbiamo previsto, come scritto all’articolo 3, che
si tratterà di prove di cultura generale; questo
naturalmente non deve riguardare la materia, perché
l’idoneità a questo tipo di insegnamento è
di esclusiva competenza della Conferenza episcopale italiana.
Non vorrei allora che conservassimo un pregiudizio nei confronti
di questi insegnanti: siccome noi Stato non andiamo a valutare
la competenza specifica, non saranno insegnanti di qualità.
Il senatore Monticone, lo ricordo ancora, nel suo intervento
in Commissione ha sottolineato alcuni percorsi di eccellenza
di tali insegnanti.
Come ha ricordato altrettanto bene il relatore Brignone,
accanto a questi percorsi di eccellenza c’è
un percorso di fede che non possiamo ignorare. Sono tutti
elementi che possono essere considerati e valutati solo
dalla Conferenza episcopale italiana. È questo tipo
di valutazione che garantirà la qualità dell’insegnamento
della religione cattolica.
Allo stato, come è giusto che sia, resta la valutazione
di tutte quelle competenze più generali che devono
fare di questi insegnanti dei buoni insegnanti della scuola
italiana. Ma noi non possiamo andare oltre nella valutazione
e nell’espletamento delle prove concorsuali.
Ringrazio ancora una volta tutte le forze politiche che
hanno voluto dare segnali di attenzione e di incoraggiamento
al Governo rispetto all’espletamento veloce del primo
concorso, affinché si chiuda davvero presto questa
partita. Naturalmente, il primo concorso si svolgerà
con modalità diverse, perché deve dare risposte
agli insegnanti che sono già in servizio.
Auguro a tutti buon lavoro per la seduta di questa mattina.
(Applausi dai Gruppi FI, UDC, LP e AN).
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’ordine del
giorno G1 (testo 2).
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi
sull’ordine del giorno in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, ieri nella mia replica ho espresso
un parere sostanzialmente contrario sull’ordine del
giorno nella sua formulazione originaria, in quanto – pur
riconoscendo la validità della premessa – ritenevo
superfluo e in parte inattuabile l’impegno che si vorrebbe
affidare al Governo.
Anche in questo caso ribadisco che, pur accettando quanto
contenuto nella premessa, ritengo di non poter condividere
l’impegno che si vorrebbe assegnare al Governo. Infatti,
nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, l’insegnamento
della religione è già impartito nel rispetto
della libertà di coscienza e delle pari dignità;
oltretutto, è un insegnamento di cui ci si può
avvalere o meno.
In quanto all’impegno del Governo affinché
"le istituzioni scolastiche possano organizzare, nell’ambito
delle attività di promozione culturale, sociale e
civile previste dall’ordinamento scolastico, libere
attività complementari relative alla storia delle
religioni", non credo sia il caso di affidare tale
previsione ad un ordine del giorno, in quanto nell’esercizio
dell’autonomia scolastica ciò è già
ampiamente possibile, naturalmente se richiesto dall’utenza.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Poiché i presentatori non insistono,
l’ordine del giorno G1 (testo 2) non viene posto in
votazione.
Invito il senatore segretario a dare lettura del parere
espresso dalla 5a Commissione permanente.
PACE, segretario. "La Commissione programmazione
economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi,
esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo,
ad eccezione degli emendamenti 1.110, 1.103, 1.2, 1.104,
1.105, 1.4, 1.108, 1.109, 2.2, 2.100, 2.101, 5.8, 5.100,
5.101, 6.1, 1.101, 6.100 e 2.102, sui quali il parere è
contrario ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione".
PRESIDENTE.
Procediamo all’esame degli articoli del disegno di legge
n. 1877, nel testo proposto dalla Commissione.
Passiamo all’esame dell’articolo 1, sul quale sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, gli emendamenti che mi
accingo ad illustrare riprendono i contenuti della proposta
di legge di cui sono prima firmataria e che è stata
condivisa anche da altri senatori. È una risposta
più organica e più completa al problema della
precarietà degli insegnanti di religione cattolica,
ma al tempo stesso tiene presente la specificità
di questa categoria di insegnanti.
Noi diciamo con molta chiarezza che a tutti gli insegnanti
di religione cattolica, non soltanto a quelli che occupano
il 70 per cento dei posti, si applica il trattamento economico
e di carriera previsto nel contratto nazionale per gli insegnanti
a tempo indeterminato in servizio nel corrispondente anno
scolastico.
Questa norma così fissata e anche le articolazioni
che riguardano i successivi emendamenti su cui poi mi soffermerò
brevemente, si propongono di dare a questa categoria di
insegnanti, di cui noi riconosciamo il valore e il significato,
nessuno di noi infatti sta discutendo che siano lavoratori
che non meritano attenzione, tutele e norme che garantiscano
la qualità del loro rapporto di lavoro. Facciamo
tutto quanto è possibile all’interno della normativa
statale per dare loro questo riconoscimento, chiedendo anche
– e vorrei che questo non sfuggisse agli interessati – una
copertura finanziaria di questa legge ben diversa da quella
che propongono il Governo e la maggioranza.
Noi chiediamo che per quanto lo Stato può, siano
assicurati il massimo della garanzia e il massimo dell’impegno
economico e finanziario. Quello che lo Stato non può
fare è intervenire sulle modalità di assunzione
e di risoluzione del rapporto di lavoro.
Do atto e ringrazio il senatore Brignone anche a nome dei
colleghi del mio Gruppo che sono intervenuti in discussione
generale, dell’attenzione che egli ha dedicato nella sua
replica ieri sera alle osservazioni che sono state avanzate.
Il senatore ha tenuto – e noi lo apprezziamo e vogliamo
dargliene un ampio riconoscimento – a rispondere con il
massimo di attenzione e di cura. Tuttavia, l’attenzione
e la cura dedicate dal senatore Brignone purtroppo non hanno
il potere di cancellare il problema alla base di questo
sistema duale, nel quale lo Stato non ha competenza né
sulle modalità di reclutamento, né – e questo
è perfino più grave – sulle modalità
di risoluzione del rapporto di lavoro. Queste sono governate,
ci è stato ripetuto più volte ma non abbiamo
bisogno di sentircelo dire, da norme pattizie che certamente
intervengono proprio nella fase della costituzione del rapporto
di lavoro e della risoluzione dello stesso.
Al riguardo tutti i tentativi di soluzione sono destinati
a fallire e a creare oltretutto rischi notevoli di contenzioso.
Ci permettiamo di suggerirvi di controllare accuratamente
questo testo che state per votare, perché in esso
sono contenuti elementi estremamente discutibili sotto il
profilo della costituzionalità e comunque del complesso
di norme che regolano in generale il rapporto di lavoro
nella nostra legislazione.
Intervenire attraverso questo strumento vuol dire determinare
un ulteriore aggravamento e creare ulteriore complessità.
Vorrei sottolineare il fatto che al momento della costituzione
del rapporto, sull’idoneità (torneremo poi sul tema
dei titoli) lo Stato italiano nulla può e mi fa quasi
sorridere l’esaltazione del concorso fatta dall’onorevole
Aprea quando ha affermato che esso è lo strumento
normale di assunzione.
Non c’è bisogno di dirlo perché anche
questo è un principio costituzionale; deve però
trattarsi di un concorso in cui vi sia una valutazione completa
dei titoli e lo Stato formuli una graduatoria di coloro
che vuole immettere nella pubblica amministrazione. Ciò
non avviene in base al disegno di legge: vi è una
parte che sfugge a qualunque verifica, rispetto alla quale
lo Stato non può che ritirarsi; tale circostanza
impedisce la stesura di una graduatoria, conduce ad un elenco
nel quale una graduazione è impossibile perché
una parte riguarda un ambito in cui lo Stato non ha possibilità
di intervento.
Vorrei aggiungere che il tema della risoluzione del rapporto
di lavoro per revoca dell’idoneità non è
risolto dal disegno di legge, rimane tal quale per coloro
che occupano il 30 per cento dei posti di insegnamento e
per coloro in relazione ai quali si prevede il passaggio
agli altri ruoli, con conseguenze nefaste per l’organizzazione
del "mercato del lavoro" della scuola; mi si permetta
questa espressione molto specifica. Vi è un’alterazione
totale di questo meccanismo.
Si parla inoltre di persone che possiedano i titoli ma
nulla garantisce che essi sussistano. Ricordo che, rispetto
all’elemento della risoluzione del rapporto di lavoro
per revoca della idoneità, quest’Aula si è
universalmente stupita e mobilitata al momento del licenziamento
della professoressa che, avendo avuto un bambino, aveva
subìto la rescissione del rapporto di lavoro. Sono
state presentate interrogazioni e vi sono stati interventi
anche da parte di una senatrice che appartiene al Gruppo
parlamentare del senatore Brignone. Vorrei fosse chiaro
che tale questione non è risolta: si turba gravemente
la modalità di reclutamento degli insegnanti, ma
non vi è alcuna garanzia per i docenti di religione.
E’ del tutto casuale che vi siano i titoli per transitare
in un altro ruolo, non è sufficiente il fatto di
essere docente di religione cattolica; se le persone non
hanno i titoli, sono precarie oggi così come saranno
precarie dopo l’approvazione del disegno di legge.
Vorrei fosse chiaro che non si fa alcunché per incidere
realmente sullo stato giuridico di questo personale dal
punto di vista del reclutamento e della risoluzione del
rapporto di lavoro, mentre si realizzano alcuni pasticci
istituzionali; non esito a definirli tali perché
so che così saranno vissuti e sentiti dal mondo della
scuola, ma avremo modo di tornare sull’argomento quando
parleremo dell’accesso ai ruoli. Si crea una situazione
ibrida, di mescolanza molto confusa e caotica di norme.
Credo non debba sfuggire all’attenzione che noi proponiamo
una norma destinata a questi insegnanti. La sottosegretaria
Aprea ha parlato di una grande inadempienza dello Stato
che viene finalmente colmata. È sempre facile pensare
che chi ci ha preceduto non sapesse fare il suo mestiere
ma, se per tanti anni ciò non è stato fatto,
sarebbe corretto chiedersi se esistessero concreti problemi
di natura giuridica e costituzionale che rendevano difficile
pervenire ad una norma come quella che oggi l’Assemblea
si propone di votare. Il sistema duale, la mancanza di competenza
dello Stato sul reclutamento e sulla risoluzione del rapporto
di lavoro, ha costituito agli occhi dei precedenti legislatori
e dei precedenti Governi, di varie colorazioni politiche,
un ostacolo inevitabile per giungere a questa soluzione.
Noi, con una norma chiara e limpida, prevediamo che lo
Stato faccia il suo mestiere, dia a questi insegnanti tutto
ciò che è possibile dare dal punto di vista
della legislazione italiana, senza creare una norma che
incontrerà moltissimi problemi applicativi e sarà
avvertita da tutto il mondo della scuola come una violazione
dei diritti degli altri insegnanti.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, le proposte emendative
che presentiamo – la prima in particolare – ribadiscono
il principio della nostra contrarietà all’impianto
del provvedimento in esame sulla immissione in ruolo dell’insegnante
di religione; nello stesso tempo ribadiscono però
che, nel momento in cui tali insegnanti ci sono, essi hanno
diritto a garanzie, sebbene nutriamo obiezioni di fondo
rispetto al fatto che la religione cattolica abbia un privilegio
all’interno della scuola pubblica.
Abbiamo già manifestato la nostra contrarietà
a un meccanismo tramite il quale oltre a non risolvere il
problema della precarietà di tutti gli insegnanti
di religione, dal momento che non tutti sono tutelati da
questo provvedimento, si crea una discriminazione di fondo
nell’inserimento in ruolo degli insegnanti. Si discrimina
infatti, con la vostra proposta di legge, tra chi per essere
inserito in ruolo ha sostenuto i tristemente famosi "concorsoni"
ed è tuttora costretto ad attendere un’interminabile
graduatoria e chi potrebbe passare da insegnante di religione,
quindi fondamentalmente nominato dalla diocesi, a insegnante
ad esempio di storia, per il semplice fatto di aver perso
l’idoneità all’insegnamento della sua materia.
Certo, come ha ricordato ieri con dovizia di argomenti
e con attenzione alle proposte delle opposizioni il senatore
Brignone ed anche questa mattina la sottosegretario Aprea,
ci sono le norme pattizie. Tuttavia, siamo di fronte ad
una discriminazione palese e anche a rischi di contenzioso,
come ha poc’anzi ricordato la collega Acciarini, sui
quali non si può tranquillamente sorvolare. Mi permetto
di insistere, quindi, sulla contrarietà all’inserimento
nei due ruoli regionali proposti.
Pur tuttavia, ci rendiamo conto che si tratta in ogni caso
di lavoratori e lavoratrici rappresentanti di una parte
sociale a cui siamo anche molto sensibili. Quindi, pur ribadendo
le molteplici precisazioni sul loro status giuridico, siamo
assolutamente favorevoli, nella costanza del loro rapporto
di lavoro, a che il loro trattamento economico e di carriera
sia quello previsto dal contratto nazionale degli insegnanti
a tempo indeterminato nel corrispondente ordine scolastico.
Mi pare un riconoscimento sufficientemente congruo.
Sono queste le ragioni delle nostre proposte emendative,
la cui approvazione raccomandiamo all’Assemblea.
PRESIDENTE. Invito il relatore e la rappresentante del Governo
a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, l’emendamento 1.100 ripropone
sostanzialmente quanto già esposto nell’ordine
del giorno G1, pertanto quanto ho detto al proposito vale
anche per questo emendamento.
Aggiungo che, comunque, la storia delle religioni è
già in parte presente nei manuali scolastici, è
infatti quasi impossibile accostarsi alla storia della civiltà
umana, a partire dalle culture più antiche, senza
studiare la storia delle religioni. Peraltro, sia negli
interventi dei colleghi, sia nella mia replica, si è
anche introdotto un concetto ancora più evoluto della
storia delle religioni, cioè lo studio del fatto
religioso.
