8 MARZO, UNA FESTA PER RIFLETTERE
DONNE: POCO PAGATE E CARRIERE DIFFICILI
8 marzo, festa della Donna. Una festa dal sapore di mimosa, cene e serate al femminile in discoteca. Sappiamo bene però che al di là di questo aspetto, prettamente commerciale, c’è molto di più. In questo giorno si vogliono celebrare le tante conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, che sono tante, e tante ancora devono essere raggiunte.
Alcuni dati significativi, relativi al 2007. In Italia riesce a lavorare solo il 46,3 per cento delle donne; sette milioni in età lavorativa sono fuori dal mercato del lavoro; al sud il tasso di occupazione crolla al 34, 7 per cento. Penultimi in Europa. Negli ultimi mesi ci ha superato anche la Grecia e dopo di noi resta solo Malta. Le donne, anche quando arrivano in posti dirigenziali, sono pagate un quarto meno degli uomini. Una dirigente guadagna infatti il 26,3 per cento in meno di un collega maschio. Lo chiamano “differenziale retributivo di genere”, è pari al 23,3 per cento: una donna percepisce, a parità di posizione professionale, tre quarti di uno stipendio di un uomo. E questo nel pubblico. Nel privato la situazione peggiora. Trovare una donna nei consigli di amministrazione e nei board delle aziende è inoltre un traguardo che raggiungono donne molto determinate. Secondo dati ministeriali del 2007, infatti, nel 63,1% delle aziende quotate, escluse banche e assicurazioni, non c’è una donna nel consiglio di amministrazione. Su 2.217 consiglieri solo 110 sono donne, il 5%. Va ancora peggio nelle banche dove su un campione di 133 istituti di credito, il 72,2% dei consigli di amministrazione non conta neppure una donna. Benché il 40% dei dipendenti delle banche siano donne, solo lo 0,36% ha la qualifica di dirigente contro il 3,11% degli uomini. Pensare che a scuola, all’università e nei concorsi le votazioni migliori sono quasi sempre delle studentesse.
Cerchiamo ora di capire come è nata la Festa della Donna. Controversa la sua origine. Per alcuni è da ricondursi alla proposta della femminista Rosa Luxemburg (1910) nel corso della II Conferenza dell’Internazionale socialista di Copenhagen, di dedicare un giorno alle donne. Altri invece sostengono che il tutto iniziò l’8 marzo del 1917 quando a San Pietroburgo un grande corteo di madri, mogli e figlie delle migliaia di soldati impegnati nella prima guerra mondiale, manifestarono in corteo per chiedere il ritorno a casa dei loro uomini. Infine, la tesi occidentale lega la festa della donna agli Stati Uniti, quando nel 1908, a New York, pochi giorni prima dell’8 marzo, le operaie dell’industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l’8 marzo appunto il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie d’uscita dello stabilimento, al quale poi venne appiccato il fuoco. Le 129 operaie prigioniere all’interno furono arse vive.
Un secolo dunque è passato da quando le donne lottavano per il diritto al voto e il diritto al lavoro. E oggi? Tanti passi sono stati fatti, conquiste che oggi alle nuove generazioni appaiono quasi scontate. Ma tanto resta ancora da fare per una parità sessuale che resta ancora fittizia soprattutto nel mondo del lavoro e delle politiche sociali. Pensiamo che a fronte di oltre trecento Nobel per la scienza vinti dagli uomini, dieci donne hanno ottenuto undici premi. Non sono tantissime, è vero, ma pesano, perché emergere in un contesto maschile e maschilista non deve essere stato facile, in particolare la vita da ricercatrice per i nobel fisica, chimica e medicina sarà stata difficile.
In questo giorno, festa della donna, non possiamo non ricordare tutte le donne di quei paesi in cui i loro diritti vengono quotidianamente calpestati, dove il cammino verso la democrazia cammina a rilento. Pensiamo a paesi come l’Afghanistan dove pochi mesi fa Malalai Kakar, capo del dipartimento dei crimini contro le donne nella città di Kandahar, è stata uccisa davanti alla porta di casa, vittima di un attacco dei talebani. E solo perché aveva difeso le donne nel loro diritto al lavoro. Un diritto oggi negato in molti paesi alla figlie, sorelle, fidanzate e mogli.
E un ricordo anche per le donne e bambine vittime di violenze e abusi, un crimine abominevole al centro, purtroppo, delle cronache nazionali e internazionali.
Emanuela Benvenuti
Auguriamo a tutte le donne di essere libere e felici (La Segreteria Nazionale dello Snadir)
Snadir – Professione i.r. – sabato 7 marzo 2009
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