retribuzione maternità/paternità
tentativo di conciliazione
indicazioni offerte
ai collaboratori delle diverse sedi snadir.
ancora oggi, purtroppo, ci si scontra con alcune scuole che negano il diritto delle colleghe insegnanti di religione ad ottenere per intero le indennità di maternità (per astensione anticipata, per astensione obbligatoria, per astensione facoltativa).
e’ buona norma contestare la detrazione con un “reclamo” scritto da consegnare in segreteria a scuola (facendosi rilasciare numero e data di protocollo) o da inviare a scuola a mezzo raccomandata a/r. sul nostro sito è stato già reso disponibile un modello di “reclamo“.
qualora tale reclamo non sortisse alcun esito positivo non resta che appellarsi alla direzione provinciale del lavoro, area conflitti pubblico impiego. si tratta di una procedura contenziosa a carattere amministrativo, obbligatoria per poter accedere ad una procedura giudiziale dinanzi al giudice ordinario (in funzione di giudice del lavoro).
per attivare la procedura obbligatoria di conciliazione dinanzi agli uffici della direzione provinciale del lavoro si può far compilare ed inviare alle colleghe le lettere di seguito riportate.
sono due modelli di lettera: la prima è da inviare a scuola (raccomandata a/r), la seconda è per la dir.prov.lavoro (raccomandata a/r). e’ opportuno che il collega delegato snadir verifichi il testo compilato dalla collega prima che sia effettuato l’invio delle due lettere.
una volta inviate le due raccomandate, prima a scuola e poi alla dir.prov.lavoro (questa con l’annotazione riportata in calce debitamente compilata) la collega interessata sarà avvisata a casa della convocazione e dovrà, in tal caso, subito mettersi in contatto con il responsabile snadir di zona.
può essere opportuno che la collega produca, nell’attesa della convocazione, un certificato di servizio (riferito a tutti gli anni di servizio) con indicazione del numero settimanale di ore di lezione.
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normativa di riferimento
due sono le norme di riferimento fondamentali:
codice di procedura civile art. 409 e art.410
d.lgs. n.165/2001, art.65 e 66
si riportano di seguito:
codice di procedura civile
art. 409
controversie individuali di lavoro.
[i]. si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonchè rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica ;
5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.
art. 410
tentativo obbligatorio di conciliazione.
[i]. chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca mandato, il tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione, individuata secondo i criteri di cui all’articolo.
[ii]. la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
[iii]. la commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
[iv]. con provvedimento del direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
[v]. commissioni di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalità e con la medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.
[vi]. le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente comma 3.
[vii]. in ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori.
[viii]. ove la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro certifica l’impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione.
d.lgs. n.165/2001
articolo 65
tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali
(art. 69 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 34 del d.lgs n. 546 del 1993 e poi dall’art. 31 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall’art. 19, commi da 3 a 6 del d.lgs n. 387 del 1998 e poi dall’art. 45, comma 22 della legge n. 448 del 1998).
1. per le controversie individuali di cui all’articolo 63, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all’articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. la domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.
3. il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all’articolo 66, commi 2 e 3, o che la domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. si applica l’articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del codice di procedura civile. espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. la parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell’articolo 410 del codice di procedura civile, con l’atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d’ufficio. ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’articolo 308 del codice di procedura civile.
4. il ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la presidenza del consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica ed il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato.
articolo 66
collegio di conciliazione
(art.69-bis del d.lgs n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 32 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 19, comma 7 del d.lgs n. 387 del 1998).
1. ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso la direzione provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova l’ufficio cui il lavoratore è addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione. il collegio di conciliazione è composto dal direttore della direzione o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell’amministrazione.
2. la richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata alla direzione presso la quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all’amministrazione di appartenenza.
3. la richiesta deve precisare:
a) l’amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un’organizzazione sindacale.
4. entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l’amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso la direzione osservazioni scritte. nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. per l’amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.
5. se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. il verbale costituisce titolo esecutivo.alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell’articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile.
6. se non si raggiunge l’accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
8. la conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a responsabilità amministrativa.
© snadir 2003
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