Ebbene, se ciò deve essere considerato come insegnamento
aggiuntivo, può essere appunto preso in considerazione
come attività liberamente programmata nell’esercizio
dell’autonomia scolastica; se viene invece avanzato
come eventuale alternativa all’insegnamento di religione
cattolica, richiamo quanto già detto, ossia che qualsiasi
scelta, di avvalersi o meno di tale insegnamento, deve essere
totalmente svincolata da una scelta alternativa, così
come recita la sentenza n. 13 della Corte costituzionale
dell’11 gennaio 1991.
Esprimo parere contrario sull’emendamento 1.110 perché
sostanzialmente si limita a riconoscere agli insegnanti
di religione cattolica il semplice trattamento economico
e di carriera previsto dal contratto nazionale. In realtà,
manca totalmente il riconoscimento dello stato giuridico,
che è invece l’intento precipuo di questo disegno
di legge. Lo stesso vale per l’emendamento 1.101, che
è di contenuto sostanzialmente identico.
Il parere sull’emendamento 1.102 è contrario
in quanto è pleonastico: contiene una norma che è
già ampiamente prevista nel Protocollo addizionale
e nell’Intesa.
Per quanto riguarda l’emendamento 1.103, mi richiamo alle
considerazioni svolte sull’emendamento 1.110, che limitava
al trattamento economico tutta la questione.
Sono inoltre contrario all’emendamento 1.2, identico agli
emendamenti 1.104 e 1.105, perché questo provvedimento
prevede l’emissione di ruoli per titoli e per concorso sia
in regime transitorio, sia in regime ordinario; quindi è
chiaro che supera la norma vigente relativa al reclutamento
dei docenti di religione.
L’emendamento 1.106 si basa su una logica molto sottile.
A un primo approccio sembrerebbe una semplice riformulazione
di quanto proposto nel testo; infatti, le parole: "salvo
quanto stabilito dalla presente legge", si propone
di sostituirle con le parole: "per quanto compatibili
con la presente legge". In realtà, ad una attenta
lettura esso intende capovolgere la questione e rendere
subordinate le norme recate da questo disegno di legge.
Il mio parere è contrario sull’emendamento 1.3,
identico all’emendamento 1.107, perchè esso è
sostanzialmente superfluo: è chiaro che il trattamento
economico previsto per chi entra in ruolo è quello
per gli insegnanti a tempo indeterminato.
Parere ugualmente contrario sull’emendamento 1.4, identico
agli emendamenti 1.108 e 1.109 perché intende sopprimere
una norma che è contemplata con molta precisione
nell’Intesa, e quindi inderogabile.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.100.
Verifica del numero legale
MANIERI
(Misto-SDI). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza
mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Metto ai voti l’emendamento 1.100, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
1.110 e 1.101 sono improcedibili.
Metto ai voti l’emendamento 1.102, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione
ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti
1.103, 1.2, 1.104 e 1.105 sono improcedibili.
Metto ai voti l’emendamento 1.106, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 1.3, presentato dalla senatrice
Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
1.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all’emendamento 1.4, identico agli emendamenti
1.108 e 1.109, su cui la 5a Commissione ha espresso parere
contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.
ACCIARINI
(DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, lei riceverà veramente
il premio per la velocità. Volevo fare una dichiarazione
di voto sull’emendamento 1.4 e ho alzato la mano. Non
tutti hanno la sua velocità, anche se io ho cercato
di averla; vorrei solo pregarla per l’avvenire di guardare
anche da questa parte.
PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, lei può intervenire
sull’emendamento 1.4 perché non lo abbiamo ancora
votato.
ACCIARINI
(DS-U). In questo caso, signor Presidente, vorrei
richiamare l’attenzione dei colleghi su questo emendamento,
soppressivo del comma 3 dell’articolo 1. È una
norma veramente molto delicata perché – forse merita
ricordarlo – prevede che nella scuola dell’infanzia
e nella scuola elementare l’insegnamento della religione
cattolica possa essere affidato a docenti della sezione
o della classe, ovviamente se in possesso dell’idoneità.
Da questo punto di vista, vorrei che tutti considerassero
la posizione degli allievi, di cui qualche volta sarebbe
anche bene occuparci; di allievi, tra l’altro, di età
abbastanza giovanile. Essi vedrebbero in questo caso attuarsi
una discriminazione nei loro confronti perché la
loro maestra o il loro insegnante, per alcuni dispenserebbe
un insegnamento facoltativo in più mentre per gli
altri non lo farebbe. Vorrei che questo aspetto venisse
considerato dal punto di vista dei bambini, che si trovano
di fronte ad una figura così importante, quella del
docente, che dà qualcosa in più ad alcuni
di loro sulla base di una scelta che – siamo tutti d’accordo
– ovviamente attiene alla libertà delle famiglie
e poi degli alunni quando si va avanti negli studi e che
è legata alla presenza di una materia facoltativa.
In sostanza, per alcuni, in una fascia di età molto
giovanile, si mescolano due figure, quella del docente delle
materie curricolari e quella del docente della materia facoltativa.
Ritengo pertanto che la soppressione di questo comma potrebbe
essere interessante anche per quegli esponenti della maggioranza
che rispetto al disegno di legge in esame so avere alcune
perplessità, alcuni dubbi.
PRESIDENTE. Senatrice Acciarini, devo dedurre che lei chiede
la votazione dell’emendamento 1.4?
ACCIARINI
(DS-U). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Ai sensi dell’articolo 102-bis del Regolamento,
indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
mediante procedimento elettronico, dell’emendamento 1.4,
presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori,
identico agli emendamenti 1.108, presentato dal senatore
Malabarba e da altri senatori, e 1.109, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
di conseguenza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B)
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 1.
ACCIARINI
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, noi voteremo contro l’articolo
1 innanzitutto perché contiene un’impostazione
che, come abbiamo sottolineato, non conduce a delle buone
soluzioni rispetto ad un problema che, ribadisco, il mio
Gruppo ritiene che si debba valutare in modo più
serio e documentato. Questa soluzione, però, crea
troppe difficoltà di applicazione e creerà
troppe conflittualità all’interno della scuola.
Tra l’altro, con una situazione di ruoli del tutto
atipici perché si costituiscono dei ruoli non in
coincidenza di quelle che sono le articolazioni della pubblica
amministrazione ma legati agli ambiti delle diocesi. Quindi,
anche da questo punto di vista – avrò poi occasione
di dire qualcosa anche sul tema della mobilità –
si crea qualcosa di particolare e di differente.
In secondo luogo, da una parte si stabilizza con una modalità
che rischia, tra l’altro, di precarizzare in maniera
estrema una parte di questo personale che non viene toccato
dal provvedimento e dall’altra si fanno alcune violazioni
principi costituzionali legati appunto allo status particolare
degli insegnanti di religione cattolica.
Ribadiamo che sarebbe stato importante affrontare il tema
del massimo delle tutele in costanza di rapporto di lavoro,
perché su questo lo Stato ha la possibilità
di dare di più e meglio a questi insegnanti; ripeto
però che non si può forzare la norma in questo
modo quando c’è una modalità di reclutamento
ed una modalità di risoluzione del rapporto di lavoro
che poi, da questo articolo che adesso stiamo per votare,
provocherà a cascata una serie di conseguenze normative
che successivamente illustrerò e che creano disparità
nei confronti degli altri insegnanti, disparità nella
gestione del personale della scuola e – lo diciamo senza
paura – anche una violazione di princìpi costituzionali.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 1.
È approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 2, sul quale
sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
a illustrare.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 2.2,
di cui sono prima firmataria insieme ad altri colleghi,
concerne la soppressione dell’articolo 2 che cui si
stabilisce la dotazione organica su cui si fa l’operazione
sulla quale precedentemente esprimevo alcune osservazioni.
L’articolo 2 prevede infatti che, con decreto del Ministro
dell’istruzione, è stabilita la consistenza
della dotazione organica degli insegnanti di religione cattolica,
determinata nella misura del 70 per cento dei posti di insegnamento
complessivamente funzionanti.
Io vorrei innanzitutto dire al Governo – l’ho già
fatto molte volte in Commissione – che trovo sbagliato comunque
che non ci sia un riferimento temporale di alcun tipo. Si
parla del 70 per cento di posti disponibili, allora io chiedo:
quando, riferiti a quale momento? Soltanto quando si parla
di prima applicazione si fa riferimento ad un anno scolastico,
dopo di che scende il silenzio. Si parla di un 70 per cento
che può essere la percentuale dell’anno X, dell’anno
Y o dell’anno Z. Questo è un piccolo rilievo
formale che sarebbe interesse del Governo, a mio giudizio,
risolvere visto che il provvedimento tornerà alla
Camera. Noi sappiamo che qui il provvedimento è blindato,
lo è in maniera fin troppo evidente, blindato perfino
negli ordini del giorno. Pensateci bene, però, perché
secondo me non si capisce il momento del riferimento e invece
tutte le volte che ho visto varare leggi che facevano riferimento
alla dotazione organica ho sempre visto, accanto a questo
– e credo di avere una modesta esperienza di legislazione
scolastica – l’indicazione temporale del momento in
cui si fa il calcolo del 70 per cento.
Dietro questo aspetto io ritengo ci possa essere una svista,
ma potrebbe anche nascondersi un altro problema che a noi
sta particolarmente a cuore. Qui, effettivamente, stabilendo
le dotazioni organiche si fissano delle cifre che sono basate
sull’ipotesi che la scelta tra l’avvalersi e il
non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica
in qualche modo sia susseguente allo stabilire il numero
dei docenti che l’insegneranno. Ora questo presenta
notevoli problemi perché è stato ribadito
più volte – sono state citate le sentenze della Corte
costituzionale e direi che da questo punto di vista non
abbiamo più dubbi – che le possibilità degli
studenti sono differenziate: innanzitutto c’è
la scelta tra l’avvalersi della religione cattolica
e il non avvalersi.
Non si può dire che "a stima" riteniamo
che comunque saranno un certo numero, perché ciò
è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
esercitando la loro libertà di scelta educativa,
e gli studenti, quando giungeranno all’età per
poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
perché si sa che può accadere che questo valore
incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.
Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
"stabilizzati"?
Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
così libera se la scuola disporrà comunque
di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.
Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.
In secondo luogo, e questo è il dato più
sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
molto difficile da applicare nelle scuole.
Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
che ci sembra la cosa più importante, perché
garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
sentenze della Corte costituzionale.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, l’articolo 2
e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
e una possibilità concreta che chi viene immesso
nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.
Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
in sostanza, della Repubblica italiana.
Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
multiculturale e
multireligiosa all’interno del proprio territorio.
Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
l’insegnamento non è quello di una religione
ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.
Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.
Aggiungo…
PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
volta i pareri, altrimenti non si finisce.
BRIGNONE,
relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.
Passiamo alla votazione dell’articolo 2.
ACCIARINI
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ACCIARINI
(DS-U). Innanzitutto voglio dare atto al relatore
dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
corto.
PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.
ACCIARINI
(DS-U). Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
critica. (Applausi del senatore Bedin).
Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
che il senatore Brignone non potrà confutare tale
mia asserzione – che questa scelta è basata su un
qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
e quindi alle successive votazioni parlamentari.
Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
sensibilità religiose. Questo dato però non
può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
libertà di coscienza, alla libertà educativa
delle famiglie.
Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
perché ha in sé una grande approssimazione
e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
procedere all’applicazione della legge.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.
È approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, torniamo su un argomento
già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
del primo emendamento riferito all’articolo 3.
L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
provvedimento.
Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
all’impostazione della discussione di questo disegno
di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
il male di questo disegno di legge: la possibilità
di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
richiamati.
Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
dell’ordinario diocesano competente per territorio,
divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
purché non si fruisca della mobilità professionale
o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
collettiva.
In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
tipo di insegnamento.
Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
tipo di insegnamento.
La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
in precedenza.
Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
sull’emendamento 3.100.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, siamo intervenuti su
questo articolo con emendamenti perché siamo nel
cuore della legge, dove emergono con più evidenza
alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.
Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
questione parleremo dopo.
Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
di più ci viene detto e ci può essere dato
di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.
È assai interessante sentire che il sottosegretario
Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
la materia una sistemazione e un’organicità, forse
allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
attenderci che questa sistemazione organica venga data per
sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.
Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
cioè anche non essere in possesso del diploma di
scuola secondaria superiore proprio perché in quel
momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
problema lo porranno e giustamente.
Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".
Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
questi docenti all’interno della categoria dei docenti
laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.
Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
che nessun altro insegnante può invocare.
Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
di questi casi.
Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Signor Presidente, con l’emendamento
3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
con la formulazione più appropriata "le Commissioni
compilano la graduatoria". Non è una questione
semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
deve nominare.
La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
e superano il concorso, anche perché – e non è
questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
religione cattolica e la possibilità, in qualche
situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
di veri concorsi?
FRANCO
Vittoria (DS-U). Sottosegretaria, questa è
la realtà!
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
certezza al punto 4 dell’Intesa.
Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
in realtà essa non tiene conto della peculiarità
degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.
Non si può dire che "a stima" riteniamo
che comunque saranno un certo numero, perché ciò
è legato proprio alle scelte che nel tempo le famiglie,
esercitando la loro libertà di scelta educativa,
e gli studenti, quando giungeranno all’età per
poter compiere personalmente tale scelta, faranno. Quindi,
si ingessano e si fissano dei numeri, e non è casuale
che la dotazione organica non abbia un riferimento temporale,
perché si sa che può accadere che questo valore
incorra in modificazioni anche significative nel tempo;
quanto meno bisognerebbe ammetterle, se si fosse veramente
convinti, come si deve perché ormai ci sono due sentenze
della Corte costituzionale, che la materia sia facoltativa.
Cosa vorrà allora dire che si avranno comunque insegnanti
"stabilizzati"?
Poi tornerò sulla procedura dell’esubero, in
quanto ci sono anche qui parecchie incongruenze, comunque,
la scelta degli studenti nelle scuole sarà veramente
così libera se la scuola disporrà comunque
di un contingente fissato di insegnanti che devono impartire
tale disciplina? Questo è un problema molto delicato.
Ripeto, credo che la richiesta di soppressione dell’articolo
si basi, innanzi tutto, sulla sua indeterminatezza temporale
che, secondo me, lo rende di difficile applicazione.
In secondo luogo, e questo è il dato più
sostanziale, a noi sta a cuore la libertà di scelta
educativa delle famiglie e degli studenti, nel momento in
cui questi potranno esercitare tale diritto, e ci sembra
che fissare in anticipo il numero dei docenti renda tale
scelta molto vincolata; comunque immette un grande elemento
di rigidità nel bilancio dello Stato. È un
elemento di rigidità imbarazzante; difatti, ci si
rifiuta di indicare un momento preciso di riferimento. Scrivete
almeno questo, altrimenti credo che la norma sarà
molto difficile da applicare nelle scuole.
Quindi, ripeto, dietro questo articolo c’è
la libertà di scelta degli studenti e delle famiglie,
che ci sembra la cosa più importante, perché
garantita dalla nostra Costituzione e riaffermata nelle
sentenze della Corte costituzionale.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, l’articolo 2
e, come vedremo, l’articolo 3 sono il cuore di questa
manovra legislativa. Essi introducono un principio di rigidità
e una possibilità concreta che chi viene immesso
nel ruolo possa poi scavalcare altri o assumere altre funzioni
didattiche all’interno dell’organizzazione scolastica.
Si introduce un principio di sovrapposizione delle competenze
in una materia che ne dovrebbe vedere una sola ed esclusiva,
trattandosi di scuola pubblica, cioè quella dello
Stato repubblicano, dello Stato nato con la Costituzione,
in sostanza, della Repubblica italiana.
Vi è anche una considerazione di fondo da fare,
che riguarda l’esclusività di cui gode l’insegnamento
della religione cattolica nella scuola italiana. Che lo
vogliano o meno alcuni, il destino del nostro Paese, come
d’altro canto di tutti i Paesi del mondo, è
quello di avere una presenza multietnica e, conseguentemente,
multiculturale e
multireligiosa all’interno del proprio territorio.
Si porrà quindi sempre con maggior forza il problema
di una molteplicità di insegnamenti religiosi. In
altre parole, si tratta di quel principio laico per cui
l’insegnamento non è quello di una religione
ma di una storia delle religioni, come pezzo della cultura
millenaria dell’umanità, un pezzo sedimentato
che noi intendiamo valorizzare e non mistificare, senza
cercare di metterlo in un angolo. Questo principio, che
sarebbe già comprensibile per via storico-teorica
e per via filosofica, si imporrà per via pragmatica.
Tutto ciò dimostra l’assoluta inadeguatezza
di questo testo di legge, anche rispetto alle dinamiche
della situazione sociale del nostro Paese. Per tali ragioni,
riteniamo che questo articolo debba essere soppresso.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a
tutti gli emendamenti, essendo questi volti alla soppressione
delle dotazioni organiche oppure all’introduzione di
diverse dotazioni organiche che praticamente richiamano
un disegno di legge a firma della senatrice Acciarini.
Aggiungo…
PRESIDENTE. Senatore Brignone, ne abbiamo parlato abbastanza
in questi giorni. Non è necessario motivare ogni
volta i pareri, altrimenti non si finisce.
BRIGNONE,
relatore. Aggiungo soltanto che la percentuale del 70 per
cento è stata estremamente ponderata, viste le proposte
emendative che spaziavano dal 30 al 90 per cento.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
gli emendamenti 2.2, 2.100, 2.101 e 2.102 sono improcedibili.
Passiamo alla votazione dell’articolo 2.
ACCIARINI
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ACCIARINI
(DS-U). Innanzitutto voglio dare atto al relatore
dell’attenzione con cui svolge il suo compito (e permettetemi
di ringraziarlo per questo), tra l’altro con notevole
coraggio, viste le reazioni della maggioranza ai suoi interventi
e considerato che lo stesso Presidente lo invita a tagliar
corto.
PRESIDENTE. Senatrice, io devo rispettare il Regolamento
e quindi chiedere di esprimere il parere, non altro.
ACCIARINI
(DS-U). Comunque, il fatto che il senatore Brignone,
in qualità di relatore, voglia dare delle spiegazioni
mi sembra che dovrebbe essere oggetto di elogio e non di
critica. (Applausi del senatore Bedin).
Effettivamente, la misura del 70 per cento è il
frutto di una ponderazione, ma ribadisco – e sono sicura
che il senatore Brignone non potrà confutare tale
mia asserzione – che questa scelta è basata su un
qualcosa di pregresso, che è avvenuto negli anni
precedenti alla stesura del testo da parte di questo Governo
e quindi alle successive votazioni parlamentari.
Il problema è estremamente delicato, mi sembra giusto
ricordarlo, date anche le modificazioni che sta subendo
la nostra società. Ritengo sia opportuno il riferimento
che è stato fatto alla presenza di altre comunità,
di altre etnie, quindi di persone portatrici di diverse
sensibilità religiose. Questo dato però non
può essere fissato una volta per tutte. Possono essere
state fatte tutte le necessarie ponderazioni con riferimento
al passato, ma non è possibile fare le medesime ponderazioni
rispetto ad una scelta che è appunto affidata alla
libertà di coscienza, alla libertà educativa
delle famiglie.
Pertanto, ribadisco che l’articolo va soppresso proprio
perché ha in sé una grande approssimazione
e darà luogo a gravi problemi quando si dovrà
procedere all’applicazione della legge.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 2.
È approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 3, sul quale sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, torniamo su un argomento
già affrontato, su cui – se lei avesse proceduto
meno rapidamente – avrei chiesto anche una votazione elettronica.
Lo farò – lo anticipo ora – in occasione della votazione
del primo emendamento riferito all’articolo 3.
L’emendamento 3.100 è soppressivo e, come l’altro
cui mi riferivo, riguarda gran parte della sostanza di questo
provvedimento.
Ci sembra che ciò sia del tutto coerente rispetto
all’impostazione della discussione di questo disegno
di legge. L’articolo 3 concerne il tema dell’accesso
al ruolo degli insegnanti di religione. Qui si delinea tutto
il male di questo disegno di legge: la possibilità
di conseguire tale accesso per via diversa rispetto ad altre
tipologie di insegnanti e di insegnamento, la possibilità
data a chi entra come insegnante di religione di fare altro
rispetto alla sua collocazione nell’organizzazione
scolastica e tutti gli aspetti di rigidità già
richiamati.
Si badi inoltre che questo articolo 3 si collega necessariamente
all’articolo 4, relativo alla mobilità. Infatti,
se consideriamo uno dei commi che compongono tale articolo,
in particolare il comma 9, leggiamo che ai motivi di risoluzione
del rapporto di lavoro previsti dalla disposizione vigente
si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte
dell’ordinario diocesano competente per territorio,
divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico,
purché non si fruisca della mobilità professionale
o alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità
collettiva.
In altre parole, questo comma esemplifica ciò che
stavo dicendo, ovvero che l’insegnante è immesso
nel ruolo dell’ordinamento della scuola pubblica italiana
ed è però sottoposto costantemente a due autorità.
Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
della scuola cattolica, può essere sottoposto alla
risoluzione del rapporto di lavoro o al passaggio ad altro
tipo di insegnamento.
Se questi perde il giudizio di idoneità all’insegnamento
della scuola cattolica, può essere sottoposto o alla
risoluzione del rapporto di lavoro, o al passaggio ad altro
tipo di insegnamento.
La questione è ribadita nell’ultimo comma dell’articolo
4, di cui chiederemo tra breve l’accantonamento. Mi sembra
che il cerchio si chiuda e noi vogliamo spezzarlo, per cui
raccomandiamo con molta forza la soppressione di questo
articolo 3 che conferma tutte le incongruità che
erano già presenti nell’articolo 1, come avevo detto
in precedenza.
Ribadisco pertanto la richiesta di votazione elettronica
sull’emendamento 3.100.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, siamo intervenuti su
questo articolo con emendamenti perché siamo nel
cuore della legge, dove emergono con più evidenza
alcune delle criticità che abbiamo sottolineato.
Da questo punto di vista, pur volendo intervenire su questa
materia, si poteva comunque compiere una serie di scelte
contenute in altre proposte di legge, a firma di senatori
appartenenti anche al nostro Gruppo, che avrebbero permesso
di dare almeno alcune garanzie di qualità alla procedura
di selezione. Tale procedura, lo ribadisco, consente l’immissione
nei ruoli dello Stato ed oltretutto dà un diritto
di transito e di mobilità su altri posti, ma di tale
questione parleremo dopo.
Bisogna guardare anche a quale universo di insegnanti ci
troviamo di fronte, perché da questo punto di vista
è opportuno effettuare alcune precisazioni. So benissimo
che molti insegnanti sono in possesso di titoli di qualità
e condivido anche le valutazioni che sono state date, però
da un punto di vista normativo dobbiamo ricordare che per
quanto riguarda i titoli essi sono ritenuti in possesso
di titoli validi, oppure si tratta di diplomati con titoli
approvati dalla Santa sede o riconosciuti dalla CEI. Nulla
di più ci viene detto e ci può essere dato
di capire nel provvedimento, su quali sono questi titoli.
È assai interessante sentire che il sottosegretario
Aprea ribadisce che in avvenire verrà data a tutta
la materia una sistemazione e un’organicità, forse
allora lo Stato italiano e noi che siamo i rappresentanti
del popolo italiano in questo Parlamento, potremmo almeno
attenderci che questa sistemazione organica venga data per
sapere esattamente cosa verrà votato. Noi invece
facciamo qui una valutazione a scatola chiusa.
Vorrei inoltre ricordare un particolare che forse sfugge.
Lo Stato italiano ha ritenuto in ogni caso dotati della
qualificazione necessaria tutti i docenti di insegnamento
di religione cattolica che all’anno scolastico 1985-1986,
nel momento in cui è entrata in vigore la nuova disciplina
concordataria, avessero compiuto cinque anni di servizio.
Vi è quindi un primo punto da considerare: sono passati
molti anni ma vi sono sicuramente in servizio persone sulla
base della norma che vi ho appena ricordato, che possono
cioè anche non essere in possesso del diploma di
scuola secondaria superiore proprio perché in quel
momento avevano cinque anni di servizio. Si tratta di persone
entrate nella scuola nel 1980, che oggi hanno ventitré
anni di servizio e possono quindi essere una categoria abbastanza
numerosa. Ciò può voler dire che conferiremo
lo status di docenti con tutte le caratteristiche dei titoli
di cui abbiamo parlato prima, a persone che avevano questa
qualificazione e che oggi si trovano nelle condizioni di
entrare nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
Credo che gli altri insegnanti in possesso di titoli di
studio, che sostengono abilitazioni e concorsi, qualche
problema lo porranno e giustamente.
Voglio anche osservare che dal punto di vista dell’abilitazione,
sempre in quel periodo, che era il momento della prima applicazione
delle nuove norme pattizie, venne rilasciata in una nota
del 4 febbraio 1987 la seguente dichiarazione: "Approvazione
aut attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario
diocesano habet valore giuridico di abilitazione all’insegnamento".
Ricordo questa nota perché, evidentemente, molti
presidi e capi di istituto, dovendo effettuare le nomine,
inserire, nell’ambito della scuola secondaria inferiore,
questi docenti all’interno della categoria dei docenti
laureati, sollevarono sia il problema del titolo di studio
sia il problema dell’abilitazione all’insegnamento.
Il nodo fu tagliato in maniera definitiva perché
anche in questo caso lo Stato non si poneva il problema
relativo a quale titolo avesse dato accesso all’insegnamento.
È questo l’universo di fronte al quale ci troviamo,
un universo – lo ribadisco per l’ennesima volta – di
persone che svolgono un lavoro serio, come quello degli
insegnanti, ma che vengono ad essere oggetto di una normativa
che nessun altro insegnante può invocare.
Dando per scontato che la qualità della scuola italiana
stia a cuore a tutti, va sottolineato che il problema dell’immissione
nei ruoli con queste modalità crea disagio nella
scuola, determina la sensazione che non vi sia una giusta
valutazione della preparazione. Vi sono persone laureate
che attendono da anni e che, pur avendo sostenuto abilitazioni
e superato concorsi, non sono ancora nei ruoli dello Stato.
Credo che tutti i colleghi abbiano ricevuto per posta segnalazioni
di questi casi.
Ebbene, si sta compiendo una grave discriminazione che
pesa a me come pesa a tutti coloro che amano la scuola.
Gli effetti sul corpo insegnante sono molto gravi: si coglie
giustamente una discriminazione nei confronti degli altri
insegnanti. Invito i colleghi a fare attenzione, perché
stiamo immettendo germi pericolosi nella scuola italiana.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Signor Presidente, con l’emendamento
3.3 proponiamo di sostituire, al comma 7 dell’articolo
3, l’espressione "le Commissioni compilano l’elenco",
con la formulazione più appropriata "le Commissioni
compilano la graduatoria". Non è una questione
semplicemente filologica, a noi sembra invece una questione
molto importante. Un concorso pubblico, infatti, non è
tale se non si conclude con la compilazione di una graduatoria.
Una lista di nomi è qualcosa di molto diverso ed
è esposta tra l’altro all’arbitrio di chi
deve nominare.
La graduatoria implica invece un giudizio diverso sulle
competenze e porta ad assegnare punteggi diversi. Ciò
costituisce una maggiore garanzia per coloro che partecipano
e superano il concorso, anche perché – e non è
questione da poco – il passaggio in ruolo dei docenti di
religione cattolica e la possibilità, in qualche
situazione, di accedere ad altri insegnamenti implicherebbero
l’assegnazione di cattedre a docenti che non hanno
mai superato un vero concorso. Ciò crea una condizione
di diseguaglianza grave alla quale va posto rimedio.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Con tutti i concorsi abilitanti, parliamo
di veri concorsi?
FRANCO
Vittoria (DS-U). Sottosegretaria, questa è
la realtà!
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, molti emendamenti propongono
modifiche sostanziali dell’articolo 3 e riguardano
diverse questioni. Alcuni propongono la soppressione, non
accettabile, di un articolo che stabilisce con esattezza
la modalità di accesso ai ruoli, finalmente tramite
concorso, e questo è aspetto positivo e condiviso.
Altri emendamenti propongono titoli per l’accesso ai
concorsi diversi da quelli che sono stabiliti con molta
certezza al punto 4 dell’Intesa.
Per quanto concerne la questione sollevata dalla senatrice
Franco, che vista dall’esterno potrebbe parere fondata,
in realtà essa non tiene conto della peculiarità
degli insegnanti di religione i quali possono avere carichi
di lavoro aggiuntivi, comunque collegati all’insegnamento.
Il fatto di sostituire un elenco con una graduatoria significherebbe
una totale mobilità del personale. Visto che, comunque,
l’idoneità viene attribuita dalla competente
autorità ecclesiastica e che tale idoneità
ha sicuramente carattere prevalente rispetto alla valutazione
dell’autorità statuale (per il semplice motivo
che attiene esattamente a quelle che sono le competenze
disciplinari), non vedo perché bisognerebbe creare
una mobilità così vasta e radicale semplicemente
attenendoci a una parte di prove concorsuali che non sono
veramente determinanti per lo stato giuridico e per la valutazione
della preparazione del docente nella disciplina specifica.
Con riferimento agli altri emendamenti, mi pare che ve
ne siano anche alcuni contraddittori, ad esempio il 3.106
di cui è primo firmatario il senatore Cortiana, perché
viene criticata la revoca dell’idoneità, ma
allo stesso tempo si chiudono tutti gli spazi per la conservazione
del posto di lavoro.
L’emendamento 3.5 propone di nuovo una graduatoria
al posto di un elenco; in realtà, si parla di elenco
esattamente al comma 7 dell’articolo 3 e da questo
non si può derogare.
Il parere è quindi contrario per tutti gli emendamenti
presentati sull’articolo 3.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è
conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente
avanzata dal senatore Malabarba, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
di senatori è stata chiesta la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell’emendamento 3.100, presentato dai senatori Malabarba
e Sodano Tommaso.
Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
di conseguenza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 3.101, presentato
dal senatore Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.102, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori, sostanzialmente identico all’emendamento
3.1, presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.2, presentato dalla senatrice
Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
3.103, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.3, presentato dalla senatrice
Vittoria Franco e da altri senatori, sostanzialmente identico
all’emendamento 3.104, presentato dal senatore Cortiana
e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.105, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.106, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.4, presentato dalla senatrice
Pagano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 3.5, presentato dalla senatrice
Pagano e da altri senatori, identico all’emendamento
3.107, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell’articolo 3.
TESSITORE
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TESSITORE
(DS-U). Signor Presidente, annuncio il voto contrario
del Gruppo DS a questo articolo che, come è stato
rilevato, è tra i più importanti, in quanto
concerne le procedure per l’accesso al ruolo che già
abbiamo contestato nella critica emendativa all’articolo
1.
Il voto contrario è motivato dall’esigenza
di non consentire diversità nell’accesso ai
ruoli di insegnamento nella scuola di Stato, garantendo
contemporaneamente agli insegnanti di religione cattolica,
che accedono all’insegnamento in base a criteri diversi
(quelli dell’Intesa tra Stato e Chiesa), la permanenza
a tempo indeterminato salva l’ipotesi di revoca della
idoneità da parte dell’ordinario diocesano.
Nella migliore delle ipotesi, con le previsioni della legge
in discussione, si individua un canale alternativo che è
un vulnus nel sistema, in qualunque modo lo si voglia presentare,
mentre si poteva evitare tutto ciò senza danneggiare
nessuno.
Si è preferito puntare su una specie di rendita
concordataria anziché affrontare davvero il problema
nei suoi termini costituzionali e pattizi. Ma in questo
caso non si tratta soltanto di evitare una violazione della
parità di diritto tra i cittadini, bensì anche
di capire davvero che cosa significa l’insegnamento
della religione e il suo ruolo culturale e formativo, lontano
da forme surrettizie che sanno – ahimè! – di propaganda
e di proselitismo.
A questo proposito, devo dire che non capisco la risposta
che mi è stata data dal relatore, il quale ha rilevato
che nella scuola italiana propaganda o proselitismo avvengono,
o possono avvenire, anche in altre discipline, dalla storia
alla filosofia. E io mi domando: e con ciò? Non capisco
l’osservazione, che porta soltanto a fare constatare che
nella scuola italiana esistono, o esisterebbero, altre cose
che non vanno, ma certamente non risponde al dubbio di non
rischiare che l’insegnamento di religione si riduca ad un
fatto di propaganda o di proselitismo.
Non capisco questo tipo di argomentazione, che vedo molto
diffusa; non la capisco – se così posso dire – sul
piano etico, perché non mi rendo conto che significa
osservare che ad un male se ne aggiunge un altro, come se
questo comportasse la soluzione del problema. Non la capisco
neppure sul piano logico, perché mi sembra espressione
di una davvero riduttiva idea dell’insegnamento della religione,
che non credo possa essere affrontato con un pur analitico
commento di tipo burocratico (con le 60 circolari che abbiamo
appreso essere state emanate dal Ministero dal 1984 ad oggi),
o con qualche sentenza della Corte costituzionale, che evidentemente
testimoniano soltanto l’inadeguatezza della legislazione
in materia, nella cui traiettoria temo si inserisca anche
questo provvedimento, che non mi sembra in grado di dare
sistemazione all’importante materia dell’insegnamento della
religione.
Per questi motivi il nostro voto all’articolo 3 sarà
contrario. (Applausi della senatrice Manieri).
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 3.
È approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 4, sul quale sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, l’articolo 4 parla della
mobilità. Noi abbiamo cercato di intervenire con
degli emendamenti veramente costruttivi perché –
ripeto – dietro l’attività emendativa che è
stata svolta dai senatori del Gruppo DS della Commissione
istruzione pubblica c’è una visione collegata ad
un apposito disegno di legge per gli insegnanti di religione
cattolica. Abbiamo poi tradotto in emendamenti una visione
organica che stiamo cercando di proporre, ritenendo in questo
senso di rendere un buon servizio allo Stato, alla scuola
italiana, ma anche agli insegnanti di religione cattolica.
Qui siamo al punto più delicato, perché chiaramente
di mobilità si parla quando si ha una situazione
per cui l’insegnante immesso nei ruoli trova un ostacolo
nel mantenimento del posto, o perché si trova in
condizione di esubero, o perché gli viene revocata
l’idoneità. In particolare, vorrei sottolineare il
fatto che questi insegnanti possono trovarsi in posizione
di esubero, come possono trovarsi in posizione di revoca
dell’idoneità. La prima posizione, di essere cioè
in esubero, può verificarsi anche per gli altri insegnanti;
quella della revoca dell’idoneità è invece
una particolarità propria di questa categoria di
docenti.
Tra l’altro, ritengo che si porrà un problema molto
serio di costituzionalità di questo articolo. C’è
un problema serio dal punto di vista degli insegnanti di
religione cattolica, perché lo Stato accetta esplicitamente
con questa legge di risolvere un rapporto di lavoro con
un personale stabilizzato nei propri ruoli, sulla base di
una decisione che proviene, appunto, dall’ordinario diocesano
che revoca l’idoneità. E non si chiede sulla base
di quali criteri questa revoca venga effettuata, la si accetta
a scatola chiusa. Ora, evidentemente, non è che non
si sappia su che basi possa venir revocata l’idoneità,
perché basta leggere il codice di diritto canonico,
che prevede che si revochi, come del resto si concede, l’idoneità
sulla base dell’insegnamento della retta dottrina, di un
comportamento conforme alla religione cattolica e delle
abilità pedagogiche e didattiche. Sul terzo punto
nulla da dire, ma è chiaro che nessuno è in
grado di valutare quando di un insegnante si dica che non
ha più abilità pedagogiche e didattiche.
Quindi, anche qui siamo in un territorio in cui lo Stato
accetta una sentenza emanata da altri.
Ma direi che ben più gravi evidentemente sono gli
altri due punti e devo dire che nel passato, come voi sapete,
ci sono stati casi molto gravi di perdita del posto di lavoro:
abbiamo ricordato prima la professoressa che aveva perso
il posto di lavoro perché aveva avuto una bambina,
potremmo ricordare tanti altri casi, per esempio, di insegnanti
che hanno perduto il posto di lavoro perché avevano
partecipato alle elezioni politiche o amministrative nelle
liste di partiti di sinistra. Quindi queste revoche sono
intervenute nel tempo (c’è tutta una casistica, non
vi annoio a leggerla) per i più svariati motivi.
D’altra parte, ripeto, nessuno di noi contesta che, sulla
base delle norme che regolano i rapporti tra lo Stato italiano
e la Chiesa cattolica, l’ordinario diocesano possa fare
una sua valutazione che riguarda la sua sfera. Ma fino a
oggi da ciò di fatto è sempre disceso che
lo Stato non stabilizzava il rapporto di lavoro perché,
appunto, era soggetto a una causa di risoluzione del tutto
anomala e del tutto, direi, incontrollabile da parte dello
Stato italiano.
Lo Stato italiano a questo punto invece dice agli insegnanti
di religione cattolica (a una parte, ribadisco, soltanto
a quelli che occupano una parte dei posti, perché
per gli altri, invece, continua totalmente l’ipotesi di
precariato totale, senza le tutele che noi vorremmo invece
immettere per questi insegnanti; vorrei che questi insegnanti
cogliessero tale aspetto) anche agli stabilizzati che la
loro stabilizzazione non è la stessa che hanno i
docenti della scuola italiana, perché possono perdere
il posto di lavoro, essere licenziati sulla base di valutazioni
su cui lo Stato italiano non si pronuncia, cioè lascia
totalmente decidere a un soggetto diverso.
Allora, da questo punto di vista, questa revoca fa scattare
una modalità che qui molte volte è stata presentata
(io ovviamente come tutti sto leggendo coloro che scrivono
su questo tema) anche come finalmente la fine della precarietà
e invece in realtà non lo è, perché
il testo dell’articolo 4 dice: "L’insegnante di religione
cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato,"
(ricordo a tutti – ma è quasi inutile – che oggi
è la modalità con cui tutto il personale stabilizzato
della scuola ha il proprio rapporto di lavoro) "al
quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si
trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione
dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità
professionale nel comparto del personale della scuola (…)
subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per
l’insegnamento richiesto". Cioè, a questo punto
siamo di fronte alla atipicità della nomina, alla
atipicità della perdita della possibilità
di continuare nel proprio lavoro, e guardate che questo
non è poco, perché io potrei come docente
essere interessato a continuare a fare l’insegnante di religione
cattolica; qui mi si presenta questa via che da un lato
vìola pesantemente i diritti degli altri insegnanti,
perché si crea un canale parallelo di reclutamento
che sfugge alle normali procedure concorsuali dello Stato;
dico ciò tenendo conto di tutti i limiti, per carità,
infatti condivido quanto sostenuto da coloro che hanno detto
che non si può basare la critica alle modalità
di reclutamento sulla perdita di qualunque controllo sul
reclutamento, semmai si tratterà di migliorare le
norme sul reclutamento stesso, ma bisogna essere seri e
quindi si deve migliorare per tutti; ma non si può
dire, dato che non funzionano, allora qualcuno entra addirittura
al di fuori di queste modalità di reclutamento.
Tra l’altro guardate che non è questa una difesa,
per esempio, della professoressa che aveva avuto il bambino
e che è stata licenziata, perché è
legata al caso, cioè al fatto che quella persona
sia in possesso di titoli per transitare in un altro insegnamento.
Ma, come mi auguro di aver dimostrato precedentemente, non
è affatto sulla base di quello che è il reclutamento
attuale; la configurazione dei titoli di questi insegnanti
è probabilmente una caratteristica che riguarda soltanto
una parte di essi.
Quindi, lo Stato accetta il principio di risolvere il rapporto
di lavoro per queste cause che ho detto (e credo che tutti
ci si renda conto di quanto poco costituzionale possa essere
una norma di questo genere, che fa perdere il posto di lavoro
sulla base dei comportamenti, delle scelte che una persona
compie nella propria vita personale e pubblica), ma, al
di là di questo, si offre questo canale alternativo,
ma solo ad alcuni.
Vorrei quindi che i colleghi ragionassero con me su questo
tema: ciò che ci ha scandalizzato tanto qualche giorno
fa, qualche settimana fa, vale a dire la vicenda della signora
che aveva avuto il bambino e che è stata licenziata,
potrà continuare a ripetersi tranquillamente, perché
soltanto se c’è la seconda condizione, come
d’altra parte è normale, questa persona potrà
avere questo canale alternativo. Quindi, il rapporto di
lavoro comunque si può risolvere, non c’è
nessun miglioramento da questo punto di vista e lo Stato,
ripeto, accetta una causa di risoluzione di un rapporto
di lavoro che a nostro giudizio è anticostituzionale.
Al di là di questo, c’è un altro punto.
Gli insegnanti delle classi di concorso su cui avvengono
questi spostamenti si vedono sottratti dei posti di lavoro
che erano destinati, nelle progressioni, a loro. Siamo di
fronte ad un Governo che non sta applicando la legge n.
124 del 1999, quella cioè che prevedeva un canale
di reclutamento regolare tutti gli anni. Il ministro Moratti
si è molto gloriato di aver effettuato delle assunzioni
quanto è arrivata, ma si è trovata tutta la
situazione predisposta perché il Governo dell’Ulivo
aveva predisposto le assunzioni in ruolo; dopo di esse,
poi, il resto è stato silenzio. Credo che a nessuno
sfugga il problema del precariato degli insegnanti della
scuola italiana: ebbene, che messaggio stiamo dando loro?
Gli stiamo sottraendo una parte dei posti di lavoro per
destinarli a coloro che sono chiamati su elenchi. Da questo
punto di vista, i nostri emendamenti, in particolare quelli
di cui sono prima firmataria, garantiscono la mobilità
territoriale, che è importante, quindi la possibilità
di spostarsi sul territorio che invece, così come
è delineato, il testo del provvedimento non dà;
ma non vogliamo garantire anche una modalità di passaggio
sulle cattedre di insegnamento delle materie curricolari,
perché ciò rappresenta veramente una lesione
dei diritti degli insegnanti e dei precari della scuola
e al tempo stesso non risolve la gravità di una situazione
per cui lo Stato accetta di rescindere un rapporto di lavoro
stabilizzato sulla base di decisioni che non attengono a
quegli elementi di verifica che lo Stato può porre
in atto quanto decide, come può fare, di risolvere
un rapporto di lavoro con i propri dipendenti.
MONTICONE
(Mar-DL-U). Signor Presidente, illustro semplicemente
i due emendamenti a mia prima firma, esattamente gli emendamenti
4.4 e 4.5. Essi hanno la finalità di rendere migliore
l’insegnamento della religione cattolica e di fugare
il pericolo che questo canale d’ingresso nell’insegnamento
possa essere un canale alternativo o comunque privilegiato
rispetto ad altri insegnamenti.
L’emendamento 4.4, infatti, propone una modifica al comma
3 dell’articolo 4, già citato dalla senatrice
Acciarini, là dove si parla della mobilità
del personale della scuola e quindi della possibilità
di passare ad altro insegnamento "subordinatamente
al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento
richiesto". È una formula che comprende – già
in Commissione mi è stato assicurato – non solo la
laurea specifica per quell’insegnamento, ma anche l’abilitazione.
A mio parere, però, resta una formula vaga: pertanto,
propongo che tale requisito sia specificato con le parole:
"ivi inclusa l’abilitazione prescritta per l’insegnamento
a cui si accede". Credo che ciò rappresenti
un elemento migliorativo; del resto, dovendo passare il
provvedimento all’altro ramo del Parlamento, sia pure
per un rapidissimo ritocco di carattere tecnico, di importazione
di bilancio, esso potrebbe essere a mio avviso recepito
senza troppa difficoltà.
L’emendamento 4.5 è anche più garantista
nei confronti di una valutazione positiva e di una continuità
nell’insegnamento della religione cattolica. Si tratta
di un emendamento, sottoscritto anche da diverse forze dell’opposizione,
con cui si propone un comma aggiuntivo (il 3-bis) in cui
si stabilisce che "la mobilità professionale
verso altro insegnamento non è consentita prima che
siano decorsi cinque anni di effettivo insegnamento"
della religione cattolica.
Per converso, si propone che, qualora siano posti vacanti
in seguito a revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario
diocesano, quei posti non concorrono per un quinquennio.
C’è qui un vincolo che potrebbe dare una maggiore
caratteristica di stabilità all’insegnamento
e quindi anche valorizzare questo insegnamento nel progetto
educativo della scuola. Queste sono le ragioni che mi inducono
a sostenere questi due emendamenti. Faccio notare anche
che per l’emendamento 4.5 non credo che le cose stiano
come in qualche modo è stato spiegato in Commissione
(non ricordo se dal Governo o dal relatore): questo non
è un vincolo che tocca problemi sindacali o che tocca
gli ordinamenti legati alla contrattazione, perché
il vincolo di un certo numeri di anni a rimanere nella propria
sede è presente in tanti concorsi dello Stato italiano.
Pertanto raccomando l’approvazione di questi emendamenti.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario perché
gli emendamenti o dimenticano o marginalizzano il requisito
inderogabile dell’idoneità, oppure sopprimono
la possibilità di mobilità verso altro insegnamento
previo possesso dei requisiti richiesti.
A questo proposito invito il senatore Monticone a ritirare
gli emendamenti, perché la questione dell’idoneità
può essere assimilata ai requisiti richiesti agli
altri insegnamenti per la mobilità degli altri insegnanti,
le regole devono essere le stesse. Comunque, una risposta
precisa nel merito la deve anche dare il Governo. La soluzione
può comunque essere affidata al regolamento attuativo.
Quanto poi al requisito di una permanenza di almeno cinque
anni, faccio presente che questi docenti, a differenza di
altri precari, hanno già all’attivo un insegnamento
di almeno quattro anni continuativi nella disciplina. In
ogni caso ad essi per la mobilità vengono richiesti
i titoli specifici stabiliti dall’autorità ecclesiastica
più un’altra laurea e più ovviamente
l’abilitazione se viene richiesta anche ai docenti
di altre materie. Direi che gli incarichi sono aggiuntivi
e che non vi è alcuna condizione di privilegio.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Il Governo esprime parere conforme al relatore.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 4.1, presentato
dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.100, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.101, presentato dai senatori
Malabarba e Sodano Tommaso.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.102, presentato dai senatori
Malabarba e Sodano Tommaso.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.103, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.104, presentato dai senatori
Malabarba e Sodano Tommaso.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.105, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.2, presentato dalla senatrice
Acciarini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.106, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.3, presentato dalla senatrice
Acciarini e da altri senatori.
Non è approvato.
Sull’emendamento 4.107, identico all’emendamento
4.4, c’è un invito al ritiro. Domando ai presentatori
se lo accolgono.
MONTICONE
(Mar-DL-U). Chiederei di trasformare l’emendamento
4.4 in un ordine del giorno, mantenendo comunque l’emendamento
4.5.
PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi sulla proposta
avanzata dal senatore Monticone di trasformare l’emendamento
4.4 in un ordine del giorno.
BRIGNONE,
relatore. Mi rimetto al Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Sottosegretario, il senatore Monticone
sarebbe disponibile a trasformare l’emendamento in
ordine del giorno, visto anche il parere del senatore Brignone
riferito a un possibile regolamento.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Purtroppo, un tale ordine del giorno non è
accoglibile da parte del Governo.
PRESIDENTE. Senatore Monticone, stante il parere contrario
del Governo mantiene dunque l’emendamento 4.4?
MONTICONE
(Mar-DL-U). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell’emendamento
4.107, identico all’emendamento 4.4.
SOLIANI
(Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con
scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
dalla senatrice Soliani, risulta appoggiata dal prescritto
numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
di senatori è stata chiesta la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell’emendamento 4.107, presentato dal senatore Cortiana
e da altri senatori, identico all’emendamento 4.4,
presentato dal senatore Monticone e da altri senatori.
Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
di conseguenza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento
4.5.
PAGANO
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAGANO
(DS-U). Signor Presidente, definirei questo emendamento
di limitazione del danno. So che anche su di esso sia la
maggioranza, che d’altra parte il Governo, avevano
un qualche interesse a ragionare, per le ragioni esposte
dai senatori che sono intervenuti in precedenza relativamente
al pericolo di essere immessi in ruolo attraverso il canale
degli insegnanti di religione.
Credo sia interesse di tutti, del Governo in primo luogo,
accogliere questa norma, che stabilisce l’obbligatorietà
di permanere senza mobilità per cinque anni. Essa,
senatore Brignone, è attinente all’articolo
4, non all’articolo 5: il ragionamento che lei faceva
riguardava le norme transitorie, queste sono le norme definitive;
questa sarebbe ovviamente una regola che definisce un quadro
di riferimento più certo per tutti.
Capisco che c’è l’esigenza politica di
non approvare alcun emendamento e di arrivare ad una definitiva
votazione della legge, ma ritengo che questo sia un punto
sul quale il Governo dovrebbe ritornare nell’ambito
del regolamento attuativo, perché credo sia assolutamente
condivisibile, non solo dalla nostra parte, che lo ha proposto,
ma anche dalla maggioranza.
Per queste ragioni chiedo che tale emendamento sia votato
con scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
dalla senatrice Pagano, risulta appoggiata dal prescritto
numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
di senatori è stata chiesta la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell’emendamento 4.5, presentato dal senatore Monticone
e da altri senatori.
Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
di conseguenza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’articolo 4.
ACCIARINI
(DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, interverrò molto
rapidamente perché dai colleghi intervenuti precedentemente
sono già state dette le cose essenziali; ritengo
però di dover spendere ancora una parola sul tema
del canale alternativo rispetto all’assunzione nei
ruoli dello Stato, stabilito appunto da questo articolo
4 sulla mobilità degli insegnanti.
Vorrei sottolineare che abbiamo condiviso e votato convintamente
un emendamento che, come definito giustamente dalla senatrice
Pagano, è di riduzione del danno. Resta tutto aperto
il problema che ponevo, cioè che in un momento di
difficoltà per la scuola, in un momento di contrazione
dei posti, in un momento in cui le persone con i titoli
e le abilitazioni, con il superamento spesso delle idoneità
e dei concorsi, non riescono a trovare una sistemazione,
voi vi state assumendo la grande responsabilità di
stabilizzare una parte del personale anche sui posti destinati
ad altro personale, stabilendo un potenziale scorrimento.
Questo, in un momento così difficile, potrebbe diventare
un canale surrettizio per l’assunzione nei ruoli dello
Stato.
L’emendamento appena votato, di cui era primo firmatario
il senatore Monticone, aveva proprio questo valore; sono
molto dispiaciuta che esso non sia stato accolto per questa
blindatura del testo: era un tentativo molto serio di far
sì che ci fosse nell’insegnamento una continuità
per almeno cinque anni, in modo da evitare proprio quello
che, credetemi, è un rischio latente. In un momento
di difficoltà ci potrebbero essere persone che in
questo modo individueranno una modalità di ingresso
nei ruoli dello Stato in materie curricolari, attuato attraverso
una procedura del tutto atipica, del tutto speciale.
Quindi, è veramente molto grave questo tipo di mobilità,
noi la riteniamo inquietante. Tra l’altro, il fatto
che non ci sia una graduatoria di questi insegnanti (su
tale aspetto torneremo in occasione dell’esame del
prossimo articolo), perché è semplicemente
un elenco non graduato, aumenta ulteriormente questa situazione
di disparità fra gli insegnanti, danneggiando così
il buon funzionamento e la qualità della scuola italiana,
nonché la convinzione degli insegnanti di essere
assunti a svolgere il proprio lavoro (che è una funzione
di grande delicatezza ed importanza) sulla base di valutazioni
il più possibile oggettive e condivise, in base alle
quali lo Stato possa scegliere le persone che debbono occuparsi
della gioventù, che – come sappiamo – rappresenta
la prospettiva del Paese.
Pertanto, facciamo molta attenzione su questo aspetto,
perché si sta creando un canale surrettizio per l’assunzione
nei ruoli.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 4.
È approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.0.100, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 4.0.101, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 5, sul quale sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 5.8,
il primo di cui sono prima firmataria, propone la soppressione
dell’articolo 5. Mi soffermo su questo perché
sugli altri interverranno in sede di illustrazione o di
dichiarazione di voto altri colleghi del Gruppo.
Si stabilisce che nel primo concorso vi sia una riserva
per gli insegnati di religione cattolica che abbiano prestato
continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso
degli ultimi dieci anni. È proprio la norma destinata
a coloro che sono in questo momento nella scuola e – lo
ripeto perché vorrei che fosse evidente a tutti –
a persone che si trovano in quell’insieme di condizioni
e di possesso di titoli che prima ho cercato di delineare.
In sostanza, non abbiamo alcuna garanzia dal punto di vista
del possesso anche del diploma di scuola media secondaria
e questa è una grande disparità rispetto agli
altri insegnanti.
Un altro aspetto discutibile di questo tipo di reclutamento
è che esso è legato ad una posizione non del
tutto chiara dal punto di vista del numero delle ore di
insegnamento svolto. La previsione di "un orario complessivamente
non inferiore alla metà di quello d’obbligo
anche in ordini e gradi scolastici diversi" può
essere veramente una causa di discriminazione. Le ore assegnate
a questi docenti – mi permetto di ricordare la normativa
– non sono minimamente legate a scelte compiute da parte
dello Stato che effettua la nomina. I capi d’istituto
delineano le ore che hanno a disposizione per questa materia
e le segnalano all’ordinario diocesano, ma non possono
chiedere un’articolazione di queste ore. Per cui, su
un certo numero di ore può essere effettuato un insieme
di nomine, che in parte sono per la cattedra completa, che
ovviamente è di 18 ore, come per gli altri insegnanti,
ma può essere anche di nove o di cinque ore, a seconda
di scelte su cui il capo d’istituto – che in quel momento
rappresenta lo Stato che effettua la nomina – non ha alcuna
competenza.
Molte volte in passato (parlo anche per esperienza diretta,
ma soprattutto di colleghi) capi di istituto hanno dovuto
eccepire perché lo spezzettamento delle ore talvolta
non era funzionale all’organizzazione del lavoro scolastico,
ma dall’amministrazione scolastica è stato sempre
risposto che non potevano intervenire sulla quantificazione
delle ore assegnate a ciascun insegnante, ma avevano solo
il diritto alla copertura completa delle ore che avevano
segnalato. Questo può essere un problema molto delicato
nel momento in cui lo Stato collega le ore alla possibilità
di svolgere questo concorso.
Faremo poi altre osservazioni per spiegare che riteniamo
inadeguata questa parte del programma di esame del concorso,
che è limitato a certi temi. Sarebbe auspicabile
almeno, per il principio della riduzione del danno, che
ci fosse una serie di criteri più rigidi e di richieste
più fondate, più pertinenti da parte dello
Stato nei confronti di coloro che si accinge ad assumere
all’interno del proprio personale stabilizzato.
SOLIANI
(Mar-DL-U). Signor Presidente, l’emendamento 5.15,
a firma di tutta l’opposizione, ritengo risponda a criteri
di razionale soluzione dei problemi della transizione.
Su di esso invito all’attenzione la maggioranza, il Governo
e il relatore. Si tratta, nel primo concorso, dell’accertamento
delle competenze. Non solo titoli, non si tratta soltanto
di accertare la conoscenza della legislazione dell’ordinamento
scolastico in particolare il regime dell’autonomia della
scuola, ma anche di dare valore alla conoscenza degli orientamenti
didattici e pedagogici relativi ai diversi gradi di scuola,
con attenzione ai soggetti.
Vi è poi la proposta di un accertamento della cultura
generale posseduta, non già sulla disciplina poiché
ovviamente la preparazione culturale nel merito dell’insegnamento
è già coperta dall’idoneità. Parliamo
di accertamento della cultura generale poiché si
tratta di inserire e contestualizzare l’insegnamento della
religione nell’ambito delle domande che si pongono nel mondo
di oggi, all’interno del contesto culturale, delle domande
rivolte alla scuola dai giovani e quindi nel contesto dell’insegnamento
culturale e formativo della religione cattolica, anche come
premessa per il dialogo fra religioni.
Poiché questo è già nei fatti dell’insegnamento
di religione cattolica, mi sembra che l’accertamento di
questo bagaglio di cultura generale posseduta in questa
fase di transizione, abbia il significato di un riconoscimento
di un profilo di qualità che già esiste e
non certamente di qualcosa che viene posto in termini nuovi.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunciarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Signor Presidente, la redazione di un articolo
che concerne il regime transitorio è un lavoro sempre
impegnativo e delicato, perché è inutile nasconderci
il fatto che si tratta comunque di sanare in parte delle
situazioni ormai consolidate. Per questo motivo sono state
introdotte disposizioni differenti fra regime ordinario
e regime transitorio nelle prove concorsuali.
Il motivo di questo è che chi attualmente insegna
religione, in particolare da molti anni, ovviamente può
avere ottenuto l’insegnamento prima del 1990, quando furono
determinati con esattezza i titoli in base agli accordi
pattizi.
Risulterebbe fortemente penalizzante chiedere una cultura
nel campo delle scienze sociali, filosofiche e storiche
a chi per esempio possiede un diploma di scuola media superiore
di indirizzo tecnico al quale necessariamente si accompagnano
i titoli previsti dagli accordi pattizi.
Credo che la questione possa essere presa in considerazione
nei regolamenti attuativi e nelle norme del bando di concorso.
Ritengo che il Governo lo farà senz’altro, così
come verrà affrontata l’altra questione cui accennava
precedentemente la collega Acciarini, sulla determinazione
esatta dei posti da mettere a concorso. È prassi
consolidata che essa venga indicata all’atto dell’emanazione
del bando di concorso.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Condivido il parere espresso dal relatore.
Signor Presidente, ho dato una risposta troppo frettolosa
al senatore Monticone e alla senatrice Soliani, allorché
hanno proposto la trasformazione di un emendamento in un
ordine del giorno concernente una questione collegata agli
emendamenti in esame. Desidero precisare che, in questo
momento, non vorremmo vincolare ad eventuali passaggi la
normativa del concorso perché essa sarà oggetto
di successiva regolamentazione. La semplice abilitazione
potrebbe non essere sufficiente, ma la previsione di una
sola modalità vincolante potrebbe andare nella direzione
opposta a quella da voi auspicata. Discutendo nuovamente
con il relatore e con il Presidente della 7a Commissione,
non abbiamo sottovalutato questo aspetto: diamo per scontato
che il riferimento al possesso dei requisiti prescritti
per l’insegnamento richiesto vada nel senso auspicato,
ma non possiamo vincolarlo in questo momento a condizioni
o titoli posseduti.
Quanto all’emendamento 5.15, il campo delle scienze
sociali, filosofiche e storiche è vastissimo e sarebbe
un vincolo eccessivo per prove che saranno comunque tese
ad accertare la cultura generale posseduta dal candidato.
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
gli emendamenti 5.8, 5.100 e 5.101 sono improcedibili.
Metto ai voti l’emendamento 5.14, presentato dal senatore
Monticone, identico all’emendamento 5.102, presentato
dal senatore Boscetto.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 5.9, presentato dalla senatrice
Acciarini e da altri senatori, sostanzialmente identico
all’emendamento 5.103, presentato dal senatore Cortiana
e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell’emendamento 5.15, identico
all’emendamento 5.10.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Signor Presidente, voteremo a favore
dei due emendamenti in esame perché ci sembrano quanto
mai opportuni a rendere più rigoroso anche il primo
concorso cui dovranno sottoporsi gli insegnanti di religione;
più rigoroso rispetto alle conoscenze da accertare
affinché la procedure non appaia una semplice sanatoria.
La religione non è infatti riducibile ad un insegnamento
tecnico e la richiesta di una preparazione più ampia,
in materie come le scienze sociali, filosofiche e storiche,
non ci sembra affatto peregrina, servendo invece a migliorare
la relazione fra il docente e gli studenti. A chiunque abbia
seguito a scuola le lezioni di religione è noto che
agli insegnanti di religione vengono poste anche questioni
di carattere non strettamente religioso, questioni di carattere
esistenziale riguardanti il senso della vita, l’interculturalità
e la multiculturalità. Dunque, l’accertamento
di una preparazione più ampia di questi docenti aiuta
a qualificare meglio l’ora di religione.
Se si compie un passo avanti nello stato giuridico, non
si può lasciare immutato il resto: cambiando il contratto
dal tempo determinato al tempo indeterminato e venendo introdotta
la possibilità della mobilità professionale,
ci sembra quanto mai opportuno accertare una preparazione
più ampia di questi insegnanti.
Su questo emendamento, chiedo la votazione nominale con
scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se
la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata
dalla senatrice Franco Vittoria, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero
di senatori è stata chiesta la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell’emendamento 5.15, presentato dalla senatrice Soliani
e da altri senatori, identico all’emendamento 5.10,
presentato dalla senatrice Acciarini e da altri senatori.
Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari
voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno
di conseguenza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1877, 202, 259, 554, 560, 564, 575, 659, 811, 1345 e
1909
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 5.11, presentato
dalla senatrice Pagano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 5.104, presentato dal senatore
Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 5.12, presentato dalla senatrice
Vittoria Franco e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l’emendamento 5.13, presentato dalla senatrice
Acciarini e da altri senatori, identico all’emendamento
5.105, presentato dal senatore Cortiana e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell’articolo 5.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO
Vittoria (DS-U). Signor Presidente, votiamo contro
questo articolo anche perché non è stato accolto
alcuno dei nostri emendamenti migliorativi. Ho appena detto
di quelli che riguardavano il primo concorso e ne avevamo
presentati altri sul fatto che la graduatoria abbia carattere
permanente e che da essa si attinga anche per la copertura
delle cattedre da assegnare a tempo indeterminato e determinato.
Erano emendamenti che miravano a ridurre il danno; non
sono stati accolti e dunque la nostra posizione è
negativa anche su questo articolo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 5.
È approvato.
Passiamo all’esame dell’articolo 6, sul quale
sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori
ad illustrare.
ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, l’emendamento 6.100,
che a questo punto ci proponiamo di indicare, è relativo
alla copertura finanziaria di questo provvedimento, che
pure ci sembra alquanto incerta e frettolosa.
Si tratta chiaramente, agli occhi della maggioranza e del
Governo, di un provvedimento a costo zero perché
si stabilizza una parte del personale che è già
in servizio; si prevede quindi una minima copertura, soltanto
per quanto riguarda lo svolgimento del primo concorso per
titoli ed esami.
Visto che i conti dello Stato sono una cosa seria, credo
che forse andrebbe posta una maggiore attenzione nei confronti
dell’applicazione di questa legge.
Proprio perché – ed è quello che abbiamo
ripetuto – la quantificazione non ci convince in quanto
è fissata in maniera presuntiva, basata cioè
su scelte operate (tra coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento
della religione cattolica) in passato, con l’emendamento
6.100 chiediamo che vi sia un monitoraggio dell’attuazione
di questa legge.
Infatti, il provvedimento al nostro esame si cala in una
realtà che può essere soggetta a grandi modificazioni,
per cui il rischio di avere un personale stabilizzato su
posti inesistenti è fortissimo, soprattutto tenendo
conto – su questo vorrei che il Governo e la maggioranza
meditassero – delle evoluzioni che si stanno compiendo nella
nostra società e della presenza di altri popoli portatori
di differenti sensibilità religiose.
Non ho condiviso né sottoscritto gli emendamenti,
pur validi, che cercavano di introdurre il tema dell’insegnamento
delle altre religioni, perché a mio giudizio esso
va svolto da parte di soggetti che comunque hanno un titolo
non rilasciato dall’autorità cattolica, bensì
dalle regolari università italiane, con la competenza
specifica delle lauree in storia delle religioni, che sono
anche molte.
In materia cominciamo ad avere anche cattedre significative
e persone che hanno una preparazione molto valida, alle
quali andrebbe affidato un insegnamento di storia delle
religioni nella scuola che – mi esprimo a titolo personale
– ritengo utilissimo e valido, però effettuato con
i criteri della scientificità e in possesso dei titoli
prescritti.
Ci avviamo comunque in una situazione di grande modificazione
del quadro delle scelte proprio perché, come sapete,
si modifica l’universo della popolazione scolastica
italiana, che sta compiendo in questi anni grandi trasformazioni.
Invece, da questo punto di vista, come Stato che deve retribuire
questo personale, non ci poniamo il problema di monitorare
che cosa sta realmente accadendo, quali sono le scelte tra
coloro che si avvalgono o meno dell’insegnamento della
religione cattolica, quale numero di allievi corrisponda
a questi insegnamenti e quindi di quali oneri lo Stato si
carichi rispetto al numero degli studenti.
Ricordo anche – lo dico perché gli insegnanti italiani
meritano che si effettui questa precisazione – che spesso
e volentieri anche il Ministro dell’istruzione cita
il numero molto elevato di insegnanti rispetto agli allievi.
Ebbene, uno degli elementi atipici che riguarda le statistiche
italiane è proprio la presenza di questa categoria
di insegnanti, che in certi casi si occupano di un numero
molto contenuto di allievi rispetto alle realtà locali,
che rappresentano specificità che molti colleghi
possono aver presenti.
E quindi questo, evidentemente, fa sì che questa
statistica venga sempre letta contro gli insegnati italiani
per avvalorare la tesi che sono troppi. Ecco, gli insegnanti
italiani meritano che in questo momento, mentre stiamo chiedendo
attenzione, monitoraggio sull’attuazione di questo provvedimento,
che non si compia l’operazione di scaricare sulle loro spalle
questa scelta, che viene invece compiuta senza minimamente
tenere conto del problema che ho posto, cioè del
rapporto docenti-allievi che fruiscono dell’insegnamento
di religione cattolica.
PRESIDENTE. Il restante emendamento è da considerarsi
illustrato.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi
sugli emendamenti in esame.
BRIGNONE,
relatore. Il mio parere è contrario ad entrambi gli
emendamenti, che sono volti, il primo alla soppressione
dell’articolo, il secondo al ripristino del testo originario,
testo che è stato emendato su indicazione della 5a
Commissione.
APREA,
sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università
e la ricerca. Parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a
Commissione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione,
gli emendamenti 6.1 e 6.100 sono improcedibili.
Passiamo alla votazione dell’articolo 6.
MALAN
(FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN
(FI). Signor Presidente, la mia sarà una
dichiarazione a titolo personale, sicuramente favorevole
su questo articolo, come il resto del mio Gruppo.
Vorrei però evidenziare alcune perplessità
per come si sta portando a compimento un provvedimento fondato
su un’esigenza da tempo inderogabile. Noi sappiamo che,
con il rinnovo del Concordato, ormai da 18 anni si sarebbe
dovuto provvedere a risolvere questo problema, ma non lo
si è fatto. È merito di questa legislatura
averlo portato a soluzione, ed in particolare ringrazio
il relatore, senatore Brignone, e la rappresentante del
Governo, sottosegretario Aprea, per aver così ben
lavorato a questo proposito con il contributo di tutti,
maggioranza ed opposizione.
Le mie perplessità riguardano un aspetto molto particolare.
Io sono esponente, peraltro anche eletto in un collegio,
di una forte minoranza religiosa che non è certamente
nel suo insieme favorevole al regime concordatario. Tuttavia
è un Trattato internazionale, e come tale va osservato,
per cui in questo senso ritengo di esprimere comunque il
mio voto favorevole.
Qualche perplessità mi rimane sull’insieme della
problematica ed anche su alcuni aspetti dell’inserimento,
peraltro doveroso, di questa categoria di insegnanti ad
un livello pari agli altri, ed in particolare per l’aspetto,
ripetutamente sottolineato, della possibilità che
ci possano essere, alla fine di un processo, forse complesso
e speriamo raro , degli insegnanti che si trovano in situazioni
privilegiate rispetto ad altri per aver usufruito di un
canale del tutto particolare. Mi rendo conto della difficoltà
di normare questa materia molto particolare; si tratta,
infatti, di insegnanti scelti in base a requisiti non stabiliti
dallo Stato italiano, ma da un altro organismo, la Chiesa
cattolica. Tuttavia, ritengo si debba essere molto attenti
anche ad evitare, proprio perché questo inserimento
nei modi migliori possibili, eventuali situazioni di favore,
forse persino neppure volute, a favore di insegnanti che
entrano in un modo, grazie a questo canale, e poi potrebbero
trovarsi ad insegnare in altri settori, in situazioni di
disparità rispetto ad altri colleghi.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’articolo 6.
È approvato.
Prima di passare alle dichiarazioni di voto finale, dispongo
una breve sospensione tecnica della seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 12,06, è ripresa alle
ore 12,16).
Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione finale.
MARINO
(Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO
(Misto-Com). Signor Presidente, preannuncio il voto
contrario dei senatori del Partito dei Comunisti Italiani
all’approvazione del disegno di legge in esame e desidero
chiarire che la nostra contrarietà riguarda il merito
specifico di questo provvedimento legislativo. Noi siamo
contrari perché riteniamo sbagliata, ma anche ingiusta
nei confronti di tutti gli altri docenti, l’immissione
nei ruoli dello Stato degli insegnanti di religione cattolica
non in ragione di una professionalità riconosciuta
attraverso concorsi, esami, scuole di specializzazione,
ma solo grazie ad un canale diverso e privilegiato di reclutamento,
e precisamente da parte dell’ordinario diocesano.
Con l’entrata in vigore di questa legge la situazione
per molte migliaia di insegnati di religione risulterà
radicalmente mutata rispetto a quella attuale; difatti,
essi continueranno ad essere segnalati dall’autorità
ecclesiastica e quindi nominati, ma a differenza di quanto
accade ora, nel momento in cui la nomina venisse revocata
dalla stessa autorità ovvero gli insegnanti di religione
cattolica fossero in esubero, essi rimarrebbero nei ruoli
dello Stato, con relativa retribuzione, anche per svolgere
attività diverse da quella dell’insegnamento
della religione cattolica. Si finirà quindi per instaurare
un canale di reclutamento determinato dalle autorità
ecclesiastiche che potrebbe interessare migliaia e migliaia
di docenti oggi, ma anche in futuro.
Non è accettabile a nostro avviso che si stabilisca
all’interno del corpo docente complessivo della nostra
scuola un nucleo di insegnanti maggiormente garantito e
privilegiato. Nello stesso tempo, poiché riteniamo
che debba essere superata la situazione di perenne precarietà
in cui lavorano, come del resto tanti altri, migliaia di
insegnanti di religione, riteniamo che stanti le attuali
norme concordatarie, la soluzione del problema deve trovarsi
partendo dalla revisione, dalla messa in discussione dello
stesso diritto di nomina e di revoca degli insegnanti di
religione da parte delle autorità ecclesiastiche.
Ci sembra che questo sia l’unico percorso praticabile
per togliere dalla precarietà gli insegnanti di religione
garantendo nel contempo i diritti degli altri docenti, e
quindi norme di reclutamento trasparenti e uguali per tutti,
il fondamentale principio di laicità e le stesse
garanzie che devono valere per tutta la scuola pubblica.
Non è in discussione, signor Presidente, il valore
educativo dell’insegnamento religioso o il rispetto
che è dovuto alla religione cattolica. Questo provvedimento
è errato perché crea uno squilibrio enorme,
una discriminazione nelle forme stesse di reclutamento del
personale docente della scuola pubblica. Pone anche un problema
serio di costituzionalità, che riguarda il principio
di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e costituisce
un elemento di squilibrio a nostro avviso anche nel rapporto
tra Stato e Chiesa. Di qui il nostro voto contrario.
MALABARBA
(Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALABARBA
(Misto-RC). Signor Presidente, le argomentazioni
puntuali del relatore e l’attenzione che ha voluto
dedicare a tutte le osservazioni e alle critiche delle opposizioni
sono chiaramente apprezzabili, come pure quelle della sottosegretario
Aprea, ma nulla cambia nella sostanza.
Ribadiamo la nostra contrarietà al provvedimento
in esame, sulla quale più volte abbiamo insistito.
È una contrarietà di fondo di chi, come noi,
è contrario all’idea e alla pratica del testo
concordatario e non lo fa ovviamente per una guerra di religione
– il riferimento familiare che mi riguarda e che il senatore
Brignone ha voluto ricordare in replica qualcosa vorrà
pur dire – ma in base a un semplice principio liberale,
in verità assai negletto in questo nostro Paese:
libera Chiesa in libero Stato.
Libero Stato, appunto, nelle cui scuole pubbliche invece
di prevedere l’insegnamento della sola religione cattolica
dovrebbe essere inserito l’insegnamento ben più
utile viste le trasformazioni della società che i
nostri figli dovranno affrontare della storia delle religioni.
Lo ribadiamo, che lo si voglia o no, legge Bossi-Fini o
meno, questa società è destinata a diventare
multireligiosa e multiculturale, con una presenza variegata
di popoli del mondo. Ci troveremo anche di fronte alla necessità
di dover affrontare altri temi, anche in materia religiosa.
Siamo dunque di fronte a un testo che oltretutto è
antistorico, oltre ad essere, dal mio punto di vista (cioè
dal punto di vista del principio di una sana laicità
dello Stato) un testo sbagliato.
C’è poi un altro problema di fondo in questa
proposta di legge: la modalità con la quale si è
voluto risolvere il tema degli insegnanti di religione,
cioè con l’immissione in ruolo. Cosa sbagliata:
perché crea un doppio canale. Cosa grave: perché
crea una possibilità di scavalco di altri. Cosa ancora
più grave, dal momento che qualora venisse meno l’idoneità
questi insegnanti potranno passare ad altro insegnamento.
In sostanza si crea quindi una doppia autorità all’interno
dell’ordinamento scolastico: quella che deriva appunto
dalla responsabilità statuale in materia di pubblica
istruzione e di organizzazione della medesima e quella che
deriva dall’organizzazione ecclesiastica, cioè
dalla diocesi.
Gli insegnanti verrebbero selezionati a seguito di un esame
farsa che prevede l’accertamento della preparazione
culturale generale, con l’esclusione dei contenuti
specifici dell’insegnamento della religione cattolica,
ma la nomina avverrà solo a seguito della designazione
dell’autorità diocesana. Vi è anche –
come già abbiamo chiarito – un giudizio di idoneità
di questi insegnanti che costituisce una condizione imprescindibile
per l’insegnamento. Anche questo giudizio di idoneità
è insindacabilmente assegnato all’autorità
ecclesiastica. Il giudizio di idoneità, infatti,
può essere concesso e parallelamente revocato dall’autorità
ecclesiastica. Come a dire: alla Chiesa tutti i privilegi
di selezione e "gestione" del personale, allo
Stato tutti gli oneri derivanti dall’assunzione in
ruolo di questi insegnanti. Tutto ciò è assolutamente
inaccettabile. Il potere di intervento, che le leggi e gli
accordi pattizi attribuiscono all’autorità ecclesiastica
per quanto concerne l’assunzione, l’eventuale
mobilità, la cessazione del rapporto di lavoro per
revoca dell’idoneità, appare del tutto incompatibile
con il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Qui noi
vediamo una pesante limitazione permanente della sovranità
dello Stato.
Per concludere, vorrei sottolineare la gravità dell’operazione
del Governo che, celandosi dietro un reale problema di lavoratrici
e lavoratori, senza alcun rispetto lo utilizza come un cavallo
di Troia per introdurre norme discriminanti e integraliste.
Siamo contrari alla legge, è vero, ma siamo anche
convinti, come abbiamo detto, del fatto che questi insegnanti
di religione sono lavoratori a tutti gli effetti e come
tali, sotto questo profilo, vanno tutelati. Per questo,
pur scartando l’ipotesi dell’immissione in ruolo,
abbiamo insistentemente chiesto che le loro condizioni,
in base alla nomina annuale, fossero quelle degli insegnanti
a tempo indeterminato e che essi quindi godessero delle
stesse condizioni degli altri insegnanti, sotto ogni profilo.
Voteremo quindi contro questa legge. Una legge che sicuramente
costituisce una strada sbagliata per riconoscere la stabilità
del posto di lavoro agli insegnanti di religione cattolica;
sbagliata perché discrimina altri insegnanti; sbagliata
perché prescinde dalle procedure del tutto particolari
che regolano l’assunzione degli insegnanti di religione;
sbagliata perché presta il fianco a forti obiezioni
di costituzionalità, che rischiano, fra l’altro,
all’indomani dell’approvazione del provvedimento,
di produrre effetti fortemente negativi per gli stessi insegnanti
di religione.
Voteremo contro perché quello che ci proponete è
un testo legislativo che manifesta la subalternità
dello Stato italiano ad una autorità esterna, inaccettabile
– lo ribadiamo – da un punto di vista costituzionale.
FILIPPELLI
(Misto-Udeur-PE). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FILIPPELLI
(Misto-Udeur-PE). Signor Presidente, pochissime
considerazioni di carattere generale per motivare il nostro
voto a favore di questo disegno di legge.
I senatori dell’UDEUR votano a favore perché
ne condividono le finalità e ritengono che sia giunto
il momento di sanare una condizione iniqua di molti lavoratori
che nel mondo della scuola sono pienamente inseriti.
Ci sono, peraltro, alcune perplessità che ci accompagnano
in questo voto e che vorremmo sottolineare.
Per cominciare, si potrebbe dire che mentre, da un lato,
il Governo va a sanare una situazione insostenibile, varando
l’immissione in ruolo di questo lavoratori, dall’altro,
destina e condanna alla precarietà migliaia di altri
insegnanti.
In ogni caso è giusto ricordare che sono passati
davvero troppi anni da quando la legge n. 121 del 1985,
di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra lo Stato
italiano e la Chiesa cattolica del 1984, è entrata
in vigore: questa legge già sanciva il valore della
cultura religiosa e riconosceva i princìpi del cattolicesimo
come parte integrante del patrimonio storico del popolo
italiano; contemporaneamente, ribadiva l’impegno della
Repubblica italiana ad assicurare l’insegnamento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine
e grado.
Nella premessa alle intese del 1985 lo Stato assumeva un
ulteriore impegno, quello di dare una nuova disciplina dello
stato giuridico degli insegnanti di religione. È
quello che questo disegno di legge si promette di fare.
Dicevo che sono passati troppi anni dal 1985, ma evidentemente
non sono passati inutilmente: non abbiamo sentito nel corso
del dibattito quelle tensioni ideologiche particolarmente
esasperate o radicalmente contrarie alle finalità
del provvedimento che sarebbero state inevitabili solo pochi
anni fa; c’è anzi ampia disponibilità
trasversale, e i dubbi e le incertezze su alcuni punti sono
espressi sia da parte di forze dell’opposizione che
della maggioranza. Ma, soprattutto, fra le forze politiche
e in particolare nel Paese si è diffusa la consapevolezza
che gli insegnanti di religione sono pienamente inseriti
nel quadro delle finalità della scuola, e non è
ceto poco significativo il fatto che dagli ultimi dati rilevati
emerga che la scelta dell’ora di religione è
stata fatta dal 93 per cento delle famiglie.
Questo dato non solo dimostra che le indicazioni dell’accordo
del 1984 sono ancora completamente condivise dalla quasi
totalità degli alunni e delle loro famiglie, ma esprime
anche una fortissima valenza culturale, che va raccolta
e non può essere sottovalutata.
Queste sono considerazioni di carattere generale, ma che
hanno un forte peso, e anzi potremmo anche dire che sono
determinanti nell’esprimere il nostro voto positivo,
anche a fronte degli elementi non pienamente positivi del
testo al nostro esame: ci riferiamo in particolare al modo
dell’inserimento, alla mobilità e alla formazione.
È probabile che si sarebbe potuto intervenire e
accogliere le proposte che portavano soluzioni più
coerenti sia con il quadro costituzionale e delle leggi
vigenti sia con le giuste aspettative di migliaia di altri
insegnanti. C’era lo spazio per fare coincidere le
giuste finalità di questa legge con un maggior rispetto
per lo Stato e le sue leggi. Questo effettivamente non è
stato fatto e se la maggioranza non fosse la solita maggioranza,
sorda anche ai suggerimenti e alle proposte, animate spesso
semplicemente dal buon senso, avremmo potuto votare un testo
certamente migliore e più equilibrato. (Applausi
dal senatore Vicini).
MANIERI
(Misto-SDI). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANIERI
(Misto-SDI). Signor Presidente, nonostante la difesa
dettagliata, appassionata e persino puntigliosa del relatore
Brignone, al quale diamo atto del grande lavoro svolto in
questa e nella passata legislatura, mi spiace dover confermare
il giudizio negativo dei senatori dello SDI, non certamente
per partito preso ma perché non ci convincono le
motivazioni addotte a sostegno di questo provvedimento.
Com’è possibile, colleghi, definire queste
norme, come abbiamo sentito dire, un atto di giustizia,
nel mentre il Governo taglia migliaia di cattedre e lascia
irrisolto il grave problema delle nomine a tempo indeterminato
di oltre 100.000 precari, in lettere, matematica e lingue,
in possesso della laurea e dell’abilitazione, con anni
ed anni di insegnamento precario nelle scuole pubbliche,
e magari con più di un’idoneità conseguita
in regolari concorsi, e non trova i soldi per finanziare
una riforma della scuola, che, anche se da noi non condivisa,
è stata approvata dal Parlamento ed è legge
dello Stato, che il Governo ha l’obbligo di attuare
dando delle certezze, agli studenti, ai docenti e alle famiglie?
Come è possibile, colleghi, sostenere l’immissione
in ruolo di una categoria particolarissima e peculiare,
come è stato riconosciuto, introducendo norme di
privilegio, persino in deroga agli ordinamenti generali
che regolano il reclutamento e lo stato giuridico dei dipendenti
pubblici, mentre il Governo si prepara ad introdurre dosi
massicce di flessibilità nel nostro sistema, prima
ancora di individuare le nuove necessarie tutele, e disegna
un futuro di precarietà e di incertezza per migliaia
di giovani? Francamente ci sfugge la logica che guida l’azione
del Governo.
Se qualcuno poi pensa di mettere all’incasso elettorale
scelta di tal fatta, credo che si illuda. A Togliatti non
bastò votare l’articolo 7 della Costituzione
per rimanere al Governo. E questo non serve neppure oggi,
in una situazione storica profondamente diversa, tanto più
che è crollato il mondo cattolico come entità
unitaria e la Chiesa va sempre più riducendo l’attenzione
e l’interesse per il rapporto con questo o quello schieramento
politico, persino con questo o quello Stato, e va riducendo
l’interesse per lo stesso strumento pattizio, mentre
va rafforzando il suo ruolo sulla scena politica planetaria.
Non tratta più solo con gli Stati, dialoga con i
partiti di opposizione, con i movimenti, fa mediazioni;
insomma, la Chiesa ha ripreso la funzione di grande "enzima"
della storia. Basta vedere il ruolo esercitato da questo
Papa in occasione della guerra e le prese di posizione sul
riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione
europea.
Per questo il dibattito sul valore dell’animazione
religiosa e sul rapporto tra Chiesa e Stato, nel modo angusto
in cui si è sviluppato in questa sede, attorno al
tema dell’immissione in ruolo degli insegnanti di religione,
rischia di essere politicamente ambiguo e culturalmente
vecchio.
E’ ambiguo perché esso non supera il vero ostacolo
ad una chiara definizione dello stato giuridico degli insegnanti
di religione, che è il vincolo posto dalle norme
concordatarie, ossia il fatto – qui richiamato – che la
nomina e il riconoscimento di idoneità all’insegnamento
della religione cattolica spettano all’autorità
ecclesiastica, la quale conserva anche la facoltà
di revoca sulla base del diritto canonico, il cui canone
805 recita: "È diritto dell’ordinario del
luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare
gli insegnanti di religione e parimenti, se lo richiedono
motivi di religione o di costume, di rimuoverli oppure di
esigere che siano rimossi".
Per questo lo Stato ha qualificato il rapporto di questo
personale come rapporto a termine, anche per evitare il
prodursi di situazioni conflittuali, nel caso di rimozione
di un insegnante di religione su richiesta dell’autorità
ecclesiastica.
Com’è noto, e come è stato più
volte richiamato dalla senatrice Acciarini, una sentenza
della Corte ha confermato di recente il licenziamento di
un’insegnante a causa di una maternità fuori
dal matrimonio, sentenza criticata da alcuni in modo ambiguo
e in nome del valore della maternità.
Ma non è questo il punto, perché il problema
si sarebbe comunque posto anche in caso di aborto o di divorzio,
che costituiscono giusta causa per la Chiesa ma non per
la Costituzione e le leggi dello Stato italiano.
Né fu possibile risolvere la questione in sede di
revisione del Concordato, il cui obiettivo fondamentale
dopo decenni di contrasti nella dottrina e nella giurisprudenza
sui rapporti tra norme costituzionali e norme di derivazione
lateranense fu prevalentemente quello di armonizzare le
norme concordatarie con i princìpi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale italiano e di superare la logica di privilegio
della legislazione del 1929.
Per questo il tema prevalente, anche dopo il nuovo Concordato,
non fu come ha riconosciuto il senatore Brignone lo stato
giuridico di difficile se non impossibile soluzione, stante
il quadro dei rapporti concordatari tra Stato e Chiesa,
ma la libertà dei non avvalentisi e pertanto il carattere
non obbligatorio dell’insegnamento della religione cattolica.
Il nuovo Concordato, firmato dall’allora presidente del
consiglio Craxi riconosceva l’impegno dello Stato a continuare
ad assicurare la presenza dell’insegnamento religioso autonomo
nelle scuole, ma al tempo stesso facendo un passo avanti
anche sul piano dei princìpi, ha introdotto per gli
studenti il diritto di avvalersi o meno di tale insegnamento.
Il carattere peculiare di insegnamento autonomo inserito
nella struttura della scuola statale e il carattere di facoltatività
per gli studenti, collidono con l’istituzione del ruolo
organico. Per questo, nonostante la revisione concordataria,
si è mantenuto per gli insegnanti di religione lo
status di incaricati annuali sul cui presupposto giuridico
la contrattazione collettiva ha individuato un inquadramento
specifico, riconoscendo lo stesso trattamento riservato
al personale a tempo indeterminato purché siano in
servizio da più di quattro anni.
Lo Stato quindi ha già concesso il massimo di tutela
compatibile, che non hanno gli insegnanti delle cosiddette
materie alternative, che costituiscono una forma particolare
di precariato cui non si applicano nemmeno lontanamente
le disposizioni previste per gli insegnanti di religione
stabilizzati.
L’istituzione di un ruolo organico modifica in modo surrettizio
il Concordato, apre un canale di reclutamento atipico e
nel caso di revoca precostituisce il passaggio ad altri
insegnamenti.
Non possiamo che esprimere la nostra contrarietà.
Non c’era una pregiudiziale ideologica neppure in Pietro
Nenni, quando motivando nella Costituente il voto contrario
dei socialisti all’articolo 7 affermava che la questione
romana era comunque chiusa e che il problema dell’Italia
era quello moderno di fondazione dello Stato, il senso di
esso e della sua laicità, come condizione linfa dei
processi democratici.
A ben guardare il problema resta ancora questo, mentre
è pienamente condiviso il sentimento del valore culturale,
umano e civile della religione cattolica ed è comune
la consapevolezza dell’importanza del ruolo e della presenza
della Chiesa cattolica. Tutto ciò appartiene al nostro
patrimonio storico, come ha ben argomentato da par suo il
professor Tessitore, è elemento vivo e fondante dell’identità
nazionale.
Il punto, perciò, non è questo, il punto
per noi è il futuro rispetto al quale il dibattito
svolto su questo tema ci appare vecchio e rischia di essere
superato.
Tra meno di un decennio festeggeremo i 150 anni dell’unità
nazionale; pensiamo che siano maturi i tempi per chiudere
finalmente un’epoca più che secolare di rapporti
fra lo Stato e la Chiesa. Viviamo in una società
sempre più aperta, multietnica e multireligiosa,
in cui il valore fondamentale è la libertà,
il rispetto e la tutela della libertà di scelta di
ciascuno.
I tempi, le mutazioni sociali, l’Europa ci indicano
che la strada da seguire è quella di una innovazione
coraggiosa che ci consenta, lungo la pista della libertà
religiosa aperta dal nuovo Concordato, di andare oltre di
esso, favorendo l’evoluzione dell’insegnamento
delle religione in modo più coerente con i princìpi
di libertà nella scuola e, al tempo stesso, ci consenta
di superare il vincolo "senza oneri per lo Stato"
imposto dalla Costituzione.
Ci rendiamo conto che è una strada difficile perché
si gioca qui un confronto delicato con le forze cattoliche
presenti nell’uno e nell’altro schieramento; ma
la soluzione non può continuare ad essere ricercata
in una rincorsa opportunistica al consenso, che il ministro
si chiami Berlinguer o Letizia Moratti, né in compromessi
sui princìpi. Per questi motivi i senatori dello
SDI voteranno contro il provvedimento in esame. (Applausi
dai Gruppi Misto-SDI e DS-U. Congratulazioni).
BETTA
(Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BETTA
(Aut). Signor Presidente, desidero esprimere, a
nome del Gruppo Per le Autonomie, le ragioni per le quali
il nostro voto sarà favorevole al provvedimento.
Pensiamo sia giusto dare attuazione piena al secondo comma
dell’articolo 9 dell’Accordo con protocollo addizionale
fra Santa Sede e Italia del 18 febbraio 1984, divenuto poi
legge n. 121 del 1985 sulla ratifica e l’esecuzione
del nuovo Concordato.
Si tratta di una questione aperta da molti anni, che ha
già impegnato le Aule parlamentari anche nella scorsa
legislatura. Ci pare vi siano ora le condizioni per addivenire
alla definizione dello stato giuridico degli insegnanti
di religione.
Siamo favorevoli anche perché nelle Regioni ove
questa tematica è già stata regolata, sia
pure con leggi regionali, i problemi che si sono verificati
non sono quelli paventati in quest’Aula con riguardo
allo stato giuridico degli insegnanti e al rapporto tra
gli insegnanti di religione e gli altri docenti. Vi è
stata invece una forte richiesta intorno alla qualità
dell’insegnamento, alla formazione degli insegnanti,
al loro rapporto con la scuola.
Avrei preferito che il dibattito parlamentare consentisse
spazio, approfondimento e attenzione maggiori alle ragioni
qui presentate in ordine all’insegnamento e allo studio
delle religioni, anche per il significato di questi temi
rispetto alla nostra civiltà.
Mi pare che molti suggerimenti, come quelli dei colleghi
Tonini, Monticone e Tessitore, possano essere estremamente
utili, anche se la nostra normativa si riferisce oggi a
questioni legate allo stato giuridico degli insegnanti e,
nella blindatura del provvedimento, è prevalso l’aspetto
sindacale del tema.
Credo comunque che queste limitazioni non possano indurci
a cambiare la nostra opinione favorevole. Vi è certamente
ancora molto da fare intorno a queste tematiche e il Parlamento
potrà affrontare nuovamente tale questione.
Da ultimo ringrazio il senatore Brignone per aver saputo
guidare con competenza e con precisione questa discussione
e per averla caratterizzata con molti elementi personali
e umani. È spesso difficile gestire un percorso di
confronto politico e all’interno delle Aule parlamentari
la politica prevale sugli aspetti più personali;
l’attenzione e la sensibilità del senatore Brignone
nel rispondere puntualmente a tutte le osservazioni mi hanno
particolarmente colpito. (Applausi dal Gruppo Aut).
GABURRO
(UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABURRO
(UDC). Signor Presidente, signora Sottosegretario,
colleghi, desidero esprimere la viva soddisfazione del Gruppo
UDC per questo provvedimento, doveroso e atteso da tempo.
Nel corso di questi anni sono stati presentati diversi
disegni di legge da parte di vari colleghi delle diverse
forze politiche (ricordo, tra gli altri, il disegno di legge
Atto Senato n. 202 a primo firmatario il collega senatore
Eufemi).
Con la soddisfazione, esprimiamo il nostro vivo apprezzamento
al relatore, senatore Brignone, per l’impegno competente,
paziente e documentato, brillantemente espresso fin dalla
precedente legislatura.
Se è vero che l’oggetto del provvedimento in
esame riguarda in maniera specifica lo stato giuridico dei
docenti, è difficile evitare ogni considerazione
riguardante il contenuto, l’oggetto dell’insegnamento
stesso, proprio per capire meglio i diversi aspetti del
provvedimento in esame.
L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
pubbliche si pone ad uno dei crocevia della collaborazione
tra Stato e Chiesa; luogo di confronto culturale, secondo
l’intervento del collega Ciccanti, è stato riformulato
dagli accordi concordatari secondo una nuova identità
ed espressione della libertà di scelta, viene oggi
ad essere positivamente coinvolto, in questa fase, nel processo
di riforma di tutta la scuola che il Governo e la Casa delle
Libertà stanno attuando – abbiamo iniziato ad attuare
– con convinzione e senso di responsabilità.
L’insegnamento della religione cattolica è
liberamente richiesto dalla quasi totalità del popolo
italiano; in questi 18 anni siamo mediamente su percentuali
che riguardano il 90 per cento dei ragazzi, dei giovani
e dei genitori, che ritengono importante approfondire i
fondamenti della nostra civiltà e la religione cattolica
come cultura. È ragionevole, come ha spiegato il
senatore Gubert, che tale conoscenza debba rientrare a pieno
titolo tra gli obiettivi dell’impegno educativo che
lo Stato garantisce e sostiene a vantaggio dei propri cittadini.
In base al nuovo Concordato, quello della religione cattolica
è un insegnamento di natura culturale ed aiuta a
comprendere i fondamenti della nostra civiltà. Non
possiamo, ad esempio, muoverci nelle nostre città
e visitare chiese senza conoscere nulla della nostra storia:
questi messaggi simbolici resterebbero opachi e superficiali.
Lo Stato non si esime dal dire che per la formazione culturale
dei cittadini è necessario che si conoscano determinati
elementi della storia, della filosofia, della letteratura.
Come Dante, Manzoni, i poeti moderni, i filosofi, Aristotele
e tanti altri personaggi, anche coloro che hanno diffuso
la cultura cristiana nella nostra civiltà hanno oggettivamente
un’importanza rilevante.
Lo Stato non si esime dal verificare che gli insegnanti
delle diverse materie posseggano veramente i requisiti per
farlo, abbiano seguito determinati percorsi formativi, si
sottopongano a verifiche e, solo dopo il loro superamento,
vengano abilitati ad insegnare la letteratura, la storia,
la filosofia e così via.
Se riteniamo che l’insegnamento della religione cattolica
come cultura in tutti i suoi aspetti risponda a un diffuso
bisogno, non credo che dobbiamo assegnare allo Stato la
verifica della capacità di interpretare correttamente
ciò che è la religione cattolica.
Quindi, proprio perché la competenza in materia
non appartiene allo Stato, è giustificata veramente
ed opportunamente la collaborazione con la Chiesa cattolica,
la quale riconosce l’idoneità o meno a rappresentare
correttamente agli alunni, ai giovani che lo hanno scelto,
il contenuto di tale cultura cristiana che è a fondamento
della nostra civiltà.
Se riconosciamo che i contenuti sono importanti e che è
importante che la verifica sia effettuata da un’autorità
competente, è arrivato il momento che finisca la
penalizzazione degli insegnanti che hanno dimostrato tale
competenza e che propongono tali contenuti.
Il disegno di legge in esame consente finalmente di rendere
un po’ di giustizia a questa categoria di insegnanti, che
sono sempre stati esclusi anche dai provvedimenti di consolidamento
del precariato. La presenza di questo insegnamento nella
scuola non è insignificante, né marginale,
ma anzi concorre in maniera originale con le altre discipline
a promuove il pieno sviluppo della personalità degli
allievi, a favorirne la formazione di un più alto
livello di conoscenze e di capacità critiche, per
dare specifiche risposte ai bisogni di significato di cui
gli allievi stessi sono portatori, abituandoli a comunicare
sul piano dei valori fondamentali, sempre in dialogo con
le differenti fedi religiose e culture.
Proprio di fronte al processo di riforma della scuola,
l’insegnamento religioso e l’insegnante di religione contribuiscono,
a maggior ragione, a promuovere una scuola aperta, multiculturale,
multietcnica e di qualità, nella consapevolezza che
una scuola aperta non può essere privata della presenza
di una componente culturale tanto rilevante. Garantire maggiore
stabilità professionale agli insegnanti di religione
cattolica significa favorire la qualità stessa del
loro insegnamento; non è solo il riconoscimento di
un diritto, ma anche una garanzia per la pubblica amministrazione
e per la scuola italiana.
Noi dell’UDC siamo soddisfatti, insieme ai colleghi della
Casa delle Libertà e a parti non marginali della
minoranza, che avremmo sperato ancora più ampie.
Anche perché continuiamo a sperare che i filoni più
moderni e innovativi della cultura laica e socialista sappiano
confrontarsi in termini nuovi, superando il vecchio modello
dello scontro ideologico.
In conclusione, dopo troppi anni di precariato assurdo
e inaccettabile per migliaia di lavoratori, noi dell’UDC
approviamo con convinzione un provvedimento doveroso, significativo
e atteso dalla società italiana, oltre che da migliaia
di insegnanti che partecipano a pieno titolo all’impegno
educativo della scuola e che in tutto questo tempo hanno
contribuito a migliorarne la qualità dell’offerta
formativa, con un servizio reso agli studenti e alle famiglie,
che con libera scelta, espressa e rinnovata ogni anno, continuano
a richiedere alla scuola pubblica italiana a stragrande
maggioranza, quasi all’unanimità, l’insegnamento
della religione cattolica.
PRESIDENTE. Vista l’ora, rinvio il seguito della discussione
del disegno di legge in titolo ad altra seduta.
Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio
PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza
una mozione e una interpellanza e interrogazioni, pubblicate
nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta
pubblica oggi, alle ore 16,30, con lo stesso ordine del
giorno.
La seduta è tolta (ore 12,55).
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